LARTE DA ASSAGGIAREgli abiti del periodo. E' riconoscibile la sposa con una coroncina in testa e con...

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LARTE DA ASSAGGIARE progetto realizzato da Silvia Bosio per la manifestazione «E se... la storia fosse cibo» progettata da Francesco Marino

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  • L’ARTE DA ASSAGGIAREprogetto realizzato da Silvia Bosio per la manifestazione

    «E se... la storia fosse cibo» progettata da Francesco Marino

  • Sarà “Foody” il nome della mascotte ufficiale di Expo 2015, l'esposizione universale che prenderà il via a maggio del prossimo anno, il cui tema cardine è “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, che suona come una grande ambizione per la città più multietnica d'Italia. L'evento affronterà il problema della nutrizione per l'uomo, con una particolare attenzione allo stato di salute della Terra, dalla quale ricaviamo risorse vitali tutt'altro che inesauribili. La mascotte, il cui gioioso volto è stato realizzato con la collaborazione della Walt Disney Italia, è composta da alimenti che troviamo abitualmente sulle nostre tavole, ciascuno portavoce di una storia secolare.

    L'immagine rappresenta un connubio perfetto tra passato e futuro, tra arte, storia e innovazione : il disegno si ispira infatti alle “Teste Composte” del pittore rinascimentale Giuseppe Arcimboldo, meglio noto come l'Arcimboldi, ricavate da una bizzarra combinazione di elementi nutritivi che appartengono al mondo vegetale e animale. La scelta ispirata da queste famosissime rappresentazioni pittoriche non è certamente un caso. Si tratta infatti di opere che si imprimono immediatamente nella mente di chi le osserva, stimolando la fantasia e sottolineando un concetto rilevante per la vita di ogni essere vivente, quello del suo legame indissolubile con la natura, di cui è parte integrante.

  • Leonardo da Vinci segnalò in un'appendice delle “Note di cucina” alcuni dei peggiori comportamenti tenuti a tavola dai suoi contemporanei: “Nessun ospite dovrebbe mettere spiacevoli bocconi mezzo masticati nel piatto del vicino, nascondere il cibo in borsa o negli stivali e mangiarselo poi”. Ne “sputare davanti a sé, leccare il vicino. E se deve vomitare che lasci la tavola”.

    RINASCIMENTO

    Il XVI secolo fu il periodo più fulgido del Rinascimento italiano, anche sotto il profilo gastronomico e del comportamento a tavola. Comparvero per la prima volta sulla tavola la forchetta, il bicchiere individuale, gli stuzzicadenti, il tovagliolo e molti altri utensili vennero inventati per gli usi culinari: le rotelle tagliapasta, i setacci, i recipienti per stufare, gli spremilimoni e via dicendo. Nacque una vera e propria gerarchia di specialisti del servizio e delle preparazioni culinarie, preludio della più moderna brigata di cucina e di sala (scalchi o maggiordomi, trincianti, bottiglieri ecc.).

    Nel 1533 Caterina de Medici, che si apprestava ad andare in Francia per sposare il futuro Enrico II, volle con se il bravo Ruggeri. In Francia si conoscevano solo bevande ghiacciate e il nostro gelataio fece letteralmente impazzire i nobili francesi con il suo “ghiaccio all'acqua inzuccherata e variamente profumata con limoni, arance, ciliegie e frutti di bosco”.In Francia nel XVII secolo i re cominciano ad occuparsi personalmente di cucina, Luigi XIV inventa i liquori. Al regno di Luigi XV risalgono il consommé e la fricassea di pollo e di piccione, e poi alcune salse che usiamo ancora oggi: la besciamella e la maionese. Il caffè, il tè e la cioccolata chiudevano i pranzi più importanti.

  • Tra il 1500 e il 1600 avvennero, inoltre, molti mutamenti, il pane di orzo fu sostituito da quello di segale e di grano e fu inventato, da fiorentini, il gelato.

    1942, la scoperta dell’America e i contatti con l’Oriente comportarono un mutamento radicale della storia dell’Europa e del mondo. Patata, mais, fagioli, tacchino, cacao dalle Americhe, caffè e tè dall'Oriente: sono queste le novità che modificheranno le abitudini in cucina. Arrivati in Europa questi alimenti ebbero bisogno di parecchio tempo prima di affermarsi.La patata, ad esempio era destinata all'alimentazione animale e solo nel Settecento fu scoperta come cibo. Lo stesso discorso fu per il mais che cominciò ad essere consumato solo dopo le numerose carestie e pestilenze, che avevano decimato i raccolti e sottoforma di polenta divenne il re sulle tavole dei contadini. Per quanto riguarda il cacao e la bevanda da esso derivata, la cioccolata, essi conobbero il massimo splendore dopo il Seicento, quando divenne bevanda di re e principesse.

    EUROPA VS AMERICA E ORIENTE

  • Nel Rinascimento il pasto cominciò ad avere una struttura che prevedeva più portate: un servizio di credenza iniziale, uno o più servizi di cucina e un servizio di credenza finale; ogni portata comprendeva molte preparazioni, anche 40 o 50. I servizi di credenza erano composti da piatti freddi, dolci e salati, preparati in anticipo dal credenziere. I servizi di cucina si collocavano tra i servizi di credenza iniziali e finali, ed erano cibi caldi, più o meno numerosi e ricchi a seconda dell'importanza della casa.

    IL BANCHETTO DELLE NOZZE

    Pieter Bruegel nell’opera «Nozze di contadini» del 1568 raffigura un granaio con una grande tavolata in cui si sta celebrando il pranzo nuziale di una coppia di contadini. I commensali indossano gli abiti del periodo. E' riconoscibile la sposa con una coroncina in testa e con un drappo scuro appeso dietro di lei. Lo sposo, come da tradizione, serve la tavola e probabilmente è il personaggio all'estrema sinistra che sta travasando della birra in una brocca. I commensali mangiano con cucchiai di legno, il pasto è povero, polenta per tutti, servita su delle semplici assi, forse una porta. Il menu prevede focacce, zuppe di cereali e pappe di riso. In primo piano un bimbo con un cappello da adulto che gli copre gli occhi sta leccando il piatto. La quantità di dettagli di vita quotidiana fanno di quest'opera uno dei primi chiari esempi di pittura di genere.

    Oltre alla scoperta dell'America, l'altro fattore che influenzò le abitudini alimentari fu la R i f o rma P ro tes tan te , che d i v i se profondamente il mondo dell'Europa meridionale rispetto a quella settentrionale: la chiesa romana, seguendo le tradizioni della civiltà romana, prediligeva pesce, olio e vino, mentre la tradizione dei popoli barbari preferiva carne, lardo e birra.

  • «I MACCARONI»Il termine maccaroni o maccheroni ha due significati: in generale, indica un tipo di pasta corta, di forma tubolare, che l'industria produce in diversi tipi (rigatoni, penne, sedani, ecc…). Il secondo significato riguarda l'uso che il termine ha avuto in Campania e soprattutto nel Napoletano, dove la parola maccheroni indica qualunque tipo di pasta di semola di grano duro, lunga o corta, forata o meno.

    Alla fine del XVI secolo compaiono nella città di Gragnano, un piccolo comune della provincia di Napoli, i primi pastifici a conduzione familiare, favoriti dalle particolari condizioni climatiche del luogo, soprattutto dalla presenza costante di una leggera aria umida che permette la lenta essiccazione dei maccaroni.

    Inizialmente in Sicilia, a cominciare dal XII sec. e poi, più diffusamente in Campania e in genere nel Sud e parzialmente in Liguria, si afferma la produzione e il consumo di pasta, prodotto che assolve, dal punto di vista nutrizionale, le funzioni che nelle regioni del Nord vengono svolte, ma non certo con lo stesso valore nutrizionale, da altri cereali e poi dal mais e dalle patate. Le paste lunghe sono spesso chiamate "vermicelli" mentre le corte o gli altri formati "maccheroni".

    Ed è proprio

    dal termine "m

    accheroni", in

    fine, che nel

    secolo XVI,

    ad opera del m

    antovano Teof

    ilo Folengo (

    1491 – 1544)

    , nasce un

    intero genere

    letterario, il

    cosiddetto "l

    atino maccher

    onico", che

    imita in manier

    a scherzosa e

    impropria la li

    ngua latina, qu

    ella

    parlata dei no

    bili e dei pote

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    e e storie

    del "popolino",

    ovvero della

    gente più pove

    ra, ignorante

    e

    molto spesso,

    sciocca!!

  • Una delle opere sicuramente più celebri di Carracci e' “Il mangiatore di fagioli” del 1584. Appartenente alla categoria della “pittura di genere”, quella tipologia di opere che volevano rappresentare la vita quotidiana contrapposta a quelle storiche e mitologiche, “Il mangiatore di fagioli” e' un opera essenziale, semplice e diretta.Una scodella di fagioli, un pezzo di pane di frumento, sfoglie ripiene di verdura, una brocca di vino; e per insaporire il tutto tre cipollotti: è il povero pasto di un contadino, consumato sull'angolo del tavolo.

    Il quadro rappresenta un uomo vestito con abiti popolari, intento a consumare, con un cucchiaio di legno, il suo pasto composto da un abbondante piatto di fagioli, delle cipolle, dei funghi e del pane. Il tutto accompagnato da del vino rosso.L'uomo rappresentato e' palesemente affamato e concentrato sul cibo che ha davanti, abbondante e calorico. Si suppone che l'ambientazione sia quella di una taverna popolare: non vi sono tracce di lusso e il cibo stesso e' semplice e senza pretese.Pur non trattandosi di un banchetto, ognuno di noi può notare come il cibo sulla tavola sia abbondante e corposo: sicuramente non ci lascerebbe affamati!L'intento dell'artista era, infatti, quello di superare l'artificiosita' degli artisti a lui contemporanei per tornare a ritrarre la realtà.E cosa poteva esserci di più realistico di un uomo affamato che si gusta un bel piatto di fagioli?

    Ma siamo sicuri che si tratti di un pasto così povero come a p p a r e a n o i ? Questo quadro è stato dipinto alla fine d e l S e d i c e s i m o secolo da Annibale Carracci, un periodo di carest ie e di epidemie, e per un contadino di quel periodo forse un pasto del genere era tutt'altro che povero.

    Grazie all'invenzione della stampa furono scritti libri che contribuirono a diffondere i vari modi di cucinare i cibi ed anche a conservarli. Si ebbe allora la tostatura, la conserva sott'olio, sott'aceto, a bagnomaria. S'iniziò cioè a sterilizzare i prodotti che bisognava conservare così da evitare che il batterio del botulino causasse la morte. In locali particolari, chiamati ghiacciaie, veniva accumulata la neve e si procedeva così al raffreddamento delle derrate.In questo periodo si apprezzano sempre di piu' il latte e derivati, nei testi culinari dell'epoca si fa largo l'uso del burro, della cd. “pelle di latte”, cioè la panna raccolta dalla superficie del latte bollito; si diffondono, altresì, formaggi di ogni tipo, consumati da soli o con lo zucchero.

  • La scarsità o l’abuso di alcuni alimenti ha portato durante tutta la storia dell’uomo delle malattie. La gotta, tipica della nobiltà, in quanto legata al largo consumo di carne non equilibrato da frutta e verdura. (sotto «Piero il gottoso» 1416-1469).

    Lo scorbuto che colpiva i marinai che facevano lunghi viaggi era diffuso, una malattia che colpiva coloro che non si nutrivano per lungo tempo con cibi freschi.

    Durante il ‘700 la maggiore disponibilità di alcuni alimenti, quali mais e patate, cibi delle classi popolari, favorì la crescita demografica, ma provocò anche una ricaduta negativa: l'alimentazione divenne monotona e comparvero alcune malattie legate a carenze vitaminiche, come la pellagra.

    La rivoluzione prodottasi nel campo dello sviluppo dell'industria e della tecnologia alimentare ha reso possibile il venire meno del problema della fame e della scarsità di cibi nella nostra società, passando dalle secolari epoche della fame alla nuova, attuale epoca dell'abbondanza. (Questo ovviamente vale per le popolazioni del mondo occidentale, per quelle del terzo mondo la preoccupazione principale è ancora quella di procurarsi il cibo giornaliero).Colui che ha dato forma artistica all’obesità è stato Botero, egli ha creato un mondo formato da uomini e donne e bambini decisamente grassi, privi di emozioni sui volti, ma dipinti con molta ironia.

    Quando la tiroide è aumentata di volume si parla di gozzo inoltre altera inevitabilmente l'aspetto del collo, arrotondandolo nella parte anteriore e laterale, rendendolo sporgente e talvolta irregolare per la presenza di noduli più o meno grossi. (foto «Giuditta che decapita Oloferne» di Gentileschi 1612).Ma, mentre oggi tali modifiche del collo vengono vissute come inestetismi, da correggere se necessario con la chirurgia, in passato la presenza di gozzo era molto più accettata, come testimoniato da dipinti e sculture che ci presentano uomini, fanciulli e donne, soprattutto donne e in particolare puerpere, con il collo grosso o arrotondato.

    LE MALATTIE NELL’ARTE

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