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29 L'AVIAZIONE ITALIANA SUL FRONTE RUSSO Renato Callegari La partenza «1833/OP AERONAUTICA ALBANIA /./MATTINA GIORNO 7 TEMPO PERMETTENDO CO- MANDO 22° GRUPPO C.T. CON TUTTI VELIVOLI SI TRASFERIRÀ DA TIRANA-BELGRADO- BUCAREST PER SUCCESSIVA DESTINAZIONE /./ DISPONGO QUANTO SEGUE /0/ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI MACCHI 200 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI BR 20 DEL 38° STORMO B.T. CHE DOVRANNO NAVIGARE IN TESTA ALLA FORMAZIONE DEI CACCIA /./ AT ORE 0730 PARTIRANNO I TRE CAPRONI 133 DEL 22° GRUPPO C.T: /./ AT ORE 0745 PARTIRANNO I DUE S.M. 81 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ ROTTA QUELLA STABILITA DAL SUPERAEREO /./ GENERALE FERRUCCIO RANZA». 18 Con questo messaggio che giunse il 5 agosto 1941 all'Ufficio Operazioni del Comando delle forze aeree italiane in Albania, iniziava per la Regia Aeronautica la Campagna di Russia. A quell'epoca l'aviazione tricolore nel 1941 aveva ormai perso il lustro accumulato prima del conflitto, durante la Grande Guerra e con le imprese aviatorie compiute negli anni Trenta. Le operazioni sulla Manica, in Gre- cia, in Yugoslavia e in Nord Africa (tralasciando il fronte dimenticato dell'Afri- ca Orientale Italiana.), avevano dimostrato la reale situazione delle nostre forze aeree. La scarsa dotazione di mezzi, spesso obsoleti e una struttura burocratica elefantiaca ne frenavano le capacità. Questi limiti, solo in parte poterono essere compensati dall'inventiva e dall'abnegazione dei nostri uomini. L'offensiva della Luftwaffe La Luftwaffe 19 impegnò nell'attacco all'Unione Sovietica il 65% degli ef- 18 Il testo è tratto da: Nicola Malizia, Ali sulla steppa, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1987. 19 La struttura della Luftwaffe faceva perno, come nelle altre forze aeree, su un'unità base che era lo Staffel equivalente alla nostra squadriglia. Tre Staffel componevano un Gruppe (al pari della Regia Aeronautica ) e, a loro volta, tre o quattro Gruppen componevano un Ge- schwader ovvero uno Stormo. Più Geschwader formavano i Fliegerkorps o Fliegerdivision che erano infine uniti in Luftflotte. In totale queste, erano quattro, più altre tre che furono create durante il conflitto. Lo Staffel era comandato da un capitano (Hauptmann) o da un tenente (Oberleutnant). Era numerato in maniera progressiva all'interno del Geschwader e, disponeva di 12 aerei identificabili dal colore del numero personale davanti alla croce. Que- sto colore rappresentava la posizione dello Staffel all'interno del Gruppe nell'ordine Bianco, Rosso, Giallo. Il Gruppe era comandato da un maggiore (Major) o da un Tenente Colonel- lo (Oberstleutnant). Era definito da un numero romano progressivo. All'interno del Gesch- wader, gli aerei erano identificati dalla presenza o meno un simbolo dopo la croce. Nella fattispecie: l'assenza del simbolo per il I° Gruppe, una linea orizzontale per il II° Gruppe, una linea verticale o un'onda per il III° Gruppe e, se esistente, un pallino colorato per il IV° Gruppe. Il Geschwader era comandato da un Colonnello (Oberst) o da un Tenente-Colonello Un ufficiale della Regia Aeronautica parla con due colleghi romeni. AUSSME.

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L'AVIAZIONE ITALIANA SUL FRONTE RUSSORenato Callegari

La partenza«1833/OP AERONAUTICA ALBANIA /./MATTINA GIORNO 7 TEMPO PERMETTENDO CO-

MANDO 22° GRUPPO C.T. CON TUTTI VELIVOLI SI TRASFERIRÀ DA TIRANA-BELGRADO-BUCAREST PER SUCCESSIVA DESTINAZIONE /./ DISPONGO QUANTO SEGUE /0/ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI MACCHI 200 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI BR 20 DEL 38° STORMO B.T. CHE DOVRANNO NAVIGARE IN TESTA ALLA FORMAZIONE DEI CACCIA /./ AT ORE 0730 PARTIRANNO I TRE CAPRONI 133 DEL 22° GRUPPO C.T: /./ AT ORE 0745 PARTIRANNO I DUE S.M. 81 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ ROTTA QUELLA STABILITA DAL SUPERAEREO /./ GENERALE FERRUCCIO RANZA».18

Con questo messaggio che giunse il 5 agosto 1941 all'Uffi cio Operazioni del Comando delle forze aeree italiane in Albania, iniziava per la Regia Aeronautica la Campagna di Russia. A quell'epoca l'aviazione tricolore nel 1941 aveva ormai perso il lustro accumulato prima del confl itto, durante la Grande Guerra e con le imprese aviatorie compiute negli anni Trenta. Le operazioni sulla Manica, in Gre-cia, in Yugoslavia e in Nord Africa (tralasciando il fronte dimenticato dell'Afri-ca Orientale Italiana.), avevano dimostrato la reale situazione delle nostre forze aeree. La scarsa dotazione di mezzi, spesso obsoleti e una struttura burocratica elefantiaca ne frenavano le capacità. Questi limiti, solo in parte poterono essere compensati dall'inventiva e dall'abnegazione dei nostri uomini.

L'offensiva della LuftwaffeLa Luftwaffe19 impegnò nell'attacco all'Unione Sovietica il 65% degli ef-

18 Il testo è tratto da: Nicola Malizia, Ali sulla steppa, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1987.19 La struttura della Luftwaffe faceva perno, come nelle altre forze aeree, su un'unità base che era lo Staffel equivalente alla nostra squadriglia. Tre Staffel componevano un Gruppe (al pari della Regia Aeronautica ) e, a loro volta, tre o quattro Gruppen componevano un Ge-schwader ovvero uno Stormo. Più Geschwader formavano i Fliegerkorps o Fliegerdivision che erano infi ne uniti in Luftfl otte. In totale queste, erano quattro, più altre tre che furono create durante il confl itto. Lo Staffel era comandato da un capitano (Hauptmann) o da un tenente (Oberleutnant). Era numerato in maniera progressiva all'interno del Geschwader e, disponeva di 12 aerei identifi cabili dal colore del numero personale davanti alla croce. Que-sto colore rappresentava la posizione dello Staffel all'interno del Gruppe nell'ordine Bianco, Rosso, Giallo. Il Gruppe era comandato da un maggiore (Major) o da un Tenente Colonel-lo (Oberstleutnant). Era defi nito da un numero romano progressivo. All'interno del Gesch-wader, gli aerei erano identifi cati dalla presenza o meno un simbolo dopo la croce. Nella fattispecie: l'assenza del simbolo per il I° Gruppe, una linea orizzontale per il II° Gruppe, una linea verticale o un'onda per il III° Gruppe e, se esistente, un pallino colorato per il IV° Gruppe. Il Geschwader era comandato da un Colonnello (Oberst) o da un Tenente-Colonello

Un uffi ciale della Regia Aeronautica parla con due colleghi romeni. AUSSME.

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fettivi con 2.770 aerei da combattimento, di cui 775 bombardieri, 310 bom-bardieri in picchiata (Stukas), 830 caccia, 90 caccia bimotori Bf110 Zerstorer, 710 ricognitori e 55 aerei da pattugliamento costiero.20 Al Gruppo Armate Nord fu assegnata la Iª Luftfl otte (con quartier generale a Norditten-Inster-berg) al comando del geenerale Alfred Keller con obbiettivo Leningrado. Di essa facevano parte il I° Fliegerkorps, il Fliegerkorps Ostsee (Comando ae-reo del Baltico) e otto gruppi dell'aviazione fi nlandese. Al Gruppo Armate Centro era invece stata destinata la IIª Luftfl otte (con sede a Biélany-Varsavia) comandata dal fedmaresciallo Albert Kesserling, che doveva operare sulla direttrice Grodno-Minsk-Smolensk. Di essa facevano parte il II° e il VIII° Fliegerkorps. Al Gruppo Armate Sud era infi ne stata assegnata la IVª Luftfl ot-te con sede a Jasinosk (a nordovest di Rzeszow), agli ordine dal genenerale Alexander Lohr. Quest'ultima doveva operare sui cieli dell'Ucraina e sulla zona del Mar Nero, valendosi del IV° e del V° Fliegerkorps. Inoltre le era affi ancato il I° Corpo Aereo Romeno, il Gruppo Caccia Ungherese (2/II) e, poco tempo dopo l'inizio delle operazioni, la componente aerea del CSIR.

L'aviazione sovieticaL'Aviazione russa aveva alle spalle una storia breve, cominciata solo dopo

la Prima Guerra Mondiale. Essa conobbe un deciso impulso solo con la Guerra di Spagna, quando le gerarchie del Cremlino realizzarono infi ne quale fosse il potere dell'arma aerea. Nel 1938 l'Aviazione di Stalin aveva una consistenza di 5.000 aerei. Nel periodo precedente lo scoppio delle ostilità, l'aeronautica russa era però in piena ristrutturazione e i suoi vertici erano stati anch'essi colpiti dalle purghe staliniane. All'alba del 22 giugno 1941 la sua forza era stimata tra i 10.500 e i 12.000 velivoli con una cadenza produttiva delle indu-strie di 4-5.000 apparecchi all'anno. Degli aerei in linea, solo 2.739 potevano

(Oberstleutnant). Disponeva generalmente di 108 o 144 aerei a seconda dei Gruppe di cui si componeva. Era numerato secondo la località di provenienza in Germania (Nord, Ovest, Sud ed Est). Il numero era preceduto dalla sigla indicante la specialità: «JG» (Jagdgeschwader) per la Caccia, «KG» (Kampfgeschwader) per il Bombardamento, «StG» (Sturzkampfgesch-wader) per i Bombardieri in Picchiata (Stukas), ZG (Zerstörergeschwader) per la Caccia Pesante… Sull'aereo, il Geschwader di appartenenza era riconoscibile grazie a uno stemma di reparto dipinto all'altezza del posto di pilotaggio. A titolo di esempio, il terzo velivolo dell'8° Staffel in forza al III° Gruppe del Jagdgeschwader 2 «Richthofen», avrebbe avuto il seguente schema di riconoscimento: stemma con una «R» rossa, numero 3 rosso, croce e poi onda sempre rossa (8/III/JG2 o anche solo 8/JG2 dato che era sottinteso che l'ottavo Staffel poteva appartenere solo al terzo Gruppe). Cfr. Aerei da caccia della seconda guerra mondiale. Messerschmitt, Hurricane, Spitfi re, Novara, Edipem, 1980.20 Per le operazioni sulla Francia e sui Paesi Bassi le risorse messe a disposizioni furono maggiori.

La 371a Squadriglia fa scalo in Romania durante il volo di trasferimento al Fronte Russo. AUSSME.

Piloti del 21° Gruppo Caccia. AUSSME.

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considerarsi moderni: Yak 1 (399), Mig 3 (1309), LaGG 3 (322), Pe2 (460), Il-2 (249). Tutti gli altri erano obsoleti. Tre quarti della aeromobili disponi-bili erano basati nella Russia europea. La maggioranza dei caccia non erano comunque all'altezza dei mezzi tedeschi. Si trattava perlopiù di Polikarpov I-16 e dei più vecchi biplani del tipo I-15, comprendendo fra essi i velivoli derivati da tale modello ovvero l'I-15bis e l'I-153. Questi benché provvisti di buoni motori e utilizzabili per il combattimento ravvicinato (DogFight) non potevano certe reggere il confronto con i Messerschmitt e uscire indenni dai loro fulminei attacchi a distanza. Consistente in campo sovietico era anche la presenza dei vetusti bombardieri medi Tupolev SB2 e del più valido Ilyushin DB3 (Il-4). Ad aggravare la situazione non vi era però soltanto l'arretratezza tecnologica del parco velivoli sovietico, ma anche la preparazione dei pilo-ti, scadente e frettolosa, già emersa nel corso della guerra con cui l'URSS aveva aggredito la Finlandia. L'Aviazione Militare Sovietica, VVS (Voyenno Vozdusnye-Sily) tentava dunque faticosamente di riorganizzarsi quanto l'at-tacco tedesco la travolse. Comandata dal maresciallo Pavel Fedorovich Zhi-garev, essa nel 1941 stava cominciando ad acquisire aerei più moderni.21 Le sue componenti erano l'Aviazione Autonoma da Bombardamento Strategico (DA), con lo scopo di effettuare missioni in profondità nel territorio nemico e l'Aviazione di Frontiera (FA), forte di circa 5.700 velivoli. 1.155 di essi fa-cevano base nel distretto Leningrado agli ordini del generale Aleksandr Alek-sandrovich Novikov) ripartiti in otto divisioni aeree e in 24 reggimenti. Altri

21 Uno dei maggiori progettisti russi fu Nikolai Polikarpov, vittima anch'egli delle repres-sioni staliniane. Rimase infatti incarcerato dal 1929 al 1932. In quel periodo progettò un bi-plano compatto e maneggevole, l'I-15. Il velivolo era di costruzione mista legno/tubi acciaio e nelle ultime versioni montava un propulsore da 480 cv. Era armato con due mitragliatrici da 7,62 mm. Allo scoppio del confl itto era ormai un mezzo superato ma la versione maggiorata I-153 con un motore da 1000 cv. e l'adozione di razzi prolungò il suo utilizzo. A quell'epoca il caccia più diffuso era però il suo successore, l'I-16. Polikarpov lo aveva derivato nel 1933 dall'I-15 precedente. Era un monoplano sempre molto compatto e più potente, usato nella guerra di Spagna. Fu battezzato dai Nazionalisti «Rata» (topo) o «mosca» dai Repubblicani, mentre i sovietici lo chiamavano «Isciak» (asino) per l'assonanza con questa parola della sigla I-16 in russo. L'aereo poteva superare il nostro Macchi grazie al suo ridotto raggio di virata, ma i piloti russi all'inizio mancavano di tecnica di combattimento e sfruttavano questa caratteristica solo per svincolarsi e abbandonare lo scontro. Ne furono costruiti ben 8.644 esemplari. Tralasciando il vecchio Tupolev SB2, conosciuto al tempo della Guerra di Spagna come Martin-bomber per la somiglianza con l'aereo americano contemporaneo, il vero bom-bardiere strategico medio russo era l'Ilyushin DB3, un bimotore tutto metallico nato nel '36. Esso aveva una buona forma aerodinamica ma subì subito numerose modifi che cambiando anche nome in Il-4. Con lo scoppio del confl itto la produzione si arrestò per lo spostamento degli stabilimenti e per la mancanza di materiali metallici. Fu riprogettato in legno e usato con buoni risultati per il resto del confl itto.

Un pilota sovietico.

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630 erano invece schierati nel distretto del Baltico. La sede del loro comando era a Riga e la direzione delle operazioni era affi data al generale Aleksei Pa-vlovich Ionov con. I velivoli dovevano operare in appoggio alle Armate 8ª, 27ª e 11ª. Nel Distretto Speciale Occidentale, al comando del generale Aleksei Pavlovich Pogrebov, di base a Minsk, si trovavano poi ulteriori 1.430 destina-ti a supportare le azione delle Armate 3ª, 4ª, 10ª e 13ª. In questo settore, solo 364 aerei basati a Brjansk e Vjazma proteggevano le rotte di avvicinamento a Mosca. Il generale Evgenii Savvich Ptukhin quindi, operava nel Distretto Speciale di Kiev ed aveva alle proprie dipendenze 1.085 aeromobili mentre 1.400 erano quello affi dati al generale Fedor Georgievich Michugin respon-sabile dei distretti di Odessa, di Mosca, dell'Orel, di Har'kov e del Caucaso. Oltre alle forze aeree sin qui esaminate, i sovietici potevano fare affi damento anche sui Reparti assegnati alle Armate e dotati di Divisioni Aeree Composite (SSAD) e sull'Aviazione Navale. Quest'ultima era agli ordini del marescial-lo Semen Fedorovich Zhavoronkov ed era composta dalla forza aerea della Flotta Nord, della Flotta del Baltico, della Flotta del Mar Nero e della Flotta del Pacifi co. Poteva contare su 1.445 aerei tra caccia, bombardieri e idrovo-lanti. Un esame a parte deve infi ne essere riservato all'Aviazione da caccia per la difesa Aerea (IA-PVO). Essa era costituita da 40 reggimenti al comando del generale Nikolai Vasilevich Voronov ed aveva come compito principale la difesa delle grandi città. Dotata degli aerei più moderni come il Mig-3, il LaGG-3 e lo Yak-1, l'Aviazione da Caccia integrava nel proprio organico an-che i reparti di Artiglieria Contraerea. Operava schierata soprattutto attorno alle tre grandi metropoli di Mosca, Kiev e Leningrado. La difesa della città poteva contare anche su radar sviluppati negli anni 36-41 tipo Burya, Ravan e Redut. 22

L'attacco tedescoL'attacco incominciò tra le 3,15 e le 3,45 del 22 giugno 1941 senza nessun

preavviso. La disorganizzazione dei sovietici era totale. Furono intercettate in quelle ore le comunicazioni allarmate degli avamposti russi che chiede-vano al comando disposizioni in quanto si vedevano aggrediti. Il comando rispondeva rimproverandoli perché trasmettevano in chiaro quando invece avrebbero dovuto usare il codice.23 La Luftwaffe spedì in volo il grosso delle sue squadriglie per un'azione preventiva contro tutti gli aeroporti raggiungibi-li. Gli aerei russi erano ben schierati ala conto ala in 66 basi. Fu un massacro: un autentico tiro al piccione. Alle 12.00 in punto lo Stato Maggiore Tedesco

22 L'aviazione. Grande enciclopedia illustrata Enciclopedia, Novara, De Agostini, 1982-1985, v. 9.23 Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale. Parlano i protagonisti, Milano, Rcs, 1989.

Il pilota trevigiano «Bepi» Biron acconto allo stemma del «22° Gruppo Caccia».

Il maggiore asso della caccia sovietica, il capitano Ivan Nikitovich Kozhedub, accreditato di 62 vittorie.

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Un «Caproni 311» pronto al decollo.

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comunicava la distruzione di almeno 800 velivoli avversari e alla fi ne della giornata i mezzi russi messi fuori combattimento ammontavano a 1.811 di cui 1.489 colpiti al suolo e solo 322 in volo. I dati sono certamente attendibili e in parte furono confermati dagli stessi sovietici che ammisero la perdita di alme-no 1.200 aerei. Il giorno dopo, al conto dei velivoli spazzati via, si aggiunsero un altro migliaio di apparecchi, mentre la Luftwaffe lamentava una perdita di solo 150 aerei. In testa alla classifi ca dei reparti più vittoriosi c'era il Jagdge-schwader 51 di Werner Molders che raggiunse a fi ne giugno le 1.000 vittorie, seguito dai JG 3, 52, 53, 54, e 77. In questi reparti - in particolare nei JG 51 e 52 - prestavano già servizio alcuni assi e altri piloti, in brevissimo tempo, sa-rebbero diventati famosi come Eder, Steinhoff, Krupinski, Rossmann, Glunz e Knoke. E' interessante notare che sul fronte russo fu la lunga lista dei piloti tedeschi che superarono le cento vittorie. Il primatista assoluto alla fi ne sa-rebbe stato Erich Alfred «Bubi» Hartmann con 352 aerei avversari abbattuti. L'asso degli assi della Grande Guerra, Manfred von Richthofen, si era invece fermato a quota 80 prima di essere lui stesso colpito e ucciso. Cosa rese pos-sibile da parte degli aviatori germanici la conquista di così roboanti palmarès che non ebbero uguali se non nel fronte orientale? Gran parte di questi suc-cessi furono dovuti all'effetto sorpresa da cui i russi rimasero travolti e alla scarsa preparazione dei piloti sovietici che erano bersagli facili per gli esperti cacciatori teutonici. Un ruolo determinate nella iniziale débâcle sovietica lo ebbe anche il materiale obsoleto che la VVS aveva in linea nei primi mesi dell'attacco. Doppiamente interessante da questo punto di vista è il confronto con le liste degli assi degli altri paesi: la Gran Bretagna raggiunse nel secondo confl itto valori simili a quelli della Grande Guerra24, ma anche gli Stati Uniti ottennero risulti modesti nonostante la poderosa macchina bellica avviata25 e così il Giappone che pure con il suo primatista Hiroyoshi Nishizawa, ottenne 87 vittorie individuali. Il caso italiano fu diverso perché si decise di stilare una doppia classifi ca: la prima per le vittorie individuali e la seconda per le vittorie collettive generalmente assegnate al reparto. La decisione venne presa per evitare la confl ittualità interna alle squadriglie, ma mortifi cò il desiderio di emulazione e confronto. Comunque anche i piloti italiani ottennero risultati comparabili a quelli delle altre nazioni. I nostri primatisti risultarono Teresio Martinoli con 22 (+14) vittorie e Franco Lucchini con 2626. La Francia non

24 Il loro primatista fu Marmaduke Thomas St. John «Pat» Pattle con 40 vittorie, mentre nel primo confl itto mondiale Edward Mannoch raggiunse quota 73.25 Richard Bong ottenne 40 vittorie, contro le 26 conseguite da Edward «Eddie» Ricken-backer durante la Prima Guerra Mondiale.26 Esiste una certa confusione nella classifi ca degli assi italiani. In alcuni lavori il primato è attribuito a Martinoli e in altri Lucchini. Durante il primo confl itto mondiale, il nostro mag-

Sistema di preriscaldamento tedesco applicato ai motori di questo velivolo italiano per vincere i rigori dell'inverno sovietico. Il gelo era in grado di bloccarne il funzionamento.

«Caproni CA311» fra le nevi russe dell'inverno 1941-1942. Si tratta di velivoli della 119a Squadriglia del 61° Gruppo.

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ebbe valori confrontabili perché fu occupata nel 1940 e i suoi piloti volarono con gli Inglesi e con i Russi.

L'«aiuto» italianoIl 30 giugno 1941 Mussolini - informato dell'inizio delle operazioni sul

fronte sovietico, - offrì a Hitler la partecipazione militare italiana all'impresa del Terzo Reich. Il Führer accettò con riluttanza il nostro contributo che, a livello aeronautico, si concretizzò nella partecipazione di pochi velivoli alle operazioni.27 Il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) fu dotato di una componente aerea di appoggio provvista di caccia e ricognitori. A seguito del foglio d'ordine n. 2/6142 del 17 luglio, il successivo giorno 25, veniva costituito il Comando Aeronautica del CSIR affi dato al colonnello Carlo Dra-go, già alla guida del 36° Stormo da bombardamento. I reparti alle sue dipen-denze erano: il 22° Gruppo autonomo Caccia Terrestre. di stanza a Tirana, comandato da Giovanni Borzoni28; il 61° Gruppo di Mostar agli ordini di

giore asso fu naturalmente Francesco Baracca con 34 vittorie.27 Fra gli aerei italiani impiegati in Russia vi fu il Macchi Mc 200. Questo velivolo era stato il vincitore - con il Fiat G50 - del concorso «serie 0» del 1938, per un caccia monoplano. Ai progettisti era stato imposto il superato motore stellare e questa scelta condizionò le sue capacità operative. Quasi tutti i partecipanti a quel concorso montarono il propulsore Fiat A74 Rc38 da 840cv che era robusto ma ormai vecchio. Tutto metallico, il Macchi Mc 200 aveva all'inizio la capottina chiusa, ma poiché in Italia non si riusciva ancora a produrre un materiale in grado di garantire suffi ciente e permanente trasparenza e, a causa diffi coltà che con la capottina si incontravano nell'uscire dall'abitacolo, nelle serie successive si optò per la cabina aperta. Gli Mc 200 si dimostrarono sul fronte russo all'altezza del compito tornando spesso vittoriosi dai confronti con i caccia sovietici, il cui livello tecnologico era però inferio-re. L'armamento era composto da due mitragliatrici da 12,7 che non si rivelarono il massimo dal punto di vista bellico. Questi caccia furono usati intensamente anche per l'attacco al suolo con spezzoni da 50 kg, appesi sotto le ali, anche se l'aereo non permetteva un elevato carico bellico. Il mezzo si dinostrerà comunque effi cace anche in questo ruolo. Altri velivoli impie-gati sui cieli russi furono il bimotore Caproni C 309 - capostipite di una serie di ricognitori di costruzione lignea con fusoliera in traliccio metallico - e il Caproni 311. Quest'ultimo era nato come ricognitore con una superfi cie fi nestrata aerodinamica molto estesa. Il velivolo fu poi modifi cato sul muso per risolvere il problema della visibilità insuffi ciente nella parte cur-va. In Russia gli italiani impiegarono entrambe le versioni. Per i trasporti sopra le sconfi nate steppe sovietiche, la componente aerea del CSIR, utilizzò anche il SIAI Marchetti S 81 che, come lo Junkers Ju52, era nato come aereo da trasporto (S73) poi convertito in bombardiere e infi ne usato di nuovo come trasporto durante il confl itto. Nato nel 1935, era costruito secon-do la tecnica corrente: fusoliera in traliccio metallico e ala ed impennaggi in legno. Il tutto rivestito in tela con parti in alluminio. Il carrello fi sso e una generosa ala lo faceva robusto e stabile anche se lento. Ebbe vari motori tra 580 a 1000 cv. 28 Era costituito dalle squadriglie 359ª, 362ª, 369ª e 371ª e disponevano in totale di 51 Mc 200, due S 81, e tre Ca 133.

Velivolo russo caduto fra la neve.

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Giordano Chiereghini.29 Il 20 luglio 41, il personale tecnico del 22° Gruppo partiva da Tirana e si imbarcava a Durazzo per Bari. Poi, in treno, raggiunge-va il centro di raccolta di Vigodarzere (PD) e, a bordo di convogli, partiva per Tudora in territorio Romeno. Quattordici tradotte lasciarono Padova e Cavar-zere nel veneziano ed altre si mossero da Modena e Napoli. Il primo treno arrivò alla stazione di Dolask la sera del primo 1° agosto 1941 dopo sei gior-ni di viaggio. L'aeronautica impegnò nell'operazione oltre a 1900 uomini, anche 300 automezzi e tutte le attrezzature necessarie ad allestire tre campi. Il 29 luglio 1941, il colonnello Drago, comandante designato dell'aeronautica in Russia, effettuò un viaggio per organizzare il trasferimento e la sistemazione della componente aerea. Partendo da Roma con un S 75, arrivò a Tirana e prese accordi col gen. Ferruccio Ranza comandante dell'aeronautica d'Alba-nia. Dopo aver illustrato il programma ai piloti del 22° gruppo, partì per Mo-star dove fece lo stesso con gli uomini del 61°. Continuò poi il viaggio por-tandosi a Belgrado dove si consultò con l'addetto aeronautico italiano col. Piroddi. Il giorno dopo era a Bucarest a dare disposizioni per la sistemazione dei reparti in transito. Quindi il colonnello partì per Tudora questa volta con un Ju 52 tedesco, per poi continuare il viaggio - a bordo un Fw 58 - fi no a Botosani al comando CSIR che si stava allestendo. Parlò col generale Gio-vanni Messe prendendo accordi in merito campo da sistemare nella zona di Balta e poi passò a Jasi per parlare con il comandante di settore della Luftwaf-fe, il generale Kurt Menzel. Da quel colloquio emerse un problema di natura tecnica relativo alla benzina germanica. Sembrava che il carburante prodotto dai tedeschi a Ploesti - il «B-4» con lo 0,12% di piombo, - non fosse compa-tibile con quella usato sui nostri aerei che invece richiedeva lo 0,8% di piom-bo. Dopo ripetute insistenze italiane, alla fi ne i germanici accettarono di pro-durre anche una partita di benzina secondo le specifi che della Regia Aeronau-tica. Questa tipo di carburante però non fu mai consegnato e gli aerei italiani volarono sempre con la benzina «B-4» tedesca senza avere inconvenienti. Il campo assegnato ai reparti della Regia Aeronautica era a Kirowo, nella zona di Balta, ma le prime sette colonne di Automezzi che arrivarono sul posto lo trovarono occupato dalla Luftwaffe. Tra la rabbia e la rassegnazione, i nostri appresero che gli italiani dovevano spostarsi più a sud, sul campo di Krivoj-Rog, a circa 80 km dal fronte. Il trasferimento fu un calvario a causa delle strade trasformatesi in un mare di pantano per le recenti piogge. I camion raggiunsero la base sulla zona del Dnjeper tra il 22 e il 29 agosto. La sera del

29 Aveva in linea 32 Ca 311 e un S 81. Lo componeva la 34ª Squadriglia comandata dal capitano Cesare Bonino, la 119ª, guidata dal capitano Giovanni Disegna, e la 128ª agli ordini del capitano Igino Mendini sostituito poi il 17 agosto dal collega Lorenzo Tomaj.

Ucraina, Estate 1942: «Macchi 200» della 386° Squadriglia Caccia.

Il pilota russo Kiselev accanto ai rottami di un aereo tedesco abbattuto.

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5 agosto 1941, era frattanto arrivato l'ordine di partenza per gli aerei i piloti con i pochi tecnici e il materiale essenziale. Il successivo 9 Agosto 1941 quin-di, il 22° gruppo partiva da Tirana e, dopo uno scalo a Belgrado (Zemun), atterrava a Bucarest (Beneassa). Il trasferimento dei 51 Macchi fu oggetto di una bravata italiana in risposta alle manifestazioni organizzative tedesche in Grecia. I piloti italiani, per dimostrare le loro capacità ai tedeschi, si presen-tarono sul cielo di Bucarest in formazione compatta ed eseguirono un passag-gio a bassa quota, per poi atterrare tutti insieme sotto una pioggia infernale. La situazione logistica che trovarono al loro arrivo non era buona. Durante la sua missione in Romania, il colonnello Carlo Drago aveva preso accordi per la sistemazione del suo personale con il segretario del Fascio a Bucarest. Niente di quanto aveva richiesto era disponibile all'arrivo degli italiani. I pi-loti trovarono né mensa né alloggi approntati per loro. Alla fi ne, dopo lunghe discussioni con i tedeschi, gli uffi ciali si rivolsero per il vitto ai ristoranti del-la città mentre per l'alloggio furono ospitati - a pagamento - nelle camerate del comando germanico. La truppa invece dovette «accontentarsi» della scar-sa mensa rumena, integrata dalla solita carne in scatola di dotazione e dormi-re nelle baracche del campo. Le esigenze italiane riguardo alla sistemazione e il falso problema della benzina alimentarono i dubbi dei tedeschi sulla scarsa organizzazione delle nostre armi e sulla loro pretesa incompetenza. Agli «al-leati» il nostro scarso spirito di adattamento non sembrò una buona carta da visita. Gli italiani si fermarono a Bucarest alcuni giorni, a causa del tempo peggiorato, e colsero l'occasione per far verniciare le parti inferiori delle ali e la fascia bianca in giallo. La mimetizzazione rimase quella del tipo standard della Regia Aeronautico (macchie verde foresta), non molto adatta al teatro operativo russo. L'11 agosto anche il 61°gruppo, trasferito da Mostar, dopo una scalo a Belgrado (Zemun) arrivava sul campo di Bucarest (Otipeni). I reparti italiani dipendevano dal comando Luftwaffe di Jasi (gen. Kurt Men-zel). Il collegamento tra Luftwaffe e Comando Aeronautica del CSIR era affi -dato al maggiore Guido Fae presso i tedeschi e al tenente Enrico Romagna Minoja presso il comando italiano. Il 16 agosto il 61° gruppo si spostava da Bucarest (Otopeni) a Tudora. Un Caproni ebbe un incidente in decollo dovu-to a una piantata motore. Il 22° gruppo poteva ripartire da Bucarest per Tudo-ra solo il 22 agosto, a causa del brutto tempo. Dopo uno scalo a Roman per il rifornimento arrivava sull'aeroporto. L'area era fi no a poco prima era stata probabilmente un campo coltivato e le forti ondulazioni rimaste insieme alle molte crepe sul terreno misero a dura prova i ruotini dei Macchi. Fu una eca-tombe. La maggioranza degli aerei riportò rotture e ci vollero due giorni per le riparazioni. Il 26 agosto il 22° Gruppo e la 34ª Squadriglia del 61° Gruppo

Il relitto di un velivolo sovietico tipo «Rata».

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potevano partire da Tudora per trasferirsi a Balta. Effettuato il rifornimento proseguivano fi no alla base assegnata a Krivoi-Rog. Gli equipaggi dei rico-gnitori da Osservazione Aerea (O.A.) erano composti di tre persone: un pilota (quasi sempre sottuffi ciale, un osservatore (uffi ciale dell'Esercito) che aveva la funzione di comandante, - ereditata fi n dalle origini dell'uso degli aerei in guerra come ricognitori, durante il primo confl itto mondiale - e un meccanico. L'osservatore e il meccanico in caso di attacco svolgevano anche la funzione di mitraglieri. Già il giorno dopo, il 27 agosto, i caccia sostenevano il primo scontro con i sovietici abbattendo con 6 bombardieri e 2 caccia russi. Accadde che il gruppo non era ancora sistemato nel nuovo campo che fu subito chia-mato a svolgere una crociera di vigilanza sulla zona di Dnepropetrowsk-Nowomoskow. Decollarono 27 apparecchi, suddivisi in tre formazioni, co-mandate rispettivamente dal capitano Enrico Meille, dal maggiore Giovanni Borzoni e dal cap. Vittorio Minguzzi.30 Durante il volo si imbatterono in bom-bardieri scortati da caccia, e lo scontro fu inevitabile. I sovietici si batterono tenacemente ma gli italiani riuscirono ad atterrare ben sei bombardieri Tupo-lev SB-2 - noti dal tempo della guerra di Spagna come Martin Bomber per la somiglianza con l'omonimo velivolo americano - e due caccia Polikarpov I-16 Rata. Tra i piloti italiani che ottennero vittorie quel giorno v'erano Gio-vanni Bonet, Giovanni Cervellin, Mario Longoni, Marcello Baracca, Rodolfo Stoppani e Attilio Sanson. Il primo successo della Regia Aeronautica sul fronte orientale, entusiasmò il panorama dell'arma aerea nazionale. Il genera-le Pricolo, Capo di Stato Maggiore, inviò un telegramma di congratulazioni e, tra altri, vi fu anche un messaggio dagli allievi uffi ciali del corso Urano dell'Accademia Aeronautica. Il 28 agosto, entrò in azione una gruppo di undi-ci Saetta pilotati dal capitano Germano La Ferla 31(capoformazione), e da Oberdan Militano, Giovanni Beduz, Lucio Lay, Dino Signorini, Edgardo Va-ghi, Mario Longoni, Tullio Arduini, Attilio Sanson, Fausto Fornaci e Fernan-do Mazzi, tutti della 362ª squadriglia. Era giunto un ordine dal comando ope-rativo tedesco che chiedeva l'intervento dei nostri velivoli per garantire pro-tezione a una testa di ponte germanica. La formazione prese il volo alle 15.00 circa e ritornò al campo verso le 17.00 senza aver preso contatto con l'avver-sario. Durante l'avvicinamento il C 200 di Longoni si avvitò su se stesso e precipitò a causa di un problema tecnico intrinseco nel mezzo che fu risolto solo nelle serie seguenti. Il 30 agosto, il 61° Gruppo ricevette disposizioni con il foglio 105/S, con il quale veniva ordinato di effettuare tre crociere in ap-poggio al I Panzergruppe del generale Paul Ludwig Ewald von Kleist. Il co-

30 Minguzzi risulta nella classifi ca non uffi ciale degli assi italiani con 13 vittorie.31 La Ferla risulta nella classifi ca non uffi ciale degli assi italiani con 13 vittorie.

Accensione del motore nel gelo. AUSSME.

Il sistema di preriscaldamento tedesco applicato ad un «Macchi».

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Un FW 200 «Condor» tedesco catturato dai russi a Stalingrado.

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mandante Chiereghini affi dò l'incarico alla 34ª Squadriglia del capitano Cesa-re Bonino. Le tre diverse rotte lungo le quali il volo di pattugliamento si svi-luppò comportarono una missione di circa sei ore di durata lungo il Dnjeper e non furono disturbate da alcun aereo russo. Il giorno dopo un Caproni della 34ª Squadriglia vene assalito da due I-16. Il ricognitore affi dandosi alle tre mitragliatrici riuscì a respingere l'attacco e il pilota, il sergente Bruno Catta-neo, riportò a casa l'aereo e il suo equipaggio, pur se crivellato di colpi. Il 31 agosto 1941, arrivò a Krivoi Rog anche il resto del 61° Gruppo. Il 2 settembre un altro Ca311 venne attaccato da tre Rata sul cielo di Kobiljaki. Fu colpito ma riuscì a prendere terra fumante a Borodajewka, entro le nostre linee, Il sergente Enzo Valzania e il sergente Luigi Bazzoni se la cavarono. Rimase invece ferito il capitano osservatore dell'esercito Elio Turati che, soccorso dai militi dell'81° Fanteria, fu ricoverato presso l'ospedale della Pasubio. Consi-derati gli spazi infi niti del fronte orientale, l'aereo si rivelò presto come l'uni-co mezzo adatto per mantenere riforniti i reparti. All'andata i robusti S 81 portavano quanto serviva e al ritorno trasportavano i feriti. La necessità di avere un supporto costante per il rifornimento portò alla costituzione della 245ª Squadriglia Trasporto, comandata dal capitano Ernesto Caprioglio. Essa venne costituita sull'aeroporto di Bucarest il 1° settembre con 4 SIAI S 81 giunti dall'Italia. Altri due furono poi aggiunti sul campo di Kriwoj-Rog, dopo essere stati ceduti dal 22° gruppo. Il 1° settembre, scortato da due Macchi del 4° Stormo, faceva la comparsa a Tudora anche un CRDA CantZ 1007 bis, che arrivò colmo di attrezzature e di personale per le riprese cinematografi che delle operazioni a scopo propagandistico. Si trattava di un mezzo in carico allo Stato Maggiore della Regia Aeronautica, Sezione Fotocinematografi ca, messo a disposizione dell'Istituto Luce. Nel frattempo i nostri reparti di volo si ritrovarono alle prese con un altro problema rappresentato dal collegamen-to radio tra il comando CSIR e i comandi dipendenti. Le frequenze erano state defi nite a Roma e sembrava che non potessero essere cambiate nemme-no in caso di bisogno. Si venne a creare una situazione per la quale era più un collegamento diretto con Guidonia (Roma) che tra i reparti stessi. Finalmente per decisione di Chiereghini furono adottate le frequenze specifi che per la zona. La diffi coltà iniziale nelle comunicazioni aveva prodotto una situazione incredibile. Per trasmettere gli ordini era necessario recapitarli di persona con un Ca164, naturalmente cifrati. Solo dopo un incidente al biplano che coin-volse Drago e Chiereghini e il sopraggiungere del brutto tempo ci si decise al passo estremo, ovvero cambiare le «sacre» frequenze stabilite a Roma. Il 12 settembre la128ª Squadriglia del capitano Lorenzo Tomai si trasferiva anch'es-sa da Tudora a Kriwoj-Rog. Purtroppo sopra Kirowgrad la formazione veniva

Un pilota caduto sul Fronte Russo accanto ai rottami del suo velivolo.

Un caccia sovietico tipo «LAGG 33» abbattuto.

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attaccata da una Flak tedesca, che non era stata informata della presenza dei nuovi alleati e non riconoscendo i velivoli italiani aveva aperto fuoco. Il Ca 311 del tenente Pietro Vodret con a bordo il tenente osservatore dell'esercito Ilario Bologna (ferito) e il 1°aviere Guido Bella, fu colpito e i tre dovettero abbandonare l'aereo col paracadute. Il volo continuò comunque sotto una cat-tiva stella e nei pressi di Krivoj-Rog i piloti non riuscìrono a contattare la base per problemi di frequenze radio. Non potendo identifi care il campo la squa-driglia stava inoltrandosi verso il territorio russo quando un Macchi, accorto-si di quello strano comportamento, affi ancò l'aereo di Tomai e sbracciandosi convinse il comandante ad invertire la rotta, accompagnando i velivoli alla base. I bombardieri dell'aviazione strategica russa, nel frattempo colpivano Konigsberg, Danzica, Berlino, Ploiesti e Costanza. La mancanza di una avia-zione strategica fu probabilmente una concausa della sconfi tta della Luftwaf-fe. Se i tedeschi avessero avuto dei bombardieri adatti avrebbero potuto a loro volta colpire gli stabilimenti russi aldilà degli Urali e la produzione sovietica ne avrebbe senza dubbio risentito. Dopo i combattimenti del 22 settembre a Petrikovka, il CSIR si spostò a Stalino nel bacino del Donec. Lo stesso gior-no giungevano dall'Italia a Krivoi Rog, altri due S81 che portarono a otto ae-rei la forza della 245ª Squadriglia Trasporti.32 A fi ne settembre arrivò im-provvisa la fi ne dell'estate ucraina e i soldati si trovarono immersi in lunghe giornate scure e brumose. La nebbia impediva le attività di volo e la tempera-tura si abbassava. Il 25 settembre atterrò a Kriwoj-Rog proveniente da Tudo-ra anche la 119ª Squadriglia. Durante la battaglia di Petrikova sulla sinistra del Dnjeper, il 22° Gruppo fornì copertura aerea alle unità impegnate a terra. Il 30 settembre il cielo era coperto da uno denso strato di nubi molto basse. Una pioggia fi tta limitava in parte la visibilità. La 371ª Squadriglia di Meille dopo alcune missioni di scorta ai bombardieri tedeschi, nel pomeriggio - con undici aerei – fu destinata a compiere per una crociera di vigilanza sopra le truppe tedesche che operavano nella zona di Nowomoskowka-Petrikowka. All'azione partecipava anche la 362ª Squadriglia con sette caccia. Alla guida della formazione si trovava il maggiore Borzoni. Ancora una volta, sopra la zona dei combattimenti, la contraerea tedesca fece fuoco sugli italiani. I nostri piloti per un attimo pensarono a una reazione russa, ma subito dopo, realizza-to ciò che stava accadendo, cercarono di farsi riconoscere, con picchiate e battiti d'ali. Non ci fu nulla da fare: i tedeschi continuarono a sparare. L'aereo del sottonente Franco Ferrari venne colpito in pieno, abbozzò una mezza vite e precipitò non lasciando scampo al pilota a causa della bassa quota. All'im-

32 Angelo Emiliani, Giuseppe F. Ghergo, Achille Vigna (a cura di), Regia Aeronautica: Balcani e Fronte Orientale, Milano, Intergest, 1974.

L'aeroporto di Stalino. Si spala la neve.

I rottami di un velivolo tedesco e il pilota caduto.

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patto col suolo il velivolo prese immediatamente fuoco fra lo sconcerto ai compagni. La formazione non poteva alzarsi di quota perché un ammasso nuvoloso la sovrastava e i rischi di collisione sarebbero stati enormi. In quel frangente però, i nostri piloti dovettero assumersi il rischio di una manovra tanto rischiosa e puntare verso le nubi. Ne emersero poco più in la. Miraco-losamente, non avvenne fra essi alcun impatto durante il breve periodo di mancanza di visibilità. Anche i piloti Borzoni e Croci furono colpiti dai pro-iettili da 20 mm esplosi dai tedeschi. Qualche giorno dopo il generale Kleist porse le proprie scuse per il deplorevole incidente ma da quel momento ai nostri aviatori rimase sempre un senso di incertezza ogni volta si trovavano a sorvolare le truppe tedesche. Solo in seguito il comando germanico dispose ulteriori norme di identifi cazione e comunicò che era stato il Flakregt-Stab 37 a sparare e a raccogliere la salma dello sfortunato Ferrari. Al 1° di ottobre il 22° Gruppo aveva già perso quattro piloti: Longoni, Mannini, Marchetti e Ferrari. Dall'Italia cominciarono a giungere i primi rinforzi e nuovi materiali. Il 9 ottobre tornò al comando della 369ª Squadriglia il capitano Giorgio Iani-cellli che rientrava da una licenza per malattia. L'alimentazione carente di vitamine gli aveva provocato lo scorbuto ed l'uffi ciale era stato rimpatriato il 15 agosto, lasciando il comando al tenente Cervellin. Il 5 ottobre 1941, le truppe italiane occupavano Saporoshje aldilà del Dnjeper. Il fronte si spostava e fu deciso di trasferire i reparti in quella zona, più a ridosso della nuova linea del fronte. I reparti italiani furono destinati assieme ad alcuni tedeschi proprio al campo di Saporoshje. Il tempo continuava ad essere pessimo e le strade erano diventate piste impraticabili. Il 9 ottobre una colonna italiana formata da 123 automezzi si mise in movimento verso la nuova destinazione. Essa incontrò subito grandi diffi coltà nell'avanzare dovendo muoversi praticamen-te fuori pista. Il superamento del fi ume Nipro in particolare, si rivelò un Cal-vario. Vennero impiegate imbarcazioni di fortuna, poiché le nostre truppe erano sprovviste di pontoni adeguati e i tedeschi – come al solito - non furono disponibili a collaborare. Gli autisti si trovarono a marciare a velocità inferio-ri ai 20 km ora. La segnaletica era imprecisa e a volte addirittura pericolosa come su alcuni ponti per i quali era indicata una portata di 5 tonnellate che in realtà appariva ben minore. Nel dubbio gli autisti preferivano scaricare parte del carico, sganciare i rimorchi, passando sull'altra riva con la sola motrice far poi attraversare il ponte al rimorchio con la forza delle braccia. Tutto questo sotto la pioggia battente. In tali condizione i primi mezzi della colonna arri-varono a destinazione il 22 ottobre, perdendo vari mezzi e persino un autista che fi nì disperso. Gli aerei in attesa che le attrezzature giungessero a destina-zione, rimasero rimasti a Kriwoj-Rog fi no al 20 ottobre. Tra il 20 e il 22 ot-

Il capitano Giorgio Iannicelli (quarto da sinistra in piedi), caduto sul Fronte Russo.

I «Macchi» Mc200 della 362a Squadriglia a Krivoj Rog, nell'agosto del 1941. AUSSME.

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Fronte Russo. L'equipaggio di un Focke-Wulf Fw 189A sale a bordo del velivolo.

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tobre quindi, 128ª Squadriglia OA si spostò sul nuovo campo con il comando. Si trattava di un ex aeroporto russo, molto vasto e probabilmente utilizzato dai sovietici come centro di addestramento per i piloti da bombardamento. Ritirandosi, i soldati dell'Armata Rossa avevano distrutto tutte le infrastruttu-re e l'aerodromo si presentava disseminato di voragini. I genieri italiani e te-deschi però, in poco tempo ripristinarono quanto possibile e la base fu di nuovo operativa. Le prime nevicate cominciarono ad imbiancare la steppa e i nostri S 81 furono impegnati in un ponte aereo verso Stalino, presso il cui campo, in un secondo tempo la 128ª OA si sarebbe spostata.

Verso sudIl 2 novembre gli italiani occuparono Gorlovka e il 5 fu conquistata anche

Nikitovka. Il contrattacco russo non si fece attendere il nostro 80 Reggimento della Divisione Pasubio, nel contenere l'azione sovietica poté valersi anche del supporto aereo della 371ª Squadriglia. Il 9 novembre la 371ª lasciò Sa-poroshje e si spostò a Stalino. Il giorno dopo, il 22° Gruppo non cessò la sua dipendenza dal V° Fligerkorps tedesco. Al 15 novembre l'aviazione del CSIR risultava dunque così organizzata: a Saporoshje facevano base le Squadriglie 359ª, 362ª, 369ª (22° Gruppo) e la 128ª Squadriglia OA. A Stalino invece erano dislocate le Squadriglie 371ª (22°Gruppo) e 119ª OA. A Krivoi-Rog infi ne, era posizionata la 34ª Squadriglia OA.33 Il 22° Gruppo aveva adottato fi n dai tempi della sua permanenza in Albania l'insegna dello «spaventapasse-ri», che era stato schizzato dal trevigiano Giuseppe Biron.34 Quest'ultimo in Russia defi nì meglio il suo disegno di fi no a dargli in contorni attuale. Il 22° Gruppo lo avrebbe utilizzato fi no al 1999, anno del suo scioglimento, quando faceva parte del 51° Stormo di Istrana. I tedeschi nel frattempo continuavano ad avanzare apparentemente incuranti dei rigori della stagione. In dicembre la

33 Emiliani, Ghergo, Vigna (a cura di), Regia Aeronautica…, op. cit.34 Il generale Giuseppe «Bepi» Biron è morto il 23 febbraio 2011. Era nato a Legnago nel 1914 ma crebbe a Treviso. Arruolato in aviazione nel 1935, volò in Somalia e in Spagna nel '38 e al rientro fu promosso uffi ciale. Con il confl itto mondiale volò col 22° in Russia e sull'area del mediterraneo. Dopo l'armistizio optò per l'Aviazione Nazionale Repubblicana prestando servizio prima nel Montefusco-Bonet e poi nel 1° Gruppo. Dopo uno scontro dove fu ferito gravemente venne inviato in Germania per il passaggio sui Bf109. In quel periodo ri-mase coinvolto in un attentato e perse un occhio. Fu decorato con cinque medaglie d'argento al Valor Militare, e due di bronzo, una croce di ferro tedesca e due italiane. Risulta nella clas-sifi ca non uffi ciale degli assi italiani con 8 vittorie. A fi ne confl itto fu allontanato dall'Aero-nautica, per essere però richiamato poco dopo. Riabilitato al pilotaggio, servì nel 51° Stormo di Istrana, diventando un famoso istruttore di volo strumentale a bordo dell'aviogetto T-33. Accumulò oltre 7000 ore volo andando in congedo nel 1971. Negli ultimi anni scrisse la sua biografi a cui diede il titolo «Una vita».

Donne pilota russe. I sovietici schierarono circa 5.000 giovani aviatrici, impiegate soprattutto come piloti da bombardamento. Molte di esse però militarono anche nella caccia.

Ali di un velivolo russo abbattuto, utilizzate come riparo contro il vento gelido.