L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà...

15
L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 2 luglio 2020 anno LXXIII, numero 27 (4.051) Unità e profezia

Transcript of L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà...

Page 1: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 2 luglio 2020anno LXXIII, numero 27 (4.051)

Unitàe profezia

Page 2: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

2

L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAD irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

fax +39 06 6988 3675

Servizio fotograficotelefono 06 6988 4797 fax 06 6988 4998

[email protected] w w w. p h o t o .v a

TIPO GRAFIA VAT I C A N A EDITRICEL’OS S E R VAT O R E ROMANO

Abb onamentiItalia, Vaticano: € 58,00 (6 mesi € 29,00).

telefono 06 6989 9480fax 06 6988 5164i n f o @ o s s ro m .v a

La prima metà di questo anno 2020 sta passan-do ed è forse un momento buono per fare ilpunto, raccogliere le idee. Sarà che ogni anno,allo scadere del mese di giugno, la comunitàde «L’Osservatore Romano» sente particolar-mente questo passaggio, visto che il primo diluglio del 1861 è la data in cui i documenti egli storici ricordano la nascita di questo quoti-diano e quindi anche oggi, “vecchi” di 159 an-ni, sentiamo di fermare per un attimo la corsadel tempo per guardare in entrambe le dire-zioni, indietro e avanti, e provare a dire qual-cosa, tracciare un bilancio, indicare una pro-spettiva. Non fosse altro per ringraziare.

Siamo arrivati a questa data e non è qualco-sa di scontato, soprattutto in un anno comequesto che è già passato alla storia come l’an-no della pandemia da coronavirus. La riflessio-ne quindi oggi sarà tutta incentrata non sullalunga storia del quotidiano, per questo possia-mo rinviare all’anno prossimo (anniversariopiù “ro t o n d o ”), ma sul periodo, più breve mamolto intenso, di questo primo semestre delpresente anno. Un periodo purtroppo contras-segnato duramente dal segno della morte, anzidei morti. Perché “la morte” rischia di diventa-re un “tema” di cui parlare, giacché “si muo-re ”, ma i morti, con tanto di nome e di volto,sono un’altra cosa, sono persone, sono storie.Più di trentamila in Italia sono i morti dall’ini-zio della pandemia e grande è la paura di unritorno, di un “rimbalzo” del contagio. Terribi-le, su tutti gli aspetti collegati con il covid-19,è stato detto e ripetuto spesso in queste setti-mane, è che queste persone sono morte quasisempre da sole, abbandonate per motivi di “si-c u re z z a ”. La morte, che già è l’esperienza mas-sima della solitudine, vissuta nel più totale iso-lamento, ermetico, asettico. Il corpo comegrande assente. Questo forse il dolore maggio-re di tutti, davanti al quale è difficile trovare leparole al punto da sembrare quasi insensato.Altri due aspetti di questa particolare pande-mia, che purtroppo non è poi così “particola-re ” visto che la storia dell’umanità può essere

letta come un susseguirsi di epidemie, pestilenzepiù o meno devastanti e come la reazione chel’uomo ha saputo organizzare nel corso degli ul-timi millenni, facendo indubbiamente grandiprogressi, meritano lo spazio di una pausa utileper riflettere.

Un male asintomaticoIl primo aspetto è quello relativo al fatto

che il covid-19 manifesta spesso il caratteredella asintomaticità. Si manifesta a-sintomati-co, cioè si manifesta nel suo non manifestarsi.È un virus infido, subdolo che si insinuanell’organismo (in quello della singola personae quindi dell’intera società) senza dare segni,senza che nessuno se ne accorga, per il malatoche si sente bene, pensa di stare bene ma inrealtà sta male. È un aspetto interessante se loapplichiamo alla dimensione morale e psicolo-gica. Nella Bibbia leggiamo che il Maligno èuno spirito che agisce soprattutto ingannando,usando la menzogna come arma. Cioè fa sìche l’uomo non chiami più le cose con il loronome, ma finisca per chiamare “b ene” ciò cheè male e viceversa. Come un lento piano incli-nato che conduce ad un intorpidimento diquel “s e n s o re ” che è la coscienza per cui nonpercepiamo più il suo segnale e non reagiamopiù di fronte ai suoi “sintomi”.

Il male quindi si presenta spesso asintomati-co, ci convince che è necessario farlo, perchéin realtà ci conduce al bene (il nostro). Gesùnel Vangelo si scontra spesso contro la menta-lità di chi si crede a posto, di essere (nel) giu-sto, di chi è arrivato ad un livello così dram-matico di “asintomaticità” che l’unica curapossibile è quella di una scossa benefica alleradici. E quindi per svegliare dal “torp ore” usaparole anche molto dure e aspre come “ip o cri-ti, sepolcri imbiancati, guide cieche...”.

Papa Francesco ha spesso predicato in talsenso distinguendo tra il peccatore e il corrot-to: il primo ha ancora attivo il “senso” del

Il tempo che stiamo vivendotra rischi e speranze

#editoriale

di ANDREA MONDA

Riflessionidi un giornodi mezzo anno

Page 3: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

3

peccato, sente il morso del male che compie,per lui il male è ancora sintomatico. Non cosìil corrotto. Quest’ultimo ha spento, tagliato inervi sensibili, non sente più nulla ed è con-vinto di fare il bene, di coincidere quasi con ilbene stesso. Viene in mente una battuta delloscrittore inglese C.S. Lewis: «Se è inevitabileavere un tiranno, “un barone ladrone” è assaimeglio di un inquisitore. La crudeltà del baro-ne può talvolta assopirsi, la sua cupidigia sa-ziarsi; e poiché intuisce confusamente di farmale, potrebbe anche pentirsi. Ma l’inquisito-re, che scambia la propria crudeltà e sete dipotenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta conl’approvazione della propria coscienza, e i suoiimpulsi migliori gli appariranno come tenta-zioni».

Paradossalmente questo virus asintomaticoha sviluppato un effetto di segno opposto, harivelato cioè una situazione che si era già affer-mata e consolidata da anni, ci ha fatto cioènotare che, come ha detto il Papa, noi erava-mo già ammalati ma, appunto, non ce ne ac-corgevamo. La sera del 27 marzo, da solo inpiazza San Pietro, Francesco lo ha detto chia-ramente: il nostro mondo era già ammalato.Le ingiustizie, le diseguaglianze, gli abusi e glisprechi, il delirio di onnipotenza della scienzae della tecnica, erano tutti mali già presentinella società contemporanea, una società incui la grande solitudine delle persone, soprat-tutto di quelle socialmente più fragili, era lacifra dominante. Il covid-19 costringendociall’isolamento, spietato e doloroso, ha solo ri-velato e fatto emergere il vero virus che attana-glia, non dal 2020 ma da sempre, il cuoredell’uomo: l’egoismo di chi vive solo per “te-nere la propria vita” anziché donarla per glialtri. Il male asintomatico di questo virus èstato il grande sintomo che ha fatto fermareper un po’ di tempo (e speriamo che questapausa continui e sia feconda) la folle corsa delbenessere al posto dell’essere, un benessereforzato, propri di chi si ripeteva “va tutto be-ne, io sto bene” senza rendersi conto di quelloche diceva.

Un vaccino che non c’èUn secondo aspetto di questa pandemia che

merita di essere ripensato è il fatto che il vac-cino di questo virus non c’è. Non nel sensoche non si troverà, questo è l’augurio che tuttigli uomini rivolgono nelle loro preghiere aprescindere dal proprio cammino personale difede. Non si sa se si troverà un vaccino, da quile preghiere: forse sarà come quello per l’in-fluenza che ogni anno si deve rifare ma chenon debella mai del tutto e con certezza gli ef-fetti del male o forse sarà come l’HIV che a di-stanza di anni ancora non ha un vaccino main qualche modo è stato contenuto e incanala-to verso la “c ro n i c i z z a z i o n e ” della malattia.Questi due esempi inducono ad una riflessio-ne. Il vaccino che noi pensiamo, quel farmacoche arriva e distrugge radicalmente e per sem-pre il male, non esiste, non può esistere. Per imotivi che sono stati rilevati prima: il vero vi-rus non è il covid-19 ma è l’egoismo, la bramo-sia disperata dell’avere che soppianta il sensodi gratitudine dell’essere. Contro questo viruspiù profondo, non esiste un farmaco che comeper magia, debelli il contagio una volta persempre. Gesù ce lo ha detto chiaramente, adesempio, nella parabola della zizzania. Siamonoi tutti come quei servi zelanti che si stupi-scono fino all’indignazione della presenza del-la zizzania (del male) nel campo (nel mondo)e vorremmo andare lì con l’ascia e la vangaper estirparla tutta in una volta, con un taglionetto e definitivo. Non è questa la logica di

Dio. La logica, realistica, di Chi ha creato eama la realtà del mondo e degli uomini, èquella di avere e dare speranza. Dio non è unmago che risolve i problemi e il male nel mon-do con un colpo di bacchetta magica. Bene emale sono mischiati nel “camp o” della storiache è quindi un campo di battaglia, pieno diferiti (da qui il compito della Chiesa, esserel’ospedale sempre aperto per chi soffre) e laguerra è aperta fino all’ultimo giorno. Ognitanto gli uomini promettono l’avvento del pa-radiso nella storia, ci indicano il male da estir-pare e ci convincono che quel “taglio” sarà lafine della presenza del male nel mondo. Tutti iparadisi promessi su questa terra hanno poi ri-velato volti infernali, non solo quelli politici fi-gli delle grandi ideologie totalitarie ma anchequelli più piccoli, come i paradisi “artificiali”della droga per non parlare di quelli “fiscali”,regni dell’indifferenza e dell’ingiustizia. Tutti“luoghi” asintomatici: il drogato e il corrottoperseguono il loro bene e chiamano le cosecon il nome sbagliato, avendo perso totalmen-te il contatto con i sintomi del male che li av-volge.

In fondo è come nei nostri computer. Ognitanto vengono assaliti dai virus. A quel puntosi chiama il tecnico che non distrugge il nostrocomputer né lo sostituisce ma ci impianta l’an-tivirus, “c ro n i c i z z a n d o ” la malattia o, meglio,il conflitto. Virus e antivirus dovranno com-battere in modo diuturno fino alla fine deigiorni, anche per questo è importante ognitanto “a g g i o r n a re ” l’antivirus. E ancora più

#editoriale

importante, alla fine di ogni operazione, “sal-v a re ” il file che abbiamo creato. Il linguaggio,squisitamente religioso, che circonda il nostromondo informatico e digitale rivela un sensopiù profondo. La vita non è un gioco di ma-gia, ma un gioco onesto, vero, senza trucco,che si deve condurre seriamente con tenacia ri-partendo sempre da capo. In questo campo dibattaglia che è la vita il cristiano non è solo.Ha un “a n t i v i ru s ” potente che è Gesù stessoancora presente grazie all’opera incessante del-lo Spirito Santo e alla presenza della Chiesa equindi dei sacramenti. Da questo punto di vi-sta Gesù è insieme il tecnico che inserisce l’an-tivirus e l’antivirus stesso, che, dentro di noi,pensiamo ad esempio all’eucaristia, ci sostienenell’avventura quotidiana della vita.

Sono semplici riflessioni al termine del pri-mo semestre di quest’anno, rivisto con spiritodi gratitudine e di speranza e con questo spiri-to offerte al lettore di questo giornale che oggicompie 159 anni di vita.

Page 4: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

4

QI media cattolici uniticontro razzismo e ingiustizia

#messaggio

Un appello all’impegno «per superare lemalattie del razzismo, dell’ingiustizia edell’indifferenza che deturpano il volto dellanostra famiglia comune» è stato rivolto dalPapa agli operatori della comunicazionecattolica in un messaggio inviato nelpomeriggio di martedì 30 giugno aimembri della Catholic Press Association inoccasione della sua annuale conferenza. Nepubblichiamo di seguito il testo italiano.

Ai membridella Catholic Press Association

uest’anno, per la prima volta nella sto-ria, l’Associazione della Stampa Cattoli-ca terrà la sua annuale Conferenza inmodalità virtuale, a causa dell’attuale si-tuazione sanitaria. Permettetemi innanzi-tutto di esprimere la mia vicinanza aquanti sono stati colpiti dal virus e aquanti, anche a rischio della propria vi-ta, si sono prodigati e continuano a im-pegnarsi per assistere i nostri fratelli esorelle nel momento del bisogno.

Il tema scelto per la Conferenza diquest’anno, Together While Apart, espri-me in modo eloquente il senso di unio-ne emerso, paradossalmente, dall’esp e-rienza della distanza sociale impostadalla pandemia. Nel Messaggio per laGiornata Mondiale delle ComunicazioniSociali dello scorso anno, riflettevo sucome la comunicazione ci permette diessere, come dice San Paolo, “membragli uni degli altri” (cfr. Ef 4, 25), chia-mati a vivere in comunione all’interno diuna rete di relazioni in continua espan-sione. Una verità che, a causa della pan-demia, tutti noi abbiamo apprezzato piùpienamente. In effetti, l’esperienza diquesti ultimi mesi ha dimostrato quantosia essenziale la missione dei media pertenere unite le persone, accorciando ledistanze, fornendo le informazioni ne-cessarie e aprendo le menti e i cuori allaverità.

È stata proprio questa presa di co-scienza che ha portato alla creazione deiprimi giornali cattolici nel vostro Paese,oltre al costante incoraggiamento offertodai pastori della Chiesa. Questo è evi-dente nel caso del Catholic Miscellany,

zio che offrite al bene comune. Questobisogno è ancora più urgente oggi, inun’epoca caratterizzata da conflitti e po-larizzazioni da cui non sembra essereimmune neppure la comunità cattolica.Abbiamo bisogno di media capaci di co-struire ponti, difendere la vita e abbatte-re i muri, visibili e invisibili, che impedi-scono il dialogo sincero e la vera comu-nicazione tra le persone e le comunità.Abbiamo bisogno di media che possanoaiutare le persone, soprattutto i giovani,a distinguere il bene dal male, ad elabo-rare giudizi corretti, basati su una pre-sentazione dei fatti chiara ed imparziale,a comprendere l’importanza di impe-gnarsi per la giustizia, la concordia so-ciale e il rispetto della casa comune. Ab-biamo bisogno di uomini e donne diprincipio che proteggano la comunica-zione da tutto ciò che la potrebbe di-storcere o piegare ad altri scopi.

Vi chiedo, allora, di essere uniti e se-gno di unità anche tra di voi. I mediapossono essere grandi o piccoli, ma nel-la Chiesa non sono queste le categorieche contano. Nella Chiesa tutti siamostati battezzati nell’unico Spirito e fattimembri di un solo corpo (cfr. 1 Cor 12,13). Come in ogni corpo, sono spesso lemembra più piccole quelle che alla finesono necessarie. Così è con il corpo diCristo. Ognuno di noi, ovunque si tro-va, è chiamato a contribuire, attraversola professione della verità nell’amore, al-la crescita della Chiesa verso la pienamaturità in Cristo (cfr. Ef 4, 15).

Sappiamo che la comunicazione nonè solo una questione di competenza pro-

trino, che condivide con noi la ricchezzadella sua vita divina e ci chiede, a nostravolta, di comunicare quel tesoro agli al-tri, uniti nel servizio alla sua verità.

Cari amici, invoco su di voi e sul la-voro della vostra Conferenza i doni disaggezza, comprensione e buon consi-glio dello Spirito Santo. Solo lo sguardodello Spirito ci permette di non chiude-re gli occhi davanti a coloro che soffro-no e di cercare il vero bene per tutti.Solo con quello sguardo possiamo lavo-rare efficacemente per superare le malat-tie del razzismo, dell’ingiustizia edell’indifferenza che deturpano il voltodella nostra famiglia comune. Attraversola vostra dedizione e il vostro lavoroquotidiano, potete aiutare gli altri a con-templare situazioni e persone con gli oc-chi dello Spirito. Laddove il nostromondo parla troppo spesso con aggetti-vi e avverbi, possano i comunicatori cri-stiani parlare con nomi che riconoscanoe promuovano la rivendicazione silenzio-sa della verità e favoriscano la dignitàumana. Laddove il mondo vede conflittie divisioni, guardate alla sofferenza e aipoveri per dare voce alla richiesta deinostri fratelli e sorelle bisognosi di mise-ricordia e comprensione.

Ieri la Chiesa ha celebrato la solennitàdegli Apostoli Pietro e Paolo. Possa lospirito di comunione con il Vescovo diRoma, che è sempre stato un segno di-stintivo della stampa cattolica nei vostriPaesi, mantenere tutti voi uniti nella fe-de e forti rispetto alle fugaci mode cul-turali che non hanno il profumo dellaverità evangelica. Continuiamo a prega-

pubblicato nel 1822 a Charleston dal Ve-scovo John England seguito da moltigiornali e periodici. Oggi, come allora,le nostre comunità hanno bisogno digiornali, radio, tv e social media percondividere, comunicare, informare edu n i re .

E pluribus unum, l’ideale dell’unità inmezzo alla diversità, nel motto degliStati Uniti, deve ispirare anche il servi-

fessionale. Il vero comunicatore dedicatutto se stesso o se stessa al benesseredegli altri, ad ogni livello, dalla vita diogni individuo alla vita dell’intera fami-glia umana. Non possiamo veramentecomunicare se non veniamo coinvolti inprima persona, se non attestiamo perso-nalmente la verità del messaggio che tra-smettiamo. Ogni comunicazione ha lasua fonte ultima nella vita del Dio uno e

re insieme per la riconciliazione e la pa-ce nel mondo. Assicuro il mio sostegnoe le mie preghiere a voi e alle vostre fa-miglie. E vi chiedo, per favore, di ricor-darmi nelle vostre preghiere.

Vaticano, 30 giugno 2020

FRANCESCO

Me s s a g g i oalla Catholic Press

As s o c i a t i o n

Page 5: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

5

La pubblicazione di un Direttorio per la Cateche-si rappresenta un felice evento per la vita dellaChiesa. Per quanti sono dediti al grande impe-gno della catechesi, infatti, può segnare unaprovocazione positiva perché permette di spe-rimentare la dinamica del movimento cateche-tico che ha sempre avuto una presenza signifi-cativa nella vita della comunità cristiana. IlDirettorio per la Catechesi è un documento del-la Santa Sede affidato a tutta la Chiesa. Ha ri-chiesto molto tempo e fatica, e giunge a con-clusione di una vasta consultazione internazio-nale. Oggi si presenta l’edizione ufficiale inlingua italiana. Sono già pronte, comunque, letraduzioni in spagnolo (edizione per l’AmericaLatina e la Spagna), in portoghese (edizioneper il Brasile e Portogallo), inglese (edizioneper Usa e Regno Unito), francese e polacco. Èrivolto in primo luogo ai vescovi, primi cate-chisti tra il popolo di Dio, perché primi re-sponsabili della trasmissione della fede (cfr. n.114). Insieme a loro sono coinvolte le Confe-renze episcopali, con le rispettive Commissioniper la catechesi, per condividere ed elaborareun auspicato progetto nazionale che sostengail cammino delle singole diocesi (cfr. n. 413). Ipiù direttamente coinvolti nell’uso del D i re t t o -rio, comunque, rimangono i sacerdoti, i diaco-ni, le persone consacrate, e i milioni di cate-chisti e catechiste che quotidianamente offronocon gratuità, fatica e speranza il loro ministeronelle differenti comunità. La dedizione con cuioperano, soprattutto in un momento di transi-zione culturale come questo, è il segno tangi-bile di quanto l’incontro con il Signore possatrasformare un catechista in un genuino evan-g e l i z z a t o re .

A partire dal concilio Vaticano II questo cheoggi presentiamo è il terzo D i re t t o r i o . Il primodel 1971, Direttorio catechistico generale, e il se-condo del 1997, Direttorio generale per la cate-chesi, hanno segnato questi ultimi cinquant’an-ni di storia della catechesi. Questi testi hannosvolto un ruolo primario. Sono stati un aiutoimportante per far compiere un passo decisivoal cammino catechetico, soprattutto rinnovan-do la metodologia e l’istanza pedagogica. Ilprocesso di inculturazione che caratterizza inparticolare la catechesi e che soprattutto ai no-stri giorni impone un’attenzione del tutto par-ticolare ha richiesto la composizione di unnuovo D i re t t o r i o .

La Chiesa è dinanzi a una grande sfida chesi concentra nella nuova cultura con la qualesi viene a incontrare, quella digitale. Focalizza-re l’attenzione su un fenomeno che si imponecome globale, obbliga quanti hanno la respon-

sabilità della formazione a non tergiversare. Adifferenza del passato, quando la cultura eralimitata al contesto geografico, la cultura digi-tale ha una valenza che risente della globaliz-zazione in atto e ne determina lo sviluppo. Glistrumenti creati in questo decennio manifesta-no una radicale trasformazione dei comporta-menti che incidono soprattutto nella formazio-ne dell’identità personale e nei rapporti inter-personali. La velocità con cui si modifica illinguaggio, e con esso le relazioni comporta-mentali, lascia intravedere un nuovo modellodi comunicazione e di formazione che toccainevitabilmente anche la Chiesa nel complessomondo dell’educazione. La presenza delle va-rie espressioni ecclesiali nel vasto mondo di in-ternet è certamente un fatto positivo, ma lacultura digitale va ben oltre. Essa tocca in ra-dice la questione antropologica decisiva inogni contesto formativo, come quello della ve-rità e della libertà. Già porre questa problema-tica impone di verificare l’adeguatezza dellaproposta formativa da qualunque parte pro-venga. Essa diventa, comunque, un confrontoimprescindibile per la Chiesa in forza dellasua “comp etenza” sull’uomo e la sua pretesaveritativa.

Forse, solo per questa premessa si rendevanecessario un nuovo Direttorio per la Catechesi.Nell’epoca digitale, vent’anni sono paragona-bili senza esagerazione ad almeno mezzo seco-lo. (...) È per questo motivo che il D i re t t o r i opresenta non solo le problematiche inerenti laculturale digitale, ma suggerisce anche qualipercorsi effettuare perché la catechesi diventiuna proposta che trova l’interlocutore in gradodi comprenderla e di vederne l’adeguatezzacon il proprio mondo.

Esiste, comunque, una ragione più di ordineteologico ed ecclesiale che ha convinto a redi-gere questo D i re t t o r i o . L’invito a vivere semprepiù la dimensione sinodale non può far di-menticare gli ultimi Sinodi che la Chiesa havissuto. Nel 2005 quello sull’Eucaristia fonte eculmine della vita e della missione della Chiesa;

Un nuovo«D irettorioper la Catechesi»

Pubblicatodal Pontificioconsiglioper la promozionedella nuovaevangelizzazione

#documenti

di RINO FISICHELLA

Redatto dal Pontificio consiglio per la promozionedella nuova evangelizzazione, il nuovo «Direttorioper la Catechesi» è stato presentato in direttastreaming nella mattina di giovedì 25 giugno,presso la Sala stampa della Santa Sede.Di seguito, quasi integralmente, l’interventodell’arcivescovo presidente.

CO N T I N UA A PA G I N A 6

Sottola protezionedi san Turibiodi Mogrovejo

Papa Francesco haapprovato il nuovo D i re t t o r i oper la Catechesi lo scorso 23marzo, memoria liturgica disan Turibio di Mogrovejo(1538-1606). Unacoincidenza messa inevidenza dalla Presentazionepubblicata all’inizio deldocumento, nella quale sispiega come Turibio sia unsanto, forse, non moltoconosciuto e tuttaviaprotagonista di un forteimpulso datoall’evangelizzazione e allacatechesi. «Ripercorrendo —si legge nel testo — le ormedi sant’Ambrogio, questolaico e insigne giurista natoa Maiorca da nobilefamiglia (...) fu consacratovescovo e inviato da PapaGregorio XIII a Lima inPerú. Comprese il suoministero episcopale comeevangelizzatore e catechista.Facendo da eco aTertulliano amava ripetere:“Cristo è verità noncostume”. Lo ribadivasoprattutto nei confronti deic o n q u i s t a d o re s cheopprimevano gli indios innome di una superioritàculturale e dei sacerdoti chenon avevano il coraggio didifendere la sorte dei piùpoveri». Turibio fu uninstancabile missionario:«Percorreva i territori dellasua Chiesa, ricercandosoprattutto gli indigeni perannunciare loro la Parola diDio con un linguaggiosemplice e facilmenteaccessibile. Nei venticinqueanni di episcopatoorganizzò Sinodi diocesanie provinciali, si fececatechista producendo inlingua spagnola, in quéchua ein a y m a ra , i primi catechismiper gli indigeni nell’Americadel Sud (...) È quindi sottola protezione di questogrande catechista che sipone anche il nuovoDirettorio per la catechesi».

Page 6: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

6

nel 2008 La Parola di Dio nella vita e nellamissione della Chiesa; nel 2015 La vocazione e lamissione della famiglia nella Chiesa e nel mondoc o n t e m p o ra n e o ; nel 2018 I giovani, la fede e il di-scernimento vocazionale. Come si può osservare,ritornano delle costanti in tutte queste assem-blee che toccano da vicino il tema dell’evange-lizzazione e della catechesi come si può verifi-care dai documenti che ne hanno fatto segui-to. Più in particolare è doveroso far riferimen-to a due scadenze che in maniera complemen-tare segnano la storia di questo ultimo decen-nio per quanto riguarda la catechesi: il Sinodosulla Nuova evangelizzazione e trasmissione dellafede nel 2012, con la conseguente Esortazioneapostolica di Papa Francesco Evangelii gau-dium, e il venticinquesimo anniversario dellapubblicazione del Catechismo della Chiesa Cat-tolica, ambedue toccano direttamente la com-petenza del Pontificio Consiglio per la promo-zione della nuova evangelizzazione.

L’evangelizzazione occupa il posto primarionella vita della Chiesa e nel quotidiano inse-gnamento di Papa Francesco. Non potrebbeessere altrimenti. L’evangelizzazione è il com-pito che il Signore Risorto ha affidato alla suaChiesa per essere nel mondo di ogni tempol’annuncio fedele del suo Vangelo. Prescindereda questo presupposto equivarrebbe a renderela comunità cristiana una delle tante associa-zioni benemerite, forte dei suoi duemila annidi storia, ma non la Chiesa di Cristo. La pro-spettiva di Papa Francesco, tra l’altro, si ponein forte continuità con l’insegnamento di sanPaolo VI nella Evangelii nuntiandi del 1975.Ambedue non fanno altro che riferirsi alla ric-chezza scaturita dal Vaticano II che, per quan-to riguarda la catechesi, ha trovato nella Cate-chesi tradendae (1979) di san Giovanni Paolo IIil suo punto focale.

La catechesi, quindi, va intimamente unitaall’opera di evangelizzazione e non può pre-scindere da essa. (...) In questo rapporto il pri-mato spetta all’evangelizzazione non alla cate-chesi. Ciò permette di comprendere perché al-la luce di Evangelii gaudium, questo D i re t t o r i osi qualifica per sostenere una “catechesi keryg-matica”.

Cuore della catechesi è l’annuncio della per-sona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti dispazio e tempo per presentarsi ad ogni genera-zione come la novità offerta per raggiungere ilsenso della vita. In questa prospettiva, vieneindicata una nota fondamentale che la cate-chesi deve fare propria: la misericordia. Il ke-rygma è annuncio della misericordia del Padreche va incontro al peccatore non più conside-rato come un escluso, ma un invitato privile-giato al banchetto della salvezza che consistenel perdono dei peccati. Se si vuole, è in que-sto contesto che prende forza l’esperienza delcatecumenato come esperienza del perdono of-ferto e della vita nuova di comunione con Dioche ne consegue.

La centralità del kerygma, comunque, deveessere recepita in senso qualitativo non tempo-rale. Richiede, infatti, che sia presente in tuttele fasi della catechesi e di ogni catechesi. È il“primo annuncio” che sempre viene fatto per-ché Cristo è l’unico necessario. La fede non èqualcosa di ovvio che si recupera nei momentidel bisogno, ma un atto di libertà che impe-gna tutta la vita. (...) La catechesi comeespressa dal D i re t t o r i o , si caratterizza per que-sta dimensione e per le implicanze che portanella vita delle persone. Tutta la catechesi, inquesto orizzonte, acquista una valenza peculia-re che si esprime nell’approfondimento costan-te del messaggio evangelico. La catechesi, in-somma, ha lo scopo di far raggiungere la co-noscenza dell’amore cristiano che porta quanti

l’hanno accolto a divenire discepoli evangeliz-zatori.

Il D i re t t o r i o si snoda toccando diverse tema-tiche che non fanno altro che rimandareall’obiettivo di fondo. Una prima dimensioneè la mistagogia che viene presentata attraversodue elementi complementari tra loro: anzitut-to, una rinnovata valorizzazione dei segni li-turgici dell’iniziazione cristiana; inoltre, la pro-gressiva maturazione del processo formativo incui tutta la comunità è coinvolta. La mistago-gia è una via privilegiata da seguire, ma non èfacoltativa nel percorso catechetico, rimane co-me un momento obbligato perché inseriscesempre più nel mistero che si crede e si cele-bra. È la consapevolezza del primato del mi-stero che porta la catechesi a non isolare il ke-rygma dal suo contesto naturale. L’annunciodella fede è pur sempre annuncio del misterodell’amore di Dio che si fa uomo per la nostrasalvezza. La risposta non può esulare dall’ac-cogliere in sé il mistero di Cristo per permette-re di fare luce sul mistero della propria espe-rienza personale (cfr. Gs 22).

Un ulteriore tratto di novità del Direttorio èil legame tra evangelizzazione e catecumenatonelle sue varie accezioni (cfr. n. 62). È urgentecompiere la “conversione pastorale” per libera-re la catechesi da alcuni lacci che ne impedi-scono l’efficacia. Il primo, lo si può identifica-re nello schema scolastico, secondo il quale lacatechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sulparadigma della scuola. La catechista sostitui-sce la maestra, all’aula della scuola subentraquella del catechismo, il calendario scolastico èidentico a quello catechistico… Il secondo, èla mentalità secondo la quale si fa la catechesiper ricevere un sacramento. È ovvio che unavolta terminata l’Iniziazione si crei il vuoto perla catechesi. Un terzo, è la strumentalizzazionedel sacramento a opera della pastorale, per cuii tempi del sacramento della Confermazionesono stabiliti dalla strategia pastorale di nonperdere il piccolo gregge di giovani rimasto inparrocchia e non dal significato che il sacra-mento possiede in se stesso nell’economia del-la vita cristiana.

Papa Francesco ha scritto che «AnnunciareCristo significa mostrare che credere in Lui eseguirlo non è solamente una cosa vera e giu-sta, ma anche bella, capace di colmare la vitadi un nuovo splendore e di una gioia profon-da, anche in mezzo alle prove. In questa pro-spettiva, tutte le espressioni di autentica bel-lezza possono essere riconosciute come unsentiero che aiuta ad incontrarsi con il SignoreGesù… Si rende necessario che la formazionenella via pulchritudinis sia inserita nella tra-smissione della fede» (Eg 167). Una nota diparticolare valenza innovativa per la catechesipuò essere espressa dalla via della bellezza so-prattutto per permettere di conoscere il grandepatrimonio di arte, letteratura e musica cheogni Chiesa locale possiede. In questo senso,si comprende perché il D i re t t o r i o abbia postola via della bellezza come una delle “fonti”della catechesi (cfr. nn. 106-109).

Un’ultima dimensione offerta dal D i re t t o r i osi ritrova nell’aiutare a inserirsi progressiva-mente nel mistero della fede. Questa connota-zione non può essere delegata a una sola di-mensione della fede o della catechesi. La teolo-gia indaga con gli strumenti della ra g i o n e il mi-stero rivelato. La l i t u rg i a celebra ed evoca ilmistero con la vita sacramentale. La carità ri-conosce il mistero del fratello che tende la ma-no. La catechesi, alla stessa stregua, introduceprogressivamente ad accogliere e vivere global-mente il mistero nell’esistenza quotidiana. IlD i re t t o r i o fa propria questa visione quandochiede di esprimere una catechesi che sappia

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 5

CO N T I N UA A PA G I N A 15

#documenti

Nelle sfidedella culturadigitale

Una catechesi al passo con itempi, inserita nelle sfidedella cultura digitale e conun ruolo primario «nellarealizzazione della missionefondamentale della Chiesa:l’evangelizzazione». Sonoqueste le direttricifondamentali del nuovoD i re t t o r i o sottolineate in sededi presentazione alla stampadall’arcivescovo JoséOctavio Ruiz Arenassegretario del Pontificioconsiglio per la promozionedella nuovaevangelizzazione. «Lacatechesi — ha detto ilpresule colombianointervenendo dopo ilpresidente Fisichella — èchiamata a un rinnovamentoche non può consistere soloin un cambiamento distrategia, o nell’elab orazionedi discorsi semplicementepiù attraenti», essa deve,«in una societàsecolarizzata», mettere inatto adeguati modi elinguaggi per fare della«trasmissione della fede»una delle sue «principalip re ro g a t i v e » .L’arcivescovo segretario haquindi illustrato il camminolungo e articolato che haportato alla stesura delD i re t t o r i o : un itinerario cheha preso le mosse da unaserie di incontri con iresponsabili dei dipartimentidi nuova evangelizzazione ecatechesi delle varieconferenze episcopali e daun seminario di studio conesperti del mondoaccademico e delleorganizzazioni pastorali.Tutto ciò ha portato nelmaggio 2015 a una bozzache, partendo dal D i re t t o r i ogenerale per la catechesi del1997, faceva proprie leindicazioni date da PapaFrancesco nell’Evangeliigaudium. Ne è scaturita ladecisione di aggiornare ildo cumento ormaiultraventennale. Unacommissione di dodiciesperti si è messa all’op era,e i risultati, nell’aprile 2017,sono stati inviati al vaglio dipiù di cento esperti —cardinali, vescovi, sacerdoti,religiosi, religiose e laici —dei cinque continenti. Unaserie ulteriore di incontri econfronti, tra i qualil’assemblea plenaria deldicastero nel settembre 2017,ha portato infine, dopododici bozze e quasi seianni di impegno, al nuovoD i re t t o r i o . Alcuni suoi aspettiparticolari, sono stati quindisottolineati in conferenzadal vescovo Franz-PeterTebartz-van Elst, delegatoper la catechesi delmedesimo Pontificio

consiglio. Esso «è moltoattento ai segni dei tempi ecerca di interpretarli allaluce del Vangelo», ha dettoelencandone alcuni: le sfidedella cultura digitale, latrasmissione della fede nellafamiglia e tutte le questioniconnesse alla crisi ecologica.Legata come è alla missioneevangelizzatrice, lacatechesi, inoltre, deveassumere «coraggio»,puntando alla testimonianzapersonale che non puòessere delegata.Il documento, ha aggiuntoil presule, orienta anche ilprocesso di qualsiasicatechesi basato sulcatecumenato come viaoriginale di iniziazionecristiana e promuove anchelo sviluppo di un«catecumenato-matrimonio». Più deiprecedenti D i re t t o r i , inoltre,questo sottolinea la “viadella bellezza” comecentrale nel processo dievangelizzazione in epocapostmoderna. Infine, haconcluso il vescovo, occorreaumentare laconsapevolezza che lacatechesi ha bisogno delloscambio tra le Chiese nelmondo.Rispondendo alle domandedei giornalisti, l’a rc i v e s c o v oFisichella, ha annunciatoche nei prossimi mesi, ilDicastero da lui presiedutoorganizzerà nei singoli paesiincontri con le conferenzeepiscopali di tutto il mondoper presentare in manieradiretta i contenuti deldo cumento.

Page 7: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

7

C

Soluzionidi pacealla drammaticacrisi della Siria

Con i fedeliin piazza

San PietroFrancesco prega

ancheper lo Yemen

e per l’U c ra i n a

#angelus

Siria, Yemen e Ucraina: all’An g e l u sdi domenica 28 giugno il pensierodel Papa è andato alle popolazionidi questi tre Paesi che stanno vivendosituazioni di emergenza provocate da gravicrisi politiche, sociali e umanitarie.Francesco ne ha parlatoal termine della preghiera mariana —recitata con i fedeli riuniti in piazza SanPietro nel rispetto delle misure di sicurezzaadottate per la pandemia — dopo unariflessione dedicata al brano evangelico(Matteo 10, 37-42) della liturgiadomenicale.

ari fratelli e sorelle, buongiorno!In questa domenica, il Vangelo (cfr. Mt10, 37-42) fa risuonare con forza l’invitoa vivere in pienezza e senza tentenna-menti la nostra adesione al Signore. Ge-sù chiede ai suoi discepoli di prenderesul serio le esigenze evangeliche, anchequando ciò richiede sacrificio e fatica.

La prima richiesta esigente che Eglirivolge a chi lo segue è quella di porrel’amore verso di Lui al di sopra degli af-fetti familiari. Dice: «Chi ama padre omadre, […] figlio o figlia più di me nonè degno di me» (v. 37). Gesù non inten-de di certo sottovalutare l’amore per igenitori e i figli, ma sa che i legami diparentela, se sono messi al primo posto,possono deviare dal vero bene. Lo ve-diamo: alcune corruzioni nei governi,vengono proprio perché l’amore alla pa-rentela è più grande dell’amore alla pa-tria, e mettono in carica i parenti. Lostesso con Gesù: quando l’amore [per ifamiliari] è più grande di [quello per]Lui non va bene. Tutti potremmo porta-re tanti esempi al riguardo. Senza parla-re di quelle situazioni in cui gli affettifamiliari si mischiano con scelte contrap-poste al Vangelo. Quando invece l’amo-re verso i genitori e i figli è animato epurificato dall’amore del Signore, alloradiventa pienamente fecondo e producefrutti di bene nella famiglia stessa emolto al di là di essa. In questo sensoGesù dice questa frase. Ricordiamo an-che come Gesù rimprovera i dottori del-la legge che fanno mancare il necessarioai genitori con la pretesa di darlo all’al-tare, di darlo alla Chiesa (cfr. Mc 7, 8-13). Li rimprovera! Il vero amore a Gesùrichiede un vero amore ai genitori, ai fi-gli, ma se cerchiamo prima l’interesse fa-

miliare, questo porta sempre su unastrada sbagliata.

Poi, Gesù dice ai suoi discepoli: «Chinon prende la propria croce e non misegue, non è degno di me» (v. 38). Sitratta di seguirlo sulla via che Egli stes-so ha percorso, senza cercare scorciatoie.Non c’è vero amore senza croce, cioèsenza un prezzo da pagare di persona. Elo dicono tante mamme, tanti papà chesi sacrificano tanto per i figli e sopporta-no dei veri sacrifici, delle croci, perchéamano. E portata con Gesù, la crocenon fa paura, perché Lui è sempre alnostro fianco per sorreggerci nell’oradella prova più dura, per darci forza ecoraggio. Neanche serve agitarsi perpreservare la propria vita, con un atteg-giamento timoroso ed egoistico. Gesùammonisce: «Chi avrà tenuto per sé lapropria vita, la perderà, e chi avrà per-duto la propria vita per causa mia —cioè per amore, per amore a Gesù, peramore al prossimo, per il servizio deglialtri —, la troverà» (v. 39). È il paradossodel Vangelo. Ma anche di questo abbia-mo, grazie a Dio, tantissimi esempi! Lovediamo in questi giorni. Quanta gente,quanta gente, sta portando croci peraiutare gli altri! Si sacrifica per aiutaregli altri che hanno bisogno in questapandemia. Ma, sempre con Gesù, si puòfare. La pienezza della vita e della gioiasi trova donando sé stessi per il Vangeloe per i fratelli, con apertura, accoglienzae benevolenza.

Così facendo, possiamo sperimentarela generosità e la gratitudine di Dio. Celo ricorda Gesù: «Chi accoglie voi acco-glie me, […]. Chi avrà dato da bere an-che un solo bicchiere d’acqua fresca auno di questi piccoli […] non perderà lasua ricompensa» (vv. 40; 42). La gratitu-dine generosa di Dio Padre tiene conto

cietà italiana. I volontari… E quanti diloro hanno lasciato la vita in questapandemia! Si fa per amore, semplice-mente per servizio. La gratitudine, la ri-conoscenza, è prima di tutto segno dibuona educazione, ma è anche un di-stintivo del cristiano. È un segno sem-plice ma genuino del regno di Dio, cheè regno di amore gratuito e riconoscen-te.

Maria Santissima, che ha amato Gesùpiù della sua stessa vita e lo ha seguitofino alla croce, ci aiuti a metterci sempredavanti a Dio con cuore disponibile, la-sciando che la sua Parola giudichi i no-stri comportamenti e le nostre scelte.

Al termine dell’Angelus il Pontefice si èrivolto con queste parole ai fedeli presentiin piazza e a quanti si sono collegatiattraverso i mezzi di comunicazione.

Cari fratelli e sorelle,martedì prossimo, 30 giugno, si terrà laquarta Conferenza dell’Unione europeae delle Nazioni Unite per “sostenere ilfuturo della Siria e della regione”. Pre-ghiamo per questo importante incontro,perché possa migliorare la drammaticasituazione del popolo siriano e dei po-poli vicini, in particolare del Libano, nelcontesto di gravi crisi socio-politiche edeconomiche che la pandemia ha reso an-cora più difficili. Pensate che ci sonobambini con la fame, che non hanno damangiare! Per favore, che i dirigenti sia-no capaci di fare la pace.

Invito a pregare anche per la popola-zione dello Yemen. Anche qui, special-mente per i bambini, che soffrono a cau-sa della gravissima crisi umanitaria. Co-me pure per quanti sono stati colpitidalle forti alluvioni nell’Ucraina occi-

anche del più piccolo gesto di amore edi servizio reso ai fratelli. In questi gior-ni, ho sentito un prete che era commos-so perché in parrocchia gli si è avvicina-to un bambino e gli ha detto: “Pa d re ,questi sono i miei risparmi, poca cosa, èper i suoi poveri, per coloro che oggihanno bisogno per la pandemia”. Picco-la cosa, ma grande cosa! È una ricono-scenza contagiosa, che aiuta ciascuno dinoi ad avere gratitudine verso quanti siprendono cura delle nostre necessità.Quando qualcuno ci offre un servizio,non dobbiamo pensare che tutto ci siadovuto. No, tanti servizi si fanno pergratuità. Pensate al volontariato, che èuna delle cose più grandi che ha la so-

dentale: possano sperimentare il confor-to del Signore e il soccorso dei fratelli.

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, ro-mani e pellegrini provenienti dall’Italia eda altri Paesi. Vedo bandiere: polacca,tedesca, e tanti! In particolare, salutoquanti hanno partecipato questa mattinaqui a Roma alla Messa in rito congole-se, pregando per la Repubblica Demo-cratica del Congo. Saluto la delegazionecongolese qui presente. Sono bravi que-sti congolesi!

Auguro a tutti voi una buona domeni-ca. Per favore, non dimenticatevi di pre-gare per me. Buon pranzo! E arrivedercia domani per la festa dei Santi Pietro ePa o l o .

Page 8: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020

8/9

NBenedetti54 palli

Anche la solennità dei santiPietro e Paolo è statatoccata dall’e m e rg e n z asanitaria a causa del covid-19. Papa Francesco hacelebrato la messa all’a l t a redella Cattedra della basilicaVaticana, durante la qualeha benedetto i pallidestinati a 54 metropolitinominati nell’ultimo anno.Un numero ristretto difedeli ha partecipato al ritoe, contrariamente agli anniscorsi, il Pontefice non hapotuto personalmenteconsegnare il pallio ai varimetropoliti, ma li hasimbolicamente affidati alcardinale Giovanni BattistaRe, decano del Collegiocardinalizio Come novitàintrodotta anni fa persottolineare il legame con laChiesa locale, l’imp osizionevera e propria avverrà nellediocesi di origine dei presuliper mano del rappresentantepontificio. È stato lo stessocardinale decano a salutareil Papa all’inizio dellacelebrazione, ringraziandolo«per il sostegno, la forza eil conforto che, in questoperiodo difficile, lei ha datoa tante persone nel mondocon la sua parola e con lasua vicinanza spirituale». Inquesti mesi, ha sottolineato,«la Chiesa si è rivelata unavolta di più amica deipoveri e dei feriti della vita,e la voce del Papa haacquistato nel mondoun’eco più grande e nuovorisalto». Ricordando anchel’importanza dell’iniziativadel Fondo di solidarietàGesù divino lavoratore —istituito «allo scopo difornire i beni di primanecessità alle personeprovate dalla crisi dellapandemia» — il porporatoha espresso gratitudine «perl’appello alla solidarietà»rivolto dal Pontefice «a tuttii livelli, anche sul pianointernazionale, ricordandoche siamo parte di un’unicafamiglia e dobbiamosostenerci e aiutarci l’unl’altro». Tutti, ha concluso,«la ringraziamo, PadreSanto, per quanto fatto esta facendo constraordinario ardoreapostolico e con insonneimpegno per il bene dellaChiesa e dell’umanità». ConFrancesco hannoconcelebrato dieci porporati,fra i quali, oltre al decano, ilcardinale Pietro Parolin,segretario di Stato. Lepreghiere dei fedeli sonostate elevate per il Papa e ivescovi, per i governanti e igiudici, per i perseguitati,per i missionari e icatechisti, per i poveri, isofferenti e le persone sole.Dopo la benedizioneconclusiva il Papa si èraccolto in preghiera davantialla statua della Verginementre è stato intonato ilSalve Regina.

Unità e profeziaper una Chiesa rinnovata

L’omelia del Papadurante la messa

c e l e b ra t anella basilica

Va t i c a n anella solennità

dei santiPietro e Paolo

#copertina

ella festa dei due Apostoli di questa cit-tà, vorrei condividere con voi due paro-le-chiave: unità e profezia.

Unità. Celebriamo insieme due figuremolto diverse: Pietro era un pescatoreche passava le giornate tra i remi e le re-ti, Paolo un colto fariseo che insegnavanelle sinagoghe. Quando andarono inmissione, Pietro si rivolse ai giudei, Pao-lo ai pagani. E quando le loro strade siincrociarono, discussero in modo anima-to, come Paolo non si vergogna di rac-contare in una lettera (cfr. Gal 2, 11ss.).Erano insomma due persone tra le piùdifferenti, ma si sentivano fratelli, comein una famiglia unita, dove spesso si di-scute ma sempre ci si ama. Però la fami-liarità che li legava non veniva da incli-nazioni naturali, ma dal Signore. Eglinon ci ha comandato di piacerci, ma diamarci. È Lui che ci unisce, senza uni-formarci. Ci unisce nelle differenze.

La prima Lettura di oggi ci porta allasorgente di questa unità. Racconta chela Chiesa, appena nata, attraversava unafase critica: Erode infuriava, la persecu-zione era violenta, l’Apostolo Giacomoera stato ucciso. E ora anche Pietro vie-ne arrestato. La comunità sembra deca-pitata, ciascuno teme per la propria vita.Eppure in questo momento tragico nes-suno si dà alla fuga, nessuno pensa asalvarsi la pelle, nessuno abbandona glialtri, ma tutti pregano insieme. Dalla pre-ghiera attingono coraggio, dalla preghie-ra viene un’unità più forte di qualsiasiminaccia. Il testo dice che «mentre Pie-tro era tenuto in carcere, dalla Chiesasaliva incessantemente a Dio una pre-ghiera per lui» (At 12, 5). L’unità è unprincipio che si attiva con la preghiera,perché la preghiera permette allo SpiritoSanto di intervenire, di aprire alla spe-ranza, di accorciare le distanze, di tener-ci insieme nelle difficoltà.

Notiamo un’altra cosa: in quei fran-genti drammatici nessuno si lamenta delmale, delle persecuzioni, di Erode. Nes-suno insulta Erode — e noi siamo tantoabituati a insultare i responsabili. È inu-tile, e pure noioso, che i cristiani spre-chino tempo a lamentarsi del mondo,della società, di quello che non va. Lelamentele non cambiano nulla. Ricordia-moci che le lamentele sono la secondaporta chiusa allo Spirito Santo, come viho detto il giorno di Pentecoste: la pri-ma è il narcisismo, la seconda lo scorag-giamento, la terza il pessimismo. Il nar-cisismo ti porta allo specchio, a guardar-ti continuamente; lo scoraggiamento, al-le lamentele; il pessimismo, al buio,all’oscurità. Questi tre atteggiamentichiudono la porta allo Spirito Santo.Quei cristiani non incolpavano ma pre-gavano. In quella comunità nessuno di-ceva: “Se Pietro fosse stato più cauto,non saremmo in questa situazione”.Nessuno. Pietro, umanamente, avevamotivi di essere criticato, ma nessuno lo

criticava. Non sparlavano di lui, ma pre-gavano per lui. Non parlavano alle spal-le, ma parlavano a Dio. E noi oggi pos-siamo chiederci: “Custodiamo la nostraunità con la preghiera, la nostra unitàdella Chiesa? Preghiamo gli uni per glialtri?”. Che cosa accadrebbe se si pre-gasse di più e si mormorasse di meno,con la lingua un po’ tranquillizzata?Quello che successe a Pietro in carcere:come allora, tante porte che separano siaprirebbero, tante catene che paralizza-no cadrebbero. E noi saremmo meravi-gliati, come quella ragazza che, vedendoPietro alla porta, non riusciva ad aprire,ma corse dentro, stupita per la gioia divedere Pietro (cfr. At 12, 10-17). Chiedia-mo la grazia di saper pregare gli uni pergli altri. San Paolo esortava i cristiani apregare per tutti e prima di tutto per chigoverna (cfr. 1 Tm 2, 1-3). “Ma questogovernante è…”, e i qualificativi sonotanti; io non li dirò, perché questo nonè il momento né il posto per dire i qua-lificativi che si sentono contro i gover-nanti. Che li giudichi Dio, ma preghia-mo per i governanti! Preghiamo: hannobisogno della preghiera. È un compitoche il Signore ci affida. Lo facciamo?Oppure parliamo, insultiamo, e basta?Dio si attende che quando preghiamo ciricordiamo anche di chi non la pensacome noi, di chi ci ha chiuso la porta infaccia, di chi fatichiamo a perdonare.Solo la preghiera scioglie le catene, co-me a Pietro; solo la preghiera spiana lavia all’unità.

Oggi si benedicono i palli, che vengo-no conferiti al Decano del Collegio car-dinalizio e agli Arcivescovi Metropolitinominati nell’ultimo anno. Il pallio ri-corda l’unità tra le pecore e il Pastoreche, come Gesù, si carica la pecorella

sulle spalle per non separarsene mai.Oggi poi, secondo una bella tradizione,ci uniamo in modo speciale al Patriarca-to ecumenico di Costantinopoli. Pietro eAndrea erano fratelli e noi, quando pos-sibile, ci scambiamo visite fraterne nelle

rispettive festività: non tanto per genti-lezza, ma per camminare insieme versola meta che il Signore ci indica: la pienaunità. Oggi, loro non sono riusciti a ve-nire, per il problema dei viaggi a motivodel coronavirus, ma quando io sono sce-so a venerare le spoglie di Pietro, senti-vo nel cuore accanto a me il mio amatofratello Bartolomeo. Loro sono qui, connoi.

La seconda parola, p ro f e z i a . Unità ep ro f e z i a . I nostri Apostoli sono stati p ro -vocati da Gesù. Pietro si è sentito chiede-re: “Tu, chi dici che io sia?” (cfr. Mt 16,15). In quel momento ha capito che alSignore non interessano le opinioni ge-nerali, ma la scelta personale di seguirlo.Anche la vita di Paolo è cambiata dopouna provocazione di Gesù: «Saulo, Sau-lo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). IlSignore lo ha scosso dentro: più che far-lo cadere a terra sulla via di Damasco,ha fatto cadere la sua presunzione di uo-mo religioso e per bene. Così il fieroSaulo è diventato Paolo: Paolo, che si-gnifica “piccolo”. A queste provocazioni,a questi ribaltamenti di vita seguono leprofezie: «Tu sei Pietro e su questa pie-tra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18); e a Paolo: «È lo strumento che hoscelto per me, affinché porti il mio no-me dinanzi alle nazioni» (At 9, 15).Dunque, la profezia nasce quando ci silascia provocare da Dio: non quando sigestisce la propria tranquillità e si tienetutto sotto controllo. Non nasce dai mieipensieri, non nasce dal mio cuore chiu-

so. Nasce se noi ci lasciamo provocareda Dio. Quando il Vangelo ribalta lecertezze, scaturisce la profezia. Solo chisi apre alle sorprese di Dio diventa pro-feta. Ed eccoli Pietro e Paolo, profetiche vedono più in là: Pietro per primoproclama che Gesù è «il Cristo, il Figliodel Dio vivente» (Mt 16, 16); Paolo anti-cipa il finale della propria vita: «Mi re-sta soltanto la corona di giustizia che ilSignore mi concederà» (2 Tm 4, 8).

Oggi abbiamo bisogno di profezia,ma di profezia vera: non di parolai chepromettono l’impossibile, ma di testimo-nianze che il Vangelo è possibile. Nonservono manifestazioni miracolose. A mefa dolore quando sento proclamare: “Vo -gliamo una Chiesa profetica”. Bene. Co-sa fai, perché la Chiesa sia profetica?Servono vite che manifestano il miracolodell’amore di Dio. Non potenza, macoerenza. Non parole, ma preghiera.Non proclami, ma servizio. Tu vuoi unaChiesa profetica? Incomincia a servire, estai zitto. Non teoria, ma testimonianza.Non abbiamo bisogno di essere ricchi,ma di amare i poveri; non di guadagna-re per noi, ma di spenderci per gli altri;non del consenso del mondo, quello sta-re bene con tutti — da noi si dice: “s t a rebene con Dio e con il diavolo”, stare be-ne con tutti —; no, questo non è profe-zia. Ma abbiamo bisogno della gioia peril mondo che verrà; non di quei progettipastorali che sembrano avere in sé lapropria efficienza, come se fossero deisacramenti, progetti pastorali efficienti,no, ma abbiamo bisogno di pastori cheoffrono la vita: di innamorati di Dio. Co-sì Pietro e Paolo hanno annunciato Ge-sù, da innamorati. Pietro, prima di esse-re messo in croce, non pensa a sé ma alsuo Signore e, ritenendosi indegno dimorire come Lui, chiede di essere croci-fisso a testa in giù. Paolo, prima di veni-re decapitato, pensa solo a donare la vi-ta e scrive che vuole essere «versato inofferta» (2 Tm 4, 6). Questa è profezia.Non parole. Questa è profezia, la profe-zia che cambia la storia.

Cari fratelli e sorelle, Gesù ha profe-tizzato a Pietro: “Tu sei Pietro e su que-sta pietra edificherò la mia Chiesa”. An-che per noi c’è una profezia simile. Sitrova nell’ultimo libro della Bibbia, doveGesù promette ai suoi testimoni fedeli«una pietruzza bianca, sulla quale stascritto un nome nuovo» (Ap 2, 17). Co-me il Signore ha trasformato Simone inPietro, così chiama ciascuno di noi, perfarci pietre vive con cui costruire unaChiesa e un’umanità rinnovate. C’è sem-pre chi distrugge l’unità e chi spegne laprofezia, ma il Signore crede in noi echiede a te: “Tu, vuoi essere costruttoredi unità? Vuoi essere profeta del miocielo sulla terra?”. Fratelli e sorelle, la-sciamoci provocare da Gesù e troviamoil coraggio di dirgli: “Sì, lo voglio!”.

Page 9: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

10

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Festeggiamo oggi i santi patroni di Roma, gliApostoli Pietro e Paolo. Ed è un dono ritro-varci a pregare qui, vicino al luogo in cui Pie-tro morì martire ed è sepolto. Però, la Liturgiaodierna ricorda un episodio del tutto differen-te: racconta che diversi anni prima Pietro fu li-berato dalla morte. Era stato arrestato, si tro-vava in prigione e la Chiesa, temendo per lasua vita, pregava incessantemente per lui. Al-lora un angelo scese a liberarlo dal carcere(cfr. At 12, 1-11). Ma anche anni dopo, quandoPietro era prigioniero a Roma, la Chiesa avràcertamente pregato. In quell’occasione, tutta-via, la sua vita non fu risparmiata. Come maiprima fu liberato dalla prova e poi no?

Perché c’è un percorso nella vita di Pietro,che può illuminare il percorso della nostra vi-ta. Il Signore gli concesse tante grazie e lo li-berò dal male: fa così anche con noi. Anzi, noispesso andiamo da Lui solo nei momenti delbisogno, a chiedere aiuto. Ma Dio vede piùlontano e ci invita ad andare oltre, a cercarenon solo i suoi doni, ma a cercare Lui, che è ilSignore di tutti i doni; ad affidargli non solo iproblemi, ma ad affidargli la vita. Così può fi-nalmente darci la grazia più grande, quella didonare la vita. Sì, donare la vita. La cosa piùimportante della vita è fare della vita un dono.E questo vale per tutti: per i genitori verso ifigli e per i figli verso i genitori anziani. E quimi vengono in mente tanti anziani, che sonolasciati soli dalla famiglia, come — mi permet-to di dire — come se fossero materiale di scar-to. E questo è un dramma dei nostri tempi: lasolitudine degli anziani. La vita dei figli e deinipoti non si fa dono per gli anziani. Farci do-no per chi è sposato e per chi è consacrato;vale ovunque, a casa e al lavoro, e versochiunque abbiamo vicino. Dio desidera farcicrescere nel dono: solo così diventiamo grandi.Noi cresciamo se ci doniamo agli altri. Guar-diamo a san Pietro: non è diventato un eroeper essere stato liberato dal carcere, ma peraver dato la vita qui. Il suo dono ha trasfor-mato un luogo di esecuzioni nel bel luogo disperanza in cui ci troviamo.

Ecco che cosa chiedere a Dio: non solo lagrazia del momento, ma la grazia della vita. IlVangelo oggi ci mostra proprio il dialogo checambiò la vita di Pietro. Egli si sentì chiedereda Gesù: “Chi sono io per te?”. E rispose: «Tusei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Ge-sù: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona»(Mt 16, 16-17). Gesù lo dice beato, cioè, allalettera, felice. Sei felice per aver detto questo.Notiamo: Gesù dice Tu sei beato a Pietro chegli aveva detto Tu sei il Dio vivente. Qual è al-lora il segreto di una vita beata, qual è il se-greto di una vita felice? Riconoscere Gesù, maGesù come Dio vivente, non come una statua.Perché non importa sapere che Gesù è statogrande nella storia, non importa tanto apprez-

zare quel che ha detto o fatto: importa qualeposto gli do io nella mia vita, quale posto doio a Gesù nel mio cuore. È a quel punto cheSimone si sentì dire da Gesù: «Tu sei Pietro esu questa pietra edificherò la mia Chiesa» (v.18). Non fu chiamato “p i e t ra ” perché era unuomo solido e affidabile. No, farà tanti sbaglidopo, non era tanto affidabile, farà tanti sba-gli, arriverà pure a rinnegare il Maestro. Peròscelse di costruire la vita su Gesù, la pietra; non— dice il testo — su “carne e sangue”, cioè susé stesso, sulle sue capacità, ma su Gesù (cfr.v. 17), che è la pietra. È Gesù la roccia su cuiSimone è diventato pietra. Lo stesso possiamodire dell’Apostolo Paolo, che si donò total-mente al Vangelo, considerando tutto il restospazzatura, per guadagnare Cristo.

Oggi, davanti agli Apostoli, possiamo chie-derci: “E io, come imposto la vita? Penso soloai bisogni del momento o credo che il mio ve-ro bisogno è Gesù, che fa di me un dono? Ecome costruisco la vita, sulle mie capacità osul Dio vivente?”. La Madonna, che si è affi-data tutta a Dio, ci aiuti a metterlo alla basedi ogni giornata; e lei interceda per noi perchépossiamo, con la grazia di Dio, fare della no-stra vita un dono.

Al termine della preghiera mariana il Ponteficeha rivolto un particolare saluto ai romani e ha“a b b ra c c i a t o ” spiritualmente il patriarcaBartolomeo, ricordando che a causa dellapandemia la delegazione del Patriarcatoecumenico non ha potuto partecipare, com’èconsuetudine, alla celebrazione dei santi Pietro ePaolo.

Cari fratelli e sorelle,rivolgo prima di tutto il mio saluto a tutti i ro-mani e a quanti vivono in questa città, nellafesta dei santi Patroni, gli Apostoli Pietro ePaolo. Per loro intercessione, prego che a Ro-ma ogni persona possa vivere con dignità epossa incontrare la lieta testimonianza delVa n g e l o .

In questa ricorrenza è tradizione che vengaa Roma una delegazione del Patriarcato Ecu-menico di Costantinopoli, ma quest’anno nonè stato possibile a causa della pandemia. Per-tanto, mando spiritualmente un abbraccio alcaro fratello il Patriarca Bartolomeo, nella spe-ranza che possano riprendere al più presto lenostre reciproche visite.

Celebrando la solennità di San Pietro e SanPaolo, vorrei ricordare i tanti martiri che sonostati decapitati, bruciati vivi e uccisi, special-mente al tempo dell’imperatore Nerone, pro-prio su questa terra nella quale voi vi trovateora. Questa è terra insanguinata dai nostri fra-telli cristiani. Domani celebreremo la lorocommemorazione.

Saluto voi, cari pellegrini qui presenti: vedobandiere del Canada, del Venezuela, della Co-lombia e altre… Tanti saluti! La visita alletombe degli Apostoli rafforzi la vostra fede ela vostra testimonianza.

E a tutti auguro una buona festa. Per favo-re, non dimenticatevi di pregare per me. Buonpranzo e arrivederci.

A Roma tutti possanovivere con dignità

#copertina

Al l ’An g e l u sl’“a b b ra c c i o ”

spiritualedel Ponteficeal patriarcaBartolomeo

A Roma «ogni persona possa vivere con dignità epossa incontrare la lieta testimonianza delVangelo». È l’auspicio espresso dal Papa altermine dell’Angelus della solennità dei santiPietro e Paolo, recitato con i fedeli riuniti inpiazza San Pietro.

Page 10: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

11

Georg Ratzinger, fratello maggiore del Papaemerito, è morto mercoledì 1° luglio, all’età di96 anni. Si trovava a Ratisbona, la città doveha vissuto la maggior parte della sua lunga vi-ta. Con la sua scomparsa Joseph Ratzinger,che il 18 giugno scorso ha voluto affrontare ilviaggio in aereo per rivedere il fratello moren-te, perde l’unico membro della famiglia rima-sto ancora in vita. Divenuti sacerdoti lo stessogiorno, i due fratelli — uno musicista e mae-stro di un coro famoso, l’altro teologo quindivescovo, cardinale e Papa — sono stati sempremolto uniti.

Nato a Pleiskirchen, in Baviera, il 15 gen-naio 1924, Georg Ratzinger aveva iniziato asuonare l’organo nella chiesa parrocchiale finda quando aveva 11 anni. Nel 1935 entra nel se-minario minore di Traunstein, ma nel 1942 vie-ne arruolato nelle Reichsarbeitsdienst, e in se-guito nella Wehrmacht, con la quale combatteanche in Italia. Catturato dagli Alleati nelmarzo 1945, resta prigioniero a Napoli per al-cuni mesi prima di essere rilasciato e di poterfar ritorno in famiglia. Nel 1947 assieme al fra-tello Joseph, entra nel seminario HerzoglichesGeorgianum di Monaco di Baviera. Il 29 giu-gno 1951, entrambi i fratelli, insieme a unaquarantina di altri compagni, vengono ordinatisacerdoti nel Duomo di Frisinga dal cardinaleMichael von Faulhaber. Dopo essere diventatomaestro di cappella a Traunstein, per trent’an-ni, dal 1964 al 1994, è il direttore del coro dellaCattedrale di Ratisbona, il coro dei Regen-sburger Domspatzen. Ha girato il mondo fa-cendo numerosi concerti e ha diretto molte in-cisioni per Deutsche Grammophon, Ars Musi-ci e altre importanti etichette discografiche conproduzioni dedicate a Bach, Mozart, Mendels-sohn e altri autori.

Il 22 agosto 2008, ringraziando il sindaco diCastel Gandolfo che aveva concesso a Georgla cittadinanza onoraria, Benedetto XVI avevadetto del fratello: «Dall’inizio della mia vitamio fratello è stato sempre per me non solocompagno, ma anche guida affidabile. È statoper me un punto di orientamento e di riferi-mento con la chiarezza, la determinazione del-le sue decisioni. Mi ha mostrato sempre lastrada da prendere, anche in situazioni diffici-li».

«Mio fratello ed io — aveva detto GeorgRatzinger 11 anni fa durante un’intervista —eravamo entrambi chierichetti, tutti e due ser-vivamo Messa. Ci fu presto chiaro, prima a mee poi a lui, che la nostra vita sarebbe stata aservizio della Chiesa». E aveva condiviso i ri-cordi dell’infanzia: «A Tittmoning Joseph ave-va ricevuto la cresima dal cardinale MichaelFaulhaber, il grande arcivescovo di Monaco.Ne era rimasto impressionato e aveva dettoche sarebbe voluto diventare anche lui cardi-nale. Ma, solo qualche giorno dopo quell’in-contro, osservando il pittore che tinteggiava imuri di casa nostra, disse anche che da grandeavrebbe voluto fare l’imbianchino...».

Dopo aver rievocato gli anni bui della guer-ra e l’opposizione al nazismo del padre deifratelli Ratzinger, di professione gendarme,Georg aveva parlato dell’amore per la musicache li accomunava: «Nella nostra casa tutti

amavano la musica. Nostro padre aveva unacetra che suonava spesso la sera. Cantavamoinsieme. Per noi era sempre un evento. A Mar-ktl sull’Inn, poi, c’era una banda musicale chemi affascinava molto. Ho sempre pensato chela musica sia una delle cose più belle che Dioabbia creato. Anche mio fratello ha sempreamato la musica: forse l’ho contagiato io».

Georg Ratzinger era un uomo schietto e po-co avvezzo alla diplomazia. Ad esempio, nonha mai nascosto di non aver esultato per l’ele-zione del fratello, avvenuta nell’aprile 2005:«Devo ammettere che non me l’aspettavo —aveva detto — e sono rimasto un po’ deluso...Dati i suoi gravosi impegni, ho capito che ilnostro rapporto si sarebbe dovuto ridimensio-nare notevolmente. In ogni caso, dietro la de-cisione umana dei cardinali c’è la volontà diDio, e a questa dobbiamo dire sì».

Nel 2011, intervistato da una rivista tedesca,Georg Ratzinger aveva detto: «Se non dovessepiù farcela dal punto di vista della condizionefisica, mio fratello dovrebbe avere il coraggiodi dimettersi». E sarà proprio lui a ricevere trai primi, con un anticipo di mesi, la notizia del-la storica decisione del Pontefice di rinunciareal ministero petrino per ragioni legate all’età.«L’età si fa sentire — aveva commentato Georgdopo l’annuncio del febbraio 2013 —. Mio fra-tello desidera più tranquillità nella vecchiaia».Nonostante i problemi alle gambe e alla vista,il fratello maggiore del Papa emerito ha conti-nuato a viaggiare da Regensburg a Roma,trattenendosi nel monastero Mater Ecclesiaeper diversi periodi e facendo spesso compa-gnia a Benedetto.

Era comparso, con alcuni brani di intervista,anche nel documentario di 29 minuti realizza-to dal giornalista Tassilo Forchheimer per laBayerischer Rundfunk, emittente radiotelevisi-va pubblica locale del Land della Baviera,mandato in onda nel gennaio 2020.

È morto Georg Ratzingerfratello del Papa emerito

L’anzianoprelato bavarese

si trovavaa Ratisbona

dove è vissutoe dove

pochi giorni faha ricevuto

l’ultima visitadi Benedetto XVI

che era statoordinato sacerdote

insieme con lui

#ricordo

Page 11: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

12

R

L’eutanasia restaun atto inammissibile

La Congregazioneper la dottrina

della fedeal superiore

g e n e ra l edei Fratelli

della Carità

#lettera

Pubblichiamo la lettera che il cardinaleprefetto della Congregazione per la dottrinadella fede ha indirizzato al superioregenerale dei Fratelli della Carità, RenéStockman, in merito alla questionedell’eutanasia negli ospedali psichiatricidella medesima congregazione del Belgio.

everendissimo Fr. Renè, Superiore Ge-nerale

nel marzo 2017, sul sito del ramo bel-ga della Congregazione dei “Fratelli del-la Carità”, è stato pubblicato un docu-mento che ammette — a certe condizioni— la prassi dell’eutanasia in una struttu-ra ospedaliera cattolica. Tale prassi, so-stenuta dall’Associazione Provincialat desFrères de la Charité asbl, si basa fonda-mentalmente su tre criteri: la inviolabili-tà della vita, l’autonomia del paziente eil rapporto di cura. Un tale documento,però, non fa riferimento né a Dio, né al-la Sacra Scrittura, né alla visione cristia-na dell’uomo.

La Congregazione per la Dottrinadella Fede ha scritto al Superiore Gene-rale, che aveva già disapprovato tale do-cumento, chiedendo delucidazioni enell’Udienza del 20 maggio 2017, l’alloraPrefetto del Dicastero ha informato ilSanto Padre circa la gravità del caso.

Dal 27 giugno 2017 e fino ad ora, sisono susseguiti i contatti e gli incontritra la Congregazione per la Dottrinadella Fede, la Congregazione per gliIstituti di Vita Consacrata e le Societàdi Vita Apostolica, la Segreteria di Sta-to, i Rappresentanti dei Fr è re s e dell’As-so ciazione Provincialat des Frères, comepure i Rappresentanti della ConferenzaEpiscopale Belga, intesi ad offrire occa-sioni e spazi di dialogo su un temaestremamente delicato e di trovare, così,in spirito di sincera ecclesialità, una con-vergenza sulla Dottrina cattolica in me-rito.

Vanno ricordate le numerose riunioniinterdicasteriali del 31 agosto e del 7 no-vembre 2017, del 1° febbraio, 15 marzo,20 giugno e 12 ottobre del 2018 e del 20luglio 2019, la lettera di questo Dicaste-ro al Superiore Generale dei Fr è re s del30 giugno 2017, il documento Principi darispettare nell’accompagnamento dei pazien-ti negli ospedali psichiatrici e l’incontro al-largato a Roma del 21 marzo 2018. Inquesta sede, il Segretario di Stato e i

za, il rifiuto assoluto di eseguirla nelleistituzioni da essi dipendenti. Purtrop-po, le risposte pervenute non hanno da-to assicurazioni su questi punti.

L’eutanasia resta un atto inammissibi-le, anche in casi estremi, perché «è unagrave violazione della Legge di Dio, inquanto uccisione deliberata moralmenteinaccettabile di una persona umana. Ta-le dottrina è fondata sulla legge naturalee sulla Parola di Dio scritta, è trasmessadalla Tradizione della Chiesa ed inse-gnata dal Magistero ordinario ed univer-sale» (Giovanni Paolo II , Evangeliumvitae, n. 65).

Da parte sua, Papa Francesco ha af-fermato che «il contesto socio-culturaleattuale sta progressivamente erodendo laconsapevolezza riguardo a ciò che rendepreziosa la vita umana. Essa, infatti,sempre più spesso viene valutata in ra-gione della sua efficienza ed utilità, alpunto da considerare “vite scartate” o“vite indegne” quelle che non rispondo-no a tale criterio. In questa situazione diperdita degli autentici valori, vengonomeno anche i doveri inderogabili dellasolidarietà e della fraternità umana e cri-stiana. In realtà, una società merita laqualifica di “civile” se sviluppa gli anti-corpi contro la cultura dello scarto; sericonosce il valore intangibile della vitaumana; se la solidarietà è fattivamentepraticata e salvaguardata come fonda-mento della convivenza» (Fr a n c e s c o ,Discorso ai partecipanti all’Assemblea Ple-naria della Congregazione per la Dottrinadella Fede, 30 gennaio 2020). Ha ribadi-to inoltre, che «l’approccio relazionale —e non meramente clinico — con il mala-

In queste ultime parole, Papa France-sco tocca il tema della “compassione”,che sempre più si invoca dall’opinionepubblica a giustificazione dell’eutanasia.

Già Giovanni Paolo II chiariva inequi-vocabilmente che l’eutanasia è «una fal-sa pietà, anzi una preoccupante “p erver-sione” di essa: la vera “compassione”, in-fatti, rende solidale col dolore altrui,non sopprime colui del quale non si puòsopportare la sofferenza. E tanto piùperverso appare il gesto dell’eutanasia seviene compiuto da coloro che — come iparenti — dovrebbero assistere con pa-zienza e con amore il loro congiunto oda quanti — come i medici — per la lorospecifica professione, dovrebbero curareil malato anche nelle condizioni termi-nali più penose» (Evangelium vitae, n.66).

In sintesi dunque, l’insegnamento cat-tolico afferma il valore sacro della vitaumana; l’importanza della cura e dell’ac-compagnamento dei malati e dei disabi-li; il valore cristiano della sofferenza;l’inaccettabilità morale dell’eutanasia;l’impossibilità di introdurre tale praticanegli Ospedali cattolici, nemmeno in ca-si estremi, come pure di collaborare alriguardo con le istituzioni civili.

Pare evidente che la posizione delgruppo dei Fratelli della Carità in Bel-gio non risponde a tali principi. Essa in-fatti: 1.) rifiuta l’assolutezza del rispettoper la vita, ovvero mette in dubbio chela vita di un essere umano innocentedebba essere rispettata “s e m p re ”, la-sciando aperta la possibilità di eccezio-ni; 2.) per ciò che riguarda l’imp ortanzadella cura e dell’accompagnamento deipazienti psichiatrici, si riferisce alla leg-ge belga sull’eutanasia, aprendone inmodo chiaro la possibilità per i pazientipsichiatrici non terminali; 3.) lascia almedico la responsabilità e il diritto diaccettare la richiesta di eutanasia o di ri-fiutarla (“atto medico”), escludendo cosìla scelta dell’Ospedale; 4.) mantiene lapossibilità dell’eutanasia all’internodell’Istituto con la giustificazione di evi-tare ai familiari la fatica di dover trovareun’altra soluzione.

Anche il rapporto del Visitatore Apo-stolico, Sua Ecc.za Mons. Jan Hendriks,non ha registrato passi in avanti, inquanto da esso si evince la profonda dif-ficoltà a mantenere il legame tra le ope-re e la Congregazione dei Fratelli dellaCarità, dal momento che i responsabilinon accettano l’impegno a trovare unasoluzione praticabile che eviti ogni for-ma di responsabilità dell’istituzione perl’eutanasia.

Pertanto, al termine di questo lungo esofferto cammino e constatando la man-canza di volontà di accettare la Dottrinacattolica in merito all’eutanasia, pur conprofonda tristezza, si comunica che gliOspedali psichiatrici gestiti dall’Asso cia-zione Provincialat des Frères de la Charitéasbl in Belgio non potranno più, d’orainnanzi, ritenersi enti cattolici.

Profitto volentieri della circostanzaper confermarmi con sensi di religiosoossequio.

LUIS F. Card. LADARIA, S.I.P re f e t t o

GIACOMO MORANDIArcivescovo titolare di Cerveteri

S e g re t a r i o

Prefetti della Congregazione per la Dot-trina della Fede e della Congregazioneper gli Istituti di Vita Consacrata e leSocietà di Vita Apostolica hanno chiestoai Rappresentanti dei Fr è re s e dell’Asso-ciazione Provincialat des Frères di affer-mare per iscritto e in modo inequivoca-bile la loro adesione ai principi della sa-cralità della vita umana e dell’inaccetta-bilità dell’eutanasia, e, come conseguen-

to, considerato nella unicità e integralitàdella sua persona, impone il dovere dinon abbandonare mai nessuno in pre-senza di mali inguaribili. La vita umana,a motivo della sua destinazione eterna,conserva tutto il suo valore e tutta la suadignità in qualsiasi condizione, anche diprecarietà e fragilità, e come tale è sem-pre degna della massima considerazio-ne» (ibidem).

Page 12: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

13

Alcune critiche di carattere dottrinale all’attualepontificato stanno mostrando una graduale masempre più netta presa di distanza dal concilioVaticano II. Non da una certa interpretazionedi alcuni testi, ma dai testi conciliari stessi. Al-cune letture che insistono nel contrapporre Pa-pa Francesco ai suoi immediati predecessori fi-niscono così per criticare apertamente anchesan Giovanni Paolo II e Benedetto XVI o co-munque fanno passare sotto silenzio alcuniaspetti fondamentali del loro ministero cherappresentano evidenti sviluppi dell’ultimoconcilio.

Un esempio di quanto appena detto è stato,di recente, il 25o anniversario dell’enciclica Utunum sint nella quale Papa Wojtyła affermache l’impegno ecumenico e il dialogo con inon cattolici sono una priorità della Chiesa.L’anniversario è stato ignorato da quanti oggiripropongono una interpretazione riduttivadella Tradizione, chiusa a quel “dialogodell’a m o re ”, oltre quello dottrinale, promossodal Papa polacco in obbedienza all’ardente de-siderio di unità di nostro Signore.

Altrettanto trascurato è stato un altro im-portante anniversario: la richiesta di perdonogiubilare fortemente voluta da san GiovanniPaolo II il 12 marzo di vent’anni fa. È prorom-pente la forza profetica di un Pontefice chechiede perdono per i peccati compiuti dai figlidella Chiesa. E quando si parla di “figli” sonocompresi anche i papi. Si sa: chi chiede per-dono per gli sbagli compiuti si mette in unarischiosa situazione di revisione. Wojtyła hascelto profeticamente la strada della verità. LaChiesa non può e non deve avere paura dellaverità. L’allora cardinale Joseph Ratzinger,prefetto della Congregazione per la dottrinadella fede, sottolineava la «novità di questogesto», un «atto pubblico di pentimento dellaChiesa per i peccati del passato e di oggi»: un«mea culpa del Papa in nome della Chiesa»,un gesto davvero «nuovo, ma tuttavia in unaprofonda continuità con la storia della Chiesa,con la sua autocoscienza».

Tante leggende nere sono state fomentate suInquisizione, roghi e intolleranze varie dellaChiesa lungo la storia, esagerando, falsifican-do, calunniando e decontestualizzando percancellare dalla memoria l’apporto grande edecisivo del cristianesimo all’umanità. E glistorici hanno spesso ricondotto a verità tantedistorsioni e mitizzazioni della realtà. Ma que-sto non impedisce di fare un serio esame dicoscienza per «riconoscere — afferma GiovanniPaolo II — le deviazioni del passato» e «risve-gliare le nostre coscienze di fronte ai compro-messi del presente». Di qui la richiesta di per-dono nel 2000 «per le divisioni che sono in-tervenute tra i cristiani, per l’uso della violenzache alcuni di essi hanno fatto nel servizio allaverità, e per gli atteggiamenti di diffidenza edi ostilità assunti talora nei confronti dei se-guaci di altre religioni» (Messa per la Giornatadel perdono, 12 marzo 2000).

«Col progresso del tempo — afferma nel2004 — la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo,percepisce con una coscienza sempre più vivaquali siano le esigenze della sua conformità»al Vangelo che rifiuta i metodi intolleranti e

violenti che nella storia hanno deturpato il suovolto (Lettera al cardinale Etchegaray in occasio-ne della pubblicazione degli atti del simposio in-ternazionale «L’Inquisizione», 29-31 ottobre1998).

Un caso particolarmente significativo è statoquello di Galileo Galilei, il grande scienziatoitaliano, un cattolico, che — ha detto GiovanniPaolo II — «ebbe molto a soffrire, non possia-mo nasconderlo, da parte di uomini e organi-smi della Chiesa» (Discorso per la commemora-zione della nascita di Albert Einstein, 10 novem-bre 1979). Papa Wojtyła esamina la vicenda«alla luce del contesto storico dell’epoca» e«della mentalità di allora». La Chiesa, purfondata da Cristo, «resta tuttavia costituita dauomini limitati e legati alla loro epoca cultura-le». Anch’essa «impara con l’esperienza» e lavicenda di Galileo «ha permesso una matura-zione e una comprensione più giusta della suaautorità». Cresce la comprensione della verità:non è data una volta per sempre (Discorso adun gruppo di scienziati e di ricercatori, 9 maggio1983).

Wo j t y ła ricorda che «la rappresentazionegeocentrica del mondo era comunemente ac-cettata nella cultura del tempo come piena-mente concorde con l’insegnamento della Bib-bia, nella quale alcune espressioni, prese allalettera, sembravano costituire delle affermazio-ni di geocentrismo. Il problema che si poserodunque i teologi dell’epoca era quello dellacompatibilità dell’eliocentrismo e della Scrittu-ra. Così la scienza nuova, con i suoi metodi ela libertà di ricerca che essi suppongono, ob-bligava i teologi a interrogarsi sui loro criteridi interpretazione della Scrittura. La maggiorparte non seppe farlo. Paradossalmente, Gali-leo, sincero credente, si mostrò su questo pun-to più perspicace dei suoi avversari teologi»caduti nell’errore cercando di difendere la fe-de.

«Il capovolgimento provocato dal sistemadi Copernico» generava così «ripercussionisull’interpretazione della Bibbia»: Galileo, nonun teologo, ma uno scienziato cattolico, «in-

Lo sviluppo della dottrinaè la fedeltà nella novità

Certe criticheall’attualepontificatocontestanoil Vaticano II

#magistero

di SERGIO CE N T O FA N T I

CO N T I N UA A PA G I N A 14

Page 13: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

14

troduce il principio di una interpretazione deilibri sacri, al di là anche del senso letterale, maconforme all’intento e al tipo di esposizionepropri di ognuno di essi» secondo i generi let-terari. Una posizione confermata da Pio XIInel 1943 con l’enciclica Divino afflante Spiritu(Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti allasessione plenaria della Pontificia accademia dellescienze, 31 ottobre 1992).

Analoga crescita della consapevolezza dellaChiesa si è verificata con la teoria dell’evolu-zione che sembrava contraddire il principiodella creazione. Una prima apertura fu quelladello stesso Papa Pacelli con l’enciclica Huma-ni generis del 1950: il prossimo 12 agosto com-pie 70 anni. Giovanni Paolo II afferma che «lacreazione si pone nella luce dell’evoluzione co-me un avvenimento che si estende nel tempo— come una “creatio continua” — in cui Diodiventa visibile agli occhi del credente comeCreatore del Cielo e della terra» (Discorso aipartecipanti al simposio internazionale su «Fedecristiana e teoria dell’evoluzione», 26 aprile1985). Papa Francesco sottolinea che «quandoleggiamo nella Genesi il racconto della Crea-zione rischiamo di immaginare che Dio sia sta-to un mago, con tanto di bacchetta magica ingrado di fare tutte le cose. Ma non è così. Egliha creato gli esseri e li ha lasciati svilupparesecondo le leggi interne che Lui ha dato adognuno, perché si sviluppassero, perché arri-vassero alla propria pienezza (...) Il Big-Bang,

vente in Società debba essere pienamente libe-ro, vale a dire che in materia di Religione eglinon debba essere disturbato da nessuno, epossa liberamente pensare come gli piace, escrivere e anche pubblicare a mezzo stampaqualsiasi cosa in materia di Religione». E nel1832, l’enciclica Mirari vos di Gregorio XVIparla della libertà di coscienza come «errorevelenosissimo» e «delirio», mentre Pio IX nelSillabo del 1864 condanna tra «i principali er-rori dell’età nostra» la concezione che nonconvenga più «che la religione cattolica si ri-tenga come l’unica religione dello Stato, esclu-si tutti gli altri culti, quali che si vogliano» e ilfatto che «in alcuni paesi cattolici si è stabilitoper legge che a coloro i quali vi si recano, sialecito avere pubblico esercizio del culto pro-prio di ciascuno».

Il concilio Vaticano II, con le DichiarazioniDignitatis humanae sulla libertà religiosa e No-stra aetate sul dialogo con le religioni non cri-stiane compie un salto che ricorda il conciliodi Gerusalemme della prima comunità cristia-na che apre la Chiesa a tutta l’umanità. Difronte a queste sfide, Giovanni Paolo II affer-ma che «il pastore deve mostrarsi pronto aun’autentica audacia».

Nel 1988 si verifica lo scisma dei tradiziona-listi lefebvriani. Rifiutano gli sviluppi apporta-ti dal concilio Vaticano II: dicono che è statacreata una nuova Chiesa. Benedetto XVI usaun’immagine forte quando li esorta a non«congelare l’autorità magisteriale della Chiesaall’anno 1962» (Lettera ai vescovi della Chiesacattolica riguardo alla remissione della scomunicadei 4 vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre,10 marzo 2009). Era già accaduto nel 1870: i“vecchi cattolici” condannano il concilio Vati-cano I per il dogma dell’infallibilità pontificia.

La Chiesa cattolica ha camminato nella sto-ria attraversando oltre 20 concili: ogni voltac’è stato qualcuno che non accettava i nuovisviluppi e si fermava. Pio IX nel 1854 proclamail dogma dell’Immacolata Concezione. Ma ungrande santo, Bernardo di Chiaravalle, pur es-sendo uno dei più ardenti propagatori delladevozione mariana, qualche secolo primaesprimeva la sua contrarietà a questa verità:«Sono molto preoccupato, visto che molti divoi hanno deciso di mutare le condizioni diimportanti eventi, come ad esempio introdurrequesta festa sconosciuta dalla Chiesa, non ap-provata certo dalla Ragione, e non giustificataneppure dall’antica Tradizione. Siamo noi dav-vero più eruditi e pii dei nostri antichi pa-dri?». Siamo nel XII secolo. La Chiesa, da al-lora, ha introdotto altre feste sconosciute cheprobabilmente avrebbero scandalizzato moltifedeli vissuti nei secoli precedenti.

Gesù ha affermato di non essere venuto adabolire la Legge, «ma a dare pieno compimen-to» (Mt 5, 17). Ha insegnato a non trasgredireneanche «uno solo di questi precetti, ancheminimi» (Mt 5, 19). Eppure era accusato diviolare le norme mosaiche, come il riposo delsabato o il divieto di frequentazione dei pub-blici peccatori. E gli apostoli compiono ilgrande salto: aboliscono l’obbligo sacro dellacirconcisione, risalente addirittura ad Abramoe in vigore da 2000 anni, e aprono ai pagani,cosa impensabile a quel tempo. «Ecco — diceil Signore — io faccio nuove tutte le cose» (Ap21, 5). È il «vino nuovo» dell’amore evangelicoche subisce sempre il rischio di essere messonegli «otri vecchi» delle nostre sicurezze reli-giose, che tante volte mettono a tacere il Diovivo che non smette di parlarci. È la sapienzadel «discepolo del regno dei cieli» che cerca lapienezza della Legge, la giustizia che superaquella degli scribi e dei farisei, estraendo «dalsuo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Non solo cose nuove, non solo cose anti-che.

#magistero

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 13

che oggi si pone all’origine del mondo, noncontraddice l’intervento creatore divino ma loesige. L’evoluzione nella natura non contrastacon la nozione di Creazione, perché l’evolu-zione presuppone la creazione degli esseri chesi evolvono» (Discorso in occasione dell’inaugu-razione di un busto in onore di Benedetto XVI, 27ottobre 2014).

Nel Nuovo Testamento, ma non solo, ci so-no richiami profondissimi alla libertà che han-no cambiato la storia: ma vengono scopertipoco a poco. Papa Bonifacio VIII con la bollaUnam sanctam del 1302 ribadiva la superioritàdell’autorità spirituale su quella temporale. Eraun’altra epoca. Quasi 700 anni dopo GiovanniPaolo II, parlando a Strasburgo, osserva che lacristianità medievale non distingueva ancora«tra la sfera della fede e quella della vita civi-le». La conseguenza di questa visione era la«tentazione integralista di escludere dalla co-munità temporale coloro che non professavanola vera fede» (Discorso durante la visita al Par-lamento europeo, 11 ottobre 1988).

Ancora nel 1791, in una lettera ai vescovifrancesi, Pio VI criticava la Costituzione varatadall’Assemblea nazionale che stabiliva «comeun principio di diritto naturale che l’uomo vi-

Page 14: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

L’Osservatore Romanogiovedì 2 luglio 2020il Settimanale

15

La vera sapienzadel cuoreL’imperatore filosofo romano Marco Aurelio consi-gliava: «Scava dentro di te. È lì la fonte del bene,ed essa può sempre continuare a zampillare, se tuscavi sempre».

La società in cui viviamo non aiuta a fare questaoperazione: la faciloneria, la superficialità, il pressa-pochismo non permettono e non facilitano l’i n t ro -spezione, l’interiorità.

E, così, anche la Parola di Dio rischia di annega-re, e di non mettere radici profonde nella nostra vi-ta. Avete sentito la parabola di Gesù: tutti i terrenicitati si trovano nel nostro cuore.

Superficiali, presi dalle preoccupazioni di ognigiorno, attaccati a tante cose inutili, cediamo allavanità, siamo incostanti. Nonostante tutto, Dio con-tinua a seminare. Molti ascoltano, ma pochi com-p re n d o n o .

La Parola di Dio è in grado di trasformare la no-stra vita, ma la sua efficacia non è automatica. Di-pende da noi! Siamo noi che possiamo rendere lanostra vita un terreno sterile, un luogo pieno di sas-si, un terreno coperto di spine, o una terra buonache accoglie e fa germogliare il seme.

Abbiamo bisogno di interiorità! DicevaSant’Ignazio di Loyola: «Non è l’abbondanza delsapere a saziare e soddisfare l’anima, ma lo è il sen-tire e gustare le cose internamente».

L’atteggiamento della nostra società è quello diamare il possesso esteriore, l’aumento delle cono-scenze con tutti gli strumenti possibili, in modo taleche la vita sia sempre più ricca, soddisfatta e sicura.

L’insegnamento di Gesù, invece, è un altro. Sepermettiamo alla Parola di Dio di scendere in pro-fondità, saremo in grado di scegliere le realtà essen-ziali.

È questa la vera sapienza del cuore da implorareda Dio, più dell’intelligenza e dell’abilità!

12 luglioXV domenicadel Tempoo rd i n a r i oIs 55, 10-11Sal 64Rm 8, 18-23Mt 13, 1-23

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

farsi carico di mantenere unito il mistero pur articolandolo nellediverse fasi di espressione. Il mistero quando è colto nella suarealtà profonda, richiede il silenzio. Una vera catechesi non saràmai tentata di dire tutto sul mistero di Dio. Al contrario, essadovrà introdurre alla via della contemplazione del mistero fa-cendo del silenzio la sua conquista.

Il D i re t t o r i o , pertanto, presenta la catechesi kerygmatica non co-me una teoria astratta, piuttosto come uno strumento con unaforte valenza esistenziale. Questa catechesi trova il suo punto diforza nell’i n c o n t ro che permette di sperimentare la presenza diDio nella vita di ognuno. Un Dio vicino che ama e che seguele vicende della nostra storia perché l’incarnazione del Figlio loimpegna in modo diretto. La catechesi deve coinvolgere ognu-no, catechista e catechizzando, nell’esperire questa presenza enel sentirsi coinvolto nell’opera di misericordia. Insomma, unacatechesi di questo genere permette di scoprire che la fede èrealmente l’incontro con una persona prima di essere una pro-posta morale, e che il cristianesimo non è una religione del pas-sato, ma un evento del presente. Un’esperienza come questa fa-

vorisce la comprensione della libertà personale, perché risultaessere il frutto della scoperta di una verità che rende liberi (cfr.Gv 8, 31).

La catechesi che dà il primato al kerygma si pone all’opp ostodi ogni imposizione, fosse anche quella di un’evidenza che nonpermette vie di fuga. La scelta di fede, infatti, prima di conside-rare i contenuti a cui aderire con il proprio assenso, è un atto dilibertà perché si scopre di essere amati. In questo ambito, è be-ne considerare con attenzione quanto il D i re t t o r i o propone circal’importanza dell’atto di fede nella sua duplice articolazione(cfr. n. 18). Per troppo tempo la catechesi ha focalizzato il suoimpegno nel far conoscere i contenuti della fede e con qualepedagogia trasmetterli, tralasciando purtroppo il momento piùdeterminante come l’atto di scegliere la fede e dare il proprioassenso.

Ci auguriamo che questo nuovo Direttorio per la Catechesipossa essere di vero aiuto e sostegno al rinnovamento della ca-techesi nell’unico processo di evangelizzazione che la Chiesa daduemila anni non si stanca di realizzare, perché il mondo possaincontrare Gesù di Nazareth, il figlio di Dio fatto uomo per lanostra salvezza.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 6

Un nuovo «Direttorio per la Catechesi»

Page 15: L’Osservatore Romano - Vatican News...potenza e di terrore con la voce celeste, ci tor-menterà all’infinito perché ci tormenta con l’approvazione della propria coscienza, e

Oggi si tiene la quarta Conferenzadell’Unione Europea e delle Nazioni Uniteper “sostenere il futuro della Siria e della

re g i o n e ”. Preghiamo per questo incontro,perché al primo posto ci sia il bene dei popoli,

che hanno bisogno di cibo,di cure mediche, di scuole, di lavoro

(@Pontifex, 30 giugno)

#controcopertina