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RENDICONTI Societ4 lteiÙlna di MlnnGlogfc e Pelrolo9fG, JI (J': :pp. HI-'5t)Comunicaz1on. pl'...cnuu ..11.. RIunione della 8IMP In Rende-Cftra.ro (COlIO!nza) 11 27-lo-lll82
L'ARCO CALABRO-PELORITANO:ASPETTI DI GEOLOGIA MARINA
RENZO SARTORI
Islituto di Geologia Marin., via Zamboni 6', 40127 Bologna
RIASSUNTO. - Dati geofisici (sismica, gravimetria,etc.) e geologici (campionature) racoolti nelle areelirrenicbc c jonichc permettono di avanzare a1eunt.ipotesi sull'evoluzione neogcnica dell'Arco ncl qundro geodinamico dci Mediterraneo centrale.
In particolare, l'attuaJe configurazione sembra ilrisul!ato di un. evoluzione spazio-temporale diff~
rente per i diversi segmenti dell'Arco, evoluzionercgiSU'llta ndle aree marine da eventi lettonK:oscdimenlari.
Pa quanlO riguarda inoltre la pro:scc:mìonc deldominio calabro-pdorirano all'inlcmo dci Tirreno,si segnala la presenza al M. Flavio Gioia, ad oJueUO !un dalla COIti., di complcui confrontabili conuniti. della Sila o col segmentO AspromonlePelorilani.
ABsTUCT. - Geophysical (seismic profilcs, gravi.metric maps, etc.) and geological (sampling$) datacollcetcd in Ihe ionian and tyrrhenian areas allowto discu.ss the Neogene evolution of tbc calabropeloritanian .re in tbc frame of tbc geody'namicevenls mat occurrcd in thc cennll Mcdilarancan.
In panicu1ar, thc prcscnt configuration wuach.i~ by I dilfcrcntial cvolution oi thc dUactemajor scgmenb maltirli up the Ire. 1his is fCCOI"Ckdin tbc marine ueu by pcculiar tcetonic-scdimentary~u.
As rcga«b thc extcnsioo of the calabrian stl'1JCtU~domain within tbc dccp Tyrrhcniln buin, thcF1lvio Gioii Smt., locatcd more than ISO km 011tbc coast, contlins rock suitcs fairly corrcspondingto some Sila units and/or IO thc AspromontePclorilani stgmenl of Ihc are.
Introduzione
L'arco calabro-peloritano rappresenta undominio struttunl~ particolarm~nt~ complesso, sia per quanto riguarda l'archit~ttun orogenica. essem:ialment~ p~-PUOttnica, sia perI~ ddormazioni causate da processi neotettonici. Dopo oltre un secolo di ricerc~ geologiche: ~ pettogra6ch~ di t~rreno, sono tutton accese vivaci discussioni fra gli studiosinon solo sull~ int~rpretazioni, ma talora perfino sulI~ osservazioni di campagna.
In questo scenario può for~ sembrare
pret~nzioso parla~ d~lla geologia d~ll~ areech~ si ~st~ndono al largo della costa jonicae di quella tirrenica, laddove la cat~na calabra scompare sotto l~ acque del Medit~r
raneo. Ciononostant~, parecchie campagnegeologico-petrogra6ch~ sono stat~ condottedi recent~ in quest~ aree da istituti italiani~ strani~ri (specia1m~nt~ am~ricani ed inglesi). In questa rdazion~ si cerch~rà di tendere conto, in mani~n molto sint~tica ~
quindi necessariam~t~ lacunosa, dei più recenti risultati ott~nuti specialm~nt~ da part~
d~U'Istituto di Geologia Marina di Bologna.I principali argomenti trattati sannno la geologia e l'evoluzione post-Miocenica dell~ areemarin~ adiac~nti all'arco ed il riconoscimen·to di e1~m~nti sottomarini strutturalment~
pettinenti all'arco ~m~rso.
I dati disponibili sono carte batim~triche,
magn~tiche:. gravinx:triche:, del Busso di calo~. una ~t~ di olt~ 5.000 miglia nautichedi pro6.li sismici a riBession~ ~ (l'1Iti) a rifnzion~. numerose campionatut~ del substratoacustico e d~lI~ copertu~. Questi dati sonoriportati in dettaglio nei lavori ch~ richiamerò di volta in volta n~1 COtSO d~lla r~
lazione.
Caratteri geologici generali del 1\01. Tir·reno e del 1\01. Jonio
Da un punto di vista fisiografico, l'arcocalabro-peloritano è una stretta barri~n che~para due vasti bacini: il Tirreno ~ lo Jonio,profondi oltre 3.600 ~ 4.000 m rispettivam~t~. Questi mari sono caratt~rizzati gnvim~tricam~nt~ da forti anomalie positiv~ diBougu~r (oltre 250 ~ 320 rngal rispenivament~j MORELLI, 1970).
N~I Tir~no. grand~ profondità ~ anomali~
di Bouguer fortem~nt~ positiv~ si accompa-
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gnano ad una crosta estremamente sottile, ditipo aceanico (11·15 km; F,uILQUIST eHERSEY, 1969; F1NETTI c MORELLI, 1973;M. RECQ, comunicazione personale), ad alti ed irregolari valori del flusso di calore(DELLA VEDOVA e PELLlS, 1981; ).P. FouCHER, comunicazione personale), ad intenseanomalie magnetiche (BOLIS et al., 1981),cd a manifestazioni vulcaniche di età datardo Tortoniano (7,3 M.A.) a recenti (Hsu,MONTADERT el al., 1978). Il vulcanismo èprevalentemente tholeitico nei grandi apparati delle zone più profonde ed interne(SELLI Cl al., 1977}, calcalcalino c/o shoshonitico essenzialmente nell'area sudorienlale,cioè nelle Isole Eolie e nella loro prosecuzione sommersa (BARBERI et al., 1973; BEC·CALUVA et al., 1981). Una struttura sismogenetica tipo « piano di Benioff» è presentenel Tirreno meridionale sudorientale e sispinge fino ad oltre 400 km di profondità.La sua geometria è tuttavia complessa e anocora cOntroversa (DEL PEZZO et a!., 1979;MANTOVANI et al., 1981; GASPARINI et al.,1982).
Tutti questi dati sembrano coerentementeindicare che il Tirreno è un'area oceanizzatanel Neogene e che la sua formazione (i cuiprocessi sono tuttora dibattuti) riveste unaimportanza fondamentale per la comprensio·ne delle deformazioni e rotazioni appenniniche e quindi anche dell'arco calabro. Peruna revisione critica di questi problemi SI
rimanda a SCANDONE, 1979; CALCAGNILE etal., 1981.
Nel Mare )onio, alla grande profonditàed all'elevato valore positivo dell'anomaliadi Bouguer non sembrano accompagnarsi ifatti precedenti. Infatti, crosta e lirosferanon sembrano estremamente assottigliate(FARRUGGIA e PANZA, 1981; MANTOVANt eBOSCHI, 1982), non si hanno elevati valoridi flusso di calore (ERICKSON e VON HERZEN,1978), non si hanno forti anomalie magnetiche (BoLis et al., 1981), nè si osserva vulcanesimo recente (FINérTl, 1981).
Queste osservazioni sono mutuamente inconflitto e non permettono tuttora di applicare sic et simpticiter all'area alcun univocoschema geodinamico. Alcuni autori ipotiz.zano la presenza di crosta aceanica antica,residuo della Tetide mesozoica (LAUBSCHERe BERNOULLI, 1977, etc.), altri pensano aduno sprofondamento più recente, Terziario,
di lIna zona a crosta continentale, ed alla pre·senza di un mantello anomalmenle denso(MANTOVANI el a!., 1981; BALDI et al., 1982).
Il margine tirrenico dell'arco calahro
Il margine concavo dell'arco è occupatoda tre bacini sedimentari peritirrenici: cssisono, da N a S, il bacino di Paola, quellodi Gioia e quello di Cefalù (SELLI, 1970).Le notizie che qui riporto su queste areesono riprese in forma sintetica da BARONEet al., 1982 a e b (cum bibt. l.
I tre bacini ora menzionati possiedono lacomune caratteristica di essersi individuaticome aree subsidenti a partire dal Torto·niano, cioè successivamente alI'impilamentodelle unità tettoniche che costituiscono lapane interna della catena calabra ed al disopra di esse. I bacini sono fra loro separatida importanti strutture, talora trascorrenti,trasversali anche all'arco emerso. In mare,queste strutture sono la prosecuzione dellazona Sangineto-basso Crati (faglia SanginetoM. Palinuro), della zona di Catanzaro (fagliaStromboli-Angitolal e della linea TindariLetojanni in Sicilia (alto vulcanico SalinaVulcano e sua prosecuzione). A parte questicaratteri comuni, i tre bacini presentano unaevoluzione teltonico-sedimentaria post-Tortoniana assai diversa.
Il bacino di Paola è orientato circa NNWSSE ed è riempitO da quasi 6.000 metri disedimenti. Gli intervalli Tortoniano e Messiniano (con evaporiti marginali) sono rappresentati da poche centinaia di m, mentre conl'inizio del Pliocene inferiore si instaura nelbacino una enorme subsidenza, con accumulodi oltre 1,5 mm/anno di depositi terrigeni.Una discordanza di età Pliocene medio separa queste assise dalle successive, Pliocenicosuperiore - Pleistoceniche, che testimonianouna graduale diminuzione del tasso di sedimentazione (fino a 0,5 mm/anno) e che con·tengono varie discordanze di ordine minore.La diminuzione si accompagna ad una migrazione verso E-SE delle zone di massimoaccumulo (depocentri). Le faglie più recentidel bacino di Paola sono orientate intornoN·S e NNW-SSE, in accordo con quantoosservato nella Calabria settentrionale (TaR·TORICI, 1982).
Il bacino di Gioia è separato dal precedente dalla struttura E·W di Scromboli-Angi-
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tola-Catanzaro (e/o sue vicarianti), è orien·tatO circa NW-SE, come l'adia~nte Calabriameridionale, e contiene meno sedimenti delbacino di Paola. A quasi 3.000 metri di de·positi terrigeni Tononiani seguono sottili emarginali evaporiti Messiniane. Modesto èlo spessore dei depositi Pliocenici e Quaternari, anche qui interessati da una discordanzadi età PLiocene medio. A differenza del bacino di Paola, si ha qui una notevole sedimentazione tortoniana, ma non si osserva inseguito alcun brusco aumento di subsidenzanel Pliocene inferiore. Il tasso di sedimentazione Plio-Quaternaria è circa 1/4 di quellodel preeedente bacino. Le principali faglieche hanno originato e condizionato l'evoluzione del bacino di Gioia sono orientate E-W(più antiche e in parte trascorrenti), NW·SEe NE·SW (più reeenti).
Il bacino di Cefalù è separato dal precedente dalla prosecuzione della linea TindariLetojanni ed è orientato circa E-W, sul>parallelo alle coste della Sicilia settentriona·le. La successione sismostratigra6ca comprende depositi terrigeni tortoniani, spesse evaporiti messiniane talora con ingenti accumulisaliferi, Pliocene e Quaternario terrigeni oemipelagici separati ancora dalla discontinuità medio pliocenica. Non si osservano sistematiche variazioni nei tassi di subsidenza esedimentazione nel tempo. La caratteristicapeculiare del bacino è una gran<k complessità e frammentazione causata da numerosisistemi di faglie che producono minuti blocchi crostali a sezione subtriangolare, ognunodei quali ha in parte storia sedimentaria diversa dagli adiacenti. I principali sistemi difaglie sono orientati E-W (come nel bacinodi Gioi.), WNW-ESE, NW-SE, NNW-SSEe NE-SW, come quelli noti in terraferma.Come questi ultimi, possono avere avuto carattere di trascorrenza.
Il margine jonico dell'arco calabro
Anche lungo il margine convesso dell'arcosi individuano tre aree maggiori, i cui limitisono però molto meno tracciabili (e moltomeno studiati) che sul versante tirrenico. Taliaree sono il Golfo di Taranto (includendoparte della Calabria emersa fino alla strettadi Catanzaro), la zona che comprende bacinodi Spartivento, Arco Calabro Esterno ed areaa cobblestones, ed infine il Rise di Messina
che giunge fin contro la scarpata di Malta.Le notizie che qui ripono su tali aree sonosintetizzate dai lavori di ROSSI e SARTORI,1981 e di BARONE el aL, 1982 a e b.
Il Golfo di Taranto contiene la prosecu·zione sommersa delle unità presenti nell'adiacente Appennino Meridionale, e cioè catena,avanfossa ed avampaese. In corrispondenzadella porzione occidentale del Golfo si osservano in sismica a riflessione dei corpi caotici, interprelabili come coltri di argille sca·gliose di tipo sicilide (OcNIBEN, 1969).L'avanfossa è rappresentata dalla Valle diTaranto. Essa, come grnn parte dell'area oraoccupata dalla catena, è stata prodotta dauno sprofondamento dell'avampaese apuloavvenuto nel Messiniano-Pliocene basalelungo faglie a direttrice appenninica. L'avampaese è rappresentato dall'alto apulo non ri·bassato da tali faglie, che si proseguono finoalle Isole Jonie. La messa in posto 6naledelle argille scagliose è avvenuta ncl Pliocene medio, cOn qualche coda 6n nel Pleistocene inferiore: i meccanismi sono stati inparte gravitativi e in parte attivi (CELLaet aL, 1981), come testimoniato ancbe davere strutture compressive nel bacino di Cr0tone sommerso. Col Pleistocene inferioretutta l'area sembra sottoposta a tettonica distensiva, lungo sistemi appenninici (NW-SE)ed antiappenninici (NE-SW), ed è in sollevamento. Quest 'ultimo effetto sembra più intenso nelle porzioni più interne e più settentrionali, dove dal post-Calabriano sonoemersi i bacini di S. Arcangelo, del bassoCrati e la parte nordoccidentale del bacinodi Crotone. Altri bacini _ neoautoctoni ., come il bacino di Sibari, sono tuttora sede disedimentazione torbiditica (CRATI GROUP,1981). Nel Golfo di Taranto, scarsamentesismico, le coltri alloctone hanno praticamente raggiunto l'orlo stabile e rialzato dal.l'avampaese apulo, e i depositi contenuti nel.la Valle di Taranto sono suborizzontali enon disturbati da tettonica compressiva.
A Sud della stretta di Catanzaro si osserva invece un bacino (di Spartivento) che èsempre stato sommerso (tranne l'estremomargine interno) a partire dal Tortoniano.Al largo di questO bacino si ha la zona dell'Arco Calabro Esterno, dove intensi fenomeni compressivi sono tuttora attivi, confaglie inverse, accavallamenti di varia vergenza. e caoticizzaz.ione di sedimenti. An-
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Fig. l. - Scbema illU$trlltivo delle principali. 51rullun: e deformazioni delle aree marine che circondanol'arco calabro-pdoritano (modifialto da BUONE Cl al., 1982 li). Le ff'CCCC bianche ~tizz:ano direzionee verso degli Stt'CSS tcnonic:i in lilla. Le lince ttaucggistc indiano le maggiori strutture: disgiuntiveradiati che hanno operato dal Torroni.no c le principali surpale u:uoniche. Le linee: con triangoli indiano i fronti ddI'a1loctono in Sicilia e nel Golfo di T_ramo,~ gli accavallamenti con aoticizzazioni recenli dell'Arco Calabro Esterno. Per maggiori spicgujoni V«Ii 11:510.
cara più al largo si ha una vasta zona dettaa «cobbleslones:. (acciottolato) per la generale presenza, sui profili sismici, di serie nonrisolvibili di echi iperbolci a varia scala(in genere chilometrica). La morfologia a cabbleSlones sembra coinvolgere solo la partesuperiore della spessissima copertura sedimentaria della piana batiale jonica. Tali elementi sono dunque interpretabili come strutture compressive e gravitative di copertura,assai più blande di quelle dell'Arco CalabroEsterno, prodotte da scollamenti favoriti dalla presenza dei livelli plastici di evaporitimessiniane. Bacino di Spartivento (.fore.arubasin), strutture dell'Arco Calabro Esterno(inner trench slope, trench, autee ridge) ezona a cobblestones (blanda tettonica di c0
pertura) sembrano riprodurre, dall'internoverso l'esterno, una successione che richiamaun margine in compressione, attivo con una
certa continuità dal Tortoniano. SecondoKENYON e BELDERSoN (1977), gli stessi elePlenti rappresenterebbero l'equiv~lente speculare del bacino molassico e del sistema dipieghe di copertura del Giura-franco-svizzeroall'esterno dell'arco alpino occidentale.
A Sud della zona precedente, fino allascarpata di Malta, si estende il Rise di Messina. Anche qui si hanno abbondanti depositi caoticizzati, ma essi sono in molte zonericoperti da depositi suborizzontali non deformati di età post-Messiniano. La tettonicarecente non sembra compressiva, se nonnell'area di confine con l'Arco Calabro Esterno. Prevalgono strutture distensive e trascorrenti, con sistemi di faglie a reticolosubtriangolare che producono estensioni di·verse, massime a Sud e minime a Nord. Letrascorrenti, in prevalenza sinistre, producono cosl una divaricazione progressiva fra Si-
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cilia e Calabria Meridionale, ed anche lascarpata di Malta può avere In pane unruolo di trascorrente.
Stretto e Rise di Messina, unitamente allaCalabria Meridionale, sono dunque le zoneteuonicamente attive dell'arco. Queste sonoanche le aree sismicamente più attive delsistema (GHISET"rl et ftl., 1982).
Rapporti fra margine interno ed esterono dell'arco
La tripartizione del margine tirrenico sembr::! trovare un:1 controp:1rte nella lripartizione del margine jonico. QuestO nchiama unasegmentazione dell'arco prodotta da frattureradicali (e concentriche), ipotesi avanzata asuo tempo da SUESS, 1894, e ribadita anchein tempi più recenti, ad esempio da DUBols,1976. I segmenti primari che si identificano(probabilmente ulteriormente suddivi~i) sonola Calabria settentrionale, la Calabria Meri·dionale e la Sicili:1 settentrionale (:1 W dellaLinea Tindari·LelOjanni). Di ognuno di essicercheremo di ricostruire l'evoluzione postTortoniana, cos1 come è regislrata nei bacinimarini ad essi adiacenti. La situazione èschematicamente riassunta in fig. l.
La Calabria settentrionale, compresa fral'elemento di Sangineto·basso Crati e la stret·ta di Catanzaro, è orientata NNW-SSE. Isuoi margini sono il bacino di Paola nelTirreno ed il Golfo di Taranto più bacinodi Crotone (e di Sibari) nello Jonio. l fauisalienti neU'evoluzione di queste aree marinesono sincroni. Infatti, l'avampaese apulosprofonda e dà origine aUa fossa bradanica(ed al Golfo di TaranlO) all'inizio del Pliocene inferiore. Questa è infatti l'età dei primisedimenti marini incontrati nella maggiorparte dei pozzi al di sopra dei calcari Meso·zoici dclle Murge sia nella fossa che sotto lacatena (MOSTARDINI et al., 1966; CASNEDIet aL, 1982). Nello stesso momentO si re·gistra nel bacino di Paola un enorme incrementO del tasso di subsidenza e della sedi·mentazione. Per spieg~ questo sincronismosi può ipotizzare che il segmento calabrosettentrionale abbia reagito allo sprofonda·mento dell'avampaese ron un generale bascolamento verso E e NE. Tale movimento èstato compensato da una forte subsidenza sulmargine tirrenico, che veniva cos1 a trovarsidirettamente accostato alle zone più rialzate
del segmento stesso. Il conseguente ringiovanimento topografico produsse il grande ac·cumulo di sedimenti terrigeni del Plioceneinferiore ne! bacino di Paola. Sul marginejonico si venne invece a creare una sorta dipiano inclinato immergente verso E·NE, chefavor] la messa in posto delle coltri plastichedi argille scagliose nella fossa bradanica enel Golfo di Taranto occidentale. Tale messain posto può essere stata sia gravitativa cheattiva, se allo sprofondamento dell'avampaesesi è accompagnata subduzione.
Questi effetti, massimi fra Pliocene inferiore e Pliocene medio, rallentarono sucessi·vamenu" fino al Pleistocene inferiore, quandola depressione bradanica fu praticamente col·mata e le coltri raggiunsero il bordo stabilerialzato dell'avampaese apulo. ParallelamenIC decrebbero velocità di subsidenza e sedimentazione nel bacino di Paola. Dal postCalabriano, quasi tune le zone esterne (foss::lbradanica e Golfo di Taranto) furono sog~ette a distensioni ed intensi sollevamenti,sempre meno completi e interessanti zonepiù interne muovendo da N verso S. ConquestO sollevamento, in buona pllrte isostatico, la zona della Calabria settentrionalesembra stabilizzarsi rispetto al1'avampaese,del quale ha quasi assunto l'orientamento(NNW-SSE).
La Calabria Meridionale, a Sud della stret·ta di Catanzaro. sembra aver avuto una evoluzione assai diversa. A partire dal Tortoniano questo segmento sembra infatti accavallarsi con una certa continuità sopra la pianabatiale jonica, i cui sedimenti sono in buonaparte caoticizzati e deformati. Infatti. a partire dal Tortoniano e fino ad oggi non siosservano brusche variazioni di subsidenzasul margine tirrenico (bacino di Gioia) nègrosse discordanze o tendenze all'emersionesul margine jonico (bacino di Spartivento).AI contrario nell'Arco Calabro Esterno si osservano strutture compressive orientate daN-S a NNE-SSW e caoticizzazione di secli.menti originariamente deposti in zone piùesterne (BARBIERI et aL, 1982). Queste strut·ture sembrano rappresentare la contropartedegli stresses distensivi, orientati da E-W aW20S, presenti nella retrostante piana ba.tiale tirrenica, ove sono evidenziati ad esem·pio dal1'orientazionp dei grandi vulcani tholeirici Magnaghi, Vavilov e Marsili, e ricono·scibili anche nella complessa tettonica del
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bacino di Cefalù. L'evoluzione posl-Messiniaoa del segmento calabro meridionale appare poco influenzata dallo sprofondamentodell'avampaese apulo dalla fossa bradanicaalle isole Jonic. Infatti la direzione di accavallamento della Calabria meridionale è adalti angoli rispeuo ai trends appenninici. Nerisulta che tutto il settore non è ancoracondizionato da una possibile collisione conle porzioni stabili dell'avampaese, ed è soloblandamcnlc deformalo nella zona li. cabblcs!ooes.
L'ultimo segmento, la Sicilia setlentrionale, ha molti caratteri in comune con l'Appennino meridionale. Dei suoi margini marini imporla sottolineare che le trascorrenzenel Rise di Messina (e forse in parte nel bacino di Cefalù) permettono lo svincolo meccanico fra Sicilia più scarpata di Malta c Ca.labria Meridionale in accavallamento versoE-SE. Questi svincoli sembrano attivarsi dopo il Messiniano.
P088ibili equivalenti del dominio calabronel l\Jar Tirreno
Il Tirreno contiene numerosi rilievi emontagne sottomarine. Di questi, parecchisono di natura vulcanica e legati alla forma.zione del bacino (CaTla T~Jtonica d'Italia,1981) mentre altri SODO costituiti da roccemetamorfiche, eruttive e seclimentarie assaipiù antjche dci Tortoniano, presunta età diformazione del Tirreoo. La prima segnalazione di rocce sialiche continentali a costituire parte del substrato acustico al centrodel bacino oceanizzato tirrenico si deve adHEEZEN et al., 1971. Numerosissimi sonostati i ritrovamenti successivi, riassunti nellaCaTla lit%gica e stTatigTafica dei maTi italiani (1981). L'importanza di questi fram·menti di crosta continentale, residui dei processi di oceanizzazione, risiede nel loro possibile significato in termini palinspastici epaleotettonici per ricostruire i rapporti framassicci e catene di età diverse che affiorano ai bordi del Tirreno.
Nel nostro caso può inreressare la pre·senza di equivalenti del dominio calabro. Leunità strutturali dell'arco si proseguono nelsubstrato della piattaforma e scarpata conrinentale tirrenica (Bacini sedimentaTi, 1980;fABBRI et aL, 1980) e forse in parte diquella jonica (ROSSI e SUTORI, 1981). Un
substrato di tipo peloritano fa ancora da basamento almeno fino al di sotto delle Eolie,come sembrerebbero indicare gli xenoliti presenti in quei prodotti vulcanici (HON~OREZ
e KELLER, 1968). Ancora più al largo, studiaccurati dei campioni recuperati sono appenaagli inizi. Riferirò qui i risultati ottenuti daDAL PIAZ et aL, 1983, sul Monte FlavioGioia, che ~ stato campionato e studiato indenaglio per definirne costituzione e pertinenza strutturale.
Questo rilievo ~ ubicato sul bordo Estdella piana batiale tirrenio, quasi equidi.stante dalla Sardegna, dalla Calabria e dagliAppennini Meridionali (fig. 2 a). È alto quasi1.400 m e la sua vetta è posta a circa2.200 m di profondità. Sette dragaggi positivi hanno permesso di recuperare numerosicampioni di rocce cristalline, metamorfichee sedimentarie del basamento acustico (figura 2 b).
Le rocce metamorfiche sono le più abbonodanti; sono tutte in facies di scisti verdi ecomprendono:~ rocce anchimetamorfiche in facies tipo
.. Verrncano,,;~ filladi e filladi carboniose, talora contenenti andalusite e biotite di origine termiCtl.Le analisi termobariche suggeriscono un metamor6smo dinamico di elà pre.alpina (ercinica?). L'evento metamorfico ha interessatodepositi torbiditici immaturi, molto diffusiad esempio nel Paleozoico superiore;~ 6lladi carbonatiche, che presentano un
valore medio di b" relativamente più elevatodelle precedenti ed età radiometriche di circa43 M.A. (K/Ar) e 69 M.A. (Rb/Sr). Questidati sembrano suggerire una possibile sovrimpronta metamorfica di età alpina;~ paragneise a sillimanite contenenti ve
ne e piccole masse di granito a due miche,datato a 302 M.A. (Rb/Sr). La limitatezzadei campioni raccolti non permette di distinguere se il granito rappresenti una intrusionepostcinematica o un fuso anatettico sindnematico. Una serie di datazioni radiomctriche(Rb/Sr e K/Ar) su fasi minerali diversesembra indicare un raffreddamento moltolento della roccia dopo la formazione, oppure una sovrimpronta metamorfica alpinache produce eti miste.
Le rocce sedimentarie sono prevalentemente di età Mesozoica e G:nozoica, ma preciseattribuzioni stratigrafiche SOIlO praticamente
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Fig. 2. - a) Ubicazione schematica del M. Flavio Gioia in rapporto ai maggiori domini strutturalidelle: regioni che bordano il Tirreno (modificato da DAL PIAZ et al., 1982). Spiegazione def{ll legenda:1 = Calena alpin3 p3leogenica e neogenica Europa.vergente; 2 = (altri di basamento <l insubrieo l> Africa·vergenti; 3 = unità superiori dell'Aspromonte e dei Peloritani; 4 = frome europeo della Catena Alpinain Corsica; 5 = fronte (ompn:ssivo neogenioo degli Appennini e delle Maghrebidi siciliane (c fronte dell'alloctono .. ); 6 = fronte neogenioo delle unità (arb:matiche degli Appennini e delle Maghrebidi siciliane; 7 = scarpate di Puglia e Malta; 8 = ara) ca\çalcalino oligo--miocenico della Sardegna occidentale;9 = limite dei bacini poslOrogeni appenninici; lO = principali apparati vulcanici emersi Terziari eQuaternari. hl Proiezione, su un profilo batimetrico rappresentativo (esagerazione verticale circa 18/1)dei tralli campionati oon dragaggi sui versanti del M. Flavio Gioia. Le sigle sono quelle delle stazionieffettuate dall'Istituto di Geologia Marina di Bologna nel 1971 e 1979. I numeri entro cira)leui rappresentano schematicamente le litologie recuperate in ogni stazione, secondo la seguente legenda estremamente semplificata: l = anchimetamorfiti; 2 = filladi; 3 = filladi ± carbonadche; 4 = paragneiss;5=graniti; 6=calcari di piattaforma; 7=calcari pelagici; 8 = rocce detritiche e terrigene; 9 = rocce silictt.
impossibili a causa dell'estesa rkristallizzazione e dell'alterazione idrotermale che haprodotto depositi ferromanganesiferi e talorazeoliti. Le rocce sedimentarie sono in genere contenute in brecce poligeniche di formazione subaerea e di età Messiniano-Pliocene inferiore. Le facies t1conosciute, arrangiate in una probabile sequenza temporale,sono:
depositi di piattaforma carbonatica,con facies riferibili ad una varietà di ambienti compresi i margini oolitici;
- depositi bacinali, a radiolari e spiculedi spugne;
depositi bacinali silicei e chert;- depositi terrigeni, talora torbiditici;- depositi evaporitici, con modelli di cri-
stalli di gesso e carbonati chimici di età Messiniana.
Se si dispongono i campioni recuperatilungo i profili batimetrici di campionatura,si osserva che facies metamor:6che e roccesedimentarie sembrano sovrapporsi le unealle altre in modo anomalo (fig. 2 h). Adesempio, le filladi di basso grado del 6ancooccidentale del rilievo affiorano a maggiorprofondità delle paragneise di alto gradocon graniti del fianco orientale. Questo fattopuò significare sia un sensibile basculamentoverso W di tutto il rilievo con risalita dibasamento più profondo lungo il fianco orientale, sia la presenza di complesse coltri sedimentarie e cristalline impilate le une sullealtre.
È ovvio che questi dati non possono fardeterminare con certezza la pertinenza strutturale del M. Flavio Gioia rispetto ai dominiche bordano il Tirreno (Massiccio sardo-
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corso, Corsica alpina, Toscana, Appenninocentrale e meridionale, Calabria, Maghrebidisiciliane). Considerandoli tuttavia nel loroinsieme, comparazioni a grande scala con idomini prima citati sono possibili. I fanisalienti al Flavio Gioia sono la prevalenzaed i caratteri delle rocce metamorfiche, lamancanza di tipico metamomsmo alpinolipo.l'età e la presunta successione di facics dellerocce sedimentarie. la complessità strutturalecon la possibile presenza di coltri. Queestifani trovano la corrispondenza più soddisfacente con porzioni dell'Arco Calabro, segnatarnente col segmento Aspromonte-Peloritanio con Unità presenti nella Sila, come quelladi Mandatoriccio (AMODlO-MoRELLI et al.,1976; BONARDI et al., 1979; LoRENZONI
e ZANETTlN-LoRENZONI, 1979; SCANDONE,
1982).Il M. Flavio Gioia risulta dunque ubicato
oltre 150 km all'interno (a N e NW) deisuoi probabili equivalenti emersi. Se si amomette che questi elementi fossero adiacentiprima dell'estensione del bacino tirrenico edella frammentazione e deformazione oroc1inale dell'Arco, questo rilrovamento implica che le distensioni neogeniche nel Tirrenohanno avuto componenri sia N-S che soprattuttO E-W, in accordo anche con quanto prima riportato riguardo all'evoluzione mostratadai margini marini della Calabria.
ConclU8ioni
Riassumendo quanto succintamente espo.sto nella presente relazione, si può affermareche gli studi di geologia marina hanno acC(:rtato alcuni nuovi fani ed hanno permesso diformulare alcune ipotesi su evoluzione e costituzione dell'Arco Calabro·Peloritano.
1. La configurazione attuale dell'arco de·riva da una deformazione oroclinale postTortoniana di un segmento originariamentepiù rettilineo. La deformazione ha prodottouna segmentazione dell'arco in elementi,sbloccati da stru[(ure almeno in parte trascorrenti, che hanno subìto evoluzioni distinote. La geometria della deformazione è la ri·sultante di fattori indipendenti e interdipendenti, quali l'apertura del Tirreno, lo sprofondamento dell'avampaese apulo dalla fossabradanica alle Isole Jonie, il ruolo dellascarpata di Malta, la presenza al di sopradella piana batiale jonica di una spessa co-
pertura sedimentaria in gran parte non consolidata e con livelli di scollamento preferenziali. Tale copertura è stata in buona partesovrascorsa, deformata e caorieizzata dal.l'avanzare dei segmenti dell'Arco calabro(BARBIERI et al., 1982). Attualmente, la Ca·labria settentrionale appare abbastanza stabilizzata nei suoi rapporti con l'avampaeselIpulo. La Calabria meridionale appare inv«cancora in attivo accavallamento sulla pianabatiale jonica. QuestO movimento è reso possibile dallo svincolo operato da strutture Ira·scorrenti ubicate nella zona dello Slretto diMessina e del Rise di Messina, che separanola Calabria Meridionale dalla Sicilia.
2. L'Arco Calabro·Peloritano si estendeben oltre quella che è la sua parte emersa.Frammenti crostali equivalenti a questo doIl'inio si rinvengono fino ad oltre 150 kmal suo interno nel Mar Tirreno. Questi re·perti possono fornire indicazione sui processidi frammentazione e di oroclinizzazione del·l'arco stesso. Non bisogna tuttavia conside·rare tali frammenti come le possibili patriedell'alloctono calabro, poichè anche le Strut·ture come il Flavio Gioia sono verosimilmente costituite da complesse coltri tetloniche.Un ulteriore Studio di questi massicci siaiicipotrà fornire una più conviflC(:nte messa afuoco dei rapporti paleogeografici e palin.spastici che intercorrevano fra. catena appenninicll, catena alpina e massiccio sardo<orsoprima del1'oceanizzazione tirrenica. La situa·zione deve essere piullosto complessa, poichèindagini preliminari mostrano che blocchianche vicini possiedono successioni di signi.ficato assai diverso.
Si può concludere che il ruolo della geologia e geofisica marina non è secondarionell'affrontare e tentare di risolvere i problemi tuttora aperti sull'Arco Calabro·Pelori.tana. Alcuni di essi trovano una immediataproiezione, e possono trovare più efficaci linee di interpretazione, nel proseguimento degli. studi sulle aree marine che bagnano laregIOne.
Rinlr.vllm~nti. - Ringrazio vivamente la SociedlhalillIUl di MinenJogi. e Petrologia e gli Organu.ulori del Convqno di Reode-Cetraro per l'invito• lmeTC' qUe5I' edazione.
I risultati qui e5po1li derivano dalla rollabonrione con i quenti Colleghi: A. BUONE, A. Fu·Il'1, S. ROSSI e C.~S"VELLI (BoktglUl), G.V. DuP1.u (Padow), A. DEL Mol.O (Pisa), B. DI SAIIA-
L'ARCO CALABRO-PELORITANO: .... SPETTI DI GEOLOGI .... MARIN .... 949
TINO (Roma), F. BARBIERI, E. MORLOTTI, I. RAFFIe L. TORELLI (Parma).
Ringrazio infine Comando ed Equipaggio della
N/O «Bannock,. del CN.R. per il fattivo aiutoprestalO nella raccolta dei dati in mare.
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