L’Inclusione per prevenire la dispersioneindicazioni didattiche per i DSA e si ècorso il rischio...

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Verso la didattica inclusiva: Il Piano Didattico Personalizzato L’Inclusione per prevenire la dispersione 1 dr.ssa A. M. Mirmina

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Verso la didattica inclusiva:

Il Piano Didattico

Personalizzato

L’Inclusione per

prevenire la dispersione

1 dr.ssa A. M. Mirmina

Il PDP per essere efficace deve contenere le seguenti indicazioni:

significative, ovvero individuare e selezionare le attività o modalità di insegnamento più importanti, quelle che sono in grado di determinare effettivamente un cambiamento.

Realistiche, considerare attentamente i vincoli ed evitare di fare promesse che non si possono mantenere o, rispetto all’alunno, prevedere prestazioni che non sarà mai in grado di compiere.

IL PDP

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Coerenti, vale a dire evitare le contraddizioni interne ma anche, ed è il rischio più frequente, palesi e ingiustificate difformità tra le varie discipline o tra i vari insegnanti.

Concrete e verificabili, poiché affermazioni vaghe e generiche, interpretabili a piacere, non producono nessun risultato. Tutti, compreso la famiglia devono in seguito essere in grado di riconoscere se quanto èstato previsto nel PDP è stato messo in pratica.

IL PDP

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Sono le due parole chiave che sintetizzano le indicazioni didattiche per i DSA e si è corso il rischio che fossero usate in modo semplicistico anche per i BES.

Ma la Circolare Ministeriale n. 8 del 6/3/2013 dichiara che: “il Piano Didattico Personalizzato non può piùessere inteso come una mera esplicitazione di strumenti compensativi per gli alunni con difficoltà”.

COMPENSARE E DISPENSARE

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Nei suoi vari aspetti la COMPENSAZIONE rappresenta un’azione che mira a ridurre gli effetti negati del disturbo per raggiungere comunque prestazioni funzionalmente adeguate.

Le misure DISPENSATIVE rappresentano una presa d’atto della situazione e hanno lo scopo di evitare, con un’adeguata azione di tutela, che il disturbo possa comportare un generale insuccesso scolastico con ricadute personali gravi.

LE SINGOLE MISURE

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L’obiettivo del PDP è di individuare un sistema efficace per portare l’alunno a superare i propri limiti e arrivare veramente a IMPARARE.

Spesso si dimentica che con gli strumenti dispensativi e le misure compensative si deve raggiungere il successo formativo dell’alunno.

Per questo esiste una gerarchia funzionale di interventi da rispettare, ossia:

IMPARARE

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Prima di tutto di tipo abilitativo, finalizzati cioè a trasferire delle abilità attraverso l’insegnamento.

Quando l’intervento abilitativo non è efficace si può ricorrere, se esiste, a quello compensativo individuando un sistema alternativo per raggiungere, almeno parzialmente, risultati equivalenti.

Infine, se non funzionano nessuno dei due tipi precedenti, allora si prevede una strategia dispensativa che non risolve il problema ma quanto meno evita che ne nascano di nuovi.

TIPOLOGIA DI INTERVENTI

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Caso: difficoltà di un alunno ad eseguire un calcolo.

1. Intervento abilitativo, si individuano strategie didattiche il più possibili efficaci per insegnarli autonomamente quel calcolo.

2. Se non si riesce si compensa con l’ausilio della calcolatrice

3. Si dispensa dal fare il calcolo.

Situazione quest’ultima estrema perché non migliora l’apprendimento ma al momento non genera altri problemi quali la riduzione di autostima e di disagio sociale dell’alunno.

ESEMPIO

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Lo strumento compensativo che si sceglie in base al bisogno Educativo Speciale riscontrato nell’alunno non sostituisce l’abilitàmancante ma deve puntare a sviluppare una competenza ed abilità differente ma che permetta di raggiungere comunque il risultato positivo. Per cui la misura compensativa deve funzionare vale a dire che deve concretamente sviluppare e potenziare una abilitàcomplementare a quella carente nell’alunno e anche lo strumento che si decide di adattare deve essere utilizzato dall’alunno con una grande padronanza e non soltanto come un mero strumento fine a se stesso.Es il pc. Il fine è sempre quello di abilitare competenze differenti rispetto a quella mancante ma sempre al fine di raggiungere l’autonomia.

MISURE COMPENSATIVE NEI BES

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Le misure dispensative se tolgono qualcosa in realtà devono offrire un’altra soluzione. Ossia se un alunno viene dispensato dal prendere appunti per difficoltà nella scrittura o nella capacitàdi sintesi, lo si alleggerisce di una situazione stressante ma lo si priva di uno strumento utile per il raggiungimento dell’autonomia nello studio quando, tornato a casa, non potràrileggere il materiale fornito dal docente. Ne consegue che il docente dovrà fornirgli sicuramente degli strumenti compensativi (come si nota vanno di pari passo) che gli consentiranno di giungere allo stesso risultano ma con una metodologia differente da quella di tutti i compagni.

MISURE DISPENSATIVE NEI BES

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Fra misure dispensative e compensative non va mai dimenticata la FACILITAZIONE che si può riassumere in: “Oggi ti aiuto perchédomani tu possa fare da solo”. Nei BES sono fondamentali le facilitazioni che i docenti devo individuare ed attuare focalizzando l’attenzione su due concetti pedagogici fondamentali.Il primo ideato da Bruner definito Scaffolding che introduce il concetto di impalcatura.Il secondo creato da Vygotskij definito Zona di sviluppo prossimale.

LA FACILITAZIONE

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Secondo Bruner bisogna offrire agli alunni una impalcatura che servirà nella fase di costruzione di un edificio (apprendimento e sviluppo di una competenza) ma che al termine del lavoro (acquisizione) non servirà più e sarà rimossa.

In termini di apprendimento si vuole indicare una serie di facilitazioni che possono essere introdotte dal docente per aiutare l’alunno nell’apprendimento e nello sviluppare competenze compensative che pian piano lo aiutino a sviluppare le competenze necessarie per lavorare in autonomia.

SCAFFOLDING

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Vygotskij ha introdotto il concetto di Zona di Sviluppo prossimale che consiste nel far si che l’insegnante proponga all’alunno stimoli cognitivi (ai fini dell’apprendimento) di livello leggermente superiore rispetto alle competenze già acquisite dall’alunno affinché siano per lui accessibili ma non troppo lontane da quello che lui già sa. In tal modo, inizialmente con l’aiuto dell’insegnante ma poi sempre più in autonomia, l’alunno saprà risolvere situazioni simili acquisendo autostima e competenze che accresceranno di volta in volta. All’interno di quell’area l’alunno può comprendere da solo il senso del nuovo problema e risolverlo con l’aiuto dell’insegnante.

ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE

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La zona di sviluppo prossimale non è mai uguale per tutti gli alunni di una stessa classe. Per cui l’obiettivo del docente è di ricondurre gli apprendimenti in quella specifica zona anche per gli alunni in difficoltà, al fine di rendere POSSIBILE un vero successo formativo basato sull’apprendimento.

Se l’apprendimento non è collocato all’interno della zona di ogni alunno egli si sentirà impotente, incapace e indeguato vivendo il tutto come un fallimento e si convincerà di non essere capace.

E’ questo il momento della fine dell’apprendimento di un alunno.

Per cui l’aiuto che si fornirà ai fini dell’autonomia:

1.Non sarà mai eccessivo

2.Non sarà mai deresponsabilizzante per l’alunno perché deve collaborare ed attivarsi ai fini dell’apprendimento

3.Programmato verso l’estinzione nel momento in cui l’alunno avràacquisito l’autonomia necessaria.

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La strutturazione ha lo scopo di strutturare il contenuto dell’apprendimento, sia di gruppo che individuale, in un processo chiaro e ben definito così da evitare distorsioni nel processo.

Per giungere a tale strutturazione occorre:

1.la comunicazione chiara dei messaggi che solitamente risultano inefficaci perché scontati e poco ribaditi

2.La prevedibilità degli eventi, che vanno inseriti in routine esplicite cosìda ridurre le sorprese

3.La riduzione delle variabili ambientali, dei rischi di distrazione e dei margini di discrezionalità così da rendere più probabile il comportamento corretto o l’azione positiva e riducendo le situazioni forvianti.

LA STRUTTURAZIONE

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Tra le possibili strutturazioni destinate alla classe vi sono:

�L’organizzazione nel dettaglio di tutti i momenti della giornata scolastica che possono rivelarsi critici (entrata, uscita, palestra, laboratori)

�La definizione di regole sociali di convivenza condivise

�Definizione ed esplicitazione dei compiti particolari da svolgere in classe a turnazione fra i compagni (utilizzando cartelli, targhette, registri)o per modificare la disposizione dei banchi in base al tipo di attività da svolgere.

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POSSIBILI STRUTTURAZIONI

Con il termine resiliente si indica la capacità, sia individuale dell’alunno che del gruppo classe, di sostenere in modo positivo situazioni anomale o impreviste, a rischio di stress.

Ne consegue che nel PDP il concetto di resilienza della classe deve indicare la capacità educativa dell’insegnante di prevedere delle attività che aiutino il singolo alunno, ma anche la classe nella sua totalità, a sviluppare la capacità di si sostenere i cambiamenti o gli imprevisti trasformandoli in eventi positivi.

LA CLASSE RESILIENTE

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Una classe resiliente lo è nella misura in cui i suoi alunni:

�Si vedano come persone competenti ed efficaci nell’apprendimento (autoefficacia scolastica);

�Definiscano e si muovano verso obiettivi il più possibile scelti autonomamente (autoderminazione);

�Si comportino in modo appropriato e adattivo con una minima supervisione dell’insegnante (autoregolazione);

�Vivano relazioni di cura autentiche con l’insegnante;

�Vivano relazioni continue e gratificanti con i compagni;

�Abbiamo famiglie che conoscano e sostengano gli apprendimenti che avvengono a scuola;

LA RESILIENZA

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È oramai accertato che l’apprendimento in classe non derivi solo da una relazione insegnante-alunno, intesa come trasferimento di saperi, ma anche dalla complessa interazione sia emotiva che motivazionale, che si crea con il gruppo dei compagni.

Le dinamiche sociali che si sviluppano normalmente in classe sono molto importati ai fini di uno sviluppo prosociale, per redimere o prevenire situazioni di crisi in classe, ma anche per motivare l’apprendimento.

Sono stati scelti due metodi per potenziare gli apprendimenti con il supporto dei pari:

1. I piccoli gruppi cooperativi (cooperative learning)2. Il tutoraggio (tutoring).

LA RISORSA: CLASSE

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È una metodologia di apprendimento a forte mediazione sociale. L’insegnante deve creare il gruppo composto da 4/5 alunni eterogenei fra di loro per abilità, conoscenze e capacitàcognitive, in modo che ognuno sia indispensabile all’altro e abbia un ruolo ben definito nel gruppo.

L’elemento principale sarà l’interdipendenza positiva basata sulla condivisione di percorsi e obiettivi da raggiungere che gratificheranno il gruppo ed ogni singolo membro.

Altri elementi necessari sono:

∗L’interazione promozionale, una situazione di benessere in cui prevalgono atteggiamenti di collaborazione, sostegno e aiuto finalizzati ad un obiettivo comune, la riuscita.

IL COOPERATIVE LEARNING

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La leadership è distribuita e la responsabilità è sia del singolo che del gruppo. Ognuno svolge il proprio compito ma aiuta gli altri per raggiungere tutti lo stesso risultato. Sielimina la competizione fra i membri del gruppo.

∗La valutazione finale è sia individuale che di gruppo, per cui l’insegnante valuterà sia l’apporto di ognuno che il risultato raggiunto dal gruppo in quanto unità.

Esempi di incarichi:

�Controllore del tempo;

�Controllore dei turni e dei compiti;

�Controllore della voce;

�Comunicatore;

�Incollatore, tagliatore, realizzatore.

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L’insegnamento reciproco fra pari si definisce peer tutoring.Questa metodologia prevede che un compagno con maggiori capacità, in un rapporto uno a uno, aiuti i ragazzi in difficoltà, sia bes che non, a studiare ed apprendere con il suo aiuto. In tal modo si potranno sviluppare competenze di relazione interpersonale, di motivazione e autostima.Il compagno che aiuta svilupperà un senso di responsabilità, di fiducia in se stesso e autoregolazione che può risultare vincente per quegli alunni che sono un po’ difficili e poco rispettosi delle regole.In questo caso affidargli il ruolo di tutoring può accrescere in loro il senso di responsabilità e maturità verso il compagno.

IL PEER TUTORING

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Inoltre il tutoring imparerà a conoscere meglio il compagno che gli sta accanto, che sta aiutando, capendo anche il senso difrustrazione che può nascere nell’animo di un compagno che ha alcune difficoltà. Nel contempo svilupperà lui stesso una capacità di resistere alle frustrazioni, gestendo meglio il rapporto fra pensiero ed emozione.Ovviamente il tutor andrà indirizzato dall’insegnante non tanto sui contenuti quanto sulla gestione dei rinforzi positivi quali strumenti motivanti, nonché sulle tipologie di aiuti da fornire al compagno, il feedback e l’uso di eventuali tecnologie.In alcuni casi il tutor svolge un ruolo compensativo così come previsto nel PDP.

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I criteri di valutazione per gli alunni con BES devono essere concordati dal Consiglio di Classe, e devono basarsi su un concetto di “equità”, non come un favore concesso.L’obiettivo è quello di poter dimostrare il livello di apprendimento raggiunto senza essere penalizzati da procedure che non considerano le difficoltà specifiche, separando quindi le competenze da valutare dalle difficoltà di accesso o di gestione legate al disturbo.Anche la valutazione, nel PDP, deve avere la funzione formativa.

LA VALUTAZIONE

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