Laser organici: dalle caratteristiche dei materiali a quelle strutturali

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short description about organic lasing: dyes laser and organic semiconductor laser. Architecture of that lasers etc...

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Università del Salento

Scuola superiore ISUFI

Area delle Scienze Naturali

LASER ORGANICI: DALLE CARATTERISTICHE

DEI MATERIALI A QUELLE STRUTTURALI

Mentore:

Prof. Marco Anni

Studente:

Nutricati Luca Armando

Anno Accademico 2014-2015

1 Caratteristiche generali dei materiali utili per il lasing

Il laser è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente, monocromaticae concentrata in un raggio rettilineo estremamente collimato. Per realizzare ciò si sfrut-tano particolari materiali che in determinate condizioni ampli�cano la radiazione che sipropaga al loro interno (processo noto come guadagno ottico) invece di assorbirla. Al-la base del guadagno ottico vi è la cosiddetta emissione stimolata, descritta nel seguito.A tal proposito, consideriamo un atomo con soli due livelli di energia (che chiamiamo1 e 2) e supponiamo che l'atomo si trovi inizialmente nello stato 2 (stato eccitato). Seun'onda elettromagnetica di frequenza ν = E2−E1

h(E1 ed E2 sono chiaramente le energie

associate ai livelli 1 e 2 e h è la costante di Planck) investe l'atomo, c'è una probabilità�nita che l'onda forzi l'atomo ad e�ettuare la transizione 2 → 1 mediante l'emissione diun'onda elettromagnetica che si aggiunge a quella incidente (emissione stimolata), comerappresentato schematicamente in Figura 1.

Figura 1: Emissione stimolata

Consideriamo ora un sistema formato da molti atomi uguali, nel quale, ad un certoistante, N2 atomi per unità di volume si trovano sul livello 2. Supponiamo che un'on-da elettromagnetica della stessa frequenza di prima investa il volume di gas. Allora lavariazione nel tempo del numero di atomi per unità di volume sul livello 2 è data da:

dN2

dt= −W21N2 (1)

dove W21 è detta densità di probabilità di transizione stimolata del singolo atomo ed èlegata al �usso F di fotoni dell'onda incidente (il numero di fotoni che nell'unità di tempoattraversano l'unità di super�cie) e alla sezione d'urto per emissione stimolata, σ21, che èla probabilità di transizione stimolata per singolo fotone incidente e per singolo atomo:

W21 = σ21F. (2)

Precisiamo inoltre che σ21 ha le dimensioni di un'area e che è una quantità che dipendeunicamente dalle caratteristiche della data transizione. In de�nitiva quindi:

dN2

dt= −σ21FN2. (3)

Osserviamo che, se pensiamo a N2 come una variabile continua, il numero di atomi nellivello 2 decresce nel tempo con legge esponenziale la cui rapidità di variazione nel temposarà tanto più grande quanto più è grande il prodotto σ21F .

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L'emissione stimolata non è l'unico processo che può avvenire quando un atomo si tro-va in uno stato eccitato (non si parlerebbe, infatti, di probabilità che avvenga il suddettoprocesso): può accadere, infatti, che l'atomo decada al livello 1 per emissione spontanea,cioè cedendo la di�erenza di energia fra i livelli 1 e 2 sotto forma di onda elettromagneticadi frequenza ν = E2−E1

hsenza che sia necessaria un'onda elettromagnetica che incida sul

materiale. Questo fenomeno, che è, appunto, spontaneo, è giusti�cabile se pensiamo chelo stato favorito per un qualsiasi sistema è quello a più bassa energia e quindi gli atomitendono a raggiungere, con vari processi, lo stato di minima energia. 1

Le leggi che governano il processo di emissione spontanea saranno di natura probabilisti-ca e sono analoghe a quelle enunciate precedentemente per l'emissione stimolata (con leuniche di�erenze che si parlerà di coe�ciente di Einstein A anziché di probabilità di tran-sizione stimolata e che non si farà riferimento a fasci luminosi che incidono sul materiale).I due processi sino ad ora descritti potrebbero sembrare molto simili e si potrebbe pensareche tutti e due siano utili ai �ni dell'emissione del laser, perché entrambi hanno comerisultato l'emissione di un'onda elettromagnetica di frequenza ben de�nita. Tuttavia c'èuna di�erenza sostanziale: nel processo di emissione stimolata ogni atomo emette un'ondache è in fase con l'onda incidente e che si propaga nella stessa direzione; nell'emissionespontanea, invece, i fotoni sono emessi in maniera stocastica e non ci sono relazioni difase tra i fotoni emessi dal gruppo di atomi in diseccitazione; inoltre l'onda emessa puòpropagarsi in qualsiasi direzione.Non abbiamo ancora analizzato cosa accade quando un'onda elettromagnetica investe unatomo che è allo stato fondamentale (stato 1). In un primo momento si potrebbe pensa-re che qualunque sia la frequenza dell'onda incidente, l'atomo assorbirà, per ogni singolourto atomo-fotone, una certa frazione di energia e dopo un certo tempo, quando avràaccumulato energia su�ciente (ovvero dopo un certo numero di urti), e�ettuerà la transi-zione 1 → 2. Gli esperimenti e�ettuati all'inizio del '900 (in particolare quelli sull'e�ettofotoelettrico), invece, dimostrano chiaramente che così non è: l'assorbimento di energiada parte dell'atomo avviene solo se l'energia trasportata dall'onda è esattamente pari aquella necessaria per e�ettuare la transizione 1 → 2. Fissare un preciso valore di energiache l'onda deve trasportare, vuol dire �ssare univocamente la frequenza, dalla ben notarelazione di Planck. Ciò vuol dire che il processo di assorbimento può avvenire soltantose la frequenza dell'onda incidente è E2−E1

h. Come per gli altri due processi, nel caso del-

l'assorbimento si può scrivere che la variazione nel tempo del numero di atomi nel livello1 per unità di volume è data da:

dN1

dt= −W12N1 (4)

dove W12 è detta velocità di assorbimento. Anche in questo caso si ha:

W12 = σ12F, (5)

1C'è da precisare che l'emissione di radiazione non è l'unico processo con cui un atomo passa da unostato eccitato ad uno stato a più bassa energia. In molti casi la transizione non è radiativa e l'energia ètrasferita sotto forma di moto vibrazionale al materiale circostante l'atomo.

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dove σ12 è detta sezione d'urto di assorbimento ed ha le stesse caratteristiche di σ21. Mac'è di più: all'inizio del '900 è stato dimostrato da Einstein che σ12 = σ21, ovvero la pro-babilità che si veri�chi emissione stimolata (per un atomo che si trovi allo stato eccitato)e che si veri�chi assorbimento (per un atomo che si trovi allo stato fondamentale) sonoesattamente identiche.Durante l'intera fase di lasing tutti e tre i tipi di interazione luce-materia sopra descrittiavvengono. Inizialmente gli atomi vengono portati allo stato eccitato mediante un pro-cesso detto di pompaggio che descriveremo poi. Alcuni di questi atomi decadranno peremissione spontanea, rilasciando luce incoerente sotto forma di fotoni di frequenza ν. Al-cuni di questi fotoni verranno assorbiti dagli atomi dello stato fondamentale e andrannopersi nel fenomeno del lasing. Altri fotoni andranno a causare emissione stimolata negliatomi eccitati, che reagiranno rilasciando un ulteriore fotone coerente dando origine al-l'ampli�cazione ottica. Se il numero di fotoni che sono ampli�cati per unità di tempo èmaggiore rispetto a quelli assorbiti ciò che si ottiene è un continuo incremento di quelliprodotti: il laser viene dichiarato oltre la soglia. Nella descrizione precedentemente fattadei fenomeni di assorbimento ed emissione abbiamo detto che la probabilità di questi dueprocessi sono entrambi proporzionali al numero di atomi sullo stato fondamentale N1 esu quello eccitato N2. Se lo stato fondamentale ha una popolazione più elevata rispet-to a quella di quello eccitato (N1 > N2), il processo di assorbimento dominerà e ci saràuna attenuazione nel numero di fotoni. Se la popolazione dei due stati sarà la medesima(N1 = N2), la probabilità di assorbimento della luce bilancerà esattamente la probabilitàdi emissione; il materiale matrice del laser diviene otticamente trasparente. Se invece illivello ad energia più elevata ha una popolazione maggiore rispetto a quello ad energia piùbassa (N1 < N2), il processo di emissione stimolata dominerà, e la luce nel sistema andràaumentando. È chiaro quindi che per produrre una maggiore probabilità di emissionestimolata piuttosto che di assorbimento è richiesto che il rapporto di popolazione tra idue stati sia N2/N1 > 1, ossia per il fenomeno laser è richiesta la cosiddetta inversione dipopolazione.Per raggiungere la condizione di inversione di popolazione è necessario eccitare il sistemadall'esterno, fornendo energia: infatti, se il sistema è all'equilibrio termico, allora lo statofondamentale sarà più popolato di quello eccitato. Quest'a�ermazione è spiegabile allaluce del fatto che la distribuzione delle energie degli atomi di un sistema all'equilibriotermico segue la legge P (E) = e−KbE

KbT(Distribuzione di Boltzmann). Siccome l'andamento

è esponenzialmente decrescente, è chiaro che il numero di atomi che hanno energia elevataè molto più basso del numero di atomi a bassa energia.Fino ad ora abbiamo parlato di atomi con soli due livelli di energia, tuttavia è evidente chenessuna inversione di popolazione può essere realizzata disponendo di un sistema di atomicon soli due stati energetici. Per dimostrarlo supponiamo di voler eccitare gli atomi delsistema facendo incidere un'onda elettromagnetica di frequenza ν = E2−E1

hsul materiale

in questione. Inizialmente alcuni atomi del livello 1 passeranno al livello 2 per assorbi-mento, �nché non si raggiunge la condizione N1 = N2. Da questo punto in poi, siccomela probabilità di transizione è la stessa nei due versi, il numero di atomi che e�ettueràla transizione 2 → 1 sarà uguale al numero di atomi che e�ettuerà la transizione 1 → 2(nell'unità di tempo) e quindi il sistema permarrà nella condizione N1 = N2.

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Consideriamo adesso un sistema di N atomi a tre livelli, con energie E1,E2 e E3, epopolazioni N1, N2 and N3, rispettivamente (vedi Figura 2). Inizialmente il sistema diatomi si trova all'equilibrio termico e la maggior parte degli atomi si troverà sullo statofondamentale: N1 ≈ N , N2 ≈ N3 ≈ 0 2. Se noi ora sottoponiamo gli atomi per esempio auna radiazione luminosa di frequenza ν31, dove E3−E1 = hν31, il processo di assorbimentoottico ecciterà gli atomi dallo stato fondamentale al livello 3. Questo processo è chiamatopompaggio, e in generale non coinvolge sempre direttamente l'assorbimento luminoso; altrimetodi per eccitare il materiale matrice del laser utilizzano scariche elettriche oppure rea-zioni chimiche. Il livello 3 viene chiamato livello di pompaggio, e la transizione energeticaE1 → E3 transizione di pompaggio, che viene indicata con P nell'immagine.

Figura 2: Diagramma dei tre livelli di energia erelative transizioni.

Se si continua a pompare gli ato-mi, ecciteremo un gran numero diquesti nel livello 3, così che N3 >>0. In un materiale per laser è richie-sto che questi atomi eccitati passinorapidamente al livello 2. L'energiarilasciata in questa transizione po-trebbe essere emessa sotto forma difotone (emissione spontanea) ma inpratica la transizione 3 → 2 (indi-cata con R nel diagramma) è usual-mente non radiativa. A questo pun-to un atomo che si trova sul livello2 può decadere con emissione spon-tanea allo stato fondamentale, rila-sciando un fotone di frequenza ν21(dato da E2 − E1 = hν21), decadi-

mento indicato con la lettera L nel diagramma, che prende il nome di transizione laser(nel senso che è quella all'energia di emissione del laser). Se la vita media di questatransizione è maggiore del tempo di vita medio della transizione non radiativa 3 → 2,la popolazione dell'E3 sarà fondamentalmente 0 (N3 ≈ 0) e la popolazione dello statoeccitato sarà accumulata nel livello 2 (N2 > 0). Se più della metà degli N atomi puòessere accumulata in questo stato, si è ottenuta un'inversione di popolazione (N2 > N1)tra i livelli 1 e 2, e l'ampli�cazione ottica alla frequenza ν21 può iniziare. Poiché almenometà della popolazione di atomi deve essere eccitata dallo stato fondamentale per ottenerel'inversione di popolazione, il materiale utilizzato deve subire un pompaggio molto elevato.Ciò rende il sistema laser a tre livelli sostanzialmente ine�ciente.Passiamo alla descrizione di un sistema a quattro livelli di energia, E1, E2, E3, E4, e popo-lazione N1, N2, N3, N4, rispettivamente (vedi Figura 3). In questo sistema, la transizionedi pompaggio P eccita gli atomi dello stato fondamentale (livello 1) entro la banda di pom-paggio (livello 4). Da quest'ultimo livello, avviene un rapido decadimento non radiativo

2Dalla distribuzione di Boltzmann si vede che se i livelli di energia sono abbastanza distanziati (E2 −E1 >> KbT ), possiamo trascurare il numero di atomi nei livelli a più alta energia rispetto a quelli nellostato fondamentale.

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Ra al livello 3. Poiché il tempo di vita medio della transizione laser L è lungo rispetto aquello Ra, la popolazione va aumentando sul livello 3 (che prende il nome di livello lasersuperiore), il quale a questo punto può rilassare spontaneamente oppure per emissionestimolata al livello 2 (livello laser inferiore). Questo livello ha poi un rapido decadimentonon radiativo Rb allo stato fondamentale. Come prima, la presenza di una transizionedi decadimento non radiativa comporta che la popolazione della banda di pompaggio sisvuoti rapidamente (N4 ≈ 0). Lo stesso avviene nel livello laser inferiore con energia E2

dove gli atomi rilassano rapidamente sullo stato fondamentale, quindi (N2 ≈ 0).

Figura 3: Diagramma dei quattro livelli di energiae relative transizioni.

Questa ultima considerazione èparticolarmente importante, poichéqualunque accumulo di popolazionesul livello 3 comporterà una situa-zione di inversione di popolazione ri-spetto al livello 2. Infatti, N3 > 0implica che N3 > N2. Perciò l'am-pli�cazione ottica e il lasing avver-ranno a una frequenza di ν32 (E3 −E2 = hν32). Poiché è necessario chesolo pochi atomi vengano eccitati nellivello laser superiore per arrivare incondizioni di inversione di popola-zione, un sistema laser a quattro li-velli si rivela molto più e�ciente diun sistema a tre livelli. In terminireali, in un processo laser sono coin-volti più di quattro livelli energetici, con fenomeni di eccitazione e rilassamento più com-plessi tra questi livelli. In particolare la banda di pompaggio può essere costituita da piùlivelli energetici distinti, il che consente il pompaggio ottico del mediante un gran numerodi lunghezze d'onda. Da notare che sia nei sistemi a tre livelli che in quelli a quattro,l'energia della transizione di pompaggio è maggiore rispetto a quella della transizione la-ser. Questo comporta che, se un laser è pompato otticamente, la frequenza della luce dieccitazione del materiale attivo deve essere maggiore di quella risultante dalla luce laser.In altre parole, la lunghezza d'onda del pompaggio è più piccola della lunghezza d'ondadel laser.

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2 Materiali utilizzati nei laser organici e loro caratteri-

stiche

2.1 Semiconduttori organici

Fra le tantissime tipologie di materiali che è possibile utilizzare per realizzare un laser,riveste una particolare importanza la famiglia dei materiali organici: ovvero composti in cuiuno o più atomi di carbonio sono uniti tramite legame covalente ad atomi di altri elementi,principalmente idrogeno, ossigeno, azoto. Tuttavia, non tutti i materiali organici sonoutilizzabili nei lasers, ma solo quelli che presentano particolari caratteristiche, parte dellequali descritte nella sezione precedente. La distinzione fondamentale che si fa, all'internodei materiali organici utili ai �ni del lasing, è tra semiconduttori e coloranti. Queste duesotto-categorie presentano molte caratteristiche comuni, fra le quali: si comportano comedei sistemi a quattro livelli; sono molecole o polimeri che realizzano legami π coniugati.Per spiegare cosa si intende per legami coniugati, consideriamo una molecola costituitada atomi che formano un certo numero di legami σ e supponiamo che gli orbitali π diciascun atomo siano perpendicolari al piano della molecola. Dalla teoria LCAO (LinearCombination of Atomic Orbitals) sappiamo che questi orbitali si combinano fra loro equindi gli elettroni che li occupano saranno delocalizzati lungo tutta la molecola. Inqueste condizioni si dirà che la molecola è coniugata e i legami fra gli orbitali π si dirannoconiugati. Nei polimeri coniugati, per esempio, gli atomi di carbonio che compongono lacatena si intervallano con legami singoli e doppi, in modo tale che il legame π necessarioper un legame doppio si combini con l'orbitale π dell'atomo adiacente per formare, insiemea tutti gli altri orbitali π, un unico orbitale molecolare in cui gli elettroni che lo riempionopossono spostarsi liberamente lungo tutta la molecola.Di�erenziamo più in dettaglio i vari tipi di semiconduttori organici:

Figura 4: Strutture chimiche di alcuni semiconduttori organici: (a) antracene; (b) allumi-nio tris(8-idrossi-quinolinato) o Alq3; (c) derivato generico del poli (p-fenilene vinilene) oPPV; (d) derivato generico del poli�uorene; (e) dendrimero con core di bis�uorene.

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� Cristalli organici singoli (vedi Figura 4a). Questi materiali hanno in genere unaconducibilità più elevata rispetto agli altri semiconduttori organici, caratteristica lirenderebbe degli ottimi candidati per la realizzazione di un laser organico a pompag-gio elettrico 3. Se da una parte si potrebbe pensare che questi materiali siano i piùadatti per il lasing, dall'altra va tenuto presente che in generale essi richiedono unpompaggio molto elevato per raggiungere la condizione di inversione di popolazione.In altre parole possiamo dire che la resa quantica di �uorescenza 4 è molto più bassarispetto agli altri semiconduttori organici.

� Molecole corte. Sono composti organici di basso peso molecolare (vedi Figura 4b).L'unico svantaggio dell'utilizzo di questi materiali nei lasers è che l'interazione framolecole di questo tipo è molto forte, quindi si ha una tendenza alla formazionedi aggregati molecolari che cambiano le proprietà emissive del materiale e fanno sìche questo non sia più utilizzabile per il lasing. Per risolvere questo problema sipuò pensare di aumentare la distanza fra le molecole in modo tale che le interazionisiano ridotte al minimo. Si può per esempio utilizzare un materiale otticamenteinerte drogato con molecole corte. Così facendo però si perde in termini di guadagnoottico: se le molecole devono essere su�cientemente distanti l'una dall'altra, è chiaroche, a parità di percorso che compie la luce nel materiale per ampli�carsi, vi sarannomeno molecole eccitate su cui essa inciderà e quindi il numero di fotoni prodotti peremissione stimolata sarà minore.

� Dendrimeri. Rappresentano un'ottima alternativa alle molecole corte, perché graziealla loro struttura limitano in maniera naturale le interazioni fra le unità emissive.Infatti i dendrimeri sono costituiti da un cromoforo situato al centro di una strutturaiper-rami�cata che non ha nessun ruolo attivo se non quello di tenere distanti le specieche emettono (vedi Figura 4e).

� Polimeri coniugati. Sono lunghe catene di atomi con legami alternati singoli e doppiche fanno sì che gli elettroni siano liberi di muoversi lungo tutta la catena (vediFigura 4c e 4d). A di�erenza delle molecole corte, che sono volatili, la fabbricazionedi dispositivi laser attraverso l'uso di polimeri coniugati è più semplice in quanto sipuò sfruttare la loro proprietà di essere molecole non volatili (a causa del loro elevatopeso molecolare). Per esempio è possibile depositare un sottile �lm polimerico su unmateriale solido (substrato) attraverso la tecnica del rivestimento per rotazione (spincoating in inglese): una quantità in eccesso di una soluzione molto diluita della specieche si vuole depositare (in questo caso un polimero) viene depositata sul substrato,che è successivamente messo in rapida rotazione tramite un apposito rivestitore ro-tante, al �ne di spargere il �uido sul substrato per e�etto della forza centrifuga. Isolventi utilizzati sono di solito molto volatili, dunque il �lm si assottiglia durante

3Ovvero un laser in cui l'eccitazione del materiale attivo non avviene otticamente ma tramite iniezionedi carica, procedura utilizzato nel caso dei semiconduttori inorganici ma molto di�cile da attuare nel casodi quelli organici, tanto che �no ad oggi non è ancora stato realizzato alcun laser organico a pompaggioelettrico.

4La resa quantica di �uorescenza, Q, è de�nita come segue: Q = numero fotoni emessinumero fotoni assorbiti

.

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il processo anche per e�etto dell'evaporazione del solvente. La rotazione viene fer-mata quando si è sicuri che il solvente sia completamente evaporato. Lo spessoretipicamente si controlla modi�cando la concentrazione della soluzione usata o, al-ternativamente, la velocità di rotazione (maggiore velocità porta a maggiore forzacentrifuga, e quindi ad uno strato di soluzione più sottile e, di conseguenza, ad un�lm più sottile).Un'altra sostanziale di�erenza dalle molecole corte è che i polimeri non hanno il"difetto" di emettere poco ad alte concentrazioni. In altre parole, la resa quanticadi �uorescenza è molto alta anche in materiali polimerici in fase solida.

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2.2 Coloranti organici

Passiamo adesso alla descrizione dei coloranti organici: molecole coniugate, isolanti, ca-ratterizzate da un'elevata resa quantica di �uorescenza. Come per le molecole corte, leproprietà emissive delle molecole di colorante sono molto più attenuate, o addirittura ine-sistenti, alle alte concentrazioni, a causa delle forti interazioni intermolecolari. Fino alla�ne degli anni '60, tutti i lasers a base di coloranti organici utilizzavano soluzioni liquidemolto diluite di queste molecole, il che non consentiva di realizzare strumenti compattie facili da maneggiare. Una possibile soluzione a questo problema fu trovata nel 1967,quando fu proposto di incorporare molecole di colorante all'interno di matrici solide, inmodo tale da tenere distanziate le unità emissive. Come per le molecole corte, questosistema ha il difetto di richiedere un pompaggio elevato per funzionare e�cientemente.Per aggirare questo ostacolo possiamo pensare di utilizzare il materiale ospitante non solocome strumento per tenere distanziate le singole unità emissive, ma anche per assorbirel'energia proveniente dal processo di pompaggio. In altre parole vogliamo che il pompaggioecciti il materiale ospitante, il quale trasferisce l'energia alle molecole del materiale ospite,che a sua volta emette radiazione quando passa da uno stato a più alta energia a uno a piùbassa. In e�etti, dispositivi di questo tipo sono stati realizzati e vengono chiamati sistemidi donatori-accettori e il meccanismo attraverso il quale avviene il passaggio di energiadall'ospitante all'ospite è chiamato trasferimento di Förster.

Figura 5: DCM

L'esempio più comune di questo tipo di sistemi è quello co-stituito da Alq3/DCM 5. L' Alq3 (un semiconduttore organico,che rientra nella categoria delle molecole corte) assorbe l'ener-gia proveniente dal pompaggio e la trasferisce e�cientemente alDCM (molecola di colorante, vedi Figura 5) attraverso il mec-canismo di Förster. In questo modo il processo di assorbimentoè molto più e�ciente rispetto al caso in cui il materiale ospitan-te sia otticamente inerte. Per realizzare questo tipo di sistemi èimportante utilizzare una molecola che emette in un intervallodi lunghezze d'onda dove l'assorbimento del materiale ospitanteè quasi zero, per evitare le perdite per riassorbimento. In Figura 5b sono mostrati glispettri di assorbimento e di emissione di Alq3 e DCM rispettivamente. Osserviamo lospettro di assorbimento di Alq3 (curve tratteggiate) e spettro di emissione di DCM (curvecontinue).

Figura 5b:

54-dicianometilene-2-metil-6-(p-dimetilamminostiril)-4h-piran.

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Osserviamo che gli spettro di assorbimento ed emissione, mostrati in Figura 5b, sonospettri continui e coprono un certo intervallo di lunghezze d'onda. Analogamente osservia-mo che gli spettri di �uorescenza di alcuni polimeri coniugati (Figura 6), hanno le stessecaratteristiche di quelli mostrati precedentemente.

Figura 6: Spettro di �uorescenza di trepolimeri coniugati e loro struttura chimica.

In realtà queste caratteristiche sono ti-piche di tutti i materiali organici e quindila descrizione delle molecole a quattro livelliproposta nella sezione precedente non è altroche un'utile schematizzazione che idealizza ilcaso reale. In e�etti anche il pompaggio puòessere realizzato a più frequenze e per ecci-tare il materiale si sceglierà la frequenza allaquale corrisponde il massimo assorbimento,che dipenderà da come è fatto lo spettro diassorbimento del determinato materiale. Al-lo stesso modo, siccome la luce che emerge daun laser deve essere monocromatica e sicco-me l'emissione avverrà a più lunghezze d'on-da (come si vede dallo spettro) un laser devecontenere al suo interno un dispositivo (chedescriveremo in seguito) in grado di selezio-nare la lunghezza d'onda desiderata, che saràquella alla quale corrisponde la massima emissione.Come detto, gli spettri di �uorescenza delle molecole organiche utilizzate nei lasers co-prono un ampio intervallo di lunghezze d'onda. Questa caratteristica apre alla possibilitàdi costruire dei lasers con dei meccanismi che selezionano la lunghezza d'onda della luceemergente a seconda delle preferenze dell'utente. In più, è addirittura possibile modi�-care lo spettro di �uorescenza delle specie emissive cambiando la struttura chimica dellemolecole, cosa che è assolutamente inconcepibile nel caso dei semiconduttori inorganici.Qualitativamente, per spiegare come questo sia possibile, ricordiamo che la di�erenza dienergia fra gli stati elettronici di una molecola dipende, dagli atomi che la compongono.Se si aggiunge, si rimuove o si modi�ca un gruppo di atomi in una molecola si avrà che glistati energetici cambiano e di conseguenza anche le proprietà emissive della molecola.Presentiamo adesso una caratteristica che di�erenzia i lasers a coloranti organici da quellia semiconduttore. Precedentemente si è detto che incorporare le molecole di colorante inmatrici solide presenta notevoli bene�ci. Tuttavia i laser a stato solido hanno il limite dipoter emettere solo impulsi di breve durata, problema che non coinvolge i laser a coloran-ti in soluzione liquida, i quali possono emettere impulsi continui anche per tempi moltolunghi. Per capire meglio le radici di questo problema osserviamo il diagramma dei livellienergetici di una molecola di colorante in Figura 7. Anzitutto concentriamoci sulle curvedi energia S0 e S1 in funzione della coordinata di con�gurazione: notiamo numerosi livellidiscreti di energia divisi in due "gruppi" i quali sono separati da una grande di�erenza dienergia. Le linee molto �tte sono stati vibrazionali, ovvero stati in cui le transizioni dauno all'altro non sono radiative ma avvengono mettendo in vibrazione la molecola.

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Figura 7: Diagramma dei livelli energetici peruna molecole di colorante organico. Q è lacoordinata di con�gurazione.

Invece la transizione da un "gruppo"all'altro è radiativa ed è quella che prece-dentemente abbiamo chiamato transizionelaser. La presenza degli stati vibraziona-li giusti�ca il fatto che, nel caso reale, lefrequenze a cui può avvenire assorbimentoo emissione sono più di una (ho preferitotogliere tutto). Precisato ciò, osserviamoche le transizioni elettromagnetiche (cioèquelle che avvengono per assorbimento dienergia proveniente da onde elettromagne-tiche o per emissione di radiazione) avven-gono a parità di spin: un elettrone che ha,per esempio, spin 1

2nello stato fondamen-

tale, se viene eccitato e fatto emettere peremissione stimolata, ritornerà nello statoiniziale con lo stesso spin di partenza. Tut-tavia nelle transizioni fra stati vibrazionali,c'è una certa probabilità che da uno stato all'altro l'elettrone cambi spin (transizione kiscnella �gura, dove isc sta per intersystem crossing), passando dal cosiddetto stato di sin-goletto ad uno di tripletto (in Figura 7 sono rappresentanti gli stati di tripletto T1 e T2 dicui il primo è associato allo stato di singoletto S1). E' chiaro che dal punto di vista otticoquesto passaggio rappresenta un vicolo cieco, nel senso che otticamente non è più possibileinvertire lo spin (cosa possibile, però, termicamente). Tuttavia dalla �gura vediamo chelo stato di tripletto T1 è a più alta energia dello stato S0 e quindi ci aspettiamo che unelettrone decada spontaneamente da uno stato all'altro e che quindi sia "riutilizzabile".Anche se teoricamente può sembrare così, nei fatti non lo è: i tempi medi per e�ettuareuna transizione da uno stato di tripletto ad uno di singoletto vanno da qualche microse-condo �no ai secondi, tempi di gran lunga superiori al tempo impiegato da un elettroneper e�ettuare transizioni nello stato di singoletto. Nei fatti quindi l'intersystem crossing èun canale di perdita e i suoi e�etti sono ben evidenti nei laser a stato solido. Nei lasers aliquido questo non avviene perché la soluzione di molecole coloranti viene fatta ricircolarein continuo, cosicché lo stato di tripletto abbia il tempo di decadere ad uno di singolettodurante l'attraversamento del canale di ricircolo. Un altro problema che limita la duratadegli impulsi nei lasers a stato solido è di natura termica: se il pompaggio si e�ettua incontinua, il materiale si scalda troppo e le molecole si degradano. Ciò non succede neilasers a liquido perché, come detto, la soluzione viene fata ricircolare in continuo e dunquemantiene una temperatura pressoché costante, consentendo di sostenere il guadagno otticoanche su tempi molto lunghi.Un'ultima caratteristica che, invece, accomuna i materiali organici è che la sezione d'urtodi assorbimento è la più alta tra tutti i materiali utilizzati nei lasers (tipicamente dell'or-dine di 10−16cm2) e quindi la luce incidente proveniente dal pompaggio verrà assorbita inuno spessore che è dell'ordine di 100nm. Un'immediata conseguenza di ciò è la possibilitàdi creare dispositivi molto piccoli, la cui struttura verrà descritta nelle sezioni seguenti.

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3 Architettura dei lasers

3.1 Proprietà generali dei risonatori ottici

Un laser è costituito da tre elementi principali: il materiale attivo, una sorgente per ilpompaggio e un risonatore ottico. Lo scopo di quest'ultimo componente è proprio quellodi permettere che la luce venga ampli�cata e�cientemente: se questo componente nonfosse presente, una volta che si è raggiunta la condizione di inversione di popolazione, ifotoni generati per emissione spontanea e propagantesi in una direzione qualsiasi, seppurcausando emissione stimolata quando vanno ad incidere sugli altri atomi eccitati, andrannoa disperdersi nell'ambiente circostante. C'è bisogno, quindi, che la luce venga "intrappo-lata" per un certo tempo nel laser, in modo che essa attraversi più e più volte il materialeattivo per essere ampli�cata e in�ne estratta per formare il raggio laser.

Figura 8: Risonatore di Fabry-Perot, con il materiali attivo alcentro.

Il modo più semplice di fare ciò è di porre il mate-riale attivo fra due specchi piani e paralleli (risonatore diFabry-Perot), di cui uno semi-ri�ettente, in maniera ta-le che parte della luce incidente su quest'ultimo specchiovenga ri�essa per essere ampli�cata e parte estratta performare il raggio laser.E' noto che un'onda elettromagnetica in una cavità ri-sonante non può esistere se non come onda stazionaria,ovvero i campi elettrico e magnetico si devono annullarein corrispondenza delle pareti della cavità. Vogliamo ora

ricavare i modi di un risonatore a specchi piani e paralleli. Ricordiamo innanzitutto che lefrequenze di risonanza di una cavità parallelepipeda, con lati L1, L2, L3, chiusa da pareticonduttrici al cui interno è stato praticato il vuoto, sono date da:

νl,m,n =c

2

[(l

L1

)2

+

(m

L2

)2

+

(n

L3

)2]

(6)

dove l, m ed n sono degli interi che rappresentano il numero di semilunghezze d'ondacontenute nel corrispondente lato del parallelepipedo. Il primo studio dei modi di unrisuonatore ottico a specchi piani e paralleli è dovuto a Schawlow e Townes, i quali trattanoil problema in analogia con il caso della cavità chiusa da pareti conduttrici. L'ipotesifondamentale di Schawlow e Townes è che i modi della cavità chiusa, nel caso particolaredi l,m << n, costituiscano una buona approssimazione dei modi della cavità aperta,ottenuta rimuovendo la super�cie laterale. Questa ipotesi può essere giusti�cata pensandoche i modi possano essere ottenuti come somma di onde piane che si propagano lungodirezioni pochissimo inclinate rispetto all'asse della cavità. Ci si aspetta che su di essila presenza o l'assenza delle super�ci laterali abbia piccolo e�etto. I modi con l ed mnon molto piccoli rispetto ad n sono invece drasticamente in�uenzati dalla rimozione dellepareti laterali. Tali modi, per altro, una volta che la super�cie laterale sia rimossa, hannodelle perdite laterali così elevate da non risultare di interesse.Nell' ipotesi l,m << n le frequenze di risonanza della cavità possono essere ottenute dalla

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(6) sviluppando in serie l'espressione sotto radice quadrata:

νl,m,n ≈c

2

[n

L+

1

2

l2 +m2

n

L

L′2

], (7)

dove si è fatta l'ipotesi aggiuntiva che L1 = L2 ≡ L′ ed è stato posto L3 ≡ L. Dalla (7) sideduce che non tutte le onde possono essere ampli�cate all'interno della cavità, ma soloquelle ottenibili dalla (7) per l,m e n interi. E' chiaro quindi che la cavità di Fabry-Perotdeve essere costruita in maniera tale che la distanza fra i due specchi permetta all'ondadi oscillare con frequenza uguale alla frequenza a cui è massima l'emissione stimolata delmateriale. C'è da precisare, però, che il ragionamento sviluppato precedentemente nontiene conto della presenza del materiale attivo (data la presenza del fattore c), ma di certoesso non perde di generalità qualunque sia il mezzo attraverso il quale la luce viaggia perandare da uno specchio all'altro.Per garantire il guadagno ottico, tuttavia, non basta la presenza del risonatore: gli spec-chi, infatti, non possono essere perfettamente ri�ettenti sia per limiti di costruzione siaper la necessità di estrazione della luce che spesso si traduce nello scegliere uno specchiosemi-ri�ettente. Se caratterizziamo i due specchi con le rispettive ri�ettività6 R1 e R2,consideriamo un'onda elettromagnetica di intensità F0 che incide su un materiale e faccia-mo il bilancio dei fotoni assorbiti e di quelli emessi per emissione stimolata all'interno diuno spessore in�nitesimo dx, avremo che:

dF = σ(N2 −N1)Fdx (8)

dove N1 e N2 sono le popolazioni dei due livelli a cui avviene il pompaggio. E' chiaroquindi che il �usso dell'onda incidente varia esponenzialmente al variare di x, ovvero:

F (x) = F0eσ(N2−N1)x (9)

�ssando l'origine dell'asse x all'interfaccia fra il materiale considerato e il vuoto con il versopositivo diretto verso l'interno del materiale. La (9) quanti�ca la dipendenza dell'intensitàdella luce che esce dal materiale dalla di�erenza di popolazione tra i due stati coinvolti,consentendo di osservare che, come già detto in precedenza, l'aumento di intensità si ottienesolo in presenza di inversione di popolazione. In più ora sappiamo in termini quantitatividi quanto viene ampli�cata ogni volta che attraversa il materiale attivo. E' chiaro che pergarantire il guadagno ottico è necessario che l'ampli�cazione nel materiale sia superiorealle perdite dovute alla presenza dei due specchi. Siccome il rapporto fra il �usso dell'ondadopo aver attraversato due volte il materiale (subendo quindi due ri�essioni) e il �ussoiniziale è e2σ(N2−N1)L, si avrà la seguente condizione di soglia:

R1R2e2σ(N2−N1)L = 1, (10)

da cui si può ricavare una condizione sulla di�erenza di popolazione necessaria per mettereil laser in oscillazione:

N2 −N1 = − ln(R1R2)

2σL, (11)

6La ri�ettività è de�nita come il rapporto fra l'intensità della luce ri�essa e l'intensità della luceincidente.

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condizione nota come inversione critica.Oltre alla cavità di Fabry-Perot, esistono numerosi risonatori ottici, con geometrie moltodi�erenti. Per esempio, si può pensare di sostituire gli specchi piani con specchi sfericiposti a distanza opportuna, per evitare che la luce che si ampli�ca sia solo quella chesi propaga perpendicolarmente agli specchi. Oppure di aggiungere un altro specchio eformare una struttura ad anello con tre specchi, come in Figura 9.

Figura 9: Struttura ad anello con tre specchi. Al centro il materiale attivo.

3.2 Alcuni risonatori ottici utilizzati nei lasers organici

Un fattore determinante nella costruzione di risonatori ottici è la possibilità di creare cavitàpiù o meno piccole. Come si è già anticipato, i lasers a coloranti organici in soluzioneliquida hanno il difetto di essere ingombranti e poco compatti a causa del fatto che èdi�cile maneggiare il materiale attivo che, appunto, è una soluzione liquida di molecoledi colorante a bassa concentrazione. Per questi lasers le geometrie dei risonatori otticisono molto più complesse di quelle viste precedentemente ma gli elementi di base sonosostanzialmente quelli.

Figura 10: Specchio e reticolo didi�razione in una cavità.

Tuttavia, siccome lo spettro di emissionedelle molecole coloranti è molto ampio (comeper tutte le molecole organiche), in genere siaggiunge un elemento dispersivo, come un re-ticolo di di�razione in ri�essione, in manieratale che ruotando il dispositivo si possa sceglie-re la luce con la lunghezza d'onda desiderata,cioè si fa in modo che solo la luce con una de-terminata lunghezza d'onda vada ad incidereperpendicolarmente sullo specchio (λ1 nel casodella Figura 10). Se da un lato si guadagna inmonocromaticità, dall'altro si riduce la poten-

za del fascio laser che emerge, in quanto la presenza del reticolo di di�razione introdurràaltre perdite.Le dimensioni tipiche delle cavità nei lasers a coloranti in soluzione liquida sono dell'ordinedei centimetri. Nel campo dei laser organici a stato solido, invece, sono stati fatti notevolisforzi per creare delle tecnologie che minimizzino le dimensioni della cavità, sfruttando ilfatto che l'assorbimento nei materiali organici è molto grande e di fatto la presenza delmateriale attivo non impone nessun limite alle dimensioni complessive del dispositivo (si

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parla a questo proposito di lasers a �lm sottile). Qui di seguito verranno analizzate alcunegeometrie tipiche utilizzate per i risonatori ottici.

3.2.1 Microcavità

La più semplice geometria a cui si potrebbe pensare è la cavità di Fabry-Perot: un �lmsottile di materiale organico posto fra due specchi piani paralleli. Tuttavia realizzarequesta cavità in dimensioni molto piccole comporta notevoli di�coltà: una di queste è cheè necessario un terzo materiale che faccia da substrato su cui si deposita il �lm. A questoproblema si può rimediare, per esempio, depositando il �lm direttamente su uno specchio,attraverso la tecnica dello spin coating descritta precedentemente, in modo da ottimizzareal meglio lo spazio. C'è da precisare che, in genere, nelle microcavità non si utilizzanospecchi convenzionali, bensì i cosiddetti specchi dielettrici la cui ri�ettività può spingersianche �no al 99.999%. Il motivo per cui non vengono utilizzati gli specchi metallici èche essi manifestano un notevole assorbimento alle frequenze ottiche per la presenza neimetalli di elettroni liberi, ossia in grado di spostarsi con un certo attrito da un atomoall'altro.Descriviamo ora il principio di funzionamento degli specchi dielettrici. A questo propositoconsideriamo una successione di strati di materiale dielettrico in cui si alterna uno stratocon alto indice di rifrazione (quello in blu scuro in Figura 11) ad un altro a basso indice(quello in blu chiaro).

Figura 11: Successione di materia-li dielettrici diversi. Un raggio diluce (raggio 0) incide sul materia-le e subisce una ri�essione parzialead ogni interfaccia (le prime tre ri-�essioni sono numerate e sono sta-te rappresentate sfalsate per ovvieragioni gra�che).

Supponiamo che un raggio di luce monocromati-ca, di lunghezza d'onda λ e proveniente da una re-gione di vuoto, incida perpendicolarmente sulla su-per�cie del primo materiale (si noti che è quello aindice di rifrazione più alto): esso in parte verrà ri-�esso (raggio 1 della �gura) e in parte attraverseràil primo strato senza subire deviazioni (si ricordi chela luce incide perpendicolarmente). Il primo raggiori�esso (raggio 1) sarà sfasato di λ

2rispetto al raggio

incidente perché qualsiasi onda elettromagnetica ri-�essa da una super�cie che fa da interfaccia fra unmezzo a più basso indice di rifrazione (in questo casoil vuoto) ad uno a più alto, subirà uno sfasamento diπ, ovvero di mezza lunghezza d'onda. Il raggio tra-smesso attraversa il primo strato, giunge alla secondainterfaccia e viene ancora parzialmente ri�esso ri�es-so (raggio 2). Se lo spessore dello strato è λ

4e siccome

non c'è sfasamento dovuto alla ri�essione (non sia-mo nelle stesse condizioni di prima), il raggio 2 risulterà sfasato di λ

4+ λ

4= λ

2rispetto al

raggio incidente e dunque risulterà in fase con il raggio 1. Se si ripete il ragionamento peril raggio 3, si trova che esso è sfasato di 3λ

2rispetto al raggio 0 e dunque di una lunghezza

d'onda rispetto ai raggi 1 e 2. Quindi i raggi parzialmente ri�essi ad ogni interfaccia fannotutti interferenza costruttiva e di fatto il sistema agisce come uno specchio ad altissima

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ri�ettività.Si noti che questi tipi di specchi sono e�cienti solo in intervalli di lunghezze d'onda tipi-camente di qualche decina di nanometri e non o�rono performance altrettanto elevate sututto lo spettro visibile. Se quindi da un lato sono perfetti per applicazioni laser, dall'altronon sono utilizzabili in tutti quei dispositivi in cui si ha la necessità di ri�ettere tutta laradiazione incidente.Come detto, gli specchi dielettrici (o specchi di Bragg) trovano la loro naturale applicazio-ne in cavità laser. Una possibile geometria è la cavità di Fabry-Perot verticale (in Figura12).

Figura 12: Cavità di Fabry-Perot verticale.

Essa è costituità dalla sovrapposizione verticale di uno specchio dielettrico (specchioDBR in �gura, dove DBR sta per Distributed Bragg Re�ector), di un �lm polimericoil cui spessore è tipicamente 100nm (depositato sullo specchio attraverso la tecnica delrivestimento per rotazione) e di uno specchio parzialmente ri�ettente depositato sul �lm,tipicamente di argento.

Figura 13: Emissione PPV

Consideriamo come esempio un laser a PPV (un polime-ro coniugato, vedi Figura 4c per la sua struttura chimica)caratterizzato da una cavità di Fabry-Perot verticale. Pos-siamo notare dalla Figura 13 che sotto la soglia del laserl'emissione avviene principalmente a tre lunghezze d'onda(linee tratteggiate nella �gura). Successivamente, quandoviene raggiunta e superata la condizione di soglia, il lasersi mette in oscillazione su una sola di queste, che è quellaper cui è stato costruito lo specchio dielettrico (linea con-tinua nella �gura) e l'ampli�cazione ottica può comincia-re.La facilità di lavorazione dei materiali organici consente larealizzazione di particolari geometrie della cavità risonante

che sono assolutamente impensabili con i classici semiconduttori inorganici.

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Figura 14: Strutturaa microanello.

In Figura 14 è rappresentata per esempio la cavità a microa-nello, realizzata immergendo una �bra ottica di silice o un �lometallico in una soluzione molto concentrata di polimeri. Facendoevaporare il solvente depositato sulla super�cie si ottiene uno stra-to polimerico a forma di anello (in giallo nella �gura). In genere ilmateriale che fa da supporto ha indice di rifrazione intorno a 1.5,mentre il �lm polimerico intorno a 2. Se supponiamo che tutta lastruttura sia immersa in aria (il cui indice di rifrazione è circa 1),allora il microanello sarà di fatto una guida d'onda, in cui la luceemessa dal materiale attivo verrà intrappolata e ampli�cata. Ildiametro D tipico di queste strutture è dell'ordine dei micrometri e il percorso che compiela luce per fare un giro completo dell'anello è approssimativamente uguale a πD. Rispettoalla microcavità di Fabry-Perot descritta precedentemente, in questa struttura la luce faun percorso molto più lungo e questo porta ad un elevato guadagno ottico e conseguen-temente una soglia molto più bassa. In più, il pompaggio può realizzarsi sia dall'esterno(tramite una sorgente di luce posta all'esterno della struttura) che dall'interno della �bra(facendo propagare la luce nella �bra �no a che essa non vada ad incidere sull'anello edeccitare il materiale, in maniera chiaramente più uniforme rispetto al primo metodo). Unodei difetti principali di questo tipo di cavità è che i modi di oscillazione sono molti e com-plicati, a causa della particolare geometria ad anello e al percorso relativamente lungo chela luce compie all'interno di esso. In più, la luce non è estratta in una speci�ca direzionema viene irraggiata radialmente a tutti gli angoli.

Figura 15: Strutturaa microdisco.

Analogamente alla geometria ad anello si possono creare cavitàa microdisco, lavorando del materiale organico attraverso tecnichelitogra�che (vedi Figura 15). I diametri tipici vanno dai 3µm ai20µm. Inoltre, i modi all'interno della cavità hanno caratteristichemolto simili a quelli del microanello. Anche nel caso del microdisco,però, si ha lo stesso problema: la luce viene estratta a tutti gli angolie non forma un vero e proprio raggio laser. Tuttavia, aggiungendouna piccola deformazione morfologica in un punto sulla super�cielaterale del disco, si può direzionare meglio la luce estratta in quantoquando essa inciderà sull'irregolarità verrà di�usa verso l'esterno ela geometria dei raggi che fuoriescono dipende dalla geometria della deformazione.Per ultima menzioniamo la cavità a microsfera, ottenuta dalla fusione di più microdischisu una super�cie liofoba (vedi Figura 16).

Figura 16: Struttura a microsfera.

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3.2.2 Guide d'onda

A di�erenza delle microcavità, con le guide d'onda si cerca di intrappolare la luce nelmateriale attivo ponendolo fra materiali con indice di rifrazione più basso, in modo tale daavere ri�essione totale interna. Generalmente anche l'interfaccia viene lavorata, creandodelle particolari geometrie che aumentano la ri�ettività della super�cie.

Figura 17: Guida d'onda di Fabry-Perot.

Anche in questo caso, la guida d'onda con-cettualmente più semplici, facile da realizzare ea basso costo è la cosiddetta guida d'onda diFabry-Perot (vedi Figura 17). Il materiale attivoviene lavorato in maniera tale da ottenere dellefacce laterali molto lisce che facciano da specchie il tutto viene poggiato su un substrato di indi-ce di rifrazione più baso del materiale attivo. Laluce all'interno della guida d'onda verrà comple-tamente ri�essa quando incide sulle super�ci diinterfaccia tra materiale attivo-substrato e ma-teriale attivo-aria con angolo maggiore dell'an-golo limite, mentre sarà parzialmente ri�essa quando inciderà perpendicolarmente (o ingenere con angolo maggiore dell'angolo limite) sull'interfaccia materiale attivo-aria e for-merà il raggio laser.Considerando che per di�coltà tecniche è di�cile depositare �lm di materiale organicomolto più spessi di 100nm, si comprende che la guida d'onda appena descritta ha il van-taggio di sfruttare il �lm in lunghezza e non in altezza, o�rendo alla luce un percorso moltopiù lungo da percorrere e di conseguenza un guadagno ottico molto più alto. Tuttavia,realizzare una guida d'onda di Fabry-Perot con materiali organici risulta molto di�cile acausa del fatto che non è possibile ottenere delle facce completamente lisce (per via dellastruttura amorfa dei materiali organici) e perché l'indice di rifrazione non è abbastanzaalto da garantire una ri�ettività accettabile. In più, l'estrazione non avviene in una bendeterminata direzione, ma perpendicolarmente (o quasi) ad ogni faccia del parallelepipedoche forma la guida d'onda.Una possibile soluzione per evitare questi tre inconvenienti è lavorare la super�cie su cui sideposita il �lm organico per ottenere una microstruttura periodica che funga da reticolo didi�razione e che combini coerentemente tutti i raggi di�ratti, i quali, se si propagano tuttiin un'unica direzione, formeranno il raggio laser. In questo modo si evitano gli sforzi dicreare delle facce lisce e non si utilizzano specchi, perché il meccanismo di feedback otticoè dato proprio dall'interferenza costruttiva dei vari raggi di�ratti dalla microstruttura.

Figura 18: Laser DFB polimerico.

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I lasers che sfruttano questo meccanismo sono chiamati brevemente lasers DFB (Distribu-ted Feedback) e la loro struttura è rappresentata schematicamente in Figura 18: un �lmpolimerico è depositato su un substrato di silice che presenta una struttura periodica diperiodo Λ. La luce che si propaga all'interno è intrappolata in uno strato polimerico che haindice di rifrazione più alto dell'aria e della silice. All'interfaccia fra lo strato polimerico eil substrato, la luce viene di�ratta ad un angolo che dipende dalla lunghezza d'onda. I variraggi provenienti da ciascuna corrugazione si combinano in maniera coerente e formanoun unico raggio che si propaga in una determinata direzione. In Figura 18 sono mostratisoltanto i raggi di�ratti che si propagano parallelamente al �lm, ovvero quelli che corri-spondono al cosiddetto primo ordine di di�razione. In particolare si ha che la condizionea�nché i raggi si combinino per fare interferenza costruttiva è:

mλ = 2neffΛ, (12)

dove m può assumere solo valori interi positivi e si chiama ordine di di�razione, λ è lalunghezza d'onda della luce che si sta propagando all'interno del materiale attivo e neff èil cosiddetto indice di rifrazione e�cace (media geometria degli indici di rifrazione dei tremateriali che costituiscono la guida d'onda). Ogni ordine di di�razione è caratterizzatoda una speci�ca direzione di propagazione dei raggi di�ratti e una speci�ca lunghezzad'onda. Per m = 1 (primo ordine di di�razione) si ha che la direzione di propagazione deiraggi di�ratti è quella parallela al �lm e la lunghezza d'onda della luce di�ratta in questodirezione è 2neffΛ.

Figura 19: Illustrazione dell'e�etto ai bor-di. Il substrato è stato rappresentatoliscio per semplicità.

Tuttavia, la luce che si propaga parallela-mente al �lm è di di�cile estrazione, perché siripresenta il problema di lavorare la super�cielaterale del �lm organico ai bordi della gui-da d'onda. In più, se la tecnica utilizzata perdepositare il �lm sul substrato è quella del ri-vestimento per rotazione, ai bordi della guidad'onda la super�cie del �lm organico assume-rà una forma particolare, illustrata in Figura19. La luce che inciderà su questa super�cie,quindi, verrà di�usa in tutte le direzioni.Una possibile soluzione è quella di sfruttare il secondo ordine di di�razione: per m = 2,la luce, di lunghezza d'onda neffΛ, viene di�ratta perpendicolarmente al �lm. Questarappresenta la soluzione ottimale, perché il problema di lavorare la forma della super�ciesui bordi non si pone a�atto. L'unico difetto è che sfruttando il secondo ordine, si ha uninnalzamento della soglia del laser.Un altro vantaggio che si ha nell'uso dei laser DFB è che la lunghezza d'onda della luceestratta può essere facilmente variata, semplicemente cambiando il periodo Λ della micro-struttura.Come detto il laser DFB ha notevoli vantaggi, ma presenta delle di�coltà nella realiz-zazione del dispositivo. Non è facile, infatti, realizzare una struttura micrometrica senzanessuna imperfezione: molto spesso sono presenti delle irregolarità nelle corrugazioni chefanno sì che i raggi non facciano interferenza costruttiva. Si introdurranno quindi delle

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perdite che si possono diminuire, per esempio, lasciando uno spazio privo di irregolaritàtra due zone con delle strutture periodiche. Una struttura di questo tipo è illustrata inFigura 20:

Figura 20: Laser DBR (Distributed Bragg Re�ector).

Se il periodo di delle due microstrutture è mezza lunghezza d'onda, si può dimostrareche le due zone agiscono di fatto come specchi dielettrici e il tutto può essere quindiassimilato ad una cavità di Fabry-Perot nel piano.

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