Lavoro e pensioni: per l'anno nuovo serve più coraggio · Anche l’idea un miliardo per la...

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Appunti Effelleci Mantova agenzia di informazione settimanale venerdì 1 gennaio 2016 001/2016 Redazione: via Argentina Altobelli 5 – 46100 Mantova * tel. 0376 202218 / 202224 / 202225 – fax. 0376 320453 email: [email protected] * sito: www.cgil.mantova.it/FLC | sito regionale: www.flccgil.lombardia.it | sito nazionale: www.flcgil.it agenzia diffusa normalmente il giovedì via email | diffondere mediante affissione all'albo sindacale Lavoro e pensioni: per l'anno nuovo serve più coraggio Camusso su l'Unità: in materia di previdenza al governo è mancata una vera spinta riformista. Nel 2016 bisogna rinnovare i contratti e dotarsi di un nuovo modello di relazioni industriali. Dal 18 gennaio al via consultazioni su nuovo Statuto "In questi giorni i giornali ricordano che con il nuovo scalone per le lavoratrici si compie un'altra delle ingiustizie della legge Monti Fornero sulle pensioni . Eppure, nonostante l'evidenza delta stortura delle norme e nonostante l'evidenza che un continuo allungamento dell'età pensionabile, in nome di un'aspettativa di vita che peraltro non cresce più, provoca solo maggiore disoccupazione, il governo ha scelto e voluto non affrontare il cambiamento del sistema previdenziale. La furia riformista si è fermata neanche di fronte alle ingiustizie che logorano molte, troppe, lavoratrici e lavoratori”. Così Susanna Camusso nel suo intervento pubblicato il 31 dicembre sulle pagine dell'Unità. Per la leader Cgil “è mancata la volontà di ripensare il sistema in termini di equità , di riconsiderarlo per dare risposte agli effetti reali determinati nel mercato del lavoro dai recenti cambiamenti normativi”. Anche le piccole piccole modifiche per coprire le urgenze, “come la norma giusta e da tempo invocata, che permette il part-time a tre anni dalla pensione, è assai distante da poter rappresentare una risposta sufficiente”. Per questo, scrive Camusso, Cgil, Cisl e Ull hanno deciso di aprire una vera e propria vertenza sulle pensioni, per rideterminare un sistema equo a partine da due presupposti essenziali: bisogna riconoscere che il lavoro e l'aspettativa di vita non sono uguali per tutti e che il lavoro va valorizzato e rispettato anche per la sua fatica, difficoltà e umiltà; si deve restituire ai giovani e alle giovani la possibilità di avere una previdenza dignitosa”. Le tre confederazioni chiedono pertanto al governo di essere convocate, “un vero confronto, una scelta di cambiamento senza cui inevitabile sarà la mobilitazione”. Camusso ha poi indicato quelle che dovrebbero essere le priorità da affrontare per il nuovo anno: “pensioni e contratti da rinnovare, pubblici e privati, con un nuovo modello di relazioni industriali”. Questi temi “devono segnare una nuova stagione, che mette fine all'epoca della finanziarizzazione, dell'austerità, dello scaricare sui lavoratori i costi dei fallimenti delle politiche della destra, per ripartire dalla dignità, qualità e rispetto del lavoro”. In una fase di “capitalismo declinante”, “c'è bisogno, davvero e presto, di una nuova legittimazione del lavoro, del suo valore, della sua dignità, dei diritti delle persone che lavorano. Il nostro sguardo non è al passato, ma a come dare senso e traduzione ai diritti del lavoratore, includendoli tutti, nuovi e vecchi, subordinati e non, come pure il lavoro autonomo”. Proprio da questo bisogno è scaturita la proposta della Cgil della Carta dei diritti universali del lavoro. Un nuovo Statuto per reimpostare positivamente la condizione del lavoratore dai diritti alla contrattazione inclusiva, applicando quegli articoli della Costituzione da tempo disattesi”. Dal 18 gennaio, ha ricordato la sindacalista, la Cgil consulterà le iscritte e gli iscritti, chiederà loro di esprimersi sulla Carta e sugli strumenti per sostenerla. Una scelta di democrazia, coinvolgimento, partecipazione, mobilitazione e responsabilità”. Una discussione, ha concluso Camusso, “che non vogliamo limitata alla Cgil, ma che vuole interloquire con Cisl e Uil, con le associazione delle professioni e dei precari, con giuristi e intellettuali. Una scelta che immagina un futuro in cui dignità e rispetto del lavoro sono il filo rosso che unisce il Paese”. Da Rassegna Sindacale Appunti Effelleci di Mantova (giovedì 31 gennaio 2015) 1 di 5

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Appunti Effelleci Mantovaagenzia di informazione settimanale

venerdì 1 gennaio 2016

001/2016Redazione: via Argentina Altobelli 5 – 46100 Mantova * tel. 0376 202218 / 202224 /

202225 – fax. 0376 320453 email: [email protected] * sito: www.cgil.mantova.it/FLC |sito regionale: www.flccgil.lombardia.it | sito nazionale: www.flcgil.it

agenzia diffusa normalmente il giovedì via email | diffondere mediante affissione all'albo sindacale

Lavoro e pensioni: per l'anno nuovo serve più coraggioCamusso su l'Unità: in materia di previdenza al governo è mancata una vera spinta riformista.Nel 2016 bisogna rinnovare i contratti e dotarsi di un nuovo modello di relazioni industriali. Dal18 gennaio al via consultazioni su nuovo Statuto

"In questi giorni i giornali ricordano che con il nuovo scalone per le lavoratrici sicompie un'altra delle ingiustizie della legge Monti Fornero sulle pensioni. Eppure,nonostante l'evidenza delta stortura delle norme e nonostante l'evidenza che un continuoallungamento dell'età pensionabile, in nome di un'aspettativa di vita che peraltro non crescepiù, provoca solo maggiore disoccupazione, il governo ha scelto e voluto non affrontare ilcambiamento del sistema previdenziale. La furia riformista si è fermata neanche di fronte alleingiustizie che logorano molte, troppe, lavoratrici e lavoratori”. Così Susanna Camusso nelsuo intervento pubblicato il 31 dicembre sulle pagine dell'Unità.

Per la leader Cgil “è mancata la volontà di ripensare il sistema in termini di equità, diriconsiderarlo per dare risposte agli effetti reali determinati nel mercato del lavoro dai recenticambiamenti normativi”. Anche le piccole piccole modifiche per coprire le urgenze, “come lanorma giusta e da tempo invocata, che permette il part-time a tre anni dalla pensione, è assaidistante da poter rappresentare una risposta sufficiente”.

Per questo, scrive Camusso, Cgil, Cisl e Ull hanno deciso di aprire una vera e propriavertenza sulle pensioni, per rideterminare un sistema equo a partine da due presuppostiessenziali: bisogna riconoscere che il lavoro e l'aspettativa di vita non sono uguali per tutti eche il lavoro va valorizzato e rispettato anche per la sua fatica, difficoltà e umiltà; si deverestituire ai giovani e alle giovani la possibilità di avere una previdenza dignitosa”. Le treconfederazioni chiedono pertanto al governo di essere convocate, “un vero confronto, unascelta di cambiamento senza cui inevitabile sarà la mobilitazione”.

Camusso ha poi indicato quelle che dovrebbero essere le priorità da affrontare per ilnuovo anno: “pensioni e contratti da rinnovare, pubblici e privati, con un nuovomodello di relazioni industriali”. Questi temi “devono segnare una nuova stagione, chemette fine all'epoca della finanziarizzazione, dell'austerità, dello scaricare sui lavoratori i costidei fallimenti delle politiche della destra, per ripartire dalla dignità, qualità e rispetto dellavoro”.

In una fase di “capitalismo declinante”, “c'è bisogno, davvero e presto, di una nuovalegittimazione del lavoro, del suo valore, della sua dignità, dei diritti delle persone chelavorano. Il nostro sguardo non è al passato, ma a come dare senso e traduzione ai diritti dellavoratore, includendoli tutti, nuovi e vecchi, subordinati e non, come pure il lavoro autonomo”.Proprio da questo bisogno è scaturita la proposta della Cgil della Carta dei dirittiuniversali del lavoro. Un nuovo Statuto per reimpostare positivamente la condizione dellavoratore dai diritti alla contrattazione inclusiva, applicando quegli articoli della Costituzione datempo disattesi”.

Dal 18 gennaio, ha ricordato la sindacalista, la Cgil consulterà le iscritte e gli iscritti,chiederà loro di esprimersi sulla Carta e sugli strumenti per sostenerla. Una scelta didemocrazia, coinvolgimento, partecipazione, mobilitazione e responsabilità”. Una discussione,ha concluso Camusso, “che non vogliamo limitata alla Cgil, ma che vuole interloquire con Cisl eUil, con le associazione delle professioni e dei precari, con giuristi e intellettuali. Una scelta cheimmagina un futuro in cui dignità e rispetto del lavoro sono il filo rosso che unisce il Paese”.

Da Rassegna Sindacale

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Susanna Camusso: «Ci riprenderemo i dirittidel lavoro ferito»

Segretaria Camusso, il bilancio 2015 secondo la Cgil è positivo onegativo?Se consideriamo che ci sono alcuni milioni di lavoratori senza contratto e che,come milioni di pensionati e altre famiglie, non partecipano della cosiddetta“ripresa”, se guardiamo i dati della disoccupazione in particolare di quellagiovanile, il bilancio non può essere positivo. Ma è anche vero che ci sonobuone premesse per il 2016: nonostante i tentativi di blocco abbiamo rinnovatoalcuni contratti e con Cisl e Uil abbiamo aperto una vertenza sulle pensioni.

Sperate in qualche risposta dal governo?

Credo che al presidente del consiglio non basterà celebrarsi sulla sua e-newsper aver tolto l’articolo 18. Sulle pensioni abbiamo aperto una vertenza ecercheremo in tutti i modi di ottenere dei risultati.

La vostra e-news è diversa da quella di Renzi?

La Cgil ritiene che le priorità siano altre. Se vogliamo la fine dell’austerity inEuropa, refrain più volte ripetuto dallo stesso Renzi, dobbiamo mettere alcentro il lavoro, la redistribuzione dei redditi e la riduzione delledisuguaglianze. Non il profitto, l’impresa e la finanza. Il governo non hacompiuto scelte di questo genere. Si pensi a quanta riduzione fiscale è andataal lavoro e quanta all’impresa senza peraltro vincolarla a creazione dioccupazione o investimenti.

Quale è stato, personalmente, il momento più difficile dell’anno?Purtroppo ce ne sono stati molti. La mancata soluzione per Alcoa è una feritaaperta. Penso alla complicata situazione dell’Ilva di Taranto. Emotivamente mihanno colpito molto tutte quelle persone che hanno raccontato di aver dovutoritirare i figli da scuola, o di non averli potuti iscrivere all’università, perchéhanno perso il lavoro o non guadagnano abbastanza. È un anno che discutiamodi scuola ma nessuno ha saputo raccontare come l’istruzione sia diventataselettiva per reddito.

E un momento gratificante?

Almeno due. Il contratto dei chimici, il primo in una stagione molto difficile.L’aver lanciato la campagna e la consultazione straordinaria sulla “Carta deidiritti universali del lavoro”.

Ma il governo Renzi ha portato almeno un provvedimento positivo?Se penso al lavoro citerei le norme sul caporalato, che speriamo siano prestocompletate: danno ragione di una battaglia che abbiamo condotto con tenaciain tutti questi anni. Poi ci sono questioni su cui abbiamo espressoapprezzamento: sui rifugiati, sul nodo pace/guerra. Anche l’idea un miliardoper la sicurezza e un miliardo per la cultura l’ho trovata condivisibile. Quelloche delude è il modo in cui viene realizzata: si limita alla distribuzione di singolibonus come i 500 euro ai diciottenni alimentando l’individualismo invece divalorizzare un’idea collettiva, pubblica, di cultura.

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Con il presidente Renzi, al di là degli incontri ufficiali, vi sentite mai?Anche solo via sms, o almeno via Twitter.

Non abbiamo questa consuetudine. Agli incontri ufficiali ha un atteggiamentocordiale, ma ha scelto di praticare e rendere visibile la sua distanza dal lavoroe dal sindacato.

Cosa proponete con la Carta dei diritti universali del lavoro?Abbiamo scelto di chiamarla “Carta dei diritti universali del lavoro” e leabbiamo dato come sottotitolo “Il nuovo Statuto delle lavoratrici e deilavoratori”. Già questo segna la nostra volontà di innovare. Siamo in unasituazione molto diversa dagli anni Settanta, dove il lavoratore s’identificavacon il suo contratto subordinato a tempo indeterminato. Oggi, invece,dobbiamo sancire che i diritti sono in capo alla persona che lavora, e che il suocontratto – subordinato, parasubordinato, in partita Iva — non è fondamentaleper connotarla. Le modalità di fruizione dei diritti – maternità, riposi,formazione — non saranno omogenee, ma devi assicurarli a tutti.

Insomma, vorreste riscrivere il Jobs Act, ma in versione Cgil.Siamo molto più ambiziosi. Abbiamo ragionato sulla legge 30, sul CollegatoLavoro, sulle norme introdotte dal governo Monti. Vogliamo applicare l’articolo39 della Costituzione, con la misurazione della rappresentanza, anche delleimprese, la riduzione del numero dei contratti. Vogliamo che sia dataattuazione all’articolo 46 sapendo che per noi partecipazione dei lavoratoriall’impresa non è azionariato e capitale di rischio, ma possibilità concreta diincidere sulle decisioni di investimento e riorganizzazione. E ancora, vogliamoripristinare il primato della contrattazione: grande rilevanza al contrattonazionale e alla sua validità erga omnes; un nuovo rapporto tra legislazione econtrattazione in modo che la prima non soffochi la seconda, come inveceaccade oggi con l’Articolo 8 varato da Sacconi che permette le deroghe.Abbiamo poi guardato alla realtà del lavoro, alla mancanza d’inclusione o, adesempio, alla complicazione e al costo proibitivo che è diventato istruire unacausa. E allora, ecco un altro obiettivo ridare ai lavoratori la possibilità di agirein giudizio sia singolarmente che collettivamente. Della Carta dovremocertamente discutere con Cisl e Uil, con le associazioni del lavoro autonomo,con i giuristi, ma spero che il dibattito sia ancora più ampio. E’ anche perquesto che abbiamo lanciato la consultazione straordinaria dei nostri iscritti, inun momento storico in cui gli spazi della partecipazione si restringono semprepiù.

Alla Carta dei diritti verranno affiancati, probabilmente, deireferendum. Non temete di imbarcarvi in una avventura che spesso inItalia risulta essere deludente a causa della alta soglia del quorum?Il dato fondamentale resta la Carta e quello che contiene per il futuro. Laconsultazione dirà se lo strumento referendario potrà essere utile a sostenerela nostra proposta. Paradossalmente se i nostri iscritti dicessero sì aireferendum ma non alla Carta, lo vedrei come un problema. Non vogliamotornare a “prima delle ultime leggi”. Il nostro obiettivo è universale, unificantee inclusivo: riscrivere i diritti per tutte le figure che oggi esistono, autonomiinclusi. La sfida comporta dei rischi, non ce li nascondiamo, ma procediamo conassoluta linearità e trasparenza.

Alle imprese cosa chiedete per il 2016?

Il nostro obiettivo è il rinnovo dei contratti. Vedo invece imprese e governoprocedere sugli stessi binari: vogliono affermare l’idea che il contratto non sia

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più uno strumento di difesa dei lavoratori e crescita dei salari. Strumento che,segnalo a Confindustria, tutela dalla concorrenza sleale e dal lavoro nero chetanti danni arrecano alle imprese oneste. Con Cisl e Uil stiamo preparando unmodello comune, il lavoro è prossimo alla conclusione: credo che all’inizio digennaio potremo presentarlo. Posso già dire che non ci sarà più un soloindicatore, come in passato l’inflazione, e che sarà fondamentale sancirel’universalità dei minimi.

Con la Coop che succede? La tensione è salita ultimamente.Un loro fortunato slogan dice “La Coop sei tu”, il socio, parte di una storia e diun insieme di valori etici. Ma allora, cosa c’entrano le retribuzioni più basse, iltrattamento peggiore sulla malattia, il non riuscire a siglare un contratto conFederdistribuzione che vuole dare meno di Confcommercio? Da un lato ilmessaggio mutualistico, poi si scopre che, pure loro, il conto vogliono farlopagare ai lavoratori. Colpisce che quel mondo oggi sia appiattito sull’idea chel’unica leva sia quella dell’unificazione al ribasso delle condizioni di lavoro,come per le grandi multinazionali del profitto.

Al referendum sulla riforma costituzionale la Cgil scenderà in campoper il no alla formula targata Renzi?

Abbiamo espresso critiche, ma anche consensi. Da tempo siamo per ilsuperamento del bicameralismo perfetto, quindi non siamo contrari a unariforma, ma non ci piace come la si vuole realizzare. Il Direttivo della Cgilesprimerà un parere più completo quando ci sarà il testo definitivo. Inviteremosicuramente al voto, ma credo che, come abbiamo sempre fatto in questi casi,lasceremo agli iscritti la libertà di votare come meglio ritengono.Da Il Manifesto del 31 dicembre 2015

Seguono alcuni spunti da Articolo 33 n.11-12 (in edicola e sul web)

- Quel che resta del precariato (Anna Fedeli, Corrado Colangelo)- Sistema nazionale di valutazione: una brutta storia (Gigi Caramia)- La scommessa dello 0-6: La scuola giusta comincia dall'Infanzia (Anna Fedeli)

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6www.edizioniconoscenza.it

Ametà novembre si sonocompletate le operazionidel piano straordinario diassunzioni previsto dallaLegge 107/15, la cosid-

detta “Buona scuola”. L’ultimo atto,denominato “fase C”, ha riguardato leassunzioni sull’organico del potenzia-mento. Questo personale, aggiuntivoall’organico di diritto delle scuole, oc-cuperà 48.412 posti comuni e 6.446posti di sostegno.

I posti comuni sono ripartiti in 18.133per la scuola primaria, 7.206 per lascuola secondaria di primo grado e23.473 per la scuola secondaria di se-condo grado.

Gli esclusi

Le scuole, al fine di ottenere questoorganico, hanno espresso il loro fabbi-sogno sulla base di alcune macro-aree,ma l’assegnazione degli insegnamenticorrispondenti è avvenuta sulla basedella consistenza degli elenchi di pre-cari ancora da assumere, come previstodalla Legge. Questa modalità di assegnazione ha

risposto all’esigenza di svuotare le gra-duatorie a esaurimento (GAE), come pre-visto dalla legge finanziaria del 2007.Un atto dovuto quindi dopo anni di at-tesa degli aspiranti, ma l’operazionenon ha risposto alle esigenze dei Pianidell’Offerta Formativa delle scuole, car-dini dell’autonomia scolastica. Un pianopluriennale di assunzioni, più volte ri-chiesto dalla FLC CGIL, che compren-

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desse anche gli insegnamenti le cui GAEsono esaurite, avrebbe consentito larealizzazione di un autentico organicofunzionale e avrebbe evidenziato la vo-lontà da parte del Governo di conse-gnare al Paese una vera buona scuola.Con le proposte di assunzione della

fase C si sono esaurite le domande pre-sentate entro il 14 agosto 2015 dai pre-cari inclusi nelle graduatorie a esau-rimento e in quelle del concorso 2012.Ma non hanno compreso tutti gli aspi-ranti inclusi nelle graduatorie: infatti, re-stano ancora nelle graduatorie aesaurimento circa 23.000 docenti dellascuola dell’infanzia (esclusa dall’orga-nico potenziato). Poi ci sono altri 20.000 docenti che

non hanno presentato la domanda in at-tesa delle assunzioni future. Questa scelta di non partecipare al

Con la fase C si è concluso il piano straordinario di assunzioni. È una boccata

di ossigeno per le scuole, ma restano ancora tanti esclusi. La soluzione

è un piano pluriennale di assunzioni che consenta alle scuole di programmare

la propria attività, in base alle necessità proprie e degli alunni

ASSUNZIONI NELLA SCUOLA

POLITICA E SINDACATO

Quel che resta del precariatoANNA FEDELI, CORRADO COLANGELO

ASSUNZIONI NELLA SCUOLA

Guardando al futuro

Ora però il tema della stabilizzazioneva affrontato nel suo insieme e non conprovvedimenti tampone: e il concorso, ilcui bando è previsto per dicembre2015, non è certo l’unica soluzione.Occorre intervenire consolidando nel-

l’organico di diritto i posti in deroga siacomuni che di sostegno, ancora affidatialle supplenze annuali. Ricordiamo chein questo anno scolastico sono attivicirca 30.000 posti comuni derivanti dasomme di spezzoni orario, che in buonaparte son riconducibili a posti interi, ecirca 30.000 posti di sostegno in de-roga che ormai da anni vengono asse-gnati alle scuole per rispondere allereali esigenze di integrazione, come sta-bilito anche da una sentenza della CorteCostituzionale. Questi posti sono necessari alle isti-

tuzioni scolastiche, perché determinanoil loro funzionamento, ma sono anchenumeri che danno la portata del preca-riato della scuola, ancora fortementepresente nonostante le sventolate100.000 assunzioni.

POLITICA E SINDACATO

7 www.edizioniconoscenza.itN.11-12 2015

piano straordinario è stata dettata pre-valentemente da situazioni personali efamiliari che hanno impedito a questi do-centi di accettare il ruolo in sedi distanti,in quanto la procedura di assunzione eraa livello nazionale. Dobbiamo conside-rare che l’80% degli inclusi nelle GAE eracostituito da donne, con le implicazioniche ciò si trascina dietro in termini di la-voro di cura, sempre più in questo Paesea carico delle donne, con la scusa dellacrisi e delle difficoltà economiche degliEnti locali. Particolarmente grave l’esclu-sione dal piano di assunzioni, nella faseC, della scuola dell’infanzia. Le motiva-zioni addotte, riguardanti la realizzazionedel progetto educativo 0-6, oltre a esserepretestuose già in partenza, oggi coz-zano con la realtà: nella legge finanzia-ria non ci sono soldi per lo 0-6. È un attodovuto ora restituire il ruolo sottratto aicirca 23.000 esclusi, senza aspettare ilfuturo concorso. Oltre ai quasi 50.000 docenti ancora

presenti nelle graduatorie a esauri-mento, non si possono dimenticare icirca 100.000 docenti abilitati che sononelle graduatorie d’istituto di II fascia(molti dei quali hanno anche maturato i36 mesi di servizio utili per la stabiliz-zazione come stabilito dalla Sentenzadella Corte europea) e le migliaia di do-centi non abilitati che hanno i medesimirequisiti di servizio e garantiscono daanni il funzionamento delle scuole.

Le farraginose procedure

per l’assunzione

È sicuramente positivo che oltre85.000 docenti siano stati assunti atempo indeterminato, comunque16.000 in meno di quanti ne erano pre-visti dal piano, ma le modalità di ge-stione dello stesso, la poca trasparenzae le forzature nell’aver voluto tenere se-parate le fasi b) e c) hanno determinatomalcontento e sicuro contenzioso.

È un fenomeno che non si può igno-rare, vista la mancanza di lavoro checontinua ad attanagliare questo Paese.Ma non si tratta solo di questo: ignorarele aspettative di questi precari signifi-cherebbe disperdere professionalitàconsolidate in anni di supplenze mapoco spendibili in altri ambiti lavorativi.Solo con un nuovo piano pluriennale

di assunzioni, con il consolidamentodell’organico, con procedure per le abi-litazioni e le specializzazioni di sostegnocorrettamente programmate, si puòpensare di intervenire per sconfiggerela “supplentite”: non bastano gli an-nunci, ci vuole una reale volontà politicae le corrispondenti risorse.La Legge 107 ha perso la scommessa

di restituire alla scuola le competenzedisciplinari e laboratoriali sottratte dallapessima riforma Gelmini, i tempi distesidi apprendimento, la generalizzazionedella scuola dell’infanzia. Nonostante le85.000 assunzioni, le scuole conti-nuano a vivere la stagione della preca-rietà, funzionale all’autoritarismo che lalegge introduce nel luogo della collegia-lità per eccellenza.

Apartire dal 3 novembresul portale “Scuola inchiaro” sono consultabilii rapporti di autovaluta-zione (RAV) elaborati dalle

scuole. Trova conferma la scelta delMIUR di orientare l’intero sistema di va-lutazione verso una deriva classificato-ria e di competizione tra scuole, basa-ta fondamentalmente su parametri“oggettivi”, quali le prove standardizza-te (prove INVALSI) degli apprendimentidegli studenti.

Cerchiamo di ricostruire come si è ar-rivati a questo punto.

Il “peccato originale”:

agire per decreto

Come è noto il Sistema nazionale diValutazione (SNV) che si sta tentando dicostruire è stato istituito con il decretolegge mille proroghe del 2011 (art. 2comma 4-undevicies del DL 225/10convertito nella Legge n. 10/11). Que-sta modalità di adozione di un provve-dimento così importante, senzadiscussione e coinvolgimento dellascuola reale e delle parti sociali, rap-presenta una sorta di peccato originaleche ha pesato su tutto quanto è avve-nuto negli anni successivi.

La giustificazione di questo compor-tamento è sempre stata la stessa: ce lochiede l’Unione Europea e se non ot-temperiamo avremo conseguenze pe-santi sia nell’erogazione dei fondistrutturali sia riguardo a deroghe o spazifinanziari sul patto di stabilità, ecc. Sitrattava e si tratta di motivazioni risibili:l’UE non è mai entrata e, peraltro nonavrebbe alcun titolo per farlo, sul mo-dello e tipologia di SNV. La richiesta diistituire il SNV è sempre stata collegataalla lotta alla dispersione scolastica perla quale l’Italia riceve finanziamenti mi-liardari da parte dell’Unione. A titolo di esempio riportiamo quanto

scritto nella Raccomandazione n. 6 del

Un’occasione perduta. Il Rapporto di autovalutazione delle scuole da strumento di miglioramento

delle situazioni critiche, di analisi delle scelte formative, di recupero della

dispersione si è rivelato un classificatoreacritico di buoni e cattivi. Che peccato

SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE

POLITICA E SINDACATO

Una brutta storia

GIGI CARAMIA

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2014 della Commissione Europea al-l’Italia: “Rendere operativo il sistema

nazionale per la valutazione degli istituti

scolastici per migliorare i risultati della

scuola e, di conseguenza, ridurre i tassi

di abbandono scolastico”; […] Oppure elencare le condizioni richie-

ste all’Italia per l’utilizzo dei fondi euro-pei 2014-2020: a) “Esistenza di un sistema per la rac-

colta e l’analisi di dati e informazioni

sull’abbandono scolastico ai livelli per-

tinenti, che fornisca un supporto di dati

di fatto sufficiente per elaborare politi-

che mirate e tenga sotto controllo gli svi-

luppi.

b) Esistenza di un quadro politico stra-

tegico sull’abbandono scolastico, che:

- si basi su dati di fatto;

- copra i settori pertinenti dell’istru-

zione, compreso lo sviluppo della prima

infanzia, si occupi in particolare dei

gruppi vulnerabili maggiormente a ri-

schio di abbandono scolastico, com-

presi gli appartenenti a comunità

emarginate, e tratti misure di preven-

zione, intervento e compensazione;

- coinvolga tutti i settori politici e le

parti interessate che sono rilevanti per

affrontare l’abbandono scolastico.”È facile constatare che in questi anni

il tema della dispersione raramente si èintersecato con l’avvio del Sistema Na-zionale di Valutazione.

La politica

deresponsabilizzata

Il passaggio successivo è stato l’ado-zione del “Regolamento sul sistema na-zionale di valutazione in materia diistruzione e formazione” (DPR 80 del 28marzo 2013). La valutazione è tutta in-centrata unicamente sulle scuole, at-traverso un procedimento in quattrofasi: 1. autovalutazione 2. valutazione esterna 3. azioni di miglioramento

4. rendicontazione sociale.Questa scelta testimonia l’orienta-

mento che stava progressivamenteprendendo il SNV: la verifica dell’impattonel sistema educativo delle scelte ope-rate dai decisori politici, non rientra trai compiti del Sistema Nazionale di Valu-tazione. Quindi, ad esempio, in base aquesto modello non saranno mai og-getto di valutazione le norme della Gel-mini/Tremonti che hanno letteralmentemassacrato la scuola italiana.Il DPR 80/13 disegna un SNVmonco e

lontanissimo dal principio della circola-rità delle responsabilità nell’ambito delsistema educativo nazionale. Insommaprevede un campo da gioco in cui lescuole sono “valutate” in astratto eavulse dalle scelte politiche e ammini-strative di carattere generale.Ma come dovrebbe funzionare un

vero sistema nazionale di valutazioneorientato al miglioramento del sistemaeducativo e rispettoso delle autonomiedelle singole istituzioni scolastiche?

Un modello efficace

Individuate le scelte politiche e gliobiettivi di carattere che riguardano l’in-tero sistema educativo (non è oggetto diquesto articolo su come si dovrebbegiungere a elaborare queste scelte, maalcune indicazioni possono essere rica-vate dalla piattaforma della FLC CGILsulla valutazione, che si può leggere sulsito: www.flcgil.it/scuola/valutare-per-miglio-

rare-non-per-classificare.flc), esse devonoessere oggetto di uno specifico “ac-cordo” con ogni scuola sulla base dellasituazione di partenza, al fine di renderechiara la responsabilità di ciascunonella realizzazione degli obiettivi. In que-sta prospettiva è necessario che sianopresenti sia soggetti interni alle scuoleche effettuino un continuo monitoraggiosulle azioni intraprese, sia un soggettoesterno che verifichi l’avanzamento omeno nella realizzazione degli obiettivi.

Per semplificare: se in una scuola se-condaria di II grado vi è una situazionedi partenza con un alto grado di disper-sione che si annida soprattutto nelprimo biennio, l’impegno dello Stato do-vrebbe essere quello di fornire una do-tazione organica di personale docenteche consenta, nel biennio, di avereclassi con un numero significativamenteridotto di alunni; la scuola dovrebbe ga-rantire, in un lasso di tempo determi-nato, una riduzione della dispersionedella dispersione, il sistema nazionaledi valutazione dovrebbe verificare in iti-nere e al termine la realizzazione degliobiettivi. Tutto ciò, ovviamente, dovrebbe es-

sere accompagnato dalle eventualiazioni di modifica degli obiettivi e azioniin presenza di situazioni nuove o pro-blematiche. Questo modello rende chiaro che la

valutazione è uno strumento di realiz-zazione/miglioramento/ri-orientamentodelle politiche e che necessita di forti ri-sorse. Al tempo stesso spazza l’equi-voco (l’imbroglio?) dell’esistenza di unavalutazione “oggettiva” che, in realtà, èfunzionale alla deresponsabilizzazionedei decisori politici e alla costruzione diun modello di scuola basato unica-mente su una feroce competizione trale istituzioni scolastiche.

L’occasione sprecata

dei RAV

C’era ancora un margine di manovra.Messa nel cassetto l’idea di istituire unvero sistema nazionale di valutazione(troppo complicato, troppi soldi, …), si ètentato di operare almeno sul processodi valutazione individuato dal DPR 80/13. Seppure ingabbiata in un documento

poco flessibile in formato elettronico(Rapporto di Autovalutazione, RAV), l’au-tovalutazione poteva diventare almenouno strumento di “apprendimento orga-nizzativo” dell’intera comunità profes-sionale in ogni singola istituzione sco-

SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE

POLITICA E SINDACATO

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Era evidente lo stridente contrasto tra leparole che il ministero scriveva nei do-cumenti di accompagnamento all’avvioSNV (“favorire e sostenere il coinvolgi-mento diretto di tutta la comunità sco-lastica”, “incoraggiare la riflessionedell’intera comunità scolastica”, “ali-mentare costantemente il processo diautovalutazione”) e il modo burocraticoe autoritario con cui chiedeva allescuole, senza alcuna spiegazione, diadempiere alla compilazione di atti edocumenti. I questionari scuola, unita-mente ad altre informazioni già presentinel sistema informativo del MIUR e pro-venienti da varie fonti (portale “Scuolain chiaro” del MIUR, ISTAT, Ministero del-l’Interno, INVALSI), sarebbero stati sinte-tizzati dall’Invalsi ed elaborati confron-tando i dati con quelli delle altre scuole(media nazionale).L’aspetto più grave di tutta la proce-

dura attivata è rappresentata dalla to-tale mancanza di informazioni sullefinalità e modalità di utilizzo dei dati, siaricavati dall’esterno (prove standardiz-zate, “Scuola in chiaro”, ISTAT, Ministerodel lavoro, Ministero dell’Interno) sia dalQuestionario scuola.Da maggio le scuole sulla base dei

dati sintetizzati dall’Invalsi, elaboraticonfrontandoli con quelli delle altrescuole e forniti dal Sistema Informativo,hanno potuto iniziare a compilare il for-mat del RAV. La pubblicazione previstaal 31 luglio 2015 è via via slittata fino al3 novembre 2015. Durante la conferenza stampa del 3

novembre scorso, il ministro dell’Istru-zione Giannini e il sottosegretario Fa-raone non hanno usato mezze misure.La pubblicazione sul portale http://cer-calatuascuola.istruzione.it/cercalatua-

scuola/ dei rapporti di autovalutazionesarebbe un “risultato storico”. La valu-tazione è una risorsa straordinaria “perdare benzina alle scuole”. “Grazie alRav, all’Anagrafe dell’edilizia scolastica,al portale ‘Scuola in chiaro’, siamo ingrado di avere un quadro definito e glo-bale del nostro sistema d’istruzione”.

Si tratta di affermazioni che non ten-gono conto della realtà.Dalla ricostruzione che abbiamo fatto

appare evidente come tutto il procedi-mento di elaborazione del RAV, al di làdelle belle parole, ha avuto fin subitoun’impostazione burocratica: non si èstimolata l’attivazione e la prosecuzionedi un processo partecipativo, ma soloimposta la compilazione di un formatspesso vissuto come l’ennesimo adem-pimento burocratico da sbrigare.

Le distorsioni che danneg-

giano le scuole e le finalità

della valutazione

La pubblicazione dei Rav ha fattoemergere in tutta la sua gravità la sceltadel MIUR di orientare il sistema di valu-tazione verso una deriva classificatoriaattraverso l’utilizzo pervasivo dei risul-tati delle prove standardizzate (prove IN-VALSI).Come abbiamo già detto l’autovaluta-

zione dovrebbe essere uno strumentodi riflessione interna, volto alla com-prensione dei propri punti di forza e didebolezza, utile per stabilire priorità eazioni per migliorare. Lo strumento in-vece, attraverso la compilazione del RAV,è stato forzato verso altre funzioni,come la rendicontazione alla comunitào all’amministrazione scolastica, eschiacciato su un unico indicatore, i datiINVALSI, su cui converge l’attenzione del-l’opinione pubblica. Gli effetti distorsivi di questa scelta

sono chiari dalla lettura dei RAV completiche contengono i dati delle classi sotto-poste alle annuali rilevazioni, in formatosia sintetico che analitico (classe perclasse). Alcuni giornali hanno pubblicatole graduatorie delle scuole di alcuneprovince in base al punteggio mediodelle prove di italiano e di matematicaespresso in un semplice numero in cen-tesimi che viene rapportato alla mediaregionale e nazionale. Inoltre dai dati

lastica. Insomma non si avviava nessunSNV, ma, per lo meno, tutte le scuole sisarebbero esercitate a utilizzare un pro-cesso di valutazione che dall’autovalu-tazione avrebbe condotto, in untriennio, alla rendicontazione sociale,senza patemi d’animo di classifiche egraduatorie.Anche questa ipotesi è stata quasi im-

mediatamente smentita. L’obiettivo del-l’amministrazione non era di avviare unprocesso, ma fare compilare un format,il RAV appunto. Quindi, in barba allenorme sull’autonomia scolastica e alledisposizioni contrattuali, si è imposto,con la circolare ministeriale 47/14, inmaniera più o meno perentoria, la co-stituzione di una unità di autovaluta-zione costituita dal Dirigente scolastico,dal docente referente per la valutazionee da uno o più docenti designati dal Col-legio dei docenti.

Il Questionario scuole: do-

mande senza spiegazione

Il “Questionario scuola” è stata un’al-tra tappa di questo percorso involutivo.Tra febbraio e marzo scorso i Dirigentiscolastici hanno compilato tale questio-nario finalizzato all’implementazionedei dati in formato elettronico, utili alladefinizione del Rapporto di Autovaluta-zione. Il “Questionario scuola” preve-deva:- Domande a risposta semplice- Domande a risposta multipla con

una sola possibilità di scelta (selezionesingola)- Domande a risposta multipla con più

possibilità di scelta (selezione multipla)- Domande di tipo checklist

- Domande a risposta aperta.Numerosi quesiti intervenivano su

aspetti delicatissimi che riguardavano lescelte educative e organizzative dellescuole senza dar loro la possibilità dimotivarle. Immediatamente la FLC CGIL denun-

ciò l’opacità della procedura attivata.

SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE

POLITICA E SINDACATO

11 www.edizioniconoscenza.itN.11-12 2015

SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE

gendo a livello internazionale, sull’utilitàe sull’utilizzo delle prove standardizzate.

La legge 107

e la valutazione

Il cambio di passo e la torsione buro-cratica e classificatoria del SNV è per-fettamente coerente con quantoprevisto dalla Legge 107/15. I criteri divalutazione dei dirigenti scolastici, la co-stituzione di un “contingente ispettivo”a tempo determinato per la valutazioneesterna delle scuole reclutato sullabase di curriculum, la costituzione delnuovo comitato di valutazione delle isti-tuzioni scolastiche, la distribuzione dipremi ai docenti meritevoli, il finanzia-mento dell’INVALSI finalizzato soprattuttoalla somministrazione delle prove stan-dardizzate, rappresentano un quadro

complessivo di scelte che innesche-ranno conflittualità e contenzioso macerto non attiveranno processi di mi-glioramento del sistema educativo.La conclusione della storia che ab-

biamo sinteticamente raccontato èsconsolante: la costruzione di un veroSistema Nazionale di Valutazione è unobiettivo che si allontana sempre più

dall’orizzonte di questo Paese.

Per un quadro completo della normativa, deicommenti, delle prese di posizione e delle piatta-forme della FLC CGIL sul tema della valutazioneè possibile consultare il seguente link:

www.flcgil.it/tag/valutazione

POLITICA E SINDACATO

analitici è operazione semplice risalireai nomi dei singoli docenti di italiano omatematica che operavano nelle classiinteressate dalle rilevazioni. La pubblicazione completa dei dati è

stata decisa dal MIUR, non è chiaro aquale livello e in quali sedi politiche,senza che le scuole fossero a cono-scenza del possibile loro utilizzo. Allescuole si è lasciata una finta libertà discelta delle parti del RAV da renderepubbliche. In realtà il sistema informa-tivo in default riportava tutti gli indica-tori già pre-selezionati. Questo comportamento irresponsa-

bile si è sommato alla scelta, altrettantograve, di prevedere un controllo auto-matizzato da parte del sistema infor-mativo del MIUR tra esiti e prioritàindividuate dalla scuola. È evidente che il MIUR è totalmente

estraneo alla riflessione, che si sta svol-

CARTOLINE ROCK. Guida imperfetta all’ascolto

di 101 canzoni “definitive” della storia del rockdi Francesco Villari

con un’introduzione di Vittorio Nocenzipp. 272, € 19,00 - Edizioni Conoscenza

SAPEVI CHE “CHILD IN TIME” DEI DEEP PURPLE È UN ECLATANTE PLAGIO? E CHE

JOHN LENNON E PAUL MCCARTNEY NON HANNO MAI SCRITTO UNA CANZONE IN-SIEME? SAPEVI CHE IL CORO PIÙ CANTATO NEGLI STADI DEL MONDO È TRATTO DA UN

BRANO DI ENZO AVITABILE? E CHE PINO DANIELE È STATO UN ECCELLENTE BASSI-STA? SCOPRIRAI TUTTO QUESTO E MOLTO ALTRO IN “CARTOLINE ROCK”, MA SO-PRATTUTTO SCOPRIRAI UN MODO NUOVO DI ASCOLTARE LE TUE CANZONI PREFERITE.

Il libro contiene 100 schede su altrettante canzoni (50 italiane e 50straniere) che secondo l’autore hanno segnato la storia di questo ge-nere musicale. Si parla di 101 canzoni perché la centunesima è quellache il lettore vorrà scegliere e segnalare all’autore e all’editore. Le can-zoni, quelle belle, sono scorciatoie per le nuvole” scrive Vittorio No-cenzi, leader del Banco del Mutuo Soccorso, nella presentazione aquesto insolito libro di Francesco Villari. Un libro che conduce permano gli amanti della musica rock a scoprirne il fascino più nascosto,quello che rende i brani scelti significativi (“definitivi” scrive l’autore)nella storia di questo genere musicale. Un libro per i consumatori dimusica, per aiutarli a costruirsi delle playlist consapevoli, per sentire lamusica non solo con le orecchie ma con tutti i sensi.

26www.edizioniconoscenza.it

La scuola dell'infanzia delineatanegli Orientamenti del ‘91 enelle Indicazioni 2012 è quellaalla quale ci sentiamo cultural-mente più vicini. Una scuola

dell'infanzia che “concorre, nell’ambitodel sistema scolastico, a promuovere laformazione integrale della personalitàdei bambini dai 3 ai 6 anni di età, nellaprospettiva di formare soggetti liberi, re-sponsabili e attivamente partecipi allavita della comunità locale, nazionale einternazionale”.

Questa idea di scuola dell'infanzia l’ab-biamo consegnata lo scorso aprile1 ai de-cisori politici nazionali e locali, chiedendo

una risposta coerente e concreta agli in-terrogativi posti dalla Delega sull’infanzia,e raccomandando un’intesa nazionalecon tutti gli attori istituzionali interessati:regioni, enti locali, stato. Il diritto dell’in-fanzia all’educazione e all’istruzione findalla nascita è un diritto imprescindibile ecome tale va reso esigibile e governatoda tutti i soggetti decisori. La delega contenuta nella legge

107/15 potrà essere un’inversione ditendenza solo se libererà il segmentoeducativo per la fascia 0-3 anni e, perquanto riguarda mensa e trasporti, anchela scuola dell'infanzia dai servizi a do-manda individuale, legandoli in conti-nuità educativa, riconoscendone evalorizzandone le rispettive peculiarità

ARTICOLO 33

specifiche. Tutto ciò, per divenire realtà,necessita di investimenti adeguati, senzai quali il sistema pubblico non può esserela cabina di regia del sistema integrato.Nel contesto pedagogico dello 0-6, en-

trambi i segmenti devono “essere base”nel percorso di istruzione e per l’appren-dimento lungo tutto l’arco della vita e il 3-6, per la sua specificità, deve avere, nellostesso tempo, un forte aggancio al primociclo dell’istruzione, e un legame di con-tinuità educativa con lo 0-3.Nel convegno del 10 aprile abbiamo

raccontato come la scuola dell’infanziapubblica italiana sia il punto di riferi-mento cui la pedagogia internazionaleguarda. Un modello pedagogico chemette al centro il bambino, e la cura del-

Continuano la riflessione e il dibattitosul percorso unitario di istruzione

che, rispettando le diverse età, accompagni dall’asilo alla scuola del-

l’infanzia e da quest’ultima alla primaria. Le preoccupazioni

per i contenuti della delega

La scommessa dello zero-sei

LA SCUOLA GIUSTA COMINCIA DALL’INFANZIA

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

ANNA FEDELI

LA SCUOLA GIUSTA COMINCIA DALL’INFANZIA

nello d’allarme sul futuro che rischia lascuola dell’infanzia. Il Comune, infatti, haaffidato la gestione delle attività pomeri-diane a educatori delle cooperative, se-parandole nei fatti dalle attività svolte inmattinata dalle maestre del Comune. Atal proposito la storia del nostro sindacatoci racconta di molte lotte fatte e vinte persuperare definitivamente le figure delleassistenti e delle maestre aggiunte. Esseinfatti erano portatrici di profili professio-nali ambigui e, quindi, non inseribili apieno titolo nella responsabilità dello svol-gimento della giornata educativa.Oggi questo è il tema dei temi: come si

concilia l’estensione di un modello peda-gogico di valore internazionale con que-ste esercitazioni di funzionamento alribasso?Il ricorso alle cooperative sociali per

estendere o consolidare la scuola dell'in-fanzia non va bene. Sia chiaro: noi nonabbiamo nulla contro le cooperative vir-tuose, semplicemente diciamo che nelcontratto nazionale delle cooperative so-ciali non è previsto il profilo professionaledell'insegnante di scuola dell'infanzia equindi il gestore che applica questo con-tratto nella gestione della scuola dell'in-fanzia, che ha avuto in appalto, non ha irequisiti accedere tra le scuole paritarie.Ed ecco che il cerchio si chiude sui fattidi Firenze: per non perdere la paritàhanno demolito il modello pedagogico. Il caso di Firenze, ma anche quanto

succede a Roma, ci conferma che gli Entilocali, attanagliati dalla crisi e dalle ri-chieste pressanti delle famiglie, hannomesso in discussione il contratto di riferi-mento e il profilo professionale dei do-centi e, con le esternalizzazioni, hannocompromesso il progetto educativo.Si può anche esternalizzare un servizio,

ma non un progetto educativo che deverispondere ai requisiti di cui ho parlatopoc’anzi e questo modo di procedere rap-presenta più di un campanello d’allarmesul futuro che rischia la scuola dell’infan-zia e, di conseguenza la qualità dell'of-ferta formativa e i diritti dei bambini.

Tutto questo ci fa temere che la delegasullo 0-6 presenti numerose fragilità.

Le condizioni della delega

È impensabile che, senza adeguati in-vestimenti che operino per la generaliz-zazione qualitativa e quantitativa dellascuola dell’infanzia, si possa tener fermonel contesto pubblico il patrimonio cheessa rappresenta. La crisi, o forse il pre-testo della crisi, la pagano maggiormentei soggetti più fragili, e infatti, soprattutto alsud, dove gli Enti locali soffrono tagli piùche altrove e dove l’alta disoccupazionedelle donne non crea domanda pres-sante, i servizi educativi e la scuola del-l’infanzia mancano e, come altrove, siallontana la loro generalizzazione. Que-sto è grave perché la scuola dell’infanziaè istruzione, è welfare, è inclusione, nonè assistenza. La scuola pubblica, laica, inclusiva, a

partire dall’infanzia, è un diritto indispo-nibile, che deve essere garantito dalloStato e dagli Enti locali. Non si possonoridurre a indicatori economici i diritti chesono alla base della mobilità sociale. Ma ritorniamo alla delega, la cui attua-

zione, secondo noi, deve rispettare le se-guenti condizioni: - l’assunzione, da parte dello stato, dei

23 mila docenti della scuola dell’infanziaesclusi dalla recenti stabilizzazioni;- la generalizzazione quantitativa e qua-

litativa della scuola dell’infanzia e supe-ramento degli anticipi anche con lastabilizzazione finanziaria delle sezioniprimavera. Gli anticipi vanno superati an-che nella scuola primaria;- lo svincolo dal patto di stabilità per i

servizi scolastici ed educativi dello 0-6anche per raggiungere l’obiettivo della co-pertura del 33% dei servizi educativi perla fascia 0-3 entro il 2020;- la definizione per la fascia 0-3 di un

profilo professionale all’interno del con-tratto nazionale di lavoro.Proprio su quest’ultimo punto va av-

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

27 www.edizioniconoscenza.itN.11-12 2015

l’ambiente, ritenuto il terzo educatore. Unmodello pedagogico dove la professiona-lità degli insegnanti e degli educatori nonsi sviluppa "nell'insegnare contenuti", manel far sì che i bambini esplorino l'am-biente, incontrino i saperi, ci si misurino etraggano dall'esperienza, con il sostegnoattento degli adulti, gli insegnamenti in-dispensabili per la vita.L'organizzazione del lavoro e il “fare”

sono un aspetto decisivo per qualificare ilprogetto educativo. Noi riteniamo impre-scindibile che queste conquiste, passateattraverso serie sperimentazioni comeAscanio e Alice, continuino a costituirepunto di riferimento non solo per il si-stema pubblico ma anche per il paritarioaccreditato.Purtroppo la crisi economica ha deter-

minato, tra gli altri danni, una dramma-tica emergenza anche in questosegmento di scuola: tagli di organico e ta-gli finanziari hanno interrotto la genera-lizzazione della scuola pubblica sulterritorio e tantissimi Enti locali hannoesternalizzato l’organizzazione dellascuole comunali affidandole, spesso “intoto”, alle cooperative sociali.

Appalti e legge di parità

L'esternalizzazione del servizio educa-tivo rappresenta un vulnus nella respon-sabilità degli Enti locali, che così nonesercitano più le loro prerogative e nonsono più garanti della qualità educativa.Questo fenomeno ci preoccupa perchécontiene il forte rischio di una regressioneculturale: si va inesorabilmente versoforme e concezioni assistenzialisticheche sembravano ormai superate da de-cenni. Le indicazioni nazionali del 2012 dise-

gnano inequivocabilmente un modello discuola dell'infanzia a tempo pieno: la gior-nata educativa ha i suoi ritmi ben scan-diti e i tempi del pomeriggio non sono diserie B rispetto a quelli della mattina. I fatti ultimi di Firenze sono un campa-

28www.edizioniconoscenza.it ARTICOLO 33 | N.11-12 2015

servizio di qualità. È un cattivo risparmio.I servizi educativi dello 0-3 devono,quindi, entrare in un percorso di conti-nuità con l’istruzione, ma sulla base di al-cuni chiari assunti:- il titolo di studio di chi vi opera deve

essere congruente con il profilo della pro-fessionalità richiesta per garantire edu-cazione e istruzione qualificate;- i contratti nazionali devono mutuare

profilo professionale, orari e compre-senze, carichi di lavoro, competenze del-l’ambito in cui il lavoro viene svolto;- i finanziamenti devono essere pubblici

e nel sistema pubblico per raggiungere gliobiettivi di Europa 2020;- il progetto educativo in continuità deve

essere funzionale alle caratteristiche pre-cipue dell’età e assicurare il passaggio daun segmento all’altro riconoscendone evalorizzandone l’interdipendenza;- l’integrazione dei tre soggetti che già

agiscono sullo 0-6, lo stato, i privati, glienti locali, deve presupporre una gover-nance che precisi competenze, ruoli, fun-zioni tra i vari soggetti chiamati agovernare il sistema;- la contrattazione sociale e territoriale

deve svolgere un grande ruolo nel go-verno del sistema anche al fine di supe-rare la frammentazione territoriale.

Professionalità e contratto

Infine, ma non da ultimo, il contrattonon solo va rinnovato, ma deve diventare,al più alto livello possibile, funzionale almodello organizzativo e professionalequalificato di cui ho detto prima e devesaper valorizzare le specificità di settore. Le inchieste internazionali sull’appren-

dimento (PISA 2012 e PIRLS 2011) evi-denziano che i maggiori successiscolastici li raggiungono gli adolescentiche hanno fruito di servizi educativi e diuna scuola dell’infanzia di qualità. Ep-pure, il Governo, blindando la delega, staperdendo l’occasione di dare al Paese unprogetto complessivo di rilancio dellascuola dell’infanzia, perno strategico del-

la continuità da una parte col segmentodell’istruzione e dall’altra con i servizieducativi per i bambini da 0-3 anni. Laprofessionalità delle docenti e dei do-centi delle scuole statali, comunali e delsistema paritario qualificato sta consen-tendo a quella che è un’esperienza unicain Europa di continuare a vivere. Questeprofessionalità non si possono né tradirené disperdere. La nostra Costituzione ha ben indivi-

duato l’importanza della scuola per tuttol’arco della vita per combattere feno-meni, purtroppo drammaticamente at-tuali, come analfabetismo, delinquenzaprecoce, disoccupazione giovanile.Il difficile equilibrio tra educabilità e li-

bertà, direttività e sperimentazione, è unprocesso continuo da ricercare nellaprassi relazionale, poiché l'educazione èuna relazione dialogica fatta di ascolto edi simpatia umana che crea dei legamiveri autentici e profondi tra gli esseriumani che imparano gli uni dagli altri.Tutto questo è nella storia della scuolapubblica, soprattutto della scuola dell’in-fanzia.Se il governo intende proseguire que-

sta splendida storia, metterà le risorsenella delega, stabilizzerà i 23 mila inse-gnanti delle GAE, rimasti fuori dal piano distabilizzazioni, aprirà il confronto in Par-lamento per parlare di infanzia e chia-merà il sindacato a dare sostanzacontrattuale e salariale alla complessitàdell’essere insegnanti ed educatori.

Questo articolo è un’ampia sintesi della re-lazione tenuta al Convegno organizzato a Na-poli da FLC Cgil e Proteo Fare Sapere “Dazero a cento è tutta scuola” nei giorni 5-6 no-vembre 2015

Nota1. Il riferimento è al convegno organizzato

a Roma il 10 aprile scorso da FLC Cgil e Pro-teo Fare Sapere “Infanzia, diritti, istruzione. Lenostre proposte per un percorso educativodi qualità”. I materiali del convegno sono stati

pubblicati su “Articolo 33” n. 7-8/2015.

viato un lavoro istruttorio serrato, ancheinterpellando il mondo accademico. IlMIUR deve assumersi la responsabilitàdella governance, perché oggi la confu-sione è alta, siamo di fronte a 20 sistemiregionali differenti e c'è ancora molto dafare sulla qualità del riordino. E ancora. Le sezioni primavera devono

diventare parte integrante del sistema 0-6, anche attraverso la stabilizzazione delpersonale con i contratti del comparto.L’attuale legislazione ha, finora, tenuto di-stanti i due segmenti 0-3 e 3-6: essa in-fatti affida al primo pezzo un ruolo diservizio socio-educativo – gestito, comesi diceva prima – da 20 sistemi regionalidifferenti, e al secondo un ruolo di istru-zione che fa capo al MIUR.

L’educazione da 0 a 18 anni

Il Piano per il Lavoro della CGIL del2013 riconosce lo sviluppo dei servizieducativi e della scuola dell’infanzia, l’in-nalzamento dell’obbligo scolastico a 18anni, l’esigibilità del diritto allo studio, ilriconoscimento del valore dell’apprendi-mento permanente come assi portantidello sviluppo del Paese. In quest’otticala FLC indica l’obbligatorietà della scuoladell’infanzia, propedeutica alla sua gene-ralizzazione qualitativa e quantitativa. Ciòsignifica, prima di tutto, obbligo delloStato ad assicurare gratuitamente a ognibambino la possibilità di frequenza. Lageneralizzazione deve riguardare i 3 annidi scuola dell’infanzia e deve avvenirecon investimenti fatti nella scuola dell’in-fanzia statale e lo Stato deve dare risorseagli Enti locali, affinché possano mante-nere le loro scuole dell’infanzia.Sappiamo che sono obiettivi difficili da

raggiungere perché mal si coniugano coni pareggi di bilancio e con i tagli agli inve-stimenti pubblici. Intervenire sulla spesapubblica non può significare sacrificare idiritti. Se un servizio educativo-scolastico“costa meno” è perché il lavoro di chi viopera è precario e mal pagato e questopesa anche sul diritto dei bambini a un

LA SCUOLA GIUSTA COMINCIA DALL’INFANZIA

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

Notizie dal sito nazionale

31/12/2015 - Mobilità scuola: la trattativa riparte l'11 gennaio -Qualche apertura dal Ministero dell'Istruzione per superare i passaggi irrazionalidella legge 107/15. L'impegno dei sindacati su equità e trasparenzanell'attribuzione della sede scolastica ai docenti

31/12/2015 - Concorso a cattedre nella scuola- Normativa,approfondimenti e materiali utili per orientarsi nella procedura del concorsoordinario.

30/12/2015 Piano d’Azione Coesione: il quadro delle risorse sottratte alleregioni meridionali per finanziare il bonus occupazione

30/12/2015 Precari Istat: no a pericolose forzature

30/12/2015 AFAM: ancora una volta la Legge di Stabilità non dà risposteai precari

30/12/2015 - Legge di stabilità e pensioni scuola: la nota di chiarimentidel MIUR

30/12/2015 - Concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici: lenovità della Legge di Stabilità 2016

30/12/2015 - Organico potenziato: il MIUR incontra i sindacati

30/12/2015 - Blocco turn over ATA: richiesta d'incontro unitaria al Capodi Gabinetto

30/12/2015 - Concorsi Università al 29 dicembre 2015

30/12/2015 - Concorsi Ricerca al 29 dicembre 2015

29/12/2015 - Periodo di prova e formazione: qualche novità positiva per ineo assunti

Appunti Effelleci di Mantova (giovedì 31 gennaio 2015) 5 di 5