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L’OLIO EXTRAVERGINE IN CUCINA i segreti di un protagonista della gastronomia mediterranea di Raffaele Sacchi

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L ’ O L I O E X T R A V E R G I N EI N C U C I N Ai segreti di un protagonista della gastronomia mediterranea

di Raffaele Sacchi

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S O M M A R I O

• Presentazione 5• Introduzione 6• Olio extravergine e salute 10• Olio extravergine: alimento funzionale

e profumo alimentare 14• L’aroma dell’olio extravergine 16• L’amaro-piccante dell’olio 18 • Olio in cucina: a crudo o a cotto 22• Olio e pomodoro 26• L’arrosto e l’olio extravergine 28 • Tonno sott’olio 30• L’olio extravergine in frittura 32• E l’olio sulla pizza? 36• L’olio extravergine e la sua scelta 38• L’insalata caprese: mozzarella, pomodoro,

olio, sale e basilico 40• Dolci, creme e gelati all’olio extravergine 42• Gli oli campani nella mia cucina 44• Dove comprare l’olio? 46• Ma come si capisce quando l’olio è buono? 48• L’olio è buono quando … 51• L’olio non è buono quando … 51• Impariamo ad assaggiare: è facile! 53• Come conservare l’olio a casa 54• L’olio al ristorante 54• I bambini e l’olio 56• Per concludere 57• Ringraziamenti 58• Bibliografia ed approfondimenti 59• L’autore 63

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P R E S E N T A Z I O N E

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I N T R O D U Z I O N E

Tra i grassi destinati all’alimentazioneumana l’olio di oliva è il più antico.A Cretanel terzo millennio avanti Cristo esisteva-no già frantoi in pietra inventati dai Greci.Sembra, infatti, che solo molti anni dopo,nei paesi del Nord Europa, si sia comincia-to a separare grasso per affioramentospontaneo dal latte degli animali allevati oa separare per colatura i grassi di deposi-to del maiale (strutto) e del bovino (sego).Gli oli di semi, anch’essi già ottenuti nell’an-tichità, sono stati estratti a livello industria-le ed utilizzati per l’alimentazione solo apartire dal secolo scorso.Nel bacino del Mediterraneo, oltre cheper l’alimentazione, l’olio di oliva è stato dasempre da sempre impiegato per usidisparati, ad esempio per l’illuminazione ela cosmetica. In particolare, è stato utilizza-to sia come condimento per ortaggi, ver-dure, pesce, carni, legumi e cereali sia perla cottura di cibo, nella straordinaria evolu-zione che ha avuto nei secoli la gastrono-mia mediterranea, abile a combinare edesaltare i sapori e le caratteristiche saluta-ri di pochi ingredienti semplici, quasi tuttidi origine vegetale.La tradizione gastronomica delMezzogiorno d’Italia, si fonda propriosull’uso dell’ olio di oliva. La Campania èsituata proprio all’epicentro della cosidetta“dieta mediterranea”, uno stile di alimen-tazione illustrato al mondo scientifico dallostudioso americano Ancel Keys. Questoemerito nutrizionista rilevò che il segreto

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della salute delle nostre genti di 50 anni fa o più era legatoal consumo dell’olio di oliva, di cereli, legumi, verdure e frut-ta, pesce e poca carne. Poco o niente grassi animali.Ancel Keys si innamorò del Cilento dove ha vissuto … finoa 100 anni! Quanti anni sarebbe vissuto se fosse rimasto avivere negli USA mangiando con lo stile “americano”?Negli ultimi 50 anni la cosidetta “dieta mediterranea” si è dif-fusa in tutto il mondo ed insieme ad essa il consumo di oliodi oliva proprio per i suoi benefici effetti sulla salute. Ma l’oliodi oliva si è anche diffuso perché contribuisce attivamente aconferire odore e sapore al cibo.Sostituendo l’olio extravergine di oliva con un olio diverso,un piatto cucinato perde i propri particolari profumi e lapropria magia. Perché si tratta di vera e propria magia. Oggisappiamo che l’olio contiene centinaia di profumi naturalidiversi, ed oltre 50 sostanze minori che sono attive sullanostra salute. Esse comprendono antiossidanti, anticancero-geni, ipotensivi naturali, acidi grassi benefici per le nostrearterie, fattori di protezione dei nostri organi e vitamine nonapportate da altri alimenti.Insomma, un unguento miracoloso per il nostro stomaco,quasi un farmaco naturale o, meglio, un vero e proprio “ali-

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mento funzionale” naturale. Alimenti ditipo “nutraceutico” sono sempre più ricer-cati per soddisfare il vago bisogno di salu-te espresso da un consumatore pocoinformato, che ignora prodotti ad altovalore salutistico presenti … tra gli alimen-ti tradizionali.Ma l’olio extravergine di oliva è anche unvero e proprio “profumo alimentare”. Unolio di semi è inodore, unge solamente,apporta calorie e se usato per friggeregenera prodotti dannosi alla salute. Unolio di oliva extravergine, crudo o cotto,apporta benessere, salute e piacere alpalato conferendo ad ogni piatto aromi esapori speciali.Se entrate nella cucina di un grande cuocoo di un “piccolo grande gastronomo” neuscite con una certezza: l’olio extravergineè il migliore olio esistente, naturale, puro,ricco di sapore e di odori.In queste pagine cercherò di dare qualcheinformazione “scientifica” sui componentinaturali dell’olio e sulla loro interazionecon gli altri ingredienti nella preparazionedi piatti della nostra cucina tradizionale oinnovativa.Da più di 20 anni studio la chimica e la tec-nologia dell’olio di oliva, e cerco di deci-frarne sapori ed odori. Da quasi 30 annicucino. Ho imparato le basi con la mianonna di Amalfi, con mia madre e miopadre. Poi ho cominciato a “fare il cuoco”quando frequentavo la Facoltà di Agraria(nella quale attualmente lavoro) ed hocucinato per i miei 13 compagni e amiciche si sono avvicendati negli anni in un’an-tica, bellissima e decrepita casa nel centro

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storico di Napoli, nella quale vivevamo. Il mio privilegio erache in cambio del servizio creativo reso … non lavavo mai ipiatti. Dai tempi dell’università ho poi quasi sempre cucinatoa casa mia. Per necessità, per i miei figli, per gli amici, peramore.Ho avuto il privilegio di usare oli provenienti da tante regio-ni, Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise, Sardegna,Calabria. Poi anche oli della Sabina, Umbria,Toscana, Liguria.Oggi ricevo spesso olio in regalo dai tanti amici produttori, eci sono quelli che studiamo per fare le nostre ricerche sullaqualità.Secondo me, in cucina, ogni olio extravergine buono … èbuono. Nel senso che disquisire troppo sugli abbinamenti,sugli usi più adatti può essere superfluo. Quando l’olio èbuono, è sempre buono.Ma, come dice la bellissima canzone napoletana L’ammore ècomme ‘o zucchero, che ebbi la fortuna di ascoltare alcuni annifa direttamente dal suo autore Egisto Sarnelli, l’olio extraver-gine, come tante cose, come l’amore, come lo zucchero ecome il miele, s’adda sapè ausà … si te vuò cunzulà. Si devesapere usare … se ne vuoi gioire.In questo piccolo volume, scritto velocemente dopo lunghianni passati ad accumulare, piccole scoperte, emozioni eriflessioni, ho cercato di spiegare, in chiave chimica il più ele-mentare possibile (diciamo alla Piero Angela), quello che suc-cede all’olio extravergine soprattutto durante la cottura e diillustrare alcune delle magie che evvengono a livello moleco-lare e che conferiscono sapore e salute ai nostri piatti.Dalle patatine fritte alle carni e pesci arrostiti, dai ragù piùelaborati alle salse veloci, dalla pizza … al tonno sott’olio.Buona lettura!

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O L I O E X T R A V E R G I N E E

S A L U T E

L’olio di oliva fa bene. Si sa. Lo dicono tutti.Come la frutta fresca e la verdura.“Antiossidanti”, “radicali liberi” e “omega-3” sono parole-chiave che sentiamo quasiogni giorno per televisione.E se volessimo riportare dettagliatamentei risultati degli studi sulle proprietà salutisti-che dell’olio di oliva non basterebbe unlibro per fare una raccolta completa deirisultati delle ricerche mediche e nutrizio-nistiche degli ultimi 20 anni.Tra il 1985 edil 2008 sono state pubblicate circa 4000ricerche su riviste scientifiche internazio-nali. Che l’olio facesse bene lo sapevanoanche gli antichi Greci, Plinio, Catone, e laScuola Medica Salernitana.Poi, a partire dagli anni '70, sembra chel’umanità lentamente ma progressivamen-te abbia messo da parte e dimenticatoquesta acquisizione millenaria.Eh! Ma erano stati “inventati” gli oli di semi!Più acidi grassi poliinsaturi, più moderni.Più “leggeri”. Più …industriali! Sembravache l’olio di oliva non avesse speranze disopraffare questi oli. Che si diceva (e alcu-ni medici purtroppo ancora lo scrivono!)facessero molto meglio alla salute.Poi, viene fuori che non è affatto così. E’proprio l’olio di oliva che fa bene, perchécontiene acidi grassi monoinsaturi (l’acidooleico) e, in particolare, l’olio extravergine,che contiene sostanze benefiche unichequali i componenti minori fenolici (agliconidell’oleuropeina, idrossitirosolo, lignani,

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secoridoidi, oleacine), i tocoferoli (alfa-tocoferolo o pro-vita-mina E), il beta-carotene (vitamina A), lo squalene, il beta-sitosterolo. In quindici anni (1994-2008) sono stati pubblica-ti 113 studi sull’oleuropeina.Ed oggi è sempre più chiaro che l’olio extravergine di olivacontiene sostanze benefiche ad azione antitumorale, antico-lesterolo, anti-infiammatoria, antiartritica, digestiva, ipotensiva,antitrombotica, neuroprotettiva. Un vero e proprio toccasa-na. Ricerche scientifiche svolte in tutto il mondo sono sem-pre più concordi a dimostrarlo.E grandi passi in avanti sono stati fatti da quando il nutrizio-nista americano Ancel Keys dimostrò, nel famoso SevenCountries Study, il valore di quella che fu poi identificatacome “dieta mediterranea” e che non era nient’altro che ilcostume alimentare dei nostri nonni. Mi hanno recentemen-te raccontato che Ancel Keys diceva ai suoi amici a Pioppi(Salerno), dove decise di trasferirsi a vivere dopo i suoi studi,che il segreto della salute del cilentano, ovvero il segretodella dieta mediterranea, era legato al fatto che ognunoaveva ogni giorno a portata di mano tre cose di valore ine-stimabile: l’orto con le sue verdure e frutta di stagione, ilmare e la possibilità di avere spesso pesce fresco e … glialberi di ulivo tutti intorno, da cui ognuno da sempre ha rica-vato il proprio olio.Oltre agli effetti fisiologici misurati dai nutrizionisti, c’è daaggiungere che la soddisfazione del gusto e dell’olfatto, ilsenso di sazietà, lo stimolo alle funzioni gastriche che l’extra-vergine produce sono cose non facilmente misurabili e chepotrebbero anch’esse influire sul nostro benessere psico-fisi-co più generale. Già tra il XIV ed il XV secolo diversi medi-ci e gastronomi dell’epoca pre-moderna introducono la figu-ra del “cuoco galenico” ed il concetto che fa bene mangiarealimenti che stimolano positivamente i sensi, che danno pia-cere. E l’olio extravergine può essere considerato un vero eproprio prototipo di “alimento galenico” considerando le suevirtù di stimolante alla digestione, i suoi profumi ed il suoruolo protettivo sulle nostre mucose. L’ideale per iniziare unpasto.

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Ma che cos’ha di particolare l’extravergineche non hanno altri oli?Come tutti gli oli e grassi, l’olio extravergi-ne è formato per circa il 98% da trigliceri-di. Questi, nell’olio di oliva, sono caratteriz-zati dal contenere acidi grassi tra cui pre-domina l’acido oleico (65-80%), acidograsso monoinsaturo che conferisce allenostre lipoproteine ematiche e membranecellulari fluidità e funzionalità. E’ inoltremolto più stabile all’ossidazione rispetto aiprincipali oli di semi ricchi di grassi poli-insaturi.L’olio extravergine contiene anche, in pic-cole ma significative quantità, numerosissi-mi componenti naturali derivanti dal frut-to dell’oliva (Olea europaea) che si ritro-vano nell’olio in virtù della particolare tec-nica estrattiva, di natura esclusivamentemeccanica ed a basse temperature, cheagiscono in modo da renderli solubili nel-l’olio.Alcune di queste sono sostanze a spiccataattività antiossidante, come gli orto-dife-noli (sostanze derivate dall’oleuropeina,tipico composto amaro dell’oliva conte-nente idrossitirosolo), i tocoferoli (alfa-tocoferolo o pro-vitamina E), i carotenoidie lo squalene. Vi è poi tutta una serie dimolecole (oleacine, oleocantale, beta-sito-sterolo) a cui sono state attribuite azioniipotensiva (il decotto di foglie di olivo eragià noto alla Scuola Medica Salernitanacome rimedio per abbassare la pressionearteriosa) ed anti-infiammatoria.Per tutti questi motivi l’olio extavergine dioliva è l’olio vegetale più stabile all’ossida-zione (fenomeno cui vanno incontro tutti

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gli oli durante la loro conservazione), resiste bene al riscalda-mento, e quando ingerito trasferisce le sue proprietà (ovve-ro quelle dei suoi componenti) ai nostri grassi corporei. Ilquadro lipidico del nostro corpo ne risente positivamente, inparticolare se confrontato con quello rilevato con un preva-lente consumo di grassi animali e margarine che fannoaumentare gli acidi grassi saturi “cattivi” per le nostre arterie.Rispetto agli oli di semi, ricchi in polinsaturi, dal punto di vistadella salute l’olio extravergine di oliva non ha paragone: siossida di meno perché è ricco di grassi a basso grado di insa-turazione (monoinsaturi) ed è l’unico olio alimentare estrat-to con procedure esclusivamente fisiche (pressione, centrifu-gazione). Pochi sanno che gli oli di semi vengono raffinatiindustrialmente dopo essere stati estratti con solvente orga-nico che in genere è l’esano (idrocarburo). L’ olio privato dalsolvente viene poi disacidificato con sostanze basiche, deco-lorato su terre decoloranti e poi deodorato sotto vuotospinto a temperature intorno ai 200°C.Per tutti questi motivi, l’olio extravergine di oliva si sta diffon-dendo ed apprezzando sempre più nel mondo, anche trapopolazioni che fino a pochi anni fa non lo producevano econsumavano (USA, Europa del Nord, Giappone, etc.).La superiorità nutrizionale dell’olio extravergine emerge pro-gressivamente sempre in modo più netto. Sfortunatamente,anche per effetto del suo costo, l’extravergine viene ancoraconsiderato come un olio “da condimento”, da usare a crudoin piccole quantità. E se questo è in parte vero, vedremocome è limitativo rispetto al suo uso che è quello di vero eproprio “principe della cucina”.

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OLIO EXTRAVERGINE :AL IMENTO FUNZIONALE E

PROFUMO AL IMENTARE

L’extravergine contiene diverse molecoleche possono esplicare importanti funzionimetaboliche sul nostro organismo quandoingerite ed assorbite. Queste fanno del-l’extravergine un vero e proprio functionalfood naturale. L’olio extravergine, però,deve la sua crescente diffusione nelmondo anche perché non è solo un pro-dotto salutistico ma è anche un vero eproprio “profumo alimentare”.Al suo interno, infatti, sono contenutesostanze con forte impatto sensoriale siasull’olfatto che sul gusto (aromi, compostifenolici). L’insieme di queste sostanze con-tribuisce a definire la complessità olfatto-gustativa dei piatti nei quali l’olio è impie-gato.Le conoscenze scientifiche e l’accertamen-to analitico della qualità degli oli vergini dioliva sono piuttosto recenti. E’ solo dal1991 che a livello dell’Unione Europea èstato definito un criterio comune di analisie classificazione degli oli vergini di oliva edè stata introdotta l’analisi sensoriale (paneltest) come prova dell’assenza di difetti nel-l’olio. Pur essendo chiaro già nel 1901 chel’olio non doveva presentare difetti, non sidisponeva fino al 1991 di metodi oggettiviper accertarne la presenza.Nella gastronomia tradizionale campananon si parla quasi mai del tipo di olio dausare. E’ implicito l’uso dell’olio extravergi-ne di oliva detto semplicemente l’uoglio.

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Ippolito Cavalcanti, gastronomo napoletano, nel 1837 consi-glia sempre però l’uso di “ottimo oglio” oppure di “oglio il piùperfetto” da impiegare nelle sue dettagliate ricette.Successivamente non ci sono molti riferimenti in gastrono-mia alla qualità dell’olio di oliva. Non ci stupisce quindi chesolo negli anni più recenti la ristorazione stia ponendo piùattenzione all’olio ed alla sua qualità, al suo gusto amarogno-lo e pungente, ai suoi profumi, rendendosi conto dell’enor-me contributo che l’olio extravergine può dare alla qualità diun piatto.

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L ’ A R O M A D E L L ’ O L I OE X T R A V E R G I N E

Con le moderne tecniche di analisi degliaromi, quelle che si impiegano anche nel-l’industria dei profumi, nell’olio sono statiidentificati oltre cento componenti volatiliche, alla nostra temperatura corporea,vaporizzano investendo i recettori olfattividella cavità retronasale. Tutte questesostanze, ognuna caratterizzata da unaparticolare attività sul bulbo olfattivo, con-tribuiscono, nel loro insieme, a formarel’aroma dell’olio.Le principali sostanze (quelle più abbon-danti e percepite con maggiore sensibilitàdal nostro naso) in un olio extravergine dialta qualità derivano dalle reazioni biochi-miche naturali che si innescano nell’olivadurante la molitura e l’estrazione dell’olioin frantoio.La loro composizione è alla base delladiversità di aroma che si riscontra tra i sin-goli oli extravergini e varia con la varietà dioliva, con il grado di maturazione, con latemperatura di estrazione e con vari altrifattori. L’aroma è composto da diverseclassi di sostanze chimiche naturali (aldeidi,alcoli, esteri, chetoni, terpeni, etc.) che, nelloro complesso e con il loro equilibrio,danno luogo alle sensazioni olfattive chesono identificate con i termini di erbaceo,fruttato, floreale, vegetale, mandorlato,percepite con varia intensità da un olioall’altro.Sono sostanze di diversa volatilità, diodore delicato, che facilmente si ossidano

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durante la conservazione dell’olio, che, se protratta a lungo,fa registrare la perdita dei profumi originari e la neo-forma-zione di componenti ossidati per azione dell’ossigeno disciol-to nell’olio, soprattutto in bottiglie trasparenti esposte allaluce. La prevalenza di queste ultime sostanze trasforma l’aro-ma originario di olio fresco (verde, gradevole, fruttato ederbaceo) in un odore sgradevole tipico dell’olio rancido.Purtroppo il consumatore è abbastanza assuefatto a questoodore negativo, non di rado percepito nelle anonime olieredi molti ristoranti! Chi è abituato al consumo di olio di scar-sa qualità addirittura identifica con questo odore “l’odoredell’olio”.Sentire l’odore fresco, verde, fruttato e gradevolmente pun-gente di un olio extravergine per chi è abituato a oli inodo-ri o rancidi rappresenta una esperienza rivoluzionaria, da cuipartire per la rieducazione delle abitudini alimentari ed ilconsumo di extravergine di alta qualità.

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L ’ A M A R O - P I C C A N T ED E L L ’ O L I O

Oltre che da un profumo unico, l’olioextravergine è caratterizzato da un tipicogusto amaro e piccante-pungente, più omeno pronunciato a seconda dell’originevarietale e della “storia” dell’olio.L’amaro, percepito soprattutto al centro ein fondo alla lingua, è dovuto principal-mente ai composti fenolici antiossidantitipici dell’oliva (secoridoidi, derivati del-l’oleuropeina) ma anche ad alcuni compo-nenti volatili (aldeidi, esenolo) che interagi-scono con gli organi dell’olfatto e con irecettori del gusto.I composti fenolici dell’olio extravergine,pur essendo stati studiati per le loro pro-prietà già dagli anni ’70 sono stati identifi-cati soprattutto negli ultimi 15 anni. Essisono solubili prevalentemente in acqua, e,solo in piccola parte, si “ripartiscono” nel-l’olio durante la frangitura e l’estrazionedell’olio in frantoio. Derivano da compostinaturali presenti nell’oliva, detti “secoridoi-di” (oleuropeina, ligstroside) e “lignani”(pinoresinolo, deacetossi-pinoresinolo).Nella Figura 1 sono rappresentate le strut-ture chimiche dei principali componentidell’olio extravergine a cui sono associateattività antiossidante (1 e 2), antinfiamma-toria (3) e ipotensiva (1-4). Questi com-ponenti sono esclusivi dell’oliva (non sitrovano negli oli di semi) e sono distrutticon i processi industriali di raffinazionedell’olio per abbasarne l’acidità organica eeliminare i composti ossidati. L’olio extra-

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vergine, l’unico olio che non subisce trattamenti di raffinazio-ne, contiene questi componenti bioattivi in quantità variabilitra 100 e 600 mg/Kg. Piccole quantità, ma sufficienti a faredell’olio un vero e proprio alimento funzionale, quasi un far-maco naturale.Oltre ad avere queste importanti funzioni biologiche, però,queste sostanze sono amare e piccanti, hanno cioè un forteimpatto sul nostro gusto.Quando un olio contiene elevati livelli di questi composti,esso risulta più antiossidante e benefico ma anche piùamaro-piccante. In un olio fresco, questo carattere varia conla zona di coltivazione, la temperatura, la varietà, decrescecon l’avanzare della maturazione (l’oliva si addolcisce), e variafortemente con le condizioni di estrazione in frantoio.Queste sostanze fenoliche amare proteggono l’olio dallo svi-luppo della rancidità e si decompongono lentamente duran-te la conservazione dell’olio per ossidazione.In un olio appena ottenuto in frantoio od anche ben conser-vato, al riparo dall’aria e dalla luce, ritroviamo quantità mag-giori di questi componenti bioattivi e possiamo accorgerce-ne perché l’olio ha un sapore amarognolo e “pizzica ingola”… Quando l’olio invecchia tende a perdere il carattereamaro che va considerato, quando non estremo, un caratte-re di qualità.Va infine ricordato (e ne riparleremo a proposito della cot-tura) che in presenza di acqua queste sostanze amare pos-sono “idrolizzarsi” (si spaccano in due molecole più piccolecon proprietà diverse) perdendo così il loro carattere amaro(Figura 2).

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Figura 1. Struttura chimica dei principali composti fenolici complessi dell’olio extravergi-ne di oliva (1, aglicone dell’oleuropeina; 2, forma dialdeidica della demetiloleuropeina; 3,aglicone del ligstroside; 4, forma dialdeidica del ligstroside, 5, pinoresinolo).

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Figura 2. Reazione di idrolisi che avviene in presenza di acqua a carico dei componentifenolici amari (1) dell’olio extravergine con formazione di fenoli semplici (2, idrossitiro-solo) e acido elenolico (3), non più amari.

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O L I O I N C U C I N A :A C R U D O O A C O T T O ?

In relazione a quanto detto finora sull’aro-ma e sui componenti antiossidanti dell’olioextravergine, il primo punto su cui porre lanostra attenzione è il tradizionale dilemmalegato alla sua modalità d’uso. Convieneimpiegarlo crudo o cotto? E cosa cambiain un piatto con l’una o l’altra modalità?Molti ritengono che l’olio extravergine dialta qualità esprima tutti i suoi pregisoprattutto a crudo: e che sia quasi spre-cato impiegare un buon olio extravergineper cucinare perchè troppo costoso.Questo è vero solo in parte.Per esprimere una valutazione “scientifica”sulla questione possiamo fare riferimentoancora una volta ai due aspetti fondamen-tali che caratterizzano la qualità dell’olioextravergine: quello nutrizionale e quellosensoriale.Per quanto riguarda il primo aspetto,dovremmo fare in modo da preservarenel piatto finito il massimo contenuto ori-ginario di antiossidanti dell’olio e la mino-re degradazione termo-ossidativa subitadagli altri componenti nobili degli ingre-dienti durante la cottura.Per quanto riguarda il secondo, dovremmoinvece (ovviamente) garantire la massima(o la giusta) intensità dei profumi ed aromigradevoli.L’uso a crudo dell’olio extravergine neesalta certamente il carattere di “profumo

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alimentare” e massimizza il contenuto dei suoi componentibioattivi e benefici di cui si è parlato in precedenza. Questesostanze possono perdersi in parte o del tutto con la cottu-ra, soprattutto se prolungata, o, come vedremo, interagirecon gli altri ingredienti o componenti della pietanza.Nell’uso a crudo l’olio presenta anche il massimo del suocarattere amaro-piccante che tende invece a ridursi durantela cottura. Vi è infatti una forte interazione dei fenoli amaridell’olio con gli altri componenti nel corso della cottura,soprattutto se effettuata in un ambiente acquoso acido (adesempio un succo di pomodoro) o a contatto con latte eprodotti derivati del latte.In pentola avvengono:a) fenomeni fisici a carico dei fenoli amari, che migrano dal-l’olio alla fase acquosa, soprattutto se vi è il riscaldamento delsistema,b) fenomeni chimici come l’idrolisi dei fenoli complessi (agli-coni), soprattutto in ambiente acido o durante la cottura inambiente acquoso, con perdita del carattere amaro (figura2).Una reazione specifica di alcune sostanze dell’olio con altriingredienti è poi la formazione di addotti con le proteine dellatte (caseine, lattoglobulina). A contatto con formaggio ocon ricotta, i componenti amari dell’olio si legano in modostabile alla componente proteica, perdendo la propriacarica amara. Un fenomeno simile avviane ancheper alcune sostanze volatili piccanti o pungentipresenti nell’olio (aldeidi). Anche per questesostanze si verifica una reazione di “inertizza-zione” a contatto con matri-ci proteiche.La cottura, quindi,può significativa-mente ammor-bidire l’aggres-

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sività di un olio extravergine, proprio graziea queste reazioni che avvengono progres-sivamente durante il trattamento termicodi cottura.L’olio extravergine cotto, allora, oltre apoter perdere o attenuare il carattereamaro, perde anche le sue proprietàantiossidanti?Solo in parte. Gli antiossidanti insieme adaltri ingredienti dell’olio fungono da scudocontro l’ossigeno dell’aria durante la cottu-ra e tendono a migrare dall’olio verso l’ac-qua. In tale azione gli antiossidanti dell’oliosi modificano in maniera progressiva e con-tinuano ad esplicare fino ad esaurimentol’azione protettiva contro l’ossigeno ed iradicali liberi. Ne consegue che, a seguito dicottura, si può registrare solo un parzialeconsumo di antiossidanti dell’olio extraver-gine con riduzione della degradazione acarico di altri componenti della pietanza incottura. Parallelamente si osserva un’inten-sa interazione tra proteine aromi e fenolidell’olio (che, come visto in precedenza,possono essere intrappolati o mascheratidalle proteine) ed una perdita degli odoriper evaporazione od ossidazione. Alla finedella cottura non ritroveremo nell’alimentocotto gli aromi fragranti, erbacei, fruttatidell’olio fresco impiegato, ma odori atte-nuati, diversi ed, in relazione al tipo di cot-tura e degli ingredienti in cottura, una ridu-zione più o meno pronunciata delle sensa-zioni amare e piccanti.Ovviamente, in un alimento cotto l’aroma

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finale non è la sommatoria degli aromi dei singoli ingredienticrudi. A caldo si verificano una miriade di reazioni chimiche(ossidazioni, idrolisi, reazione di Maillard, etc.) a carico deidiversi componenti della pietanza (carboidrati, proteine, olio,etc.) con formazione di nuovi aromi. Al termine della cotturanon sempre è possibile scomporre il profumo complessivoed individuare il contributo apportato da ciascuno ingredien-te sul prodotto finito. Lo sappiamo tutti: la cucina è un po’un’alchimia!E l’olio con la sua presenza può contribuire anche alla forma-zione di nuovi aromi, oltre che apportare i suoi aromi origi-nari. Ma, di fatto, nella cottura prolungata quasi sempre l’inten-sità del profumo originario dell’olio è fortemente attenuata afine cottura, soprattutto se prolungata.L’olio extravergine ha quindi svariate funzioni durante la cot-tura: un’ azione antiossidante, un apporto di aromi, una fontedi nuovi aromi e sapori. Nella cottura prolungata, tuttavia, per-diamo quasi tutte le fragranze aromatiche originarie, il carat-tere erbaceo, l’amaro, il pungente, l’odore di oliva o di fogliache percepiamo in molti extravergini freschi. Soprattutto alcu-ni componenti aromatici più volatili (esteri) si perdono facil-mente in cottura.Durante la cottura l’olio solubilizza anche molti degli aromipresenti negli altri ingredienti, contribuisce a formare la crostain alcune modalità di cottura (frittura, stufatura, soffrittura) enelle emulsioni olio-acqua, come ad esempio alcune salse,contribuisce alla particolare viscosità-cremosità del prodotto.Per tutti questi motivi molti impiegano l’olio extravergine soloin parte dall’inizio della cottura, aggiungendone un filo a finecottura o direttamente sul piatto. Spesso senza sapere benequello che succede, ma semplicemente per esperienza o perspirito di osservazione.Quindi, anche se tutto dipende dal tipo di piatto che stiamopreparando, possiamo affermare che l’extravergine va usato... sia a crudo che a cotto!

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O L I O E P O M O D O R O

Nella nostra gastronomia, a partire dallasua introduzione, probabilmente intornoal 1600 ad opera degli spagnoli, il pomo-doro è gradualmente diventato, con lapasta e la pizza, un vero protagonista.L’elevato consumo di pomodoro caratte-rizza oggi la nostra dieta rispetto a quelladi altre popolazioni europee e non, conimplicazioni positive sempre più chiaresulla nostra salute. Gli effetti benefici delconsumo di pomodoro sono infatti legatiall’elevato contenuto di sostanze carote-noidi (come il licopene, che conferisce ilcolore rosso) e flavonoidi con spiccataazione antiossidante ed anticancro.E il partner ideale del pomodoro è pro-prio l’extravergine. Olio e pomodoro siincontrano spessissimo nella nostra cucina.Sia a crudo che a cotto, per dare origine adelle meravigliose invenzioni: insalate, salsee … il famoso ragù. Recenti studi dimo-strano sempre più che una delle magiedella nostra cucina è proprio l’incontro traolio extravergine e pomodoro: a cottoanche meglio che a crudo.L’olio extravergine di oliva, infatti, oltrea fungere da solvente per i carote-noidi del pomodoro e favorirne labiodisponibilità (i carotenoidi sisciolgono nell’olio e vengonoassorbiti più facilmente), coni propri antiossidanti pro-

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tegge i componenti nobili del pomodoro durante la cottura,anche prolungata per diverse ore.Studiando ciò che avviene durante la cottura di una salsa oun ragù si vede come, paradossalmente, l’attività antiossidan-te di un sistema olio extravergine-pomodoro non diminuiscaper effetto del calore ma addirittura aumenti dopo la cottu-ra! Studiando la risposta antiossidante del nostro organismodopo l’ingestione di alimenti a base di olio-pomodoro èstato anche dimostrato che solo l’uso dell’olio extravergineha questi effetti fisiologici, facendo registrare anche nelnostro sangue un aumento della difesa antiossidante dopoaver ingerito una bella salsa olio di oliva-pomodoro, mentrese si utilizza un olio di semi (ad esempio di girasole) al postodell’extravergine, la miscela olio-pomodoro non ha alcuneffetto.Olio extravergine e pomodoro, quindi, molto bene insiemee … meglio a cotto che a crudo, sia da un punto di vistanutrizionale che gastronomico.Se trasferiamo queste interessanti scoperte nel nostro farecasalingo e nella nostra cucina tradizionale, sveliamo partedei benefici e dei piaceri che derivano dai tantissimi piatti incui olio extravergine e pomodoro danno colore, profumi,gusti e benessere ai nostri piatti. Da quelli più semplici (unasalsetta veloce di pomodorini in olio extravergine che si

colora rapidamente di arancione solubilizzando il licopenee gli aromi) a quelli più elaborati quali il ragù, con la

sua cottura lenta ed a bassa temperatura neltegame di terracotta. Carni, pesci e verdure

cotte lentamente in questo ambienteacido ed antiossidante sviluppano aromie mantengono la loro qualità nutriziona-le. Oltre agli scambi di antiossidanti chesi osservano durante la cottura tra lefasi olio e pomodoro, infatti, la cotturadel succo acido del pomodoro gene-ra aromi e profumi unici ...

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L ’ A R R O S T O E L ’ O L I OE X T R A V E R G I N E

Oggi l’arrosto raramente si fa “alla griglia”sulla brace, ma più spesso sulla piastra eviene considerato un alimento magro, dacucinare velocemente … senza olioaggiunto. Una pratica arcaica che si staperdendo nell’uso domestico e anchenella ristorazione è infatti la breve marina-tura (in poco olio, erbe e aromi) che pre-cedeva la cottura. In me sono vivi i ricordidi mia nonna intenta a questa operazioneprima dei suoi profumati e succosi arrostie nell’atto di spennellare con una foglia diprezzemolo il pesce e la carne ad ognigirata della griglia sulla brace.Che cosa succede se l’arrosto è effettuatodopo marinatura in olio?In uno studio condotto pochi anni fa incollaborazione con l’Università di Lund(Svezia) è stato possibile dimostrare comealcune sostanze (ammine eterocicliche)potenzialmente cancerogene che si posso-no originare durante l’arrostimento dellecarni per degradazione delle proteine, siformano in misura molto ridotta in pre-senza degli antiossidanti fenolici estrattidall’olio extravergine e anche con l’oliousato tal quale. E’ un risultato sorprenden-te che va oltre ogni aspettativa perché lapresenza di olio dovrebbe contribuire adaumentarne la concentrazione. Altramagia dell’extravergine! La carne o i pesci(le proteine) arrostiti o fritti in olio extra-

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vergine hanno livelli bassissimi di ammine eterociclichepotenzialmente dannose per la nostra salute.La nostra “cultura moderna” e l’esigenza di “fast food” e di“cibi light” ci ha portato quasi a demonizzare l’olio, preferen-do un hamburger semi-carbonizzato ad una buona bisteccamarinata prima nell’olio, un pesce secco e stracotto, asciuttoe stopposo, a un pesce arrostito bene spennellandolo diolio-erbe-e-limone durante l’arrostimento.Emerge la sapienza antica, intuitiva, basata sul tramandarsitecniche e piccole scoperte, che ha fatto sviluppare l’uomoe la cultura gastronomica nel Mediterraneo. Ed emergeanche come scienze considerate attuali ed assolutamentenuove, quali la “gastronomia molecolare” (che studia propriole basi chimiche dei fenomeni che avvengono in gastrono-mia), non facciano altro che svelare i segreti di un saperearcaico in cui l’esperienza, l’acuto senso di osservazione, l’as-soluto controllo della qualità e freschezza degli ingredienti, laripetibilità dei gesti, dei tempi e delle condizioni di cottura, laconcentrazione e l’amore sono tutto: arte e tecnologiagastronomica.Basandoci quindi su queste riflessioni e sui dati scientifici,anche quando facciamo l’arrosto a casa e non abbiamo la

brace ma la piastra o la padella-che-non-attacca,dovremmo lasciare marinare carne o pesce

qualche minuto prima della cottura conpochissimo olio e tutto ciò che tradizio-

nalmente si è usato e più ci piace (ori-gano, rosmarino, foglie di mirto, semidi finocchio, vino rosso, limone,etc.): anche questi ingredienti, insinergia con l’olio extravergine,apportano antiossidanti edaroma.

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T O N N O S O T T ’ O L I O

Nel 1990, studiando i famosi “acidi grassiomega-3” contenuti nel tonno in collabo-razione con l’Instituto de InvestigacionesMarinas (CSIC) di Vigo (Spagna), centro diricerca specializzato nello studio dei pro-dotti ittici, ci rendemmo conto che a livel-lo industriale era stato perso quasi deltutto l’uso dell’olio extravergine di olivaper produrre il tonno sott’olio. Si usavanooli “di oliva” rettificati o di semi.Cominciammo allora a studiare l’effettodel tipo di liquido impiegato per il riempi-mento delle scatolette di tonno (salamoiaper il tonno detto “al naturale”, oli di semi,olio di oliva, olio extravergine di oliva) ed isuoi effetti sull’ossidazione e la qualità delprodotto conservato.Messo a punto un metodo accurato dianalisi degli acidi grassi polinsaturi omega-3 (che sono tra i componenti nutrizionalipiù delicati ed importanti del tonno), cirendemmo subito conto di una evidenza:vi era una minore perdita di omega-3durante la sterilizzazione delle scatolettequando si era utilizzato l’olio extravergine.Un tonno sott’olio extravergine, puressendo stato cotto al vapore e poi steri-lizzato a temperature superiori ai 100°Cper quasi due ore, conservava quasi tutti isuoi acidi grassi omega-3, quasi come sefosse crudo!Avviammo, allora, ricerche approfonditeche ci hanno visti collaborare per oltre 10

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anni. Osservammo così come gli antiossidanti fenolici (quel-li amari di cui parlavamo prima) apparentemente scompari-vano dall’olio dopo il trattamento ad alta temperatura dellescatolette. E scoprimmo che migravano sulla superficie deltonno in scatola, nella fase acquosa, proteggendo gli omega-3 dall’ossidazione. Grazie alle loro proprietà di solubilitàintermedia, i componenti fenolici antiossidanti dell’olio extra-vergine migrano proprio là dove servono a proteggere gliacidi grassi polinsaturi omega-3 dall’ossidazione. Tonno sot-t’olio extravergine quasi come tonno crudo, quindi. Ed altis-sima qualità nutrizionale.Fortunatamente negli ultimi anni ci sono segnali di un ritor-no al tonno sott’olio all’extravergine, non solo per quellofatto in casa da chi ha la fortuna di pescarlo, ma anche a livel-lo industriale.E dal punto di vista organolettico? Alcuni dicono che l’olioextravergine “copra” il sapore del tonno.In realtà, se si impiega un olio molto fruttato o ricco in feno-li amari, il contributo sensoriale sul profilo del prodotto puòessere significativo. Un olio extravergine dal fruttato noneccessivamente intenso funziona benissimo. Ho avuto la for-tuna di assaggiare il tonno sott’olio pescato e trasformato aMarina di Camerota lo scorso autunno impiegando olio dellavarietà Salella del Cilento. Ringrazio di cuore l’Autore!

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L ’ O L I O E X T R A V E R G I N E I NF R I T T U R A

La frittura è un modo di cucinare i cibimolto diffuso nel mondo e sulla spondedei Paesi del Mediterraneo. Diffusosi neipaesi caldi anche per trattare termicamen-te i cibi, è spesso artefice di piatti tradizio-nali e di fritti tipici di diverse festività reli-giose (spesso accompagnati dal miele).La corretta conduzione del processo difrittura vede l’immersione del cibo in unbagno d’olio (deep fat frying) che pereffetto della temperatura raggiunta dal-l’olio (150-190°C) provoca l’evaporazionedell’acqua, la formazione della crosta (disi-dratazione) e la rapida cottura della parteinterna. Spesso si frigge in poco olio, frig-gendo troppo cibo per volta, raffreddandoil bagno d’olio e rallentando il processo,provocando così anche un maggioreassorbimento di olio da parte del cibo frit-to. L’ossidazione dell’olio durante il riscal-damento determina poi la produzione diaromi tipici (odore di “fritto”).E’ opinione diffusa che i cibi fritti faccianomale alla nostra salute. Questo non è sem-pre vero. Dipende dal tipo e dalla qualitàdell’olio impiegato, dal suo ricambio, daquanti composti dannosi si sono formati eda quanto olio assumiamo come olio “invi-sibile” cioè assorbito nell’alimento fritto.E’ anche opinione comune che la fritturavada fatta con oli diversi dall’oliva. Se que-sto può essere spiegato dal maggior di

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costo nella frittura industriale, non si giustifica nella frittura daristorante o a casa nostra.L’idea poi che la frittura in olio di oliva sia “più pesante” èancora una volta solo un luogo comune assolutamente falso.La quantità di olio assorbito è infatti del tutto analoga a quel-la che si registra con oli diversi.Perché, allora, non usare olio extravergine di oliva anche perle fritture? Molti gastronomi lo fanno usualmente e nellanostra tradizione le fritture si facevano solo così. I vantagginutrizionali nell’usare l’extravergine anche in frittura sarebbe-ro molti. L’olio extravergine presenta infatti una stabilitàall’ossidazione superiore a tutti gli altri oli di semi: dall’ossida-zione ad alta temperatura che avviene nella frittura si forma-no sostanze volatili (aldeidi) che danno il tipico odore di frit-to ma anche sostanze potenzialmente nocive o tossiche.Traqueste, negli ultimi anni c’è stata un’attenzione crescente percomponenti come l’acrilammide e le idrossi-alchenali, il cuiruolo negativo sulla nostra salute è stato chiarito negli ultimianni. L’acrilammide si forma soprattutto nel corso della frit-tura delle patate, mentre le idrossi-alchenali si originano dal-l’ossidazione spinta di oli ad alto tenore di poliinsaturi.Usando l’olio extravergine, per effetto della sua composizio-ne in acidi grassi (ricco in acido oleico) e i suoi antiossidantifenolici, queste sostanze nocive si formano in quantità moltopiù basse, anche dopo diverse ore di frittura continua con lostesso olio extavergine.Oltre a questo aspetto va ricordato poi che friggendo conolio extravergine di oliva vi è un intake (ingestione) con l’ali-mento fritto di “olio invisibile” che è un extravergine, con ilsuo contenuto residuo di composti benefici.Insomma, se friggi in extravergine, il cibo fritto assorbe extra-vergine ed alla fine … assumi olio extra vergine.Questo ragionamento vale per la frittura domestica o nell’al-ta ristorazione. E in friggitoria? Purtroppo le scelte dell’olioda usare e le sue modalità d’uso sono spesso disastrose da

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un punto di vista dietetico-nutrizionale.Negli ultimi anni si è diffuso l’uso dell’oliodi palma, proveniente dal sud-est asiatico, ilcui basso costo e la cui elevata resistenzaalla frittura ne hanno favorito la diffusione.Il problema è che l’olio di palma resisteperché è costituto soprattutto da acido“palmitico” un acido grasso saturo chenon si ossida ma che quando ingerito famale alle nostre arterie! Meglio quindi evitare le patatine fritte inbusta, le friggitorie ed i fast food e conce-dersi un buon fritto domestico … in olioextravergine! Riuscire a trasferire questeinformazioni ai nostri ragazzi rappresentaun grande successo.

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E L ’ O L I O S U L L A P I Z Z A ?

Uno dei piatti più rappresentativi dellaCampania in Italia e nel mondo è la pizzanapoletana. Storicamente l’invenzionedella pizza napoletana si fa risalire allametà del 1600 mentre la sua diffusionerisale al 1700. Oltre alle pizze tradizionali(marinara e mastrunicòla) a metà del1800 si colloca la creazione della attualepizza Margherita, prodotta “ufficialmente”“nel 1871 dalla moglie del pizzaioloRaffaele Esposito” espressamente per laregina Margherita in vacanza estiva aNapoli in compagnia del consorte reUmberto I di Savoia. Pomodoro, olio, moz-zarella e basilico. Il basilico fu aggiunto dalpizzaiolo per richiamare i colori della neo-nata bandiera italiana.Ma quale olio si impiegava sulle pizzenapoletane? Certamente olio vergine dioliva (di pressione) o strutto (‘nsogna) nelcaso della pizza mastrunicòla.E oggi cosa si usa? Nonostante quantosancito nel 1997 dal disciplinare interna-zionale della pizza napoletana, non è sem-pre scontato che sulla pizza si usi un buonextravergine. Anzi! E’ frequente che si usi“olio di oliva” (olio rettificato) o olio disemi che il pizzaiolo travasa nella sua bellaoliera di rame direttamente da un grossobidone che conserva nel retrobottega! Perché molti pizzaioli ancora non usanol’extravergine? E’ assurdo che non lo fac-ciano. Se chiedete a loro vi diranno che

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l’extravergine è pesante, copre il sapore della pizza, e poicosta troppo. Ma è vero? No.Non si usa olio extravergine per pura ignoranza. Il costo esa-gerato è un alibi facilmente smontabile con un ragionamen-to molto semplice. Il quantitativo medio di olio che vieneaggiunto sulla pizza prima della cottura è pari a 7-8 grammiper pizza. Il che equivale a dire che con una bottiglia da 0,75litri, si condiscono circa 100 pizze! Impiegando un olio extra-vergine che costa 10 Euro la bottiglia (contro i 2 Euro di unolio di semi) l’incremento di costo unitario per pizza sareb-be inferiore a 10 centesimi di Euro. E qual è l’incidenza diquesto costo sul prezzo finale della pizza? Meno del 2%, vistoche paghiamo una pizza solitamente più di 5 euro! Non sicapisce quindi perché risparmiare sull’olio.Ogni grande cucina si fonda sulla qualità degli ingredienti. Inalcuni casi l’elaborazione è minima. E la nostra cucina spessoè così. E’ il caso della pizza, dove impasto, mozzarella, pomo-doro e olio fanno la qualità.Allora è veramente assurdo il fatto che su questo prodottonon si usi l’extravergine, da un punto di vista culturale, eco-nomico e salutistico.E dal punto di vista sensoriale? I profumi dell’olio non distur-bano affatto la pizza. Un olio troppo amaro potrebbe contri-buire significativamente al gusto finale, e si potrebbe preferi-re un olio dal gusto meno pronunciato, ma non è così scon-tato. Su una pizza Margherita un olio piuttosto amaro e frut-tato non è detto che sia negativo. Basta non esagerare conle quantità. Sia con la mozzarella che con il pomodoro si veri-ficano infatti delle interazioni che tendono nel prodotto fina-le a smorzare l’eventuale aggressività dell’olio.

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L’OL IO EXTRAVERGINE E LASUA SCELTA

L’uso a crudo o a fine cottura, come giàdetto, rimane il modo per far esprimereall’olio extravergine il massimo dei suoiprofumi e tutto il suo corredo antiossidan-te nativo. Come abbinare l’olio ai piatti? Ognuno dovrebbe sperimentare e sceglie-re secondo il proprio gusto. Secondo me,in linea generale, quando l’olio è veramen-te buono si presta per un uso quasi uni-versale. Possiamo però scegliere oli dal“fruttato” (così si definisce tecnicamentel’insieme degli odori e sapori di un oliovergine di oliva) più o meno pronunciatoin relazione al tipo di contributo chevogliamo dare al piatto finale.Oli amari per piatti su cui si sposa unintenso fruttato di oliva, ed un gustoamaro-piccante deciso. Oli a fondo dolce(poco amari) e dall’aroma più lieve perpreparazioni in cui si vuole esaltare l’aro-ma dell’alimento (fresco o cotto) checomunque si presenta delicato e verrebbemascherato e soffocato da un olio troppointenso.Oli fruttati intensi quindi per piatti comezuppe di legumi, bruschette, insalata capre-se, pasta con ricotta, pasta e fagioli o len-ticchie, pasta con cime di rapa, arrosti,paste con soffritti semplici e veloci (aglio,pomodorini e basilico; alici salate; vongoleo frutti di mare; etc). Oli dal fruttato piùleggero e a fondo dolce per insalate, pesci,

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carni bianche, piatti elaborati e dal sapore delicato.Va poi sempre tenuto presente un importante aspetto: laquantità impiegata. Se si dispone di un olio più “forte” puòessere una valida strategia dietetica aggiungerne meno! Nebasta meno, infatti, per dare un contributo sensoriale al piat-to senza aumentare troppo le calorie complessive.Visto chesiamo quasi tutti in sovrappeso è un aspetto da non trascu-rare.Va ricordato, infine, che anche nell’uso a crudo i componen-ti dell’olio possono interagire con gli altri ingredienti (peresempio quelli a base di latte che ne mascherano il caratte-re) per dare origine a particolari effetti aromatici. Ad esem-pio nell’insalata caprese.

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L’ INSALATA C APRESE :M O Z Z A R E L L A , P O M O D O RO,OL IO, SALE E B AS I L ICO

Un uso consolidato della nostra cucina,soprattutto estiva, è l’abbinamento acrudo pomodoro-mozzarella, come nel-l’insalata … dell’isola di Capri.Questo semplicissimo piatto estivo è unasinfonia di colori, gusti, profumi, freschezza.Anche in questo caso si possono usare olidiversi. Oli troppo amari e piccanti, seaggiunti in eccesso, potrebbero sbilanciarel’armonia del piatto. Usati invece conmoderazione essi vengono mitigati daglialtri ingredienti.Le proteine della mozzarella presentano,infatti, una forte capacità di legare i fenoliamari e alcuni aromi (aldeidi) che contri-buiscono al gusto pungente dell’olio.L’effetto è sempre quello di un’attenuazio-ne di queste caratteristiche, anche estre-me, possedute dall’olio.Possiamo usare quindi extravergini anchemolto fruttati, dosarne la quantità, distri-buirli opportunamente nel piatto, e fareavvenire la magia aromatica del gusto sem-plice dell’olio e pomodoro fresco, della ric-chezza gustativa e morbidezza della moz-zarella, degli acuti dell’origano e della fogliadi basilico.Se vogliamo contribuire meno al caratteredel piatto allora preferiamo un olio piùmorbido e a fondo dolce.

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D O L C I , C R E M E E G E L AT IALL’OL IO EXTRAVERGINE

L’impiego dell’olio extravergine di olivanella preparazione dolciaria è sposato dadiversi pasticcieri in alternativa ai grassi diorigine animale. I dolci all’olio extravergine,le paste frolle ad esempio, sono più digeri-bili e di altissima qualità sensoriale. I pastic-cieri lo sanno. I nutrizionisti sanno ancheche i dolci all’extravergine non corrono ilrischio di “restare sullo stomaco” per leazioni dell’olio extravergine di stimolo sullacolecisti e per lo scarso potere di inibizio-ne sulle contrazioni e secrezioni gastriche(che gli altri grassi invece manifestano).Dolci “leggeri” quindi, salutari e più facil-mente digeribili. Dell’effetto delle caseinedel latte e dell’emulsione della crema cheingloba e maschera alcuni profumi esoprattutto l’amaro-piccante si è giàdiscusso. E’ quello che rileviamo assaggian-do creme, gelati e mousse a base di olioextravergine. Non si sente alcun gustoamaro o piccante, resta solo un delicatoprofumo di olio, floreale, di frutta matura.

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GL I OL I C AMPANI NELLA MIACUCINA

Uso di tutto. Ho un debole per l’olio dellamia Pisciottana che quando è verde, èamara e aspra come la terra su cui cresce.Solo che non è sempre facile ottenerla. Lamosca olearia, la raccolta dalle piantesecolari. Quello più dolce, il “nostro oliopisciottano” quando è senza difetti, è sola-re, giallo oro, dolce, con un contenutoenorme di vitamina E (oltre 600 mg/Kg).A casa mia l’olio della varietà irpina Ravece(detta Ortice in provincia di Benevento) ètra i più frequenti.Tra quelli che uso di più.Amaro, pungente, erbaceo, il profumo difoglia di pomodoro evidente. Lo uso pertutto. Ma vanno bene anche l’olio diSalella, Rotondella, Nostrale o Biancolillacon i loro sentori di cardo e cicoria, amari,verdi, come le colline salernitane. I profumiammalianti di rosmarino ed erbe aromati-che dell’olio della Penisola Sorrentina siesaltano su piatti semplici. L’olio diOrtolana ed il suo sentore di mela verde!Insomma, quasi tutte le varietà di olivocampane, se raccolte presto e trasformatebene danno oli eccellenti. Anche laCaiazzana, che si riteneva fosse un’oliva damensa e che fino a qualche anno fa davaoli piuttosto scadenti perché ossidati (altotenore in acido linoleico e maturazioneprecocissima), se raccolta precocemente,ancora verde o appena invaiata, fornisce

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un olio particolarissimo, ricco di acido linoleico, e per questomolto delicato alla conservazione, ma fluido e dal fruttatogradevole. Ottimo per i dolci e per fritture profumate, maga-ri fritture di dolci … tipici sotto Natale.

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DOVE COMPRARE L’ OL IO?

Innanzitutto in azienda o in frantoio.Perché non fare una piccola scorta in fran-toio di “olio nuovo”? Anche se non abbia-mo una cantina e tanto spazio, un postopiù fresco e buio certamente esiste nellanostra casa. In un ripostiglio, un angolo diuno stipetto, un armadio, una cassapanca,una vecchia credenza. Per ospitare ancheun solo un cartone con 6 bottiglie di oliobuono.Poi ai punti vendita qualificati. Poi al super-mercato o al negozio di generi alimentarisotto casa (per chi ce l’ha). La “nostra vitadi oggi” spesso ci costringe ad approvvigio-narci il sabato per tutta la settimana, facen-do i conti con le code, i carrelli, le etichet-te, i prezzi, la stanchezza, i bambini. Comescelgo l’olio? La marca? Il prezzo? L’originegeografica? La bottiglia? Le informazioni inetichetta? Tutto questo, ma soprattutto l’assaggio,che consente di verificare la scelta.Anche al supermercato, infatti, possiamoacquistare un buon olio. Un olio certa-mente italiano e di ottima qualità. E’ da sfa-tare il luogo comune che l’olio delle gran-di marche non sia buono e, anzi, non siaextravergine. Al contrario. L’olio del gran-de supermercato, a volte anche più diquello del piccolo negozio di alimentari, habuone probabilità di essere buono. Seimparassimo a sceglierlo e ad assaggiarlo

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potremmo rendercene conto facilmente. Perché non cerca-re un olio a Denominazione di Origine Protetta (DOP), unolio prodotto a partire da olive coltivate in regime di agricol-tura biologica o un buon extravergine di marca? Basterebbe fermarsi un attimo a osservare lo scaffale anchein alto ed in basso e non fermarsi solo all’altezza del nostroviso o delle nostre spalle: spesso gli oli migliori, che si vendo-no meno e costano un poco in più, sono sistemati proprio lì,a qualche centimetro da noi. Mai visti? Provare.Il problema è che spesso non siamo disposti a spendere inrelazione al valore dell’olio perché, anche per noi, l’olio èl’olio, un lubrificante per ungere i nostri alimenti. Siamo iprimi ad ignorare o a non saper riconoscere le sue proprie-tà e le sue caratteristiche di qualità.

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MA C O M E S I C A P I S C EQUANDO L’OL IO È BUONO?

Come riconoscere ‘a naso’ la qualità del-l’olio extravergine: eccolo spiegato il piùsemplicemente possibile, anche se ènecessario subito chiarire che è fonda-mentale acquisire una minina esperienzapratica nel suo assaggio.Il consumatore moderno di olio extra-ver-gine di oliva, come dimostrato da diverseindagini e studi condotti a livello nazionaleed internazionale, possiede pochi stru-menti conoscitivi tali da consentirgli unascelta ed una valutazione ‘oggettiva’ dellaqualità dell’olio che consuma. Il suo gusto,assuefatto all’olio (spesso pessimo) del-l’oliera un tempo diffusa nei ristoranti (unarecente normativa oggi obbliga anche ilristorante a servire olio confezionato edetichettato), stenta a riconoscere la qualitàdell’olio. Gli elementi-base per la valutazio-ne della qualità organolettica dell’oliosono: colore, odore e gusto. L’allenamentoall’assaggio, soprattutto se guidato daesperti, e l’esperienza possono, con nonmolte difficoltà, portare quindi il consuma-tore ad una più attenta valutazione dellaqualità dell’olio.

Il colore e la torbidità. Il colore dell’oliodipende dalla quantità di pigmenti gialli(caroteni) e verdi (clorofille) presenti.Questi, a loro volta, dipendono da nume-rosi fattori quali: varietà e stadio di matu-

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razione delle olive, tecnologia di estrazione, conservazione. Ilcolore, in senso assoluto, non è un indicatore affidabile dellaqualità effettiva dell’olio. Infatti, a meno di colorazioni tenden-ti all’arancio o al bruno, che denotano un’evidente ossidazio-ne, il colore più o meno giallo o più o meno verde non èstrettamente legato alla qualità oggettiva del prodotto (nutri-zionale e sensoriale).Torbidità e qualità. L’olio appena ottenu-to al frantoio si presenta leggermente torbido, velato. E’ asso-lutamente normale, però, che nel tempo possa depositaresul fondo un po’ di sedimento e tracce di acqua (morchie),che se non allontanati tendono nel tempo ad alterare i pro-fumi originari dell’olio. Certamente l’olio velato appena pro-dotto ha qualità uniche (olio nuovo e vino vecchio … dice-vano gli Antichi), ma dobbiamo stare attenti a conservarlo abasse temperature, al buio e a consumarlo in qualche mese.Altrimenti è opportuno effettuare i travasi ed eventualmen-te la filtrazione. Gli oli in bottiglia, per prolungate distribuzio-ni e per una vita media di oltre un anno, sono, per questomotivo, solitamente filtrati. Di per sé quindi, il fatto che siatorbido o limpido non dice niente sulla qualità, il tutto è lega-to alle modalità di conservazione ed al tempo di uso del pro-dotto.

Il profumo-aroma. L’olfatto è il senso più importante nellavalutazione di qualsiasi alimento e, anche nel caso dell’olio, lenostre narici “analizzano” centinaia di sostanze volatili diver-se per dare un giudizio di sintesi sull’olio. Le sostanze volatilicaratteristiche degli oli vergini derivano direttamente dalfrutto, e conferiscono all’olio un aroma tipico, definito appun-to “fruttato di oliva”. Oltre ai profumi originari del frutto, tut-tavia, una cattiva conservazione delle olive, un’errata trasfor-mazione ed una cattiva conservazione dell’olio possono con-ferire all’olio degli aromi negativi o ‘difetti’ dati da sostanzevolatili che si originano per fermentazione delle olive o perossidazione dell’olio. Tra i difetti di origine fermentativa,

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molto comuni sono quelli di “avvinato-ina-cetito” (dovuto a fermentazioni alcolico-acetiche), di “muffa” (quando sulle olive osull’impianto sporco si sono sviluppatemuffe) o di “riscaldo” (dovuto a fermenta-zioni lattiche delle olive). In frantoio si pos-sono originare i difetti di “cotto”, “fermen-tato” e “metallico”. Un difetto moltocomune negli oli imbottigliati, soprattuttose vicini alla data di scadenza è il “rancido”,sensazione olfattiva che origina dall’ossida-zione (irrancidimento). Un olio extra-ver-gine, a norma di legge, non deve presenta-re alcun difetto percepibile e presentare ilsolo “fruttato”.

Il gusto. L’organo del gusto è la lingua, sucui sono alloggiati i recettori nelle papille.Amaro, dolce, acido e salato. Piccante sullamucosa. Le sostanze antiossidanti naturalipresenti nell’oliva (polifenoli) a cui, comediscusso, oggi si dà grandissima importan-za per la nostra salute conferiscono all’olioun tipico gusto amaro-piccante percepibi-le soprattutto nella parte basale della lin-gua. Tale gusto, piuttosto persistente acausa della forte interazione tra sostanzefenoliche e papille gustative ‘caliciformi’, èassociato ad un olio che ne contiene pic-cole ma significative quantità (0,1-0,6grammi/litro d’olio). L’amaro-piccante del-l’olio (“olio che pizzica in gola”), quandonon esagerato, è quindi un vero e propriopregio del prodotto. Purtroppo, molti con-sumatori scambiano questo pregio per un

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difetto, ritenendo che l’olio che ha questo gusto sia un olio“pesante” o “indigesto” o “acido”.

L’olio è buono quando …

Volendo fornire un pro-memoria semplificato da applicare esperimentare agli oli che assaggiamo, potremmo dire che“l’olio è buono quando”…

… annusandolo sentiamo un’odore più o meno intenso chericorda l’oliva fresca schiacciata o la foglia di ulivo sfregata trale mani, oppure una sensazione pungente, fresca e gradevo-le di erba appena sfalciata, con eventuali note che ci ricorda-no la foglia di pomodoro, il carciofo e/o odori di frutta verdequali la mela. L’insieme di queste sensazioni viene definito“fruttato di oliva”.

… assaggiandolo dà una leggera sensazione di amaro e pic-cante alla base della lingua. Questa sensazione è dovuta allapresenza dei composti fenolici, antiossidanti naturali che pro-teggono l’olio durante la conservazione e la cottura. Comevisto all’inizio di questo volumetto, tali composti svolgonoun’importantissima azione anche in vivo, proteggendo lenostre cellule dall’invecchiamento e dallo stress ossidativo(bloccano i radicali liberi).Purtroppo, spesso la nostra disabitudine a consumare oli chepresentano questo carattere ci porta a non accettarlo, pre-ferendo oli dal gusto piatto.

L’olio non è buono quando …

… annusandolo non avvertiamo alcun odore oppure avver-tiamo odori diversi dal “fruttato”, ovvero “difetti”. I difetti piùcomuni solo quelli che si sono originati da danni alle olive,

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dalla loro prolungata conservazione primadell’estrazione dell’olio, dalle fermentazioniindesiderate dei frutti danneggiati, marci oammuffiti che trasferiscono odori anomalidi “muffa”, “riscaldo”, “avvinato”, “morchia”o “rancido”. Quest’ultimo è dovuto all’os-sidazione dell’olio per effetto dell’ossigenodell’aria ed è caratterizzato da odori chericordano le noci vecchie, la frutta secca, ilgrasso irrancidito, fino a un intenso odoreche ricorda la vernice-plastica.

… assaggiandolo percepiamo sensazionisgradevoli che ricordano il grasso irrancidi-to, la vernice, o l’oliva in salamoia, la muffao il putrido. Un olio “vecchio” irranciditoevidenzia sempre un fondo dolce. La man-canza dell’amaro e del piccante (indice delfatto che si sono decomposti i fenoli) col-legata al difetto di rancido è un chiara spiadel fatto che l’olio ha ormai subito un pro-cesso ossidativo irreversibile.

L’analisi chimica dell’olio (determinazionidell’acidità, numero di perossidi, etc.) forni-sce ulteriori informazioni, dando spessoconferma delle sensazioni olfatto-gustative(positive o negative) percepite all’assaggio,ad esempio sullo stato di ossidazione e larancidità dell’olio.Bisogna sottolineare però che l’acidità libe-ra misurata in laboratorio non si senteassolutamente all’assaggio. E’ un parametrochimico che misura la percentuale di acidigrassi liberatisi dalla decomposizione dei

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trigliceridi. Gli acidi grassi liberi sono inodori ed insapori. Ilfatto che all’assaggio si possa sentire se l’olio è “acido” è deltutto falso e si basa invece su sensazioni dovute a sostanze(antiossidanti fenolici) positive! L’olio più “pizzica in gola” epiù è buono! Vallo a spiegare … ad un cuoco ignorante!

Impariamo ad assaggiare: è facile!

Da quanto appena letto, appare chiaro che il primo passoper scegliere e riconoscere gli oli buoni da usare in cucina èimparare ad assaggiarli. L’assaggio professionale dell’olio vienefatto per legge per accertare che gli oli extravergini non pre-sentino difetti. E questo viene fatto da assaggiatori professio-nisti che hanno seguito appositi corsi di formazione e chesiano allenati. Ma non c’è bisogno di essere assaggiatori uffi-ciali per “intendersi d’olio”. Basta poco: la guida di un assag-giatore esperto e un breve allenamento su oli di diversa qua-lità, meglio se buoni.In Campania, il miglioramento della qualità degli oli è partitoproprio da questo. Circa 20 anni fa. Oggi, concorsi come LaSirena d’Oro di Sorrento, ogni anno vedono concorrere olidi altissima qualità a contendersi il titolo di campione. Enumerose sono le iniziative per formare nuovi assaggiatoriprofessionisti e per insegnare a grandi e ragazzi come rico-noscere la qualità.Forza allora: all’assaggio!

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Come conservare l’olio a casa

L’olio extravergine di oliva in cucina. Vabene. Ma dove conservarlo e come? L’olioandrebbe conservato al buio, in contenito-ri pieni (con pochissimo volume vuoto equindi poca aria a contatto con l’olio) eperfettamente chiusi, ad una temperaturapreferibilmente intorno ai 12-16°C. Frescama non fredda. Se la temperatura scendeal di sotto degli 8-10°C, infatti, l’olio “gela”.A temperatura più alta tende ad ossidarsipiù velocemente, ed a perdere i suoicaratteri di pregio. Conserviamolo anchein cucina, quindi, ma non al fianco dei for-nelli e vicino alla finestra, meglio nello sti-petto o in un luogo fresco, una cantina oun ripostiglio.

L’olio al ristorante

L’oliera, che secondo alcuni esperti di mar-keting sembrava essere cara soprattuttoalle donne, nei ristoranti è stata finalmentevietata da una recente normativa. E’ infattiobbligatorio servire l’olio in confezioni ori-ginali regolarmente etichettate.Finalmente, se in un ristorante ci viene ser-vito olio in modo anonimo, possiamo pro-testare e chiedere un prodotto con nomee cognome, in confezione etichettata etappata. Meglio se integra, per essere sicu-ri che non sia stata rabboccata con olio diqualità diversa!

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In tanti ci chiediamo da anni perché al ristorante siamodisposti a spendere tanto per una bottiglia di vino, fino a rad-doppiare il costo di un pasto, e poi dobbiamo risparmiare …sull’olio! Ci auguriamo che lo sviluppo della distribuzione dell’olioextravergine in piccole confezioni (bottiglie da 50 o 100 cc)al tavolo del ristorante possa contribuire ad una crescitadella cultura sull’olio. Se pagassimo la bottiglietta di olio pre-giato qualche Euro (come il costo dell’acqua minerale, coper-to e servizio) e poi potessimo portare comodamente a casala bottiglietta con l’olio di pregio avanzato? Per il vino questaabitudine è già molto diffusa in paesi anglosassoni comeAustralia e Nuova Zelanda. Speriamo che anche da noi lenuove tendenze che valorizzano l’olio extravergine al risto-rante si sviluppino presto.Il “carrello dell’olio” proposto da alcuni locali forse è esage-rato. Ma poter scegliere tra oli diversi, in piccole confezioni,certamente sarebbe un grosso passo avanti. Se auspichiamouno sviluppo della cultura sull’extravergine in cucina questanon può non passare per il mondo della ristorazione!Un segno di accoglienza che ho apprezzato in alcuni localiitaliani appassionati dell’olio extravergine è stato il trovarsi atavola, appena seduti, un piccolo stuzzichino a base di pane eolio. Semplice, funzionale. C’è un ristoratore che addiritturapropone l’olio come aperitivo. Un piccolissimo sorso d’olioper predisporre l’organismo a digerire. Da sperimentare.Ma l’uso principale dell’olio al ristorante, oltre a quello servi-to in tavola, riguarda quello che il cuoco adopera nel chiusodella sua cucina. Non c’è tanto da aggiungere rispetto aquanto scritto nelle pagine precedenti. Tutto dipende dallacultura ed intelligenza del cuoco. E non posso non registrareche, salvo un crescente numero di eccezioni, il livello mediodelle conoscenze sull’olio dei cuochi è ancora piuttostobasso. Ci auguriamo che cresca presto, soprattutto nelleregioni a più spiccata vocazione olivicola.

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I bambini e l’olio

Pane e olio a merenda. “Come si facevauna volta”. Perché no? Le abitudini alimen-tari delle nuove generazioni passanoanche attraverso l’educazione che noisapremo dare. Le merendine, gli snacks, igrassi idrogenati nascosti tra gli ingredientiche nessuno legge, gli acidi grassi saturi, ilcolesterolo. Cosa c’è di meglio di una bellafetta di pane e olio? Perché non provare,almeno quando la merenda viene consu-mata a casa?Già a meno di 2 anni un bambino è ingrado di apprezzare la poesia del pane eolio, i suoi sapori, la sua semplice bontà.Ho fatto esperienza con i miei figli. Nondimenticano quello che hanno imparatonei primissimi anni di vita.

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PER CONCLUDERE

Un uso sempre più consapevole dell’extravergine potrà por-tarci a migliorare la nostra salute, il nostro benessere, la qua-lità della nostra gastronomia e della ristorazione.Tutto questo potrà riflettersi positivamente sul mondo pro-duttivo, oggi in serie difficoltà per spiegare a ristoratori econsumatori che produrre un extravergine di alta qualitàcosta. E vale. Non è facile spiegare che un olio extravergineda pochi Euro (spesso un prodotto vicino alla sua data discadenza che non ha più alcun pregio sensoriale e una mini-ma attività antiossidante) anche se ancora si chiama extra-vergine non ha nulla di paragonabile ad un extravergine dialta qualità.Sfatare i tanti luoghi comuni, educare i consumatori, informa-re, costruire nei bambini gusto e consapevolezza delle sceltealimentari sono obiettivi ambiziosi, soprattutto in un mondoin cui i consumi e le abitudini alimentari stanno cambiandorapidamente per effetto di sollecitazioni diverse. Ma non ciarrendiamo. Sono sempre più numerosi i consumatori con-sapevoli e gli “intenditori d’olio”. Grandi e piccoli.Mi auguro che questa lettura stimoli la curiosità del lettore elo spinga a conoscere meglio il prodotto “olio extraverginedi oliva” ed a migliorarne la sua scelta e le sue modalità d’uso.Rileggendo il testo che ho scritto velocemente mi accorgoche mi sono spesso lasciato andare a considerazioni edesperienze personali, punti di vista soggettivi e forse discuti-bili. Sarò grato a tutti i lettori che avranno voglia di fornirmile loro osservazioni, critiche, suggerimenti, esperienze scien-tifiche o gastronomiche per migliorare le eventuali futureedizioni ([email protected], 081-2539320).

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R INGRAZIAMENTI

Francesco Addeo per la sua guida instan-cabile e contagiosa curiosità scientifica,Michele Manzo per lo stimolo a scrivere epubblicare queste cose, AntonelloPaduano, Dorotea Della Medaglia, MariaLuisa Ambrosino, Cristina Parisini e MariaSavarese al mio fianco sempre con affettoe professionalità, Isabel Medina con cuiabbiamo iniziato a studiare i tonni spagno-li sott’olio extravergine italiano, VincenzoFogliano per le sue salse, fritture ed arro-sti in provetta. Tutti quelli che negli annihanno contribuito e contribuiscono con illoro lavoro e le loro idee alle piccole sco-perte nei nostri laboratori.

Gli chef nonna Giovanna, zio Salvatore ezio Franco (Da Ciccio Cielo Mare e Terra)di Amalfi (Sa), Alfonso Jaccarino (DonAlfonso 1890) di Sant’Agata Sui Due Golfi(Na), Mimmo Caiazzo (La Perla) di Marinadi Camerota (Sa), Antonio Leonelli (IlNinfeo) di Santa Maria Capua Vetere (Ce),Antonio Ruggiero (La FortezzaNormanna) di Vairano (Ce). Quandohanno cucinato o chiacchierato con me èsempre stato un grande piacere ed hoquasi sempre imparato qualcosa di nuovo.Mia madre Mariantonia e mia sorella Laurache a casa loro cucinano anche per me. Imiei assaggiatori d’olio e critici gastrono-mici più severi Giuseppe Sacchi (Roma) eCaterina Sacchi (Arezzo).Gli innumerevoli amici agronomi dellaRegione Campania, tutti i frantoiani, olivi-coltori e assaggiatori che in questi anni hoavuto la fortuna di incontrare e con i qualicondivido la speranza che l’olio extravergi-ne di qualità trovi la sua giusta valorizzazio-ne.

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BIBL IOGRAF IA EDAPPROFONDIMENT I

AA.VV. (1997). Disciplinare Internazionale “Pizza Napolatana” a curadell’Associazione Vera Pizza Napoletana, Elio de Rosa editore, Pozzuoli (Napoli).

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L ’ A U T O R E

Raffaele Sacchi, nato a Salerno nel 1962, è professore stra-ordinario di Tecnologia degli Oli e Grassi presso ilDipartimento di Scienza degli Alimenti dell’Università diNapoli Federico II (Facoltà di Agraria, Portici). Dal 1987 svol-ge ricerche sulla qualità degli oli vergini di oliva, anche contecniche avanzate quali la risonanza magnetica nucleare,occupandosi in particolare della stabilità ai fenomeni ossida-tivi e delle interazioni tra i componenti dell’olio e degli altrialimenti nei processi di cottura. Dal 1993 coordina diversericerche ed attività divulgative per il miglioramento della qua-lità degli oli vergini di oliva e la diffusione dell’innovazionetecnologica in collaborazione con l’Assessoratoall’Agricoltura (SeSIRCA) della Regione Campania, laRegione Siciliana, il Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali, il Ministero dell’Università e Ricerca. E’autore di oltre 120 pubblicazioni scientifiche e collabora condiversi Centri di ricerca e Università italiane ed estere.Dal 1980 cucina quotidianamente, studiando e sperimentan-do i segreti molecolari della gastronomia tradizionale medi-terranea e le virtù dell’olio extravergine di oliva, di cui èacceso sostenitore.

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© Copyright 2008 by Raffaele SacchiDipartimento di Scienza degli Alimenti

Università di Napoli Federico II,Facoltà di Agraria, Portici (Napoli)

www.unina.it, [email protected] 88-901941-2-X

EditoreSBR s.r.l., Portici (Napoli)

Impaginazione, fotolito e stampaRossi srl

DisegniRaffaele Sacchi

Stampato in occasione delMese dell’Olio DOP in Campania

2008