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  • Chrtien de TroyesLancillottoTitolo dell'opera originale: Lancelot ou le Chevalier de la Charrettea cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia MaginiCopyright 1983Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.,MilanoChrtien de Troyes, attivo alle corti di Champagne e di Fiandra trail 1160 e il 1190, viene considerato il pi grande poeta del Medioevooccidentale prima di Dante. Tra le sue mani il romanzo arturianodivenne una forma superiore di narrativa cortese, un'incarnazioneoriginalissima in cui il poeta fuse i propri concetti etici conl'imitazione dei poeti latini, l'eredit delle chansons de geste edei romanzi antichi con una ricca messe di miti e di motivi cheaffondano le proprie radici nel sostrato celtico della Bretagnainsulare e continentale.Lancillotto fu scritto contemporaneamente a Ivano, e rimaseincompiuto: Chrtien lasci al chierico Godefroi de Leigni il compitodi terminarlo. La storia nota: Lancillotto ama, riamato, Ginevra,moglie di re Art; per lei arriva a coprirsi d'infamia salendodeliberatamente sulla carretta destinata ai malfattori. Il suo valoretuttavia resta integro, tale la sua capacit d'amare. Guerrieroperfetto e perfetto amante, Lancillotto incarna la figura ideale delcavaliere, ed pi rappresentativo del suo celebre successorePerceval. Lo protegge - secondo la tradizione - la fata di un lago:ma nel romanzo di Chrtien pi che la tradizione o le fonti importal'atmosfera nella quale il poeta ha immerso la narrazione:un'atmosfera irreale, dove gli episodi si snodano senza precisicontorni, e se l'ironia ne il filo conduttore, pure non ci si pusottrarre al fascino di questo estatico amore che Chrtien dipingecon conturbante adesione.IntroduzioneChrtien de TroyesCome per la maggior parte degli scrittori del Medioevo, poco siconosce della vita di Chrtien de Troyes, il maggior poeta medievaleprima di Dante. Gli elementi certi della sua vita sono dedotti dallesue opere; il resto non sono che congetture costruite intorno a pochidati sicuri.Sappiamo che Chrtien nato nella Champagne, probabilmente aTroyes, verso il 1135. Fu un chierico? E' molto probabile, agiudicare dalla sua formazione culturale. Fu araldo d'armi? Alcunicritici lo hanno supposto basandosi su un passaggio del Lancelot.Avrebbe soggiornato in Inghilterra? Si crede di indovinarloattraverso le sue nozioni geografiche e le precise indicazioni che

  • fornisce di varie citt inglesi, indicazioni che tuttavia potrebberoanche essere di seconda mano. Si vorrebbe sapere con sicurezza seabbia viaggiato in Bretagna e abbia risieduto per qualche tempo aNantes, ma non sono che ipotesi. Chrtien potrebbe aver conosciuto ilgrande mondo alla corte di Champagne e nella citt di Troyes, dovedue importanti fiere richiamavano mercanti, jongleurs, novellatori daogni angolo del mondo cristiano.All'inizio del suo romanzo Cligs, di sfondo bizantino e in cui siintreccia il tema della falsa morte, il poeta stesso elenca leopere gi composte: Erec et Enide, storia di due sposi e amantiesemplari; Les comandemanz d'Ovide; l'Art d'amors; Le mors del'espaule; Li rois Marc et Ysalt la Blonde; La muance de la hupe etde l'aronde et del rossignol. Di questi, il secondo e il terzo eranopresumibilmente traduzioni dei Remedia amoris e dell'Ars amandi diOvidio, mentre Le mors de l'espaule doveva essere una versione delmito di Pelope. Tutti e tre questi poemi sono andati perduti, e dellepoesie giovanili pervenuta solo la Muance, comunemente chiamataPhilomena, serbata nell'Ovide moralis della fine del XIII secolo.Nulla pervenuto di quanto Chrtien aveva composto di re Marco e diIsotta la Bionda, presumibilmente un episodio della leggenda diTristano.Dopo Erec et Enide, composto intorno al 1170, e Cligs, del 1176circa, seguirono altri romanzi: Lancelot ou le Chevalier laCharrette, che narra dell'amore di Lancillotto per la regina Ginevra;Yvain ou le Chevalier au Lion, che come Erec ha per tema laconciliazione tra il valore cavalleresco e il perfetto amore; ePerceval ou le Conte du Graal, in cui la storia del Graal compare perla prima volta nella letteratura cortese. Il Lancelot e il Percevalsono entrambi incompiuti. Un altro romanzo, Guillaume d'Angleterre,che si ispira alla leggenda di sant'Eustachio, di incertaattribuzione.Quando il poeta cominci a scrivere, verso il 1160, la letteraturafrancese attraversava un periodo di rinascita: gi da una quindicinadi anni fioriva il genere del romanzo che rispecchiava sia unmutamento sociale sopravvenuto nella classe nobiliare, sia un nuovomodo di intendere il ruolo della donna, sia anche un complessoamalgama di eleganza, raffinatezza e psicologia dell'amore riassuntonei termini cortese e cortesia.I primi romanzi cortesi, il Roman d'Alexandre, il Roman de Thbes,il Roman d'Enas, rievocavano con spirito nuovo i poemi latini e iromanzi ellenistici. Ma gi da tempo si era affermato, soprattuttonella Francia del Nord, il genere epico della chanson de geste che,esaltando le imprese di Carlomagno e dei suoi paladini, aveva datoluogo a un movimento letterario di grande portata in cui si eranoriconosciute la Francia delle crociate e tutta l'Europa romanza e

  • germanica.Altrove, nelle regioni di lingua d'oc, dalla Provenzaall'Aquitania, al Limosino e al Poitou, era sorto il movimentotrobadorico, che aveva presto infiltrato il Nord di lingua d'oldella sua ideologia dell'amore, secondo cui ogni eroe deve amare ededicare ogni proprio intento a una dama. Ma l'amore, per essereperfetto, cio perch sia fine amor, deve essere vissuto da lontano,e dalla lontananza rafforzato; deve essere incompatibile con l'unioneconiugale, e pi simile all'omaggio feudale che il vassallo porge alsignore che alla comunione di due spiriti e di due corpi. La dama sardunque gi impegnata, di condizione superiore a quella dell'ami e,anche se non necessariamente casta, inattingibile se non con il cuoree con il pensiero, e degna di ogni onore in quanto moralmente efisicamente perfetta. Allo stesso tempo, il cavaliere conservertutte le qualit dell'eroe epico: sar bello, prode, elegante,raffinato, generoso, e l'amore segreto che nutrir per la damaprescelta lo render cavaliere perfetto, cortese appunto.Mentre venivano elaborate queste concezioni base del rapportofeudale e amoroso, vero e proprio codice di una nobilt tendente arendere ereditari i propri privilegi e ad accentrare in corti semprepi sfarzose un potere vieppi indipendente da quello del re,compariva in Francia una traduzione dell'Historia regum Britanniae diGoffredo di Monmouth: il Roman de Brut del normanno Wace (1155). Labrillante creazione di Goffredo e la sua versione in lingua franceseebbero larghissima eco nell'ambiente culturale dei chierici e inquello cortese e anglonormanno, e introdussero nelle corti lamateria di Bretagna o materia arturiana, che presto dette l'avvioa un ciclo epico-fantastico-cortese che si contrapponeva a quellocarolingio soddisfacendo appieno le aspirazioni a una epopeanazionale di quei normanni che avevano conquistato il trono inglese.L'incontro della tradizione eroica della Francia del Nord conquella lirica della Provenza, del fine amor con la materia diBretagna e con i racconti celti che bardi, menestrelli e giullarinarravano tra le due sponde del Canale della Manica, si realizznell'ambiente di Eleonora di Aquitania, nipote di quel Guglielmo IXche era stato il primo trovatore, moglie di Luigi VII di Francia epoi di Enrico Ii Plantageneto, e madre di Maria e Alice, andate sposea due tra i pi grandi signori di Francia, i conti di Champagne e diBlois.Lo splendore della regina Eleonora, il suo fascino, la sua maestrialetteraria permettono di pensare che Chrtien sia stato allettato daquesto tanto ricercato mecenatismo. Ma le circostanze politiche e unacerta diffidenza da parte di Eleonora la provenzale nei confrontidi un uomo del Nord si prestarono senza dubbio male all'impresa.Quello che non aveva potuto ottenere dal favore di Eleonora,

  • Chrtien doveva pi naturalmente ottenerlo, verso il 1162, da EnricoI di Champagne, che due anni pi tardi sarebbe divenuto marito diMaria, una delle due figlie di Eleonora.Chrtien aveva gi composto le opere ovidiane, e due canzoni didatazione incerta, una delle quali alla maniera di Bernard deVentadour, provano un suo accostamento alla poesia in lingua d'oc;l'Erec et Enide mostra gi un poeta maturo e padrone della materiaarturiana, e il Cligs attesta la sua capacit di padroneggiare lamateria antica e bizantina. Fu invece Maria di Champagne a indurlo acomporre quel Lancelot sulla cui interpretazione i critici nonconcordano, e che Chrtien stese quasi contemporaneamente all'Yvain,lasciandolo poi interrotto.Nel marzo del 1181 Enrico I mor, e Chrtien rivolse l'omaggio allacorte pi opulenta e insigne per tradizione e mecenatismo, quella diFiandra su cui regnava il conte Filippo d'Alsazia.Questo nuovo protettore corrisponde a un nuovo orientamentospirituale e letterario nell'opera di Chrtien, in cui si puritrovare l'influenza del conte. Filippo d'Alsazia prest al poeta unlibro da cui doveva nascere il romanzo mistico di Perceval. Se anchequesto poema rimase incompiuto, fu per la morte del poeta, avvenutaprima della partenza del conte per la crociata da cui non sarebbetornato. Si pu quindi dedurre che Chrtien sia morto nelle Fiandreprima del 1190.Abbiamo dunque visto come il poeta scelse di incentrare i soggettisulla materia di Bretagna, di far vivere la propria ispirazione,dimostrare le proprie tesi e affermare la sua personale visione delmondo cavalleresco e dei rapporti tra i sessi attraverso i personaggie i motivi che affondavano le proprie radici nel sostrato celticodella Bretagna insulare e continentale. Ma, tra le sue mani, ilromanzo arturiano divenne una forma superiore di narrativa cortese,un'incarnazione originalissima in cui il poeta fuse i propri concettietici con l'imitazione dei poeti latini, l'eredit delle chansons degeste e dei romanzi antichi con una ricca messe di miti e dimeraviglioso di stampo celtico. Egli seppe armonizzare questielementi disparati e riusc quasi sempre a imporre su di essi un'unitdi concezione e di stile. Non temette di essere poeta originale, inun'epoca in cui l'originalit era guardata con sospetto. Certo, ancheChrtien richiama in quasi tutti i romanzi la estoire, il conte o illivre da cui avrebbe derivato le proprie opere, ma si tratta pi diuna forma retorica che della verit: egli non poteva non riconoscerein se stesso il modo affatto nuovo con il quale delineava ipersonaggi e sviluppava i rapporti che si svolgevano tra di essi.Chrtien seppe rispondere alle aspettative del mondo cortese cui sirivolgeva, e fu poeta del suo tempo anche nell'uso della lingua edell'espressione. La generazione letteraria cui appartenne era sempre

  • pi cosciente dell'importanza del fatto artistico e della necessitdi utilizzare al meglio gli strumenti della poesia; e Chrtiendispiega un ricchissimo vocabolario, una continua ricerca dellagiusta parola e dell'immagine scelta; la lingua diviene nella suapenna un buon francese, come scrisse Huon de Mri, secondo il qualeil poeta champenois eccelleva nell'invenzione letteraria.Il suo gusto per il meraviglioso si mostra temperato da un realismoattento ai dettagli, le sue descrizioni sanno essere opulente econtinuamente variate, pure egli sa spesso abilmente frenarle, nonrenderle sovrabbondanti. Con abilit sa dosare l'aspettativa dellettore, differire le spiegazioni, tenere sospesa l'attenzione,ritardare o accelerare a volont il tempo della narrazione, fare usodel flash back e passare quasi impercettibilmente da un tonoall'altro. Cos, spesso la tenerezza trapassa nell'ironia, la serietnella giocosit, nella farsa e nella caricatura. La sapientecombinazione dei diversi effetti, le sorprese controllate, ilmiscuglio di tragico e ironico, lasciano nel lettore un'impressionedi virtuosismo, di acrobazia verbale.Forse Chrtien non fu, strettamente parlando, un caposcuola; pureesercit una vasta e duratura influenza sulla letteratura successiva,fu riconosciuto gi dai contemporanei come un maestro di lingua e distile, e poeti come Hartmann von Aue e Wolfram von Eschenbach, oltrea una miriade di altri, tedeschi, olandesi, scandinavi, provenzali einglesi, dovettero molto al poeta champenois. Le continuazioni inpoesia e le modernizzazioni in prosa dei suoi romanzi si esteserofino a tutto il XVI secolo.Eppure, gli eroi di Chrtien divennero simbolo di tutto quantoaborriva alla sua coscienza etica: egli aveva ironizzato, nelLancelot, sull'amore cortese ridicolizzandone gli eroi, e Lancillottofu assunto a prototipo del perfetto ami e perfetto cavaliere; avevascritto, con Cligs, un anti-Tristano, e fu Tristano e non Cligs adivenire l'amante per eccellenza; aveva esaltato l'amore coniugale ela maturazione della coppia all'interno di esso come la sola via perraggiungere un ideale cavalleresco aperto alla generosit verso ilprossimo e alla gioia da offrire agli altri, e proprio due adulteri,Lancillotto e Tristano, divennero i referenti per ogni storia d'amoresuccessiva. Certo, sulla nostra sensibilit pesa ancora ilRomanticismo, che esalt l'amore-passione sull'amore coniugale, ma gida prima gli epigoni di Chrtien non avevano tratto da lui alcunalezione morale.Lancillottoo il Cavaliere della CarrettaLa dedica del romanzo ci fa sapere che Chrtien lo compose perMaria di Champagne, che in esso il comando della contessa ebbemaggior peso del talento e della fatica che il poeta vi mise, e che

  • la materia e il senso furono dono generoso della contessa, s cheChrtien stesso si occup solo di darne la forma, e non vi posemolto di pi che l'impegno e l'intento.Chrtien declina dunque apertamente ogni responsabilit per quelche riguarda la materia (il soggetto) e il senso (le idee, isentimenti, la concezione psicologica e morale su cui edificata lanarrazione) della sua opera; sembra quindi naturale conseguenza lasua riluttanza a portarla avanti, a rifinirla e, infine, acompletarla. Egli infatti lasci a un altro champenois, il chiericoGodefroi de Leigni, il compito di concludere la storia.Se questa interpretazione del prologo corretta e ci pare piverosimile rispetto alla teoria secondo la quale Chrtien avrebbeinvece soltanto voluto rendere un grazioso omaggio alla suaprotettrice attribuendole ogni merito la contraddizione tral'ideologia dominante in quest'opera e quella espressa nei romanziprecedenti si mostra del tutto apparente.Nel Cligs e nell'Erec et Enide Chrtien ha impegnato tutta lapropria arte a dimostrare la superiorit dell'amore coniugalesull'amore-passione cortese, inteso come esaltazione dell'adulterio ecome completa sottomissione dell'ami alla donna amata. In Cligs hapi volte rigettato l'etica sottostante alla storia di Tristano eIsotta, come nell'Erec ha mostrato il cammino verso la perfezione diuna coppia di sposi, e i mali cui conduce l'impero che una damigellacapricciosa esercita sull'amico. Tutto fa pensare, quindi, che iltema propostogli dalla contessa Maria non sia di suo gradimento,tanto che il poeta preferisce concentrarsi sulla stesura dell'Yvain,cui lavorava contemporaneamente alla Carretta, piuttosto che portarea termine un'opera che gli poco congeniale.A prima vista Chrtien tratta il tema dell'amore di Lancillotto eGinevra con tutta la dovuta seriet, e sono molti i commentatori cheinterpretano in tal modo le intenzioni del poeta. Eppure, solo se sispiega in termini di ironica presa in giro delle forme e dei modidell'ideologia stessa dell'amore cortese, possibile comprendereperch un perfetto cavaliere quale Lancillotto si pieghi fino aumiliarsi ai voleri della regina, fino addirittura a rinnegare ildettame pi elevato del codice cavalleresco, mostrandosi vile,combattendo al peggio nel torneo di Noauz.Secondo le regole dell'amore cortese, l'amico deve adorare quasireligiosamente la dama in cui ha riposto il cuore; ebbene,Lancillotto, dopo il convegno con la regina,Au departir a soploi@ a la chanbre, et fet tot autel@ con s'ilfust devant un autel.@(vv. 4716-18)[Al momento di allontanarsi, egli si inginocchiato verso lacamera e si portato come se si fosse trovato davanti a un altare.]

  • Qui Chrtien quasi blasfemo, eppure sospende ogni critica, mostrasolo le logiche conseguenze di un assurdo modo di intendere l'amore,di quella forma di religione dell'amore allora in voga. Ma non tutto. Nell'episodio del pettine siamo al ridicolo: Lancillotto trovaun pettine della regina che porta tra i denti alcuni suoi capellid'oro. Egli ne trae i capelli e...les commence a aorer,@ et bien .cm foiz les toche@ et a sesialz, et a sa boche,@ et a son front, et a sa face;@ n'est joie nulequ'il n'an face:@ molt s'an fet liez, molt s'an fet riche;@ an sonsoing, pres del cuer, les fiche@ entre sa chemise et sa char.@(vv. 1463-70)[...prende ad adorare quei capelli e li avvicina agli occhi, allabocca, alla fronte e al viso almeno centomila volte; non tralasciaalcuna manifestazione di gioia, se ne rallegra molto e si sentearricchito. Infine li ripone sul petto, accanto al cuore, tra lacarne e la camicia.]Del resto, alla sola rivelazione di essersi imbattuto nei capellidella regina, poco mancato che Lancillotto svenisse: ne ha persoil colore e la parola, e ora che li ha riposti sul petto, si senteal sicuro da ogni pericolo, come se custodisse delle sante reliquie!Cosa dire del tentativo dell'eroe di gettarsi dalla finestra di uncastello per seguire il corteo di Meleagant che conduce via Ginevra?Lo stesso Galvano, presente, lo rimprovera per aver esagerato, mentreuna damigella lo insulta e gli dice che avrebbe fatto meglio amorire, da che si coperto di onta salendo sulla carretta dellavergogna.Siamo qui all'episodio centrale del romanzo: Lancillotto, perobbedire ad Amore, trascura Ragione, e sale sulla carretta destinataai malfattori infrangendo di propria volont il codice cavalleresco,accettando implicitamente di essere bandito dall'ordine dellacavalleria, perdendo ogni merito, ogni possibilit di esserericevuto a corte, onorato e ben accolto. Come pi avanti al torneodi Noauz, il cavaliere si copre di infamia per amore di Ginevra.L'ironia di Chrtien, per, ci far sapere nel prosieguo dell'operache la breve esitazione i due passi che egli ha coperto a piediprima di montare sul veicolo dell'ignominia gli saranno rimproveratidalla regina: un vero amante non avrebbe dovuto indugiare nemmeno perun s breve tratto!Come commentare altri episodi, come quello in cui Lancillotto, resosordo e cieco dal pensiero d'amore, viene abbattuto da un cavaliere aguardia di un guado ed costretto a inseguire gi per la corrente loscudo e la lancia che gli erano caduti al momento dell'assalto? Oquando combatte contro Meleagant tenendo la spada dietro di s e gliocchi rapiti sul volto della sua dama? Il codice d'amore elaboratonelle corti del XII secolo e riportato nel De amore di Andr,

  • cappellano del re di Francia, recita: Il vero amante occupatodall'immagine della persona amata, assiduamente e senzainterruzioni. Ecco, Lancillotto, conformandosi a questa regola, sicopre di ridicolo fino ad apparire grottesco!Quanto a Ginevra, anche il suo comportamento appare forzato, el'autore sembra biasimarla apertamente. La regina abusa del propriopotere su Lancillotto, lo manovra come un burattino, si barcamena trail marito (cui obbedisce fino a inginocchiarsi davanti a un semplicesiniscalco) e l'amante, senza che una sola sua parola la mostri inpreda a sensi di colpa o rimorsi di alcun genere. Ed anche dotatadi un carattere freddo e calcolatore: quanto prudente allorchinvita Lancillotto a un convegno segreto, ma lo ammonisce di starebene attento a non essere spiato; e quando torna a letto per noncorrere il rischio di essere accusata di correit, mentre l'amantesvelle le sbarre della finestra della sua camera; e ancora, allafine, quando decide di rimandare a un momento pi opportuno ognimanifestazione di gioia per il ritorno di Lancillotto dallaprigionia! Certo, una regina deve essere accorta, ma quale contrastocon l'assoluta mancanza di riserve da parte del suo cavaliere!L'ultimo tratto citato del carattere della regina, si potrobiettare, di Godefroi, ma sappiamo dalla chiusa del romanzo chequest'ultimo ha composto il finale con l'accordo e il gradimentodello stesso Chrtien.In questo quadro di sottile ironia, anche negli altri personaggi siavverte una certa forzatura. Art qui un re tanto sciocco einfantile che persino il nipote sente la necessit di rimproverarlo;Keu un vanaglorioso destinato a subire il danno di essere in brevesconfitto sul campo da Meleagant e la beffa di essere difeso proprioda Lancillotto dall'accusa di avere giaciuto con la regina; Meleagant davvero troppo malvagio e traditore, e Baudemagu troppo retto egiusto; Galvano, il fiore della cavalleria, finisce ignominiosamentenel fiume quando tenta di superare il Ponte Sommerso e vieneripescato, mezzo annegato e con l'armatura arrugginita, con l'aiutodi rami e di pertiche! Siamo ben lontani dalla seriet con cui ilpoeta trattava la psicologia dei personaggi nei romanzi precedenti.Chrtien, dunque, non esalta nella Carretta l'amore coniugale: nonpu, perch deve attenersi al comando della sua protettrice. Ma,presentando tutti gli eccessi e le forzature cui conduce l'amorecortese in voga nella corte di Champagne, offre un piano di letturache impone di rigettare quel codice etico da cui egli stessoaborriva.Se questa interpretazione corretta, nel Lancelot il poeta simostra estremamente abile e padrone dei propri mezzi espressivi,forse pi di quanto non gli fosse richiesto nelle opere che sentivadi pi.

  • Non sappiamo se Lancillotto sia divenuto l'amante di Ginevra intesti precedenti a quello di Chrtien, ma, a quanto risulta dalleopere pervenuteci, sembra che questa unione sia stata suggerita alpoeta della protettrice Maria o sia frutto dell'inventiva di Chrtienstesso.Ginevra era personaggio noto di un antico mito celtico che, nellesue forme gallese e irlandese, narrava della moglie di Art rapita daun misterioso forestiero. Lancillotto, gi nominato da Chrtien nelCligs e nell'Erec et Enide, appartiene anch'egli a una tradizioneche lo presenta figlio adottivo di una fata di un lago, che loprotegge e veglia su di lui nel corso della sua intera vita.Oltre che a questi elementi del ciclo arturiano, Chrtien attingeper il suo Lancelot ad altri, quali le lenzuola macchiate di sanguenel letto di Ginevra, imitazione di un episodio della leggenda diTristano e Isotta. Ma, nel Lancelot, non sembrano tanto importanti lefonti, quanto l'atmosfera nella quale il poeta ha immerso lanarrazione. Un'atmosfera irreale, che fa apparire il romanzo unavisione vaga e sfumata, in cui personaggi e scene sono libratinell'estasi e nel sogno. Gli episodi si snodano senza contorniprecisi, e se ci appare che l'ironia sia il filo conduttore di tuttal'opera, pure non riusciamo a sottrarci alla malia di questo amoreestatico che Chrtien, riteniamo, condannava, ma che sapeva dipingerecon conturbante adesione.Gabriella AgratiMaria Letizia MaginiBibliografiaBibliografie.R. Reinhard, Chrtien de Troyes: A Bibliographical Essay, Ann Arbor,Michigan, 1932.Bulletin Bibliographique de la Socit InternationaleArthurienne/Bibliographical Bulletin of the International ArthurianSociety, a cura di Ch. Foulon, Rennes, dal 1949 a oggi.R. Bossuat, Manuel bibliographique de la littrature franaise duMoyen Age, Melun, 1951; supplementi, Paris, 1955-1961.Encomia: Bibliographical Bulletin of the International CourtlyLiterature Society, a cura di F.R.P. Akehurst, Minnesota, dal 1975 aoggi.D. Kelly, Chrtien de Troyes: An Analytic Bibliography, London,1976.parStudi generali. Bianchini (a cura di), Romanzi medievali d'amore e d'avventura,Milano, 1981.J.D. Bruce, The Evolution of Arthurian Romance, Baltimore, Gttingen,1927.M.T. Bruckner, Narrative Invention in Twelfth-Century Romance: The

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  • Troppo va perduto, nulla possibile aggiungere. Nell'intentotuttavia di rendere accessibile al lettore non specialista uno deigrandi capolavori di tutti i tempi, abbiamo tracciato questatraduzione scegliendo una prosa italiana che, pur nello sforzo diessere filologicamente corretta, ha voluto restituire un ritmonarrativo agile, quello che parso pi adatto a rendere allo stessotempo l'intensit della visione lirica, la densit delle risonanzesimboliche e la quotidianit del racconto parlato.La lezione usata quella di Mario Roques, Les Romans de Chrtiende Troyes dits d'aprs la copie de Guiot (Bibl. Nat. Fr. 794), LeChevalier de la Charrette, Paris, 1958.G.A.-M.L.M.Lancillottoo il Cavaliere della CarrettaPoich la mia signora di Champagne vuole che mi adopri a comporreun romanzo, lo far molto volentieri, come colui che le appartieneinteramente per ogni cosa che possa fare su questa terra. N intendoporvi alcuna adulazione; forse un altro comincerebbe l'opera conparole per lei lusinghiere: direbbe, e io non potrei invero cheapprovarlo, che madama superiore a ogni altra donna al mondo, coscome lo zefiro, che spira in aprile o in maggio, migliore di ognialtro vento. Io, in fede mia, non sono certo uomo da voler adulare lamia dama; dovrei forse dire: Tante perle e sardoniche vale una solapietra preziosa, altrettante regine vale la contessa? No di certo,non affermer nulla del genere, bench, mio malgrado, sia del tuttovero. Dir soltanto che in quest'opera il suo comando ha maggior pesodel talento e della fatica che io vi metter.Chrtien d ora inizio al suo libro sul Cavaliere della Carretta;la materia e il senso sono dono generoso della contessa; egli sioccupa solo di darne la forma, e non vi pone molto di pi chel'impegno e l'intento.Dunque Chrtien narra come Art, in occasione di una festadell'Ascensione, avesse tenuto corte ricca e sfarzosa, come gliconveniva e si addiceva a un re. Dopo il desinare, Art era rimastocon i compagni; nella sala, insieme alla regina, vi era una grandefolla di baroni, oltre, mi pare, a molte dame belle e cortesi cheparlavano un'adorna lingua francese. Keu, che aveva servito letavole, sedeva a desinare insieme ai conestabili, quando giunse acorte un cavaliere sfarzosamente equipaggiato per la battaglia,armato di tutte le armi. Cos corredato, il cavaliere avanz findavanti al re che sedeva tra i propri baroni; non lo salut, madisse:Re Art, sono miei prigionieri cavalieri, dame e pulzelle dellatua terra e della tua casa, ma non te ne porto notizia perch intendarenderteli, bens perch voglio dirti e farti palese che tu non

    DavidEvidenziato

  • possiedi n forze n beni a sufficienza per poterli avere indietro, eperch sappia che sarai morto prima di aver potuto portare lorosoccorso.Il re risponde che dovr dunque sopportare tale sventura, se nonpotr porvi rimedio, ma che essa gli procura grande pena. Allora ilcavaliere finge di voler andare via; si volta e non si sofferma oltrealla presenza del re. Ma, raggiunto l'uscio della sala, non scende igradini e si ferma; da l, dice:Re, se nella tua corte vi fosse un cavaliere in cui tu avessi talefiducia da osare di affidargli la regina perch la conduca sui mieipassi nel bosco in cui io ora mi reco, giuro che l'aspetter e, nelcaso che egli riuscisse a conquistarla e a ricondurla indietro,render tutti i prigionieri che si trovano nelle mie terre.Molti nel palazzo udirono la sfida, e la corte ne fu turbata.Presto la notizia raggiunse Keu che desinava con i sergenti.Il siniscalco interrompe il pasto, si affretta dal re e diceincollerito:Re, a lungo ti ho prestato i miei servigi con lealt e onore. Maora prendo congedo e me ne vado. Da questo momento non intendo nvoglio servirti mai pi.Il re prova grande dolore per tali parole, ma allorch si ripresoquanto basta per rispondere meglio che pu, dice bruscamente:Parlate sul serio o per scherzo?Bel signore e re risponde Keu in questo momento non ho alcundesiderio di scherzare. Prendo congedo per davvero, e non vi chiedoricompensa o mercede per il mio servizio. E' cos: intendo andarmenesenza indugio.la collera o l'orgoglio che vi spingono a partire? chiede il re.Siniscalco, restate a corte come sempre stato vostro costume, esappiate per certo che pur di trattenervi non vi nulla che iopossieda in questa terra che non sarei pronto a donarvi.Sire risponde Keu non ve n' bisogno: non accetterei neanche unsestario d'oro fino e puro, se pur mi fosse largito ogni giorno.Il re ne disperato. Si avvicina alla regina e dice:Signora, sapete cosa mi chiede il siniscalco? Il congedo! Dice chenon sar mai pi della mia corte, e io non so perch. Ci che nonvuole fare per amor mio, sar pronto a compiere dietro vostrapreghiera. Andate da lui, mia cara signora e, da che non si degna direstare per me, pregatelo perch si trattenga per amor vostro. Anzi,gettatevi ai suoi piedi: se perdessi la sua compagnia non potrei maipi essere lieto.Il re ha dunque inviato la regina dal siniscalco, ed ella vi va. Lotrova circondato da una grande compagnia e, quando gli davanti,dice:Keu, sappiate invero che sono molto afflitta per ci che ho

  • sentito dire di voi. Mi stato riferito, con mia grande pena, chevolete separarvi dal re. Perch lo fate? Da quale sentimento sietemosso? Ora, certo, non posso pi ritenervi assennato e cortese comeero solita. Voglio chiedervi di restare. Rimanete, Keu, ve ne prego.Signora egli risponde vi ringrazio, ma non rester affatto.La regina lo esorta ancora, e alla sua voce si uniscono tutti icavalieri. Ma Keu dichiara che ella si adopra senza alcuna speranza.Allora la regina umilia il proprio rango e gli cade ai piedi. Ilsiniscalco la prega di rialzarsi, ma ella dice che non lo far: nonsi alzer prima che Keu le abbia concesso quanto vuole. Infine eglile assicura che rester, purch prima il re si impegni ad accordargliquanto egli chieder, e che anche la regina faccia del pari.Keu ella risponde di qualunque cosa si tratti il re e io vel'accorderemo. Ora venite: gli riferiremo le condizioni alle qualisiete rimasto.Cos Keu e la regina si presentano al re.Sire dice la regina ho trattenuto Keu non senza pena, ma ve lorendo a patto che voi facciate quanto egli chieder.Il re esala un sospiro di gioia e dichiara che agir secondo la suavolont, qualunque sia l'istanza.Sire dice allora Keu sappiate dunque cosa voglio e qual ildono che mi avete concesso; mi riterr ben fortunato quando, grazie avoi, l'avr conseguito: mi avete affidato la regina qui presenteperch segua con lei il cavaliere che ci aspetta nella foresta.Il re ne prova grande dolore. Pure, affida la missione a Keu, poichnon si era mai contraddetto in tutta la sua vita. Ma il suo voltomostra tutta l'ira e la pena che ne ha. Quanto alla regina, ella nonne meno costernata, e nella corte tutti affermano che la richiestadi Keu dettata dall'orgoglio, dalla tracotanza e dall'insensatezza.Il re ha preso la regina per la mano.Signora le dice necessario che andiate con Keu senza avanzareproteste.Ora affidatemela, e non abbiate timore interviene Keu. Ve lariporter sana e salva.Cos il re gliela consegna, e il siniscalco la conduce via. Tuttili seguono, e non ve n' uno che non sia rattristato.Sappiate che il siniscalco si era armato in fretta, e che il suocavallo era stato portato nel mezzo della corte, insieme a unpalafreno adatto a condurre una regina, perch non era n restio nduro sul morso. Ella gli si era avvicinata e vi era montata triste eaddolorata. Sospirava e diceva a voce bassa, per non essere sentita:Ah, re, se solo sapeste, credo che non permettereste che Keu mifaccia allontanare di un solo passo!Credeva di avere parlato molto piano, ma l'aveva udita il conteGuinable che le era accanto mentre ella si apprestava a montare.

  • Al momento del commiato, dame e cavalieri, e quanti udirono ilpasso degli zoccoli, mostrarono grande dolore, come se ella giacessemorta nella bara: infatti credevano che non sarebbe mai tornata viva.Il siniscalco, spinto dalla propria tracotanza, la conduce l oveli attende il cavaliere. Pure la tristezza non tale da impedire adalcuno di immischiarsi e di seguirli. Allora messer Galvano parla inconfidenza al re suo zio.Sire dice vi siete portato come un fanciullo, e io ne sono moltostupito. Ora accettate il mio consiglio: finch sono ancora vicini,io e voi li potremo seguire con quanti vorranno esserci compagni. Nonpotrei impedirmi di accorrere subito e, del resto, non sarebbe certoopportuno che non andassimo anche noi, almeno finch non sapremo cosasar della regina e come si porter Keu.Andiamo, bel nipote dice il re. Avete pronunziato parole cortesie, poich avete preso la faccenda nelle vostre mani, ordinate chesiano tratti fuori i cavalli, sellati e imbrigliati, s che non restiche montarli.Subito vengono condotte le cavalcature, pronte e sellate. Per primomonta il re; poi monsignor Galvano, e infine tutti gli altri a gara.Ciascuno vuole essere della compagnia, e ognuno si mette in camminonel modo che preferisce: alcuni sono armati, ma molti partono senzaarmatura. Messer Galvano, per, ha indossato tutte le armi e, da duescudieri, fa condurre con la mano destra due destrieri.Sono gi vicini alla foresta, quando ne vedono sbucare il cavallodi Keu. Lo riconoscono, e scorgono che ha entrambe le redini staccatedal morso. Il cavallo avanzava tutto solo e aveva la staffa macchiatadi sangue; dietro la sella, l'arcione era lacerato e a pezzi. A talevista tutti si adirano, e se lo mostrano l'un l'altro conammiccamenti e gomitate.Messer Galvano cavalcava per un buon tratto davanti a tutti e nontard molto a scorgere un cavaliere che procedeva al passo su uncavallo stanco e dolorante, coperto di sudore e al limite delleforze. Il cavaliere salut per primo, e messer Galvano gli rispose.Allora l'altro, che lo aveva riconosciuto, si ferm e disse:Signore, vedete fino a che punto il mio cavallo sudato estremato, s che non mi serve pi? Credo che questi due destrieri viappartengano. Ora vi pregherei di darmene uno qualunque, in prestitoo in dono, col patto che ve ne render servigio e ricompensa.Messer Galvano risponde:Scegliete quello che preferite.Ma l'altro ne aveva un bisogno tale che non cerc di discernere ilmigliore, o il pi bello o il pi grande, e mont subito suldestriero che gli era pi vicino. Poi si slanci a briglia sciolta,mentre il cavallo che aveva abbandonato cadeva morto, poich quelgiorno era stato sottoposto a gravi fatiche, tormenti e pene.

  • Il cavaliere non si attardato e, coperto di tutte le propriearmi, si diretto verso la foresta. Messer Galvano lo segue e loincalza con accanimento. Lo vede discendere un'altura e poi cavalcareancora a lungo. D'un tratto trova morto sul cammino il destriero chegli aveva dato, e intorno scorge molte tracce di cavalli, e un grannumero di scudi e di lance spezzate. Era evidente che vi era statauna grande mischia tra numerosi cavalieri. Ne prova dispiacere e sirammarica di non esservisi trovato, tuttavia non si sofferma a lungoe passa oltre a grande andatura finch, per caso, rivede ilcavaliere, solo e appiedato, vicino a una carretta. Indossava tuttele armi: l'elmo allacciato, lo scudo appeso al collo, la spada allacintura.A quei tempi le carrette facevano il servizio ora riservato allegogne, e in ogni citt, dove adesso se ne trovano pi di tremila,allora non ve ne era che una. Come la gogna, la carretta veniva usataper gli assassini e i briganti, per quanti uscivano sconfitti daicombattimenti giudiziari e per i ladri che si erano impadroniti degliaveri altrui con l'astuzia o che li avevano rapinati con la forza perle strade. Chi era colto sul fatto, veniva fatto salire sullacarretta e trascinato di cammino in cammino; perdeva ogni merito, nonveniva pi ricevuto a corte, n onorato o ben accolto. E poich perquesto uso crudele le carrette erano molto temute, si prese a dire:Quando vedrai e ti imbatterai in una carretta, segnati e ricordatidi Dio, perch non te ne derivi sventura.Il cavaliere avanzava appiedato e senza lancia dietro quellacarretta sulle cui stanghe era un nano che, come un carrettiere,impugnava una lunga verga.Il cavaliere gli chiede:Nano, dimmi in nome di Dio se hai visto passare per di qua madamala regina.Ma quel nano, vile e di ignobili origini, non vuole dargli notiziee dice invece:Se vorrai montare sulla carretta che conduco, prima di domanipotrai sapere cosa avvenuto della regina.Il cavaliere esita, e prosegue per la propria strada senzaaccettare l'invito.E fu per sua sventura e vergogna che non vi sal subito, perch pitardi avrebbe avuto a pentirsene e avrebbe giudicato di avere agitomale. Ma Ragione, in disaccordo con Amore, gli suggeriva di guardarsidal montarvi, e lo esortava e lo ammaestrava a non intraprendereun'azione che gli sarebbe forse tornata a onta e a biasimo. Ragionenon ha posto nel cuore, ma nella bocca: per questo osava parlargli intal modo. Ma Amore, che era rinchiuso nel suo cuore, gli ordinava elo ammoniva di montare subito.Poich lo vuole Amore, il cavaliere sale sulla carretta e non si

  • cura di provare vergogna: Amore che comanda e vuole.Quanto a messer Galvano, egli sprona dietro alla carretta ed molto stupito di vedervi seduto il cavaliere.Nano dice dimmi della regina, se lo sai.Se tu provi per te stesso un odio violento quanto quello che ilcavaliere che siede qui nutre per la propria persona risponde ilnano monta con lui, se vuoi; vi condurr entrambi.Udendo tali parole, messer Galvano lo prende per folle, e dichiarache non salir affatto: farebbe un ben vile baratto se mutasse ilcavallo per una carretta.Ma va' dove preferisci; io ti seguir dice invece.Cos proseguono il cammino; uno cavalca, gli altri due procedonosulla carretta, e tutti percorrono la medesima via.Sul finire del vespro (1) giungono a un castello, e sappiate che sitrattava di una roccaforte molto bella e possente; entrano tutti etre per la stessa porta. Le genti che li vedono sono stupite di quelcavaliere che montato sulla carretta del nano, e non ne parlanocerto a voce bassa; anzi tutti, i miseri come i potenti, i vecchicome i bambini, lo scherniscono per le strade con grande clamore. Cosil cavaliere sente dire sulla propria persona grandi oltraggi e ognisorta di villanie. Tutti chiedono:A quale supplizio sar condotto quel cavaliere? Sar scorticato oimpiccato, annegato o arso su un fuoco di rovi? Di', nano,raccontaci, tu che lo conduci, in quale malefatta fu sorpreso? E' reoprovato di ladrocinio, o forse un assassino, oppure statosconfitto in campo chiuso?Ma adesso il nano tace e non risponde n s n no, e cerca unalloggio per il cavaliere. Galvano, che continua a seguirlo, lo vededirigersi verso una torre che si ergeva su un luogo pianeggiantevicino alla citt. Da una parte vi era una prateria, e dall'altra latorre era situata su una roccia scura, alta e strapiombante sullavalle.Galvano segue a cavallo la carretta fin dentro la torre. Nella salahanno incontrato una damigella che indossava begli abiti e che, pibella di ogni altra del paese, era in compagnia di due pulzelleavvenenti e gentili. Appena esse vedono messer Galvano, gli fannolieta accoglienza e lo salutano. Poi chiedono del cavaliere.Nano dicono di quale misfatto accusato il cavaliere checonduci come fosse impedito nei movimenti?Ma il nano non vuole dare spiegazioni; fa invece scendere ilcavaliere dalla carretta e se ne va non si sa dove. Allora messerGalvano smonta di sella, e due valletti giungono a disarmare entrambii cavalieri. La damigella fa portare due mantelli foderati di vaio,che essi indossano. Quando l'ora del desinare, trovano un pasto benapprontato e, a tavola, la damigella siede accanto a monsignor

  • Galvano. Per nulla al mondo i due cavalieri cambierebbero alloggioper cercarne uno migliore, poich per tutta la sera la damigellarende loro ogni premura ed di amabile e cortese compagnia.Quando hanno mangiato a sufficienza, in una sala vengono preparatidue letti alti e lunghi, accanto ai quali ve n'era un terzo ancora pibello e pi ricco: il racconto dice che quel giaciglio offriva tuttii piaceri che si potrebbero immaginare. Giunto il tempo di coricarsi,la damigella vi accompagna gli ospiti, mostra loro i due bei lettispaziosi e dice:I due letti sistemati pi lontano sono stati approntati per ilvostro riposo, ma in questo pi vicino pu giacere solo chi l'avrmeritato. Non stato preparato per voi.Allora il cavaliere che era giunto sulla carretta le risponde che indispettito e sdegnato da quel divieto.Damigella chiede ditemi il motivo per cui questo letto ci interdetto.Ed ella, che gi aveva riflettuto sulla risposta da dare, parlasenza esitazione.A voi certo non si addice di fare domande dice. Un cavaliere chesia salito sulla carretta disonorato per il mondo, e non ha quindidiritto di intromettersi e di rivolgere richieste, e tanto meno digiacere in quel letto: potrebbe avere a pentirsene. Inoltre, non lofeci preparare con tanta ricchezza perch vi ci coricaste voi.Potreste pagarne molto caro anche il solo pensiero!Lo vedrete, e presto dice l'altro.Lo vedr?S.Allora mostratemi questo spettacolo!In fede mia, non so chi la pagher! esclama il cavaliere.Intendo coricarmi in questo letto e riposarvi a mio perfetto agio, adispetto di chiunque.Poi si toglie le brache e si corica sul giaciglio pi lungo e pialto degli altri d'un mezzo braccio, sotto una trapunta di sciamitogiallo adorna di stelle d'oro, la pelliccia di cui era foderata nonera certo di vaio spelacchiato, ma di zibellino, e sarebbe stataadatta a onorare un re; n, del resto, il letto era di stoppa o dipaglia, e nemmeno di vecchie stuoie.A mezzanotte, dalle liste di legno del baldacchino scatur come unfulmine una lancia col ferro rivolto verso il basso, e sembr chestesse per trafiggere il cavaliere ai fianchi e cucirlo alla coperta,alle bianche lenzuola e al letto in cui giaceva. Al legno dellalancia era attaccato un pennone in fiamme. Cos il fuoco si appiccalla trapunta, alle lenzuola e a tutto il letto. Il ferro dell'armaera passato accanto al costato del cavaliere e gli aveva scalfito unpoco la pelle, ma non lo aveva ferito. Allora egli si alz, spense il

  • fuoco, afferr la lancia e la gett in mezzo alla sala; ma nonabbandon per questo il giaciglio. Anzi, si coric di nuovo e ripresesonno, sicuro e tranquillo come prima.L'indomani, di primo mattino, la damigella della torre, che avevafatto preparare per la messa, fece svegliare e alzare i duecavalieri. Dopo che il servizio fu cantato, il cavaliere che eragiunto sulla carretta and pensoso ad appoggiarsi alle finestre chedavano sulla piana e si mise a guardare i prati in basso. Allafinestra accanto era la damigella, che era stata intrattenuta a lungoin disparte da messer Galvano.Non so di cosa ragionarono, ma rimasero tanto alla finestra chevidero passare sui prati lungo il fiume una bara in cui era adagiatoun cavaliere, affiancata da tre damigelle che facevano mostra digrande dolore. Dietro alla bara veniva una scorta, e davantiprocedeva un cavaliere di grande statura che aveva alla propriasinistra una bella dama.Il cavaliere ch'era alla finestra riconobbe la regina, e continu aseguirla attentamente con gli occhi pi a lungo che pot, immersonella felicit e nella contemplazione. Quando non riusc pi ascorgerla, avrebbe voluto lasciarsi cadere e precipitare in basso, edera gi per met fuori dalla finestra allorch messer Galvano se neavvide. Lo trasse indietro e disse:Di grazia, signore, calmatevi. Per l'amor di Dio, non pensate pia compiere tale follia. Avete torto a odiare la vita.Ne ha il diritto, invece disse la damigella. Non sar forserisaputa per ogni dove la notizia della sua vergogna: l'infamia diessere salito sulla carretta? giusto che si auguri di morire, perchormai varrebbe di pi morto che vivo: per lui la vita colma disventura, di vergogna e di disonore!Poi i cavalieri chiesero le proprie armi e se ne rivestirono. Inquell'occasione, la damigella si mostr cortese, nobile e generosa,perch, in segno di affetto e di buon accordo, don un cavallo e unalancia al cavaliere che aveva tanto biasimato e irriso.I cavalieri hanno preso congedo dalla damigella come uomini cortesie ben allevati, e l'hanno salutata. Poi si mettono in cammino eseguono la strada che avevano visto prendere al corteo. Quando esconodal castello, nessuno rivolge loro la parola.Procedono veloci nella direzione in cui hanno visto andare laregina, ma non riescono a raggiungere il corteo, che avanzava lesto.Traversata la prateria, entrano in un chiuso, dove trovano una stradalastricata. E tanto si aggirano per la foresta che, era forse laprima ora del giorno, a un quadrivio si imbattono in una damigella.La salutano entrambi e la richiedono e la pregano di dir loro, se losa, dove venga condotta la regina. La damigella risponde conassennatezza, e dice:

  • Se ricevessi da voi promesse a sufficienza, vi saprei ben metteresulla giusta via, e farvi il nome del paese e del cavaliere che ve laconduce. Ma soffrirebbe molte pene colui che volesse entrare inquella terra! Avrebbe molto a dolersi prima ancora di giungervi!Messer Galvano le risponde:Damigella, che Dio mi aiuti, vi prometto e vi assicuro che porral vostro servizio tutto quanto in mio potere, cos come vipiacer. E ora ditemi il vero.Ma il cavaliere che era stato sulla carretta non impegna soloquanto nelle proprie possibilit; afferma invece, come colui cheAmore rende ricco e possente, e pronto a ogni ardimento, che lepromette senza esitazione n timore tutto quanto ella vorr, e che sipone interamente in suo potere.Allora ve lo dir dice la damigella; poi narra loro: In fede,signori, la regina fu fatta prigioniera da Meleagant, un cavaliere digrande statura e molto forte, figlio del re di Gorre (2), che l'hacondotta in un regno da cui nessun forestiero pu tornare, perch costretto a rimanervi con la forza in servit e in esilio.Damigella, dove quel paese? chiede ancora il cavaliere. Dovepotremo trovare la strada che vi conduce?Ve lo dir ella risponde ma sappiate anche che incontrereteostacoli e passi infidi, perch non vi si entra alla leggera se noncon il consenso del re, che ha nome Baudemagu. Vi si pu penetraresolo per due strade pericolose, due passaggi molto insidiosi. Uno hanome Ponte Sommerso, perch si trova sotto la corrente di un fiume:dal ponte al fondo vi tanta acqua quanta ve n' al di sopra, non dimeno n di pi, poich il ponte si trova esattamente nel centro; largo solo un piede e mezzo, e altrettanto spesso. E' un'offerta darifiutare, eppure la meno rischiosa, anche se presenta molte altreavventure che non vi ho narrato. L'altro ponte pi insidioso emolto pi difficile da superare, tanto che mai un uomo riusc apassarvi. tagliente come un brando e per questo viene chiamato Pontedella Spada. Vi ho detto tutta la verit, nei limiti di quanto era inmio potere.Allora l'altro la prega ancora:Damigella dice degnatevi di mostrarci le due strade.E la damigella risponde:Ecco la via che porta diritta al Ponte Sommerso; quella dall'altraparte conduce al Ponte della Spada.Il cavaliere che era stato portato sulla carretta si rivolge alloraa Galvano e dice:Signore, vi offro la scelta, e non ve ne mostrer poi alcunrancore: prendete una delle due strade, e lasciate l'altra a me.Scegliete quella che pi preferite.In fede dice messer Galvano entrambi i passaggi sono molto

  • rischiosi e irti di pericoli. In questo dilemma non riesco a esseresaggio e non so quale partito prendere, ma non ho il diritto ditirarmi indietro. Poich mi avete concesso di scegliere, andr alPonte Sommerso.dunque giusto ch'io vada al Ponte della Spada, e senza disputedice l'altro. Vi consento volentieri.Allora si raccomandano l'un l'altro cortesemente a Dio e tutti etre si dividono. Vedendoli andar via, la damigella dice:Ciascuno di voi mi deve in ricompensa ci che voglio e al momentoin cui lo vorr. Guardatevi bene dal dimenticarlo.State certa che lo ricorderemo, dolce amica dicono entrambi icavalieri. Poi ciascuno se ne va per la strada che ha scelto.Il cavaliere della carretta immerso nei propri pensieri, comecolui che non ha forza n difesa di fronte ad Amore, che gli sovrano. I suoi pensieri sono di tale natura che egli dimentica sestesso, non sa pi se esista o non esista, non ricorda il proprionome, n se armato o meno, dove vada, da dove venga; non ha memoriadi nulla, se non di una sola cosa, per la quale ha posto ogni altranell'oblio. A quella sola pensa con tale intensit che non ode nvede n comprende null'altro.Intanto il suo cavallo lo portava veloce per la via migliore e pidiritta, e certo non prendeva strade tortuose. Tanto si adopra che,per avventura, lo conduce in una landa in cui si trovava un guado.Dall'altra parte di esso un cavaliere armato era a guardia delpassaggio, e con lui era una damigella, giunta su un palafreno.Era gi passata l'ora nona e il cavaliere non si era distolto daipropri pensieri, di cui non si stancava mai. Il cavallo, che eramolto assetato, visto quel guado bello e chiaro, subito era corsoverso l'acqua. Allora, dall'altra sponda, il guardiano del guadoaveva gridato:Cavaliere, io sono a guardia di questo guado, e vi faccio divietodi passare.Ma l'altro non capisce; non lo sente nemmeno, perch troppoimmerso nelle proprie fantasticherie. Intanto il cavallo si slanciavarapido verso la corrente. Il guardiano grida di nuovo il suo divieto:Farai cosa saggia a evitare questo guado; non puoi passarlo! egiura sul cuore che ha nel petto che, se vi entra, lo colpir. Ma ilcavaliere, preso dai propri pensieri, non lo sente.D'un tratto il cavallo salta dal prato nell'acqua e si mette a berecon grande foga. Allora il guardiano afferma che il cavaliere lapagher, e che non lo salveranno n lo scudo n il giaco che indossa.Poi lancia il cavallo al galoppo e lo colpisce, lo abbatte in mezzoal guado che gli aveva interdetto, facendogli cadere in un solo volola lancia e lo scudo che portava al collo.Al contatto con l'acqua, il cavaliere trasale e balza in piedi,

  • stordito come colui che si risveglia. Riacquista l'udito e la vista esi chiede meravigliato chi possa averlo assalito. Solo allora vede ilguardiano del guado e grida:Vassallo, ditemi perch mi avete colpito. Non sapevo neanche chefoste davanti a me, e non vi avevo recata alcuna offesa!In fede mia risponde l'altro invece me ne avete mossa. Non miteneste forse in poco conto quando tre volte vi proibii di guadare, eve lo dissi gridando pi forte che potei? Sentiste bene che visfidavo due o tre volte, pure entraste nel guado contro il miovolere. Vi dissi chiaro che vi avrei colpito non appena vi avessivisto nell'acqua.Che sia dannato, se vi sentii o vi vidi mai! dice allora ilcavaliere. Pu darsi che mi abbiate proibito di guadare, ma io eroimmerso nei miei pensieri. Sappiate che il colpo che mi aveteassestato torner a vostra sventura se, con una sola mano, riuscirad afferrare il morso del vostro cavallo!E cosa accadr? chiede l'altro. Se oserai prendermi, potraicerto trattenermi per il morso. Non stimo la tua minaccia e la tuatracotanza pi di una manciata di cenere.Non voglio nulla di pi dice il cavaliere. Vorrei gi averti trale mani, qualunque cosa me ne possa derivare.Allora l'altro avanza fino in mezzo al guado. Il cavaliere loafferra per le redini con la mano sinistra, mentre con la destra loprende per la coscia; lo tira e lo stringe s forte che quello geme egli pare che gli venga strappato l'arto del corpo. Lo prega dilasciarlo e dice:Cavaliere, se ti piacesse di misurarti in giusto scontro, prendilo scudo, il cavallo e la lancia e battiti con me.Sulla mia parola, non lo far dice l'altro. Credo che fuggiraiappena ti lascer.Quello lo sente e ne prova grande onta. Ripete:Cavaliere, monta sicuro sul tuo cavallo. Ti prometto in tuttalealt che non mi sottrarr allo scontro e non fuggir. Mi haioltraggiato, e questo mi molesta.L'altro ripete una seconda volta:Prima mi devi dare la tua parola. Voglio che mi giuri che non tisottrarrai n fuggirai, e che non mi toccherai e non ti avvicineraifinch non mi vedrai a cavallo. Ti ho catturato e, se ti lascio, lofaccio per grande cortesia.L'altro impegna la propria parola, ch non pu fare altrimenti.Allora il cavaliere della carretta raccoglie lo scudo e la lancia chesi stavano allontanando verso valle galleggiando nell'acqua delguado; poi torna a prendere il cavallo. Monta in sella, afferra loscudo per le corregge e appoggia la lancia sull'imbottituradell'arcione. Infine, entrambi spronano l'uno contro l'altro a tutta

  • la velocit delle cavalcature.Colui che era a difesa del guado attacca per primo, e colpisce ilcavaliere con tale impeto che la lancia gli vola in pezzi. L'altro,invece, gli assesta un colpo s forte che lo spedisce lungo distesonel guado, sotto i flutti, tanto che l'acqua gli si richiude sopra.Allora si trae indietro e smonta: avrebbe potuto inseguirne eincalzarne agevolmente cento come quello. Estrae dal fodero la spadad'acciaio, mentre l'altro si rialza con un balzo e sguaina la proprialama, che era scintillante e di buona fattura. Ed ecco che siassalgono corpo a corpo. Per ripararsi, si pongono davanti gli scudirilucenti d'oro. Maneggiano le spade con accanimento, senza sosta esenza darsi riposo. Sono coraggiosi entrambi, cos si menano fortifendenti.La battaglia si prolunga tanto che il cavaliere della carretta neprova vergogna nel cuore, e si dice che se impiega s tanto tempo asopraffare un solo cavaliere risarcir malamente il debito che hacontratto intraprendendo tale impresa. Crede e pensa che se ancora ilgiorno prima avesse incontrato in una valle cento cavalieri comequello, essi non avrebbero potuto certo difendersi da lui. Cos provaira e dolore, perch si vede tanto inetto che spreca i propri colpi eperde tempo.Si scaglia sull'avversario, e tanto lo incalza che quello perdeterreno e fugge e, suo malgrado, gli lascia libero il passaggio sulguado. Ma il cavaliere della carretta non cessa di inseguirlo finchlo fa cadere sulle mani. Allora gli si getta contro e giura che, aquanto vede, quello si procur sventura quando lo fece cadere nelguado strappandolo alle proprie fantasticherie.All'udire tali minacce, la damigella che il guardiano del guadoaveva portato con s presa dal timore, e prega il cavaliere che perlei rinunci a ucciderlo. Ma il vincitore risponde che lo metter percerto a morte e che non pu concedergli grazia per amor di lei perch troppo grave l'onta che quello gli ha arrecata. Gli si avvicina conla spada snudata, ma l'altro, smarrito, esclama:Per l'amore di Dio e per me, concedete la grazia che vi chiedo!Che Iddio mi sia testimone risponde il cavaliere non subii maida alcuno un oltraggio tanto grave che io, per l'amore di Dio, difronte alla sua richiesta pronunciata nel nome del Signore, non gliavessi concessa la grazia per una volta, come giusto. Cos far conte: non posso rifiutartela, dacch me ne hai implorato. Ma prima tidovrai impegnare a renderti prigioniero l dove io vorr, e quando tel'ordiner.L'altro gli d la propria parola, per quanto ci gli sia penoso.Allora la damigella parla di nuovo, e dice:Cavaliere, in nome della generosit che mostrasti accordandogli lamerc che egli ti richiese, se mai liberasti un prigioniero, libera

  • questo per me. Per amor mio affrancalo dalla prigionia, a patto che,quando vorrai, io te ne render la ricompensa che pi ti piacer, eper quanto in mio potere.Alle parole della damigella, il cavaliere della carretta capisceallora chi ella sia, e le consegna libero il prigioniero. Ladamigella ne triste e vergognosa, perch pensa che egli l'abbiariconosciuta, e non lo vorrebbe, ma il cavaliere della carretta siallontana subito, mentre l'altro e la damigella lo raccomandano a Dioe gli chiedono il congedo. Egli lo accorda loro, poi va per lapropria strada.A tarda sera incontra una pulzella molto avvenente, ben adorna eben abbigliata, che lo saluta con parole sagge e cortesi. Egli lerisponde:Dio vi doni la salute del corpo e dello spirito, damigella.Signore ella dice non lontano da qui una dimora pronta perricevervi, se volete accettare il mio invito. Ma vi potrete prenderealloggio solo a condizione che vi corichiate con me; a questo patto,ve l'offro e ve ne faccio dono.Per simile proposta molti l'avrebbero ringraziata volentiericinquecento volte, ma il cavaliere se ne adonta, e le risponde in benaltro modo.Damigella dice vi ringrazio dell'ospitalit che mi moltogradita, ma, se non vi spiace, farei volentieri a meno di coricarmicon voi.Per la luce dei miei occhi esclama la damigella allora non nefar nulla!Ed egli, che non ha altra scelta, le concede quanto ella desidera.Ma tale promessa gli provoca una grande pena nel cuore, e se cospoco gi tanto lo ferisce, quale sar la sua tristezza al momento di

  • giacere con lei! La damigella che lo condurr con s ne prover amaradelusione e pena, ed egli teme che ella lo ami a tal punto che nonvorr pi lasciarlo libero.Dopo che il cavaliere ebbe accondisceso al suo desiderio, ladamigella lo condusse in un chiuso fortificato, il pi bello che sipotesse trovare di l alla Tessaglia, interamente circondato da altemura e da acque profonde. Dentro non vi era altro uomo che quello chela damigella aspettava. Per ospitarlo, ella vi aveva fatto prepararedelle camere assai belle e una vasta sala riccamente adorna ericoperta da un tetto di tegole.Il cavaliere e la damigella cavalcarono lungo la riva di un fiume,finch raggiunsero la dimora dove, per permettere loro di passare,era stato calato un ponte levatoio. Superato il ponte, hanno trovatoaperta la porta della sala; vi entrano, e scorgono una tavolaricoperta da una tovaglia larga e lunga, su cui gi erano imbanditele vivande. Vi erano candele accese nei candelieri e coppe d'argentodorato, oltre che due brocche, una delle quali era colma di vino dimore e l'altra d'un vino bianco forte. Accanto alla tavola, aun'estremit di una panca, trovano due bacili pieni d'acqua caldaperch possano lavarsi le mani; all'altra estremit, una salviettafinemente ricamata, bella e bianca, per asciugarle. Non vi vedono enon vi trovano n valletto n sergente n scudiero.Il cavaliere si toglie lo scudo dal collo e lo appende a unsupporto, poi prende la lancia e la pone in cima a una rastrelliera.Infine smonta da cavallo, e la damigella con lui; ed egli si compiaceche la fanciulla non abbia atteso il suo aiuto per scendere dallacavalcatura. Appena a terra, la damigella si avvia senza indugioverso una camera, e ne torna recandogli un corto mantello discarlatto, con cui lo riveste.La sala non era certo tenebrosa, pur se fuori gi brillavano lestelle: vi era acceso un gran numero di grosse candele a tortiglioneche emanavano una forte luce.Dopo che la damigella ebbe allacciato il mantello al collo delcavaliere, disse:Amico, ecco l'acqua e la salvietta. Non vi nessuno che ve leoffra e ve le porga, poich qui non vi sono che io. Lavatevi le manie poi sedete, quando vi piacer e vi sar gradito. Come potetevedere, l'ora e il desinare lo reclamano. Dunque, lavatevi e prendeteposto.Molto volentieri.Il cavaliere si siede, ed ella prende posto accanto a lui con vivopiacere. Mangiano e bevono insieme, finch giunge il momento dialzarsi da tavola. Allora la damigella gli dice:Signore, andate fuori a dilettarvi; ma badate di non trarne danno,e restatevi solo finch, se vi piace, pensate che io mi sia coricata.

  • Non ne dovete provare dispiacere o fastidio, perch allora potretegiungere al momento giusto, se intendete mantenere la parola che miavete data.Ed egli risponde:Terr fede all'accordo, e torner quando reputer che sia giuntal'ora.Poi esce e sosta a lungo nel mezzo del cortile. Ma infine devetornare, poich cos ha promesso! Rientra nella sala, ma non vi vedeaffatto colei che si era dichiarata sua amica. Allora si dice:La cercher finch la trover, dovunque sia! e si affretta adandare a cercarla, per la promessa che le aveva fatta.Entrava in una camera, quando sente un grido acuto di pulzella: eraproprio colei con cui avrebbe dovuto coricarsi. Scorge aperto l'usciodi un'altra stanza; si dirige da quella parte e, proprio davanti as, vede che un cavaliere l'ha rovesciata sul letto e ve la trattienedi traverso, tutta nuda. La damigella, certa che l'ospite sarebbeaccorso in suo aiuto, gridava:Soccorso! Soccorso! Cavaliere! Io ti ho ospitato, e se tu non miliberi da lui, egli mi disonorer davanti ai tuoi occhi. Tu devigiacere con me, come hai promesso. Mi user dunque costui liberamenteviolenza sotto il tuo stesso sguardo? Gentile cavaliere, adopratidunque a soccorrermi subito!Il cavaliere vede che l'altro trattiene con grande villania ladamigella nuda fino all'ombelico. Prova grande onta, vergogna e iraperch l'uomo, nudo, aderiva a lei nuda; ma non mosso n dadesiderio n da gelosia.Poi si accorge che sulla soglia, a guardia della porta, erano duecavalieri interamente armati e con le spade sguainate, e che dietrosi trovavano altri quattro sergenti, ciascuno con un'ascia tantogrande che avrebbe potuto tagliare da parte a parte la spina dorsaledi una mucca come se fosse stata la radice di un ginepro o di unaginestra.Il cavaliere si ferma sulla soglia e dice:Dio, cosa posso fare? Mi sono accinto alla grande impresa diricercare la regina Ginevra, e non ho certo cuore di lepre, dato chemi sono messo per lei in tale avventura. Se Codardia mi presta ilproprio cuore e io cedo ai suoi comandi, non raggiunger lo scopo cheperseguo: se rimarr fermo, sar disonorato. Ora sono sdegnato peraver promesso che mi sarei trattenuto qui, e ne ho il cuore cupo etriste; ne provo vergogna e dolore, e vorrei morire per essermiattardato tanto in questo luogo. Dio possa non avere mai piet di mese lo dico per orgoglio, e se non preferirei morire piuttosto chevivere nella vergogna. Quale onore ne avrei se avessi la stradalibera o se costoro mi concedessero il congedo o mi lasciasseroandare via senza contesa? Invero, vi passerebbe con altrettanta

  • facilit l'uomo peggiore che vi sia! E io pur odo che questasventurata continua a invocare la mia piet, a ricordarmi la promessache le ho fatta e, a mia vergogna, me ne muove aspro rimprovero.Subito si avvicina alla porta e sporge il collo e il capo. Guardadentro attraverso l'apertura dell'uscio e vede calare le spade.Allora si ritrae, ma i cavalieri non riescono a interrompere il gestogi iniziato, e le loro armi percuotono il pavimento e si spezzanoentrambe. Allora il cavaliere, alla vista delle spade rotte, tiene inminor conto le asce, e ne prova meno timore. Balza quindi tra diesse, colpisce con il gomito uno dei sergenti, e subito dopo unaltro. Con braccia e gomiti urta i due pi vicini e li fa caderedistesi a terra. Il terzo fallisce il colpo che gli voleva assestare,ma il quarto lo assale, gli lacera il mantello e la camicia e glitaglia la carne bianca dietro la spalla, s che ne sgorga il sangue.Non per questo il cavaliere si attarda o geme per la ferita: vaavanti allungando il passo, finch giunge ad afferrare per le tempiecolui che stava usando violenza alla damigella. Prima di andare via,avr ben mantenuta la promessa e il patto stipulato con lei!Che quello lo voglia o no, egli lo raddrizza, ma colui che primaaveva fallito il colpo contro di lui gli si avvicina pi lesto che pue solleva nuovamente l'ascia: conta di spaccargli il cranio fino aidenti. Egli per se ne difende bene: frappone al colpo il cavaliere,s che l'ascia lo coglie all'attaccatura tra il collo e la spalla eli separa l'uno dall'altra. Allora il cavaliere della carrettaafferra l'ascia, la strappa lesto dalla mano del sergente, eabbandona la damigella che teneva stretta: ora deve difendersi, perchi due cavalieri privati delle spade e quelli che hanno le altre treasce gli si scagliano addosso e l'assalgono con impeto. Balzaagilmente tra il letto e la parete ed esclama:Ors, tutti a me! Anche se foste in ventisette, ora che ho trovatoquesto riparo vi darei fiera battaglia. Non riuscirete mai astancarmi.La damigella lo guarda e dice:Per i miei occhi, da questo momento, ovunque io mi trovi, nonavrete pi nulla da temere.Congeda in fretta i cavalieri e i sergenti, che sull'istantelasciano la camera senza protestare.Poi la damigella continua:Signore, mi avete ben difesa contro le genti della mia casa! Oravenite con me.Mano nella mano, tornano nella sala. Egli non ne affatto lieto, efarebbe ben volentieri a meno di lei.Nel centro della sala era stato preparato un letto, le cui lenzuolanon erano certo sporche, ma candide, ampie e morbide. N il giaciglioera di paglia sbriciolata o di duri cuscini. Sopra vi era distesa una

  • coperta fatta con due drappi di seta rabescata. La damigella vi sicorica, ma non si toglie la camicia.Il cavaliere prova grande dolore solo nel levarsi le brache edenudarsi: suda per l'affanno, eppure, nonostante il tormento, vinto dalla parola data, che spezza la sua resistenza.Dunque sar per forza?Tanto vale; non pu fare a meno di andare a coricarsi con ladamigella. incitato e comandato dall'impegno che ha assunto.Si corica senza affrettarsi, ma anch'egli, come lei, non si togliela camicia. Sta ben attento a non toccare la fanciulla; anzi, se netiene lontano e si mette a giacere sul dorso. Non pronuncia una solaparola, come il converso cui proibito di parlare quando si trova aletto. Non volge mai lo sguardo n verso la damigella n altrove; nonpu mostrarle viso lieto.Perch?Il cuore non glielo concede: tutto il suo desiderio ripostoaltrove, ed egli non brama n ripone amore in ci che a ogni altroappare bello e gentile. Non ha che un cuore, e quello non pi suo: affidato a un'altra, ed egli non pu riporlo altrove. Amore, chegoverna i cuori di tutti, lo fa restare per intero in un luogo solo.Di tutti?No, solo di coloro che Amore apprezza; e colui che Amore si degnadi dominare maggiormente deve essere stimato. Amore teneva in grandepregio il cuore di questo cavaliere e aveva su di lui signoria piche su ogni altro; gli faceva dono di un cos grande orgoglio che ionon intendo affatto biasimarlo se egli trascura ci che Amore glivieta, e si adopra per ci che Amore vuole.La pulzella ben vede e capisce che il cavaliere detesta la suacompagnia, e che vi si sottrarrebbe volentieri; comprende che mai larichieder d'amore, poich non cerca affatto di farlesi vicino. Percidice:Se non vi dispiace, signore, non rester oltre. Andr a coricarminella mia camera, e voi sarete maggiormente a vostro agio: non credoche amiate molto n il piacere che io potrei darvi n la mia stessacompagnia. Non vi offendete se vi dico ci che penso. Ora riposateper la notte; avete mantenuta la vostra parola cos bene che non hoil diritto di chiedervi di pi, per quanto poco. Voglio dunqueraccomandarvi a Dio, e vado.Poi si alza. Al cavaliere non dispiace; anzi, la lascia andarevolentieri, come colui che amico leale di un'altra.La damigella lo comprende e lo vede bene; cos si reca nellapropria camera, si corica tutta nuda e dice a se stessa:Da quando conobbi per la prima volta un cavaliere, nessuno mi parso valere un terzo d'un denaro angioino salvo costui, poich, aquanto credo di indovinare, intende intraprendere l'impresa pi

  • grande, rischiosa e amara che mai un cavaliere os affrontare. Diogli conceda di portarla a buon fine!Poi prende sonno e rimane coricata finch appare il giorno chiaro.Appena spunta l'alba, subito la damigella si leva. Il cavaliere sisveglia e si prepara, e non aspetta alcuno per armarsi. In quelmentre giunge la damigella e lo vede gi pronto.Oggi sia per voi spuntato un giorno lieto dice.Anche per voi, damigella risponde il cavaliere, poi aggiunge cheha gran fretta che sia fatto trarre il cavallo fuori dalle scuderie.La damigella glielo fa portare e dice:Signore, se voi osaste condurmi e mi scortaste secondo l'uso e ilcostume che furono stabiliti nel regno di Logres (3) prima che noinascessimo, vorrei accompagnarvi per un lungo tratto sulla vostrastrada.A quel tempo i costumi e le franchigie erano tali che se uncavaliere incontrava sola una damigella o una giovinetta di modestacondizione, avrebbe preferito farsi tagliare la testa piuttosto chemancare di renderle ogni onore, se teneva al proprio buon nome. Sel'avesse violata, sarebbe stato per sempre disonorato in tutte lecorti. Ma se ella fosse stata scortata da un altro, e se al cavalierefosse piaciuto di sferrargli battaglie e conquistarla con la forzadelle armi, avrebbe potuto fare di lei a propria volont, senza perquesto riceverne onta o biasimo. Perci la damigella disse alcavaliere che si sarebbe accompagnata a lui se egli avesse osato discortarla secondo tale costume s che nessuno potesse farle torto.Vi assicuro che mai alcuno vi nuocer risponde il cavaliere.Dovr prima recare molestia a me.Allora ella dice voglio partire con voi.Fa sellare il palafreno, e l'ordine viene subito eseguito. Ilcavallo viene tratto dalla stalla, insieme al destriero delcavaliere. Entrambi montano senza aiuto di scudieri e si avviano agrande andatura.La damigella gli parla, ma egli non si cura di quanto dice, anzirifiuta di discorrere: pensare gli piace, parlare gli pesa. SpessoAmore gli riapre la ferita che gli ha inferta; ma poi gli mette unimpiastro per guarirlo e per ridonargli la salute, s che egli nondesidera n vuole cercare altri rimedi e cure, a meno che la piaganon si aggravi; anzi, persegue volentieri la sofferenza.Tanto seguirono strade e sentieri senza deviare dal cammino pibreve che videro una fonte in mezzo a un prato. Sul masso che vi eraaccanto non so chi aveva dimenticato un pettine di avorio dorato. Maiun saggio, dai tempi di Isor (4), ne vide uno pi bello. E colei chese ne era servita vi aveva lasciato tra i denti almeno un mezzo pugnodi capelli.Quando la damigella scorge la fonte e il masso, vorrebbe che il

  • cavaliere non li vedesse; cos prende per un altro cammino. Ed egli,che si diletta e si compiace nei propri pensieri che gli recanogrande piacere, non si accorge subito che ella lo conduce fuoristrada. Ma appena se ne avvede, crede che lo tradisca, e si allontanidalla via per schivare un qualche pericolo.Fermatevi, damigella dice. Non state andando dalla parte giusta.Venite qui. Credo che non sia mai andato diritto colui che si allontanato da questo cammino.Signore, per di qua andremo meglio risponde la pulzella. Lo sobene.Il cavaliere dice ancora:Damigella, non conosco i vostri pensieri, ma potete ben vedere chela strada giusta quella battuta. Dato che l'ho trovata, non prenderun'altra direzione. Venite, per piacere io continuer per questa via!Cos procedono finch giungono presso il masso e vedono il pettine.Invero dice il cavaliere per quanto ricordo, non vidi mai unpettine tanto bello.Datemelo dice la damigella.Volentieri.Si china e lo prende. Ma quando lo ha in mano, lo guarda a lungo erimira i capelli. L'altra si mette a ridere; allora egli la prega didirgli perch rida, ed ella dice:Tacete. Per ora non vi dir nulla.Perch?Perch non voglio.Il cavaliere la scongiura come colui che crede che un'amica nondebba mancare in alcun modo alla parola data all'amico, n l'amico alei:Damigella, se il vostro cuore ama qualcuno al mondo, vi supplico echiedo e prego in suo nome di non nascondermelo oltre.Certo insistete troppo perch io non ve lo dica. Non mentir; aquanto credo, questo pettine era della regina, e lo so bene.Credetemi: i capelli che vedete, cos belli, chiari e luminosirimasti tra i suoi denti appartengono alla regina; non crebbero maiin altro prato.In fede mia dice il cavaliere vi sono molti re e regine. Diquale intendete parlare?Ed ella:In fede mia, signore, della moglie di re Art.A tali parole, al cavaliere mancano le forze: si piega in avanti ed costretto ad appoggiarsi all'arcione della sella. La damigella ne meravigliata e stupita: crede che il cavaliere stia cadendo, e non vi da biasimarla se prova timore, poich pensa che egli sia venutomeno. Infatti il cavaliere in condizioni tali che come se lofosse, e poco manca che svenga per davvero. Prova grande pena nel

  • cuore e ne perde a lungo il colore e la parola.La damigella smontata da cavallo e si affretta verso di lui pertrattenerlo e soccorrerlo, poich per nulla al mondo vorrebbe vederlocadere a terra. Il cavaliere la vede avvicinarsi e ne prova vergogna.A che scopo siete venuta davanti a me? le dice.Non crediate che la damigella gliene riveli il motivo: se ilcavaliere scoprisse la verit, ne proverebbe vergogna e angoscia,pena e affanno. Ella perci si guarda dal dire il vero, e gli sirivolge con cortesia.Signore dice sono smontata da cavallo per venire a chiedervi ilpettine. Ho un cos grande desiderio di averlo, che volevo prenderloal pi presto.Il cavaliere desidera darglielo ma, prima di porgerglielo, ne traei capelli con tale delicatezza che non ne spezza neanche uno solo.Mai occhi umani potranno vedere portare tanto onore a una cosa: egliprende ad adorare quei capelli e li avvicina agli occhi, alla bocca,alla fronte e al viso almeno centomila volte; non tralascia alcunamanifestazione di gioia, se ne rallegra molto e si sente arricchito.Infine li ripone sul petto, accanto al cuore, tra la carne e lacamicia: non li avrebbe barattati con un carro colmo di smeraldi e dicarbonchi. Si sente al riparo da ulcerazioni e da ogni altro male,disdegna elettuari preparati con perle, teriaca o rimedi contro lapleurite, e perfino il soccorso di san Martino o di san Giacomo: hatanta fiducia in quei capelli che non ha bisogno di altro aiuto.Ma come erano dunque quei capelli? Se li descriver secondo veritsar tenuto per folle e menzognero. Se non potesse trovarvi queicapelli, il cavaliere, ed verit provata, non vorrebbe possederenulla di tutte le dovizie esposte alla fiera del Lendit (5), pur nelsuo momento culminante. Se mi chiedete di essere sincero, vi dir chel'oro, purificato centomila volte e altrettante raffinato al fuoco,apparirebbe pi oscuro della notte in confronto con il pi bel giornod'estate di questo intero anno, se quell'oro e quei capelli venisseroguardati uno accanto agli altri. Ma perch prolungare ancora ilracconto?La pulzella si affretta a rimontare a cavallo con il pettine inmano, e il cavaliere si diletta e si compiace dei capelli che recasul petto.Superano la pianura e si imbattono in una foresta; si incamminanoper una scorciatoia che a un certo punto si restringe. Allora sonocostretti a procedere uno dietro l'altra, poich la via era tantoangusta che non vi si potevano far passare due cavalli affiancati. Ladamigella cavalca davanti al proprio ospite e percorre veloce ilcammino pi diritto. E proprio l dove la strada si ristretta,incontrano un cavaliere che procede in senso contrario.La damigella lo scorge; subito lo riconosce, e dice:

  • Signor cavaliere, vedete colui che vi viene incontro tutto armatoe pronto alla battaglia? Certo egli crede di potermi portar via con ssenza incontrare ostacoli. So bene che lo pensa, perch mi ama, manon si comporta da uomo assennato. Gi da tempo mi prega d'amore, dipersona o attraverso messaggeri, ma io me ne sottraggo: non potreiamarlo per nulla al mondo. Anzi, che Dio mi aiuti, preferirei morirepiuttosto che averlo caro in alcun modo. So bene che adesso pienodi letizia e si rallegra come se gi mi avesse in suo completovolere. Ora vedr cosa farete, potr scoprire se siete valoroso.Conoscer ben presto se sar protetta dalla vostra persona. Siatemigarante, e potr affermare a buon diritto che siete molto prode ecoraggioso.Il cavaliere si limita a rispondere:Andate! Andate! e queste sole parole valgono come se dicesse:Poco mi importa di quanto affermate. Vi date pena per nulla.Mentre essi procedono cos discorrendo, il cavaliere non viene loroincontro a lenta andatura, ma al galoppo, lieto di andare veloceperch non pensa certo che sar vinto, e si ritiene fortunato peraver incontrato colei che ama sopra ogni cosa. Le si avvicina, esubito la saluta con il cuore e con la bocca. Dice:Da qualunque parte venga, sia la benvenuta colei che desidero dipi, e da cui ricevo meno gioia e maggior dolore!Non sarebbe giusto che la damigella desse tanto valore alle proprieparole da non restituirgli il saluto, almeno con la bocca. Ma agliocchi del cavaliere quel saluto, che pure ella ha pronunciato senzagrande impegno e senza insudiciarsi la bocca, appare molto prezioso.Egli infatti non avrebbe avuta altrettanta stima per se stesso navrebbe creduto di aver conquistato tanto onore o tanta rinomanza sein quel momento si fosse portato mirabilmente in un torneo. E poichsi sente inorgoglito e compiaciuto, afferra il cavallo delladamigella per le redini, e dice:Ora vi condurr via. Oggi ho navigato egregiamente procedendosulla giusta rotta, ed ecco che ho raggiunto un ottimo porto. La miaservit terminata: ero in pericolo, e sono entrato in un luogosicuro. Dopo le pene giunta l'allegria, dopo grandi sofferenze sonopervenuto alla salute. Ora ho tutto quanto volevo, poich vi incontroin un'occasione che mi permette di c