L’insoddisfazione degli uomini · per indurli a imparare l’alfabeto); guarda quello là ......

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© Mondadori Education 1 Orazio L’insoddisfazione degli uomini (Satire, 1,1, vv. 1-40; 92-121) Restare al proprio posto, vivere paghi della condizione assegnata a ciascuno dal destino: si tratta di un antico topos, un tema consueto della filosofia popolare diatribica e della stessa let- teratura augustea. Orazio propone questo tema attraverso il filtro della sua sensibilità e della sua esperienza nella satira sull’incontentabilità umana, che al v. 106 proclama la celebre mas- sima est modus in rebus, sunt certi denique fines («c’è una misura nelle cose, insomma esistono limiti ben precisi»). Posta in apertura dell’intera raccolta, questa satira è una sorta di manifesto dell’etica oraziana della metriòtes. La data di composizione non è nota: il terminus post quem è, naturalmente, il 38, l’anno in cui Orazio fu presentato a Mecenate. metro: esametri Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem seu ratio dederit seu fors obiecerit, illa contentus vivat, laudet diversa sequentis? «O fortunati mercatores» gravis annis 5 miles ait, multo iam fractus membra labore; contra mercator navim iactantibus Austris: Come mai, Mecenate, nessuno è contento del proprio mestiere, che se lo sia scelto o l’abbia avuto dal caso, e invidia chi segue strade diverse? «Che fortunati i mercanti!», esclama il vecchio soldato, 5 le ossa rotte dai lunghi disagi; «Beati i soldati!», risponde il mercante, appena la nave è sbattuta dal vento;

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Orazio

L’insoddisfazione degli uomini(Satire, 1,1, vv. 1-40; 92-121)

Restare al proprio posto, vivere paghi della condizione assegnata a ciascuno dal destino: si tratta di un antico topos, un tema consueto della filosofia popolare diatribica e della stessa let-teratura augustea. Orazio propone questo tema attraverso il filtro della sua sensibilità e della sua esperienza nella satira sull’incontentabilità umana, che al v. 106 proclama la celebre mas-sima est modus in rebus, sunt certi denique fines («c’è una misura nelle cose, insomma esistono limiti ben precisi»). Posta in apertura dell’intera raccolta, questa satira è una sorta di manifesto dell’etica oraziana della metriòtes.

La data di composizione non è nota: il terminus post quem è, naturalmente, il 38, l’anno in cui Orazio fu presentato a Mecenate.

metro: esametri

Quifit,Maecenas,utnemo,quamsibisortem seuratiodederitseuforsobiecerit,illa contentusvivat,laudetdiversasequentis? «Ofortunatimercatores»gravisannis 5 milesait,multoiamfractusmembralabore; contramercatornavimiactantibusAustris:

Comemai,Mecenate,nessunoècontentodelpropriomestiere, cheselosiasceltool’abbiaavutodalcaso, einvidiachiseguestradediverse? «Chefortunatiimercanti!»,esclamailvecchiosoldato, 5 leossarottedailunghidisagi;«Beatiisoldati!», rispondeilmercante,appenalanaveèsbattutadalvento;

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«Militiaestpotior.Quidenim?Concurritur:horae momentocitamorsvenitautvictorialaeta». Agricolamlaudatiurislegumqueperitus,10 subgallicantumconsultorubiostiapulsat; ille,datisvadibus1quirureextractusinurbemest, solosfelicisviventisclamatinurbe. Ceteradegenerehoc–adeosuntmulta–loquacem delassarevalentFabium2.Netemorer,audi,15 quoremdeducam.Siquisdeus«enego»dicat «iamfaciamquodvoltis:eristu,quimodomiles, mercator;tu,consultusmodo,rusticus:hincvos, voshincmutatisdisceditepartibus.Eia, quidstatis?».Nolint.Atquilicetessebeatis.20 Quidcausaeest,meritoquinillisIuppiterambas iratusbuccasinfletnequeseforeposthac tamfacilemdicat,votisutpraebeataurem? Praeterea,nesicutquiioculariaridens percurram–quamquamridentemdicereverum25 quidvetat?Utpuerisolimdantcrustulablandi

«chihasortemigliore?Siva,sicombatte enelgirodiun’oraarrivalamorteol’allegravittoria». Dalclientesvegliatoalprimocantodelgallo,10 l’avvocatoinvidialasortedelcontadino.Questi, strappatodaicampieportatoincittàperqualchecauzione1, dichiarachesoloèfelicechivivenell’urbe.Tantialtri esempicisono,dastancarequelchiacchieronediFabio2. Inbreve,ascoltalaconclusione.Seaquestagente15 unNumedicesse:«Vabene,sonoprontoadarviciòchevolete: tuerisoldato,saraimercante;tu,sinquiavvocato, orasaraicontadino;sifacciailcambio,voidaunaparte, voidall’altra.Machesuccede?Nessunosimuove?». Nonselasentono.Epotrebberoesserefelici.20 Aquestopunto,nonavrebberagioneGioveasdegnarsi, sbuffare,eproclamareched’orainavanti maipiùdaràrettaaidesideridegliuomini?Èoraperò diconcluderelafarsa;bandoaglischerzieparliamoseriamente (machec’èpoidimaleadirelaveritàsorridendo?25 Talvolta,ibuonimaestridànnobiscottiairagazzi

1. Lapersonacitataingiudiziopre-sentavadeimallevadori(vades)chegarantivano,ancheconunacauzio-ne,lasuapresenzaintribunalenel

giornodell’udienza.2. Secondo il commentatore Por-firione il Fabio cui si faqui riferi-mento sarebbe un autore di libri

sullostoicismo,colqualeOrazio,adettadellopseudo-Acrone,avrebbediscussoinpiùoccasioni.L’identifi-cazionenonèperòcerta.

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doctores,elementavelintutdiscereprima– sedtamenamotoquaeramusserialudo: illegravemduroterramquivertitaratro, perfidushiccaupo,milesnautaeque,peromne30 audacesmarequicurrunt,hacmentelaborem seseferre,senesutinotiatutarecedant, aiunt,cumsibisintcongestacibaria:sicut parvola–namexemploest–magniformicalaboris oretrahitquodcumquepotestatqueadditacervo35 quemstruit,haudignaraacnonincautafuturi. Quae,simulinversumcontristatAquariusannum3, nonusquamprorepitetillisutiturante quaesitissapiens,cumtenequefervidusaestus demoveatlucronequehiems,ignismareferrum,40 nilobstettibi,dumnesitteditioralter. […] Deniquesitfinisquaerendi,cumquehabeasplus, pauperiemmetuasminusetfinirelaborem incipias,partoquodavebas,nefaciasquod

3. La costellazione dell’Acquariosorgeagennaioeindicaquil’inver-no.Con inversum … annumOrazioallude al solstizio d’inverno (di-

cembre),quandoilsole,entratoneltropico del Capricorno (il termine«tropico» è connesso con il verbogrecotrèpo,«vòlgere»),sembraar-

restarsievolgersi indietroindire-zionedell’equatore.

perindurliaimpararel’alfabeto);guardaquellolà sfiancatosottol’aratro,l’osteimbroglioneeilsoldato, egliaudacimarinaichesfidanoleonde; diconotuttidisobbarcarsiquestidisagiperpotersi30 ritiraredavecchialmeritatoriposo,quandoavranmesso daparteilnecessariopervivere:comefalaformica, citataadesempio,piccolaelaboriosa,chequantopuò conlaboccatrascinaeloaggiungealmucchietto35 chevacostruendo,tantoespertaquantoattentaalfuturo. Questa,però,comegiungel’inverno3,nonc’èversocheesca dalbuco:saggia,smaltiscequelchehamessodaparte; te,invece,nontitolgonodaituoitraffici néibolloridell’estatenéilgeloinvernale; nonc’èfuoconémarenéspadachetifermi:40 finchécisiaunaltropiùriccodite. […] Eallorafàllafinitaconquestasetedidenaro: chetantopiùnehai,tantomenodevitemerlamiseria; eottenutoquantodesideravi,mettitiinpace

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95 Ummidius4quidam;nonlongaestfabula:dives utmetireturnummos,itasordidus,utse nonumquamservomeliusvestiret,adusque supremumtempus,nesepenuriavictus opprimeret,metuebat.Athunclibertasecuri100 divisitmedium,fortissimaTyndaridarum5. «Quidmiigitursuades?UtvivamNaeviusautsic utNomentanus6?».Pergispugnantiasecum frontibusadversisconponere:nonegoavarum cumvetote,fierivappamiubeoacnebulonem:105 estinterTanainquiddamsocerumqueViselli7: estmodusinrebus,suntcertideniquefines, quosultracitraquenequitconsistererectum. Illuc,undeabii,redeo,quinemo,utavarus, seprobetacpotiuslaudetdiversasequentis,110 quodquealienacapellageratdistentiusuber, tabescatnequesemaioripauperiorum

4. Ilpersonaggioèignoto.Ilnome,plebeo,alludeforseaunarricchitodiumilecondizione.5. Parodia epica. La più valorosadelle Tindaridi (figlie di Tindaro,eroe di Sparta, padre, oltre che diElenaeClitennestra,anchedeiDio-scuri) è, naturalmente, Clitenne-stra,chetrucidòilmaritoAgamen-none.Lalibertasaràstatalaconvi-

ventedelriccoeavaroUmmidio.6. Nevio,secondol’anticocommen-tatore Porfirione, era un famosospilorcio;CassioNomentanoeraunnotocrapuloneescialacquatoredeltempo di Cicerone, ancora vivo altempodiOrazio.7. Da Porfirione, il ricordato com-mentatore,sappiamocheTanaierauneunucodiMecenate(odiLucio

MunazioPlanco)echeilsuocerodiVisellio era notoriamente hernio-sus. Orazio concreta il proverbiogrecoattestatodallostessoPorfirio-ne«oeunucooaffettodaernia»(otumore: in grecokèle) nellafiguradiduepersonaggireali,portatorididuedifettifisicichesipongonoagliestremiopposti.

95 senonvuoifarelafinediUmmidio4; lasuastoriaèbreve:ricchissimo,avaro alpuntodanonvestirsimegliodiunservo, temettefinall’ultimogiornodimoriredifame. Invecelospaccòindue,conunsolcolpodiscure,100 unalibertapiùfortediogniTindaride5.«Insomma, chemiconsigli?DiviverecomeNevioocomeNomentano6?» Ancoradueesempichestannoagliestremi.Setiesorto anonessereavaro,nontiinvitoafarlosciupone.105 FraTànaieilsuocerodiVisellio7cenesonodiscelte! Intuttelecosec’èunlimite,visondeiconfini: primaedopoquesti,sièfuoridellagiustamisura. Torniamooralàdadovesiamopartiti:achiederciperché nessuno(comel’avaro)ècontento,einvidialasorte110 deglialtriesoffreselacaprettadiunohapiùlatte enonsiconfrontacontuttiquelli(lamaggioranza)chesono

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turbaeconparet,huncatquehuncsuperarelaboret. Sicfestinantisemperlocupletiorobstat, ut,cumcarceribusmissosrapitungulacurrus,115 instatequisaurigasuosvincentibus,illum praeteritumtemnensextremosintereuntem. Indefit,utraro,quisevixissebeatum dicatetexactocontentustemporevita cedatuticonvivasatur8,reperirequeamus.120 Iamsatisest.NemeCrispini9scrinialippi conpilasseputes,verbumnonampliusaddam.

8. L’uomo che lascia la vita senzarimpianti,comechilasciasaziounbanchetto, è luogo comune delladiàtriba (il più famoso scrittoredidiàtribe è Bione di Borìstene, sulmar Nero, del III secolo a.C., uno

deimodelli riconosciutidallo stes-soOrazio)edellafilosofiaepicurea(EpicurostessoeLucrezio).9. PlozioCrispinofufilosofostoicoo cinico-stoico e, stando ai com-mentatoriantichi,prolissoscrittore

epoetadifilosofia.I«cassetti»(scri-nia)sonolecassettedovesiconser-vavanoirotolidipapiro:noidirem-mogliscaffalidibiblioteca.

piùpoveridilui,masmaniapersuperarequestooquello. Così,percorrerchefaccia,sitrovasempredavanti unopiùriccodilui,comel’aurigache,partitoilcavallo115 algaloppo,incalzaicocchichelohannosuperato, eignoraquelloche,indietro,fragliultimiarranca. Eccoperchébendiradoriusciamoatrovarequalcuno cheammettad’esserestatofelicee,finitoilsuotempo, senevadatranquillo,comeunospitesazio8.120 Hoconcluso:eperchénonm’accusid’aversaccheggiato icassettidelpedanteCrispino9,paroladipiùnonaggiungo.

(trad.diG.Manca)

Guida alla lettura

STRUTTURAUna satira tipica La prima satira, oltre a es-sere celebre per l’esito artistico particolar-mente felice, è anche utile per capire la strut-tura di una satira-tipo. Nella prima sezione (vv. 1-22), rivolgendosi direttamente al dedi-catario, Orazio espone l’argomento generale della satira (l’incontentabilità degli uomini), il-lustrandola subito prima con esempi concreti e vivaci (il soldato, il mercante, l’avvocato, il contadino), poi con una specie di apologo (il

dio che vuole accontentare gli uomini ma se ne va seccato e sbuffante). Con perfetto parallelismo, la seconda sezio-ne (vv. 23-40) porta avanti la critica al com-portamento umano spostandosi dalla incon-tentabilità all’insoddisfazione che ne deriva e che porta a un accumulo di ricchezze tanto incessante quanto vano. I protagonisti sono all’incirca gli stessi della prima sezione (vv. 28-30, ma con l’oste al posto del contadino), e anche qui abbiamo uno spunto favolistico,

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quello della formica che accumula (ma che, più saggia dell’uomo, a un certo punto si gode quanto ha messo da parte). La critica all’accumulo di denaro prosegue nella sezio-ne omessa (vv. 41-91).La terza sezione (vv. 92-107) mostra un pro-cedimento tipico del genere satirico: la cita-zione non più di tipi generici, ma di individui dotati di nome proprio, magari poco signi-ficativi per noi ma certamente ben noti ai tempi di Orazio, tanto da diventare simboli di determinati vizi. In questo caso, abbiamo gli avari Ummidio (v. 95) e Nevio (v. 101) e lo scialacquatore Nomentano (v. 102). Indican-do due vizi opposti, la satira culmina nella teoria del giusto mezzo (metriòtes), di deriva-zione aristotelica e diatribica.Infine (vv. 108-121) Orazio torna con perfet-ta circolarità al tema iniziale (Illuc, unde abii, redeo), quello dell’incontentabilità che por-ta a sciocche competizioni di ricchezza. La conclusione è autoironica: Orazio cita come esempio di noiosa prolissità il filosofo Crispi-no, ma lo definisce lippus («cisposo»), ovvero sofferente del medesimo male che affliggeva lo stesso Orazio.

MOdELLI E TRAdIzIONE Immagini lucreziane: convitati sazi… Nutren do Orazio evidenti simpatie per l’epi-cureismo, non stupisce che egli scelga di chiudere la satira (vv. 117-119) con l’imma-gine del conviva satur, presente anche nel-la letteratura diatribica ma resa famosa da Lucrezio nel libro III del De rerum natura (vv. 931-939). dopo aver dimostrato che l’anima è mortale e che ogni timore di castighi ultra-terreni è infondato, Lucrezio indica il giusto atteggiamento da tenere verso la morte con una prosopopea in cui la Natura esorta l’uo-

mo a essere dignitoso nell’affrontare la mor-te: «Se infine la natura a un tratto comincias-se a parlare / e muovesse rimprovero a uno di noi in questo modo: / ‘Che cosa ti sta così a cuore, o mortale, che indulgi / in modo ec-cessivo al dolore, e piangi e lamenti la morte? / Se infatti la vita trascorsa finora ti è stata gradita, / e se tutte le gioie, quasi accolte in un’urna incrinata, / non fluirono via, né si per-sero ormai divenute sgradevoli, / perché non ti allontani come un commensale sazio dalla vita / e a cuore sereno non prendi, o stolto, un sicuro riposo?’» (trad. L. Canali).…e biscotti ai bambini Memore di Lucrezio è anche l’immagine dei vv. 25-26, quella dei maestri che danno biscotti ai bambini per ad-dolcire il duro insegnamento della gramma-tica (fuor di metafora, della verità). L’analogia deriva dalla celebre similitudine lucreziana del miele sui bordi dell’amaro calice: «Infat-ti, come quando i medici si accingono a dare ai fanciulli l’assenzio amaro, prima aspergo-no tutt’intorno gli orli della tazza col dolce e biondo liquore del miele, cosicché l’ingenua età dei fanciulli si inganni fino alle labbra e, nel frattempo, beva fino in fondo l’amaro succo dell’assenzio e – sebbene ingannata – non riceva danno, ma piuttosto in tal modo si ristabilisca e torni alla salute, così io ades-so, poiché questa dottrina sembra per lo più troppo arcigna a coloro che non l’hanno ade-guatamente approfondita e la gente comune si ritrae inorridita da essa, ho voluto espor-ti la nostra dottrina con il soave verso delle Pieridi e, per così dire, cospargerla del dol-ce miele delle Muse, nel tentativo di tenere in questo modo avvinto il tuo animo ai miei versi, mentre apprendi fino in fondo tutta la natura delle cose e ne senti tutta l’utilità» (De rerum natura, 4, vv. 11-25).