LAVORO DI FINE ANNO TERZA MEDIA

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    Warnakulasuriya: Linfinito di Giacomo Leopardi

    Sempre caro mi fu questermo colle,

    E questa siepe, che da tanta parte

    Dellultimo orizzonte il guardo esclude.

    Ma sedendo e rimirando, interminati

    Spazi di l da quella, e sovrumani

    Silenzi, e profondissima quiete

    Io nel pensier mi fingo, ove per poco

    Il cor non si spaura. E come il vento

    Odo stormir tra queste piante, io quello

    Infinito silenzio a questa voce

    Vo comparando: e mi sovvien leterno,

    E le morte stagioni, e la presente

    E viva, e il suon di lei. Cos tra questa

    Immensit sannega il pensier mio:

    E il naufragar m dolce in questo mare.

    Dedola: A Silvia di Giacomo Leopardi

    Silvia, rimembri ancora

    quel tempo della tua vita mortale,

    quando belt splendea

    negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

    e tu, lieta e pensosa, il limitare

    di giovent salivi?

    Sonavan le quiete

    stanze, e le vie d'intorno,

    al tuo perpetuo canto,

    allor che all'opre femminili intenta

    sedevi, assai contenta

    di quel vago avvenir che in mente avevi.

    Era il maggio odoroso: e tu solevi

    cos menare il giorno.

    Catena: Io gli studi leggiadri

    talor lasciando e le sudate carte,

    ove il tempo mio primo

    e di me si spendea la miglior parte,

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    din su i veroni del paterno ostello

    porgea gli orecchi al suon della tua voce,

    ed alla man veloce

    che percorrea la faticosa tela.

    Mirava il ciel sereno,

    le vie dorate e gli orti,

    e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

    Lingua mortal non dice

    quel chio sentiva in seno.

    Barisciano: Che pensieri soavi,

    che speranze, che cori, o Silvia mia!

    Quale allor ci apparia

    la vita umana e il fato!

    Quando sovviemmi di cotanta speme,

    un affetto mi preme

    acerbo e sconsolato,

    e tornami a doler di mia sventura.

    O natura, o natura,

    perch non rendi poi

    quel che prometti allor? perch di tanto

    inganni i figli tuoi?

    Tu pria che lerbe inaridisse il verno,

    da chiuso morbo combattuta e vinta,

    perivi, o tenerella. E non vedevi

    il fior degli anni tuoi;

    non ti molceva il core

    la dolce lode or delle negre chiome,

    or degli sguardi innamorati e schivi;

    n teco le compagne ai d festivi

    ragionavan damore.

    Giannini: Anche pera fra poco

    la speranza mia dolce: agli anni miei

    anche negaro i fati

    la giovinezza. Ahi come,

    come passata sei,

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    cara compagna dellet mia nova,

    mia lacrimata speme!

    Questo il mondo? questi

    i diletti, lamor, lopre, gli eventi,

    onde cotanto ragionammo insieme?

    questa la sorte delle umane genti?

    Allapparir del vero

    tu, misera, cadesti: e con la mano

    la fredda morte ed una tomba ignuda

    mostravi di lontano.

    Grifone: Dal Canto notturno di un pastore errante dellAsia di Giacomo Leopardi

    Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

    Silenziosa luna?

    Sorgi la sera, e vai,

    Contemplando i deserti; indi ti posi.

    Ancor non sei tu paga

    Di riandare i sempiterni calli?

    Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga

    Di mirar queste valli?

    Somiglia alla tua vita

    La vita del pastore.

    Sorge in sul primo albore

    Move la greggia oltre pel campo, e vede

    Greggi, fontane ed erbe;

    Poi stanco si riposa in su la sera:

    Altro mai non ispera.

    Dimmi, o luna: a che vale

    Al pastor la sua vita,

    La vostra vita a voi? dimmi: ove tende

    Questo vagar mio breve,

    Il tuo corso immortale?

    Martino: Vecchierel bianco, infermo,

    Mezzo vestito e scalzo,

    Con gravissimo fascio in su le spalle,

    Per montagna e per valle,

    Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,

    Al vento, alla tempesta, e quando avvampa

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    L'ora, e quando poi gela,

    Corre via, corre, anela,

    Varca torrenti e stagni,

    Cade, risorge, e pi e pi s'affretta,

    Senza posa o ristoro,

    Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva

    Col dove la via

    E dove il tanto affaticar fu volto:

    Abisso orrido, immenso,

    Ov'ei precipitando, il tutto obblia

    Di Giovanni: Le ricordanze di Giacomo Leopardi

    N mi diceva il cor che l'et verde

    Sarei dannato a consumare in questo

    Natio borgo selvaggio, intra una gente

    Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso

    Argomento di riso e di trastullo,

    Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,

    Per invidia non gi, che non mi tiene

    Maggior di s, ma perch tale estima

    Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori

    A persona giammai non ne fo segno.

    Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,

    Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza

    Tra lo stuol d malevoli divengo:

    Qui di piet mi spoglio e di virtudi,

    E sprezzator degli uomini mi rendo,

    Per la greggia ch'ho appresso: e intanto volaIl caro tempo giovanil; pi caro

    Che la fama e l'allor, pi che la pura

    Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo

    Senza un diletto, inutilmente, in questo

    Soggiorno disumano, intra gli affanni,

    O dell'arida vita unico fiore.

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    Testori: L'assiuolo di Giovanni Pascoli

    Dovera la luna? ch il cielo

    notava in unalba di perla,

    ed ergersi il mandorlo e il melo

    parevano a meglio vederla.

    Venivano soffi di lampi

    da un nero di nubi laggi;

    veniva una voce dai campi:

    chi...

    Le stelle lucevano rare

    tra mezzo alla nebbia di latte:sentivo il cullare del mare,

    sentivo un fru fru tra le fratte;

    sentivo nel cuore un sussulto,

    comeco dun grido che fu.

    Sonava lontano il singulto:

    chi...

    Su tutte le lucide vettetremava un sospiro di vento:

    squassavano le cavallette

    finissimi sistri dargento

    (tintinni a invisibili porte

    che forse non saprono pi?...);

    e cera quel pianto di morte...

    chi...

    Narvaez: Veglia di Giuseppe Ungaretti

    Unintera nottata

    buttato vicino

    a un compagno

    massacrato

    con la sua bocca

    digrignata

    volta al plenilunio

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    con la congestione

    delle sue mani

    penetrata

    nel mio silenzio

    ho scritto

    lettere piene damore

    Non sono mai stato

    tanto

    attaccato alla vita

    Bertoni: Soldatidi Giuseppe Ungaretti

    Si sta come

    d'autunno

    sugli alberi

    le foglie

    Salmaggi: Uomo del mio tempo di Salvatore Quasimodo

    Sei ancora quello della pietra e della fionda,

    uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

    con le ali maligne, le meridiane di morte,

    - tho visto dentro il carro di fuoco, alle forche,

    alle ruote di tortura. Tho visto: eri tu,

    con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

    senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

    come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

    gli animali che ti videro per la prima volta.

    E questo sangue odora come nel giorno

    quando il fratello disse allaltro fratello:

    - Andiamo ai campi. E quelleco fredda, tenace,

    giunta fino a te, dentro la tua giornata.

    Vieira: Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

    salite dalla terra, dimenticate i padri:

    le loro tombe affondano nella cenere,

    gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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    Vieira: Ed subito sera di Salvatore Quasimodo

    Ognuno sta solo sul cuor della terra

    trafitto da un raggio di sole:

    ed subito sera.

    Loguercio: Ho sceso, dandoti il braccio di Eugenio Montale

    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

    e ora che non ci sei il vuoto ad ogni gradino.

    Anche cos stato breve il nostro lungo viaggio.

    Il mio dura tuttora, n pi mi occorrono

    le coincidenze, le prenotazioni,

    le trappole, gli scorni di chi crede

    che la realt sia quella che si vede.

    Bertoni: Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

    non gi perch con quattr'occhi forse si vede di pi.

    Con te le ho scese perch sapevo che di noi due

    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

    erano le tue.

    Logaldo: Itaca di Costantino Kavafis

    Quando ti metterai in viaggio per Itaca

    devi augurarti che la strada sia lunga

    fertile in avventure e in esperienze.

    I Lestrigoni e i Ciclopi

    o la furia di Nettuno non temere,non sar questo il genere d'incontri

    se il pensiero resta alto e il sentimento

    fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.

    In Ciclopi e Lestrigoni, no certo

    n nell'irato Nettuno incapperai

    se non li porti dentro

    se l'anima non te li mette contro.

    Devi augurarti che la strada sia lunga

    che i mattini d'estate siano tanti

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    quando nei porti - finalmente e con che gioia -

    toccherai terra tu per la prima volta:

    negli empori fenici indugia e acquista

    madreperle coralli ebano e ambre

    tutta merce fina, anche aromi

    penetranti d'ogni sorta, pi aromi

    inebrianti che puoi,

    va in molte citt egizie

    impara una quantit di cose dai dotti.

    Sempre devi avere in mente Itaca

    - raggiungerla sia il pensiero costante.

    Soprattutto, non affrettare il viaggio;

    fa che duri a lungo,per anni, e che da vecchio

    metta piede sull'isola, tu, ricco

    dei tesori accumulati per strada

    senza aspettarti ricchezze da Itaca.

    Loguercio: Itaca ti ha dato il bel viaggio,

    senza di lei mai ti saresti messo

    in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

    E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avr deluso.

    Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso

    Gi tu avrai capito ci che Itaca vuole significare.