L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata...

405
SOCIETÀ ITALIANA DI ECONOMIAAGRARIA L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO Atti del XXXV Convegno di Studi Palermo, 10-12 settembre 1998 GRUPPI DI LAVORO VOLUME II

Transcript of L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata...

Page 1: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

SOCIETÀ ITALIANA DI ECONOMIAAGRARIA

L’AGRICOLTURA ITALIANAALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

Atti del XXXV Convegno di Studi Palermo, 10-12 settembre 1998

GRUPPI DI LAVORO

VOLUME II

Page 2: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 3: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ATTI DEL XXXV CONVEGNO DI STUDIdella SIDEA

A cura di Bruno Giau

L’AGRICOLTURA ITALIANAALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

Page 4: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 5: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gruppo di lavoroLA PRODUZIONE SOSTENIBILE

Page 6: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 7: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

DIEGO BEGALLI1 - RAFFAELLO ZONIN2

L’EFFICIENZADELLE AZIENDE BIOLOGICHE FRUTTICOLEVENETE

1. Premessa

L’agricoltura biologica veneta ha evidenziato, in questi anni, quel dinamismoche il settore sta manifestando a livello nazionale [Santucci, Zanoli, 1996]. Fra il1990 ed il 1996 il numero di aziende certificate in questa regione è quintuplicato,superando le 650 unità, mentre la superficie agricola utilizzata biologica è più chesestuplicata, toccando i 4.600 ettari [Zonin, 1997; Boatto et. Al., 1997].

A questa evoluzione si sono associati vistosi fenomeni di ristrutturazione: lasuperficie biologica media delle aziende certificate è quasi raddoppiata, superandonel ‘96 i 7 ettari; si è ridotto il grado di specializzazione biologica, attualmente parial 53% della SAU aziendale; permane un sensibile grado di ricambio aziendale,dato che ogni anno è fuoriuscito dal settore circa il 10% delle aziende biologiche.

È alla luce di tali cambiamenti che, con la presente ricerca, si sono volutiperseguire i seguenti obiettivi:

• evidenziare le principali relazioni tra le caratteristiche strutturali delle aziende,le scelte produttive e di rapporto con il mercato, le caratteristiche soggettive e lemotivazioni degli imprenditori, i risultati economici delle imprese;

• valutare il grado di efficienza raggiunto dalle aziende biologiche e, dunque, le

359

1 Professore Associato di Economia Agroalimentare, Università degli Studi di Udine.2 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione del Territorio Rurale; borsista presso l’Istitutodi Economia e Politica Agraria dell’Università di Verona.Il lavoro è frutto di una ricerca svolta in comune dagli Autori. Tuttavia, Diego Begalli hacurato in particolare i paragrafi 2.1., 2.2 e 3.3. e Raffaello Zonin i paragrafi 2.3., 3.1. e 3.2.;i paragrafi 1 e 4 sono stati redatti congiuntamente. Gli Autori ringraziano il Prof. PietroBerni per le puntuali indicazioni fornite nella fase di impostazione e svolgimento dellaricerca, nonchè per le osservazioni alla prima stesura del testo.Lavoro svolto con contributo del MURST, nell’ambito del progetto di ricerca “Processiproduttivi ed agricoltura sostenibile delle regioni italiane”, e del CNR, nell’ambito delprogetto coordinato “Analisi economiche e di mercato dei processi produttivi perun’agricoltura sostenibile nell’ambito del sistema agricolo ed agro-industriale italiano”.

Page 8: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

potenzialità di miglioramento non ancora utilizzate;• individuare i fattori che condizionano il livello di efficienza stimando la

direzione e l’intensità degli effetti da essi indotti;• definire le leve sulle quali agire per orientare gli interventi di politica agraria

regionale verso questo settore.Rispetto ad un precedente studio condotto sulla stessa realtà territoriale [Berni,

Fabbris, 1996], che partendo da un inquadramento teorico e normativodell’agricoltura biologica ha consentito di definire il profilo socio-strutturale edeconomico di tutte le imprese del settore operanti nel Veneto nei primi anni ’90,questo lavoro approfondisce, dunque, particolari aspetti della gestione aziendale suun ambito più mirato, sia in relazione all’indirizzo produttivo che al contestoterritoriale di riferimento.

2. Aspetti metodologici

2.1. Individuazione della realtà oggetto di indagine e fasi della ricerca

Per la selezione del campione di aziende sulle quali effettuare l’indagine si èfatto ricorso ai dati forniti dagli Organismi di certificazione biologica riferiti al19963. Tenuto conto degli obiettivi della ricerca si è concentrata l’attenzione sulleaziende ad indirizzo frutticolo specializzato della provincia di Verona. Questocriterio di scelta è stato adottato per garantire un elevato grado di omogeneità delcampione, legato, sia alla specializzazione frutticola, che alle caratteristichepedoclimatiche del territorio. La scelta della provincia di Verona, peraltro, nonpenalizza la rappresentatività regionale dell’indagine dato che ben il 70% dellaSAU frutticola biologica veneta è concentrato in questa provincia [Zonin , 1997].

È evidente che il rispetto di questi criteri di omogeneità ha inevitabili riflessisulla dimensione del campione prescelto; data l’ancora limitata diffusione delsistema di produzione biologico, la costruzione di ampi campioni richiederebbe,infatti, di considerare aziende con ordinamenti colturali più diversificati o, inalternativa, dimensioni territoriali con forte variabilità nelle caratteristichestrutturali, infrastrutturali e pedoclimatiche. In questa situazione si è reso pertantonecessario mediare fra le esigenze di numerosità connesse all’utilizzo di tecniche

360

3 Si tratta dei seguenti Organismi di certificazione autorizzati, a quella data, dal MIRAAF:AgriEcoBio, AIAB, AMAB, Associazione Suolo e Salute, BIOAGRICOOP, CCPB,DEMETER.

Page 9: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un’affidabileanalisi interpretativa.

Partendo dall’elenco delle aziende biologiche certificate della provincia diVerona, risultate pari a 183, si sono selezionate le unità ad indirizzo frutticolospecializzato con più di 3 ettari di SAU biologica; ciò al fine di considerare solo leimprese caratterizzate da dimensioni economiche tali da occupare almeno unaunità lavorativa a tempo pieno4. L’indagine aziendale è stata svolta tramiteintervista diretta a mezzo questionario5.

L’analisi delle informazioni raccolte è avvenuta in tre fasi. Nella prima si sonoutilizzati i coefficienti di correlazione di Pearson o di Spearman6, nel tentativo diperseguire un duplice obiettivo: a) l’approfondimento delle relazioni strutturali tragruppi di variabili omogenee; b) la selezione delle variabili da utilizzare perl’analisi dell’efficienza aziendale7. La seconda fase della ricerca si è concentrata,invece, sulla stima dell’efficienza aziendale, i cui aspetti teorici e metodologicisono approfonditi nei paragrafi 2.2. e 2.3. La terza fase ha riguardato, infine,l’analisi delle relazioni tra grado di efficienza raggiunto dalle singole aziende ecaratteristiche, oggettive e soggettive, del fattore imprenditoriale.

2.2. La stima dell’efficienza aziendale: approccio teorico

Per la stima dell’efficienza aziendale si è utilizzato l’approccio della funzionedi frontiera stocastica che, secondo quanto proposto da Aigner, Lovell e Schmidt

361

4 Tale procedura ha permesso di estrarre 25 aziende, ridottesi poi a 21 in fase di rilevazione.Nelle rimanenti quattro, o non è stato possibile effettuare l’intervista a mezzo questionario,o si presentavano solo formalmente distinte da alcune delle altre aziende intervistate.5 Per la rilevazione si è utilizzato un questionario articolato in cinque sezioni, riguardanti:a) lavoro e professionalità nell’impresa, b) struttura aziendale, c) risultati economici, d)associazionismo e mercato, e) valutazioni dell’imprenditore sulle scelte e prospettiveaziendali.6 Il primo è stato impiegato quando le variabili erano intervallari e/o proporzionali, l’altroquando le variabili si presentavano anche in forma ordinale.7 I gruppi di variabili omogenee sono stati costituiti considerando i seguenti aspetti: a)rapporto “biologico / convenzionale in termini di PLV”; b) grado e tipo di specializzazioneproduttiva; c) dimensione totale e biologica dell’azienda; d) presenza dell’allevamentobovino; e) caratteri soggettivi dell’imprenditore; f) motivazioni alla scelta biologica; h)rapporti fra azienda, mercato ed associazionismo.

Va notato che le variabili economiche, non comprese in questo elenco, sono state divolta in volta inserite al fine di evidenziare direzione ed intensità delle relazioni tra isingoli gruppi di variabili socio-strutturali e produttive ed i risultati economici.

Page 10: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

(1977) e da Meeusen, Van der Broeck (1977), può essere espressa nel seguentemodo:

(1) Yi = f(xi; β) eεi

coni = 1, 2, ..., n

εi = vi + ui

dove:

Yi è la quantità di output;

xi un vettore di quantità di input;

β un vettore di parametri;vi è la componente dello scostamento che tiene conto di eventuali errori di

misurazione, di altri fattori di “disturbanza statistica”, nonchè di eventi casualiesterni non controllabili dall’imprenditore [Forsund et Al., 1980];

ui rappresenta la componente attribuibile all’inefficienza della singola azienda,che spiega il posizionamento della sua produzione sotto il valore della frontierastocastica, f(xi; β) evi, individuato dalla funzione. Pertanto, solo se per una dataazienda risulta ui = 0, essa si posiziona sulla frontiera di produzione. L’errore vi

assume quindi una distribuzione simmetrica N(0, σ2), mentre la componente dierrore ui, che soddisfa la condizione |N(0, σ2)|, così che tutti i livelli di produzioneosservati si collocano al di sotto o sulla frontiera stocastica, è derivata da unadistribuzione che è troncata sopra lo zero. La varianza di ε è perciò σ2 = σu

2 + σv2,

mentre il rapporto tra le due deviazioni standard è definito da λ = σu / σv.

Rispetto ad una funzione di frontiera deterministica, che attribuisce interamentelo scostamento tra produzione reale e produzione stimata ad inefficienza, èpossibile separare in questo modo gli effetti legati a fattori ambientali esterni, noncontrollabili dall’impresa, da quelli - che sono alla base dell’inefficienza gestionale- determinati dalle scelte del conduttore. In termini quantitativi ciò comporta ladeterminazione di indici di efficienza più elevati rispetto a quelli ottenibili, nellastessa situazione, utilizzando frontiere deterministiche [Battese, 1992].

Va tuttavia rilevato che la stima della componente di errore non negativa , perciascuna azienda, si è resa possibile grazie all’approccio proposto da Jondrow etAl. (1982), secondo il quale essa corrisponde al valore atteso di u i dato loscostamento deterministico εi8.

362

Page 11: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

In tal modo è stato possibile superare il principale limite del modello difrontiera stocastica che, come rilevato da Forsund et Al. (1980), consentiva distimare l’efficienza media dell’intero campione ma non della singola azienda.

Sulla base dell’approccio di Jondrow et Al. (1982), l’indice di efficienza tecnicaper ciascuna azienda è dato da:

dove:

Y1 è l’output realizzato dalla singola azienda;Y*

i è l’output potenziale che si colloca sulla frontiera stocastica.

2.3. Il modello di analisi

Nella presente applicazione si è utilizzato per le aziende biologiche frutticolevenete un modello ad equazione singola di tipo Cobb-Douglas così specificato:

lnPLVBIOTi = a0 + b1 lnSAUULFi + b2 lnSPESEi + b3 lnCLAVHAi+εi

Dove:PLVBIOTi = produzione lorda vendibile biologica aziendale;SAUULFi = rapporto fra SAU biologica ed unità di lavoro familiari;SPESEi = spese totali, escluso il lavoro, che includono: input variabili e quote

di ammortamento, manutenzione;CLAVHAi = spese per ettaro del lavoro salariato.Va sottolineato come il rapporto fra SAU ed unità di lavoro familiari

(SAUULF) esprima la dimensione fisica dell’azienda in relazione alle risorselavorative interne; il rapporto tra costo del lavoro salariato e SAU (CLAV H A )coglie invece l’intensità di utilizzo della manodopera esterna da parte dell’azienda.In entrambi i casi l’utilizzo di indici, anziché di variabili dimensionali assolute,

363

(2)

8 Tale valore è così ottenuto:

Dove F ed f sono, rispettivamente, la funzione di distribuzione cumulata e la funzione didensità normale standard, calcolate nel punto εiλ / σ che rappresenta lo stesso punto nelquale f ed F sono calcolate nella funzione di massima verosimiglianza.

Page 12: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

consente di considerare con maggiore efficacia l’assetto strutturale dell’impresa edi suoi effetti sulla quantità di output ottenuto. Nello stesso tempo è possibilelimitare i problemi di collinearità tra le variabili predittive che tendono a spiegarelo stesso fenomeno.

Come si può osservare, sia la variabile dipendente che le variabili predittive cheesprimono l’impiego di capitale e lavoro salariato, sono espresse in valore anzichéin quantità; ciò si è reso necessario a causa del fenomeno dell’aggregazione checaratterizza le aziende rilevate. Infatti, nonostante esse siano tutte ad indirizzofrutticolo specializzato, la diversificazione degli ordinamenti colturali presenti alloro interno comporta, da un lato, difficile comparabilità tra quantità di outputriferite a prodotti diversi e, dall’altro, problematiche di ripartizione dei fattori fissifra le diverse colture. Queste difficoltà risultano ulteriormente accentuate dallamancanza di informazioni di bilancio rilevate sistematicamente e in modoanalitico. Alla luce di queste considerazioni l’utilizzo di variabili espresse in valoree non in quantità, porta ad incorporare nella stima dell’efficienza aziendale nonsolo il rapporto input/output che determina l’efficienza tecnica, ma anche lacosiddetta efficienza allocativa che deriva dai prezzi di acquisto dei fattori e divendita dei prodotti [Battese, 1992]. Diversamente dall’approccio utilizzato dataluni altri autori [Aly et. Al., 1987); Grabowski et al., 1990; Neff et Al., 1991;Neff et Al., 1993], che di fronte ad una forte omogeneità dei campioni analizzati,considerano per tutte le aziende i medesimi prezzi di mercato, in questo caso siassume che prezzi di vendita e prezzi di acquisto siano diversificati in relazione ascelte gestionali, capacità manageriali e strutture aziendali non riconducibili ad ununico modello.

Come si è rilevato in precedenza, nella terza fase dell’analisi si è proceduto amettere in relazione le stime di efficienza aziendale con una serie di variabili cheesprimono, nei suoi diversi aspetti, la qualità del fattore imprenditoriale. Obiettivodi questa fase è, infatti, non tanto quello di spiegare la variabilità dell’indice diefficienza aziendale con caratteristiche specifiche dell’azienda [Lingard, Castillo,Jayasuriya, 1983; Kalirajan, Sand, 1989; Bravo-Ureta, Evenson, 1994; Parikh,Shah, 1994; Llewelin, Williams, 1996;], bensì verificare se fattori associabili ascelte gestionali, professionalità ed a motivazioni dell’imprenditore influisconosignificativamente sul livello di efficienza raggiunto. Rispetto a precedenti studiche focalizzano generalmente l’attenzione sui caratteri socio-demografici delconduttore (età, titolo di studio, occupazioni complementari) o su fattori specificidell’azienda (dimensione, fruizione di assistenza tecnica), si approfondiscono inquesto caso anche gli aspetti psico-sociali legati alle motivazioni della sceltabiologica, nonché alle esperienze maturate in precedenti attività.

La metodologia utilizzata a tal fine è quella dell’analisi di regressione multipladi tipo s t e p w i s e che, com’è noto, consente di valutare sia l’importanza delle

364

Page 13: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

singole variabili predittive nella funzione, sia il contributo che ciascuna di esseapporta in termini di varianza spiegata9.

3. Analisi dei risultati

3.1. Le relazioni tra i gruppi di variabili omogenee

I risultati più significativi dell’analisi bivariata10 evidenziano, anzitutto, come ilgrado di specializzazione biologica diminuisca all’aumentare della dimensioneaziendale (r = -0,58) seguendo, in tal senso, una logica di diversificazione delrischio che risulta più accentuata nelle aziende di maggiore ampiezza.

In riferimento agli ordinamenti produttivi emergono rapporti di sostituibilitàabbastanza accentuati tra il melo, da un lato, e le drupacee (r = -0,58), o il kiwi e lavite dall’altro (r = -0,57); ciò è da mettere in relazione con la specifica vocazionepedoclimatica di determinate aree che è alla base della specializzazione produttivadel territorio veronese.

L’incidenza della PLV derivante da colture drupacee è correlata positivamentealla quota di PLV frutticola commercializzata su circuiti convenzionali (r = -0,47)e fa emergere i limiti dei canali di vendita specializzati in prodotti biologici,soprattutto quando questi devono essere collocati rapidamente (poiché deperibili)ed in forte quantità.

La correlazione inversa tra l’incidenza della PLV a pero e l’anno di inizio

365

9 Le variabili considerate in questa fase sono le seguenti: HERF1, HERF2 (rispettivamente,indice di specializzazione colturale e di specializzazione frutticola dell’azienda), INIBIO(anno di inizio della gestione biologica aziendale da parte dell’imprenditore), LAVCOND1(grado di part-time del conduttore), LAVPREC (attività precedenti svolte dal conduttore),MOTEC (motivazione economica alla scelta biologica), MOTFIL (motivazione filosofica),MOTIG (motivazione igienista), MOTPOL (motivazione politica), MOTPSI (motivazionepsicosociale), MOTSCI (motivazione scientifica), MOTSO (motivazione sociale), NASC(anno di nascita), SAUAZ (SAU aziendale), SAUBIO1 (incidenza della SAU biologica suquella aziendale), SPECAGR (spese relative al capitale agrario), SPQUAL (spese diqualificazione), STUD titolo di studio), V E N C O N V (quota di produzione frutticolaaziendale venduta su circuiti convenzionali), V E N C O O P (quota di produzione vendutaattraverso strutture cooperative), VENDIR (quota di produzione venduta direttamente inazienda).10 I coefficienti di correlazione di seguito riportati sono significativi ad un livello diprobabilità almeno pari al 95%; solamente per gli incroci con le variabili motivazionali sisono considerati anche livelli di significatività compresi fra il 90 ed il 95%.

Page 14: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dell’attività biologica da parte del conduttore (r = -0,79) sottolinea la maggiorediffusione di tale coltura nelle aziende condotte da imprenditori dotati di maggioreesperienza. Si tratta di un fenomeno legato anche alle minori difficoltà tecnicheche il pero presenta rispetto al melo in queste condizioni pedoclimatiche; tenutoconto della carente offerta di opzioni tecnologiche a supporto della coltivazionebiologica del melo, si è infatti determinata negli anni scorsi una certa preferenza daparte degli agricoltori più esperti verso la coltura del pero.

È interessante segnalare la contrapposizione che sembra emergere fra l’ordi-namento vitivinicolo e la motivazione igienista alla scelta biologica (r = -0,42); inquesto caso si è in presenza di una scelta legata alla percezione del prodotto piùche al processo, in sé non particolarmente problematico da realizzare con tecnichebiologiche.

La quota di PLV derivante dai prodotti trasformati è legata inversamente alladimensione aziendale (r = -0,45) e sottolinea l’esigenza, da parte delle imprese conminore dotazione di risorse, di perseguire redditi soddisfacenti aumentando ilvalore aggiunto delle produzioni.

È singolare osservare che, alla correlazione positiva fra l’incidenza sulla PLVdei contributi pubblici ed il grado di specializzazione biologica espresso in terminidi SAU (r = 0,53), si associano quelle con minore produttività dei fattori terra(r = -0,55) e lavoro (r = -0,53), più elevata incidenza dei costi variabili sulla PLV(r = -0,57) e, dunque, minor peso del reddito netto sul prodotto lordo. Se da un latociò indica una maggiore entità dei contributi previsti dal Reg. 2078/92/CEE dovepiù elevato è il grado di specializzazione biologico, dall’altro si può ritenere che,all’indubbio vantaggio derivante all’azienda dall’integrazione di reddito,corrisponda una minore attenzione verso un efficiente utilizzo dei fattori e deimeccanismi di controllo dei costi.

Per quanto riguarda la dimensione totale e biologica delle aziende, è da segna-lare la correlazione inversa fra l’ampiezza fisica ed i costi per ettaro (r = -0,45),riconducibile alla presenza di economie di scala, peraltro evidenziate dal migliorrapporto strutturale fra terra e lavoro al crescere delle dimensioni (r = 0,49).All’aumentare della PLV biologica dell’impresa sono più elevati gli indici diproduttività dei fattori terra (r = 0,46) e lavoro (r = 0,68) ed il grado di diver-sificazione verso altre colture frutticole (r = 0,49), mentre cala l’orientamento acommercializzare attraverso strutture cooperative specializzate nel biologico(r = -0,50). In relazione a ciò si evidenzia come, sulla remunerazione dei fattoriterra e lavoro, esercitino azione concomitante, sia le economie di scala, che lestrategie di produzione e commercializzazione volte ad elevare il valore aggiuntoaziendale. Se nel primo caso ciò si concretizza soprattutto attraverso diversi-ficazione degli ordinamenti verso colture di pregio, nell’altro, si realizza anchemediante il ricorso alla vendita diretta dei prodotti biologici.

366

Page 15: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Con riferimento alle variabili motivazionali dell’imprenditore rispetto allascelta biologica, si rileva come la motivazione scientifica11 sia supportata da unapropensione ad investire in fonti di formazione-informazione. L’orientamento adinvestire in professionalità vale anche per la motivazione socio-politica12 (r = 0,42)che manifesta, tuttavia, significative correlazioni con un basso rapporto “redditonetto / PLV” (r = -0,40), modeste redditività della terra (r = -0,40) e produttivitàdel lavoro (r = -0,40).

La motivazione igienista1 3 è chiaramente correlata con maggiori spese perconcimi ed antiparassitari biologici (r = 0,54) non controbilanciate da una piùelevata produttività della terra (r = -0,40); ciò fa pensare a perdite di eff i c i e n z aprobabilmente legate anche all’elevato prezzo di mercato di questi fattori variabili.

La motivazione economica14 sembra essere coerente con obiettivi di minimiz-zazione dei costi e maggiore produttività della terra facendo leva su dimensionioperative più ampie. È significativo osservare la relazione inversa fra motivazionepolitica ed economica (r = -0,44) che sembra contrapporre comportamenti mossida chiare spinte ambientali ad altri più funzionali all’insieme degli obiettivi tipicidell’impresa convenzionale. Questa polarizzazione conferma quanto già emersi inprecedenti studi [Berni, Fabbris, op. cit.], ma è sicuramente accentuata dalla fortedinamica del settore che, come si è visto, affianca all’espansione un forte tasso diricambio aziendale.

Per quanto concerne i rapporti con il mercato, emerge l’importante ruolo svoltodalla cooperazione nella fase di commercializzazione delle produzioni, masoprattutto per le aziende con minori dimensioni economiche.

In relazione agli indicatori economici si osserva come la produttività del lavorosia strettamente legata ad ordinamenti colturali intensivi (r = 0,60), a maggioridimensioni economiche (r = 0,81), nonché ad una più oculata gestione dei costi,sia in termini di incidenza sulla PLV (r = -0,69) che per ettaro di superficie(r = -0,48). Significativa è anche la correlazione con la disponibilità di SAU perunità lavorativa (r = 0,50), a testimonianza del concomitante effetto esercitato daiprocessi di adattamento strutturale e da quelli di intensivazione nel condizionare laproduttività del lavoro.

Sembra opportuno rilevare che il rapporto strutturale SAU / ULU presenta un

367

11 Intesa come “esigenza di ricercare e/o sperimentare sistemi produttivi che consentono unrapporto più rispettoso con le risorse naturali”.12 Riferita a “preoccupazione per il progressivo inquinamento ambientale dovuto alleattività produttive e desiderio di contribuire attivamente alla sua riduzione”.13 Relativa a “desiderio di non entrare in contatto durante il lavoro con sostanze chimiche disintesi e/o esigenza di alimentarsi con prodotti di ‘sicura’provenienza”.14 Indicata come “speranza di conquistare nuovi sbocchi di mercato, nonché ottenere prezzimigliori per i propri prodotti”.

Page 16: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

coefficiente di correlazione assai più elevato con la redditività del lavoro (r = 0,78)rispetto alla produttività dello stesso fattore (r = 0,50); ciò sembra indicarel’importanza dei processi di adattamento strutturale quando si considerano i costi enon solo la produzione, ipotesi che trova peraltro conferma nella relazionenegativa tra i costi per ettaro e lo stesso rapporto SAU / ULU (r = -0,43).

3.2. La stima dell’efficienza aziendale

Con riferimento alla seconda fase dell’analisi, le stime della funzione media edella frontiera di produzione sono riportate nella tabella 1.

Tutti i parametri presentano il segno atteso ed esprimono una relazione direttatra input ed output. Emerge la forte significatività del rapporto SAU / unità dilavoro familiare, nonché delle spese totali, che identificano, in questo caso, illivello di impiego del capitale, sia con riferimento ai fattori variabili, che ai fattorifissi. I coefficienti di regressione, che nella funzione di tipo Cobb-Douglas

368

Riportati fra parentesi sono i valori di t* significativo al 90%,** significativo al 95%,*** significativo al 99%

Page 17: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

rappresentano direttamente l’elasticità, mettono in rilievo il forte impatto sullaPLV biologica delle due variabili sopra indicate; per il capitale l’elasticità è infattipari a 0,593, mentre raggiunge 0,365 per il rapporto strutturale SAU/ULF.

Questi risultati sottolineano, in primo luogo, l’importanza rivestita dalle sceltedi processo - che definendo il livello di impiego degli input variabili e l’intensitàdegli investimenti in fattori fissi hanno immediati riflessi sull’entità dei costi; insecondo luogo emerge la rilevanza della disponibilità di risorse fondiarie inrelazione alle potenzialità di lavoro agricolo del nucleo familiare, che chiama incausa le scelte di allocazione (in o fuori dall’azienda) della sua manodopera.

Al contrario, è scarsamente significativo il costo del lavoro salariato per unitàdi superficie, probabilmente legato all’alta significatività del rapporto “SAU / unitàdi lavoro familiare”, che tende ad assorbire, almeno in parte, l’effetto derivantedall’impiego di manodopera esterna. Va da sé che quest’ultima sarà utilizzata inmodo intensivo dove è più elevato il suddetto rapporto strutturale, data anche lasostanziale omogeneità degli ordinamenti colturali in relazione al grado diconcentrazione del calendario di lavoro.

Le statistiche di sintesi relative agli indici di efficienza ottenuti dalla funzionedi frontiera così stimata sono riportate nella tabella 2 ed evidenziano la fortedifferenziazione che contraddistingue le imprese analizzate. Il livello di efficienzaraggiunge in media il 72%, ma oscilla da un minimo del 30% ad un massimo del95%. Allo stesso modo, si può osservare che nessuna azienda si colloca sullafrontiera di produzione e solamente il 14,3% delle unità raggiunge livelli die fficienza superiori al 90%. Pare il caso segnalare che quasi quattro aziende sudieci si posizionano in un intervallo di efficienza compreso tra il 50% ed il 75%,mentre un altro 14,3% realizza una quota dell’efficienza potenziale compresa fra il30 e il 50%. Rispetto a quanto emerso nel precedente studio [Berni, Fabbris, op.

369

Page 18: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

cit.], questi risultati evidenziano la forte specificità dell’indirizzo produttivo,(frutticolo specializzato) sul quale si è concentrata la presente ricerca, che richiedel’adozione di un sistema di tecniche certamente più complesso di altri ordinamenti.Inoltre, non va trascurata la situazione di forte evoluzione del settore che,comportando un alto tasso di ricambio aziendale, modifica inevitabilmente lastruttura dell’universo di indagine.

Se si tiene conto che poco meno della metà delle aziende considerate si viene acollocare nel quartile superiore, appare evidente la situazione di difficoltà di unsettore giovane ed all’interno del quale i pur carenti risultati della ricerca genetica,agronomica e fitopatologica, non hanno ancora trovato sufficiente consolidamentonell’attività di sperimentazione e, dunque, efficace trasferimento agli operatori; aciò si aggiungano i noti limiti che le aziende biologiche incontrano nella fasedistributiva a causa sia della ridotta dimensione dell’offerta cui si accompagnanofenomeni di strozzatura del canale conseguenti all’ancora insuf f i c i e n t ecoordinamento orizzontale e verticale proprio di questa filiera.

Questi vincoli, in gran parte esogeni al sistema delle imprese, sono accentuatidall’eterogeneità del capitale umano che gestisce le aziende biologiche,strettamente legato agli aspetti motivazionali, culturali, di preparazione edesperienza professionale. Appare evidente che l’individuazione puntuale di questifattori e la loro importanza relativa nel determinare il grado di efficienza aziendale,costituisce presupposto irrinunciabile per definire coerenti politiche atte adorientare l’azione, in questo settore, per i Servizi di sviluppo.

3.3. L’influenza delle variabili imprenditoriali

In questo quadro si vengono ad inserire i risultati della terza fase dell’analisiriportati nella tabella 3. Si osserva, innanzitutto, l’elevata capacità esplicativa dellafunzione stimata, dato che il coefficiente di determinazione corretto è pari a 0,84.Tutti i parametri presentano, inoltre, una elevata significatività evidenziando, in talmodo, la buona affidabilità delle stime.

Un primo ordine di considerazioni riguarda l’importanza relativa delle variabilipredittive, desumibile dalla successione con cui le stesse sono entrate nellafunzione di regressione, nonché dall’incremento della capacità esplicativaapportato da ciascuna di esse.

Osservando gli steps dell’analisi emerge, innanzitutto, come le prime trevariabili che entrano nella funzione (VENCOOP, STUD e LAVPREC) arrivino aspiegare quasi il 70% della variabilità interna al campione. È evidente lapredominante importanza che, in rapporto al livello di efficienza aziendale conse-guito, riveste la modalità associativa (VENCOOP) nelle relazioni tra azienda e

370

Page 19: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

mercato; questa variabile si presenta, infatti, con segno positivo e, da sola,contribuisce a spiegare il 29% della varianza. Ciò fa trasparire come gli indici diefficienza stimati tendano ad inglobare significativamente la componente prezzo edunque ad esprimere anche l’efficienza allocativa e non solo tecnica delle aziendebiologiche.

Il livello di istruzione (STUD) e le esperienze di lavoro precedenti all’attivitàimprenditoriale agricola (LAVPREC) esercitano, anch’esse, forte impatto sullivello di efficienza aziendale. I segni associati ai parametri evidenziano, tuttavia,l ’ e ffetto contrastante delle due variabili, dato che l’indice di efficienza aumentacon l’esperienza accumulata in precedenti attività e diminuisce all’elevarsi deltitolo di studio. Queste relazioni trovano spiegazione nelle particolaricaratteristiche del settore biologico che, trovandosi ancora nella fase di lancio,premia maggiormente, in un orizzonte di breve-medio periodo, l’esperienzaprofessionale rispetto al livello di istruzione; appare fortemente probabile come,nel medio-lungo periodo, un’adeguata offerta di formazione professionale edimprenditoriale si prefiguri quale fattore irrinunciabile per rendere meno onerosol’ingresso nel settore biologico. Si può ritenere, pertanto, che il forte carattereinnovativo dell’agricoltura biologica rispetto ai metodi di produzioneconvenzionale costituisca elemento di maggiore vantaggio competitivo per coloroche, provenendo anche da altre esperienze, hanno acquisito più accentuataflessibilità.

L’età del conduttore (NASC) influisce anch’essa significativamente sull’indicedi efficienza aziendale, che risulta crescere quando i conduttori sono più giovani;questa caratteristica è infatti peculiare degli imprenditori dotati di maggioreattenzione e disponibilità, sia verso le innovazioni di prodotto (nuove varietà piùresistenti agli attacchi di parassiti e malattie), che di processo (quali ad esempio lenuove tecniche di allevamento che limitino gli interventi di potatura, l’inerbimentodel frutteto con essenze selezionate, nonchè l’introduzione di siepi e nidi chefavoriscano i metodi di lotta biologica), le quali sono alla base dei metodi diproduzione biologica.

Un aspetto particolare è evidenziato attraverso la variabile MOTEC, cheesprime l’importanza soggettiva che il conduttore attribuisce ad obiettivieconomici nella scelta del sistema biologico. Il segno associato al coefficiente diregressione sottolinea, in questo caso, la presenza di una relazione inversa traquesta variabile predittiva ed il livello di efficienza aziendale. Questa singolarerelazione rafforza, in realtà, quanto già emerso dall’analisi bivariata in termini dicontrapposizione tra motivazione economica e motivazioni socio-culturali; unamotivazione esplicita di tipo economico costituisce, infatti, prerogativa delleimprese che vedono nell’agricoltura biologica una mera opportunità di profitto, cuispesso non è associata una radicata convinzione sull’importanza della scelta

371

Page 20: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

biologica, il che porta inevitabilmente a trascurare tutte quelle implicazionitecnico-gestionali che stanno in realtà alla base del successo di questo sistemaproduttivo.

Infine, il grado di attività agricola aziendale del conduttore (LAV C O N D 1 )contribuisce ulteriormente nel determinare l’efficienza aziendale; si conferma, intal modo, l’importanza della costante presenza in azienda dell’imprenditoreaffinché i processi di produzione biologica possano essere efficacemente applicati.

4. Considerazioni finali

I risultati emersi dalla ricerca presentano rilevanti implicazioni, sia sotto ilprofilo metodologico che dell’analisi interpretativa.

Anzitutto non vanno sottaciute le problematiche connesse alla omogeneità enumerosità del campione; come si è visto, esse sono strettamente legate all’ancoralimitato sviluppo del settore che, allo stato attuale, non consente di operare su unnumero ampio di aziende omogenee dal punto di vista strutturale e territoriale. Allaluce di queste considerazioni si suggerisce pertanto di ritestare l’analisi allo scopodi conferire ai risultati ottenuti una validità anche nel medio-lungo periodo; ciòcostituisce peraltro una condizione necessaria tenendo conto della forte dinamicitàche contraddistingue il settore e confermata anche dalla variabilità dei risultatiemersi rispetto ai precedenti studi.

Per quanto concerne in particolare la terza fase dell’analisi, incentrata sullerelazioni tra efficienza aziendale e caratteristiche individuali dell’imprenditore, si

372

Page 21: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

sottolinea la forte capacità esplicativa degli aspetti motivazionali e professionalirispetto alle tradizionali variabili strutturali e socio-demografiche considerate inletteratura. Va comunque sottolineata l’importanza di estendere l’utilizzo di questiapprocci di analisi all’interno del settore biologico dato che la comparazione con leaziende convenzionali può risultare inefficace.

Infatti l’elevata capacità esplicativa del modello qui utilizzato evidenzia lepeculiarità del settore biologico che, proprio perché giovane, lega gran parte deirisultati d’impresa alla componente umana. Non a caso, tutte le variabili predittivemesse in rilievo con la regressione stepwise sono riconducibili alle caratteristicheindividuali dei conduttori, mentre del tutto irrilevanti risulterebbero essere quelledi tipo strutturale. Direzione ed intensità delle relazioni tra variabili predittive ede fficienza tecnica sottolineano, inoltre, forte differenziazione rispetto ai risultaticui sono pervenuti gli studi condotti su aziende convenzionali. In particolare,obiettivi di natura economica non integrati in un sistema motivazionale piùarticolato nel medio lungo periodo e maggiore istruzione non associata aprecedenti e diversificate esperienze professionali esercitano sul livello diefficienza aziendale effetti non dimostrati da altre precedenti analisi.

Sulla base dei risultati emersi dall’analisi bivariata e dalla stima dell’efficienzalo studio evidenzia come le aziende biologiche frutticole prese in esamepresentino, in realtà, ancora sensibili margini di miglioramento. Infatti, il grado die fficienza stimato varia entro un r a n g e molto ampio che, in una situazione disostanziale omogeneità strutturale e territoriale delle aziende, evidenzia come ifattori sui quali agire per migliorare le performance siano diversi proprio perchépeculiari risultano le caratteristiche oggettive e le attese di questi imprenditori. Neconsegue che gli interventi coordinati su ricerca, sperimentazione, modalità ditrasferimento dei risultati, dovranno tener conto della forte specificitàprofessionale, culturale e motivazionale dei singoli imprenditori.

Tutto ciò sottolinea l’esigenza di mantenere una costante attenzione almonitoraggio delle p e r f o r m a n c e del settore attraverso un approfondimento dellavoro di ricerca volto a fornire indicazioni in grado di orientare, in questaparticolare fase di sviluppo del settore, le politiche di intervento a supporto deglioperatori.

373

Page 22: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

AIGNER D., LOVELL C.A.K., SCHMIDT P. (1977): Formulation and estimation of stochasticfrontier production function models, Journal of Econometrics, 6;

ALY H.Y., BELBASE K., GRABOWSKI R., KRAFT S. (1987): The technical efficiency of Illinoisgrain farms: an application of a ray-homotethic production function , Southern Journal ofAgricultural Economics, 19;

BATTESE G.E. (1992): Frontier production functions and tecnical efficiency: a survey of empiricalapplications in agricultural economics, Agricultural Economics, 7;

BERNI P., FABBRIS L. (a cura di, 1996): L’agricoltura biologica nel Veneto, Arcadia editrice;

B O AT TO V., BUSTA F FA R., RELA G., SCUDELLER A., FAV R E T TO M.R. (1997): A s s e t t oproduttivo dell’agricoltura biologica veneta, L’Informatore Agrario, n. 46;

B R AV O - U R E TA B.E., EVENSON R.E. (1994): Efficiency in agricultural production: the case ofpeasant farmers in eastern Paraguay, Agricultural Economics, 10;

FORSUND F.R., LOVELL C.A.K., SCHMIDT P. (1980): A survey of frontier production functionsand of their relationship to efficiency measurement, Journal of Econometrics, 13;

G R A B O W S K Y R., KRAFT S., PA S U R K A C., A LY H . Y. (1990): A ray-homothetic frontier andefficiency: grain farms in Southern Illinois, European Review of Agricultural Economics, 17;

KALIRAJAN K.P., SHAND R.T. (1989), A generalised measure of technical efficiency, A p p l i e dEconomics, 21;

J O N D R O W J., LOVELL C.A.K., MAT E R O V I.S., SCHMIDT P. (1982): On the estimation oftechnical inefficiency in the stochastic frontier production function model, Journal of Econometrics,19;

LINGARD J., CASTILLO L., JAYA S U R I YA S. (1983), Comparative efficiency of rice farms inCentral Luzon, the Philippines, Journal of Agricultural Economics, 34;

LLEWELYN R.V., WILLIAMS J.R. (1996), Nonparametric analysis of technical, pure technical andscale efficiencies for food crop production in East Java, Indonesia, Agricultural Economics, 15;

MEEUSEN W., VAN DEN BROECK J. (1977): Efficiency estimation from Cobb-Douglasproduction functions with composed error, International Economic Review, vol. 18, n.2;

NEEF D.L., GARCIA P., HORNBAKER R.H. (1991): Efficiency measures using the ray-homotheticfunction: a multiperiod analysis, Southern Journal of Agricultural Economics, 23;

NEEF D.L., GARCIA P., NELSON C.H. (1993): Technical efficiency: a comparation of productionfrontier methods, Journal of agricultural Economics, 41;

374

Page 23: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

PARIKH A., SHAH K. (1994), M e a s u rement of technical efficiency in the North-west fro n t i e rprovence of Pakistan, Journal of Agricultural Economics, 45;

SANTUCCI F., ZANOLI R. (a cura di, 1996), Agricoltura biologica in Italia: aspetti tecnici,economici e normativi, Consiglio regionale delle Marche - Università degli studi di Ancona;

ZONIN R. (1997), L’evoluzione in atto nell’agricoltura biologica veneta, L’Informatore Agrario -Inserto Triveneto, n. 22.

375

Page 24: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 25: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

CEMBALO LUIGI* - D’ERCOLE ELISABETTA** - CARBONE SONIA***1

AGRICOLTURAECOCOMPATIBILE: UN MODELLO DI ANALISIMULTIOBIETTIVO A NUMERI INTERI 2

1. Introduzione

Per avere un’agricoltura ecocompatibile è necessario individuare ed utilizzaretecniche a minor impatto ambientale, ossia che siano in grado di garantire ilmantenimento nel tempo della capacità produttiva di un agroecosistema nonostantelo sfruttamento al quale viene sottoposto. Per la promozione e la diffusione di unatale agricoltura è auspicabile che tali tecniche siano compatibili con gli obiettivi die fficienza economica e gestionale dell’azienda. L’agricoltura biologica, i cuiobiettivi sono principalmente la sostenibilità ambientale delle produzioni, laqualità dei prodotti e l’orientamento al mercato delle attività aziendali, potrebberappresentare un esempio di agricoltura che persegue congiuntamente lacompatibilità economica ed ambientale dei processi produttivi agricoli. È in talecontesto che si inserisce il presente studio. L’obiettivo è infatti quello di verificarese l’agricoltura biologica può considerarsi come un possibile modello di sviluppoagricolo alternativo a quello convenzionale. Si è valutata, quindi, la convenienza

377

* Luigi Cembalo è titolare di assegno di ricerca in Economia e Politica Agraria presso ilDip. di Economia e Politica Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II** Elisabetta D’Ercole è dottoranda di ricerca presso il Dip. di Economia e Politica Agrariadell’Università degli Studi di Napoli Federico II*** Sonia Carbone è ricercatrice presso l’Istituto di Studi Economici e Sociali Sichelgaita diSalerno1 Gli autori desiderano ringraziare Gianni Cicia per gli utili suggerimenti che hannopermesso di migliorare la stesura del lavoro. Ogni responsabilità di quanto scritto rimanecomunque dei soli autori.2 Il lavoro è frutto di una riflessione congiunta dei tre autori. Comunque, la stesura delparagrafo 2 è stata curata da S. Carbone; il rilevamento dei dati e la stesura del paragrafo 3è stata curata da E. D’Ercole; la messa a punto del modello matematico e la stesura delparagrafo 4 da L. Cembalo. La stesura dell’introduzione e delle conclusioni è comune.

Page 26: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

economica tra le tecniche produttive convenzionali e quelle biologiche in aziendeoperanti in Campania. In particolare si sono valutati gli effetti dell’applicazionedella Misura A3 del Reg. CEE 2078/92 in due diverse realtà produttive e sottodiversi scenari. Sono stati inoltre calcolati i trade-off fra due obiettivi conflittuali:la massimizzazione del reddito netto e la minimizzazione dell’impatto ambientale.La possibilità di quantizzare i livelli di conflitto tra i due obiettivi ha consentito didelineare suggerimenti di politiche di intervento alternative allo stesso 2078/92,nell’intento di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura.

2. Valutazione di sistemi di coltivazione alternativi e l’indice di impattoambientale

Gli approcci disponibili in letteratura per la pianificazione e regolamentazionedei pesticidi sono numerosi (Newton et al., 1998). Ognuno di questi ha comescopo prioritario quello di sviluppare un modello di valutazione dei fitofarmacicapace di incorporare e sintetizzare una grande quantità di parametri ambientalicreando un indice aggregato che consenta di scegliere e valutare tecniche produt-tive alternative. Un ulteriore scopo è quello di valutare, integrare e presentareinformazioni economiche ed ambientali con l’ausilio di un unico indicatore.

Ognuno dei metodi disponibili in letteratura ha considerevoli pregi ma ètuttavia accompagnato da inevitabili svantaggi. La scelta di utilizzare un indice difacile implementazione ma con forte grado di approssimazione è spesso incontrapposizione con indici ricchi di informazioni ma molto più complessinell’implementazione in modelli empirici e nella loro interpretazione. Un ulterioreproblema riscontrato negli indici analizzati è relativo alla rappresentatività dei datidi base per costruirlo. Spesso gli indici sono riferiti a banche dati molto dettagliatema non utilizzabili al di fuori della zona in cui tali dati sono stati raccolti,selezionati e sperimentati.

La scelta effettuata in questo lavoro è stata quella di utilizzare un indice ricco diinformazioni a fronte delle relative difficoltà computazionali presentatesi. Tr aquelli disponibili in letteratura, il più diffuso è l’E n v i ronmental Impact Quotient(EIQ) (Kovach et al., 1992) messo a punto dagli specialisti di assistenza tecnicaper l’agricoltura integrata dello Stato di New York. Esso prevede l’utilizzo diun’equazione algebrica composita che genera un indice d’impatto ambientale perogni principio attivo e quindi fitofarmaco adoperato. Nell’equazione vengonoinserite informazioni tali da prendere in considerazione diversi fattori rilevanti alfine della determinazione dell’impatto ambientale. Pur essendo particolarmenteattraente, questo metodo soffre di alcune peculiari carenze (Dushoff et al. , 1994).Il più significativo è relativo ad alcuni risultati ottenuti dalla sua sperimentazione

378

Page 27: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

su alcune colture per confrontare le tecniche convenzionali con quelleecocompatibili quali la lotta integrata e il sistema di coltivazione biologica. Pere ffetto di un sistema molto rigido di attribuzione dei pesi è risultato che, innumerosi casi sperimentati, la coltivazione della stessa specie vegetale o arboreacon tecnica biologica presentava un indice di impatto fino a due volte superiore aquello relativo al metodo convenzionale. L’evidente distorsione era conseguenzadel fatto che venivano fortemente penalizzati i fitofarmaci naturali; questo perchépur avendo un impatto unitario sull’ambiente molto basso, una volta ponderati perle quantità utilizzate3, anche prodotti o principi attivi universalmente riconosciuticome poco dannosi risultavano estremamente nocivi (Levitan et al., 1995).

Sulla base di queste riflessioni si è pensato di mettere a punto un nuovo indiceche seguisse la filosofia di base dell’EIQ ma che ne superasse i limiti.

L’indice di Incidenza Ambientale dei Fitofarmaci (IAF) deriva i coefficienti diimpatto ambientale partendo dall’individuazione di alcuni parametri chedescrivono il comportamento del prodotto chimico nell’ambiente (Borrelli, 1996).Nello specifico, sono stati presi in considerazione sei parametri. Essi sono statiestrapolati da un prontuario dei fitofarmaci (Muccinelli, 1996) e sono i seguenti:persistenza, solubilità in acqua, classe tossicologica, tempo di sicurezza, tensionedi vapore, modalità d’azione.

La persistenza è stata valutata sulla base del tempo necessario per la scomparsadi almeno il 50% della dose di prodotto presente all’atto della somministrazione.

Essa permette di suddividere i fitofarmaci in 4 classi:• Non persistenti : mesi < 0.5• Poco persistenti: mesi 0.5 - 1.5• Moderatamente persistenti: mesi 1.5 - 6• Persistenti: mesi > 6La solubilità in acqua è stata misurata in mg/l e permette di suddividere i

fitofarmaci in 4 classi:• 1000 mg/l• 100 - 1000 mg/l• 10 - 100 mg/l• < 10 mg/lIl parametro classe tossicologica è stato definito in base alla qualità intrinseca

di una sostanza chimica di produrre effetti dannosi. Tale qualità viene valutata aseconda della Dose Letale Media o DL50, ossia la quantità di principio attivo (p.a.)capace di provocare la morte del 50% degli animali in esperimento in una solasomministrazione. I valori di riferimento sono quelli della DL5 0 riferita ai ratti epermettono di suddividere i fitofarmaci nelle seguenti 4 classi tossicologiche:

379

3Mediamente superiori a quelle dei fitofarmaci convenzionali.

Page 28: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

• Classe I: prodotti il cui p.a. ha una DL50 inferiore a 50 mg/Kg

• Classe II: prodotti il cui p.a. ha una DL50 compresa fra 50 e 500 mg/Kg

• Classe III: prodotti il cui p.a. ha una DL50 superiore ai 500 mg/Kg

• Classe VI: prodotti di tossicità acuta trascurabile o innocui.• Naturalmente più è bassa la DL50, maggiore è la pericolosità del prodotto.Il tempo di sicurezza misura il lasso di tempo necessario fra il trattamento con

il prodotto ed il raccolto. È misurato in giorni e consente di fare la seguenteclassificazione:

• 40 giorni• 25 - 40 giorni• 10 - 25 giorni• < 20 giorni.Il parametro tensione di vapore misura la volatilizzazione di un prodotto

chimico. Maggiore è la tensione di vapore, maggiore è la pericolosità del prodottoutilizzato. Tale parametro consente di fare la seguente suddivisione:

• > 1000 mPa• 10 - 1000 mPa• < 10 mPaIl parametro modalità d’azione descrive l’azione del prodotto chimico sulla

pianta e permette di suddividere i fitofarmaci in tre classi:• Sistemico: il fitofarmaco entra nel circolo linfatico della pianta• Citotropico: il fitofarmaco penetra esclusivamente negli strati superficiali

della pianta• di Contatto: il fitofarmaco rimane in superficie.Ad ognuno dei sei parametri è stato attribuito un valore in modo da poter

quantizzare l’incidenza dei singoli principi attivi sull’ambiente. La somma deivalori “ponderali” risulta pari a dieci, per far sì che il valore dell’impattoambientale dei vari fitofarmaci possa essere espresso tramite una scala che va da 0a 10. Il parametro a nostro avviso più importante nella definizione dell’IAF è lamodalità d’azione a cui è stato attribuito un peso pari a 4. Il secondo è lapersistenza con un valore pari a 2,1, seguito dalla classe tossicologica (1,62), daltempo di sicurezza e tensione di vapore (0,78) ed infine dalla solubilità (0,72). Èbene precisare che tali valori rappresentano una prima ipotesi di ponderazione deivalori dei parametri e che ad ogni variazione di valore ponderale corrisponde unadiversa graduazione dell’IAF.

380

Page 29: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2.1. La costruzione dell’indice IAF

Il primo passo effettuato per il calcolo dell’IAF è stato quello di definire ilprincipio attivo (o “i” principi attivi nel caso in cui lo stesso prodotto commercialene contenesse più di uno) presente nel prodotto commerciale utilizzato.Successivamente, e con l’ausilio di un manuale dei fitofarmaci (Muccinelli, 1996),si è calcolata la percentuale di principio attivo presente nel prodotto commercialeutilizzato; questo perché, una volta calcolato l’indice per principio attivo, simoltiplica tale valore per la quantità di fitofarmaco e quindi di principio attivoespresso come percentuale presente in esso, effettivamente utilizzata per lacoltivazione relativa all’assetto produttivo da valutare.

Una volta stabilito quanto detto, si è proceduto all’associazione dei principiattivi considerati alle classi, attraverso i criteri definiti nel paragrafo precedente.Nella tabella 1 vengono riassunti tali criteri; indicate le categorie descrittive esintetiche utilizzate per il calcolo dell’IAF; le unità di misura; ed i valori (o leclassi) per la differenziazione tra le categorie. Una voce estremamente importante,anch’essa riportata in tabella 1, è l’incidenza percentuale sul valore ponderale: aciascuna classe dei sei parametri è stata attribuita un’incidenza percentuale chetiene conto delle diverse caratteristiche del parametro. Si prenda come esempio la“solubilità”. La prima categoria per questo parametro viene considerata “Moltodannosa” (1) e quindi al principio attivo ricadente in questa classe verrà associatoil 100% del valore ponderale stabilito per questo parametro; ai principi attiviricadenti nella categoria “Dannoso” (2) viene associato il 66% del valoreponderale stabilito; risulta evidente il criterio applicato per le altre categorie e pergli altri parametri. È necessario puntualizzare che alle classi più dannose si èattribuita un’incidenza pari a cento, a quelle meno dannose un’incidenzapercentuale pari a zero. Con tale valore però non intendiamo dire che l’impatto deifitofarmaci rientranti in queste classi è nullo, piuttosto che è alquanto irrilevanterispetto alle altre. In altri termini, raggiunge un valore di IAF pari a zero quelprincipio attivo al quale è associato un punteggio minimo in ognuno dei seiparametri.

Utilizzando il valore ponderale dei parametri e l’incidenza percentuale dellecategorie su tale valore, è stato possibile calcolare l’IAF per parametro, categoria eprincipio attivo.

L’ultimo passo è stato di moltiplicare questi valori per la quantità di prodottoutilizzato tenendo conto della percentuale di principio attivo presente nei singoliprodotti commerciali. Una volta individuato a quale classe dei diversi parametri ilfitofarmaco appartiene, la loro somma aritmetica quantifica il valore dell’IAF delprodotto chimico preso in esame. Tanto più il totale della somma si avvicina alvalore massimo (10), tanto maggiore è l’impatto ambientale del fitofarmaco;

381

Page 30: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

quanto più il totale si avvicina al valore minimo (0), tanto più il fitofarmaco ha unimpatto ambientale basso.

382

Page 31: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3. La scelta delle aziende esaminate

Le aziende oggetto d’indagine sono state individuate in due aree dellaCampania dove la presenza di aziende biologiche è particolarmente rilevante.L’azienda di collina è situata nel Cilento (SA) ed è caratterizzata da unordinamento produttivo cerealicolo-foraggero con vite ed olivo, tipico dei sistemiagricoli a basso impatto ambientale e con caratteristiche molto simili a quelle dellearee interne del Mezzogiorno; l’altra azienda, localizzata nella pianura costiera diSalerno, è invece caratterizzata da un ordinamento colturale ortofrutticolo, tipicodei sistemi agricoli ad alto impatto ambientale ed a forte intensità agrochimica4.Entrambe le aziende sono associate in cooperativa, l’azienda di collina fa partedella Biodinamica Valle Sele, mentre quella di pianura è associata a Giustizia eLibertà. Questo ha reso più semplice la scelta delle aziende da analizzare. Infatti,sia per l’azienda di pianura che per quella di collina, si è rilevata uniformità negliordinamenti colturali aziendali e nelle tecniche di coltivazione grazie allapossibilità di sfruttare il servizio di assistenza tecnica messo a disposizione dallacooperativa.

383

4 In particolare, nell’area della pianura costiera, non sono state prese in considerazione leaziende zootecniche per le problematiche connesse con il disciplinare di certificazione e leaziende con superficie inferiore ad ha 1 in quanto le aziende biologiche operanti inquest’area hanno dimensioni superiori.

Page 32: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Il passo successivo è stato quello di somministrare un questionario alle aziendeselezionate al fine di rilevare, per l’annata agraria 1996/97, l’organizzazione deifattori di produzione, le tecniche standard di coltivazione biologica econvenzionale ed i rispettivi prezzi dei fattori. Inoltre, i dati raccolti sono statisottoposti a controllo e verifica da parte di agronomi e tecnici del biologico. Inparticolare, le tecniche convenzionali sono state confrontate con quelle di altreaziende della zona per evitare di introdurre caratteri di atipicità legati al biologico.I dati utilizzati per la certificazione del biologico sono stati forniti da una delleassociazioni di controllo e certificazione presenti sul territorio. La voce dei costi èarticolata in quota associativa differenziata per coltura, d’iscrizione, d’ispezione equella per la relazione agroambientale; se poi il prodotto trova una suacollocazione sul mercato del biologico è necessario aggiungere altre voci di costoquale la quota per l’emissione del certificato di conformità e quella pari all’1% sulfatturato biologico. Questa distinzione è stata necessaria poiché non semprel’imprenditore riesce a vendere il prodotto come biologico. Questo problema èstato, infatti, riscontrato per la zona interna dove solo il grano duro e l’olioriescono a trovare una collocazione sul canale specifico del biologico. Per quantoriguarda il lavoro, la disponibilità aziendale è stata determinata tenendo conto dellalunghezza delle giornate lavorative nei diversi periodi dell’anno, della piovositàmensile e dei giorni festivi. Il ricorso all’acquisto di manodopera avventiziaavviene solo quando quella familiare risulta essere insufficiente. Infine,relativamente ai contributi comunitari a disposizione dell’imprenditore, oltre aquelli del Reg. 2078/92 per le coltivazioni ecocompatibili, sono stati previsti quellidei Regg. n. 1765/92 e n. 3508/95 relativi all’integrazione al reddito per iseminativi e quelli del Reg. n. 1875/94 per la produzione di olio d’oliva (tabelle 2e 3). Nel caso specifico dell’olio d’oliva, oltre alla distinzione fra tecnica biologicae tecnica convenzionale è stato necessario introdurre quella fra piccolo e grandeolivicoltore, poiché i sussidi erano diversi per le due categorie. Le principalicaratteristiche delle aziende sono state riportate nella tabella 4.

384

Page 33: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3.1. L’azienda di collina

L’azienda di collina, ad ordinamento cerealicolo-foraggero con presenza di vitee olivo, è localizzata nella collina di Salerno. Presenta una Superficie A g r i c o l aUtilizzata (SAU) pari a 9 ettari divisa in tre corpi; 3 ettari di grano duro sono inrotazione con sulla da seme, 2 sono ad oliveto e 1 a vigneto (tabella 4).

Le tecniche colturali adottate già prima della conversione erano a basso impatto

385

Page 34: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ambientale, e proprio per questo motivo il passaggio da convenzionale a biologiconon è stato particolarmente difficoltoso5. Poche differenze sono state rilevate fratecnica convenzionale e biologica di olivo e grano duro e sono relative allaconcimazione e agli antiparassitari; praticamente identiche le tecniche per la sullada seme. Il vigneto biologico è condotto, invece, con una tecnica molto diversa daquella convenzionale, essendo la tecnica di produzione bio basata essenzialmentesulla prevenzione. Le variazioni nelle rese sono risultate abbastanza contenute peril grano duro (-9%) e l’olivo (-11%), nulla per la sulla e pari al -25% per il vigneto.L’imprenditore dell’azienda di collina ha incontrato non poche difficoltà nellacollocazione di alcuni prodotti sul canale del biologico. Infatti, è del tuttoinesistente un mercato per la sulla da seme biologica; inoltre, le cantine della zonanon sono ancora attrezzate per una trasformazione dell’uva biologica in vino, percui l’agricoltore riesce a spuntare un premio di prezzo solo per il grano duro el’olio d’oliva biologici che vengono venduti alla cooperativa Biodinamica Va l l eSele.

3.2. L’azienda di pianura

L’azienda di pianura, ad ordinamento ortofrutticolo, è localizzata nella pianuradi Battipaglia. La SAU, pari a 5 ettari, è così suddivisa: 2 a scarola, 1,2 acavolfiore, 1 a pesco, 0,8 a pomodoro e 0,8 a lattuga. Il pomodoro e la lattuga sialternano nella coltivazione sotto serra. L’azienda è irrigua ed è interamente diproprietà del conduttore (tabella 4). Numerose sono le differenze fra la tecnica dicoltivazione convenzionale e quella biologica, soprattutto nella difesa e nellaconcimazione. Inoltre, nella tecnica biologica, il diserbo chimico è interamentesostituito da quello meccanico con un conseguente aumento della manodopera.Nonostante l’intensità agrochimica delle tecniche colturali precedenti laconversione fosse alta, le tecniche biologiche adottate per il cavolfiore e la scarolanon hanno fatto registrare una caduta nelle rese; invece, per la lattuga, il pesco edil pomodoro si è verificata una diminuzione del 26%, 33% e 25% rispettivamente.

Quest’azienda è associata alla Cooperativa “Giustizia e Libertà”, che sipreoccupa della produzione e commercializzazione di prodotti ortofrutticolibiologici e fornisce anche fattori della produzione e assistenza tecnica ai soci. Letecniche di coltivazione sono seguite e suggerite dai tecnici biologici chea fferiscono alla cooperativa. Grazie alla presenza di quest’organizzazione sul

386

5 Anche altri autori (Cicia e D’Ercole, 1997) hanno riscontrato che nelle zone internemeridionali le tecniche convenzionali non si discostano molto da quelle biologiche ed inalcuni casi sono identiche.

Page 35: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

territorio, tutti i prodotti trovano una loro collocazione sul canale del biologicoriuscendo così a spuntare un premio di prezzo di circa il 20-30% in più rispetto alprezzo dello stesso prodotto venduto sul canale del convenzionale.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, poiché le tecniche dicoltivazione adottate per il biologico richiedono una quantità di manodoperanettamente superiore a quella disponibile, in alcuni periodi dell’anno si ricorre amanodopera avventizia, in particolar modo per le operazioni di raccolta e trapiantodi tutte le ortive.

4. Il modello matematico ed i risultati ottenuti

Per verificare se l’agricoltura biologica può considerarsi come un possibilemodello di sviluppo agricolo alternativo a quello convenzionale abbiamo utilizzatouna tecnica multicriteriale a numeri interi. Una rappresentazione generale delmodello utilizzato può essere come di seguito definita6:

dove: i è l’indice relativo alle attività; j è l’indice relativo ai due possibili assettiproduttivi; K è l’insieme delle risorse utilizzate; Pi j indica il ricavo unitario;

387

6 Per una più dettagliata descrizione sia del modello teorico che di quello empirico, sirimanda a Carbone, Cembalo, D’Ercole (1998).

Page 36: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Ci jindica un coefficiente di costo unitario di produzione; X i j indica l’i-esimaattività; ICi j indica i coefficienti tecnici che consentono di misurare l’impattoambientale delle colture considerate; ak i j indica il coefficiente tecnico di utilizzodella k-esima risorsa disponibile; bk indica l’ammontare disponibile della k-esimarisorsa; M è uno scalare sufficientemente grande; Yj indica le variabili binarie.

L’esigenza di utilizzare una funzione obiettivo a criteri multipli è nata dal fattodi dover considerare due obiettivi conflittuali come la massimizzazione delReddito Netto (RN) e la minimizzazione dell’IA7. Le variabili binarie, invece,sono state indispensabili per poter discriminare tra i due possibili assetti produttivialternativi, ovvero quello Convenzionale (CONV) e quello Biologico (BIO). Ilmodello matematico è stato programmato e risolto grazie all’ausilio del softwareGAMS ed in particolare utilizzando il risolutore OSL che consente di risolvereproblemi a numeri interi. Come è stato già precedentemente puntualizzato,obiettivo di questo lavoro è la comparazione della tecnica produttiva biologica conquella convenzionale sia dal punto di vista della convenienza economica chedell’IAF. Sono stati a questo proposito considerati diversi scenari in entrambe learee geografiche oggetto d’indagine, ovvero la possibilità di usufruire dei sussididella misura A3 del Reg. CEE 2078/92, nonché la presenza o meno di unincremento dei prezzi di vendita dei prodotti biologici. I risultati ottenuti sonoesposti nella tabella 5 per l’azienda della pianura costiera e nella tabella 6 perquella della collina interna. Nelle suddette tabelle sono riassunti i diversi scenarisia per la massimizzazione del RN che per la minimizzazione dell’IA. Inoltrevengono riportati i risultati sia per la situazione rilevata in azienda8 che per quelladerivante da un piano ottimizzato.

388

7 Più specificamente, la tecnica utilizzata è stata la Compromise Programming (CP)(Romero, Rheman, 1982), attraverso la quale, una volta definito un punto ideale derivantedall’ottimizzazione separata dei due obiettivi considerati e un insieme di compromesso, èpossibile ricavare la soluzione di miglior compromesso tra tutte le alternative efficienti epareto ottimali selezionate.8 Ci si riferisce all’ordinamento colturale esattamente così come è stato rilevato in azienda,il quale è stato confrontato con quello risultante dalla ottimizzazione dei piani colturali.

Page 37: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

389

Page 38: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Quello che risulta evidente dalle soluzioni ottenute è che nell’azienda dipianura il solo ricorso al 2078/92 non è sufficiente a rendere l’assetto biologicoconveniente nella situazione rilevata in azienda (I colonna in 5.1.) né tantomenonella situazione con piani ottimizzati (I colonna in 5.2.). A ffinché l’assettobiologico divenga conveniente, c’è bisogno di un Incremento di Prezzo (IP) dialmeno il 14% (con 2078/92) nella situazione rilevata in azienda. La situazioneattuale è riportata nell’ultima colonna della tabella 5.1., in cui è presente sia il2078/92 che un IP del 20%. In quest’ultimo scenario, se l’azienda operasse con

390

Page 39: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

piani colturali ottimizzati (5.2.), il RN incrementerebbe di circa 4 milioni, mentrel’impatto ambientale, che risulta essere sempre più basso nell’assetto biologicorispetto a quello convenzionale, decrescerebbe da 0,19 a 0,03. Un altro risultatointeressante deriva dal fatto che nella situazione con piani ottimizzati, unincremento di appena il 5% dei prezzi dei prodotti, renderebbe l’assetto biologicopiù conveniente di quello convenzionale anche senza il ricorso al 2078/92. Perquanto concerne l’obiettivo di minimizzazione dell’IA (5.3.), è stato sempreselezionato l’assetto biologico con un IA pari a 0, ovvero minimo.

La situazione in collina è differente (tabella 6). Infatti, il solo sussidio 2078/92è sufficiente, anche in assenza di incremento di prezzi di vendita dei prodottibiologici, ad incentivare l’agricoltore ad optare per il biologico sia nel pianorilevato in azienda che in quello ottimizzato. Senza il 2078/92 l’assetto piùconveniente è quello convenzionale. Tuttavia, se i prodotti che potenzialmentepossono essere venduti come biologici, olio e cereali, fossero venduti ad almeno il20% in più del corrispettivo prezzo convenzionale, l’assetto più convenienterisulterebbe essere quello biologico anche senza il ricorso al 2078/92. Lasituazione, considerando la minimizzazione dell’impatto ambientale, è pressochéidentica a quella descritta per la pianura. Attraverso questa procedura si è potutodefinire un punto ideale ed un insieme di soluzioni efficienti e Pareto ottimali chedefiniscono, nella struttura multiobiettivo denominata Compromise Programming(CP), l’insieme di compromesso9.

Nelle tabelle 7 e 8 sono riportate le soluzioni della CP sia per la pianura che perla collina con le relative attività di base per ognuna delle soluzioni selezionate.Essendo solo due gli obiettivi, sono state considerate solo le metriche di distanzaL1 ed L2 per la identificazione della soluzione di miglior compromesso (Romero,

Rheman-1982)10. Sia in collina che in pianura, ad incrementi unitari del RN corri-spondono incrementi di gran lunga superiori dell’IAF. Le soluzioni di migliorcompromesso sono rappresentate dal punto C per la pianura e dal punto D per lacollina. In entrambi i casi sono stati considerati dei pesi relativi per gli obiettivipari a 0,73 per il RN e 1 per l’IAF. Tali pesi sono il risultato di un’elaborazionestatistica effettuata sui risultati di uno dei quesiti presenti in un questionario som-ministrato a 108 aziende biologiche nell’ambito di una ricerca svolta presso ilCSREAM di Portici (de Stefano et al., 2000). I risultati dell’elaborazione sonoriportati nella tabella 9.

391

9 Le soluzioni intermedie a quelle estreme ottenute con l’ottimizzazione sperata dei dueobiettivi considerati, sono state ottenute risolvendo più volte il modello di minimizzazionedell’IA variando la soglia minima di RN. Lo scenario considerato comprendeva in tutti icasi sia il ricorso al 2078/92 che l’incremento di prezzo del 20%.10 Dall’insieme di compromesso sono state escluse tutte quelle soluzioni che, con pesi unita-ri ed uguali per entrambi gli obiettivi, avessero nella metrica L1 un valore superiore a 0.8.

Page 40: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

392

Page 41: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

La domanda posta agli imprenditori era la seguente: “Fra gli obiettivi che lei sipropone di perseguire attraverso la Sua attività imprenditoriale, quale importanzaattribuisce ai seguenti?“. Ad ognuno degli intervistati veniva chiesto di esprimerela propria preferenza in una scala da 1 a 5 per ognuno dei quattro obiettiviproposti. Il significato delle cinque categorie proposte era il seguente: 1 – Moltoimportante; 2 – Abbastanza importante; 3 – Poco importante; 4 – Nessunaimportanza; 5 – Non so. Una volta ottenute le risposte, si sono suddivise le 5categorie in pesi relativi, per cui alla prima categoria si è attribuita la massimaimportanza associandogli un peso unitario; all’ultima categoria si è attribuitaun’importanza nulla ed alle categorie intermedie un peso rispettivamente di 0,75,0,50 e 0,25. Si è poi calcolata la media equivalente ponderata, ovvero la mediadelle risposte per categoria ma ponderandole preventivamente per i pesi dellacategoria di appartenenza. I quattro obiettivi proposti sono stati successivamenteraggruppati in soli due: l’obiettivo prioritario di massimo ricavo (Max RN: a+b) el’obiettivo di minimo impatto sull’ambiente (Min Imp: c+d). Una volta ottenuta lamedia equivalente ponderata per queste due voci, si è posto pari ad 1 il valore dellamedia più elevata (Min Imp: 0,89=1) calcolando di conseguenza il peso relativodell’obiettivo rimanente (Max RN).

5. Conclusioni ed implicazioni

I risultati scaturiti da quest’indagine hanno fornito interessanti spunti diriflessione sull’agricoltura biologica in Campania.

In un contesto ottimizzato, come quello utilizzato in questo lavoro, è risultatoche già un incremento modesto del prezzo dei prodotti biologici renderebbeconveniente optare per l’assetto biologico, comportando un notevole abbattimentonel livello dell’impatto dei fitofarmaci sull’ambiente. Questo risultato ci ha

393

Page 42: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

consentito di indagare sui fattori che rallentano la diffusione dell’agricolturabiologica nella pianura costiera campana. Diversi sono i fattori che si riescono adindividuare. Il primo è rappresentato dall’inerzia iniziale dei produttori agricoli chesi trovano ad affrontare cambiamenti sia nelle strutture aziendali che nellamentalità di produzione, non essendo affiancati da un’adeguata assistenza tecnicapubblica ed essendoci carenza di informazione. Inoltre, in più lavori è statopuntualizzato come la mancanza di integrazione tra i produttori, i trasformatori e idistributori di biologico sia un fattore frenante per la diffusione di questa tipologiaproduttiva. Se per la collina la presenza dei contributi del 2078/92 è sufficiente perincentivare i produttori alla conversione, in pianura è il mercato a ricoprire questoruolo. Bisogna inoltre segnalare anche che il mercato del biologico presenta dellecaratteristiche peculiari. Un produttore si può trovare in condizione di spuntare unprezzo dei prodotti biologici intorno al 20%, utilizzando canali specifici di vendita,oppure non percepire alcun guadagno dalla differenziazione del prodotto, dovendovenderlo sul mercato convenzionale. La riflessione, che a questo punto ènecessario fare, riguarda sia l’imprenditore che il decisore pubblico. Dal punto divista dell’imprenditore, i risultati dell’indagine dimostrano come il passaggiodall’agricoltura convenzionale a quella biologica può avvenire in maniera nonnecessariamente traumatica in termini di costo. Questo discorso, valido sia per lacollina che per la pianura, è particolarmente importante se si pensa che il sussidio èdi durata quinquennale e quindi che il futuro delle produzioni biologiche è legatoal mercato ed al suo corretto funzionamento. Dal punto di vista del decisorepubblico, la conoscenza dei livelli di conflitto tra i due obiettivi considerati esoprattutto i risultati ottenuti in termini di confronto fra i due assetti produttivi inassenza del 2078/92, spinge a dover considerare politiche alternative a quellefinora attuate. Proporre un rinnovamento del 2078/92 o un innalzamento delsussidio potrebbe portare ad un fallimento negli intenti di incentivazione dipratiche agricole ecocompatibili, se questo non venisse accompagnato da altreazioni che, a nostro parere, potrebbero essere più adeguate e più incisive.Incentivare la cooperazione tra i produttori di biologico, fornire una miglioreassistenza tecnica (più unità operative con nuove competenze), creare nuovi canalidi collocazione del prodotto biologico, potrebbe spingere, in maniera mirata eforse anche economicamente più sostenibile per le risorse pubbliche e private,verso un’agricoltura ecocompatibile.

394

Page 43: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Borrelli S. (1996): La misura della sostenibilità in agricoltura, Tesi di Laurea sperimentale, DEPA,Facoltà di Agraria Università degli studi di Napoli “Federico II”.

Carbone S. - Cembalo L. - D’Ercole E. (1998): Agricoltura biologica in Campania: redditività osalvaguardia ambientale?, Documenti e materiali di ricerca, Dipartimento di Economia e PoliticaAgraria, Portici (NA), n° 3.

Cicia G. - D’Ercole E. (1997): L’ i n t e rvento comunitario tra sviluppo rurale e politicaagroambientale: il caso dell’agricoltura biologica, Rivista di Economia Agraria, n.3.

de Stefano F. - Cicia G. - Del Giudice T. (2000): (a cura di ), L’Economia A g ro-biologica inCampania: un difficile percorso, Editrice Scientifica Italiana, Napoli.

Dushoff J. – Caldwell B. – Mohler C. L. (1994): Evaluating the Environmental Effect of Pesticides: aCritique of the Environmental Impact Quotient, American Entomologist, Fall 1994, pp. 180-184.

Kovach J. - Petzoldt C. - Degni J. - Tette J. (1992): A method to measure the environmental impact ofpesticides, New York’s food and life Science Bulletin, n° 139.

Leviatan L. - Merwin I. - Kovach J. (1995): Assessing the relative environmental impacts ofagricultural pesticides: the quest for a holistic method, A g r i c u l t u re Ecosystems & Enviro n m e n t,Elsevier, pp. 153-168.

Muccinelli M. (1996): Prontuario dei fitofarmaci, ottava edizione, Ed. Agricole Bologna.

Newton D. J. - Erickson A. (1998): Agri-environmental indicators: literature review and annotatedbibliography, Beltsville, Md.: USDA, ERS: ARS, National Agricultural Library.

Romero C. - Rehman T. (1989): Multiple Criteria Analysis For Agricultural Decision, Elsevier.

395

Page 44: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 45: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

GIANNI CICIA - TERESA DEL GIUDICE - ANGELO QUARTO*

L’ORGANIZZAZIONE DELMERCATO DEI PRODOTTIBIOLOGICI IN CAMPANIA: UN’ANALISI DI FILIERA

1. Introduzione

Uno dei fenomeni più rilevanti che hanno interessato l’agricoltura italiana neglianni ’90, è sicuramente rappresentato dalla forte crescita delle aziende e dellesuperfici convertite al metodo biologico. Infatti, l’Italia, che agli inizi del decennioaveva nel comparto biologico una collocazione del tutto marginale a livelloeuropeo, si è ritrovata ad essere il paese UE con la maggiore SAU investita aquesta nuova tecnica, e si profila, nel prossimo futuro, un ruolo di principaleproduttore/esportatore di prodotti bio dell’Unione.

La forte crescita di questo comparto ha incentivato un gran numero di ricercheche spaziano dagli studi sulle tecniche colturali, alle analisi dei costi diproduzione, fino alle problematiche connesse all’organizzazione della produzione,della distribuzione e del consumo. Mentre negli anni ’70 ed ’80 l’attenzione deiricercatori si è concentrata sugli aspetti micro e macro1, negli anni ’90, invece, c’è

397

* Gianni Cicia è ricercatore presso il Dipartimento di Economia e Politica Agraria dellaFederico II di Napoli, Teresa Del Giudice è dottoranda presso lo stesso Dipartimento,Angelo Quarto è ricercatore presso l’Istituto di Studi Economici e Sociali Sichelgaita diSalerno.Il lavoro è frutto di una riflessione congiunta dei tre autori, comunque la stesura deiparagrafi 2, 6 e 7 è da attribuirsi a Gianni Cicia, quella dei paragrafi 1 e 4 a Teresa DelGiudice ed infine quella dei paragrafi 3 e 5 ad Angelo Quarto.Gli autori ringraziano F. de Stefano per gli utili suggerimenti forniti ad una stesurapreliminare del lavoro. La responsabilità di quanto scritto rimane però degli autori.Lavoro eseguito con un contributo della C.C.I.A.A. di Napoli, nell’ambito di un progettocomunitario “ADAPT”.1 Per una rassegna delle ricerche nel campo dell’agricoltura biologica negli anni ’70 ed ’80si veda Cicia (1989)

Page 46: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

stato un crescente interesse per le problematiche meso, cioè per quelle relativeall’articolazione del processo di produzione-trasformazione-commercializzazionedi questi prodotti.

Infatti, la lenta fuoriuscita di questo mercato dal consumo di nicchia, ha messoin evidenza che la peculiarità di questi prodotti, in special modo la caratteristica dibeni fiducia, comporta un’organizzazione produttiva, distributiva e di consumoprofondamente diversa da quella convenzionale.

Lo strumento analitico maggiormente utilizzato per le indagini meso sulbiologico, almeno in Italia, è sicuramente la filiera–prodotto2 (Cicia e D’Ercole,1995a; Cicia e D’Ercole, 1995b; Marino, 1996; Santucci, 1997; Zanoli e Santi,1997; IAM, 1998; Messori et al., 1999). Tali ricerche rappresentano uno strumentoindispensabile sia per la conoscenza di un settore che mostra caratteristichepeculiari associate ad una veloce espansione, sia per la programmazione di unosviluppo futuro.

Anche nella nostra indagine sul biologico campano abbiamo fatto ricorso allostrumento della filiera–prodotto per analizzare le relazione meso di questocomparto, scegliendo come anno di riferimento il 1996.

La scelta dell’anno non è stata casuale, il 1996 può essere considerato unospartiacque per l’agricoltura biologica campana, dall’anno successivo, infatti, entrain vigore il regolamento comunitario 2078/92.

Questa scelta ha permesso, da un lato, di evidenziare la struttura delle relazionieconomiche, organizzative ed istituzionali del biologico campano alla vigilia di unevento che potrebbe comportare una rivoluzione nell’organizzazione di questeproduzioni. Dall’altro questa scelta potrebbe contribuire ad operare unavalutazione degli effetti prodotti, sulle filiere del biologico regionale, dagliincentivi del regolamento agroambientale comunitario.

2. Metodologia della ricerca

L’analisi di filiera permette di determinare, relativamente ad uno specificoprodotto e ad un determinato periodo, i tipi di relazione, le posizioni di forza ed icentri decisionali (Cecchi et al., 1992). Tutto ciò avviene individuando: 1)l’insieme delle unità di produzione e delle imprese; 2) l’insieme dei servizi esternialle imprese che mirano a regolare e ad orientare la produzione, gli scambi, ilconsumo del bene in oggetto, a breve e a lungo termine; 3) il consumo del benepropriamente detto; 4) l’insieme delle relazioni verticali e orizzontali fra leimprese in oggetto (Lauret, 1985).

398

2 Per una dettagliata discussione sul concetto di filiera si veda De Mauro (1992)

Page 47: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Per ricostruire l’insieme dei flussi materiali e delle relazioni che definisconouna filiera abbiamo fatto ricorso a diverse fonti di informazione:

1) data-base degli organismi di certificazione;2) questionari sottoposti ad un campione di 108 produttori biologici campani

pari, nel 1996, al 40% dell’intero universo produttivo;3) questionari sottoposti a tutte le aziende di trasformazione biologiche

campane;4) questionari sottoposti ai principali negozi bio della regione;5) interviste a testimoni privilegiati.Le informazioni fornite dagli organismi di certificazione riguardavano la

localizzazione delle aziende, l’estensione e l’utilizzazione della SAU biologica o,nel caso di imprese di trasformazione, la tipologia di prodotto lavorato.

Tali informazioni, però, non erano sufficienti a definire l’organizzazione dellefiliere, per cui sono stati somministrati appositi questionari ai diversi agenti in essaoperanti.

Il questionario somministrato ai produttori era strutturato in sette areeinformative tendenti a rilevare:

1) notizie generali sul conduttore e la sua famiglia;2) caratteristiche strutturali dell’azienda;3) motivi della conversione a biologico;4) mezzi tecnici utilizzati e canali di approvvigionamento;5) bisogni di informazione e formazione;6) prodotti ottenuti e difficoltà tecniche incontrate;7) canali di commercializzazione, pubblicità e promozione.Nel caso delle aziende di trasformazione il questionario era articolato in tre

parti. La prima aveva come fine quello di rilevare le informazioni generalisull’azienda ed i motivi della conversione; la seconda indagava i problemi inerentila trasformazione dei prodotti bio, la provenienza della materia prima lavorata, ed icontrolli effettuati sui beni finali; infine, la terza parte rilevava i canali di vendita.

Nel caso dei negozi biologici, infine, il questionario aveva come obiettivo laricostruzione dei flussi commerciali, delle modalità di approvvigionamento e dellepolitiche di vendita.

L’insieme di questi dati, come illustreremo nei prossimi paragrafi, ha permessodi rappresentare in maniera abbastanza dettagliata l’articolazione delle principalifiliere del biologico in Campania alla metà degli anni ‘90.

Date le diverse caratteristiche che le produzioni biologiche possedevano, si èritenuto utile segmentare verticalmente il comparto in tre differenti filiere, e piùprecisamente: 1) filiera olio; 2) filiera cereali; 3) filiera orto-frutta.

399

Page 48: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3. Un quadro d’insieme

Prima di analizzare l’organizzazione delle singole filiere–prodotto, è opportunopresentare un quadro d’insieme della realtà biologica campana nel 1996. Secondole informazioni rilevate dalle banche dati degli organismi di controllo, al 31dicembre di quell’anno, le aziende biologiche in Campania erano 282. Come sipuò osservare dalla tabella 1, dove è riportata la ripartizione territoriale di questeaziende, la provincia di Salerno faceva la parte del leone, detenendo l’81% delleaziende biologiche regionali (228 aziende), seguita da Caserta con poco meno del9%, Benevento con il 4,3%, Avellino con il 3,2% ed infine la provincia di Napolicon meno del 3% delle unità produttive. L’importante ruolo della provincia diSalerno si evince anche dalla distribuzione provinciale della SAU bio. Infatti su1594 ettari complessivi, 977, pari al 61%, erano localizzati in questa provincia.

Si deve notare che in termini assoluti la SAU biologica regionale era alquantoesigua. Basti pensare che essa ammontava allo 0,2% di quella complessiva, mentrein Sicilia, che in quell’anno era la regione italiana leader per le superficibiologiche, tale valore oscillava intorno al 7%.

Dalla ripartizione della SAU per colture emerge chiaramente che l’olivo, conun terzo della superficie biologica regionale, è la coltura più rilevante. Anche inquesto caso è la provincia di Salerno a detenere la quota maggiore con 473,2 haolivetati. La seconda coltura, in ordine di importanza, è costituita dai cereali con il21,5% della superficie, concentrata per poco meno della metà nella provincia diAvellino. Segue la voce frutta secca (castagneti e noccioleti) con il 13,7%. Minoreè il ruolo giocato dall’orto-frutta (11%).

La forte concentrazione delle aziende e della SAU nella provincia di Salerno èda attribuirsi alla più antica introduzione, in questa zona rispetto alle altre, delletecniche di agricoltura biologica. Alcuni agronomi e agricoltori hannorappresentato, agli inizi degli anni ’80, veri centri propulsori per il biologicosalernitano, operando una forte azione di divulgazione di questa tecnica. Ta l ed i ffusione è partita e si è sviluppata nelle zone interne, interessando in manieraquasi esclusiva il territorio collinare e montano del basso e alto Cilento.Quest’area, caratterizzata da una forte presenza dell’olivicoltura, spiega la granderilevanza assunta dall’olivo nell’agricoltura biologica regionale.

Le imprese di trasformazione attive nel 1996 erano 16, quasi tuttetrasformavano sia prodotto convenzionale che biologico, solo due lavoravanoesclusivamente prodotto certificato. Tra queste 16 aziende c’erano dieci frantoi,due pastifici, tre trasformatori misti (olio, derivati da forno, conserve varie) edun’industria conserviera. Anche in questo caso la provincia di Salerno deteneva lamaggior parte delle unità (69%).

400

Page 49: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. La filiera olio

Come abbiamo visto l’olivicoltura da olio rappresentava, nel 1996,l’orientamento produttivo più importante dell’agricoltura biologica campana. Lacoltivazione estensiva di questa coltura nelle aree interne della regione, che inmolti casi era già biologica, ha agito da stimolo per la nascita di alcune realtàcooperative particolarmente interessanti, dimostrando che l’olivicoltura biologicapuò essere un possibile volano di sviluppo endogeno per le aree interne regionali.

4.1. La base produttiva

Nel 1996 le aziende biologiche interessate all’olivicoltura erano 159, di cui 15biodinamiche. La superficie biologica investita ad olivo era pari a 522,5 ha (tab.1), concentrata per lo più nella provincia di Salerno dove si localizzava anche lamaggior parte delle unità produttive (84%). La notevole presenza riscontrata nelsalernitano è dovuta all’esistenza di due realtà cooperative che hanno agito da veridivulgatori dei sistemi agricoli non convenzionali: la Biodinamica Valle Sele diContursi e la Cooperativa Nuovo Cilento di S. Mauro Cilento.

La SAU media delle unità produttive considerate era pari a 5,6 ha, valoredoppio rispetto all’estensione media delle aziende olivicole regionale che era di2,7 ha.

401

Page 50: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’intera SAU delle aziende della filiera è circa 1.008 ha, di cui 109convenzionali. Volendo considerare solo gli 899 ha biologici, si osserva che il 58%era coltivato ad olivo, il 10% era destinato a bosco, il 6,7% a frutta secca, il 6% avite, il 5,6% a foraggere, il 5% a frutta, il 2,5% ad ortaggi, e, infine, il restante5,5% alle altre colture.

Considerando la realtà agricola regionale, tali dati mostrano non solo lamancanza di una vera e propria specializzazione produttiva, ma anche e soprattuttola localizzazione delle aziende di questa filiera nelle aree interne della Campania.

4.2. I fattori della produzione

La conversione a biologico degli oliveti campani non ha presentato eccessiviproblemi e ciò è dovuto in parte alle caratteristiche proprie della coltura ed in partealle tecniche colturali adottate in precedenza che erano in molti casi già “quasi”biologiche. I concimi minerali sono stati sostituiti con pollina, sovescio o letame;quest’ultimo era in parte di produzione aziendale, ed in parte era acquisito da altreaziende ad un prezzo che spesso rifletteva il solo costo di trasporto. I fitofarmacibiologici maggiormente impiegati sono risultati il rame ed il piretro. Il reperimentodi tali prodotti non risulta, dalle interviste effettuate, di difficile soluzione. Infatti,l’86% degli intervistati riusciva ad acquistare tutti i fattori necessari in zona,spesso dalla cooperativa a cui apparteneva.

Per quanto riguarda le macchine, l’adozione dei sistemi agricoli biologici nonha comportato rilevanti cambiamenti.

Relativamente alla quantità di lavoro richiesta va sottolineato che il 26% degliintervistati ha dichiarato un aumento nel lavoro impiegato in azienda. Lemotivazioni riportate concordano su un maggiore bisogno di manodopera per laraccolta. Infatti, è necessario raccogliere anticipatamente per evitare gli attacchi diB a c t rocera Oleae, per cui la brucatura sostituisce la raccolta delle drupe cadutespontaneamente sulle reti.

4.3. La trasformazione e la commercializzazione

La fase della trasformazione rappresentava, nel 1996, un punto particolarmentecritico della filiera olio. Infatti, i frantoi che risultavano certificati erano in totaledieci, di cui 8 localizzati in provincia di Salerno e 2 in provincia di Benevento.

Tra i più rilevanti ritroviamo la Cooperativa Biodinamica Valle Sele, laCooperativa Nuovo Cilento, la Nepac e la Bioitalia.

La Biodinamica Valle Sele associava 55 aziende con un’estensione complessiva

402

Page 51: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di 235 ha. Le aziende di questa cooperativa praticavano sia agricoltura biologicache biodinamica, il prodotto, però, confluiva in un’unica massa venduta comebiologica. La cooperativa, nata nel 1980, si occupava sia della produzione chedella commercializzazione.

I prodotti commercializzati comprendendo, oltre all’olio, cereali, legumi, miele,pomodoro e pasta. Per quanto riguarda l’olio, la quantità prodotta nel 1996 è statapari a circa 400 qli. Quest’ultimo è stato venduto sia direttamente, alla sede dellacooperativa (ad un prezzo di 11.000 L/lit) sia ad un numero selezionato di negozispecializzati localizzati in tutta Italia (ad un prezzo di 12.500 L/lit), con unamaggiorazione rispetto ai prezzi dell’olio convenzionale della zona del 20-25%.

La cooperativa Nuovo Cilento, altra realtà rilevante dell’olivicoltura saler-nitana, nasce come cooperativa convenzionale, aprendosi solo successivamente albiologico. Nel 1996 aveva tra i soci 16 aziende convertite con una superficieolivetata di circa 103 ha. Gli oliveti erano localizzati tutti nel Cilento.

La commercializzazione avveniva in gran parte tramite i canali di vendita deiPanda Shop del W W F. Infatti, la conversione di una parte delle aziende dellacooperativa a biologico era stata incentivata dal WWF all’interno del programmaC A D I S PA3. A questo canale era destinato l’85% della produzione. Il 70-75% diquest’ultima veniva esportata in Svizzera e in Germania, il 25-30% in Giappone. Ilprezzo pagato agli agricoltori era pari a 18.400 L/l. Il restante 15-20% della produ-zione veniva venduto in parte sul mercato locale ed in parte sul mercato emiliano.

La Bioitalia nasce nel 1995 come un consorzio di trasformatori di prodottibiologici. I soci fondatori, che avevano una consolidata esperienza nel campo delconvenzionale, sono stati il Pastificio Amato (SA), l’industria conserviera Lodato(SA), l’oleificio Siprio (SA), l’azienda viti-vinicola Torre Gaia (CE). I prodotticommercializzati, costituiti da olio di oliva, pasta, olio di girasole, vino, pomodorotrasformato, succhi di frutta, erano esclusivamente biologici. L’obiettivo primariodel consorzio era orientato all’ottenimento di un prodotto biologico indirizzato algrande pubblico.

Per quanto riguarda la produzione di olio di oliva biologico, nel 1996, ilfrantoio socio del consorzio ne ha prodotto 350 qli. La materia prima utilizzata eratutta di provenienza pugliese. Il prodotto è stato venduto per il 20% in Australia,Canada e USA; per il 50% in Europa (Danimarca, Norvegia, Svezia, Francia); peril 30% in Italia, in particolare, il 15% alle mense scolastiche e l’altro 15% allaGDO e a negozi specializzati. Il consorzio preferiva avere come cliente la GDOper contenere le maggiorazioni di prezzo al consumatore finale.

L’ultima rilevante realtà trasformatrice da analizzare è la Nepac, un oleificio

403

3 Il Parco Nazionale Cilento Vallo di Diano rientra nel programma CADISPA p r o m o s s odall’Unione Europea

Page 52: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

con sede in Toscana che dai primi anni del ’90 commercializza olio biologicocampano. La zona in cui la Nepac operava era costituita dall’area di Pisciotta nelCilento, dove un consistente numero di aziende olivicole biologiche vendeva aquesto oleificio, nel 1996, circa 700 qli di olio.

Gli altri frantoi certificati della regione erano tutti misti e molivano le olive persingoli agricoltori non associati.

A questo punto è particolarmente interessante confrontare la quantità di oliobiologico prodotto in Campania con quella commercializzata con certificatobiologico. La quantità di prodotto biologico è stata da noi stimata in 2.821 qli4

Come è possibile osservare dalla tabella 2, dalle interviste ai trasformatori emergeche l’olio certificato è risultato pari a 1.603 qli. Questo significa che i restanti1.218 qli sono stati moliti in frantoi non certificati, conseguentemente, l’olio èstato considerato convenzionale.

In altri termini ciò che abbiamo riscontrato è che la gran parte degli olivicoltoribiologici che non sono organizzati in cooperativa o legati tramite contratto aqualche oleificio, si vedono costretti a vendere il loro prodotto comeconvenzionale. Tale situazione è aggravata dalla contemporanea scarsità econcentrazione territoriale dei frantoi biologici.

5. La filiera cereali

La SAU biologica investita a cereali era pari, nel 1996, a 343,2 ha (21,5% deltotale). Tale superficie era concentrata per lo più nella provincia di Avellino, allo

404

4 Tale stima è stata ottenuta moltiplicando il numero degli ettari al olivo biologico per laresa media emersa dalle interviste alle aziende (30 qli./ha), per la resa media in olioottenuta dalle interviste ai frantoi (18%)

Page 53: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

stesso tempo, però, le 57 aziende agricole che componevano la base produttivadella filiera, erano quasi tutte localizzate nella provincia di Salerno (83%). La forteconcentrazione della superficie nell’avellinese si spiega con la presenza di unasingola azienda che aveva un’estensione di circa 188 ha.

Il 50% della produzione di cereali era costituita da grano duro, il 30% da granotenero, la restante parte da cereali minori quali avena, segale e miglio.

5.1. I fattori produttivi

La conversione dei cereali da convenzionale a biologico ha presentato, a pareredegli intervistati, poche difficoltà, essendo le colture già precedentemente allevatein maniera estensiva. Il letame, per lo più di provenienza aziendale, e la pollinahanno sostituito i concimi chimici. Nullo, invece, è risultato l’uso diantiparassitari. Infine, sia la quantità di lavoro che di capitale investito in aziendanon ha subito alcun mutamento.

5.2. La trasformazione e la distribuzione

Nel 1996 il 50% dei produttori campani vendeva i cereali biologici sul mercatoconvenzionale senza premio di prezzo. Solo l’azienda di grandi dimensioni diAvellino e quelle collegate alla Biodinamica Valle Sele riuscivano a collocare ilproprio prodotto su mercati alternativi.

L’azienda di grandi dimensioni di Avellino vendeva tutto il grano duro, circa1.250 qli, alla Plasmon; il grano tenero, circa 700 qli, veniva venduto allaCooperativa Alce Nero; mentre l’avena, circa 300 qli, era collocata sul mercatoconvenzionale. La maggiorazione di prezzo relativa al grano tenero e duro era pari,mediamente, a 20.000 L/qle.

Le aziende associate alla Biodinamica Valle Sele vendevano i cereali alla stessacooperativa ottenendo un prezzo superiore del 15% rispetto al convenzionale. Lacooperativa, a sua volta, trasformava i cereali in pasta semi-integrale e pane. Lapasta, la cui produzione è stata pari a 15 qli nel 1996, veniva collocata lungo glistessi percorsi già descritti per l’olio. Il pane, invece, veniva prodotto in piccolequantità ed aveva una distribuzione locale.

Infine, va ricordata la Bioitalia, la quale ha prodotto e commercializzato, nel1996, 4000 qli di pasta, utilizzando grani di provenienza extra-regionale, acquistatipresso il mulino Grassi di Parma. Il prodotto è stato commercializzato per l’80% inItalia e per il 20% in Australia, Svezia e Canada. A livello nazionale la pasta avevacome destinazione principale la refezione scolastica.

405

Page 54: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

6. La filiera ortofrutta

Nell’ambito delle produzioni convenzionali, l’orto-frutta gioca un ruolo diprimo piano in Campania. La stessa cosa, però, non si può dire per il biologico.Nel 1996, infatti, queste produzioni coprivano una superficie minima, ed inoltresolo una piccola quota di queste raggiungeva mercati disposti a pagare un premiumprice. In altri termini, nel 1996, l’orto-frutta biologica campana aveva un ruolo deltutto marginale.

6.1. La base produttiva

Come si evince dalla tabella 1, la frutta e gli ortaggi freschi, compresi gliagrumi, occupavano solo l’11% della SAU biologica regionale. Le aziendeinteressate a tali produzioni erano 74, localizzate per il 63% nella provincia diSalerno e per il 17% nella Provincia di Caserta, mentre le altre province giocavanoun ruolo minore. Se, invece, si osserva la distribuzione della superficieortofrutticola tra le diverse province, si nota che questa è concentrata per la granparte nel casertano.

Esiste in realtà in profonda differenza tra le aziende ortofrutticole salernitane equelle casertane. Nel primo caso, se si osserva la distribuzione della SAU tra lediverse colture, emerge una forte incidenza dell’olivo e del bosco, mentre gliortofrutticoli hanno un ruolo minore. In altri termini nelle aziende del salernitano,localizzate per lo più nel Cilento, la produzione ortofrutticola riveste un ruolomarginale nell’economia aziendale, venendo utilizzata per lo più per autoconsumoo venduta in azienda, solo una piccola parte viene commercializzata tramite laBiodinamica Valle Sele.

Diversa è la situazione in pianura, dove le aziende sono maggiormentespecializzate ed organizzate per la gran parte intorno alla cooperativa Giustizia eLibertà, tramite la quale riescono a collocare i prodotti freschi, con l’attributo bio,anche su mercati distanti.

6.2. I fattori della produzione

Il 50% degli intervistati ha dichiarato di aver effettuato, con il passaggio dalbiologico al convenzionale, sostanziali cambiamenti nelle tecniche colturali. Nellaconcimazione la cornunghia ed il letame hanno sostituito i concimi chimici,mentre il piretro, il Bacillus thurigensis, le trappole a feromoni, il rame e lo zolfo,hanno sostituito i fitofarmaci convenzionali.

406

Page 55: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

La reperibilità di questi prodotti è risultata abbastanza buona; infatti, il 50%degli intervistati li acquistava dalla cooperativa di cui faceva parte, il 34% licomprava in zona e solo il 16% li acquistava fuori zona. Le piantine necessarie perl’allevamento venivano comprate presso vivai certificati, mentre le sementi eranoacquistate in vivai convenzionali, in quanto l’obbligo della certificazione per ilmateriale da riproduzione ancora oggi non è entrato in vigore.

Per quanto riguarda le variazioni nelle rese, bisogna distinguere tra le aziendeche operavano in pianura e quelle che operavano in collina e montagna. Le primehanno dichiarato un calo di produttività medio del 30%, mentre le seconderilevavano variazioni minime, se non nulle. Questo dato è dovuto al fatto chemolte delle produzioni ortive condotte nelle aree di collina interna avevano uncarattere poco intensivo già prima della conversione.

L’impiego di lavoro in azienda è aumentato in molti casi, ciò è attribuibile,almeno per le ortive, al maggiore impegno lavorativo richiesto nella modalità diesecuzione di alcune tecniche colturali biologiche. Un esempio può essere fornitodalla gestione delle erbe infestanti in cui il diserbo chimico è stato sostituito dafrequenti lavorazioni superficiali del terreno.

6.3. La trasformazione e la commercializzazione del prodotto

Nel 1996 solo una piccolissima quota della produzione orto-frutticolaraggiungeva i mercati finali con la certificazione biologica. La gran parte eracollocata sui canali convenzionali, utilizzata per auto-consumo, o vendutadirettamente in azienda. A questa realtà facevano eccezione due casi: laCooperativa Biodinamica Valle Sele e la Cooperativa Giustizia e Libertà.

Nel primo caso un piccolo numero di aziende ha conferito alla cooperativa 20qli di pomodoro, trasformati successivamente in scatole di pelati da 500 grammi,commercializzati lungo gli stessi canali già descritti per l’olio di oliva.

La cooperativa Giustizia e Libertà, invece, ha collocato una modesta quantità diprodotto biologico tramite la TAM, azienda veronese che è tra le maggiori strutturedi distribuzione di prodotti biologici freschi in Italia.

La vendita di prodotti orto-frutticoli ad operatori a valle localizzati nel NordItalia non è peculiare di Giustizia e Libertà, anzi, è una delle caratteristiche dellafiliera ortofrutticola nazionale è il fatto che una fetta consistente della baseproduttiva si localizzi al Sud, specialmente in Sicilia, mentre le fasi a valle sonoconcentrate al Nord (Del Giudice, 2000). Questa articolazione genera dellei n e fficienze che sono ben messe in evidenza dal percorso, dalla produzione alconsumo, dell’insalata biologica prodotta dalla cooperativa Giustizia e Libertà.Caso che vale la pena analizzare.

407

Page 56: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Nel mese di marzo del 1998 gli agricoltori della Cooperativa hanno ricevutoper la lattuga un prezzo pari a 800 L/kg. La Cooperativa dopo aver provveduto allaraccolta, alla nettatura, al confezionamento ed al trasporto ha rivenduto le lattughea TAM per un prezzo pari a 2000 L/kg. Successivamente, TAM rivendeva lalattuga biologica ai negozi specializzati presenti in Campania a 4000 L/kg. Infine,il consumatore pagava la lattuga ad un prezzo di 6000 L/kg. Nel periodoanalizzato, invece, la lattuga convenzionale era pagata agli agricoltori campani a600 L/kg, mentre al consumatore veniva fatta pagare 2500 lire (Supermercati GSdi Napoli e Mercatini rionali di Napoli). Inoltre, considerando che gli agricoltoriconvenzionali dovevano effettuare anche la raccolta del prodotto, con un’incidenzadi costo di 50 L/kg, si aveva che i produttori biologici ottenevano un incremento diprezzo del 45%, mentre il consumatore pagava il 140% in più rispetto allo stessoprodotto convenzionale.

Questo esempio mette bene in evidenza i limiti che derivano alla sviluppodell’orto-frutta biologica meridionale dalla mancanza di adeguate piattaformedistributive in queste regioni.

Per concludere l’analisi della filiera bisogna ricordare che nel 1996 operava unsolo trasformatore di prodotti ortofrutticoli biologici, la Biotalia, che dal 1994trasforma pomodoro biologico. Tutta la materia prima utilizzata, però, provenivadalla Puglia essendo quella campana quantitativamente poco consistente. Nel 1996sono stati lavorati 10.000 qli di prodotto trasformati in polpa (40%), pelati (30%) epassata (30%). Tutto il trasformato veniva commercializzato dalla stessa Bioitalia,per il 60% all’estero e per il 40% in Italia.

7. Conclusioni

L’indagine svolta ha delineato un’articolazione della filiera dei prodottibiologici in Campania in una fase di sviluppo iniziale. Nel 1996, infatti, la regioneCampania presentava una SAU coltivata a biologico pari allo 0,2% di quellacomplessiva. Se si tiene conto che la Sicilia aveva nello stesso anno una SAU biopari al 7%, emerge immediatamente la scarsa rilevanza di questo compartonell’agricoltura regionale. Tale situazione valeva anche per la trasformazione, consolo 16 aziende (per lo più frantoi), e per la distribuzione al dettaglio con due solinegozi in grado di garantire un’offerta costante e relativamente ampia di prodottifreschi.

Nel 1996 la produzione biologica era concentrata per lo più intorno alla filieraolio. Infatti, la maggior parte della SAU, come la gran parte delle aziende, eracoinvolta in questa attività, localizzata per lo più nelle aree interne della regione,con una forte presenza nel Cilento. Produzioni agricole campane più tipiche come

408

Page 57: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

l’orto-frutta assumevano, invece, un ruolo marginale.L’indagine svolta sembra porre in evidenza che la difficoltà nel decollo di

questo settore può essere ricondotta a due cause: a)il ritardo nell’approvazione delregolamento 2078/92 da parte della Regione Campania; b) l’incapacità da partedella maggior parte degli agricoltori biologici campani di collegarsi con le fasi avalle delle filiere.

Per quanto riguarda il primo aspetto si deve evidenziare come la RegioneCampania sia stata l’ultima in ordine di tempo ad aver avuto approvato dall’UE, ilprogramma di attuazione del regolamento 2078/92. Questo ha generato un ritardonell’introduzione degli incentivi all’agricoltura biologica, cosa che, in una realtà incui gli agricoltori hanno difficoltà a vendere ad un prezzo più elevato di quelloconvenzionale, ha limitato lo sviluppo del settore.

Per quanto riguarda il secondo problema, invece, è emersa un’evidented i fficoltà da parte degli agricoltori, riscontrata in tutte le filiere, ad entrare incontatto con la trasformazione e distribuzione biologica. Più della metà dell’olioviene venduta come convenzionale. Riescono a vendere ad un prezzo superiore alconvenzionale, solo quegli agricoltori che sono associati o che producono acontratto e quindi in qualche modo integrati con la trasformazione-distribuzione.Tutti quelli che operano isolatamente non collocano il prodotto come biologico.

Per i cereali la situazione è quasi identica, solo il 50% dei cereali biologicicampani riesce ad essere incanalato sui circuiti bio. Le sole aziende che ottengonoun premium price sono quelle organizzate in cooperativa, oppure quelle che hannouna dimensione tale da poter contrattare direttamente con i grandi trasformatori delCentro-Nord.

Per la filiera ortofrutticola il problema è ancora più complesso. Innanzituttoanche in questo caso gli agricoltori che non sono integrati nella filiera bendifficilmente ottengono un premio di prezzo, in secondo luogo, un serio limite ècostituito dalla concentrazione nel Nord Italia di tutte le principali aziende didistribuzione del fresco. Questo comporta che il prodotto raccolto in Campania èstoccato in Lombardia o Veneto e poi redistribuito al dettaglio. Tale organizzazionelogistica comporta dei costi rilevanti che penalizzano la competitività delleproduzioni meridionali.

Alcuni dei vincoli evidenziati potrebbero rappresentare un serio ostacolo allosviluppo del biologico campano. Mentre dal 1997 risulta del tutto risolto ilproblema dell’approvazione del regolamento 2078/92, più difficile appare larisoluzione del problema relativo alla maggiore integrazione lungo le filiere.

Infine, sarebbe ingiusto non evidenziare anche alcuni elementi positivi chepresenta il biologico campano. In primo luogo bisogna sottolineare che alcunecooperative hanno dimostrato come l’olivicoltura biologica possa essere unpossibile elemento di sviluppo rurale in molte aree interne della regione. D’altro

409

Page 58: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

canto è particolarmente interessante l’esperienza positiva di Bioitalia, consorzio diaziende convenzionali di trasformazione, che nel giro di pochi anni stadelineandosi come uno dei principali trasformatori del comparto, anche a livellonazionale.

410

Page 59: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Cecchi C., De Muro P., Favia F. (1992): Filiere, sistemi agricoli e distretti: mezzi e fini nell’analisidell’agroindustria, La Questione Agraria, n. 46.

Cicia G.(1989): Un possibile connubio tra agricoltura ed ambiente: l’agricoltura biologica, Portici,Centro di Specializzazione e Ricerche Economico-Agrarie per il Mezzogiorno.

Cicia G., D’ercole E. (1995a): La filiera del farro biologico in Molise, Quaderni della Rivista diEconomia Agraria, n° 20, Bologna, Società Editrice il Mulino.

Cicia G., D’ercole E.(1995b): La filiera dei cereali biologici in Molise, Rivista di Politica Agraria, n.3.

Del Giudice T. (2000): Struttura dell’economia agro-biologica in Italia, in de Stefano F., Cicia G. eDel Giudice T. (a cura di): L’economia agrobiologica in Campania: un difficile perc o r s o, Napoli,Edizioni Scientifiche Italiane.

IAM (1998): Studio preliminare sull’agricoltura biologica in Puglia, Bari.

Lauret F. (1985): Sugli studi di filiere agroalimentari, in Malassis et al. (a cura di): Filiere e sistemaagroalimentare, Roma, Il Ventaglio.

Marino D. (1996)(a cura di): Agricoltura biologica e sviluppo delle aree collinari e montane nelCentro Italia, Arti Grafiche La Regione, Campobasso, 1996.

Messori F., Ansaloni F., Ferretti F., Marchesini L.(1999): Aspetti economici dell’agricolturabiologica nella provincia di Reggio Emilia , Dipartimento di Protezione e Va l o r i z z a z i o n eAgroalimentare dell’Università di Bologna.

Santucci F. M. (1997) (a cura di): Le filiere del biologico, Perugia ,Istituto di Economia e politicaAgraria.

Zanoli R., Santi P. (1997): Caratteristiche strutturali della filiera del vino biologico in Italia,Economia agro-alimentare n. 2

411

Page 60: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 61: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

VERA TERESA FOTI* - GIOVANNI LA VIA*

ANALISI ECONOMICHE COMPARATIVE DELLA PRODUZIONEE DEL MERCATO DELLA PATATA PRECOCE COLTIVATA CON

IL METODO BIOLOGICO E CONVENZIONALE

1. Premessa

Al crescente interesse mostrato dalla Comunità, nel corso degli anni Novanta,verso l’impiego delle tecniche produttive rispettose dell’ambiente, ha fattoriscontro un notevole disinteresse dei produttori in corrispondenza di alcuneregioni e comparti e, di contro, una larga adesione in corrispondenza di altri ambititerritoriali e per altre colture. Tali differenze sono state giustificate, in diversi studisull’applicazione del 2078/92 a livello nazionale, sia con la presunta ridotta entitàdei premi percepiti dagli agricoltori rispetto alla riduzione del reddito derivantedall’adozione del metodo di produzione biologico, sia con il limitato livello diconoscenze su tali tecniche produttive (Reg. CEE 2092/91 e successivemodificazioni) possedute direttamente dagli imprenditori agricoli.

Nel Mezzogiorno d’Italia e soprattutto in Sicilia, a fronte di un marcatointeresse verso l’adozione di tecniche produttive di tipo biologico in numerosicomparti produttivi, assai limitata è stata l’adesione alla misura A2 del Reg. CEE2078/92 - relativa all’introduzione del metodo di produzione biologico, da partedei produttori orticoli - sia in pieno campo che in serra, che solo in rari casi hannomutato le tecniche di produzione tradizionalmente adottate.

Al fine di verificare gli elementi che condizionano le scelte degli imprenditoriorticoli con riferimento ad una delle principali specie coltivate in pieno campo(patata primaticcia) e di acquisire gli scenari di riferimento in ordineall’organizzazione e gestione dei processi produttivi, ai costi, ai ricavi ed ai redditiattinenti alla coltivazione tradizionale e a quella biologica, nonché al ruolo che ilsistema degli incentivi assolve sul piano dei risultati economici, è stata impostatala presente indagine che mira alla realizzazione di una comparazione tra le aziende

413

* Dipartimento di Scienze Economico-Agrarie ed Estimative, Università di Catania

Page 62: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

che impiegano le tecniche produttive convenzionali e quelle che invece adottanoquelle biologiche.

2. Caratteri evolutivi della pataticoltura precoce

Pur non essendo disponibili dati ufficiali distinti sulla pataticoltura precoceconvenzionale e biologica e non potendosi di conseguenza delineare trendevolutivi separati con riferimento alle due modalità di coltivazione, la definizionedi uno scenario complessivo sulla coltura e l’individuazione dell’importanza che lastessa riveste nella zona oggetto d’indagine, costituiscono un indispensabilecomplemento all’analisi aziendale realizzata.

Con riferimento alla dinamica evolutiva manifestata dalla coltivazione nelperiodo considerato (cfr. tabb. 1 e 2), si osserva, mettendo a raffronto il primo(1964-67) e l’ultimo quadriennio (1992-95) presi in esame, a livello nazionale, unamodesta contrazione (pari al 3%) degli investimenti, che sono passati da 25.603 a24.815 ettari, mentre le produzioni hanno fatto registrare una forte crescita (pari al64%), passando da 304.450 a 497.954 tonnellate.

In particolare, nelle regioni del Centro-Nord si è assistito ad un calo dellesuperfici del 35% (da 1.299 ettari del quadriennio 1964-67 a 849 del quadriennio1992-95) e ad un incremento delle produzioni totali del 53% (da 13.881 a 21.230tonnellate) mentre nel Mezzogiorno d’Italia si è registrata una contrazione dell’1%delle superfici (da 24.305 a 23.966 ettari) ed un aumento del 64% delle relativeproduzioni (da 290.570 a 476.724 tonnellate).

Risulta nel complesso evidente la marcata concentrazione della coltivazionedella patata precoce nelle regioni del Mezzogiorno nelle quali ricadono, conriferimento all’ultimo quadriennio considerato, il 96,6% delle superfici (23.966ettari) ed il 95,7% delle relative produzioni (476.724 tonnellate) mentre caratteremarginale assumono, sia in termini di investimenti che di quantitativi prodotti, leregioni centro-settentrionali del Paese. Tale distribuzione territoriale degliinvestimenti e delle produzioni tra le due grandi circoscrizioni considerate si èmantenuta sostanzialmente stabile nel periodo esaminato con incidenze per ilMezzogiorno oscillanti, nei singoli quadrienni, tra il 94,9% ed il 96,7% per i primie tra il 93,9% ed il 96,1% per le seconde.

Dall’esame delle due tabelle si rileva, inoltre, che, nel quadriennio 1992-95,l’87,2% delle superfici nazionali risulta concentrato in tre regioni (37,8% inPuglia, 26,1% in Campania e 23,2% in Sicilia) dalle quali proviene l’88,6% (il33,1% dalla Puglia, il 31,6% dalla Campania ed il 23,9% dalla Sicilia) dellaproduzione complessiva nazionale.

Con riferimento alle produzioni di patata precoce nelle singole regioni, si

414

Page 63: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

assiste a marcati aumenti nella quasi totalità delle regioni del Mezzogiorno d’Italia(683% in Basilicata, 312% in Sardegna, 244% in Puglia, 70% in Sicilia, 66% inCalabria) e ad una situazione di sostanziale stazionarietà in Campania (+2%). Leproduzioni delle regioni dell’Italia centro-settentrionali sono anch’esse in linea dimassima caratterizzate da un’espansione dei relativi volumi ad eccezione di quelledella Liguria e del Lazio.

Il forte aumento dei quantitativi di patata precoce prodotti nel periodoconsiderato, a fronte di una pressoché totale stagnazione delle superfici investite,risulta comunque attribuibile al forte incremento delle rese medie per ettaro,riconducibili a tutta una serie di fattori, quali l’assetto varietale, le tecnichecolturali adottate, ecc., che influenzano fortemente il livello produttivo dellacoltura.

3. Lineamenti metodologici

La mancanza di informazioni e dati puntuali ed aggiornati sulla consistenza esulle caratteristiche delle aziende che effettuano la coltivazione della patataprecoce con il metodo convenzionale e biologico ha spinto alla realizzazione diun’indagine diretta sul territorio che è stata avviata alla fine del 1995 e completatanel corso dell’annata agraria 1996-97.

Per individuare le zone interessate alla coltivazione della patata biologica epoterne definire la reale consistenza e la relativa localizzazione, oltre ai principalicaratteri organizzativi e gestionali, ci si è avvalsi della collaborazione degliO rganismi di certificazione e di operatori attivi nell’ambito della filiera delbiologico mentre per l’acquisizione delle informazioni relative alla pataticolturaconvenzionale ci si rivolti ad operatori pubblici presenti sul territorio (I.P. A . ,E.S.A., ecc.) e a privati interessati a vario titolo alla coltura (produttori singoli,imprese commerciali, cooperative di produttori, intermediari, ditte fornitrici dituberi-seme e di altri mezzi produttivi, ecc.).

In entrambi i casi, cioè sia per la pataticoltura convenzionale che per quellabiologica, per l’acquisizione di dati ed informazioni sugli aspetti che maggior-mente influenzano produzioni, costi e redditi, nelle aree precedentementeindividuate, ci si è avvalsi di una scheda territoriale appositamente predisposta,articolata in modo da caratterizzare l’ambiente fisico, la localizzazione dellesuperfici coltivate a patata precoce, i caratteri dell’azienda con appezzamenti apatata precoce, gli aspetti della commercializzazione del prodotto, la destinazionidelle produzioni ottenute, ecc..

Ai fini di pervenire ad una puntuale definizione delle aree della Sicilia orientaleinteressate alla coltivazione della patata precoce con il metodo convenzionale e

415

Page 64: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

biologico, si è provveduto ad effettuare ricognizioni dirette sul territorio e atrasferire le informazioni acquisite su tavole dell’IGM 1:25.000; le indicazioniemerse sono state successivamente trasferite nella cartografia di seguito riportata( c f r. fig. 1) che rappresenta la distribuzione territoriale della coltivazionenell’ambito delle province centro-orientali dell’Isola.

Le indagini condotte hanno messo in luce l’esistenza di un numero ridotto diaree di produzione, ricadenti nei territori provinciali di Catania, Messina, Siracusae Ragusa, di difficile delimitazione per la forte dispersione territoriale dellacoltivazione della solanacea, mentre assai contenuti e complessivamente dimodesta entità sono risultati gli investimenti esistenti in altre aree del territorioregionale (Caltanissetta, Trapani ed Agrigento).

Dato che, sulla base delle rilevazioni effettuate a livello regionale, è statoosservato che la quasi totalità delle superfici coltivate a patata biologica e dellerelative produzioni risultano sostanzialmente concentrate nelle due province diSiracusa e Ragusa, si è ritenuto opportuno escludere dalla successiva indagineaziendale comparativa quelle limitate superfici ricadenti in altri ambiti territoriali econcentrare l’attenzione su tali territori provinciali da sempre tradizionali centri diproduzione della patata precoce convenzionale.

Pur essendo opportuno, nel caso di analisi tecnico-economiche relative adaziende pataticole, estendere i rilievi ad almeno un triennio per ridurre gli effettisui risultati economici aziendali del differente andamento stagionale, l’indagine èstata riferita esclusivamente all’annata agraria 1996/97. La scelta di circoscriverel’analisi ad una sola annata agraria, deriva dalla difficoltà di reperire, a partire dal1994, un sufficiente numero di aziende biologiche “strictu sensu” e, cioè, aziendeche avevano già completato il periodo di conversione1 (due anni per le coltureorticole). Tale difficoltà, congiuntamente alla scarsa rappresentatività dei risultatieconomici delle annate 1994/95 e 1995/96, rispettivamente contraddistinte da unlivello elevatissimo dei prezzi, la prima, in relazione a quelli normalmente spuntatisul mercato della patata precoce, e da uno scadente livello qualitativo, la seconda,ha fatto optare per una rilevazione relativa ad una singola annata anziché ad unintervallo temporale più ampio.

Le rilevazioni aziendali sono state focalizzate nel “Siracusano” e nel“Ragusano”, laddove si concentra oltre il 90% delle superfici coltivate a patatabiologica ed il 50% di quelle coltivate a patata convenzionale e ben il 90-95% ed il60% delle corrispondenti produzioni biologiche e convenzionali siciliane.

Sono state oggetto di rilevazione tutte le aziende biologiche ad indirizzo misto

416

1 Le aziende prima di essere riconosciute come biologiche e poter, quindi commercializzarele loro produzioni come tali, devono aver superato un periodo di conversione di due o treanni secondo il tipo di coltivazione (cfr. Reg. CEE 2092/91).

Page 65: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

che avevano effettuato nel periodo di riferimento la coltivazione della patata (18aziende) con il metodo biologico, elemento questo che conferisce un’altasignificatività ai risultati dell’indagine condotta.

La comparazione tra aziende biologiche e aziende convenzionali si sarebbepotuta effettuare attraverso l’elaborazione di bilanci economici prima e dopol’introduzione del metodo biologico nella singola unità di produzione, in modo davalutare la convenienza o meno dell’introduzione della nuova tecnica colturale.Tale analisi temporale si sarebbe potuta effettuare però solo nel caso in cui lesingole aziende avessero avuto a disposizione adeguate registrazioni contabiliattraverso le quali acquisire utili informazioni retrospettive relative alleproduzioni, ai prezzi, ai mezzi produttivi impiegati ed ai relativi costi unitari, ecc..L’assenza di tali fonti di informazioni e le difficoltà connesse all’effettuazione diraffronti tra annate contraddistinte da un diverso andamento stagionale, hanno fattooptare per un tipo di analisi economica comparativa non temporale ma spaziale,cioè, non riferita alla stessa azienda prima e dopo l’introduzione del nuovo metododi coltivazione, ma a dati annuali di due diversi appezzamenti, il più possibileomogenei, interessati alla coltivazione della patata precoce con il metodoconvenzionale e biologico.

Sarebbe stato opportuno, altresì, effettuare l’analisi comparativa su dueappezzamenti della stessa azienda in maniera da evitare che differenze legatea l l ’ o rganizzazione e alla gestione delle due aziende, nelle quali ricadono i duediversi appezzamenti, potessero inficiare i risultati economici. Tutto ciò non è statopossibile in quanto le attuali disposizioni legislative vietano la coltivazionebiologica e convenzionale nell’ambito della stessa azienda. Le motivazioni addottehanno fatto sì che le analisi fossero svolte nell’ambito di appezzamenti ricadenti inaziende diverse ma con caratteristiche omogenee.

L’indagine si è sviluppata attraverso la rilevazione diretta di appezzamenticoltivati a patata biologica e parallelamente di appezzamenti coltivati a patataconvenzionale “gemelli” a quelli biologici. La scelta delle aziende e degliappezzamenti coltivati a patata convenzionale è stata quindi effettuata, tenutoconto di quanto già detto, sulla base delle caratteristiche delle aziende e degliappezzamenti biologici e non in rapporto ai risultati dell’indagine territorialeeffettuata su tale pataticoltura.

In particolare, con riferimento all’individuazione delle aziende pataticolec o n v e n z i o n a l i, i fattori presi in considerazione per garantire la rispondenza alcampione delle aziende biologiche sono stati: la localizzazione dell’azienda (sisono scelte aziende limitrofe o che comunque ricadevano nella stessa area), lecaratteristiche ambientali e pedologiche, l’ampiezza aziendale complessiva,l’incidenza della coltura nell’ambito dell’ordinamento produttivo, la forma diconduzione, la professionalità dell’imprenditore, ecc.. Nell’ambito delle aziende

417

Page 66: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

convenzionali individuate, la selezione degli appezzamenti pataticoli è statae ffettuata, invece, tenendo conto: dell’ampiezza, del titolo di possessodell’appezzamento, delle varietà coltivate, del tipo di approvvigionamento idrico,del calendario di raccolta e di commercializzazione, ecc., il tutto al fine digarantire la perfetta rispondenza agli appezzamenti coltivati con il metodobiologico.

Per la rilevazione dei dati sono state utilizzate due diverse schede2, unaaziendale ed un’altra per l’appezzamento che hanno consentito l’acquisizione deglielementi necessari per la determinazione dei costi di produzione, nonché dei ricavie profitti della coltivazione.

La determinazione del costo di produzione della patata precoce (convenzionalee biologica) è stata realizzata seguendo un approccio metodologico, ampiamenteconsolidato ed adottato in studi analoghi3, che prende in esame tre grandi categoriedi costi: “materiali”; “lavori aziendali e servizi”; “quote ad altre attribuzioni”.

La determinazione del costo relativo alla voce “materiali” (sementi, concimi,antiparassitari, diserbanti), non ha presentato particolari problemi, poiché si è fattoriferimento ai reali quantitativi utilizzati, nonché ai prezzi praticati nei mercatilocali presso i quali i produttori delle zone sono soliti approvvigionarsi.

Per l’individuazione della spesa inerente le prestazioni di lavoro, ilcorrispondente compenso è stato calcolato sulla base degli impieghi dimanodopera realmente registrati nelle aziende e dei salari eff e t t i v a m e n t ecorrisposti, inferiori a quelli contrattuali e riferiti ad una giornata di lavoro di 7ore. Anche nel caso in cui il lavoro manuale è stato fornito dall’imprenditore sonostati applicati i salari corrispondenti a quelli degli operai a tempo determinato4.

Le spese relative ai servizi extraziendali sono state calcolate sulla base delleindicazioni di seguito riportate: per le mediazioni relative alla vendita del prodotto,sono state calcolate in termini percentuali (3-5%) sulla plv; per i trasporti dei

418

2 Per evitare di predisporre questionari diversi per le aziende biologiche e convenzionali,sono stati effettuati i necessari adattamenti ai questionari utilizzati per i due diff e r e n t imetodi di coltivazione. Tali schede di rilevazione, via via perfezionate dopo l’effettuazionedei primi rilievi, hanno costituito lo strumento essenziale per le rilevazioni aziendali.3 Cfr. Bellia F. (1967): Analisi del costo di produzione delle arance in aziende della Siciliaorientale, Università degli Studi, Catania; Sturiale C. (1973): Analisi e prospettive tecnico-economiche della produzione e del mercato della patata precoce in Sicilia, Università degliStudi, Catania; Nicolosi A. (1996): Analisi economiche della produzione e del merc a t odella patata precoce in Sicilia, Università degli Studi, Reggio Calabria.4 Per i contributi agricoli unificati, si è proceduto caso per caso alla relativa determinazionesulla base degli importi effettivamente versati nell’annata di riferimento (1996-97),tenendo conto di eventuali decurtazioni degli stessi allorquando l’azienda ricade in zonemontane e svantaggiate.

Page 67: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

mezzi produttivi e delle patate raccolte, le relative spese sono state calcolate pertonnellata di prodotto (80-100 mila lire per tonnellata), in rapporto alle tariff emedie praticate per tali servizi ed alle distanze medie intercorrenti fra le aziende edil mercato di acquisto dei mezzi produttivi e/o di vendita della merce (magazzinoacquirente); quelle per la certificazione del prodotto sono state conteggiate inrapporto ai reali compensi corrisposti alle singole società di certificazione che dinorma variano in rapporto alle dimensioni aziendali.

Per quanto attiene la terza grande categoria “quote ed altre attribuzioni”, ladeterminazione è risultata più complessa, dato che alcuni elementi di costo nonsono direttamente desumibili dalle rilevazioni dirette che, però, fornendospecifiche informazioni di base, consentono, attraverso opportuni calcoli, dipervenire a valutazioni largamente attendibili5.

Il compenso per il lavoro di direzione, amministrazione e sorveglianza, è statocalcolato in termini percentuali (5%) sulla base della produzione lorda vendibileper tutte le aziende.

Riguardo alle imposte, si è proceduto alla determinazione dell’IRPEF per tuttele aziende, mentre, con riferimento all’Imposta Comunale sugl’Immobili (ICI),non è stato necessario determinarla in quei casi in cui i terreni sui quali insiste lacoltivazione della patata, risultano ubicati nel territorio di comuni per i qualil’imposta non è dovuta o nei casi in cui l’imponibile ICI non superi i 50 milioni.

Gli interessi sul capitale di scorta sono stati calcolati adottando un saggio del5%, mentre quelli relativi al capitale di anticipazione sono stati determinatiapplicando al totale delle spese effettivamente sostenute un periodo medio dianticipazione di 3/12 ed un saggio del 6%.

L’ampia diffusione dei contratti di affitto per la coltivazione della patataprimaticcia ha consentito una facile determinazione del prezzo d’uso del capitalefondiario, che è stato calcolato, sulla base del relativo canone, per le impresecondotte in aff i t t o6 mentre questo ha costituito un utile riferimento per la

419

5 Per gli investimenti fondiari e di scorta si è proceduto al calcolo delle quote sui valori a“nuovo” (costo di riproduzione o di acquisto) al netto di eventuali contributi fruiti. Per gliinvestimenti comuni a tutta l’azienda (e quindi non specifici per gli appezzamenti investitia patata), sono stati introdotti dei “coefficienti di fruizione”, calcolati valutando l’aliquotadi effettiva utilizzazione di questi per la coltivazione oggetto di indagine rispettoall’impiego totale in ogni azienda rilevata.6 Si tratta di contratti di affitto a carattere stagionale, stipulati al di fuori di quanto previstodalla legislazione vigente, che prevedono l’occupazione del fondo per il tempostrettamente necessario all’effettuazione della coltura e la corresponsione di un canonemediamente di 3-4 volte superiore a quello previsto dalla legge 203/80.

Page 68: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

determinazione relativa agli appezzamenti in proprietà7.Per quanto attiene la produzione lorda vendibile, essa è stata determinata

applicando alla produzione effettivamente realizzata nell’annata agraria 1996-97 icorrispondenti prezzi riferiti alla modalità di vendita a peso con raccolta a caricodel produttore, e ciò in relazione al fatto che essa risulta essere la prevalentemodalità di vendita adottata nelle zone d’indagine8.

Ai valori di produzione così determinati sono stai aggiunti, per le aziendebiologiche, gli importi dei premi erogati agli agricoltori che aderiscono allaspecifica misura prevista dal Programma Regionale di attuazione del Reg.2078/92, al fine di realizzare utili raffronti tra i profitti delle aziende convenzionalie biologiche (con e senza indennità) e di esprimere giudizi ed analizzare gli effettidelle politiche agroambientali dell’Unione Europea.

4. Caratteri tecnico-economici territoriali ed aziendali della coltivazionedella patata precoce biologica e convenzionale

Le indagini dirette eseguite sul territorio hanno consentito l’acquisizione di datied informazioni sulla consistenza e localizzazione delle superfici investite a patataprecoce coltivate con il metodo convenzionale e biologico, oltre che l’elaborazionedella tab. 3, nella quale gli stessi dati sono stati aggregati con riferimento aiprincipali ambiti territoriali interessati dalla coltivazione.

Per quanto riguarda le superfici coltivate a patata precoce con il metodoconvenzionale, i dati acquisiti al 1996-97, indicano l’esistenza di investimenticomplessivi a livello regionale pari a 5.000 ettari, in massima parte concentrati inprovincia di Siracusa (42%) ed in quelle di Messina e Catania.

Con riferimento alla produzione di patata convenzionale, le indagini hannoconsentito di mettere in luce una marcata concentrazione della stessa, con quanti-tativi prodotti pari a 106.000 t (pari all’88,3 % del totale regionale), nell’ambito

420

7 È bene sottolineare, tra l’altro, che trattasi di un Bf normale medio annuo ritraibile dalproprietario del fondo e/o del canone di affitto realmente corrisposto dal pataticoltore,depurato dalle spese spettanti al proprietario (quote sugli investimenti fondiari edeventualmente di scorta, imposte e contributi, spese di manutenzione, ecc.).8 Nei casi in cui è stata accertata la vendita diretta del prodotto al mercato ad opera dellostesso produttore (che in tal caso provvede pure al trasporto, alla lavorazione, alconfezionamento, allo stoccaggio ed al trasferimento sul mercato di destinazione) o ilconferimento ad imprese associative per la commercializzazione (alle quali può conferire ilprodotto allo stato sfuso o confezionato), si sono adottati specifici accorg i m e n t imetodologici per comparare tali modalità di vendita a quella prevalente (franco azienda ofranco magazzino commerciante).

Page 69: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

delle quattro principali province interessate dalla coltivazione (Siracusa, Ragusa,Catania e Messina).

Le superfici complessivamente destinate alla coltivazione biologica nell’annata1996/97 sono risultate invece dell’ordine di 335 ettari a livello regionale ed inmassima parte concentrate nel “Ragusano” (168 ha, pari al 50,1%) e nel“Siracusano” (140 ha, pari al 41,8%). La comparazione dei dati relativi agliinvestimenti in coltura biologica e convenzionale hanno consentito di individuarel’incidenza della prima sulla seconda (6,7% nell’annata 1996/97) e le principalid i fferenziazioni esistenti tra le diverse aree interessate alla coltivazione dellasolanacea. In particolare, nel “Ragusano” le superfici interessate dalla coltivazionebiologica risultano pari al 30,5% di quelle coltivate in modo convenzionale,mentre nel “Siracusano” tale aliquota si attesta sul 6,7% e scende ancora incorrispondenza degli altri ambiti provinciali della Sicilia (1,1%).

Per quanto attiene alla produzione biologica (6.850 t nel periodo 1996/97), cosìcome evidenziato per i relativi investimenti, i dati acquisiti indicano una marcatapolarizzazione della stessa in due ambiti territoriali circoscritti, il “Ragusano” ed il“Siracusano”, nei quali viene ottenuto il 92% (6.300 t) della produzionecomplessiva dell’Isola.

Anche per le produzioni, così come già osservato per le superfici, nella tab. 3vengono riportate le percentuali di incidenza della produzione biologica su quellaconvenzionale che si attesta sul 5,7% per la Sicilia nel suo complesso. Quanto allealiquote intercettate dalle produzioni biologiche nei diversi ambiti territorialiconsiderati, queste raggiungono il 25% nel “Ragusano”, il 4,7% nel “Siracusano” el’1,2% nelle altre aree, rendendo evidente una maggiore propensione all’adozionedelle tecniche di coltivazione biologiche da parte degli imprenditori della primazona rispetto a quelli che operano nelle altre.

Per quanto riguarda il “Siracusano”, la coltivazione biologica, che si estende suuna superficie di circa 140 ettari, interessa alcune contrade dei territori comunali diSiracusa, Solarino, Augusta e Rosolini, mentre quella convenzionale, la cuiestensione è stata quantificata, con riferimento al 1996/97, in circa 2.100 ha - conuna produzione, tenuto conto di una resa di circa 28 t/ha, di 59 mila tonnellate -rientra principalmente in alcune aree dei territori comunali di Augusta, Priolo,Siracusa, Solarino, Avola, Noto, Rosolini, Pachino e Portopalo.

In provincia di Siracusa la superficie investita a patata precoce ha manifestatouna forte espansione a partire dalla metà degli anni ‘70. Il trend favorevole,proseguito nei successivi decenni, ha fatto assumere alla pataticoltura del“Siracusano” un ruolo di spicco in termini di superfici e di produzioni. La patatacoltivata inizialmente in consociazione a colture arboree tradizionali, quali ilmandorlo e, in una fase successiva, anche agli agrumi, ben presto si è affermatacome coltivazione specializzata. Tra le varietà presenti nella zona, prevale

421

Page 70: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nettamente la “Spunta”, con il 55-60% delle superfici, alla quale si sono affiancatenegli anni la “Mondial” (20-25%) ed altre varietà minori quali la “Ti m a t e ” ,l’“Arinda”, la “Charlotte”, la “Nicola”, ecc. (15-20%).

Nel “Ragusano”, invece, i territori comunali nell’ambito dei quali vienee ffettuata la coltivazione della patata precoce biologica sono quelli di Ispica,Ragusa, Modica e Scicli, mentre quelli interessati alla coltivazione con il metodoconvenzionale sono, oltre a quelli anzidetti, quelli di Noto, Rosolini, Pozzallo,Santa Croce Camerina, Acate, Comiso e Vittoria. Sulla base delle ricerche svolte alivello regionale, la provincia di Ragusa è la più rappresentativa quanto a superficia patata precoce coltivata con metodo biologico visto che le stesse ammontano,con riferimento all’annata agraria 1996-97, a 168 ettari circa. La produzionebiologica (tenuto conto di rese unitarie medie pari a circa 20 t/ha) si aggira intornoa 3.500 tonnellate e tende ad aumentare, soprattutto, in relazione al miglioramentodelle tecniche di coltivazione. Di contro, le superfici investite a patata precoceconvenzionale, pari a 550 ettari, presentano rese unitarie medie di poco superiorialle 25 t/ha e concorrono alla produzione complessiva con circa 14 mila tonnellate.Quanto alle varietà impiegate, nella pataticoltura convenzionale quellaprincipalmente utilizzata è la “Spunta” (50-60%), cui seguono la “Mondial” (30-35%) ed altre varietà minori (“Nicola”, “Arinda” e “Charlotte”), mentre per lacoltivazione biologica si registra una forte polarizzazione dell’interesse degliimprenditori verso la “Nicola” (57%) ed in misura minore verso la “Spunta” (22%)e la “Mondial” (12%).

In complesso, le analisi eseguite a livello territoriale hanno consentito dievidenziare l’esistenza di alcune differenze di tipo strutturale e gestionale tra gliappezzamenti coltivati a patata precoce con il metodo biologico e con quelloconvenzionale. In particolare, tali differenze, comuni alle due aree (“Siracusano” e“Ragusano”) nelle quali sono state ravvisate superfici biologiche, risultanosostanzialmente riconducibili:

• alle forme di conduzione, essendosi registrata la forte prevalenza di impresecapitalistiche con salariati nelle aziende biologiche a differenza di quelleconvenzionali nelle quali predominano le imprese coltivatrici-capitalistiche ec a p i t a l i s t i c o - c o l t i v a t r i c i ;

• al titolo di possesso dei terreni, essendo stata accertata una maggiore presenzadi appezzamenti in proprietà nel caso della coltivazione biologica rispetto a quelli ina ffitto che invece risultano maggiormente diffusi nella pataticoltura convenzionale;

• all’indirizzo produttivo, essendosi registrata la totale assenza di aziendebiologiche ad indirizzo pataticolo specializzato9 a differenza di quanto si è

422

9 L’assenza di aziende specializzate in una sola coltivazione rientra in una tipica strategiacommerciale delle aziende orticole nelle quali si adotta il metodo di coltivazione biologico,infatti, la mancanza di un mercato a livello regionale in grado di assorbire tali prodotti,

Page 71: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

riscontrato nel caso delle aziende coltivate con il metodo convenzionale;• alle varietà coltivate, per la maggiore presenza della “Nicola” e di altre varietà

minori nella pataticoltura biologica, e della “Spunta” e della “Mondial” nellacoltivazione convenzionale;

• all’epoca di semina, effettuata di norma per la patata biologica tra il mese didicembre e quello di febbraio, a differenza della patata coltivata con metodoconvenzionale per la quale tale operazione viene anticipata al mese di ottobre;

• al periodo di raccolta che per la coltivazione biologica di norma, in rapportoal periodo di semina, è posticipata, risultando compresa tra la I-II decade del mesedi aprile e la II-III decade del mese di giugno, rispetto alla coltivazioneconvenzionale per la quale le operazioni di raccolta hanno inizio a partire dalla IIdecade di Marzo;

• alle rese, inferiori, nel caso della patata biologica rispetto a quellaconvenzionale per aliquote comprese tra il 25 ed il 40%;

• ai canali commerciali, risultando il prodotto biologico in massima partecommercializzato direttamente dai produttori con vendita a peso “francomagazzino commerciante”, a differenza di quello convenzionale la cui modalità divendita prevalente è quella “franco azienda a peso” e/o a “strasatto”.

Se quelle sopra riportate sono le principali differenze osservate tra le aziendeconvenzionali e biologiche, anche tra queste ultime sono state riscontrate alcuned i fferenze tra le due aree considerate, con la presenza esclusiva di impresecapitalistiche con salariati ed aziende di rilevante ampiezza nel “Ragusano” e, dicontro, una discreta diffusione delle imprese coltivatrici-capitalistiche, conappezzamenti in alcuni casi di limitata estensione destinati alla solanacea, nel“Siracusano”.

5. Analisi comparativa dei risultati tecnico-economici delle aziende concoltivazione di patata precoce biologica e convenzionale

Seguendo l’impostazione metodologica precedentemente descritta, oltre alle 18aziende pataticole biologiche sono state rilevate un ugual numero di unitàproduttive convenzionali, “gemelle” alle prime, allo scopo di effettuare unconfronto fra aziende quanto più omogenee in rapporto ad alcune fondamentalicaratteristiche strutturali (dimensione, localizzazione, ecc.), per il tipo d’indirizzoproduttivo adottato e per la modalità di gestione aziendale.

423

costringe gli imprenditori a commercializzare con grossisti del Nord Italia o importatoristranieri che, rifornendo prevalentemente la G.D.O., richiedono produzioni differenziate escaglionate nel tempo.

Page 72: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’analisi dei costi medi di produzione, i cui valori unitari sono stati riportatinella tab. 4, mette in evidenza una maggiore entità (+4,9%) degli stessi a livellocomplessivo negli appezzamenti coltivati con il metodo convenzionale rispetto aquello biologico (rispettivamente 13,5 e 12,9 milioni di lire/ha). Di fatto, lemodeste differenze registrate nel complesso, tendono ad accentuarsi nel momentoin cui si passa ad esaminare le singole componenti del costo che mettono in luce lespecificità dei due metodi di coltivazione.

Nell’ambito dei materiali, la spesa per i tuberi-seme risulta inferiore nellacoltivazione con il metodo convenzionale (-3,7%) per effetto di un prezzo legger-mente più basso (intorno alle 30-40 L/kg) del relativo materiale di propagazionerispetto a quello biologico10 e non per l’impiego di quantità differenti, risultandoqueste sostanzialmente analoghe nei due casi.

La spesa per i fertilizzanti risulta, invece, fortemente differenziata e, comunque,mediamente inferiore nella coltivazione convenzionale rispetto a quella biologica(-23%). Tale divario è in massima parte imputabile all’elevato impiego, nellaproduzione biologica, di concimi organici anch’essi di difficile acquisizione e dielevato costo.

Viceversa, le spese medie per gli antiparassitari e diserbanti appaiono netta-mente più elevate (+223%) nella pataticoltura convenzionale (962.246 L/ha)rispetto a quella biologica (298.155 L/ha). La minore spesa nelle aziendebiologiche è riconducibile al mancato impiego di formulati chimici di sintesi,unitamente ad una più razionale programmazione degli interventi fitosanitari,nonché alla realizzazione di un maggior numero di lavorazioni superficiali delterreno (rincalzatura, sarchiatura, ecc.) o operazioni manuali (scerbatura) che, inparte, sopperiscono all’impiego di prodotti chimici per il diserbo.

Nelle aziende biologiche è stato osservato, in effetti, che sia gli impieghi difertilizzanti che di antiparassitari sono fortemente variabili in relazione allecapacità dell’imprenditore di saper al meglio utilizzare quelle tecniche (apporto disostanza organica, realizzazione di lavorazioni profonde e superficiali del terreno,ecc.) che contribuiscono a migliorare la qualità del substrato, risultando, nelcontempo, fondamentali per il rispetto degli equilibri ecologici e naturali delterreno.

Quanto alla spesa per l’energia elettrica, superiore dell’11% circa nelle aziendeconvenzionali, la stessa dipende dal numero di adacquamenti, dai volumi idrici edalle tecniche di distribuzione adottate.

424

10 Si ritiene opportuno segnalare l’enorme difficoltà di reperimento delle patata biologicheda seme, tantochè a volte gli imprenditori, in mancanza di tuberi-seme biologici, utilizzanoprodotti convenzionali. Nel prossimo futuro è auspicabile una maggiore produzione dituberi-seme biologici certificati unitamente alla diffusione di imprese specializzate nellarelativa distribuzione.

Page 73: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Dall’esame sempre della tab. 4 emerge anche che gli esborsi connessi alpagamento dei lavori aziendali e servizi, risultano leggermente maggiori (+13%)nel caso degli appezzamenti coltivati con il metodo convenzionale (3.805.257L/ha) rispetto a quelli coltivati senza l’impiego di prodotti chimici di sintesi(3.369.079 L/ha). Tali differenze sono da ricondurre principalmente alla spesasostenuta dagl’imprenditori “convenzionali” per la mediazione11.

Quanto alle “quote ad altre attribuzioni”, non sono state osservate sostanzialidifferenze tra le singole voci di spesa tranne che per gli stipendi, superiori nel casodella coltivazione convenzionale, in rapporto alle modalità di calcolo adottate edalla maggiore Plv, mentre le imposte e CAU, com’é ovvio, dipendono sostanzial-mente, essendo i terreni situati nella stessa area, dalla figura dell’imprenditore.

Allorquando, tuttavia, il costo medio di produzione viene calcolato non più inrelazione alla superficie ma alla quantità di prodotto ottenuto (cfr. tab. 4), il valorecorrispondente per le aziende convenzionali - influenzato dalle più alte rese ad ha(superiori del 35%) - è inferiore (482.010 L/t) del 24% circa, rispetto a quello dellapatata biologica (630.900 L/t).

Con riferimento agli impieghi di lavoro (cfr. tab. 5), è stata osservata una mo-desta differenza tra le aziende che adottano le differenti tecniche produttive allostudio. Tale contenuta differenza fra i gradi di attività complessivi può, tra l’altro,apparire in contrasto con quanto comunemente osservato nelle analisi economichecomparative tra il metodo di coltivazione biologico e convenzionale. In eff e t t i ,però, da un esame più puntuale delle singole voci, emerge che, le modested i fferenze dei gradi di attività complessivi sono imputabili prevalentemente allaraccolta, i cui impieghi di lavoro, più elevati nella coltivazione convenzionale inrapporto alle maggiori rese (30-40% circa), riescono a compensare quelli dellascerbatura eseguita manualmente 1 2 nella coltivazione biologica. Di fatto,allorquando si vanno a confrontare gl’impieghi di lavoro escludendo quellioccorrenti per la raccolta, nel caso della coltivazione biologica tali impieghirisultano maggiori di circa 40 ore ad ettaro rispetto a quelli della colturaconvenzionale. Nel complesso quindi, l’apparente similarità degli impieghicomplessivi di lavoro tra i due metodi di coltivazione, nel caso della pataticoltura,

425

11 Le spese per la mediazione non vengono sostenute dai produttori biologici, in quanto,nella maggior parte dei casi, si tratta di produttori-commercianti che vendono le patate“franco-magazzino” a grossisti-importatori; in quei pochi casi nei quali il produttore nonprovvede alla commercializzazione diretta del prodotto, lo conferisce ai produttori-commercianti “franco-magazzino”, ad un prezzo prestabilito senza che ciò dia luogo ad unesborso di denaro per la mediazione.12 Solamente in alcune aziende si registra l’adozione della tecnica del pirodiserbo; praticache, utilizzata per eliminare le infestanti, consente dei forti risparmi di lavoro rispetto allascerbatura manuale.

Page 74: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

è fortemente condizionata dalla raccolta.In merito alle altre operazioni colturali, le differenze negl’impieghi di

manodopera sono legate: per le lavorazioni del terreno (-35% nelle aziendeconvenzionali nei confronti di quelle biologiche) al maggior numero di interventicolturali13 necessari nella pratica “biologica” per controllare le erbe infestanti; perla concimazione (+71% nelle aziende convenzionali rispetto alle biologiche) e peri trattamenti antiparassitari (+45% circa per le aziende convenzionali nei confrontidi quelle biologiche) al maggiore impiego di fertilizzanti ed alla effettuazione diinterventi a calendario nel caso della coltivazione convenzionale.

L’analisi relativa alla produzione lorda vendibile degli appezzamenti coltivati apatata precoce con il metodo convenzionale e biologico (cfr. tab. 6) consente dimettere in evidenza valori di produzione non dissimili nei due casi ed, inparticolare, leggermente superiori per le unità produttive che adottano le tecnichepreviste dal Reg. CEE 2092/91.

In dettaglio, differenze marcate, anche se di segno opposto si registrano tra leaziende che adottano le due tecniche produttive allo studio, con rese sensibilmentemaggiori (+35%) nel caso della coltura convenzionale e, di contro, prezzi piùelevati (722 contro 547 mila lire/t) nel caso delle aziende biologiche. Incomplesso, i prezzi spuntati dal prodotto biologico non riescono a compensare ilminor livello delle rese ed i valori di produzione più elevati devono esserericondotti al contributo U.E. per la produzione biologica (595.929 L/ha)

La determinazione dei costi di produzione e delle plv delle singole imprese haconsentito la determinazione del profitto aziendale che, nel caso della pataticolturaconvenzionale (1.542.240 L/ha) è risultato inferiore, come mostra la tab. 7, del 36%circa rispetto a quello osservato per la coltivazione biologica (2.416.114 L/ha).

Attraverso un attento esame della figura 2 è possibile cogliere le variazioni deirisultati economici della coltivazione allorquando si prenda o meno inconsiderazione il contribuito di cui usufruiscono le aziende che adottano metodi dicoltivazione biologica, in virtù di quanto stabilito dal Reg. 2078/92. I profitti dellacoltivazione biologica per unità di superficie superano quelli della corrispondentecoltivazione convenzionale, sia in presenza che in assenza dei relativi contributi,dato che evidenzia l’elevata capacità imprenditoriale e la competenza tecnico-economica e commerciale dei “capi-azienda” biologici, per i quali l’opzionebiologica è avvenuta dopo una consolidata attività imprenditoriale nell’agricolturaconvenzionale.

426

13 Le frequenti lavorazioni superficiali al terreno effettuate nelle coltivazioni biologiche,consentono un minor numero di adacquamenti ed un notevole risparmio di manodopera perl’irrigazione.

Page 75: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

In conclusione è bene puntualizzare, quindi, che tali risultati economiciriguardano coltivazioni già riconosciute biologiche e che hanno, quindi, giàsuperato tutte quelle problematiche (tecniche, organizzative, commerciali, ecc.)connesse al periodo di conversione durante il quale generalmente i risultatieconomici sono tendenzialmente meno soddisfacenti di quelli ottenibiliallorquando la coltivazione entra a pieno regime.

Con riferimento alla vendita del prodotto, marcate differenze sono stateosservate tra le aziende che adottano tecniche di produzione biologiche e quelleche invece impiegano metodi produttivi di tipo convenzionale, per eff e t t odell’esistenza di canali distributivi assai più brevi nel primo caso rispetto alsecondo. In particolare, le aziende pataticole convenzionali vendono il prodottodirettamente in campo (alle modalità di vendita “franco azienda”, a “peso” o a“strasatto”) a intermediari o commercianti locali che provvedono solitamente aduna prima lavorazione in loco di questo prima di avviarlo verso la relativa area diconsumo, mentre le aziende biologiche, solitamente condotte da produttori-commercianti, realizzano una prima manipolazione del prodotto grezzo per poidestinarlo direttamente ad importatori esteri o grandi operatori italiani specializzatinella commercializzazione di prodotti biologici.

Alla crescita del biologico (in termini di superficie e di produzione) in generalee della pataticoltura biologica in particolare, non corrisponde nel nostro Paese unanalogo incremento della domanda del corrispondente prodotto, per la scarsainformazione fornita al consumatore italiano sulle proprietà organolettiche delprodotto, tant’è che, così come accade per buona parte dei prodotti biologici, lagran parte della produzione pataticola biologica siciliana viene esportata,soprattutto in Germania e in Francia, paesi nei quali il prodotto biologico è riuscitoad affermarsi.

Lo spaccato sintetico sul mercato della patata biologica, evidenzia il notevoleimpegno dei produttori biologici che, gioco forza, sono costretti a costruire - per lascarsa attenzione riservata dagli operatori commerciali isolani verso il prodottobiologico - l’organizzazione commerciale in un mercato contrassegnato da unamarcata concorrenza.

6. Considerazioni conclusive

Pur con i limiti dell’approccio metodologico seguito, per effetto dell’impossi-bilità di estendere i rilievi ad un numero superiore di annate, l’indagine realizzataha consentito l’acquisizione di un esaustivo quadro conoscitivo sulla coltivazionedella patata precoce con il metodo convenzionale e biologico e la determinazionedei costi, ricavi e profitti di tale coltura nelle aziende della Sicilia orientale.

427

Page 76: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le indagini territoriali ed aziendali e l’analisi economica comparata trapataticoltura biologica e convenzionale, hanno consentito l’enucleazione dispecifiche e peculiari caratteristiche della coltivazione che possono essere cosìsintetizzate:

• la coltivazione della patata precoce tende prevalentemente a collocarsiall’interno di aziende ad indirizzo orticolo specializzato e misto (orticolo-arbo-ricolo, orto-cerealicolo, ecc.), nell’ambito delle quali la solanacea occupa porzioniconsistenti della superficie complessiva. Nel corso delle indagini è stato osservato,inoltre, il modesto livello di interdipendenza esistente generalmente tra i singoliappezzamenti pataticoli ed il resto dell’azienda, per cui l’analisi economica svoltasui singoli appezzamenti - nel caso in cui organizzazione e gestione dell’appez-zamento siano ben separabili dal resto dell’azienda - è da ritenere sufficientementevalida;

• è stata osservata l’esistenza di un forte dinamismo territoriale delle superficiinvestite, indispensabile per contenere i noti problemi di “stanchezza” del terreno,legati alla ripetizione della coltivazione sullo stesso appezzamento;

• è emersa la marcata presenza di un vivace mercato degli affitti stagionali (concanoni fortemente differenziati in rapporto agli investimenti fondiari ed agrari dicui è dotato l’appezzamento);

• è stata accertata una certa differenza nelle varietà impiegate tra la coltivazioneconvenzionale e quella biologica, dominando per la prima la “Spunta” e la“Mondial” e per la seconda la “Nicola” e altre varietà minori. Le diff e r e n z evarietali osservate tra i due metodi di produzione, sono da collegare sia adesigenze di natura prettamente commerciale in relazione ai diversi mercati finali,sia alla necessità di utilizzare nel biologico delle varietà che manifestano unamaggiore resistenza alle avversità atmosferiche e alle fitopatie. Dall’indagine èemersa, inoltre, la difficoltà di reperimento dei tuberi-seme quasi sempre diprovenienza estera -la cui distribuzione, affidata a pochi operatori commerciali,comporta forme di mercato riconducibili ad oligopolio di offerta- e, soprattutto,l’elevato prezzo dei tuberi-seme che incide fortemente sul costo complessivo diproduzione;

• è stato registrato un ridimensionamento di quei complessi rapporti contrattuali(contratti di coltivazione) tra imprese commerciali e pataticoltori convenzionaliche caratterizzavano fino a qualche anno fa la pataticoltura precoce isolana e che sibasavano sulla fornitura di sementi, concimi, ecc. da parte delle impresecommerciali, le quali a loro volta divenivano gli acquirenti privilegiati delprodotto;

• è emerso che la modalità di vendita più diffusa per le aziende convenzionali èquella franco azienda a “peso” o a “strasatto”, con raccolta a carico del produttore,mentre, per la patata biologica è prevalente la vendita a peso franco-magazzino

428

Page 77: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

produttore-commerciante. È opportuno precisare tuttavia che il prezzo di venditaper la patata convenzionale è fissato normalmente con riferimento all’epoca diraccolta il che comporta, ovviamente, variazioni in diminuzione col procederedella stagione, man mano che sui mercati di collocamento, a causa dell’entrata inproduzione di altre aree di coltivazione (Puglia, Campania, Calabria, ecc.),aumenta l’offerta del prodotto. Per la patata biologica, invece, generalmente ituberi vengono venduti a seguito di accordi dai produttori-commercianti, connotevole anticipo rispetto all’epoca di raccolta, ai grossisti. Pertanto, il prezzofissato in anticipo fra le parti non soggiace alla marcata variabilità giornaliera chesi registra per la patata convenzionale.

I risultati dell’indagine economica comparativa hanno evidenziato tra l’altro:• modeste differenze tra le aziende biologiche e quelle convenzionali in termini

di gradi d’intensità fondiaria e di esercizio;• marcate differenze tra le rese medie per unità di superficie; quelle della

coltivazione convenzionale infatti sono superiori di circa il 35% rispetto a quelledella biologica;

• interessanti divari per i prezzi di vendita, dal momento che quello medio dellapatata convenzionale, nelle aziende rilevate, risulta inferiore del 24%, rispetto aquello spuntato dalla patata biologica;

• contenute o forti differenze riguardo al costo complessivo medio diproduzione della patata precoce, allorquando esso viene riferito ad ettaro o atonnellata di prodotto, con scarti a sfavore della coltivazione convenzionale nelprimo caso (+5% circa ) o a favore nel secondo caso (-24% circa).

Con riferimento alla campagna presa in esame l’esito economico dellacoltivazione biologica si è risultato più favorevole di quella convenzionale; si èpotuto evidenziare, infatti, come il maggior prezzo spuntato dalle produzionibiologiche riesce a compensare le minori rese, tanto che, tenuto conto dell’esiguitàdel contributo (4% circa sulla Plv) dell’U.E., le plv della coltivazione biologicariescono ad eguagliare quelle della convenzionale. Quanto all’effetto combinatoproduzioni lorde vendibili/costi di produzione, il risultato è sfavorevole al metodoconvenzionale, che mostra profitti inferiori (36% circa) rispetto a quello biologico.

Si è convinti che la produzione di mezzi produttivi più efficaci (quali adesempio concimi capaci di elevare le rese e fitofarmaci tali da combattere megliole fitopatie), unitamente all’introduzione di nuove varietà più resistenti agliattacchi dei parassiti, possa concorrere ad aumentare ulteriormente la redditivitàdella coltivazione biologica. Tuttavia bisogna sottolineare che, a tutt’oggi, le patateprecoci biologiche sono da considerare a ciclo medio-precoce, con semina effet-tuata, di norma, in epoca più tardiva rispetto alla patata convenzionale, persfuggire, quanto più possibile, agli attacchi dei parassiti e delle crittogame. Questofenomeno, implica il collocamento del prodotto sul mercato in un periodo

429

Page 78: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

contraddistinto da notevoli volumi di offerta provenienti anche da altre regioniproduttrici.

Poiché, è risaputo, che i prezzi migliori vengono spuntati dal prodotto“precoce”, immesso, cioè sui mercati nel mese di marzo, sarebbe il caso,allorquando si riuscisse ad avere a disposizione varietà resistenti alle fitopatie,puntare, così come avviene per la patata convenzionale, su produzioni più precoci.

In conclusione, l’analisi economica effettuata è da considerare come un primoapproccio al problema, in quanto i casi rilevati, pur rappresentando l’interouniverso aziendale, non possono mostrare al momento tutte quelle sfaccettatureche potrebbero manifestarsi in prospettiva futura, allorquando, così come siauspica, saranno interessate alla coltivazione consistenti aliquote di superficipataticole. L’accertamento di tali risultati fanno ben sperare in effetti sullepotenzialità future e sulle possibilità di espansione della coltivazione pataticolabiologica, ancorché, dall’analisi emerge che il conseguimento di buoni risultatieconomici di coltivazioni che si avvalgono di tecniche a basso impatto ambientale,è strettamente legata, da una parte, alla realizzazione di prezzi di vendita molto piùelevati rispetto alle produzioni convenzionali e, dall’altra, al contenimento deicosti di produzione.

430

Page 79: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

431

Page 80: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

432

Page 81: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

433

Page 82: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

434

Page 83: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

435

Page 84: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. (1997): L’applicazione del Reg. 2078/92 in Sicilia, Atti della XVIII Conferenza italiana diScienze Regionali - Europa e mediterraneo, Siracusa, 8-11 ottobre.

Arfini F. (1995): P robabili effetti del Reg. 2078/92 sulle aziende agricole pluriattive, rivista diPolitica Agraria, n. 6.

Alvisi F. (1995): Flussi del mercato europeo ed italiano della patata: come e dove migliorare,L’Informatore Agrario, n. 3

Bagnara G.L. (1995) Il consumatore dei prodotti biologici: analisi della domanda e potenzialità delmercato, Rivista di Frutticoltura, n. 4.

Bechmann A., Meier-Schaidnagel R. (1996): Global Organic Farming: a Realistic Utopia?, Ecologyand Farming, n. 12.

Bellia F. (1991): Le politiche della Comunità Economica Europea e l’agricoltura nelle re g i o n imediterranee degli Stati membri, Medit, n. 3.

Bellia F. (1992): Analisi economiche della difesa antigelo delle produzioni intensive in agricoltura:uno schema semplificato per la valutazione dei risultati economici della difesa a mezzo di ventilatoriin agrumicoltura, Genio Rurale, n. 9.

Berni P., Fabbris L. (a cura di) (1996): L’agricoltura biologica nel Veneto aspetti economico-sociali ec o m p o rtamenti d’impre s a, CNR- RAISA, Istituto di Economia e Politica Agraria Università diVerona.

Boatto V., Gios G., (1990): Prospettive di mercato dei prodotti dell’agricoltura biologica, Rivista diEconomia Agraria, n. 3.

Chironi G.(a cura di) (1995): F i l i e re atte allo sviluppo di aree collinari e montane: il casodell’agricoltura biologica, CNR-RAISA, Dipartimento EITA, Palermo.

Cicia G. (1993): “La sostenibilità” in agricoltura: un confronto tra l’approccio utilitarista e quelloambientalista, Rivista di Economia Agraria, n. 4.

Cicia G., D’Ercole E. (1995): La filiera dei cereali biologici in Molise, Rivista di Politica Agraria, n. 3.

Columba P. (1995): La qualità nelle produzioni biologiche, CNR-RAISA, Dipartimento EITA ,Palermo.

Fanfani R. (1996): Lo sviluppo della nuova politica agricola comunitaria , La Nuova ItaliaScientifica.

Foti S., Sturiale C. (1993): Aspetti e problemi economici e normativi dell’agricoltura biologica: qualiprospettive?, Rivista di Economia Agraria, n. 4.

436

Page 85: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Foti S., Sturiale L. (1995): Consistenza e problematiche dell’agricoltura biologica in Sicilia, Atti delConvegno “L’agricoltura biologica in Italia: aspetti tecnici, economici e normativi”, Ancona.

Gregori M., Prestamburgo M. (1996): P roduzioni biologiche e adattamenti d’impre s a, RAISA, F.Angeli, Milano.

Iannucci E. (a cura di) (1996): L’agricoltura biologica in Italia: problemi e pro s p e t t i v e, EdizioniKappa, Roma.

INEA(1997): L’applicazione del 2078/92 in Italia, Bollettino Inea, n. 1.

Ismea (1995): Stato e prospettive dell’agricoltura biologica, Roma.

La Via G. (1992): Development production cost, returns and profits in Italian protected-environmentvegetable pro d u c t i o n, XIIth International Symposium on Horticultural Economics, Montpellier,France.

Marangon F. (1992): Agricoltura a minor impatto ambientale ed economia dell’azienda agraria: unapproccio mediante l’analisi multiobiettivo, Rivista di Economia Agraria, n. 4.

Marino D., (a cura di) (1996): Agricoltura biologica e sviluppo delle aree collinari e montane nelcentro Italia, RAISA, Arti Grafiche La Regione, Campobasso.

Nicolosi A. (1996): Analisi economiche della produzione e del mercato della patata precoce inSicilia, Università degli Studi di Reggio Calabria.

Pecorino B. (1998): Analisi comparativa dei risultati economici della coltivazione del grano duro“convenzionale” e “biologico” in una zona rappresentativa della Sicilia, Tecnica Agricola, n. 1.Santucci F.M. (1994): Confronto tra aziende biologiche e convenzionali in Umbria, Bioagricoltura, n.31.

Santucci F.M., Chiorri M. (1996): Economia delle produzioni biologiche: il caso dell’Umbria,RAISA, Istituto di Economia e Politica Agraria, Università degli Studi di Perugia.

Santucci F.M. (a cura di) (1997): Le filiere del biologico, Università degli Studi di Perugia.

Sturiale C. (1978): P roduzione e mercato della patata precoce nel Mezzogiorno d’Italia, in “Attidell’incontro Nazionale sulla patata”, Budrio.

437

Page 86: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 87: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

FRANCESCO MARANGON*- GIANLUIGI GALLENTI**- GIANNA PETTOELLO*

APPLICAZIONE DELLE MISURE AGRO-AMBIENTALI

(REG. CEE 2078/92) NELLAVITICOLTURA COLLINARE DI

PREGIO DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA°

1. Premessa

A distanza di oltre un quinquennio dall’introduzione del Regola-mento (CEE) 2078/92 nello scenario agricolo comunitario, la sua applicazione nelnostro Paese risulta ancora controversa, fortemente differenziata su base regionale,spesso limitata, e con risultati che, sotto il profilo del benessere collettivo edell’interesse privato, non sempre paiono soddisfacenti. Con il presente lavoro siintende riassumere i principali risultati di una ricerca sulle problematiche e sulleprospettive della sua applicazione, con specifico riferimento alla misura A 11,nell’ambito della viticoltura di pregio, adeguatamente rappresentata dalla zonaDOC Collio nel Friuli-Venezia Giulia; a tal fine è stata condotta un’indagine sullatotalità delle aziende viticole che hanno ottenuto l’adesione a tale misura neglianni 1994-1997.

439

* Dipartimento di Scienze Economiche, Università degli Studi di Udine.** Dipartimento di Economia e Tecnica Aziendale, Università degli Studi di Trieste.° La stesura dei paragrafi 2.2, 2.3.1, 3.3 è di Francesco Marangon, dei paragrafi 2.1, 2.3.2,3.4 di Gianluigi Gallenti, dei paragrafi 3.1 e 3.2 di Gianna Pettoello, in comune premessa econclusioni; Gianna Pettoello ha inoltre curato la raccolta dei dati. Il lavoro è stato svoltonell’ambito degli studi finanziati dal CNR per il Progetto di ricerca coordinato in ambitonazionale Sostenibilità economica ed ambientale della viticoltura collinare di pregio,coordinatore scientifico nazionale Prof. Mario Prestamburgo dell’Università degli Studi diTrieste.1 Questa, come noto, persegue l’obiettivo di una sensibile riduzione di concimi e/ofitofarmaci.

Page 88: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. L’applicazione del Reg. (Cee) 2078/92

2.1 Aspetti generali e problemi applicativi delle misure agroambientali

Negli ultimi anni, a seguito della sempre più insistente necessità di orientarel’attività agricola in termini di compatibilità ambientale, l’imprenditore agricolo,nell’ottica di un modello di azienda plurifunzionale, è stato progressivamenteinvestito di compiti più ampi di quelli tradizionali, andando a ricoprire due ruoliessenziali: di produzione e, al tempo stesso, di tutela ambientale (De Benedictis,1998; Prestamburgo, 1994; Zanoli, 1994).

Questo approccio generale è stato recepito dall’Unione Europea (UE), conl’emanazione del Reg. ( C E E ) 2078/92, nell’ambito del pacchetto di misureaccompagnatorie della cosiddetta riforma Mac Sharry. Con tale intervento l’UE hainteso perseguire, accanto ai tradizionali obiettivi di garanzia reddituale e disicurezza agroalimentare, una politica di salvaguardia ambientale, attraverso unaserie di misure che dovrebbero incentivare l’adozione di pratiche agricole eco-compatibili, nel breve termine grazie ad incentivi finanziari, e nel medio-lungoanche a seguito del formarsi di una nuova mentalità imprenditoriale che affianchialla produzione di derrate agricole la tutela ambientale (Vieri, 1994)2.

Dai primi dati disponibili a livello nazionale si è constatato come il grado diinteresse complessivo inizialmente dimostrato dai nostri agricoltori, nei confrontidi questa misura innovativa, sia stato piuttosto basso, disattendendo le aspettative.Le domande di adesione presentate inizialmente sono state in numero di 20.772(anno 1994), pari a solo lo 0,8% della totalità delle aziende presenti sul territorio,con un peso assunto dalle varie Regioni che diminuiva passando da Nord (ove si èriscontrato il successo maggiore nel Trentino-Alto Adige) a Sud. Le richieste sierano concentrate sulle misure A e B, soprattutto A1+A23 ed A34; la misura A1,

440

2 Quest’ultima finalità, pur essendo la più auspicata, risulta anche la più difficile daraggiungere, anche in conseguenza del modello di politica agricola attuato fino alla riformadella PAC del 1992, ed in particolare della politica dei prezzi praticata a livellocomunitario, la quale, come ampiamente dimostrato sia sul piano teorico che empirico,garantendo un contributo direttamente proporzionale alla quantità prodotta, oltre a favorireprocessi di intesivizzazione colturale, con aumento dell’impatto ambientale, hanotevolmente contribuito a consolidare la mentalità produttivistica degli imprenditoriagricoli. Mentalità che determina scelte aziendali spesso economicamente convenienti, inmolte realtà produttive, solo in presenza del sostegno dell’operatore pubblico.3 La percentuale di domande contenenti l’adesione a questa misura, è stata intorno al 61%,per un totale di circa 260.000 ha, che costituiscono il 38% della superficie interessataall’applicazione del Regolamento.4 Dei 260 mila ettari di superficie impegnati nella misura A1+A2, ben 141 mila si collocano

Page 89: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nonostante il peso relativo aveva disatteso le aspettative impegnando unapercentuale della superficie prevista pari, al Nord al 45%, e, al Centro al 69%.Conseguentemente nelle campagne 1994 e 1995 venivano utilizzati solo il 14% deifondi a disposizione dell’Italia e, mentre alcune Regioni avevano previsioni dispesa vicine alle disponibilità (Valle d’Aosta, Piemonte, Provincie autonome diBolzano e Trento, Sicilia, Toscana ed Umbria) altre non riuscivano ad utilizzare ifondi disponibili (Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, A b r u z z o ,Molise).

Dopo questo tiepido accoglimento si sono conseguiti con la terza campagnarisultati sicuramente migliori: al 1996, infatti, la superficie interessata ha superatoil milione di ettari (1.032.303) e le domande presentate sono risultate 75.440, conmaggior riscontro sempre per le misure A1 e A2, che hanno coinvolto sia ilmaggior numero di agricoltori che di ettari interessati, con un’incidenza a livellonazionale, di quasi il 7% della SAU. (AA.VV., 1997)

I motivi dell’inizio piuttosto stentato5, sia per il Regolamento nel suo insieme,ma soprattutto con riferimento alla misura A1, di particolare interesse per ilpresente studio, oltre che in una questione “culturale”, vanno ricercati in due ordinidi ragioni riconducibili, da un lato alla gestione burocratico-normativo ed alleprescrizioni dei disciplinari, e dall’altro all’entità degli incentivi economici.

Tra le prime si pensi, in particolare, ai ritardi nell’erogazione dei finanziamenti,nei controlli dell’A.I.M.A. e nell’accoglimento delle domande (Lo Piparo e Zezza,1996/c); alle ingiustificate sostanziali divergenze, per interventi dello stessogenere6, presenti nei diversi disciplinari di Regioni limitrofe, che penalizzano gli

441

al Nord, neanche 100 mila al Centro e solo poco più di 20 mila al Sud e Isole, ove diversiProgrammi non hanno incluso la misura A1, più specificatamente Sardegna, Calabria,Puglia e Abruzzo, mentre quello della Campania è stato approvato nel 1997 ed il Molisenon ha previsto tale tipo di intervento.5 Le difficoltà iniziali non sono state però una peculiarità meramente italiana, nell’ambitodell’U.E.: se, in Austria e Finlandia la superficie interessata dai programmi agro-ambientalicopre rispettivamente quote del 100% e del 75% della SAU totale, tale percentuale scendeprogressivamente in Germania (28,6%), Francia (16,7%), Portogallo (12,1%) e RegnoUnito (7,8%), fino ad Italia ed Irlanda (4%), mentre negli altri Paesi si presenta unasituazione ancor più sconfortante. E’possibile ritenere che i Paesi in cui i risultati sono statisuperiori, sono quelli che già in precedenza praticavano politiche analoghe, e quindi,avendo già maturato una certa esperienza in questo campo, la capacità di adattamentoall’impiego di questi strumenti è stata maggiore (AA.VV., 1996/a; Viaggi, 1996).6 Si noti, invece, come forme di intervento differenti trovino giustificazione nella necessitàdi tener conto delle esigenze locali, quali condizioni ambientali e pedoclimatiche chepossono determinare differenti situazioni fitosanitarie, tali da richiedere diverse soluzionidi difesa.

Page 90: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

agricoltori delle Regioni con gli “standard” più bassi (AA.VV., 1996/a)7; aproblemi di tipo squisitamente amministrativo legati alla modulistica delledomande, al software per l’elaborazione dei dati inefficace e inadeguato. Ciò acomprova che l’adozione di misure, sia più tipicamente strutturali che di sostegnodiretto e/o disaccoppiato al reddito, necessitano di un grado di eff i c i e n z adell’apparato gestionale spesso non raggiunto dalla Pubblica Amministrazione delnostro Paese, che oggi, come in passato, finisce con il penalizzare gravemente glioperatori agricoli italiani rispetto a quelli degli altri partner comunitari.

Per quanto riguarda l’ammontare dei premi poi, questi non sempre riescono acompensare la riduzione di reddito prevista: non a caso, infatti, i risultati più scarsinell’applicazione della misura si sono verificati al Nord dove prevale unaagricoltura di tipo intensivo, anche se il problema del basso livello del premio peròè stato riscontrato anche in alcune Regioni del Centro e del Sud.

2.2. Il programma regionale nel Friuli-Venezia Giulia

Queste tendenze, ravvisabili globalmente a livello nazionale, trovano ungenerale riscontro anche nel Friuli-Venezia Giulia che, pur essendo una tra leprime Regioni ad aver visto approvato il proprio piano zonale, nei primi tre anni diapplicazione del Regolamento ha potuto contare su una scarsa adesione sia intermini di numero di beneficiari che di superficie interessata, e solosuccessivamente, grazie anche alle modifiche introdotte al programma regionaleha potuto riscontrare una risposta positiva. (Marangon, 1997; Piani e Santi, 1996 e1997).

L’applicazione a livello regionale è stata così caratterizzata da diverse fasicontraddistinte dalla progressiva modifica del Programma attuativo, approvato inuna prima versione nell’aprile 19948, modificato una prima volta nell’ottobre1996, ed infine redatto nella stesura definitiva nel febbraio 1997.

Tale Programma comprende, inizialmente, l’applicazione di tutte le misurecontemplate dal Reg. (CEE) 2078/92, attraverso criteri che si riveleranno alquanto

442

7 Proprio per superare queste incongruenze, l’allora MIRAAF avvia, nel 1995, un’opera diverifica congiunta con le Regioni, che porta, nel 1996, alla elaborazione di un documentochiamato Criteri per la definizione delle norme tecniche di difesa delle colture e controllodelle infestanti nell’ambito dell’applicazione della misura A1 del Reg. (CEE) 2078/92,documento poi approvato dalla Commissione europea, e che costituisce il punto diriferimento per le Regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Liguria, Lazio,Emilia Romagna, Piemonte, Basilicata, Toscana, Sicilia, Marche e per la Provinciaautonoma di Trento (Setti, 1997).8 Per la precisione con la delibera n. 1349 del 15 aprile 1994 della Giunta Regionale e conla decisione della Commissione Europea n. C (94) 825 del 3 giugno 1994.

Page 91: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

restrittivi e talvolta ingiustificati. Difatti, innanzitutto, prevede la differenziazioneterritoriale delle misure, consentendo l’applicazione soltanto di alcune a tutto ilterritorio regionale, riservandone altre alle sole “zone sensibili”9, determinate, tral’altro, su base amministrativa10. Inoltre, prescrive, per buona parte delle misure,l’obbligo di applicazione a tutta la superficie aziendale, investendo tutte le colturepresenti in azienda, con conseguente difficoltà di adesione per imprenditori chenon siano unici proprietari dell’azienda o della superficie sottoposta all’impegno11;impedisce poi, in caso di ampliamento della superficie aziendale, l’estensione dellemisure alle nuove acquisizioni, e , salvo cause di forza maggiore, non consente dicontinuare l’impegno nel caso di cambio di conduzione. Infine, l’introduzione diquesto strumento di politica agro-ambientale non viene accompagnato da unaadeguata “campagna” informativa sui metodi di produzione compatibili conl’ambiente. (Piani e Santi, 1996 e 1997).

Di conseguenza, anche l’adesione complessiva al Reg. ( C E E ) 2078/92 nelF r i u l i - Venezia Giulia, così come quella nazionale, si dimostra molto al di sottodelle aspettative, dato che nel primo triennio di applicazione vengono accettatesoltanto 167 domande. Fra queste un interesse particolare è dimostrato per lamisura A2, relativa all’agricoltura biologica, B2, relativa alla conversione deiseminativi a prato e al mantenimento dei prati e dei pascoli, e A 1-B1, relativaall’agricoltura integrata, mentre le altre misure non rivestono particolaresignificato poiché, vista l’applicazione irrilevante, hanno carattere residuale1 2.

443

9 Infatti, tenendo conto delle caratteristiche naturali, agricole ed ambientali del territorio ilProgramma individua diverse aree dal punto di vista ambientale in base alla capacità diassorbimento degli input chimici adottati nelle pratiche agricole correnti.10 Paradossalmente le zone non considerate “sensibili”, e che quindi rimangono esclusedall’ambito di applicazione di alcune misure, possono essere ugualmente meritevoli ditutela, perché, in realtà, più soggette a pratiche agricole intensive. Inoltre appare immo-tivato far corrispondere il concetto di zona “sensibile” sotto il profilo ambientale a dei mericonfini amministrativi, con il risultato di individuare i Comuni a più “alto rischio”, esclu-dendo, magari, zone limitrofe con gli stessi problemi dal punto di vista ambientale, cheinvece rientrano in Comuni a “basso rischio”.11 Per poter inoltrare la domanda, infatti, il conducente deve dimostrare che tutti glieventuali comproprietari, concedenti in uso, affitto o comodato hanno espresso un parerefavorevole all’adozione della misura; la difficoltà si accentua se si tiene conto del fatto cheil Catasto non è aggiornato e l’impossibilità di assumere qualsiasi impegno si concretizzasoprattutto nelle zone montane dove esistono particelle “microscopiche” di terreno con piùproprietari magari residenti all’estero.12 Più specificatamente la misura A2 ha avuto risultati apprezzabili (44% del totale delledomande, e il 13% dell’intera superficie sottoposta del Programma regionale); la misuraB2, ha coperto il 35% delle domande.; la misura A1-B1 ha riguardato il 13% delledomande presentate nella regione, con 562 ettari, pari al 26% della superficie investita dalRegolamento.

Page 92: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Conseguentemente, per il periodo 1994-1997, dei circa 48 miliardi di disponibilitàfinanziarie, destinate al pagamento dei premi relativi alle misure, soltanto 2vengono effettivamente utilizzati13.

In seguito, al fine di migliorarne l’attuazione ed utilizzare tutti i fondi messi adisposizione dall’U.E., vengono apportate, in due fasi successive 1 4, dellemodifiche significative al Programma regionale, tese ad aumentarne la flessibilità.Queste, grazie anche, sicuramente, alla diffusione di una maggiore informazione,determinano un aumento nel numero di domande che, nel 1997, raggiungono le1.869 unità, con una superficie interessata di quasi 20.000 ettari, concentrata peroltre il 70% nella Misura B. Si riscontra, inoltre, un incremento, in tutte leprovince, della Misura A1 (21% delle domande complessivamente presentate) pariad oltre 10 volte il dato 1996, con 3.900 ettari complessivi, di cui 1.192 destinati avigneti e ad altre colture arboree (esclusi gli oliveti). (Bortolozzo, 1998; Galassi eMazzini, 1998; Guario, 1998).

2.3. L’applicazione del Reg. (CEE) 2078/92 nella viticoltura della DOC Collio

2.3.1. Il Collio e la viti-vinicoltura nel contesto nazionale e regionale

Nel panorama vitivinicolo nazionale, al Friuli-Venezia Giulia è riconosciutauna posizione di rilievo per le scelte decisamente orientate alla produzione di qua-lità, soprattutto in alcune aree fortemente vocate come la zona DOC Collio, che siestende, con circa 1.600 ettari di vigneti collinari specializzati, attraverso la fasciacollinare settentrionale della provincia di Gorizia, a ridosso del confine con laSlovenia15.

444

13 I contributi erogati hanno riguardato, per 474 milioni la campagna 1994, 499 milioni lacampagna 1995 e 547 milioni la campagna 199614 La Giunta regionale il 31 ottobre 1996 con la delibera n. 4993 ha approvato le modifichee le integrazioni al Programma inviate alla Commissione Europea dalla Direzioneregionale dell’agricoltura il 14 marzo 1996 e successivamente integrate con note del 25settembre 1996 e del 10 ottobre 1996. In seguito, al fine di firmare il testo contenuto nelladelibera n. 4993 della Giunta regionale, la Commissione CEE nel febbraio 1997 ha presocontatto con la Direzione Regionale dell’Agricoltura comunicando la volontà di approvareil nuovo Programma a condizione che venissero apportate delle modifiche chesubordinavano, tra l’altro, l’approvazione del Programma stesso. Tali modifiche risultanoinserite nel Programma Regionale con delibera n. 657 del 7/3/97.15 La zona DOC del Collio comprende i comuni di Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegnadel Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio e San Lorenzo Isontino.Tale territorio corrisponde quasi completamente a quello della Comunità Montana delCollio, non comprendendo quest’ultima il comune di Farra d’Isonzo (AA.VV., 1996/b).

Page 93: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Infatti, nonostante il comparto regionale, in confronto con la realtà nazionale,occupi, sotto il profilo quantitativo, una posizione complessivamente marginale16 ela superficie investita a vite risulti sostanzialmente invariata a partire dagli anniS e t t a n t a1 7 in poi, una quota crescente delle superfici a vigneto entra a far partedelle produzioni DOC e, quindi, di pregio (Prestamburgo, 1997). Dal confronto trai due ultimi censimenti (1982-1990), si rileva che gli ettari destinati allaproduzione di vini pregiati sono passati da 9.810 a 11.329 (61,8% del totale), cuiha fatto riscontro una riduzione delle superfici impegnate nella produzione di altriv i n i ( 11.701 ettari nel 1982 contro i 7.004 del 1990), ed una contrazione delnumero di aziende che producono vini di qualità (-4,9%) di molto inferiore rispettoa quelle orientate alla produzione degli altri vini (-38,8%).

In linea con questa tendenza, ma con una accentuazione verso produzioni dipregio, si attestano i dati della provincia di Gorizia (area amministrativa in cui sicolloca la zona DOC Collio), ove, nel corso di circa un ventennio, si è passati dai3.578 ettari del 1982 ai 3.630 ettari del 1990, pari al 21% della SAU;particolarmente rilevante risulta la quota crescente delle superfici a vigneto cheentrata a far parte delle produzioni di pregio: nel 1990 ben 2.720 ettari risultanodestinati a produrre vini DOC, contro gli 872 utilizzati per la produzione degli altrivini.

Nell’ambito della provincia Isontina, un territorio, che presenta una spiccatanaturale vocazione per la produzione di vini di pregio è la zona del C o l l i o, unadelle prime in Italia ad ottenere, nel 1968, il riconoscimento della DOC18.

Da tale data, le superfici destinate alle produzioni DOC hanno manifestato uncostante incremento, salvo una fase di relativa stabilità durante gli anni Ottanta,attestandosi intorno ai 1.600 ettari circa nel 1996. A tale ampliamento dellasuperficie vitata ha fatto riscontro, nel contempo, una complessiva riduzione delnumero di aziende che, nel periodo 1982-1990, è passato da 1.178 a 883 unità, conconseguente, incremento della superficie vitata media aziendale (Marangon ePrestamburgo, 1995).

445

16 In base ai dati del IV Censimento Generale dell’Agricoltura (1990) sul totale dei vini edin confronto con la realtà nazionale, la Regione detiene una quota pari al l’1,9% circa delnumero di aziende ed al 2,1% delle superfici, che divengono, rispettivamente, il 2,1% ed il5,9% se si considera la superficie investita a vigneti atti a produrre vini di qualità.17 Più precisamente tale superficie ha oscillato intorno ai 21 mila ettari negli anni Settanta,per presentare una successiva contrazione, anche se non particolarmente ampia in terminipercentuali, ed attestarsi agli inizi degli anni Novanta intorno ai 18.300 ettari.18 Con tale riconoscimento vengono anche sancite le norme relative alla produzione ed alcommercio, contenute in un severo disciplinare proposto dal Consorzio per la Tutela deiVini Collio, costituito nel 1965 tra gli operatori della zona.

Page 94: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Tali dinamiche strutturali hanno determinato nell’arco di un ventennio (1976-1996), un cospicuo aumento della produzione di vini pregiati da 39.724 a 74.996ettolitri, con netta prevalenza dei vini bianchi, cresciuti dal 75% del totale nel1976, all’86% del 1996, ed una certa concentrazione in alcuni tipi di vitigni, qualiPinot grigio, Pinot bianco, Tocai friulano, Sauvignon, Merlot.

Va detto che un contributo importante a questa evoluzione è stato dato dalConsorzio Tutela Vi n i C o l l i o, al quale oggi aderiscono 220 soci i cui vignetirappresentano circa il 70% della superficie vitata della zona, che oltre a svolgereun’attività di consulenza tecnica, al fine di supportare l’operato delle aziendestrutturalmente più deboli, ha contribuito notevolmente all’opera di miglioramentogenerale della viticoltura, orientando le aziende verso soluzioni compatibili con leesigenze naturalistiche e paesaggistiche, prestando particolare attenzione ai nuoviimpianti, attraverso l’esecuzione di sistematiche analisi del suolo perrazionalizzare l’uso dei fertilizzanti, ed istituendo un servizio di difesaantiparassitaria guidata ed integrata19.

Sotto il profilo naturalistico e paesaggistico è opportuno anche ricordareproprio la comprovata valenza paesaggistica della viticoltura, evidenziata dadiversi studi in materia, e quindi l’importanza del comparto nella gestioneambientale e territoriale. (Tempesta, 1997).

Inoltre, i produttori locali, negli ultimi tempi, si trovano a fronteggiare laconcorrenza di vitivinicoltori sloveni che, in attesa dell’ingresso nell’U.E. e quindioperando in assenza di vincoli produttivi, stanno ampliando la superficie vitata,aumentando e migliorando le produzioni. Tale politica condotta nel vicino CollioSloveno (B rd a) determina, in un mercato tendenzialmente assimilabile allaconcorrenza monopolistica, causa anche la possibilità di confusione del prodotto edel marchio, una pericolosa competizione commerciale sui mercati internazionali.(Cosmina, 1997).

2.3.2. La zona DOC “Collio” e le misure agro-ambientali

Da quanto fino ad ora esposto emerge come il C o l l i o, per la sua chiaravocazione vitivinicola, rappresenti un’area strategica sia nel comparto vitivinicoloregionale che nel più generale contesto socio-economico provinciale, territorio incui operano imprenditori agricoli che hanno saputo cogliere l’opportunità diinserimento, nel settore commerciale dei vini di alta qualità. In questo scenario

446

19 Quest’ultima attività viene svolta attraverso un complesso apparato per l’acquisizione didati agrometeorologici, composto da una rete di rilevamento collegate via radio con unacentrale di elaborazione, presso la sede consortile.

Page 95: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

l’adozione di pratiche colturali a minor impatto ambientale, oltre ad inciderepositivamente sull’ambiente20 e sul paesaggio, può contribuire efficacemente alladifferenziazione produttiva.

Il Programma Regionale di applicazione del Reg. CEE 2078/92, attraverso laMisura A1, ha inteso, in generale, incentivare all’adozione di pratiche agricolemeno dannose per la salute umana e per l’ambiente, applicando precisi disciplinaridi produzione, contenenti azioni in grado di imprimere una sensibile riduzionedell’impiego di concimi e fitofarmaci. Per la coltivazione della vite e dei principalifruttiferi è prevista l’osservanza dei criteri di lotta guidata ed integrata conl’esclusione di determinati principi attivi, opportunamente elencati, il divieto diutilizzare erbicidi tra le file, e la riduzione obbligatoria del 20% delle concimazioniminerali ed organiche.

Occorre rilevare, innanzitutto, come nella prima versione del ProgrammaRegionale, l’applicazione della Misura A1, riguarda, oltre che l’intera superficieaziendale, le sole aree s e n s i b i l i, in cui, per la zona DOC C o l l i o rientrano i solicomuni di Farra d’Isonzo e Gorizia. Vi sono, inoltre, delle prescrizioni in tema dilavorazione e di impianto che prendono la lavorazione lungo le sole file, conobbligo dell’inerbimento senza asportazione degli sfalci, una densità di impiantominima pari a 2.200 piante, nonché l’esclusione dei nuovi impianti e reimpiantieseguiti successivamente al 31 luglio 1993. Infine, gli aiuti previsti sonocorrisposti solo qualora si applichi anche la Misura B1, relativa all’estensiviz-zazione delle produzioni vegetali.

Con la seconda versione del Programma si riscontrano alcune modifiche di nonpoco rilievo: in primo luogo, l’applicazione della Misura A1 viene estesa all’interoterritorio regionale con un regime di premi distinto fra superfici ricadenti in zonesensibili e non, e limitata alla sola superficie oggetto dell’impegno. Per quantoconcerne invece le prescrizioni specifiche per la coltura della vite, si riscontrano lacancellazione dell’inerbimento permanente e la riduzione della densità di impiantominima per ettaro che scende a 1.600 piante.

Con l’approvazione del testo coordinato definitivo del Programma si assiste adun’ulteriore serie di importanti modifiche, tra cui appaiono rilevanti gli obblighi diestendere i metodi produttivi eco-compatibili applicati ad una specifica coltura, atutte le superfici aziendali coltivate allo stesso modo, anche se comprese in corpifondiari diversi, e, per le aziende costituite da un unico corpo fondiario, di stenderel’impegno all’intera superficie aziendale. In tema di vigneti poi viene introdotta la

447

20 Un ricorso misurato all’utilizzo di concimi e fitofarmaci, infatti, non può che contribuireall’ottenimento di un prodotto di qualità migliore. Si consideri poi non solo la possibilità dievitare, o comunque di ridurre, l’accumulo di sostanze dannose nel prodotto, ma anchel’opportunità di rispondere in modo adeguato alle sempre più pressanti esigenze, anche daparte dei consumatori, di tutela ambientale e della salute.

Page 96: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

possibilità di applicare le misure anche i vigneti di recente impianto, motivata dallanecessità di poter realizzare un maggior controllo sul rispetto del disciplinare21, ela densità di impianto viene ridotta a 1.000 piante per ettaro.

3. Analisi dell’adesione alle misure agro-ambientali nella viticoltura del Collio

3.1. Metodo di indagine

Al fine di approfondire le conoscenze sulle problematiche e sulle prospettive diapplicazione delle misure agro-ambientali nel zona del C o l l i o si è proceduto arealizzare una indagine sulla totalità delle aziende viticole dell’area che hannofatto richiesta di adesione a tale misura e la cui domanda, in seguito ai controlliprevisti per la verifica dei requisiti necessari alla adesione, è stata accettata. Inparticolare si è inteso:

delineare il profilo delle aziende aderenti, rilevando: forma di conduzione,dimensione dell’azienda, forma giuridica, appartenenza o meno ad associazioni e/ocooperative, ripartizione della SAU;

esaminare le motivazioni alla base dell’adesione, nonché la preesistenza inazienda di una tecnica agronomica simile a quella richiesta dal Programma;

rilevare, quanto più possibile, le osservazioni dei viticoltori relativamente alpremio corrisposto in contropartita all’adesione ed alle difficoltà di applicazionedelle prescrizioni tecnico-produttive previste dalla misura stessa.

Una prima considerazione da farsi riguarda l’evoluzione avvenuta, in termini diadesione, nel corso di questi primi anni di applicazione: nel 1994 vi è un’unicaazienda ricadente nella zona DOC Collio impegnata ad applicare la Misura A1 allacoltivazione della vite; il 1995, addirittura, mostra la totale assenza di domande;nel 1996 si assiste a 3 nuove adesioni. Nel 1997, invece, le aziende risultano essere68. Tale evoluzione appare spiegata, in buona misura, dalle modifiche intervenutenel contenuto del Programma Regionale, concernenti sia aspetti generali, chespecifiche disposizioni per la viticoltura.

La raccolta dei dati necessari all’analisi è avvenuta, nel 1997, attraverso lasomministrazione di un questionario, appositamente realizzato, dal quale si

448

21 In precedenza, infatti, si verificava la seguente situazione: in occasione di un controllosulla tenuta del registro aziendale ci si poteva imbattere in una fattura di acquisto relativa afitofarmaci non consentiti dal disciplinare. A questo punto risultava difficile procedere aduna verifica per accertare la destinazione di tali prodotti, se cioè gli stessi fossero statiutilizzati per i terreni rientranti nel Programma o meno.

Page 97: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

potessero trarre le informazioni necessarie. Delle 68 aziende vitivinicole aderentialla Misura A1, 4 non hanno ritenuto di collaborare, riducendo così a 64 lanumerosità dei casi oggetto di studio.

3.2. Caratteristiche strutturali e tipologiche del gruppo di aziende esaminate

Considerando le caratteristiche strutturali delle aziende esaminate è possibileeffettuare alcune osservazioni generali:

A) l’adesione al Programma agro-ambientale ha riguardato, a confronto dellaspecifica realtà territoriale, un maggior numero di aziende a conduzione ineconomia e/o di dimensioni medio-grandi;

Difatti la forma di conduzione prevalente è quella diretta (84%) (di cui circa il78% appartengono alla classe con SAU inferiore ai 10 ettari), mentre laconduzione con salariati ha riguardato il 16% del totale (al cui interno vi è laprevalenza di aziende con superficie superiore ai 20 ettari, il 40% presenta unaSAU tra i 20 ed i 50 ettari, il 30% superiore ai 50 ettari). Dati che, pur noninvertendo i risultati registrati a livello “territoriale” (provincia di Gorizia eCollio), attenuano sensibilmente la prevalenza della conduzione diretta22 a favoredi quella in economia.

Considerando poi il dato complessivo sulla dimensione aziendali si riscontrache il 34% delle aziende presenta una SAU inferiore ai 5 ettari (con unadimensione aziendale media di 3,2 ettari), il 33% appartenente alla classe di mediagrandezza di 5-10 ettari (con una dimensione media aziendale di 7,2 ettari), 16% sicolloca nella classe con SAU tra i 10 ed i 20 ettari (16,5 ettari medi aziendali), edl’11% hanno una SAU tra i 20 e 50 ettari (con una dimensione media pari a 30,9ettari). Dati che, rispetto alla realtà territoriale, evidenziano una composizionetendenzialmente più consistente nelle classi di ampiezza più elevate23.

449

2 2 Si osservi, infatti, come il Censimento generale dell’Agricoltura del 1990, rilevanell’ambito dell’intera provincia isontina, una netta prevalenza delle aziende con vite aconduzione diretta (97%), mentre quelle condotte con salariati risultano coprire solo il2,5% delle unità censite. Inoltre gli otto comuni della DOC C o l l i o presentano unadistribuzione simile a quella dell’intera provincia di Gorizia: 96,9% le aziende inconduzione diretta e 2,8% le aziende con salariati.23 Infatti, prendendo in esame i dati censuari del 1990 sul numero delle aziende con vitepresenti nella provincia isontina, si nota come ben il 63,1% presenti un SAU inferiore aicinque ettari e come il 37,8% di esse possa contare su una SAU inferiore ai 2 ettari. Perquanto riguarda le altre classi le percentuali risultano essere del 20,6% per le aziende conSAU tra i 5 ed i 10 ettari, dell’11,1% per quelle con SAU tra i 10 ed i 20 ettari, del 3,9%per quelle con SAU tra i 20 ed i 50 ettari e dell’1,3% per SAU superiori ai 50 ettari.

Page 98: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

B) il modello di impresa si conferma essere quello dell’impresa familiareproprietario-coltivatrice;

Si nota, innanzitutto, una forte prevalenza (l’84%) di aziende che rivestono laforma giuridica di persona fisica, ed il 59% dei terreni rilevati, pari a unasuperficie di 662 ettari, sono di proprietà dei conduttori. In ben 29 aziende su 64poi, il conduttore si avvale dell’aiuto dei familiari, ed in due l’intero nucleofamiliare presta la propria attività lavorativa all’interno dell’azienda, mentre in 15aziende vi è il ricorso al lavoro salariato extra-aziendale24.

C) la forza lavoro presenta un notevole grado di senilizzazione, il linea con lecaratteristiche generali del settore, ma con una scolarizzazione superiore al datogenerale;

Del totale dei 64 conduttori delle aziende rilevate (di cui 55 risultano esseremaschi e 9 femmine), la metà presenta un’età compresa tra i 40 ed i 60 anni, edoltre 1/3 supera i 60 anni, mentre la classe di età più bassa, 20-40 anni, presenta unnumero piuttosto esiguo di soggetti, evidenziando appunto un grado disenilizzazione tipico del settore agricolo. Per quanto riguarda il grado discolarizzazione invece, se oltre il 64% degli intervistati ha dichiarato di non averproseguito gli studi dopo la scuola dell’obbligo, il 27% possiede un diploma discuola superiore e quasi il 10% è laureato25.

A titolo di confronto si noti che nella Comunità Montana del Collio nel 1991 iresidenti con diploma erano il 24,8% degli alfabeti con oltre 6 anni di età, ed ilaureati il 4,8% (Marangon e Prestamburgo, 1995).

D) il capitale aziendale, in termini di macchine ed attrezzi e strutture ditrasformazione, appare adeguato;

Si rileva, infatti, come in tutte le aziende sia presente un trattore e come anchele aziende di piccola dimensione dispongano di quella che è l’attrezzatura minimanecessaria per la coltivazione della vite. Le imprese che trasformano l’uva in vinosono 36, dotate degli strumenti necessari ad attuare tale operazione; di queste 27dispongono di un impianto di imbottigliamento e, in alcuni casi, si riscontra ilricorso a terzi per realizzare la fase finale di confezionamento. La produzioneimbottigliata, comunque, ammonta al 73% circa del totale. Trentanove delleaziende censite sono dotate anche di cantina e, tralasciando quelle con dimensioni

450

24 Si osservi che il ricorso alla manodopera stagionale non è così marcato come potrebbesembrare ed è presente per lo più nelle aziende di maggiori dimensioni. Una giustificazionea tale fenomeno si ha nel fatto che durante la vendemmia, periodo in cui si famaggiormente sentire l’esigenza di forza lavoro, vi è l’usanza di ricorrere ai parenti.25 Più precisamente il 95% dei soggetti che hanno frequentato la sola scuola elementarepresenti un’età superiore ai 50 anni e delle sei lauree rilevate tre appartengono a soggetti dietà compresa tra i 40 ed i 50 anni.

Page 99: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di scarso rilievo, il 43% può contare su di una struttura dalle dimensioni compresetra i 100 ed i 500 mq., mentre il 33% supera tale limite.

E) La produzione viticola si caratterizza per la preponderanza di vini DOC,prevalentemente, ma non esclusivamente, DOC Collio;

Dai dati raccolti si evince, come la produzione di vini di qualità rappresenti laquasi totalità (92,5%) della superficie a vite rilevata (ovvero 508,5 ettari su quasi550) e, com’era ovvio attendersi, il 74% del totale (407 ettari) riguarda laproduzione di vini DOC Collio, mentre il rimanente concerne terreni che, oltre aprodurre vini cosiddetti comuni (7,5%), producono anche altri vini DOC26 (102,6ettari), ad indicare che diverse aziende (27) oltre a possedere delle superficinell’area di riferimento, presentano dei terreni in altre zone. Questo significa che iviticoltori della zona di riferimento hanno colto l’opportunità di inserimento nelsegmento commerciale dei vini di alta qualità, in prevalenza vini bianchi (80%circa delle superfici censite) con una certa concentrazione in alcuni tipi di vitigni:Pinot grigio, Sauvignon, Tocai friulano, Pinot bianco, Merlot. Inoltre, ben 21aziende presentano una specializzazione vitivinicola, ovvero con l’intera superficieagricola utilizzata coltivata a vite27.

Considerando poi la distribuzione territoriale delle aziende, si nota come il 33%appartenga al comune di Cormòns, seguono con notevole distacco il comune diDolegna del Collio e di S. Floriano del Collio, entrambe con 9 aziende28.

Una buona parte della superficie, il 29%, presenta viti con età superiore ai 20anni, seguita dal 31,1% che invece presenta un’età compresa tra i 10 ed i 20 anni.Si noti, inoltre, come la presenza di 78,2 ettari con viti di età compresa tra 3 ed i 6anni, ed i 76,2 ettari di quelle inferiori ai 3 anni, possa condurre ad affermare chela modifica intervenuta nel testo del Programma regionale agro-ambientale, inmerito all’esclusione dei nuovi impianti e reimpianti, eseguiti successivamente al31 luglio 1993, ha prodotto effetti significativi: la superficie investita a vite conimpianti o reimpianti successivi a tale data è pari a 45,5 ettari, cioè circa l’8% dellasuperficie vitata totale.

Un’ulteriore caratteristica riguarda la densità degli impianti in cui si è

451

26 I vini DOC riscontrati sono DOC Isonzo e DOC Colli Orientali del Friuli.27 Di queste 21 aziende, 11 presentano una SAU inferiore a cinque ettari, 4 tra i cinque ed i10 ettari, 3 tra i dieci e venti ettari, 2 tra i venti e cinquanta ettari ed 1 oltre i 50 ettari.28 Si noti come nel comune di Capriva del Friuli, che conta solo di 7 aziende, si concentriben il 26,4% della superficie vitata rilevata. Tale situazione trova giustificazione nel fattoche 4 delle 7 aziende del comune in oggetto, risultano essere di grandi dimensioni. Pocopiù di 136 ettari invece, risultano collocati nel comune di Cormòns, seguono Dolegna delCollio con 87 ettari circa, S. Floriano del Collio con 70,2 ettari, Farra d’Isonzo con 44,1 eil comune di Gorizia con 41,9. I rimanenti comuni invece non presentano percentuali disuperficie particolarmente rilevanti.

Page 100: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

riscontrato che negli ultimi anni (impianti entrati in produzione a partire dalla finedegli anni Ottanta) vi è stata la tendenza ad aumentare il numero di piante perettaro, a significare che le aziende del Collio sono orientate a produzioni di qualitàed a bassa produzione per ceppo29.

3.3. Analisi delle motivazioni dell’adesione alle misure agro-ambientali

Le informazioni raccolte consentono di realizzare un approfondimentorelativamente alle variabili determinanti nella scelta di adesione30, in particolare èpossibile effettuare le seguenti deduzioni:

La maggioranza delle aziende rilevate (81%) deve la conoscenza dell’esistenzadel Regolamento a fonti qualificate quali le Associazioni di categoria, l’Ispettoratodell’Agricoltura di Gorizia, la Cantina Produttori Vini di Cormòns ed il ConsorzioTutela Vini DOC Collio, a testimonianza del buon rapporto sussistente tra leimprese di produzione e le varie realtà operanti nel settore vitivinicolo.

L’adesione maggiore alla misura A1, in termini di superficie assoggettata, hariguardato la vite (oltre il 92% della superficie interessata all’adesione), mentrerisultano poco rilevanti le altre colture, probabilmente a causa degli specificidisciplinari di produzione ritenuti troppo rigidi.

Il 27% degli intervistati attribuisce la ragione principale della propria adesionead una duplice motivazione: la consapevolezza che un eccessivo uso di concimie/o fitofarmaci è dannoso per l’ambiente, ma anche per chi vi lavora, e lapossibilità di ricevere un contributo economico.

Più precisamente un 50% degli intervistati, tra le varie motivazioni addotte, citala propria sensibilità nei confronti dei danni ambientali (e non solo) che possonoderivare da un uso eccessivo di concimi e/o fitofarmaci, risposta che diviene piùfrequente all’aumentare del grado di istruzione. Inoltre, poco più della metà degliintervistati, che già in precedenza utilizzavano una pratica agronomica noneccessivamente dissimile da quella richiesta nel Programma, includono tra lemotivazioni all’adesione la preesistenza, in azienda, della lotta guidata. A t a l

452

29 Infatti, solitamente le distanze di impianto sono subordinate all’obiettivo enologico, alclima, al terreno, al sistema di allevamento e di potatura che si intende adottare, ed a lorovolta influenzano la qualità e la quantità, in quanto oltre certi livelli di produzione perceppo (variabile con il vitigno, l’ambiente, le forme di allevamento) le caratteristichequalitative si degradano.30 Va precisato che gli intervistati potevano fornire risposte multiple indicando più d’unamotivazione per l’adesione.

Page 101: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

proposito è opportuno precisare che il oltre il 67% delle aziende censite31, an corprima di aderire alla Misura A1 (riduzione di concimi e/o fitofarmaci) praticava lalotta guidata32.

Per un considerevole numero di imprenditori agricoli, come era ovvioattendersi, appare rilevante, nella scelta di adesione, l’esistenza di un compensoeconomico in cambio dell’assunzione dell’impegno, e nel 17% degli intervistatirisulta, seppur collegato ad altri elementi, determinante all’adesione, importanzache cresce all’aumentare della SAU dell’azienda, e dell’età del conduttore3 3,mentre non risulta, correlato al livello di istruzione. Inoltre, si può desumere chetale fattore per l’80% delle aziende se non appare decisivo, risulta almenorilevante. L’11% ha spiegato poi l’adesione non indicando esplicitamente l’aspettoe c o n o m i c o3 4 della questione, motivando la propria adesione per il fatto che lepratiche agronomiche precedentemente utilizzate (lotta guidata), non sidiscostavano di molto dalle prescrizioni tecnico produttive previste dalProgramma. Si osservi al riguardo che, accettando l’attendibilità delle risposte, ilsussidio, per questi soggetti, andrebbe a configurarsi come una vera e propriarendita.

Si osservi anche come, tra le motivazioni che hanno indotto gli agricoltori adaderire alla misura A1 compaia una delle modifiche apportate al Programma e già

453

31 Si nota, infatti, come ben il 39,5% di tali aziende affermi di aver usufruito del servizioofferto dal Consorzio Tutela Vini DOC Collio mentre il 28% delle aziende fa riferimento aitecnici della Cantina Produttori Vini di Cormòns. Otto sono inoltre i conduttori cheaffermano di seguire personalmente la lotta guidata.3 2 Chi aderisce alla Misura A1 del Programma regionale agro-ambientale è chiamato acompiere un ulteriore sforzo, rispetto a quello necessario per la lotta integrata o per quellaguidata. Questo sforzo ulteriore riguarda principalmente: (a) la scelta dei prodotti che sipossono utilizzare, che sono rigorosamente elencati nel disciplinare; (b) il numero ditrattamenti consentiti nell’arco di un certo periodo. Ed è proprio su tale contenuto che, neltempo, si è ritenuto opportuno intervenire. Tra le modifiche apportate al disciplinare unruolo decisivo nell’incoraggiare all’adesione lo hanno avuto proprio le modificheintervenute in merito ai fitofarmaci, sia in termini di prodotti utilizzabili che in numerod’interventi da potersi effettuare.3 3 Il 43,4% dei conduttori con età compresa tra i 29 ed i 39 anni non fa riferimento alcontributo economico quale elemento decisivo per la loro adesione e quindi è possibileritenere che all’aumentare dell’età la variabile ambientale assume importanza solo secombinata a quella economica.34 A conferma della maggior sensibilità al contributo economico delle aziende di maggiordimensione, dei 13 intervistati che nella loro motivazione all’adesione non fanno alcunriferimento al fattore economico, solo un’unità presenta una SAU superiore ai 10 ettari; lealtre dodici aziende si distribuiscono nelle classi con SAU inferiore ai 5 ettari e compresatra i 5 ed i 10 ettari, nel seguente modo: 7 nella prima classe e 5 nella seconda.

Page 102: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ricordate in precedenza: la possibilità di impegnare vigneti di recente impianto oreimpianto. Sembra opportuno evidenziare, inoltre, come sette delle aziendecensite attribuiscano, almeno in parte, la loro adesione alle indicazioni pervenuteda parte della Cantina Produttori Vini di Cormòns, che quindi ha svolto undeterminante ruolo informativo.

3.4 Analisi della valutazione degli imprenditori agricoli sulle misure agro -ambientali

I dati ottenuti consentono anche di delineare un profilo della valutazione daparte degli imprenditori agricoli del premio corrisposto per l’adesione alle misureagroambientali regionali, e dei disciplinari previsti dal Programma Regionale.

Per quanto concerne il giudizio sull’ammontare del premio corrisposto, si rilevail parere positivo di ben il 44% degli intervistati, percentuale che decresceall’aumentare della SAU aziendale35 e del grado di istruzione del conduttore36, conl’unica eccezione per i laureati, i quali, per la quasi totalità, si esprimono in modopositivo37.

Si nota, inoltre, come il 20% degli intervistati ritiene che i rischi connessiall’applicazione della Misura A1 siano superiori al premio corrisposto. I rischi cuifanno riferimento i viticoltori sono quelli strettamente connessi alle avversitàatmosferiche e all’attacco particolarmente intenso o ripetuto di alcuni patogeni. Intali occasioni i vincoli imposti dal Programma regionale agro-ambientale nonsempre consentono di intervenire al fine di limitare al minimo i danni, con ilrischio di perdere (sia quantitativamente sia qualitativamente) parte della propriaproduzione.

Vi sono poi altre risposte che, sembrano offrire uno spunto per alcuneriflessioni. La prima, riguarda la lamentela sollevata da una delle aziende censite

454

35 Tale percentuale passa, infatti, dal 51,5% della prima classe di SAU al 43,8% dellaseconda, al 37,5% della terza al 20% della quarta mentre, nessuna delle due aziende conSAU superiore ai 50 ettari, si è espressa con un giudizio positivo.36

Tra coloro che detengono la sola licenza elementare il 50% si esprime in maniera positivanei confronti del premio corrisposto mentre, l’altro 50%, solleva perplessità citando i rischiconnessi ad annate particolarmente difficili ed al maggior impegno richiesto dalla praticaadottata. Questi ultimi sono più numerosi tra gli operatori con titolo di studio di scuolamedia inferiore e superiore, anche se tra i primi ben il 23,8% afferma di trovarsi un po’ indifficoltà nel dover esprimere un giudizio. La situazione si capovolge se si considerano ilaureati: la quasi totalità, infatti, si ritiene soddisfatto del contributo erogato.37 Va però ricordato come la quasi totalità dei soggetti intervistati sia al primo anno diapplicazione del Regolamento e per tale ragione il 15,6% dei conduttori afferma di nonessere in grado di formulare un giudizio obiettivo.

Page 103: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

in merito al fatto che esista un premio massimo concedibile per ogni aziendaagricola; la seconda concerne l’opportunità di differenziare il premio corrispostoanche a seconda che il terreno vitato sia o no inerbito. La prima situazione,riguarda un’azienda che avrebbe voluto aderire con altre superfici (diversamentecoltivate), ma non lo ha potuto fare a causa del fatto che avrebbe superato ilpremio massimo cui si è appena fatto riferimento. La seconda, richiamal’attenzione sul fatto che sarebbe opportuno procedere ad una differenziazione traterreno inerbito o no. Le ragioni riguardano essenzialmente il fatto che un vignetoinerbito richiede una concimazione maggiore in quanto si determina unacompetizione alimentare e idrica.

In generale il giudizio, in merito alle prescrizioni tecnico produttive, apparesostanzialmente positivo. La maggior parte di chi afferma di aver aderito ancheperché sensibili ai danni che possono derivare da un uso eccessivo di concimi e/ofitofarmaci, si esprime in modo non critico nei confronti dei disciplinari, mentre uncerto numero rileva possibili problemi in situazioni di non ordinarietà.

In generale infatti, il 72% non lamenta particolari problemi nell’applicazionedel disciplinare. Più precisamente, il 45% degli intervistati giudica tali prescrizioniin modo positivo, vi è poi chi le ritiene restrittive (senza specificare le ragioni),chi lamenta il fatto che non consentono un’adeguata lotta ai parassiti, chi ancorareclama la necessità di differenziare tra terreni inerbiti o meno e chi richiede una l l a rgamento della lista dei prodotti consentiti, sottolineando la necessità dimaggior attenzione nella composizione della stessa e verso le nuove formulazioni,che consentono di ottenere risultati migliori senza però risultare dannose perl’ambiente e per l’operatore agricolo. Il 27% ritiene poi che le prescrizionidovrebbero essere più flessibili, ma solo in situazioni di comprovata emergenza.

Si osserva inoltre come, in relazione al livello di istruzione, a formulare ilgiudizio meno positivo nei confronti di tali prescrizioni sia propria la parte deiconduttori con un titolo di studio intermedio tra la scuola dell’obbligo e la laurea.Infatti esprime un giudizio positivo il 100% dei laureati, il 35% e 43%,rispettivamente, di quanti hanno conseguito la licenza elementare ed il diploma discuola media inferiore, mentre chi possiede il diploma di scuola media superiore legiudica nel 24% dei casi un po’ rigide, e, nel 35% ritiene dovrebbero essere piùflessibili in certe circostanze.

Rispetto poi alle motivazioni dell’adesione, coloro i quali si sono espressi inmodo critico nei confronti del disciplinare (perché giudicano le prescrizionirestrittive), oltre a non essere in molti, si distribuiscono abbastanza uniformementetra le varie categorie. La maggior parte che ha aderito anche perché consapevole, equindi sensibile, ai danni ambientali, ha espresso un giudizio positivo nei confrontidelle prescrizioni tecnico produttive, e solo in misura contenuta (29%) reclama unamaggior flessibilità al verificarsi di determinate circostanze, mentre, una

455

Page 104: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

percentuale ancora minore (12%), ravvisa una certa rigidità nei disciplinari. Deiviticoltori che affermano di aver aderito solo ed esclusivamente per il contributoeconomico, il 55% non ha particolari osservazioni in tema di prescrizioni, il 27%solleva alcune lamentele, mentre i rimanenti richiedono una maggior flessibilitàsolo al verificarsi di determinate circostanze.

4. Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto esposto, quale è stato l’impatto del Reg. CEE 2078/92 nellaviticoltura di pregio della zona DOC Collio?

In primo luogo possiamo considerare i dati forniti dall’E.R.S.A del Friuli-Venezia Giulia, sezione vitivinicoltura, in merito alle superfici a vite rivendicatequali produttrici di vini DOC C o l l i o nel 1996. Operando un confronto con lostesso tipo di superfici, coinvolte però nell’attuazione della Misura A1 si nota che,a quella data, le superfici per le quali vi è stata rivendicazione post-vendemmiale,sono risultate essere di 1.367 ettari, per cui la percentuale di adesione alla MisuraA1 ammonta al 30%. Questa percentuale consente di affermare che l’adesione allamisura qui considerata ha riguardato una parte significativa della superficie inoggetto.

Nell’individuazione poi delle variabili determinanti occorre, innanzitutto, tenerconto dell’evoluzione temporale dell’adesione. Inizialmente va considerata la“novità” costituita dal provvedimento, che ha determinato comportamentidifferenziati tra gli operatori agricoli, per cui alcuni imprenditori innovatori hannoaderito fin dall’inizio al Programma Regionale, mentre solo successivamente altrili hanno seguiti.

A questo proposito vale la pena riaffermare come tutte le modifiche introdottealla prima versione del Programma abbiano sicuramente contribuito ad allargare ilnumero delle adesioni; difatti una revisione della prima stesura del Programma erad’obbligo, viste le notevoli differenze, riscontrate rispetto ai disciplinari menorigidi di altre Regioni, differenze che penalizzavano gli operatori locali. E ciò, inspecial modo, nei riguardi della vicina Regione Veneto, cui si è fatto particolareriferimento nella predisposizione delle modifiche.

Tali modifiche hanno consentito a molti operatori di aderire molto piùfacilmente ai disciplinari, proprio tenendo conto che i le prescrizioni produttivepreviste dalla DOC C o l l i o non differiscono eccessivamente da quelle delProgramma agro-ambientale regionale, in una zona dove si combinano già datempo elementi quali produzione di qualità a basso carico per ceppo (quindi conconcimazioni ridotte) e la pratica della lotta guidata o integrata.

A questo proposito è opportuno osservare ancora come, essendo uno degli

456

Page 105: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

obiettivi del Reg. (CEE) 2078/92 quello di far entrare gli agricoltori nell’ottica diuna pratica colturale più rispettosa dell’ambiente, forse una più flessibileapplicazione del Programma regionale agro-ambientale avrebbe consentito diraggiungere un risultato migliore. Si fa riferimento, per esempio, al fatto che, neiprimi anni di applicazione del Programma, si sarebbe potuto adottare una linea più“morbida” e meno vincolistica, in modo da far decollare tale politica.

Un ulteriore elemento in tal senso va ricercato negli elevati costi di transazioneconnessi alla presentazione delle domande, dovuti, come si è potuto costatare,all’esistenza di elevati costi informativi ed organizzativi.

A questo proposito si è visto come l’adesione abbia riguardato per lo piùaziende di medio-grandi dimensioni. Evidentemente il Programma, nella suaversione definitiva, presenta degli elementi che favoriscono gli agricoltori localicon dimensioni aziendali tendenzialmente superiori alla media territoriale, cheprobabilmente che determinano una capacità organizzativa maggiore e tale daattenuare i citati costi di transazione.

Sembra, inoltre, ravvisabile una ridotta consapevolezza nell’adesione. Conriferimento, per esempio, alle difficoltà che hanno manifestato alcuni agricoltoriintervistati nello specificare a quale tipo di misura avessero aderito, il che palesaun vuoto informativo attorno al Programma stesso.

Si può, al riguardo notare come gli sforzi fino ad ora compiuti, soprattuttodell’operatore pubblico, per una corretta conoscenza del Programma e delle misureda esso contemplate siano stati piuttosto esigui. Una conferma in questo sensoproviene, tra l’altro, dal fatto che a ben 4 anni dalla applicazione della Misura A1non si ha ancora notizia della realizzazione di corsi o seminari di formazione suimetodi di produzione agricola compatibili con la tutela ambientale previsti perl’appunto dal Programma.

Questi ultimi due elementi, connessi con il contributo economico e con lascarsa consapevolezza dell’adesione, sollevano alcune perplessità sull’eff i c a c i a ,sia sotto il profilo del perseguimento degli obiettivi ambientali che dell’ottimaallocazione delle risorse pubbliche, di un tipo di intervento che non differenzi lamisura dell’incentivo economico a livello aziendale (Prestamburgo, 1994;Tempesta, 1997). Appare infatti necessario che, una qualsivoglia politica diindirizzo dell’operatore pubblico incentivi l’imprenditore privato in modo daalterare, opportunamente, la convenienza di quest’ultimo, modificandone le scelteaziendali; si tratta cioè di indirizzare, nel caso specifico, verso praticheecocompatibili operatori che in precedenza non le adottavano.

Qualora, invece, si profili una situazione in cui si rischia di creare da un latouna rendita ingiustificata, nei casi di operatori che già di fatto adottavano, inassenza di incentivi economici pubblici, processi produttivi non molto diversi daquelli prescritti dal Programma Regionale, e dall’altro si evidenzino valutazioni

457

Page 106: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

critiche sull’entità del premi in relazione a determinate circostanze contingenti,s o rge il dubbio che tali incentivi non riescano a modificare sostanzialmente glieffettivi processi produttivi.

L’intervento del Reg. ( C E E ) 2078/92 necessita invece di discriminare, sullabase di qualche parametro, le diverse realtà aziendali, trovandosi dinanzi ad unsettore che, nei suoi rapporti con l’ecosistema, è caratterizzato da microrealtàparticolarmente diversificate.

Si conferma comunque la caratteristica di dinamicità degli operatori del settoreche appaiono in grado di cogliere le occasioni fornite per aggiungere elementi didiversificazione e qualificazione produttiva, non appena si presenti le opportunitàeconomiche ed amministrative.

458

Page 107: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. (1996/a): Produrre alimenti conservando il “bene natura”, Terra e Vita, n. 43, pp. 41-54.

AA.VV. (1996/b): Il Collio ed i suoi vini, Consorzio per la Tutela della Denominazione di Origine deiVini. Cormòns.

AA.VV. (1997): L’applicazione del Regolamento (CEE) 2078/92 in Italia. Campagna 1996, Workingpaper n. 2, Direzione Generale delle Politiche Comunitarie e Internazionali, INEA, Roma.

Bortolozzo D. (1998): L’attuazione del Regolamento CE 2078/92 in Friuli-Venezia Giulia, INEA,Roma.

Cosmina M. (1997): Europa: Agricolture di confine (Italia Slovenia a confronto), Tavola rotonda inVite-Poma, Gorizia, 6-9 novembre 1997.

De Benedictis M. (1998): La qualità agro a l i m e n t a re: problemi e pro s p e t t i v e, in CNEL, Rapporto1997 sull’agricoltura, Roma.

Galassi T., Mazzini F. (1998): La difesa della vite ad uva da vino nel reg. Cee 2078/92, L’informatoreAgrario, suppl. n. 15, pp. 29-35.

Guario A. (1998): L’uva da tavola nell’ottica del regolamento Cee 2078/92, L’informatore Agrario,n. 7, pp. 77-80.

Lo Piparo G., Zezza A. (1996/a): Il nodo dei disciplinari nel regolamento 2078, Terra e Vita, n. 44,pp. 25-26.

Lo Piparo G., Zezza A. (1996/b): Piani zootecnici e tutela dell’ambiente, Terra e Vita, n. 45, pp.28-30.

Lo Piparo G., Zezza A. (1996/c): Ecoagricoltura: un’occasione unica di programmazione, Terra eVita, n. 46, pp. 23-25.

Marangon F. (1997): I programmi regionali per l’applicazione delle misure di accompagnamento allariforma della PAC, in M. Reho (a cura di), La costruzione del paesaggio agrario. Sedimentazione disegni e nuove geometrie nella pianura friulana, Milano, F.Angeli, pp. 262-307.

Marangon F. Prestamburgo M. (1995): Economia e società nella Comunità montana del Collio,Cormòns, Mimeo.

Piani L. e Santi S. (1996): Il rapporto tra agricoltura e ambiente, in Ecoistituto del Friuli-Ve n e z i aGiulia, Stato dell’ambiente nel Friuli-Venezia Giulia 1996, Udine.

Piani L., Santi S. (1997): Il rapporto agricoltura e ambiente, in Ecoistituto del Friuli-Venezia Giulia,Stato dell’ambiente nel Friuli-Venezia Giulia 1997, Udine.

P r e s t a m b u rgo M. (1994): Aspetti economici nella politica ambientale, in Prestamburgo M. eTempesta T. (a cura di), Sistemi produttivi, redditi agricoli e politica ambientale, F.Angeli, Milano.

459

Page 108: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

P r e s t a m b u rgo S. (1997): Tendenze evolutive della viticoltura italiana, Economia A g r o - A l i m e n t a r e ,n. 1, pp.53-109.

Setti G. (1997): La lotta integrata adesso si fa così, Terra e Vita, n. 1, pp.18-19.

Tempesta T. (1997): (a cura di) Paesaggio rurale e agro tecnologie innovative: una ricerca nellapianura tra Tagliamento e Isonzo, F.Angeli, Milano.

Viaggi D. (1996): Il Regolamento 2078/92: cosa fanno gli altri, L’Agrotecnico oggi, n.8/9, pp. 12-13.

Vieri S. (1994): La politica agricola comune dal Trattato di Roma alla Riforma Mac Sharry,Edagricole, Bologna.

Zanoli R. (1994): Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente, in Zucchi G. (a cura di), Lo sviluppo delmondo rurale: problemi e politiche istituzioni e strumenti, INEA, Il Mulino, Bologna.

460

Page 109: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ROBERTA RAFFAELLI* - SABRINA PASCOTTO**

UN CONFRONTO AMBIENTALE TRA ZOOTECNIA BIOLOGICAE “TRADIZIONALE” IN UN’AREA MONTANA: DAUN

APPROCCIO UNIVARIATO AD UN’ANALISI MULTIVARIATA***

1. Introduzione

L’agricoltura biologica non è sicuramente una novità ma solo di recente, nelmomento in cui sono diventate sempre più pressanti le esigenze di un’integrazionefra politica agraria e politica ambientale, ha cominciato a ricevere la necessariaattenzione a livello politico-normativo diventando una delle modalità privilegiatedi agricoltura ecocompatibile.

L’applicazione del metodo biologico nel comparto zootecnico è ancora agliinizi. I motivi di questo ritardo sono molteplici. Innanzitutto le condizionistrutturali di partenza sono fondamentali nel determinare la convertibilità allazootecnia biologica. Per l’imprenditore che pratica un allevamento di tipointensivo risulterà molto difficile considerare attraente la prospettiva biologica,dati i notevoli problemi che dovrebbe affrontare in caso di conversione. Anche perle aziende zootecniche di tipo estensivo, però, che sono quelle maggiormentepresenti nelle aree montane, può essere difficile accettare questa opzione. E questoa causa non solo dei necessari adattamenti strutturali e gestionali ma anchedell’opinione diffusa che la zootecnia convenzionale di tipo “tradizionale”praticata in montagna sia biologica di per sé stessa.

Anche la ricerca economico-agraria italiana si è interessata di recente a questo

461

* Ricercatore presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Trento** Dottore di ricerca presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi diTrento*** Le Autrici desiderano ringraziare i professori Bernard Flury dell’Indiana University,Geremia Gios, Luciano Pilati e Giuseppe Ricci dell’Università di Trento ed i dottoriDaniela Daldoss e Pierluigi Novi Inverardi per i preziosi commenti alle prime versioni delpresente lavoro. La responsabilità di quanto scritto rimane tuttavia esclusivamente delleAutrici.

Page 110: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

comparto con dei lavori che hanno considerato preminentemente le diff e r e n z estrutturali ed i risultati economici di aziende zootecniche biologiche econvenzionali a confronto (cfr. ad esempio Ansaloni, 1996 e Salghetti, 1997).

Il presente lavoro, che prescinde da una verifica della sostenibilità economicadel metodo biologico rispetto a quello convenzionale di tipo “tradizionale” per lazootecnia bovina da latte in provincia di Trento - verifica effettuata in unaprecedente ricerca (Pascotto, 1998) - si concentra sugli aspetti ambientali.L’obiettivo è quello di dimostrare come questo modo alternativo di concepirel’allevamento, pur non rappresentando uno stravolgimento delle modalità diconduzione tradizionali per un’area montana come il Trentino, si risolva in unmaggior servizio di salvaguardia delle risorse naturali e del paesaggio. A q u e s t oscopo, dopo aver brevemente evidenziato i punti fondamentali che diff e r e n z i a n ol’allevamento biologico da quello convenzionale, elaborando i dati strutturali econtabili di 10 aziende biologiche trentine da un lato e di un campionecomparabile di aziende convenzionali dall’altro per l’anno 1996, si procederàinizialmente al calcolo di una serie di indicatori semplici del diverso impattoambientale. Successivamente si introdurranno due tecniche statistiche multivariate– le componenti principali e l’analisi discriminante - allo scopo di pervenire a degliindicatori compositi che consentano una valutazione di eventuali differenze tra ledue diverse tipologie di allevamento per quanto riguarda la loro incidenza sulterritorio e, più in generale, i relativi risvolti ambientali.

2. La zootecnia biologica: un’identificazione normativa

Il Reg. CEE 2092/91 relativo alle produzioni da agricoltura biologica e le suesuccessive modifiche non prevedono una disciplina esplicita per le produzionizootecniche, rimandando per esse a norme nazionali o agli standard stabiliti insede di International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM). Atali standard si ispira la stessa proposta di regolamento specifica per le produzionibiologiche animali (Comm. 26 luglio 1996), ancora in attesa di approvazione.

Data l’assenza di disposizioni nazionali in materia, le singole regioni hanno,nella maggior parte dei casi, inserito nella disciplina locale relativa all’agricolturabiologica riferimenti più o meno espliciti e chiari al metodo biologico diallevamento, tutti ispirati ai disciplinari di produzione IFOAM. In Trentino ledisposizioni sulla zootecnia biologica sono contenute nel disciplinare previstodalla legge provinciale n. 13 del 10 giugno 1991, denominata “Norme in materia diagricoltura biologica” precedente il regolamento comunitario.

462

Page 111: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Una presentazione schematica dei punti fondamentali dell’attuale normativatrentina (tabella n.1), che individua il nucleo essenziale della metodologiabiologica nella produzione a “ciclo chiuso”, è sicuramente utile per delineare il

463

Page 112: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

contesto normativo entro cui si muovono le aziende oggetto di questa analisi efornisce inoltre un piccolo contributo alla conoscenza del variegato panoramalegislativo locale diffuso sul territorio nazionale.

3. La zootecnia biologica: un’identificazione ambientale

3.1. L’“universo” biologico trentino ed un campione “tradizionale”

L’allevamento biologico da latte ha cominciato a diffondersi in Trentino neiprimi anni Novanta quando un gruppo di undici aziende ha optato per il passaggioda un sistema di allevamento convenzionale ad uno biologico. Esse rappresentanonumericamente solo lo 0,4% del totale delle aziende zootecniche trentine conbovini, contano per l’1% delle vacche lattifere ed infine per l’1,14% dellaproduzione di latte. Il loro peso numerico è limitato anche rispetto al complessodelle unità agricole biologiche trentine di cui rappresentano l’11%.1

Dal punto di vista della localizzazione, le 11 aziende bovine biologiche2 iscritteall’Atabio3 - tutte definibili come aziende di montagna ad esclusione di una4 - nonsi distribuiscono uniformemente sul territorio ma si concentrano nel comprensoriodelle Giudicarie (C8) (82%) e nel comprensorio della Vallagarina (C10) (il restante18%). La concentrazione prevalente nel comprensorio delle Giudicarie ed inparticolare in Val Rendena va interpretata alla luce della presenza, più che nel restodel territorio trentino, di condizioni particolarmente favorevoli per il passaggio dalsistema di allevamento convenzionale a quello biologico. Innanzitutto la diffusionedi una razza bovina autoctona, la Rendena, caratterizzata da livelli produttivi5 e daprofili qualitativi del latte (contenuti proteici e di grasso) non paragonabili a quelli

464

1 A tutt’oggi il comparto dove questo metodo trova maggiore applicazione sia in termini disuperficie coltivata che di produzione, è quello orticolo (59 aziende), seguito da quellofrutticolo (36 aziende frutticole vere e proprie, 6 viticole, 6 castanicole, 3 produconopiccoli frutti, 1 è olivicola) (Da Vià e Marchio, 1997).2 Il dato non comprende le tre aziende in conversione. 3 O rganismo di controllo trentino facente capo all’Associazione italiana per l’agricolturabiologica (AIAB).4 Infatti, dal punto di vista altimetrico, solo un’azienda è situata ad una quota pari 250 metris.l.m. mentre le altre dieci aziende si collocano tutte ad una quota media pari o superiore a750 metri s.l.m.. 5 La resa media della Rendena può variare da 30-35 fino a poco più di 50 quintali di latteper lattazione contro una resa media per la Bruna di circa 50 quintali mentre la Frisona puòarrivare fino a 75 quintali (AIA, 1997).

Page 113: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di altre razze fortemente selezionate ma particolarmente adatta alle condizionimorfologiche e climatiche locali, con modeste esigenze alimentari e per questo ingrado di sfruttare al meglio anche foraggi mediocri e di valorizzare, attraverso ilpascolamento, i prati e pascoli della montagna. Di fondamentale importanza risultainoltre il ruolo propulsivo del locale caseificio (Giustino) che, da tempo allaricerca della politica più idonea a valorizzare i propri prodotti puntandosull’associazione ambiente – razza – prodotto, ha colto l’occasione di una specificar i c h i e s t a6 di prodotti biologici per convincere le aziende che avrebbero potutoprocedere alla conversione, a fare questo passo.

Per quanto riguarda le due aziende situate in Vallagarina la scelta del metodobiologico può essere maggiormente ricondotta alla volontà di valorizzareulteriormente la propria produzione, avendo le stesse già intrapreso la viadell’integrazione attraverso la trasformazione casearia.

A 107 di queste aziende biologiche, i cui dati sono stati rilevati con un’indaginead hoc,8 si è ritenuto opportuno affiancare un campione di aziende di tipoconvenzionale “ragionevolmente comparabili” con quelle biologiche. A t t i n g e n d oalla base dati RICA9 si è deciso quindi di estrarre le aziende con un’alimentazionedel bestiame basata prevalentemente su fieno e non su mais. Si trattadell’alimentazione tipica e tradizionale della zootecnia di montagna ed è perquesto che il campione di confronto è stato denominato “tradizionale” anzichésemplicemente convenzionale. Applicando questo criterio sono state estratteinizialmente 19 aziende fra le quali erano nettamente individuabili duesottogruppi: il primo costituito da 10 aziende caratterizzate da classi dimensionaliabbastanza simili alle biologiche, dalla presenza prevalente della stessa razza, dallastessa destinazione del prodotto (trasformazione in grana) e da una localizzazionepressoché coincidente con quella delle biologiche.1 0 Il secondo sottogruppo di 9aziende presentava invece dimensioni aziendali molto ridotte rispetto alle altre eduna razza bovina diversa con caratteristiche tali da produrre un latte maggiormentevalorizzato sul mercato. È sembrato così più che giustificato e ragionevolerestringere il campione da analizzare al primo sottogruppo, pervenendo così ad un

465

6 Il proprietario di alcune case di cura locali ha infatti manifestato la volontà di integrare ilmenù offerto ai propri ospiti con prodotti tipici biologici trentini (Kaisermann, 1994).7 In fase di elaborazione dei dati si è reso necessario escludere un’azienda che, date leproprie caratteristiche dimensionali e l’importanza produttiva del tutto marginali risultavaeccessivamente distorsiva del campione.8 I dati sono stati rilevati dalla dott.ssa Pascotto tramite interviste personali sulla base deiquestionari INEA.9 Le aziende specializzate a latte monitorate dalla RICA sono 88 su una popolazionetrentina di 2234 unità nel 1996.10 9 aziende sono localizzate nel comprensorio delle Giudicarie (C8) ed 1 in Va l l a g a r i n a(C10).

Page 114: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

campione di numerosità pari a quello delle aziende biologiche, nonché concaratteristiche territoriali, strutturali e gestionali ad esse comparabili.

Per un primo confronto fra i due gruppi di aziende, nella successiva tabella n. 2vengono riepilogate alcune statistiche descrittive relative ai due campioni. Aquesto proposito risulta opportuno precisare che nonostante le 10 aziendebiologiche rappresentino la totalità (cfr. nota 7) di quelle zootecniche biologichepresenti sul territorio trentino, è corretto considerarle come una delle possibilideterminazioni della popolazione biologica poiché, teoricamente, non sono leuniche possibili. Infatti altre aziende, come del resto sta succedendo11, potrebberoconvertirsi al metodo biologico. Risulta quindi appropriato utilizzare le usualistatistiche per il confronto di due campioni.

Le aziende tradizionali appaiono, ad un primo esame, mediamente più grandisia in termini di superficie agricola utilizzabile12 (30,57 ettari contro 22,27 per lebiologiche) che di capi allevati (60,69 UBA contro 40,70 UBA per le biologiche)anche se queste differenze non possono essere considerate statisticamentesignificative13. Con riguardo al numero dei capi e delle vacche, va inoltre tenutopresente che il dato dichiarato rappresenta la media aritmetica della consistenzainiziale e finale. È quindi uno stimatore impreciso dell’effettiva presenza media nelcorso dell’anno1 4 a cui è possibile ricondurre l’ampio range di variazione dellaresa per entrambi i campioni.

Il dato medio relativo alla resa - molto simile fra i due campioni - contribuisce asfatare l’opinione assai diffusa secondo la quale l’adozione del metodo biologico sitradurrebbe in rese produttive alquanto inferiori rispetto a quelle ottenute in regimeproduttivo di tipo convenzionale1 5, pur tenendo presente che si tratta di un

466

11 Come anticipato in nota 2, in Trentino ci sono infatti altre tre aziende zootecniche da lattein conversione.12A questo proposito va rilevato che gli ettari si riferiscono alla superficie - sia in affitto chein proprietà - coltivata in prevalenza a foraggio, mentre non comprende la superficie apascolo (ossia quella circostante la malga) utilizzata esclusivamente durante il periodoestivo, in quanto solo alcuni conduttori prendono in affitto la malga per alcuni mesiall’anno assumendosi l’incarico di custodire oltre ai propri animali, anche quellitemporaneamente affidati loro da altri.13 Il test t presenta valori di t costantemente al di sotto del valore critico (pari a 2,10l) per i18 gradi di libertà. 14 Disponendo della consistenza media mensile il dato sarebbe risultato più corretto.15 Tale risultato, del resto, è stato confermato anche da un recente studio sulla zootecniabovina da latte in provincia di Trento il quale, tra l’altro, dimostra che, in certe aree edunque in presenza di specifici vincoli territoriali e condizionamenti ambientali, il metodobiologico non rappresenta un’opzione economicamente penalizzante per l’allevatore,nemmeno quando si pongano a confronto razze diverse sia per natura che per potenzialitàproduttive originarie (Pascotto, 1998).

Page 115: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

campione convenzionale sicuramente particolare - caratterizzato dalla presenzaprevalente di capi di razza Rendena - che è stato appunto definito come“tradizionale”.

3.2. Un primo confronto ambientale basato sui coefficienti tecnici

Poiché l’obiettivo del presente lavoro è quello di effettuare un confronto, intermini di apporto di servizi ambientali, tra la zootecnia biologica e la zootecnia dimontagna di tipo tradizionale, è ora necessario individuare gli strumenti più adattia questo scopo. Un approccio di tipo tecnico richiederebbe uno studiointerdisciplinare che attingesse ad una molteplicità di metodologie specialistichequali l’agronomia, la geologia, la biologia, la pedologia, l’idrologia, la botanica, lazoologia, ecc.. È però possibile - e nel nostro caso risulta l’unico fattibile - ancheun approccio di tipo economico, ossia l’elaborazione dei dati economico-aziendalirilevati per il 1996 ed il calcolo di indicatori semplici - coefficienti tecnici - chepermettano di valutare, dal punto di vista quantitativo, gli input immessi nelprocesso produttivo.

Il calcolo dei coefficienti tecnici costituisce la base metodologica di altri recentilavori aventi per oggetto l’analisi dell’impatto ambientale dei processi produttiviagricoli (cfr. Mora, 1995 e Sanna, 1997). Mentre in un nostro precedente lavoro(Daldoss et al., 1998) il confronto fra i due diversi tipi di zootecnia era statoe ffettuato rapportando tutti gli input alla quantità di output prodotta, è sembratoqui opportuno individuare dei rapporti più aderenti alla realtà del particolare tipo

467

Page 116: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di impatto ambientale che si andrà di volta in volta analizzando1 6. Sarà inoltrecalcolato un coefficiente relativo all’attività di pascolamento sulla base delladiversa presenza e permanenza dei capi in malga1 7. È però indispensabilesottolineare che, solo affiancando all’analisi dei risultati quantitativi considerazionidi tipo qualitativo, si potrà pervenire ad un’interpretazione dei vari coeff i c i e n t itecnici così calcolati come proxi dell’impatto ambientale.

Nelle successive tabelle1 8 n.3 e n.4 vengono presentate alcune statistichedescrittive relative ai coefficienti tecnici calcolati. Per quanto riguarda il tipo distatistiche presentate, il confronto avviene innanzitutto in termini di valori medi19

e di deviazione standard. È stato altresì calcolato il test t sulla significativitàstatistica delle differenze fra le medie al quale è sembrato utile affiancare unamisura descrittiva di separazione: la distanza standard univariata che, nellaversione campionaria relativa alle medie20, è definita come

dove

è la media campionaria ed s è la deviazione standard composta definita come

Mentre la statistica t è adatta per testare l’ipotesi dell’uguaglianza delle medie,la distanza standard è una statistica di grande utilità nel confronto fra due gruppi,

468

16 In tal senso, mentre le risorse terra, capitale e lavoro verranno innanzitutto rapportate allaquantità di latte prodotta, i beni intermedi (foraggi, distinti in fieno ed in mangimi, letame ecure sanitarie) saranno rapportati o alla SAU o al numero di UBA.17 Più precisamente si è moltiplicato il numero delle UBA portati in malga per i giorni dipermanenza e questo dato è stato poi rapportato alla quantità di latte prodotto. 18 La distinzione in due tabelle è apparsa opportuna al fine di una maggior chiarezza e diuna migliore evidenziazione del diverso apporto informativo, ai fini della valutazionedell’impatto ambientale, dei diversi tipi di input, primari piuttosto che intermedi.19 Nel già citato lavoro di Daldoss et al. (1998), i coefficienti tecnici erano stati calcolatiaggregando preventivamente i dati a livello di aziende biologiche e convenzionali alloscopo di rendere il coefficiente tecnico in esame più rappresentativo della rispettivatecnologia. Anche Mora (1995) aveva proceduto nella medesima direzione perché ciòrisultava strumentale alla successiva applicazione dell’analisi delle attività. In questolavoro, invece, poiché il calcolo dei coefficienti per le singole aziende è strumentale allaseconda parte dell’analisi, si è preferito calcolare prima i coefficienti e poi la media deglistessi. 20 Di fatto la distanza standard può essere calcolata tra due qualsiasi numeri x1 e x2 a p -partenenti alla variabile casuale x, con media m e varianza σ2> 0 come ∆x (x1,x2) =|x1 - x2|/σ.

(Flury, 1997, p. 285)

Page 117: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

soprattutto in relazione alla capacità di una variabile di discriminare fra duegruppi21.

Passando ora al commento dei singoli coefficienti tecnici, le differenze relativeai primi due coefficienti (SAU/q.li di latte e UBA/SAU), che sembrerebberoindicare una maggiore estensivizzazione delle aziende biologiche rispetto alleconvenzionali, non possono essere considerate statisticamente significative in baseal test t sull’uguaglianza delle medie.

In base al dato medio quindi, non si può affermare che le aziende biologiche sicaratterizzino per una minore pressione degli allevamenti sulla superficieforaggera disponibile, ma questo non può essere un giudizio definitivo in quantonon considera le maggiori opportunità di pascolamento delle mandrie biologichedurante il periodo estivo, come si vedrà meglio in seguito.

Gli indicatori relativi al grado di meccanizzazione e alla dotazione organica dilavoro, normalmente utilizzati per connotare come intensivi od estensivi i sistemiproduttivi agricoli, si presentano come contraddittori rispetto alle attese,soprattutto per l’alto grado di meccanizzazione che caratterizza le aziende

469

21 È infatti dimostrabile (Flury, 1997, pag. 282) che, considerando due popolazioni normali,l’area di sovrapposizione tra le loro curve di densità cresce al decrescere della distanzastandard fra le medie. In particolare, per valori della distanza standard superiori a 5 laseparazione fra le due distribuzioni è quasi perfetta, per valori intorno a 3 è abbastanzabuona, per valori attorno ad 1 la sovrapposizione è quasi completa e quindi è diff i c i l eseparare le due distribuzioni.

Page 118: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

biologiche22 a cui si accompagna un più elevato impiego di lavoro per unità sia dibestiame che di superficie. Questo dato, non trovando spiegazione in specificheesigenze del metodo biologico di allevamento, risente sicuramente della minoreefficienza del lavoro che si ritrova frequentemente nelle aziende di dimensioni piùcontenute come sono quelle biologiche2 3. Non sembra inoltre azzardato pensareche il maggior impiego di lavoro possa essere riconducibile anche allo sforzo diperseguire l’autosufficienza foraggera.

Se i rapporti fondamentali tra le risorse terra, capitale e lavoro non apportanonel complesso elementi conoscitivi tali da costruire un giudizio certo e definitivocirca la valenza ambientale del metodo biologico in campo zootecnico2 4, piùsignificativo risulta il confronto delle modalità di utilizzo di beni intermedi:foraggi, medicinali, fertilizzanti e concimi (cfr. tabella n.4).

470

22 La maggiore dotazione di mezzi meccanici delle aziende biologiche può esserericonducibile essenzialmente ad un sovradimensionamento del parco macchine rispetto alleeffettive esigenze spesso riscontrabile nelle aziende di dimensioni minori ed al fatto che laconversione al metodo biologico ha rappresentato l’occasione per rinnovare alcuni deimacchinari in dotazione. 23 È stato graficamente verificato infatti che, ordinando le aziende per dimensione tecnica(UBA) crescente, il rapporto lavoro/UBAmostra un andamento decrescente. 24Anche dal punto di vista della capacità di discriminare fra i due gruppi, questi rapportinon sono soddisfacenti in quanto presentano valori della distanza standard che arrivano almassimo al valore di 1.

Page 119: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

In merito ai prodotti destinati all’alimentazione, le rilevazioni contabili ed i datiraccolti a latere delle stesse hanno confermato che l’alimentazionenell’allevamento biologico è basata prevalentemente sul foraggio di produzioneinterna, mentre il ricorso a foraggi prativi provenienti da coltivazioni extra-aziendali ed a mangimi biologici2 5 ha funzione di soccorso più che di routine.Questo spiega una spesa media per mangimi per ogni UBA26 che è circa la metà diquella sostenuta dalle aziende tradizionali dove l’uso di mangimi, invece, èampiamente diffuso allo scopo di supportare le potenzialità produttive più spinte diparte del bestiame in dotazione.

Passando ad esaminare i foraggi, il dato relativo alla maggior produzione difieno per unità di superficie foraggera nelle aziende biologiche rispetto alletradizionali non deve essere inteso come un indicatore di resa reale delle superficiforaggere ma come un indicatore di sfruttamento delle stesse. Si può infattipensare che le aziende biologiche provvedano allo sfalcio tendenzialmente di tuttele superfici disponibili e quindi anche di quelle marginali così da garantirel ’ a u t o s u fficienza alimentare2 7, esigenza questa non sentita dalle aziendeconvenzionali che limitano le operazioni di sfalcio soltanto alle aree più produttivee/o più agibili. Ciò giustificherebbe, tra l’altro, il maggior numero di ore lavorateper ettaro di superficie foraggera registrato nelle aziende biologiche.

Strettamente consequenziale alle considerazioni relative all’alimentazione,risulta una valutazione delle spese sanitarie che nelle aziende biologiche sono circaun terzo di quelle sostenute dalle aziende tradizionali2 8. Ciò sembrerebbedimostrare che la tecnica alimentare del biologico, mirando a sfruttare lepotenzialità produttive insite nelle caratteristiche genetiche degli animali senzaspinte produttivistiche, contribuisce a mantenere il naturale equilibrio fisiologicodegli animali, rendendoli meno esposti a patologie di diversa natura. Il fortecontenimento di trattamenti sistematici con farmaci di tipo allopatico contribuisceinoltre a garantire la qualità del latte prodotto per l’assenza di residui che nepossono compromettere la salubrità ed acquisisce rilevanza anche in riferimento al

471

25 Più correttamente si dovrebbe parlare di razioni alimentari più consone ai fabbisogninutrizionali specifici dell’animale allevato con il metodo biologico.26 Se dalla spesa per mangimi fosse possibile risalire alle quantità impiegate, le differenzetra aziende tradizionali e biologiche si amplierebbero, visto il costo unitario più elevato deimangimi biologici.2 7L’impegno nel perseguimento dell’autosufficienza foraggera è confermato da una spesamedia per UBA per l’acquisto di fieno nelle aziende biologiche pari alla metà rispetto alleaziende tradizionali. 28 E questo nonostante la somministrazione di sostanze naturali in dosi omeopatiche siacomunemente considerata più costosa dell’impiego dei tradizionali medicinali di sintesi.

Page 120: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

quantitativo di letame prodotto per UBA che, per le aziende biologiche, equivale alletame impiegato per la fertilizzazione delle superfici prative. Poiché la produzionein termini quantitativi medi per UBA deve essere considerata essenzialmenteu g u a l e2 9, il differenziale inquinante connesso allo spargimento del letame - checomunque, se effettuato nel rispetto dei più comuni criteri agronomici, non pro-duce normalmente rilasci a danno delle acque superficiali e di falda - è quindi va-lutabile in termini puramente qualitativi ed è riconducibile al contenuto di residui.

L’unico indicatore quantitativo di inquinamento potenziale rimane la quantità difertilizzanti e di presidi sanitari (diserbanti e antiparassitari) che, nelle aziendebiologiche, sono ammessi solo per colture diverse dalle foraggere, nella fattispeciemais. Non stupisce quindi che i dati mostrino un utilizzo medio30 di fertilizzantiper le aziende tradizionali doppio rispetto alle biologiche mentre per i diserbanti egli antiparassitari il confronto non può essere neppure effettuato31.

Per avere un quadro completo della valenza ambientale dei due tipi dizootecnia, è però necessario valutare in che misura allevamenti biologici econvenzionali contribuiscano a conservare le ampie aree delle malghecaratteristiche dell’ambiente alpino, con tutti i vantaggi che ne derivano. Ilconfronto relativo al pascolamento (cfr. nota 17) mostra un coefficiente medio perle mandrie biologiche superiore di quasi tre volte rispetto a quello delletradizionali. Questo è il risultato sintetico di una permanenza in malga più lungaper le biologiche rispetto alle tradizionali (100 giorni anziché 80) e di un numeromaggiore di capi portati in alpeggio e quindi si configura come una maggiorepresenza sul territorio. L’allevamento biologico inoltre interviene con menofrequenza nell’alimentazione dei bovini durante il periodo di malga32 e questo è unaspetto da non sottovalutare in quanto il consumo di mangimi è un antagonista delconsumo d’erba, porta gli animali a pascolare meno e quindi a creare un minorbeneficio ambientale.

472

2 9 La differenza nei valori medi dei coefficienti letame per UBA (77,44 q.li/UBA n e l l eaziende biologiche contro 75,27 q.li/UBA in quelle convenzionali) non può essereconsiderata significativa né dal punto di vista statistico (t=0,214) né da quello agronomico.Infatti è noto che, nel caso di un’alimentazione ricca di mangimi, i residui org a n i c ipresentano una minore consistenza cosicché la parte che viene pesata è minore. 30Confrontare i dati medi può risultare improprio in quanto il fertilizzante è utilizzato soloda tre delle quattro aziende biologiche che coltivano mais mentre fra le aziende tradizionaliben sette utilizzano fertilizzanti anche se solo due coltivano mais.31 Questi ultimi sono utilizzati solo da tre delle sei aziende biologiche che coltivano maisoltre che foraggio.32 Per evitare rallentamenti nella crescita dovuti ad eventuali carenze nutritive durante ilperiodo di alpeggio le aziende convenzionali ricorrono talvolta ad integrazionidell’alimentazione dei bovini monticati con mais. Le aziende biologiche, invece, ricorronoal mais solo in casi estremi.

Page 121: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’analisi dei coefficienti tecnici relativi ai beni intermedi consente sicuramentedi esprimere un giudizio univoco sulla maggiore valenza ambientale dellazootecnia biologica rispetto a quella tradizionale per le aree montane in quantoquasi tutti i coefficienti mostrano dei valori medi significativamente diversi per idue gruppi di aziende. Dal punto di vista metodologico, però, è importanteevidenziare come dall’analisi univariata fin qui effettuata emerga che un solocoefficiente può talvolta non essere sufficiente per interpretare un dato fenomeno eche è necessario considerare congiuntamente due o più coefficienti. Si può inoltrenotare che la capacità discriminante dei singoli coefficienti non è soddisfacente inquanto solamente il coefficiente di pascolamento presenta una distanza standardsuperiore a 2 (cfr. nota 21). Per questi motivi si è ritenuto opportuno effettuare duetentativi esplorativi di analisi multivariata considerando congiuntamente piùcoefficienti: il primo utilizzando la tecnica delle componenti principali, il secondol’analisi discriminante.

3.3. Indicatori sintetici di impatto ambientale tramite le componenti principali

È noto che la tecnica delle componenti principali rappresenta un metodo dianalisi multivariata che consente (Jackson, 1991): a) di trasformare un set divariabili correlate in un set di variabili incorrelate; b) di individuare dellecombinazioni lineari di un dato set di variabili che possono essere ordinatesecondo l’ammontare di variabilità da esse riprodotto; c) di ridurre ladimensionalità dei dati. In letteratura (cfr. ad esempio Sharma, 1996, pag. 58), laprima componente principale è stata spesso utilizzata per la costruzione di indicisintetici. Risulta quindi ragionevole esplorare la possibilità di utilizzare questatecnica per costruire degli indici sintetici di impatto ambientale combinandoconvenientemente i coefficienti tecnici esaminati individualmente nel precedenteparagrafo. Un secondo obiettivo è quello di verificare se gli indici di impattoambientale così costruiti riescano a discriminare in modo accettabile fra le duetecnologie produttive.

Dal punto di vista metodologico è necessario innanzitutto procedere allastandardizzazione dei coefficienti per depurare gli stessi dall’ef f e t t odimensionalità, come suggerito dalla letteratura in questi casi (Jackson, 1991, pag.65). Si è cercato poi di identificare i coefficienti tecnici che, in base alleindicazioni emerse nel precedente paragrafo, possono essere consideraticongiuntamente in quanto implicano uno stesso tipo di impatto ambientale. Si sonocosì individuate le seguenti tre combinazioni di coefficienti tecnici denominaterispettivamente come indici:

• di presenza sul territorio che, oltre a considerare il rapporto fra pascolamento

473

Page 122: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

(capi per giorni malga) - dunque la presenza fisica del bestiame - e latte, consideral’effetto del lavoro dell’uomo in termini di attività di sfalcio, ovvero il rapporto traforaggio prodotto e SAU foraggera;

• di inquinamento che considera l’impiego di fertilizzanti per SAU e le spesesanitarie per UBA33,

• di sostituzione delle risorse foraggere locali che considera l’utilizzo diprodotti sostitutivi al fieno di produzione aziendale e quindi il fieno acquistato perUBAed i mangimi impiegati per UBA.

Di queste tre combinazioni è necessario innanzitutto valutare se la quota divarianza riprodotta dalle stesse sia tale da poter considerare la prima componentecome un indice composito accettabile. Esaminando i coefficienti di correlazione(l o a d i n g s) della componente principale con i coefficienti tecnici di partenza3 4

dovremmo inoltre trovare conferma della correttezza nella scelta dei coefficienti daconsiderare congiuntamente. Dalla tabella n. 5 si può notare come tutti e tre gli in-dici riproducano una buona percentuale della varianza dei coefficienti tecnici dipartenza e che la correlazione di questi ultimi con la prima componente principalesia molto elevata (sempre superiore a 0,85).

Si tratta ora di verificare se questi indici siano utili al fine di cogliere led i fferenze di impatto ambientale tra i due gruppi di aziende. A questo scopo ènecessario analizzare i valori - anch’essi standardizzati - assunti dalla primacomponente in corrispondenza di ogni osservazione (y-scores) che rappresentano,di fatto, il punteggio del nostro indice composito. Il calcolo della distanza standardnon mostra valori particolarmente buoni e questo sta ad indicare una scarsa

474

33 Il motivo del non utilizzo del coefficiente relativo al letame e agli antiparassitari èspiegato nel paragrafo 3.2. 34 Nella generalità dei casi i l o a d i n g s consentono di individuare quali variabili sianomaggiormente correlate alla componente principale in esame e quindi capaci dideterminarne il significato.

Page 123: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

capacità discriminante degli stessi. È comunque interessante verificaregraficamente il posizionamento delle aziende appartenenti ai due gruppi rispetto aquesti indici.

Per l’indice di inquinamento i valori delle aziende biologiche sono abbastanzavicini fra di loro e le due aziende per il quale l’indice è positivo sono quelle checoltivano anche mais ed utilizzano fertilizzanti.

Dal lato delle tradizionali, invece, troviamo una maggiore dispersione delvalore dell’indice, molto simile a quello delle biologiche per talune, molto piùelevato per quelle che fertilizzano.

Osservando il grafico relativo all’indice di sostituzione delle risorse foraggerelocali, si può notare come i vincoli posti nell’allevamento biologicoall’alimentazione si riflettano in un indice sempre negativo ed una dispersionelimitata. Per le aziende tradizionali, invece, la mancanza di suddetti vincoli simanifesta in una forte dispersione dei dati, segnale di una maggiore discrezionalitàper l’allevatore nella scelta dietetico-alimentare adottata.

Volendo ora provare a calcolare un unico indice sintetico di impatto ambientalecon la medesima tecnica, i risultati non sono soddisfacenti. La prima componenteprincipale dei sei coefficienti precedentemente selezionati non riproduce neppure il50% della varianza originaria delle variabili3 5. Anche aggiungendo - a quelliappena considerati - altri rapporti che potrebbero sembrare significativi perdelineare un impatto ambientale complessivo (ad esempio UBA/SAU eL AV / S A U )3 6, i risultati non migliorano né dal punto di vista statistico né di

475

35 Per giungere a riprodurre circa l’80% della varianza si deve considerare anche la secondacomponente che però non ha una chiara interpretazione economica. 36 Non è ragionevole spingere agli eccessi questo processo di inserimento di nuovi rapportial fine di migliorare la significatività statistica visto che la scelta degli stessi deve essereispirata ad un preciso ragionamento di interpretabilità oppure di aderenza al fenomenoeconomico-ambientale che si vuole spiegare.

Page 124: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

interpretabilità economica. La tecnica delle componenti principali, in quest’ultimocaso, non permette quindi di pervenire ad un indice composito unico né a piùcomponenti che consentano un confronto in senso ambientale tra i due gruppi diaziende. Ecco il perché del secondo tentativo di analisi multivariata con l’analisidiscriminante condotta nel prossimo paragrafo.

3.4. Indicatori sintetici di impatto ambientale tramite l’analisi discriminante

Come è stato anticipato, è l’impossibilità di costruire un unico indice di impattoambientale che suggerisce il ricorso all’analisi discriminante per la costruzione,sempre sulla base dei coefficienti tecnici discussi ampiamente nel paragrafo 3.2, diuna funzione discriminante lineare “di tipo ambientale”. È noto infatti che lafunzione discriminante lineare di Fisher può essere letta come quella chemassimizza la distanza standard multivariata definita come

dove è il vettore delle medie ed

è la matrice composta di covarianza. La funzione discriminante lineare è data da Y = b’X (Flury, 1997, pag. 303), dove

è il vettore dei coefficienti della funzione discriminante lineare.Nelle tabelle n. 3 e 4 era stato evidenziato come i coefficienti considerati

singolarmente non avessero capacità discriminante e presentassero valori delladistanza standard univariata molto bassi. Anche la capacità discriminante dellecomponenti principali37 (cfr. tab. n.5) non era migliore, ma se si fosse calcolata ladistanza standard multivariata dei coefficienti utilizzati per questo tipo dicombinazione lineare, si sarebbe notato come la capacità discriminante congiuntadegli stessi fosse maggiore38.

476

37 Questo perché il calcolo della prima componente risponde alle esigenze evidenziateall’inizio del precedente paragrafo e non a quella di massimizzare la capacitàdiscriminante. Si è quindi persa parte dell’informazione discriminante contenuta neicoefficienti di partenza considerati congiuntamente.38La distanza standard bivariata per i due coefficienti che formano l’indice di presenza èpari a 2,14, per quelli che formano l’indice di sostituzione è pari a 1,62 mentre per quelliche formano l’indice di inquinamento è pari a 1,64.

Page 125: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Poiché variabili che a livello univariato hanno una scarsa capacitàdiscriminante possono comunque acquistare un peso determinante a livellomultivariato, si è deciso di cominciare a calcolare la funzione discriminante sul piùampio set possibile di coefficienti ambientali. Ai sei coefficienti usati preceden-temente sono stati aggiunti l’impiego di lavoro per superficie foraggera – spie-gabile solo attraverso una maggiore attività di sfalcio (cfr. par. 3.2) – ed il carico dibestiame per ettaro, uno dei più usati indici di estensività. Dopo aver riportato ivalori dei coefficienti al medesimo ordine di grandezza, ricorrendo ad unprocedimento di eliminazione a ritroso3 9 si è cercato successivamente diindividuare quali di essi potessero venir eliminati senza intaccare in modosostanziale la distanza standard multivariata. Nella tabella n.6 sono sintetizzate levariabili utilizzate ordinate in modo decrescente per distanza standard univariata, isegni attesi delle stesse in base a quanto discusso precedentemente ed i coefficientiassunti dalle variabili nelle varie funzioni discriminanti calcolate.

Si può innanzitutto notare come la prima funzione discriminante presenti ladistanza standard multivariata ovviamente più elevata4 0 mentre i coeff i c i e n t irelativi ai fertilizzanti ed ai mangimi registrino un segno contraddittorio rispetto

477

39 Nonostante un procedimento più rigoroso di eliminazione delle variabili ridondantirichieda delle verifiche di ipotesi basate sulla distanza standard (Flury, 1997, pag. 413), ilprocedimento euristico qui adottato può essere considerato accettabile ai fini di questaanalisi.40 Maggiore è il numero di variabili utilizzate, più elevato sarà il valore della distanzas t a n d a r d .41 Il fatto che per questa variabile non sia risultata verificata l’ipotesi dell’uguaglianza dellavarianza non crea problemi nel calcolo della funzione discriminante in quanto è dimostratoche il calcolo della funzione discriminante lineare come massimizzazione della distanzastandard multivariata non risente della creazione di una varianza composta a partire davarianze molto diverse (Flury, 1997, pag. 316).

Page 126: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

alle attese. Poiché è il valore relativo ai fertilizzanti a creare maggiori problemi diinterpretabilità, nel calcolo della seconda funzione discriminante questa variabile èstata tolta e la capacità discriminate della funzione nella sostanza non è cambiata.Nella terza funzione discriminante si è posto in dubbio la significatività delcoefficiente relativo ai foraggi acquistati e la sua eliminazione non ha comportatoriduzioni apprezzabili nella distanza standard multivariata.

Nel calcolo della quarta funzione discriminate, invece, si evidenzia comel’eliminazione di una variabile - quella relativa ai mangimi per UBA avente uncoefficiente apparentemente poco significativo e contraddittorio rispetto alle attese- comporti una riduzione leggermente più consistente ma pur sempre contenutadella distanza standard multivariata. Confrontando la terza e la quarta funzionediscriminante si può rilevare che i valori dei coefficienti non si discostano di molto(eccetto per la presenza di un coefficiente in più, il cui contributo è però limitato invalore assoluto) e che, conseguentemente, le funzioni discriminanti assumonovalori molto vicini. Inoltre, non c’è differenza fra le due formulazioni nellacapacità di classificare correttamente le osservazioni. Il leave-one-out test4 2,infatti, mostra, per entrambe le funzioni, una perfetta capacità di identificazionedelle aziende biologiche, tutte classificate nel medesimo gruppo di appartenenza,ed un errore di classificazione delle aziende tradizionali pari al 20%. Per ragionidi praticità si sceglie quindi di commentare la quarta funzione stimata.

La funzione discriminante ambientale risulta avere la seguente forma:V = + 2,124119 (Pascolamento/Latte) – 4,083 (Spese sanitarie/UBA·100) +

+ 1,338 (Lavoro/SAU foraggera·100) + 9,1975 (Foraggio prodotto/SAUforaggera·100) - 3,32218 (UBA/SAU).

È possibile constatare che levariabili ambientali che contribui-scono positivamente a questafunzione discriminante sono ilcoefficiente di pascolamento, la quan-tità di lavoro per SAU foraggera e laquantità di foraggio eff e t t i v a m e n t eprodotto, mentre entrano con segnonegativo il carico di bestiame perunità di superficie e le spese sanitarie.Sono queste le variabili che contri-

478

42 Si tratta di un test di validazione del modello fornito automaticamente dal programmaSPSS - che corregge l’eccessivo ottimismo generato da una valutazione della capacitàclassificatoria di una funzione basata esclusivamente sugli stessi dati che la hannooriginata.

Page 127: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

buiscono in modo maggiore a differenziare i due gruppi in un’ottica ambientalemultivariata.

La funzione discriminante qui stimata può essere quindi intesa come un indicedi posizionamento ambientale anche se, per evitare interpretazioni tautologiche, ènecessario tener sempre ben presente che l’informazione relativa al gruppo diappartenenza risulta determinante nella costruzione della funzione discriminante,mentre nell’analisi delle componenti principali veniva utilizzata solo ex-post.

Nel grafico 2 si osserva chiaramente che le aziende biologiche si caratterizzanoper valori della funzione discriminante superiori rispetto alle aziende tradizionali.Tra queste ultime solo la sesta presenta valori della funzione paragonabili allebiologiche. Vi sono poi tre aziende tradizionali che presentano valori dellafunzione positivi mentre per le altre sei aziende le componenti negative dellafunzione discriminante prendono il sopravvento su quelle positive determinandoun valore complessivo negativo. Al di là della capacità di assegnare un punteggioambientale alle aziende e di procedere alla classificazione delle stesse nei duegruppi, la funzione discriminante potrebbe avere interessanti implicazioni dalpunto di vista previsivo. Nonostante proprio per quelle tradizionali ci sia unapossibilità di errore pari al 20%, calcolando il valore della funzione per altreaziende tradizionali non considerate nel campione, potremmo individuare quali diqueste non si discostino in modo drastico dai valori riscontrati per le biologiche esiano quindi “naturalmente” vocate alla conversione, intendendo con questaespressione un misto di condizioni strutturali (ad esempio, disponibilità di SAU) edi decisioni gestionali (ad esempio maggiore attenzione alla foraggicoltura).

4. Conclusioni

La zootecnia biologica trentina può essere sicuramente definita agli albori: perla consistenza numerica delle aziende, per il numero dei capi, per la superficieforaggera coltivata e per il tipo di scelta - più indotta che motivata - che sta allabase della conversione della maggior parte delle aziende di allevamento. Ciònonostante il confronto di quest’ultima con la zootecnia da latte tradizionale per lezone di montagna porta a risultati molto interessanti.

Già dal primo esame dei coefficienti tecnici emerge come le aziende biologichesi caratterizzino per un minore carico di bestiame per unità di superficie, per larinuncia a spinte produttive eccessive, per l’uso di beni intermedi naturali piuttostoche di origine chimica, per un minor impiego di mangimi, per una maggiorepropensione per la praticoltura e per una più intensa attività di pascolamento. Equesto porta a concludere che il metodo biologico garantisce eff e t t i v a m e n t emaggiori vantaggi ambientali rispetto al metodo convenzionale, soprattutto in un

479

Page 128: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ambito particolare come quello montano.La combinazione di più coefficienti in indici compositi tramite la tecnica delle

componenti principali consente una collocazione più precisa dei due diversi tipi diazienda nello spazio delle variabili ambientali. Permette, inoltre, di evidenziarel ’ “ e ffetto vincolo” della normativa biologica che si traduce in una minoredispersione nello spazio dei valori assunti dagli indici per le aziende biologicherispetto alle tradizionali.

L’analisi discriminante, infine, permette di selezionare, fra gli indicatoriambientali precedentemente esaminati, quelli che meglio discriminano fra i duegruppi di aziende.

Con entrambe le tecniche di analisi multivariata emergono inoltre degli outlierovvero delle aziende che si discostano dai punteggi tipici per le aziendeappartenenti al loro gruppo e questo accade più fra le tradizionali che non fra lebiologiche. È quindi necessaria maggiore cautela nelle generalizzazioni, nel sensoche ci sono delle aziende che nominalmente appartengono ad un gruppo ma perquanto riguarda il posizionamento ambientale sono molto più vicine all’altro.

Va però tenuto presente che questi posizionamenti basati su tecnichemultivariate sono riconducibili sempre agli aspetti ambientali che è stato possibilequantificare. Riservando la giusta attenzione anche a quelli qualitativi, quali adesempio il minor potere inquinante del letame, la maggior salubrità del latte e dellecondizioni di lavoro nonché il benessere degli animali, l’ago della “bilanciaambientale” intesa in senso biocentrico punta senz’altro a favore della zootecniabiologica.

Visti i risultati del presente lavoro, le crescenti preoccupazioni dei consumatoriper una maggiore sicurezza alimentare e per la qualità dei prodotti e della vita,nonché la crescente domanda di servizi ambientali, sembra ovvio auspicare chel’opzione a favore della zootecnia biologica venga adeguatamente sostenuta. E nonsolo dal punto di vista economico - come auspicato in Agenda 2000 e neisuccessivi documenti propositivi per le forme di agricoltura ecocompatibile e per ilmantenimento degli alpeggi - ma soprattutto da quello informativo emotivazionale. Ciò non significa proporre la zootecnia biologica a livellogeneralizzato - nel qual caso valgono le riserve comunemente addotte in tema didiffusione dell’agricoltura biologica. Significa piuttosto individuare i casi in cui lecondizioni strutturali e le risorse umane sono particolarmente favorevoli. Proprioin questa direzione l’analisi discriminante potrebbe rivelarsi un utile strumento perl’identificazione delle aziende “naturalmente” vocate alla conversione.

480

Page 129: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

AIA(1997): Bollettino dei controlli della produttività del latte 1996, Trentino Friuli V.G.

Ansaloni F. (1996): “Caratteristiche strutturali ed imprenditoriali delle imprese bovine produttrici dilatte biologico”, Agribusiness Management & Ambiente, Anno I (1995/1996).

Daldoss D., Pascotto S., Raffaelli R., (1998): “La zootecnia biologica in Trentino: una scommessa atutela dell’ambiente”, Economia Trentina, n. 1.

Da Vià M., Marc h i o S. (a cura di) (1997): Agricoltura biologica. Elementi informativi, PAT(Provincia Autonoma di Trento) - Dipartimento agricoltura e alimentazione; servizio vigilanza epromozione dell’attività agricola, seconda edizione.

Flury B. (1997): AFirst Course in Multivariate Statistics, Springer Verlag, New York.

Jackson J.E. (1991): AUser’s Guide to Principal Components, Wiley & Sons, New York.

Keisermann F. (1994): “Zootecnia biologica in ambienti montani”, Bioagricoltura, n.31.

Mora C. (1995): “Positive Externalities of Dairy Farming”, in Hofreither e Vogel (a cura di) The Roleof Agricultural Externalities in High Income Countries, Proceedings of the 37t h Seminar of theEuropean Association of Agricultural Economists, Wissenschaftverlag, Kiel.

Pascotto S. (1998): Allevamento biologico: costi e benefici di una scelta alternativa in aree montane,Tesi di Dottorato di Ricerca, Università degli Studi di Siena, AA. 1996/97.

Salghetti A. (1997): Produzioni biologiche e convenzionali negli allevamenti bovini, Istituto diEconomia Rurale e Zooeconomia di Parma, RAISA.

Sanna G. (a cura di) (1997): Agricoltura e ambiente: confronto fra tecniche a differente intensitàd’impatto, Studi e Ricerche INEA, Roma.

Sharma S. (1996): Applied Multivariate Techniques, Wiley & Sons, New York.

481

Page 130: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 131: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

FABIO M. SANTUCCI* - MASSIMO CHIORRI**

RISULTATI ECONOMICI DI AZIENDE BIOLOGICHE INUMBRIA: 1992-1997***

1. Il contesto della ricerca

L’agricoltura biologica nasce in Umbria alla fine degli anni ’70, quando uncerto numero di persone e di gruppi, perlopiù provenienti da grandi città (Roma,Milano, Torino, etc.), oppure dall’estero (Germania, Svizzera, USA, etc.) sistabilisce nella “Verde Umbria”, cercandovi modelli di vita alternativi, ambientiincontaminati, possibilità di produrre in modo ecologico. I bassi valori fondiaridelle zone marginali consentivano di acquistare aziende, sia pure abbandonate edin rovina, a prezzi modesti. Questi agricoltori, non locali, alternativi, non inseritinel mondo sindacale, poco attenti al mercato, più “filosofi” che “imprenditori”,furono descritti da Maio (1988) e da Palomba (1989), la quale contò 21 aziende su700 ettari: tre in provincia di Terni e 18 in quella di Perugia (Tab. 1).

Due anni dopo (Tab. 1), Santucci e Rogo (1990) individuano 46 imprese, per1.506 ettari, con una media di 32,7 ettari, molte delle quali già market oriented,alcune anche agrituristiche, alcune con flussi esportativi verso il Nord Europa.

Alla fine degli anni ’80, si avvicinano al biologico alcuni umbri attenti alleproblematiche ambientali ed al mercato, i produttori cominciano ad organizzarsi,nasce BioUmbria, che permette di comunicare con le Istituzioni. Nel 1990 vieneemanata la LR 46, sul controllo dei prodotti biologici, la quale resta inapplicata,nell’attesa del Reg. 2092 che sarebbe uscito l’anno seguente. Si attiva il mercatinodel biologico di Perugia ed aprono alcuni negozi, a Perugia, Spoleto, Terni, i qualiconoscono alterne vicende, ma che attivano nel consumatore una certa attenzione.

483

* Professore Associato, Istituto di Economia e Politica Agraria, Borgo XX Giugno 74,06121 Perugia. Tel. 075.585.6271, e.mail [email protected]** Funzionario Tecnico, Tel. 075.585.6274, e.mail [email protected].*** Documento prodotto grazie a vari fondi e contributi, fra cui quelli dell’ARUSIA, econcluso nell’ambito della ricerca “Olivicoltura biologica ed impatto ambientale”, FondoMURST 60% 1996, per il XXXV Convegno SIDEA “L’agricoltura italiana alle soglie delXXI secolo”, Palermo, 10/12 Settembre 1998.

Page 132: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Nel 1992 (Chiorri 1993), erano 69 le aziende bio censite in Umbria (Tab. 1),con dimensioni fisiche interessanti, sia per superficie totale che SAU: a 33,2 ettariammontava la prima e 20 ettari la seconda, contro la media regionale rispet-tivamente di 11,7 e 6,7 ettari.

Nel 1993, la Regione dell’Umbria (insieme con la Provincia di Bozen) fu laprima ad avere un programma agroambientale approvato, che prevedeva unobiettivo di 4.285 ettari di superfici biologiche e in conversione per il 1997. Ilregolamento, nel caso dell’Umbria, ha permesso la adesione anche solo parziale,ma non finanzia nè i pascoli nè i terreni a riposo. Nel 1994, primo anno diapplicazione, i tempi furono strettissimi, con numerosi problemi burocratici e diinterpretazione delle norme, per cui solo 29 aziende poterono accedere aicontributi.

Il numero dei beneficiari è successivamente cresciuto, fino ai 513 del 1998, peruna superficie, già biologica o in conversione, ammessa a contributo, di oltre 7.600ettari (Tab. 1)1, cui andrebbero aggiunte le superfici a pascolo o a set aside, chenon godono di questo sussidio. L’obiettivo è stato quindi abbondantementesuperato e solo l’uso di risorse finanziarie non impiegate in altre misure del2078/92 ha permesso di soddisfare le domande degli agricoltori biologici

L’agricoltura biologica umbra continua a rappresentare una modesta minoranza,pari allo 0,2% delle aziende agrarie totali, che il 4° Censimento dell’Agricolturaindica essere 58.551. Quest’ultima cifra è decisamente sovrastimata, in quanto ben39.981 (pari al 68%) sarebbero sotto i 5 ettari. Rapportando le aziende biologichealle 11.700 entità professionali stimate dall’INSOR (1993), il 20% di quelleregistrate dall’ISTAT, l’incidenza del biologico sfiorerebbe invece il 3%,superando pertanto la fase iniziale di penetrazione della innovazione (Rogers1983): si sarebbe quindi già entrati nella fase di decollo, con l’adozione delletecniche di produzione biologica anche da parte dei primi “precursori”.

In effetti, le aziende biologiche sono già presenti in quasi metà dei Comunidell’Umbria (Collepardi 1996), con una distribuzione però abbastanza irregolare:v’è una netta concentrazione nella Valnerina (Norcia, Spoleto, Cascia, Preci,Monteleone di Spoleto), dove molti imprenditori, già con tecniche di produzione

484

1 Più che di aziende, sarebbe opportuno parlare di “domande ammesse”, poichè uno stessoagricoltore, che avesse presentato due o più domande, per appezzamenti diversi, in annidiversi, risulta (ahimé) come due o più aziende. Oltre agli imprenditori che ricevonocontributi, vi sono poi quelli che non hanno neanche inoltrato domanda (per motivi vari)oppure che non sono stati ammessi, per ragioni in genere di tipo amministrativo: mancanzadi firme, firme non autenticate, atti non autenticati, etc.. . Nei cinque anni di vita del 2078,sono state presentate complessivamente 662 domande e ne sono state ammesse acontributo 513 (77,5%). Anche nel 1998, a fronte di 135 domande, ne sono state ammessesolo 110, non accettando, per motivi amministrativi, anche imprese di notevoli dimensionie già certificate.

Page 133: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

abbastanza estensive, hanno facilmente recepito il metodo bio, anche grazieall’opera di alcuni divulgatori operanti in zona, valorizzando quindi colture giàpresenti, come la lenticchia, il farro, la cicerchia, le produzioni ovi-caprine. Visono poi municipalità con due-quattro aziende biologiche ciascuna, lungo tutta lazona di collina che attraversa l’Umbria, fino intorno al lago Trasimeno, doveinvece comandano i cereali ed il girasole, insieme con olivo e vite.

Conseguentemente, le colture più praticate (Tab. 2) sono le foraggere, seguitedai cereali e dalle proteoleaoginose (ceci, fagioli, cicerchie, lenticchie, girasole,lino). Va peraltro sottolineata la innovatività che caratterizza alcune tipologieimprenditoriali, che puntano non solo sulla innovazione di processo, ma anche esoprattutto su quella di prodotto: ecco quindi il lino da olio, il girasole per olio daspremitura a freddo, l’orzo per la perlatura o la fioccatura, le prime esperienze dicoltivazione del kamut (varietà di frumento duro senza glutine, di origine medio-orientale, il cui seme è commercializzato in USA). Gli oliveti sono assai presenti,seguiti da frutteti e vigneti. Molti imprenditori hanno dei terreni a set aside, mentrela orticoltura in pieno campo, è praticamente assente.

La zootecnia è peraltro poco presente: modeste produzioni bovine, ovi-caprine,qualche suino (per il consumo domestico), animali da cortile, alcune arnie. La fer-tilità del suolo ed il ciclo dell’azoto sono quindi perseguiti facendo ricorso allerotazioni, ai sovesci, alle leguminose da granella, oltre che con l’acquisto diammendanti organici previsti dal Regolamento 2092/91 e successive modifica-zioni.

Relativamente numerose sono le imprese con attività agrituristiche, che spessoo ffrono anche servizi di ristorazione e, in alcuni casi, attività educative eformative, per bambini e adulti, sui temi della agricoltura, dell’ambiente, dellacreatività, della alimentazione e salute, etc.: in tal modo si cerca non solo diintegrare il reddito, ma anche di sviluppare la sensibilità e le conoscenze degliospiti, affinchè si nutrano in maniera corretta anche dopo essere rientrati in città.

In molti casi, i prodotti di base sono valorizzati mediante confezionamento,imbottigliamento, ulteriori lavorazioni: orzo perlato messo in busta, farine di farrosottovuoto, spremuta di semi di girasole, di sesamo o di lino in bottiglia,marmellate, pani e torte, formaggi, sottoli e sottaceti, salse, etc.. etc.. Da notare, uncerto contemporaneo sviluppo di piccoli e medi laboratori artigianali, cheacquistano prodotto sfuso e lo commercializzano con propria etichetta ed anchealcune strutture di lavorazione conto terzi.

Molto viene venduto direttamente in azienda, oppure nei mercatini delbiologico, in Umbria e in altre regioni. Gli agricoltori più grandi e più strutturati siavvalgono anche di rappresentanti, oppure vendono a grossisti o importatoristranieri. Il notevole movimento turistico che caratterizza l’Umbria ha anchedeterminato l’apertura di “boutiques” alimentari, con prodotti tipici e di qualità, un

485

Page 134: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

po’in tutte le cittadine della Regione. Secondo Biofax sarebbero 35 i punti venditadel biologico in Umbria, ma la realtà è che molti turisti, specialmente gli stranieri,chiedono con insistenza prodotti biologici e ciò determina che anche il piùconvenzionale degli alimentaristi si pone oramai il problema di avere nel negozioqualche prodotto certificato. Dal lato dei dettaglianti (Sopranzetti 1997), vengonomostrate al tempo stesso interesse e confusione, tra biologico, tipico, naturale,tradizionale, fatto che quindi non aiuta certo la penetrazione del bio. D’altro canto,molti agricoltori preferiscono vendere sul mercato del convenzionale “di qualità”,dove si spuntano prezzi remunerativi, evitando la burocrazia dei controlli sulprodotto. Secondo Torquati et. al. (1996), “la commercializzazione, forse a causadel forte individualismo ... risulta carente, sia dal punto di vista organizzativo, ...sia in senso stretto ...” e questo motivava la LR 39/1995, che avrebbe volutostimolare l’associazionismo dei produttori, ma che in pratica è rimasta tuttorainapplicata, in quanto subordinava il supporto finanziario all’ impegno diconferimento dei prodotti, che gli agricoltori non si sono però sentiti di firmare.

Almeno fino a qualche anno fa (Santucci 1991, Di Giuseppe et al. 1991, Briccae Sunsini 1994) c’era molta confusione, nella testa dei consumatori umbri, traprodotto “biologico” e “naturale”; i clienti più motivati amavano trovare ilprodotto nella boutique specializzata, mentre la maggioranza della gente avrebbevoluto trovarlo nei supermercati, magari a prezzi contenuti.

Come detto, la Regione dell’Umbria è stata fra le prime a legiferare ed apresentare un programma agro-ambientale che ha riscosso un successo totale.Peraltro, l’Umbria non riconosce un aiuto per la certificazione (cosa che succede inToscana), nè favorisce in altro modo le aziende biologiche, le quali invece nelleMarche sono prioritarie per tutti gli interventi. Fa eccezione la misura 3.4 per losviluppo dell’agriturismo, nell’ambito del Regolamento 2081/93, la qualeattribuisce due punti in più alle aziende biologiche, favorendole nella graduatoria.L’incongruenza è che basta avere pochi ettari bio, magari su mille ettari, per averetali punti; si passa cioè da un eccesso all’altro. L’ A R U S I A (Agenzia RegionaleUmbra per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura) supporta alcune ricerche,ha collaborato nel 1996 ad un Workshop sulla olivicoltura ed olio bio ed haprodotto un video promozionale. L’attenzione al biologico è dimostrata anche dallaProvincia di Perugia, che ha dedicato al biologico un libretto divulgativo ed hafinanziato dei corsi di formazione per tecnici della agricoltura biologica. Un altrocorso è in stato di realizzazione ad opera del CESAR ed un terzo si svolgeràprossimamente ad opera della Società 3A all’interno del Parco Agro-alimentare. IlComune di Perugia ospita mensilmente un mercato dei prodotti biologici e quellodi Umbertide organizza annualmente la Fiera della Agricoltura Ecologica, giuntaoramai alla XIV edizione. La Provincia di Terni ha fatto realizzare uno studio sulleprospettive della Agricoltura biologica nel Parco del Nera e Velino e buone

486

Page 135: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

prospettive sembrano aprirsi in tutte le aree ricadenti in Parchi Regionali ed inquello dei Sibillini. Meno omogeneo il ruolo delle Facoltà di Agraria e diVeterinaria, dove accanto ad iniziative di studio e di sviluppo (vedasi il progettoCESAV per un allevamento bio di Chianine e le iniziative didattiche del CESAR),permangono atteggiamenti di chiusura.

2. L’efficienza economica

Negli ultimi anni, la efficienza economica ed il reddito derivante dallaagricoltura biologica in Umbria sono stati oggetto sia di studi occasionali,specialmente di Tesi di Laurea (Cassia 1990, Prosperi 1991, Di Matteo 1991,Lattaioli 1992, Berna 1996), sia di una prolungata attività di monitoraggioaziendale (Santucci e Chiorri 1996a, 1996b, 1997, 1998) che attualmente è l’unicain Italia a disporre di una serie di così lunga durata, ed è di quest’ultima chetrattiamo in tale contributo.

In Italia, altri studi sulle convenienze micro-economiche della agricolturabiologica, presa a sè stante, oppure raffrontata con il convenzionale, risalgono allafine degli anni ’80, con una intensificazione della produzione degli EconomistiAgrari in questi ultimissimi anni (Boatto e Galletto 1988, Defrancesco e Zolin1990, Bartola, Pollastri e Zanoli 1990, Marchesini 1991, Piani e Violino 1992,P i a n i et al. 1992, De Meo e Fino 1993, Bazzani, Canavari e Pierleoni1993, diAnsaloni1995, 1996a, 1996b, Chironi 1995, Salghetti 1995a, 1995b, Salghetti eRiva 1995, Berni e Fabbris 1996, Gregori e Prestamburgo 1996, Marino 1996).

Si tratta in genere di studi realizzati con una osservazione annuale e spesso conun approccio di breve periodo, utilizzando lo strumento del margine lordo comeindicatore di validità economica, mentre la agricoltura biologica, intesa comemodificazione del sistema oproduttivo nel suo complesso, e quindi conintroduzione di innovazioni di processo e di prodotto, di breve e di lungo periodo,si configura come un cambiamento di lungo periodo, che richiede uno strumento digiudizio più capace di cogliere la complessità del cambiamento, come ad esempioil reddito netto, oppure il ritorno al lavoro, possibilmente usando medie ponderatepluriennali, che tengano conto della variabilità di risultati e delle combinazioniproduttive dei vari anni.

Un periodo di osservazione almeno triennale si ritrova in Steinmann (1983)Muhelebach e Naef (1990), Stanhill (1990), Heissenhuber e Ring (1992),Reganold et al. (1993), mentre Klepper et al. (1977) e Shearer et al. (1981), Rude(1990) si sono basati solo su due anni di rilevazioni; Nyeberg e Schulze-Pals(1995) hanno analizzato quattro anni di risultati, per un gruppo di aziende inconversione.

487

Page 136: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2.1. Materiali e metodi

Al fine di disporre di informazioni comparabili nel tempo e nello spazio, si èdeciso2 fin dall’avvio dello studio di applicare la stessa metodologia della RICA,su un gruppo significativo di aziende biologiche umbre, già praticanti laagricoltura biologica sull’intera superficie aziendale.

Delle 69 aziende a suo tempo individuate e dettagliatamente descritte daChiorri (1993), ne vennero scelte 20: il gruppo conteneva tipologie aziendali eprofili imprenditoriali molto difformi ed eterogenee, in quanto si volevanoinvestigare tanto gli aspetti positivi quanto quelli negativi della scelta biologica.L’atteggiamento dei titolari nei confronti della ricerca e la loro volontà dicooperare, gratuitamente, furono pure elementi importanti di scelta, al fine distabilire quel flusso reciproco ed onesto di informazioni che è richiesto per unaanalisi dei sistemi produttivi di tipo participativo (Cernea et al. 1985, Hildebrand1986, Merrill-Sands et al. 1990).

Ogni azienda è stata visitata almeno tre volte all’anno3: in gennaio per lachiusura dell’anno precedente e per l’apertura degli inventari dell’anno entrante,altre due volte durante l’anno, per monitorare quanto sta avvenendo in azienda, perregistrare cambiamenti nelle operazioni di campagna o di stalla, variazione degliordinamenti, modifiche dei processi, compra-vendite di terreni, di macchine,variazioni nella manodopera, etc..

La composizione del gruppo è variata nel corso degli anni, per diversi motivi.Una prima azienda è uscita dalla esperienza fin dall’inizio, e non venne sostituita,per cui nel triennio iniziale 1992-94 il gruppo è rimasto costante di 19 unità.Successivamente, l’ARUSIA si è fatta carico di parte del costo della ricerca,avanzando però la richiesta di introdurre nuovi casi aziendali, di maggior interesseper le ipotizzabili ricadute divulgative dell’esperienza di monitoraggio. Si è quindiproceduto alla sostituzione di aziende eccessivamente hobbistiche o di dimensionitroppo ridotte, con realtà aziendali di maggior spessore e gestite da individui conprofili più professionali. Con il 1996, il gruppo è stato ampliato a 30 osservazioni,procedendo a nuove sostituzioni ed alla introduzione di realtà interessanti, sia perla zona, sia per le colture e le attività in atto. In alcuni casi, l’uscita dell’aziendadal gruppo è giustificata da sopraggiunti problemi personali del conduttore, da

488

2 Fu questo uno dei risultati del Convegno di Ancona del 1992, in cui si confrontarono leprime esperienze di ricerca economico-agraria in materia (Zanoli 1993).3 Molte di queste aziende sono anche oggetto di visite, insieme con gli studenti dellaFacoltà di Agraria, oppure con visitatori italiani e stranieri; spesso i loro titolari sonopresenti nel mercato mensile che si svolge a Perugia, oppure si incontrano in occasione diriunioni, assemblee o conferenze, per cui la prossimità fra i ricercatori e buona parte degliagricoltori del gruppo è notevole.

Page 137: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

decisioni in tal senso maturate in famiglia, senza renderci edotti delle motivazioni,oppure, in tre casi, dagli eventi tellurici del settembre 1997.

Complessivamente, sono quindi entrati nel gruppo di monitoraggio 46 aziende,la cui permanenza nella ricerca è indicata in Tab. 3. Brevemente, questa è lasituazione:

casi aziendali presenti per sei anni: 6 13%casi aziendali presenti per cinque anni: 2 4%casi aziendali presenti per quattro anni: 0 0%casi aziendali presenti per tre anni: 20 43%casi aziendali presenti per due anni: 12 26%casi aziendali presenti per un anno: 6 13%nel complesso: 46 100%

Tale serie di modifiche nella composizione del gruppo di aziende osservate, seda un lato rende impossibile una comparazione netta diacronica, dall’altro hapermesso di modellare lo studio sulle realtà in evoluzione rapidissima dellaagricoltura biologica umbra, producendo pertanto delle informazioni qualitative equantitative immediatamente applicabili.

I dati così raccolti vengono poi introdotti in un sistema computerizzato dianalisi contabile, che è simile a quello della RICA, ma che permette di elaborare idati delle singole aziende, della media del gruppo per ogni anno, delle singoleaziende per la media degli anni, sia a livello aggregato, che di bilanci parziali(conti colturali). Oltre ad elaborare indicatori tecnici ed economici di breveperiodo, si può quindi risalire a grandezze di lungo periodo e ragionare sulla mediaponderata dei risultati tecnici ed economici delle aziende.

Ogni anno, al termine delle elaborazioni, tra marzo e giugno, il rapporto è statoinviato a tutti i partecipanti, con l’indicazione del codice di riferimento, in modoche ciascuno potesse verificare la propria situazione, rispetto alla media del gruppo(ed all’anno precedente, se già partecipante), sia per quanto riguarda i risultaticomplessivi (PLV, RN, etc..) sia per il costo di produzione delle principali colture.Gli agricoltori sono poi invitati a telefonare oppure arenderci visita all’Università,per avere ulteriori chiarimenti e delucidazioni, oppure per renderci partecipi deiloro commenti. Questa tempestiva restituzione dei dati rappresenta una notevoledifferenza rispetto alla rete RICA, poichè in tal modo gli agricoltori hanno potutotoccare con mano l’importanza della veridicità del dato e comprenderel’importanza e l’utilizzabilità dello studio.

Un’altra differenza metodologica, rispetto al dato RICA, è dovuta al fatto chenel nostro caso viene ricercato il valore finale delle produzioni veramenterealizzate in azienda, oppure commercializzate dopo una valorizzazione eseguitapresso terzi, arrivando quindi a quantificare il fatturato dovuto a torte, marmellate,pane, legumi imbustati sottovuoto, etc. ...

489

Page 138: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2.2. Risultati

Nel corso dei sei anni, le aziende osservate sono cresciute sia come numero checome SAU media, passando da 19, per 408 ettari di SAU, a 30 casi su 1.186 ettari.La media è quindi cresciuta da 21,5 ettari a quasi 40. Si tratta quindicomplessivamente di aziende decisamenti grandi, ben al disopra della media totaleregionale e quasi doppia rispetto allo stesso sottoinsieme del biologico.

Il numero degli addetti familiari o soci di cooperative è cresciuto da 16,3 a 20ULUf, cui si aggiungono i dipendenti, sia a tempo determinato che a tempoindeterminato, per un assorbimento medio annuo (media ponderata poliennale) di155 ore/ha, con estrema variabilità da un anno all’altro, specialmente a causa dellevariazioni negli ordinamenti e nelle rese. Come già scritto (Santucci eMarino,1997), gli imprenditori biologici hanno, nei confronti del lavoro, lo stessoatteggiamento dei convenzionali: là dove questo è una risorsa interna, essi tendonoad impiegarla ed a valorizzarla per quanto possibile, mentre nel caso dimanodopera esterna, cercano di spostarsi dai costi fissi a quelli variabili ed acomprimerne l’impiego.

La quasi totalità delle aziende del gruppo è “stockless”, ovvero senza animali,in quanto la destrutturazioine degli anni ’60 e ’70 ha eliminato quasi comple-tamente la zootecnia dalle aziende umbre e sono tuttora pochi gli imprenditori bioche perseguono un reale ridesegno complessivo del sistema produttivo. La presen-za di animali rappresenta del resto un vincolo quotidiano e continuo, percepitocome troppo pesante dagli agricoltori del gruppo che, a parte pochi casi, ne sonoquasi sprovvisti. Solamente quattro sono le aziende con un certo indirizzo zootec-nico, introdotte negli ultimi anni, proprio per investigare meglio certe specificità.

Il valore medio del capitale fondiario è cresciuto del 37% in valori correnti, masolo del 13% in valori costanti 1998: ciò è in parte dovuto allo strisciante aumentodei valori fondiari, ma anche alla mutata composizione del gruppo, che si èarricchito di aziende in terreni leggermente più fertili e con una certa maggiorepresenza di fabbricati produttivi. Si noti comunque che un tale incremento, su bensei anni, indica una sostanziale immobilità del mercato.

Il capitale agrario in proprietà sta diminuendo: la estensivizzazione dei processie la destrutturazione aziendale, unitamente ad una dotazione un tempo eccessiva dimacchinari, stanno determinando un ridimensionamento degli immobilizzi incapitale tecnico, passato da oltre 3 milioni/ha ai 2,2 milioni/ha.

Tale fenomeno, congiuntamente a quanto accennato in precedenza circa lepolitiche della manodopera salariata, determina un drastico ridimensionamento deicosti fissi (-23,5% in valori costanti) ed una lievitazione dei costi variabili (+19%in valori costanti).

La produzione lorda vendibile unitaria aumenta (+22% in valori correnti), per

490

Page 139: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

una serie concomitante di fattori: l’avvio (dal 1994) dell’applicazione del Reg.2078/92 in Umbria, l’introduzione di aziende meno hobbistiche, la diversificazioneproduttiva, l’affinamento delle tecniche produttive, il miglioramento dellacommercializzazione. Di queste concause, l’unica facilmente quantificabile è laprima, che poi si sposa all’applicazione complessiva della riforma della PA C ,come si vedrà in seguito.

Il prodotto netto aziendale ad ettaro, in valori costanti, mostra un andamentooscillatorio, con un minimo nel 1993, dal quale si riprende fino a salire a1.820.000/ha nel 1996, cui segue una diminuzione nello scorso esercizio.

Analoga variabilità conosce il reddito netto ad ettaro, con oscillazioni menoaccentuate a causa del minor ricorso a manodopera esterna. La media ponderatapluriannuale del reddito netto ad ettaro è di 945.000 lire, in valori correnti, e di lire1.018.000 in valori costanti al maggio 1998.

Si noti a questo punto l’evoluzione del reddito netto per ULUf, che mostra unanetta tendenza allo aumento, pari al 163% in valori correnti ed al 118% in valoricostanti, posizionandosi su una entità di lire 34 milioni circa in valori correnti e di37 milioni in lire 1998.

Dopo aver detratto il costo opportunità dei fattori interni e posto il tornacontopari a zero, la retribuzione per il lavoro familiare, o per i soci dell’unicacooperativa di gestione terreni, mostra una chiara tendenza all’aumento. Essa è ineffetti cresciuta del 135% in valori correnti e quasi raddoppiata in valori costanti,collocandosi sui19 milioni/anno come media ponderata poliennale dei valoricorrenti e 20 milioni come valori costanti.

Tornando a parlare del peso della PAC sulla formazione del reddito, si noticome il totale dei sussidi comunitari, a vario titolo percepiti (pagamenti diretti sucereali e proteooleaginose, ovini, bovini, etc..), abbia rappresentato mediamente il21,8% della PLV dei 46 casi aziendali osservati, più o meno a lungo, nel sessennio.In particolare (tab. 5), in due casi l’integrazione comunitaria rappresenta l’84% edin altri quattro il 51,4%. Questi sei casi aziendali rappresentano situazioni in cui laproduzione fisica è ancora modesta, per fattori contingenti, o ambientali, o disistemi in crescita. Nel tempo (dati non riportati) la incidenza dei premi èovviamente in espansione, passando dal 3,9% della PLV nel 1992 al 27,7%dell’anno 1997.

2.3. Conclusioni

I sei anni di osservazioni, pur nei limiti esposti precedentemente, hannopermesso di approfondire notevolmente le conoscenze sul comportamentoimprenditoriale e sulle strategie degli agricoltori biologici.

491

Page 140: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Mediante un continuo adattamento dei propri sistemi produttivi, grazieall’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto, in genere autogenerate,ed anche con modificazioni di lungo periodo, essi si sforzano di competere in unmercato in cui la offerta sta rapidamente crescendo.

L’agricoltura biologica sta venendo praticata anche da aziende di dimensionifisico-economiche di tutto rispetto, con un approccio alle problematiche di mercatoben diverso da quanto realizzato un tempo dai primi pionieri. Al tempo stesso, nonè da sottacere il peso della intera PAC nelle scelte imprenditoriali.

La pratica della agricoltura biologica, almeno nel contesto umbro elimitatamente al gruppo osservato, pur non garantendo redditi eccezionali,permette la sopravvivenza delle imprese anche in situazioni a volte oggettivamentedifficili.

I dati finora raccolti sono comunque in fase di ulteriore elaborazione, ondeaffinare maggiormente l’analisi e meglio comprendere le determinanti del successoo dell’insuccesso, così come per confrontare i risultati delle aziende bio con quelleconvenzionali, sia pure con le difficoltà meto-dologiche esistenti.

492

Page 141: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

493

Page 142: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

494

Page 143: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

495

Page 144: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

496

Page 145: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

497

Page 146: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Ansaloni F. et al. (1995) P roblemi di produzione e commercializzazione di latte biologico: il casodella zona di Montefeltro. dattiloscritto, DIPROVAL, Reggio Emilia.

Ansaloni F., Sarti D. (1996) Aspetti economici della produzione di latte con il sistema dellaproduzione biologica, L’Informatore Agrario, 13.

Baldari M., Pangallo S. (1996) Aspetti tecnico-economici dell’olivicoltura biologica in Calabria, inChiorri M., Santucci F.M. (a cura di) (1996).

Bartola A., Pollastri F., Zanoli R. (1990) L’AB: produzione di qualità nel rispetto dell’ambiente. Ilcaso dell’Emilia Romagna, Rivista di Economia Agraria, 3.

Berna E. (1996) Analisi e prospettive della AB nel quadro di riferimento europeo e mondiale delsettore agro-alimentare, Tesi di Laurea, Istituto di Estimo Rurale e Contabilità, Perugia.

Berni P., Fabbris L. (1996) (a cura di) L’agricoltura biologica nel Veneto: aspetti economico sociali ecomporamenti d’impresa, Arcadia Editore, Modena.

Boatto V., Galletto L. (1988) Analisi economica comparata dell’introduzione di metodi di produzioneestensiva in aziende agricole di aree tradizionalmente ad alta intensificazione colturale, XXVconvegno di Studi SIDEA, Il Mulino, Bologna.

Bricca G., Sunsini P. (1994) Anch’io compro biologico!, dattiloscritto, CESAR, Assisi.

Cassia M. (1990) Analisi tecnico-economica di un’azienda biodinamica in Umbria, Tesi di Laurea,Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Castle E.N., Becker M.H., Nelson A.G. (1987) Farm business management, Macmillan publishingcompany, New York.

Cernea A. et al. (1985) R e s e a rch extension farmer: a two way continuum for agriculturaldevelopment, World Bank, Washington.

Chiorri M. (1993) Le aziende biologiche in Umbria nel 1992, dattiloscritto, IEPA, Perugia.

Chiorri M., Santucci F.M. (1996) (a cura di) Atti del Workshop su Olivicoltura ed Olio Biologico,IEPA-ARUSIA, Perugia.

Chironi G. (1996) (a cura di) F i l i e re atte allo sviluppo di aree collinari e montane, DEITA ,Università degli Studi, Palermo.

Collepardi P. (1996) Aspetti organizzativi e commerciali delle produzioni biologiche in Umbria.

Crescimanno M., Guccione C., Schifani G. (1996) Alcuni caratteri dell’olio biologica in Sicilia, inChiorri M., Santucci F.M. (1996).

De Meo A., Fino L. (1993) Aspetti economici dell’AB in Puglia, in Zanoli, 1993.

498

Page 147: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

499

Di Giuseppe G. et al. (1991) Indagine di mercato dei prodotti biologici, dattiloscritto, SOLECO,Perugia.

Di Matteo A. (1991) Analisi economica comparata fra colture arboree ed erbacee tradizionali ed abassi input in Umbria, Tesi di Laurea, Istituto di Estimo Rurale e Contabilità, Perugia.

Gregori M., Prestamburgo M. (1996) P roduzioni biologiche ed adattamenti d’impre s a, FrancoAngeli, MIlano.

Heissenhuber A., Ring H. (1992) Economical aspects of organic farming, MEDIT, 2.

Hildebrand P. (1986) Perspectives on FSR/E, Rionne Lienner Publ., Boulder.

INSOR (1993) Agricoltura e classi sociali, Il Mulino, Bologna.

Kay R. D. (1986) Farm management, McGraw-Hill Book Company, New York.

Klepper R. et al. (1977) Economic performance and energy intensiveness on organic andconventional farms in the corn belt: a pre l i m i n a ry comparison, American Journal of A g r i c u l t u r a lEconomics, Vol. 59, 1.

Lampkin N., Padel S. (1994) (Eds.) The economics of organic farming: an international perspective,CAB international, Wallingford.

Lattaioli S. (1992) L’AB: economia aziendale ed analisi di mercato in Umbria, Tesi di Laurea,Istituto di Studi Economici L. Pacioli, Perugia.

Maio M. (1988) Bioagricoltura in Umbria: quali prospettive, Nuova Economia, 1.

Marino D. (1996) a cura di, Agricoltura biologica e sviluppo delle aree collinari e montane delCentro Italia, Arti Grafiche La Regione, Ripalimosani (CB).

Merrill Sands D. et al. (1990) The technology triangle, ISNAR, Den Haaag.

Muehlebach J., Naef E. (1990) Die Wettbewerbsfaehigkeit des biologischen Landbaus - eine betriebs-und arbeitswirtschaftliche Analyse des biologischen Landbaus, Schriftenreihe 33, FAT, Taenikon.

Nyeberg H., Schulze-Pals L. (1995) Profitability of farms converting to organic farming in Germany,in R.M. Bennett (Ed.) Contributed Papers to the 10th IFMACongress, University of Reading.

Palomba M.P. (1989) Agricoltura biologica in Umbria, in Palagiano C. e De Santis G. (a cura di) Attidel 3° Seminario Internazionale di Geografia Medica, Ed. RUX, Perugia.

Piani L. et al. (1992) Frutticoltura biologica in Friuli: la coltivazione dei piccoli frutti. L’lnformatoreAgrario, 22.

Piani L., Violino C. (1992) I conti economici della azienda biologica, Agricoltura delle Venezie, 1-2.

Prosperi C. (1991) Agricoltura biologica: analisi tecnico-economica di una azienda umbra, Tesi diLaurea, Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Page 148: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Raffa M. (1996) Produzioni biologiche e tendenze recenti del comparto agro-alimentare. I risultati diun’indagine sull’agricoltura biologica in Calabria, Dipartimento di Economia Politica, Cosenza.

Reganold J.P. et al. (1993) Soil quality and financial performance of biodynamic and conventionalfarms in New Zealand, Science, Vol. 260, 16 April.

Rogers E.M. (1983) Diffusion of innovations, The Free Press, New York.

Rude S. (1990) The economy of the Danish organic farming, Alternative Agriculture, 5.

Salghetti A. (1995a) L’allevamento biologico dei bovini: alcuni elementi economici, dattiloscritto,Istituto di Economia Rurale e Zooeconomia, Parma.

Salghetti A. (1995b) Le produzioni biologiche di origine animale, Parma Economica.

Santucci F.M. (1991) Il consumatore biologico in Umbria, Demetra, 1.

Santucci F.M., Chiorri M. (1996a) Economia delle produzioni biologiche. Il caso dell’Umbria,Quaderno 19, Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Santucci F.M., Chiorri M. (1996b) Risultati economici di aziende biologiche umbre nel 1995,dattiloscritto, ARUSIAe Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Santucci F.M., Chiorri M. (1997) Risultati economici di aziende biologiche umbre nel 1996,dattiloscritto, ARUSIAe Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Santucci F.M., Chiorri M. (1998) Risultati economici di aziende biologiche umbre nel 1997,dattiloscritto, ARUSIAe Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.

Santucci F.M., Marino D. (1997) Il fattore lavoro nelle aziende agricole biologiche, Rivista diPolitica Agraria, 3.

Santucci F.M., Rogo R. (1990) Il movimento organico in Umbria, dattiloscritto, IEPA, Perugia.

Shearer G. (1981) Crop production costs and returns on midwestern organic farms: 1977 and 1988,American Journal of Agricultural Economics, Vol. 63, 2.

Sopranzetti C. (1997) Indagine su nuove forme di commercializzazione integrata di prodotti tipici diqualità specie nell’ambito dell’agricoltura biologica, Consorzio Naturadapt, Gubbio.

Stanhill G. (1990) The comparative productivity of organic agriculture, Agriculture Ecosystems andEnvironment, 30.

Steinmann R. (1983) Der biologische Landbau - ein betriebswirtschaftlicher Ve rg l e i c h ,Schriftenreihe 19, FAT, Taenikon.

Torquati. B. et al. (1996) Qualità ed ambiente, Umbria Agricoltura, 1.

Zanoli R. (1993) (a cura di) I numeri del biologico, Il Pungitopo Editore, Ancona.

500

Page 149: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

M. BRUNA ZOLIN

GLI INDICATORI DI SOSTENIBILITÀ: ALCUNE RIFLESSIONI CRITICHE*

1. Premessa

Il concetto di sostenibilità cui generalmente si fa riferimento è quello messo inluce dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo1 che, riunita nel1987, ha avuto il pregio di attirare l’attenzione mondiale sullo sviluppo sostenibilee di definirlo in modo soddisfacente2. Secondo alcuni Autori il dibattito sullasostenibilità va ora spostato dalla definizione di sviluppo sostenibile a quelladell’individuazione e successiva selezione di un set di indicatori. Con laConferenza di Rio de Janeiro del 1992 e con Agenda 213, documento che neriassume le tematiche, si dà, infatti, significato agli indicatori che “misurano lostato di salute dell’ambiente e della pressione dei modelli attuali di sviluppo inr a p p o rto alle capacità dell’ambiente di mantenere condizioni di integrità eproduttività” (Local Agenda 21 Planning guide). Gli indicatori, quindi, sono unostrumento per misurare la sostenibilità o, meglio, la domanda di sostenibilità.

È evidente che si tratta di una misura imprecisa e la parola pare suggerirlo.Mutuando il concetto di indicatore da altre discipline, ad esempio dalle scienzesociali, l’indicatore è un valore capace di quantificare un fenomeno economico e/osociale di un paese o di una regione. Le grandezze che, a tal proposito, vengonoutilizzate più di frequente sono il reddito prodotto, il numero degli occupati neid i fferenti settori economici, il livello dei consumi, degli investimenti e del

501

* Il lavoro fa parte di una ricerca CNR di più ampio respiro “Teorie e metodi per il governodel territorio rurale verso uno sviluppo sostenibile”, coordinata a livello nazionale dal Prof.Mario Prestamburgo1 Lo sviluppo per essere sostenibile deve essere in grado di soddisfare i bisogni dellegenerazioni presenti senza compromettere quelli delle generazioni future.2 Di sostenibilità infatti, si discute ben prima degli anni Ottanta, senza però definirne idifferenti aspetti. 3 Secondo Agenda 21 lo sviluppo è sostenibile se migliora la qualità della vita umana nelvincolo della capacità di assimilazione degli ecosistemi che lo sostengono.

Page 150: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

risparmio, il numero dei posti letto negli ospedali e degli studenti. La raccolta el’analisi di tali indicazioni, consentendo di delineare il quadro socio-economico diun paese e/o regione, dovrebbero fornire alcuni suggerimenti circa l’adozione dimisure correttive e/o di rinforzo. Stabiliti, poi, dei valori ideali i paesi o areepossono essere classificati in relazione al grado di sviluppo raggiunto. Questo tipodi analisi presenta, tuttavia diversi limiti, in quanto si presta alla misurazione delsolo fenomeno quantitativo (sviluppo) e non considera anche gli aspetti qualitativi(grado di benessere raggiunto da una popolazione). La statistica descrittiva,definisce, invece, gli indici come il risultato dei rapporti tra frequenze ovverointensità con cui si manifesta uno stesso fenomeno (rilevato in tempi, luoghi, classidifferenti) e alcune particolari grandezze (frequenza media, o somma).

2. Funzioni e criteri di scelta degli indicatori

L’individuazione di opportuni indicatori di sostenibilità essendo legato alconcetto di sviluppo sostenibile richiede, rispetto al passato, un’ulterioreelaborazione. La loro selezione, infatti, deve conciliare e chiarire i legami trasviluppo economico, istanze sociali e stato dell’ambiente non dimenticando cherappresentano uno strumento di comunicazione immediato e sintetico. Il set diindicatori scelto, quale misura dello sviluppo sostenibile, è strettamente correlatoalle funzioni che tali valori sono chiamati a svolgere, tra le quali, come suggerisceAgenda 21, vanno sicuramente ricordate quelle di:

• Monitoraggio delle condizioni ambientali, sociali ed economiche del contestoterritoriale al quale fanno riferimento. I valori devono essere confrontabili neltempo e per questo è importante poter disporre di una serie storica di rilevazioni alfine di esaminarne la componente di trend;

• Supporto alle decisioni in quanto forniscono la base informativa per orientareil decisore pubblico;

• Definizione e individuazione dei problemi; in termini di significatività per lapopolazione;

• Va l u t a z i o n e delle politiche adottate e controllo rispetto agli obiettivi dellosviluppo sostenibile;

• Informazione, comunicazione e stimolazione della popolazione per diffonderecomportamenti adeguati;

• Pressione nei confronti delle autorità pubbliche, al fine di indirizzare la sceltadelle politiche;

• Confro n t o tra realtà diverse: gli indicatori devono rappresentareanaliticamente la realtà indagata e, nello stesso tempo, consentire un’aggregazionecapace di raffrontare differenti ambiti territoriali e paesi. È noto, infatti, che le

502

Page 151: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

situazioni ambientali, economiche e sociali differiscono tra loro non solo tranazioni, ma anche tra realtà locali appartenenti ad uno stesso paese;

• Controllo della sostenibilità attraverso la verifica dei valori soglia stabiliti alivello di normativa o dei valori di riferimento opportunamente determinati;

• Coinvolgimento dei detentori delle informazioni nella divulgazione delleinformazioni raccolte;

• Individuazione delle carenze informative nella raccolta dei dati epredisposizione di opportuni interventi mirati a introdurre appropriatiaggiustamenti nelle serie storiche caratterizzate da dati mancanti o insufficienti.

Una diretta conseguenza delle numerose funzioni attribuite agli indicatori èquella della loro numerosità che obbliga a definire una scala di priorità pereffettuarne una cernita. In tal senso l’elemento discriminante va individuato nellecaratteristiche che ciascun indicatore deve possedere per essere coerente con lefunzioni ad esso attribuite. In definitiva, ciò che si richiede è che l’indicatoredebba essere contemporaneamente:

• Significativo vale a dire capace di fornire delle indicazioni sulle tendenzeevolutive del fenomeno che si vuole sintetizzare e non limitarsi alla meradescrizione dello stato di fatto;

• Rilevante per la situazione analizzata che comporta la differenziazione degliindicatori in relazione ai diversi aspetti e/o realtà indagate;

• Misurabile in quanto non sempre gli aspetti che si vogliono considerare, siprestano alla quantificazione. Questo porta, spesso, a dover rinunciare alladeterminazione delle dimensioni di alcuni fenomeni poiché le peculiaritàqualitative che essi riassumono non possono essere misurate. Non è, poi,sufficiente la sola considerazione della potenziale misurabilità, occorre anche che idati siano disponibili o quanto meno rilevabili e confrontabili nel tempo e nellospazio. Tale elemento assume particolare rilievo nel caso in cui non esistano valorisoglia o limite, o termini di riferimento;

• Compre n s i b i l e vale a dire non deve dare adito a malintesi o essere maleinterpretato e deve essere di facile lettura anche ai non addetti ai lavori;

E, ancora, Sensibile e modificabile; C o e re n t e con gli altri indicatori del set;S i n t e t i c o, senza perdere un elevato contenuto informativo e disaggregabile;Scientificamente valido; Ripro d u c i b i l e in altri periodi e/o realtà; Affidabile econveniente.

3. Gli approcci di selezione degli indicatori

Gli approcci di selezione degli indicatori possono essere ricondottiessenzialmente a tre tipologie: modelli utilizzati a livello internazionale, a livello

503

Page 152: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

l o c a l e e, metodiche, che entrano nella valutazione del singolo pro g e t t o. Leesperienze, in materia di indicatori di sostenibilità, internazionali più importantisono il modello stato-pressione-risposta dell’OCSE4 e l’ABC (Area, Basic, Core)dell’International Institute for the Urban Environment. In entrambi i casi ilprincipio ispiratore è la comparabilità degli indicatori stessi. Il modello OCSEpropone una struttura che interpreta i fenomeni ambientali e orienta le politiche.Gli indicatori di stato descrivono la qualità o il degrado delle risorse ambientali,quelli di pressione5 misurano la carrying capacity (uso massimo di una risorsaambientale, compatibile con lo sviluppo economico). Gli indicatori di rispostaindividuano i programmi, le politiche e i comportamenti delle componenti privateai mutamenti ambientali.

L’estrema sintesi dei valori rappresenta i l loro punto di forza, macontemporaneamente, anche la fragilità in quanto finisce col penalizzare ledifferenziazioni e/o peculiarità dei paesi stessi.

Lo sviluppo del modello ABC tenta di superare questo limite prevedendo tretipologie di indicatori:

Specifici di are a (Area specific indicators); considerano le problematiche diun’area precisa poiché pensati a livello locale;

Di base (Basic indicators) di supporto a quelli di nucleo;Di nucleo (Core indicators); forniscono le informazioni essenziali per misurare

la sostenibilità locale e rendono possibile il confronto con altre realtà.Agli indicatori proposti dall’OCSE e dell’International Institute for the Urban

Environment si uniscono quelli elaborati dalle Nazioni Unite che si basano sulmodello di f o rza trainante-stato-risposta . In questo caso gli indicatori,classificati in quattro categorie (sociale, economica, ambientale e qualitativa),hanno mostrato scarsa applicabilità pratica.

A livello locale, le esperienze più significative sono da ricondursi alleapplicazioni di Agenda 21. In questo caso il processo di selezione degli indicatoripuò seguire un approccio b o t t o m - u p6, prevalente nei paesi nordamericani, o t o p -d o w n7, diffuso nei paesi europei. In tale contesto si inserisce il Progetto sugli indicidi sostenibilità (Sustainability Index Project) che coinvolge 12 città europee (tab. 1).

Nei modelli di valutazione dei progetti della Banca mondiale e dell’Unione

504

4 Adottato da altre agenzie internazionali (EUROSTAT, UNSTAT) e da alcuni governi(Norvegia e Canada).5 Il concetto di pressione è sostituito da driving force che individua le attività umane, iprocessi e i modelli che hanno un impatto sulla sostenibilità.6 Nella scelta degli indicatori è coinvolta la comunità locale e il set di indicatori che nescaturisce ha il pregio di rispecchiare la realtà indagata e di evidenziarne le problematicheavvertite dai residenti.7 La scelta degli indicatori è affidata a un gruppo di esperti.

Page 153: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Europea prevale un’a n a l i s i c o s t i - b e n e f i c i in cui si esplicita, con scarsaconvinzione, la componente ambientale, mentre paiono più sicuri e pertinenti gliaspetti economico-sociali. In questa rassegna che non ha la pretesa di essereesaustiva, si vuole anche ricordare che gli indicatori, indipendentementedall’approccio seguito, possono perseguire un concetto di sostenibilità forte odebole e che possono essere orientati agli input (cause) o agli output (effetti)8.

4. Alcuni indicatori economici e sociali

Gli indicatori economici9 cui si fa, generalmente, riferimento sono il PIL,l’indice dello sviluppo umano (HDI1 0), il PIL verde (eco-prodotto EP1 e EP2) el’indice del benessere economico sostenibile (ISEW11). Questi ultimi, rispetto alPIL, si possono definire sostenibili in quanto introducono delle variazioni negliaggregati macroeconomici per considerare i cambiamenti nella disponibilità delle

505

8 La considerazione di questi elementi richiederebbe ulteriori approfondimenti.9 In questo caso il termine indicatore viene usato come sinonimo di indice.10 Human Development Index11 Index of Sustainable Welfare

Page 154: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

risorse. Sono anche denominati “sporchi e svelti” per la semplicità di calcolo cherappresenta il tallone di Achille degli indicatori stessi. La pretesa di riassumere inpochi numeri una situazione assai complessa e sfaccettata diminuisce la lorosignificatività. L’indicatore cui solitamente si fa riferimento è il PIL pro-capite12

che fornisce una misura sintetica delle attività economiche di un paese o area, intermini di beni e di servizi, disponibili per il consumo e l’accumulazione. Il pregioè quello di delineare, seppur a grandi linee, la capacità produttiva e il livello delbenessere di un paese. Le critiche sono note e sono riconducibili al fatto che: gliscambi monetari registrati sono solo quelli ufficiali, non considera la diversadistribuzione del reddito e, inoltre, rileva i flussi e non le riserve. Ai finiambientali, poi, l’indicatore è giudicato in termini negativi in quanto considerato, aragione, incapace di evidenziare il depauperamento che l’attività economicaesercita sull’ambiente, o, meglio, sulle risorse naturali. A tale proposito, sonodiversi gli approcci che tentano, a livello di contabilità ambientale, di affrontare iltema della sostenibilità. Tutte le proposte muovono, comunque, dallaconsiderazione di tre aspetti: lo sfruttamento del capitale naturale, il degradoambientale e le misure difensive per evitare (o neutralizzare) il degrado. Sono,generalmente, espressi in termini monetari, ai quali, in qualche caso, si accostanovalutazioni delle risorse espresse in quantità fisiche13. I primi intervengono sul PIL(o PNL1 4) considerando il degrado delle risorse naturali e il costo della tutelaambientale. I metodi di valutazione del grado di sfruttamento degli stock sono notie riassumibili nel costo di mantenimento1 5, nel costo d’uso1 6 e nel metodoR e p e t t o1 7. Il reddito nazionale deve, inoltre, essere corretto onde includervi lespese sostenute per cancellare, diminuire o, ancora, evitare i danni ambientaliprodotti dai processi produttivi e dal consumo dei beni ambientali. Questi costi

506

12 La Banca Mondiale, nella classificazione dei diversi livelli di sviluppo raggiunti da unpaese, fa riferimento al PNL (Prodotto Nazionale Lordo)13 Approccio sviluppato, sin dai primi anni Settanta, dal governo norvegese e, dal 1978,anche da quello francese.14 Nella consapevolezza della differenziazione tra PIL e PNL, i due aggregati vengonocomunque considerati come sinonimi.15 Estende il principio del deprezzamento del capitale prodotto dall’uomo al consumo dellerisorse naturali rinnovabili e non. In questo caso si pone il problema della valutazionemonetaria del degrado e dello sfruttamento (le informazioni sono espresse in quantitàfisiche). 16 Questo metodo ha il pregio, basandosi sulla stima dei tassi correnti (espressi in terminifisici) di estrazione dello stock disponibile di risorse, di superare il problema dellavalutazione.17 Repetto propone di valutare le risorse naturali al prezzo netto ottenuto sottraendo dagliintroiti correnti i costi correnti di produzione. Al Prodotto Nazionale va ricondotta, indefinitiva, la variazione fisica degli stock di risorse trasformate in unità monetaria.

Page 155: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

possono essere sostenuti per impedire (o attenuare) il deterioramento qualitativodell’ambiente o per compensare (o rimediare) le esternalità negative nella misurain cui l’ambiente risulta già danneggiato. L’HDI è usato prevalentemente per i Pvsper misurarne il grado di sviluppo raggiunto e si prefigge di ponderare i tred i fferenti aspetti della sostenibilità. Nel concreto, poiché considera la longevitàmedia, il livello medio delle conoscenze e quello della vita, ai quali solorecentemente si sono aggiunti la disaggregazione degli stessi in base al sesso e alladistribuzione del reddito, finisce coll’identificarsi in un indicatore del benessere. IlPIL verde (o eco-prodotto EP1) è una ulteriore elaborazione del Prodotto InternoLordo, al quale vengono sottratte o le spese difensive1 8, o la disponibilità apagare19 o il costo del danno o, ancora, i costi di prevenzione20. Questo indicatore,in definitiva, contempla i danni e non i benefici connessi all’utilizzo della risorsaambientale. L’indicatore Eco-Prodotto 2 (EP2) cerca di colmare questa lacunaaggiungendo al Prodotto Nazionale Lordo i beni e servizi ambientali, cherappresentano l’output ambientale e, a tal risultato, viene successivamente sottrattoil danno che esprime l’input ambientale21 Per il calcolo dell’indice del benessereeconomico sostenibile2 2, la base di partenza è sempre il PIL al quale vengonoricondotte determinate categorie escluse dal calcolo quali il lavoro domestico, laspesa pubblica per la salute e l’istruzione, la crescita netta del capitale e ilmutamento del paese in esame nella graduatoria stilata a livello internazionale. Lespese correnti di prevenzione e le riduzioni delle riserve di capitale sono elementiche incidono in senso negativo sul PIL. Tra gli indicatori sociali proposti dallaletteratura si vogliono ricordare quelli che misurano il benessere soggettivo, ifenomeni sociali e le condizioni di vita. L’indice che misura il benessere soggettivorisulta dalla dichiarazione di felicità e/o infelicità degli individui di un paese. È un

507

18 Sono le spese sostenute per compensare la crescita economica. 19 È questo un approccio soggettivo: considera le spese che i cittadini sarebbero disposti apagare per evitare i danni ambientali.20 Rappresenta il valore richiesto per evitare i danni ambientali in via preventiva. Si ottiene,di solito, sottraendo al Prodotto Nazionale Lordo il deprezzamento delle risorse naturali.21 Gli approcci sono riassumibili nelle due categorie : cost-oriented e welfare-oriented. Nelprimo si considerano i costi necessari al ripristino di determinati standard ambientali, nelsecondo, oltre ai costi, sono valutati i benefici e le perdite di benessere sociale che derivanodalle esternalità (negative e positive) dalle attività economiche. Il problema di questametodologia è rappresentato della valutazione dei benefici (es. aria pulita, rumore, ecc.).Comunemente il beneficio è inteso come ciò che la gente desidera e si misura con ladisponibilità a pagare o con la disponibilità ad accettare.22 Aggiusta il NEW (Net Economic Welfare) di Nordhaus e Tobin che, pur avvicinandosi alconcetto di sostenibilità, non considera i costi connessi al fattore ambientale. Prende inesame il lavoro domestico e volontario, il bricolage, la produzione gratuita di beni e servizie l’incremento di tempo libero.

Page 156: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

concetto di felicità individuale e come tale estremamente variabile nel tempo enello spazio.

L’indice di misurazione dei fenomeni sociali identifica in alcuni fenomeni,quali la criminalità, la violenza, i suicidi, l’abuso di droghe e alcool, il grado dimalessere (e/o benessere) di una società. I risultati di questi indicatori, sperimentatiin alcuni paesi, hanno dimostrato che, al di sopra di un certo livello di reddito procapite, il grado di benessere dell’individuo non cambia. La situazione di disagionon pare correlata al reddito23 almeno nel mondo occidentale.

L’indice che misura le condizioni di vita della popolazione si basa sulle risorsea disposizione del cittadino (reddito, possedimenti, istruzione, abitazione, servizipubblici, ecc.). Dall’analisi di questi pochi indicatori emerge, inoltre, la scarsaconsiderazione della condizione di equità che dovrebbe essere misurata propriodagli indicatori sociali. Alcuni passi in tal senso si stanno, però, compiendo.

5. Le difficoltà emerse

L’analisi condotta che, per la vastità e complessità dell’argomento, non hacertamente la pretesa di essere esaustiva, ha, comunque, evidenziato numerosi nodiche, se non adeguatamente considerati, rischiano di sollevare molti dubbi chefiniscono coll’affievolire il valore segnaletico delle misurazioni. Al primo posto siricorda l’estrema complessità del concetto di sviluppo sostenibile che, purcondivisibile sul piano teorico, non esplicitando obiettivi concreti, pone seriproblemi di quantificazione. Nelle applicazioni concrete, poi, le finalitàmanifestano forti elementi di conflittualità, in cui le decisioni, più che versol’equilibrio dei diversi aspetti, tendono ad adattarsi al problema contingente (ilbinomio tutela ambientale-occupazione è quello che provoca laceranti tensioni).Gli indicatori ambientali, che in questo contesto non sono stati analiticamenteconsiderati, paiono, come numero, prevalenti rispetto a quelli economici e sociali esembrano improntati a una logica causa-effetto. Questo porta a considerare,soprattutto in una situazione di relativa conoscenza, gli indicatori ambientali comeespressione di una condizione caratterizzata da notevole incertezza. Destaperplessità, del resto, il fatto che, molto spesso, tendono a descrivere gli effetti piùche lo stato delle risorse. Sono, inoltre, spesso autocorrelati e ciò, se aiuta nellacomprensione e interpretazione dei fenomeni, rende difficoltoso l’approntamentodi strumenti adeguati. La disponibilità dei dati, nel concreto, finisce perrappresentare l’elemento discriminante nella scelta degli indicatori. Quasi tutti

508

23 Questo risultato solleva alcuni dubbi sulla teoria della crescita in quanto perde significatol’aumento del reddito finalizzato all’incremento del benessere dell’individuo.

Page 157: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

sono, per natura, quantitativi e come tali necessitano di adeguate fonti statistiche.Le informazioni sono assai di sovente frammentate, rilevate solo in alcuni anni,indisponibili a livello disaggregato, misurati da enti differenti e con metodologiediverse. Questo comporta la non considerazione di alcuni indicatori nonostante ilfatto che riescano, meglio di altri, a rappresentare la realtà analizzata. La sceltacade, spesso, su altri meno significativi, ma di più facile reperimento. A l t r oostacolo si incontra nella determinazione di alcuni benchmark di riferimento.Questi valori soglia sono a volte già predeterminati (ad esempio dalle diverselegislazioni comunitarie, nazionali, ecc.), altre no e in questo caso si pone ilproblema della loro quantificazione. L’attribuzione di un valore di riferimentodovrebbe, comunque, essere coerente con gli obiettivi che, come ricordato inprecedenza, dal punto di vista pratico, mostrano tutte le carenze.

Per i motivi esposti, ancora non si è pervenuti ad un indicatore (o a piùindicatori) che riesca a conciliare i tre aspetti della sostenibilità. In tal senso pare,infatti, che i nodi da sciogliere siano ancora molti. Il tutto si complica per lamancanza di un vocabolario e di linguaggi univoci che permettano ai diversiambiti scientifici di comunicare e lavorare insieme in modo coordinato. Pare,inoltre, che solo i problemi palesi attirino l’attenzione: la pressione sull’ambiente èignorata finché non è visibile, poi non sempre si affrontano le cause, spesso, siripiega sulla riduzione degli effetti. Va rilevata anche l’ancora scarsa convinzioneallo sviluppo sostenibile, non solo dei decisori pubblici, ma anche a livello dicittadini. In generale, gli indicatori paiono, inoltre, ignorare un aspetto qualificantedella sostenibilità, vale a dire l’equità, poco enunciata, poiché ritenuta implicitanelle definizioni di sviluppo sostenibile. Dall’analisi degli indicatori maggiormenteutilizzati tale principio non pare emergere in modo tangibile, ad esso viene prestatauna modesta attenzione anche se qualche tentativo in tal senso si scorg e(distribuzione del reddito, differenza tra i sessi, ecc.). Nei confronti del settoreagricolo l’interesse è scarso e le esperienze analizzate dimostrano che finisce quasisempre col rappresentare uno strumento per la riduzione degli impatti negativi.Tenuto conto di queste osservazioni, si dovrebbe concludere che le liste degliindicatori attualmente utilizzate sono squilibrate e incomplete, i modelli divalutazione e monitoraggio che ne scaturiscono, di conseguenza, inefficaci einefficienti e le scelte e le decisioni che ne derivano insostenibili.

Il problema a questo punto è di riconsiderare gli ostacoli emersi con l’obiettivodi distinguere quelli che possono essere superati in un brevissimo arco temporaleda quelli che richiedono ripensamenti ponderati. Tra i primi sembra si possanoincludere la mancanza di un linguaggio comune e il predominio, rispetto agli altri,degli indicatori ambientali (falso problema in realtà). La complessità del concettodi sostenibilità e la fissazione di banchmark di riferimento sono strettamentecorrelati. Anche in questo caso paiono, comunque, questioni risolvibili in cui, in

509

Page 158: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ogni caso, devono essere tenuti presenti sia la flessibilità che la differenziazione,soprattutto nella definizione dei valori di riferimento. La solidarietà, infatti, deveessere intesa non solo come impegno a trasferire alle generazioni future le risorseattuali, ma anche come obbligo nei confronti dei paesi in via di sviluppo (o fascedi popolazione) per i quali la tutela ambientale non deve rappresentare un frenoalla crescita. Il nodo che attualmente appare di più difficile soluzione è quello delleconflittualità tra gli obiettivi, di cui non mancano esempi concreti.

510

Page 159: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. (1997). Progetto Venezia 21, Fondazione Eni Enrico Mattei, giugno.

Adams D. (1994), Urban Planning and the development process, UCLpress, London.

Atkinson J., Dubourg K., Hamilton K., Munasinghe M., Pearce D., Young C. (1997), M e a s u r i n gSustainable Development, Edward Elgar, Abingdon UK.

Atkisson A. (a cura) (1995), Indicators of Sustainable Community Sustainable Seattle.

Bocchi M. e Ceruti M. (a cura) (1994), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano.

Breheny, M.(ed.) (1992), Sustainable development and urban form, Pion London.

Bresso M. (1993), Per un’economia ecologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma.

Camagni R. (1996), Economia e pianificazione della città sostenibile, Il Mulino, Milano.

Checkiand PB, Forbes P & Martin S, (1990), Techniques in soft systems practice, Part 3: Monitoringand control in conceptual models and in evaluation studies, Journal of applied system analysis, vol. 17.

Coccossis H., Nijkamp P. (1995), Planning for our cultural heritage, Avebury, Hants, UK

Costanza R. (ed), (1991), Ecological Economics, Columbia University Press, NY.

Daly H.E. (1990), Toward some operational principes of sustainable development, EcologicalEconomics 2.

Davies L. and Ledington P. (1991), Information in action. Soft systems methodology, M a c m i l i a nEducation Ldt, Hong Kong .

EU Expert Group on the Urban Environment (1994), E u ropean Sustainable Cities. ConsultationDraft for the European Conference on Sustainable Cities and Towns, first annual report, Aalbourg,Denmark, 24-27, Commission of the European Communities, Directorate XI, XI/307/94-EN.

European Commission (1990), Green paper on the urban environment, Commission of the EuropeanCommunities, COM (90) 218 final, Brussels 27/6/1990.

European Environment Agency (l995), E u ropÈs environment: the Dobris assessment (a cura)Stanners D. e Bourdeau.

Fisher, F. (1990), Technocracy and the Politics of Expertise, Nebury Park, California, Sage.

Fusco Girard L., Nijkamp P. (1997), Le valutazioni per lo sviluppo sostenibile della città e delterritorio, Franco Angeli, Milano.

511

Page 160: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Hammond Alien e al. (1995), E n v i ronmental Indicators: a systematic approach to measuring andre p o rting on environmental policy performance in che context of sustainable development, Wo r l dResource Institute.

Nordhaus W. D., Tobin J. (1973), Is growth obsolete?, in Moss M. (ed.), The Measurament ofEconomic and Social Performance. Studies in Income and Wealth, 38, National Bureau of Economic.OECD (1994), Environmental Indicators, OECD, Parigi.

Pearce, D., Markandya A., Barbier, E.B. (1994), Sustainable Development. Economics andEnvironment in the Third World, London, Earthscan Publication Ltd.

Van Der Borg J. (1996), Ecological Economics and Sustainable Development, Edward Elgar,Abingdon UK.

United Nations (1995), Work programme of indicators of sustainable development of the commissionon Sustainable Development, P a p e r- United Nation Department for Policy Co-ordination andSustainable Development.

World Commission on Environment and Development (1987), Our Common Future, New Yo r k ,Oxford University Process.

512

Page 161: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gruppo di lavoroGLI SCAMBI

Page 162: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 163: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

GIACOMO BÜCHI

PROBLEMATICHE RELATIVE ALLAINDIVIDUAZIONE DELPESO DELLE VARIE COMPONENTI DEI SUSSIDI EQUIVALENTI

ALLAPRODUZIONE: UNAAPPLICAZIONE ALLAFEDERAZIONE RUSSA PER IL PERIODO 1992-1996.

1. Introduzione

Questo contributo si propone di analizzare da un punto di vista metodologico lanatura ed il significato dei sussidi equivalenti alla produzione (in seguito PSEs, daproducer subsidy equivalents) che rappresentano uno degli indicatori del sostegnoglobale più comunemente utilizzati a livello di accordi internazionali sulcommercio nel settore agricolo.

In particolare in questa nota prendiamo in considerazione tale indicatore conriferimento alla politica agraria portata avanti dalla Federazione Russa nel periodo1992-1996, anche con l’obiettivo di verificare se e come, in situazioni caratteriz-zate da elevata inflazione ed elevata volatilità dei tassi di cambio, la composizionee l’evoluzione di questa misura di sostegno, che viene in genere utilizzata pereffettuare scelte di politica agraria, sia influenzata da variabili macroeconomiche.

Ci siamo occupati di questa problematica nell’ambito di un’analisi condottadall’U.E. per valutare i PSEs di cui beneficia l’agricoltura russa.

A tale scopo abbiamo messo a punto una tecnica di scomposizione del PSE, siain termini statici sia in termini dinamici, che ci pare permetta di evidenziare equantificare le componenti del PSE sotto entrambi i profili.

Tale tecnica di scomposizione viene descritta dettagliatamente nel paragrafo 2,mentre nel paragrafo 3 viene riportata l’applicazione relativa alla FederazioneRussa nel periodo indicato.

Prima di procedere si ritiene necessario menzionare brevemente alcuneassunzioni specifiche che stanno alla base dei calcoli del PSE che sono statieffettuati dalla U.E. per i paesi CIS1 nonché alcuni punti che riguardano i limiti deidati su cui abbiamo lavorato.

515

1 Commonwealth of Indipendent States, ovvero l’insieme degli Stati che si sono formatidopo la disgregazione dell’Unione Sovietica.

Page 164: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gli elementi di base per i calcoli relativi ai PSEs sono ovviamente dati perscontati e a questo riguardo ci si riferisce implicitamente alla metodologia dicalcolo dell’OCSE2. Tuttavia, rispetto alla metodologia OCSE sono state introdottealcune peculiarità nei calcoli effettuati in modo da permettere di tener debitamentein considerazione la specifica situazione della Federazione Russa.

Nel periodo di transizione tra il 1992 e il 1996, in parte come suggerito daStrokov e Mjers (1996). Sembra necessario richiamare brevemente alcune diqueste peculiarità soprattutto perché ci si riferirà ad esse nelle pagine che seguono.

Il primo punto da considerare concerne il prezzo alla produzione preso inconsiderazione per il calcolo del PSE. A questo proposito deve essere notato che ilprezzo interno adottato come prezzo alla produzione è la media ponderata tra iprezzi che sono pagati alle aziende agricole collettive (la cui quota nella produ-zione agricola russa è ancora molto importante per alcuni prodotti come cereali ebarbabietola da zucchero) e i prezzi ricevuti dalle aziende agricole famigliari cherisultano assai importanti per altri prodotti, quali patate, latte e carne di pollo.

Il secondo punto che merita considerazione concerne i problemi diaggiustamento per differenziali di qualità. In molti casi, nei paesi CIS non si puòassumere che il prodotto importato sia della stessa qualità del prodotto domestico.Per questa ragione sono stati adottati dei coefficienti di aggiustamento di qualitànei calcoli del PSE al fine di prendere in dovuto conto le differenze di qualità,concepite non solo come differenze nella intrinseca qualità del bene, ma anchecome differenze in caratteristiche come il packaging e il grado di lavorazione.

Un terzo punto specifico dei paesi CIS è la selezione del più appropriato valoreunitario preso come prezzo internazionale di riferimento. È noto che questo prezzodovrebbe rappresentare il costo opportunità a livello internazionale del prodottodomestico. Per questa ragione il prezzo internazionale di riferimento è usualmenteapprossimato dal valore unitario all’export se il paese è un esportatore netto delprodotto o dal valore unitario all’import se il paese è un importatore netto. Conriferimento ai paesi CIS sorge uno specifico problema a questo proposito, poiché ilvalore dei flussi commerciali intra CIS è sottostimata per varie ragioni, prima tratutte l’esistenza di accordi di baratto. È quindi importante essere in grado di usare ivalori unitari all’import o all’export che escludano il commercio intra CIS.

A questo proposito i dati FAO usualmente utilizzati non offrono la possibilità diselezionare valori all’import o all’export per paesi di origine e di destinazione, per

516

2 Rispetto alle possibili definizioni di PSE, in questo lavoro si fa riferimento al PSEpercentuale con il prezzo internazionale come denominatore. In formula, per ogni prodotto

PSE = Pd - P i + S · 100Pi

Dove Pd è il prezzo interno, Pi è il prezzo internazionale e S sono i sussidi erogati per unitàdi prodotto.

Page 165: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

questo motivo sono stati corretti i dati FAO facendo uso di dati forniti dai servizidoganali della Federazione Russa al fine di escludere il commercio intra CIS.

Un terzo problema è relativo ai sussidi pubblici che compaiono nel calcolo deiPSEs per la Federazione Russa. Questo problema sorge perché la quota dei sussidiche nel bilancio pubblico sono contabilizzati come sussidi orizzontali, ovvero chevalgono per tutto il settore agricolo, è molto grande rispetto ai sussidi a specificheproduzioni. La procedura da noi seguita è stata di allocare i sussidi indiretti aisingoli prodotti in proporzione al peso di questi prodotti sul totale della produzioneagricola. Data l’importanza dei sussidi orizzontali questa procedura influenzanotevolmente i risultati ottenuti ed in particolare esalta l’importanza dei sussidiindiretti per quei prodotti con un alto prezzo unitario. Infatti, se indichiamo con Dil totale dei sussidi indiretti erogati in un certo anno, con Pi e Qi il prezzo e laquantità del prodotto i-esimo, con Di l’ammontare dei sussidi indiretti riferiti alprodotto i-esimo, allora poiché Di=(PiQi/ PQ)D segue che il sussidio unitario cheappare nella formula del PSE è uguale a Di/Qi = PiD/ PQ e quindi dati D e ∑PQè una funzione del solo Pi.

Si può considerare a questo punto concluso -sia pur in modo estremamentesintetico e piuttosto superficiale- l’esame delle principali peculiarità concernenti ilcalcolo del PSE per la Federazione Russa o quanto meno di quelle peculiarità a cuisi fa riferimento nel corso del lavoro. Molti dei punti discussi fino a questomomento implicitamente evidenziano già alcune limitazioni dei dati utilizzati.Altre limitazioni concernono il riferimento spaziale dei dati stessi; a questoproposito occorre notare che il significato di calcolare i PSE per un grande Paesecome la Federazione Russa può essere considerato quantomeno dubbio e ilriferimento spaziale del calcolo dovrebbe probabilmente essere più delimitato (adesempio a livello di oblast).

2. Aspetti metodologici della scomposizione statica e dinamica dei PSEs

La metodologia di seguito esposta è stata sviluppata indipendentemente daquella usata dall’OCSE nell’ analisi delle misure di supporto (per cui si vedaAgricoltural policies, markets and trade, Annex III, OECD Paris, annate varie).

Le principali differenze rispetto alla metodologia OCSE possono essereriassunte come segue. La prima differenza risiede nel fatto che l’analisi è compiutacon riferimento ai singoli prodotti, mentre la metodologia OCSE, sebbenetecnicamente applicabile a singoli prodotti, è generalmente presentata conriferimento al settore agricolo di un Paese nel suo insieme. La seconda, e piùimportante, differenza può essere individuata nel fatto che l’analisi qui presentataparte da un scomposizione statica dei PSEs da cui l’analisi dinamica è

517

Page 166: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

successivamente tratta. L’analisi dinamica è basata sulla stessa idea dellascomposizione che effettua talora l’OCSE anche se per certi aspetti tecnici ned i fferisce. La terza differenza, strettamente legata alla seconda, è datadall’inclusione nel nostro metodo di variabili macroeconomiche come l’inflazionee il tasso di cambio nominale, la cui influenza nel determinre le variazioni del PSEè particolarmente importante nelle economie in transizione e più generalmente ineconomie caratterizzate da elevata inflazione e da elevata volatilità dei tassi dicambio.

Inoltre va notato che, come nel caso della scomposizione effettuata dall’OCSE,la nostra analisi è basata sull’assunzione che i componenti dei PSEs sonoindipendenti l’uno dall’altro; questa è ovviamente un’utile ipotesi di lavoro, manecessita di essere interpretata con attenzione, perché in molti casi i componentisono invece fra loro correlati.

Poiché l’analisi porta ad un trattamento alquanto sofisticato dei dati originaliche sono utilizzati per il calcolo del PSE, è chiaro che la valutazione dei risultatidella scomposizione deve essere compiuta alla luce delle limitazioni dei dati cheindubbiamente esistono (si pensi ad esempio nel quadro di una iperinflazioneall’importanza dello specifico periodo dell’anno al quale un particolare prezzo èriferito).

La scomposizione statica del PSE, essendo quest’ultimo un valore percentuale,può soltanto essere riferita a variabili che siano espresse come valori percentuali.Ciò non è vero per la scomposizione dinamica, come si vedrà fra breve. Laformula che permette di giungere alla scomposizione statica per un singoloprodotto può essere espressa come segue:

P S E = [ P a t - P w•n e r ] / ( P w•n e r ) + [ ( P d - P e x ) / P d ]•( E / Q )• [ P d / ( P w•n e r ) ]+[Ds/(Pw•ner)] + [Is/(Pw•ner)] + [Pd-Pat]/(Pw•ner)

Dove:- Pat è il prezzo nella valuta domestica del prodotto importato al confine dopo

l’applicazione della tariffa all’importazione- Pw è il prezzo internazionale in dollari - ner è il tasso di cambio nominale- Pd è il prezzo interno - Pex è il prezzo all’esportazione nella valuta domestica dopo l’applicazione

della tariffa all’esportazione - E è il valore delle esportazioni- Q è il valore della produzione domestica- Ds è il sussidio diretto unitario - Is è il sussidio indiretto unitarioDate queste definizioni, i differenti componenti che appaiono nel lato destro

della formula sono, iniziando da sinistra; la tariffa all’importazione, la tariff a

518

Page 167: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

all’esportazione, i sussidi diretti, i sussidi indiretti e ciò che noi definiamo“componente di distorsione di prezzo”. L’inclusione di queste componenti nelvalore del PSE dovrebbe essere abbastanza chiara; tuttavia due di questecomponenti meritano alcuni approfondimenti.

La prima di queste è il sussidio all’esportazione la cui incidenza sul valore delPSE (sebbene non molto importante nell’applicazione qui presentata per laFederazione Russa) è più complicata da calcolare di quella degli altri componenti.Questo perché, definendo la tariffa unitaria all’export come Te(Pd-Pexp)/Pd, l ascomposizione del PSE implica che questa tariffa sia sommata algebricamente alvalore del PSE. A questo punto sorgono due problemi. Il primo è che la tariff aall’esportazione è applicata al prezzo domestico, mentre il valore del PSE (oquantomeno quello che viene preso in considerazione qui) è riferito al prezzointernazionale. Il secondo problema deriva dal fatto che la tariffa all’esportazionesi riferisce al valore della quantità esportata, mentre il PSE si riferisce al valoredella produzione domestica . Per queste due ragioni il valore della tariffa unitariaall’export non può apparire in quanto tale nella formula per la scomposizionestatica del PSE, ma deve essere rettificato moltiplicandolo sia per il rapporto fra ilprezzo domestico e il prezzo internazionale, sia per il rapporto fra il valore dellaquantità esportata e il valore della produzione domestica.

Per quanto riguarda questo secondo rapporto, il senso della sua moltiplicazioneper la tariffa all’esportazione può essere meglio compreso con riferimento allarelazione tra il PSE totale e il reddito totale che lo Stato può prelevare daiproduttori con una tariffa all’esportazione. Se, ad esempio, il valore del PSEunitario per un ipotetico prodotto è il 22%, il valore della produzione domestica(Q) è 100, la tariffa unitaria all’export (Te) è il 30% e il valore delle esportazioni è15, il sussidio netto al produttore riferito ai valori totali è 17,5 (=22-4,5).

Se ora vogliamo riferire questo sussidio netto alla produzione domestica,chiaramente abbiamo (17,5)/100, che può anche essere letto come P S E - Te ( E / Q ),che è esattamente la soluzione che è stata adottata nella scomposizione statica delPSE.

Il secondo componente del valore statico del PSE che merita alcuniapprofondimenti è ciò che abbiamo definito come “componente di distorsione diprezzo”, come valore residuale. Mentre le altre componenti hanno un chiarosignificato a priori in termini di sussidio (tutte eccetto la tariffa all’export) o ditassazione (la tariffa all’export), per questa componente il valore empiricocalcolato con riferimento ad uno specifico prodotto può essere interpretato comesintesi di tutti gli effetti del contesto economico in cui un particolare prodotto èinserito, effetti che non sono catturati dalle altre componenti esplicite del PSE eche possono giocare nel loro insieme, a seconda dei casi, come tassazione o comesussidio.

519

Page 168: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Come si vedrà fra breve, i risultati per la Federazione Russa mostrano chequesta componente è molto importante nel determinare il valore del PSE.

Questo fatto, detto per inciso, implica che nei casi in cui il segno dellacomponente di distorsione di prezzo è opposto rispetto a quello del PSE, i pesi siadi questa specifica componente sia delle altre sul totale del valore del PSE devonoessere interpretati con attenzione perché il PSE stesso é il risultato di elementi chetendono ad annullarsi reciprocamente.

La scomposizione dinamica del PSE è strettamente derivata dallascomposizione statica. Una volta che per ogni prodotto e per ogni anno è statacostruita la formula della scomposizione statica, è possibile sostituire per ognivariabile che entra nella formula il valore dell’anno in questione con quellodell’anno successivo e valutare in questo modo l’impatto del cambiamento di ognivariabile sul valore del PSE da un anno all’altro. Come già osservato, il contributodato dalla variazione della singola componente alla variazione del PSE totale deveessere letto come quel cambiamento del PSE che avrebbe avuto luogo se le variecomponenti si fossero mosse indipendentemente l’una dall’altra.

Chiaramente questa procedura permette la valutazione degli effetti di variabiliche, a differenza del caso statico, non sono più necessariamente soltanto variabiliespresse in valore percentuale. Le variabili che possono essere prese inconsiderazione nella scomposizione dinamica dei PSEs sono le seguenti: il tasso dicambio nominale, il tasso di inflazione, la tariffa all’importazione, la tariff aall’esportazione, il prezzo domestico, il prezzo internazionale, i sussidi unitaridiretti e indiretti. Dal punto di vista matematico l’impatto dei cambiamenti inqueste variabili viene calcolato sotto forma di differenziale parziale standardizzatin modo da ricondurlo ad un peso percentuale come nel caso della scomposizionestatica. Rispetto al caso statico è maggiore il numero di elementi la cui variazionepuò avere un segno opposto rispetto a quella del PSE totale. Vi è quindi, anche inquesto caso, e a maggiore ragione, il problema di valutare con attenzione il signifi-cato dei valori assunti dai pesi per i differenti prodotti.

3. Applicazione della scomposizione ai PSEs relativi alla FederazioneRussa per il periodo 1992 - 1996.

I PSEs calcolati per la Federazione Russa sono riportati nella tavola 1 conriferimento ai singoli prodotti, e nella tavola 2 per grossi aggregati nell’ambito delsettore agricolo. L’insieme dei risultati mostra senza ambiguità che per lageneralità dei prodotti nel periodo preso in considerazione si è avuto un passaggioda una situazione di tassazione nei primi anni a una situazione generalizzata disussidi alla fine del periodo. È tuttavia impossibile a questo stadio dell’analisi

520

Page 169: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

spiegare le ragioni di questo cambiamento senza effettuare una scomposizionestatica e dinamica dei valori dei PSEs.

Prima di esaminare i risultati della scomposizione è importante ricordare leragioni dell’inclusione nell’analisi di variabili che solo implicitamente influenzanole variazioni dei PSEs, ovvero di variabili macroeconomiche quali l’inflazione e iltasso di cambio nominale. Queste ragioni sono spiegate nella tavola 3, nella qualeabbiamo calcolato le variazioni, nel periodo considerato, delle componenti deltasso di cambio reale riferito al settore agricolo, ovvero del tasso di cambionominale e del rapporto fra i prezzi internazionali e i prezzi interni riferiti al settoreagricolo.

Le variazioni di queste variabili influenzano il tasso di cambio reale da un annoall’altro. La nostra assunzione è che i valori dei PSEs siano implicitamenteinfluenzati dal valore delle variabili macroeconomiche (inflazione e tasso dicambio nominale) in proporzione alle variazioni del tasso di cambio reale.

Come mostra la tabella 3, la variazione del tasso di cambio reale è stata moltoalta all’inizio del periodo considerato e successivamente è diminuita. Diconseguenza, se la nostra assunzione è vera, l’importanza dell’inclusione del tassonominale e dell’inflazione nella scomposizione dinamica dovrebbe essere moltoalta all’inizio del periodo considerato e dovrebbe quindi divenire meno influentealla fine del periodo.

Nell’esaminare i risultati dell’applicazione alla Federazione Russa, l’ordine concui le due analisi statica e dinamica sono state presentate nel paragrafo 2 vieneinvertito. Questo perché, se da un punto di vista metodologico è senz’altroindispensabile far precedere la scomposizione statica alla scomposizione dinamica,dal punto di vista della presentazione dei risultati sembra più interessanteesaminare l’evoluzione che è avvenuta nel periodo preso in considerazioneattraverso la scomposizione dinamica e successivamente esaminare la situazionestatica quale si viene a presentare alla fine del periodo considerato.

I risultati della scomposizione dinamica - sintetizzati per alcuni prodotti perragioni di spazio nella tabella 4 - mostrano come nel periodo considerato ilpassaggio da una situazione generalizzata di tassazione a una situazionegeneralizzata di sussidio al produttore è stata pesantemente favorita siadall’inflazione sia, anche se in misura minore, dalle variazioni del tasso di cambionominale. Questo risultato sembra essere alquanto importante soprattutto se siconsidera che le variazioni dei PSEs dovrebbero riflettere in via primaria icambiamenti nelle politiche settoriali.

Questa influenza è andata riducendosi nel corso del periodo considerato, invista della stabilizzazione del tasso di cambio reale, ma pesa ancora per circa il 10-20% a seconda dei prodotti sull’ultima variazione (quella dal 1995 al 1996) nelcaso dell’inflazione, e per circa il 5-10% nel caso del tasso di cambio nominale.

521

Page 170: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le variazioni dei prezzi internazionali e dei prezzi domestici (deflazionati)hanno influenzato le variazioni dei PSEs in misura diversa a seconda dei prodotti,ma generalmente con effetti non contrastanti con riferimento allo stesso prodotto.

I cambiamenti nei sussidi indiretti (deflazionati) hanno incrementatochiaramente la loro influenza sulle variazioni dei PSEs durante il periodo e questofenemeno è particolarmente evidente per il gruppo dei prodotti zootecnici.

Infine, i cambiamenti dei sussidi all’importazione hanno anche aumentatol’influenza sui cambiamenti dei PSEs, ma solo per alcuni prodotti come la carne dipollo, lo zucchero e la carne bovina.

La situazione alla fine del periodo (1996) che scaturisce dalla scomposizionestatica è piuttosto diversa a seconda dei gruppi di prodotti (tabella 5). I cereali, peri quali, come risulta nella tabella 1, sono stati calcolati PSEs negativi,generalmente (nella tabella 5 viene riportato l’esempio del grano) mostrano unpeso considerevole della tariffa all’importazione e dei sussidi indiretti, ma tali aiutinon sono sufficienti a compensare la componente negativa di distorsione delprezzo, che ha il significato di una tassazione del produttore.

Sempre con riferimento alla tabella 5, lo zucchero (PSE positivo) e il lino (PSEnegativo) sono anche caratterizzati da componenti di distorsione di prezzo avverse.Nel caso dello zucchero la componente di distorsione di prezzo è contrastataprincipalmente dalla tariffa all’importazione, mentre nel caso del lino il contrastoavviene con i sussidi indiretti.

Nel gruppo dei prodotti zootecnici la situazione è differente. Per la maggiorparte dei prodotti (qui esemplificato dalla carne bovina)il peso delle variecomponenti è abbastanza omogeneo e presenta lo stesso segno (positivo). A questoproposito ci sono due eccezioni. La carne ovina mostra un PSE negativo dovuto auna componente di distorsione di prezzo negativa, mentre il peso della protezionealla frontiera e dei sussidi indiretti non è molto elevato anche considerando che cisono forze contrastanti nel determinare il valore del PSE. La seconda eccezione ècostituita dalle uova, che mostrano un PSE positivo; la componente di distorsionedi prezzo è anche qui predominante ma questa volta in favore del sussidio allaproduzione, mentre la protezione alla frontiera e i sussidi indiretti sono menorilevanti.

Infine, per i prodotti ortofrutticoli la situazione è ancora differente. Lascomposizione statica mostra che i PSEs positivi alla fine del periodo sono ilrisultato non dei sussidi, ma di una componente di distorsione di prezzo positivache si accompagna a una protezione alla frontiera piuttosto elevata che haanch’essa un certo peso nel determinare il valore dei PSEs.

522

Page 171: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. Considerazioni conclusive

In questo contributo vengono analizzate le problematiche relative allaindividuazione del peso delle varie componenti dei sussidi equivalenti allaproduzione e viene presentata una metodologia finalizzata alla scomposizione diquesto indicatore del sostegno al settore agricolo. Tale metodologia è statasviluppata indipendentemente da quella utilizzata dall’OCSE dalla quale sidifferenzia, sia per la presenza di una scomposizione statica del PSE che precedequella dinamica, sia per l’inclusione in quest’ultima di variabili macroeconomichequali l’inflazione ed il tasso di cambio nominale, che solo indirettamenteinfluenzano l’evoluzione del PSE.

523

Page 172: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Una applicazione del metodo alla Federazione Russa nel periodo 1992-1996permette di mostrare come l’influenza di queste variabili macroeconomichesull’evoluzione dei valori dei PSEs è molto elevata in presenza di forti variazionidel tasso di cambio reale. Inoltre è possibile evidenziare come la semplice analisidei PSEs totali possa nascondere profonde differenze tra prodotti, sia conriferimento alla scomposizione statica dei PSEs, sia alle cause della variazione delvalore dell’indicatore nel corso del tempo.

524

Page 173: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

525

Page 174: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

G AT T- W TO (1994), Establishing the World Trade Organisation: A g reement on A g r i c u l t u re,Marrakesh 15 april.

OECD (1996), Tables of Producer Subsidy Equivalents and Consumer Subsidy Equivalents, OECD,Paris.

OECD (annate varie), Agricultural Policies, Markets and Trade in OECD Countries - monitoringand evaluation 1996, Paris.

OECD (1995), Statistics on microcomputer diskette. PSE and CSE.

Strokov, S., MeyersW.H., (1996) Producer Subsidy Equivalents and evaluation of support to Russianagricultural producers, Iowa State University.

Tarditi, S. (1972) Strumenti per le politiche di stabilizzazione e sostegno dei redditi. In Atti del VIIIConvegno di Studi della Società Italiana di Economia Agraria, Pisa, pp. 51. Idem in Rivista diEconomia Agraria 26(3-4): 69-121.

Tarditi, S., Croci-Angelini, E. (1988), Aspetti metodologici e criteri di valutazione della politicaeconomica nel settore agricolo, in Società Italiana degli Economisti Agrari, La politica economicanel settore agricolo, Il Mulino, Bologna.

Tarditi, S. (1977), Revisione della politica agraria e di coesione ed allargamento della UE a Est,Comitato italiano per la Cooperazione economica, scientifica e tecnica Est-Ovest.

Tarditi, S., Marsh, J. Senior-Nello (1995), Agricultural strategies for the enlargement of theEuropean Union to CEECs EU-DG1, Bruxelles, Mimeo.

World Bank, (1996), Commodities markets and the developing countries.

W TO (1994) A g reement establishing the World Trade Organisation, A g reement on A g r i c u l t u re,Marrakesh, 15 april, 1994.

526

Page 175: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ANDREA MARCHINI* - LUCA PIERONI**

DINAMICHE DEI PREZZI NEL SETTORE DEI CEREALI:IMPLICAZIONI ECONOMICHE ALLA LUCE DELPROCESSO DI

ALLARGAMENTO DEI MERCATI***.

1. Premessa

L’attuale fase evolutiva delle politiche agricole nei paesi occidentali risultadominata da forti tendenze verso un progressivo allargamento dei mercati ed unariduzione delle misure protezionistiche. Nel corso dell’ultimo decennio sono stateraggiunte importanti tappe in tale direzione: la riforma della PAC del 1992, lachiusura dell’Uruguay Round, l’istituzione del WTO, ecc.

Gli stessi obiettivi della PAC alle soglie del nuovo millennio, strutturati informa integrata con le altre politiche comunitarie per il mondo rurale, puresaltando la polifunzionalità dell’agricoltura, proseguono nel cammino di unaulteriore riduzione del sostegno dei prezzi agricoli orientando i singoli sistemiproduttivi verso forme di una più accesa concorrenza (Pennacchi F., 1998 -Cesaretti G.P, 1994).

L’analisi proposta dagli autori intende indagare nelle dinamiche dei prezzi deicereali con l’intento di rispondere ad importanti quesiti che una politica diriduzione del sostegno solleva, sia in merito alle determinanti dello scambio dellederrate agricole, sia relativamente alla capacità dei mercati nazionali di concorreread un recupero di efficienza necessaria ad innalzare il livello di competitività delsettore agricolo così come auspicato in tutti i documenti politici dell’UE.

In particolare, le analisi si sono orientate al mercato dei cereali sia per le sue

527

* Andrea Marchini è ricercatore confermato presso l’Istituto di Economia e PoliticaAgraria dell’Università di Perugia. Direttore: Prof. Alfio Crispolto Rossi.** Luca Pieroni è Dottorando di ricerca in “Economia delle Risorse Alimentari edell’Ambiente” Istituto Universitario Navale di Napoli.*** Il presente lavoro è frutto di un’analisi congiunta degli autori. Tuttavia A. Marchini haredatto i paragrafi n. 1 e 4, mentre L. Pieroni il n. 3 e 5. Il paragrafo 2 e le considerazioni disintesi sono state redatte congiuntamente.

Page 176: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

caratteristiche dominanti nella determinazione dei livelli medi dei prezzi di tutte lecommodities (Surry, 1992), che per la maturità e il livello di internazionalizzazioneraggiunto, nonchè per il ruolo che comunque tali poduzioni seguiteranno arivestire nell’agricoltura nazionale, nonostante il potenziamento e la valorizzazionedelle produzioni mediterranee con spiccate caratteristiche di qualità e tipicità.Pertanto, partendo delle serie storiche dei prezzi dei principali cereali, sono stateindagate le alterazioni nelle singole componenti della variabile prezzo ricollegabilial minor livello di sostegno pubblico.

L’interrogativo di fondo al quale si intende fornire contributi di riflessione èrelativo ai pericoli ed alle difficoltà che l’agricoltura italiana dovrà affrontare allesoglie del nuovo millennio nella produzione di derrate con basso livello didifferenziazione.

2. La tesi di fondo

Nel corso del tempo il mercato dei cereali ha acquisito connotati di rilevanteinternazionalizzazione legati ad un generale incremento degli scambi e delleinformazioni responsabili di una più accesa interdipendenza delle quotazioni neidiversi mercati (Zuppiroli, 1996). In tale contesto il sistema produttivo nazionalerisulta particolarmente esposto a maggiori rischi commerciali. Ad esempio, lamancanza di “mercati a termine”, rappresenta un elemento di debolezza cheimpedisce la realizzazione di vere e proprie operazioni di h e d g i n g , c o s t r i n g e n d ogli agenti ad un controllo del rischio attraverso comportamenti di “copertura” ditipo indiretto come la riduzione dei volumi unitari di scambio e il maggior numerodi contrattazioni (Piccinini, 1993). La strutturazione dei mercati locali risenteinoltre della frammentazione delle strutture di produzione e trasformazione,nonchè del basso potere di mercato dell’Associazionismo agricolo con particolareriferimento ai volumi produttivi ed alla organizzazione degli scambi presenti,invece, nelle aree del nord-europa.

Elementi questi ultimi che richiamano l’attenzione sulla capacitàdell’agricoltura italiana di svolgere un ruolo attivo nel processo di allarg a m e n t odei mercati che dominerà l’inizio del nuovo millennio.

Per operare in tale direzione, una maggiore attenzione dovrebbe essere postasugli effetti che la riduzione del sostegno genererà sugli scambi ed i meccanismi diformazione del prezzo. Attenzione che la Commissione dell’UE, nella stessadefinizione dell’Agenda 2000, non considera prioritaria e comunque limitata allaconsiderazione che la necessaria riduzione del sostegno determini, sic etsimpliciter, una pari riduzione del livello generale dei prezzi, peraltro osannata innome di una maggiore equità sociale e tutela del consumatore.

528

Page 177: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Su tali aspetti gli autori, così come sottolineato da altri analisti (Pennacchi F.,1998), ritengono debba essere mostrata una maggiore attenzione di analisi edibattito scientifico. In primo luogo l’accresciuto interesse della PAC nei confrontidei consumatori appare come espressione di una crescente ricerca di consensinell’ambito di un generale processo di integrazione europea e ciò orienta gliobiettivi di politica economica verso semplici asserzioni spesso demagociche,volte a massimizzare il consenso politico piuttosto che l’efficacia degli interventi.La Pac del nuovo millennio troverebbe, infatti, un rinnovato interesse collettivonella tutela di un crescente numero di consumatori, piuttosto che in quella di unsempre più ridotto numero di agricoltori.

E m e rgono così contraddizioni e superficialità di difficile analisi tecnica. È ilcaso della tesi che la riduzione del sostegno comporti un generale vantaggio per iconsumatori, la quale può esere sorretta solo da una accezione di consumatorelimitata al “primo utilizzatore” del prodotto agricolo di base; in altre parole aisettori della trasformazone alimentare posizionati subito a valle della produzioneagricola, piuttosto che ai consumatori finali. Le vischiosità presenti nelle filiereagroalimentari, infatti, comportano un generale riassorbimento della riduzione deiprezzi delle materie prime.

Ma l’aspetto più rilevante rimane l’obiettivo dichiarato di aumentare il livellodi competitività dell’agricoltura europea stimolata da un consolidamento edaccentuazione del decoupling la cui strutturazione non sembra estranea aimeccanismi di formazione del prezzo e di interdipendenza dei mercati. Inparticolare sembra limitativo l’assunto che una riduzione del sostegno dei prezziconfini i suoi effetti nel semplice e lineare abbassamento delle quotazioni senzache ciò comporti alterazioni nei volumi e nelle frequenze degli scambi, neimeccanismi di fissazione dei prezzi, nei rapporti di causazione tra mercati centralie periferici, nel rischio commerciale e comportamento degli agenti in funzione delloro potere di mercato, ecc.

Già la riforma Mac Sharry, così come rilevato da Casati analizzando le serie deiprezzi dei cereali, aveva determinato alterazioni nelle dinamiche dei prezzidominate in gran parte dalle vicende agromonetarie che avevano vanificato, ed inalcuni casi amplificato, i cambiamenti imposti dalla PAC. Egli inoltre mostravacome le serie dei “prezzi del mercato interno” non avessero mai avuto alcunrapporto con il “prezzo di intervento” sottolineando così la complessità neimeccanismi di formazione del prezzo nel mercato italiano il quale, contrariamentea quanto rilevato nei mercati tedeschi e francesi, non evidenziava una strettarelazione tra i prezzi interni e i prezzi istituzionali decisi annualmente dallaCommissione Europea.

Il fatto che in Italia il meccanismo di formazione del prezzo avesse una suagenesi, era già stato dimostrato in un precedente lavoro di Sorrentino, nel tentativo

529

Page 178: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di comprendere se l’abbassamento dei prezzi istituzionali con la riforma MacSharry avrebbe cambiato anche il meccanismo di formazione del prezzo interno inuno scenario in cui il sistema di prezzi istituzionali non fosse stato più vincolanteper l’equilibrio di mercato.

Nonostante l’attraente articolazione delle cause che analisi approfonditepotrebbero fornire, in questa sede le indagini si limiteranno ad alcune implicazionirelative alla minor stabilità dei mercati ed alla crescente incertezza generata dallariduzione del sostegno diretto ai prezzi.

In particolare ci siamo interrogati su alcune questioni: che effetti avrebbeun’ulteriore riduzione del sostegno sulle dinamiche delle quotazioni nel mercatointerno? La riduzione dei prezzi di intervento tenderebbe semplicemente adabbassare il livello medio delle quotazioni oppure turberebbe le dinamichesottoponendo i mercati ad una maggiore incertezza? Ed infine, che influenzapotrebbero avere gli shock esogeni su un sistema di prezzi caratterizzato da unminor sostegno diretto?

Per poter rispondere e legittimare le tesi esposte verra seguito un percorso dianalisi delle dinamiche dei prezzi dei principali cereali rilevate settimanalmentesulla piazza di Bologna dall’AGER così come riportato nel grafico n.1.

3. Alterazioni nella volatilità dei dati

3.1. Il percoso di analisi

Già da tempo in ambito economico si è riconosciuta l’opportunità di tenere inconsiderazione la sensibilità degli agenti economici nel loro operare in condizionidi rischio. A tale scopo, per rispondere ai quesiti posti, abbiamo valutato la volati-lità dei prezzi attraverso un indicatore che superasse la definizione concettuale divarianza (costante) dei dati. Questo perché il rischio, che presenta interesse sianella sua entità che nel suo movimento temporale, dovrebbe essere riprodotto dallacaratteristica della variabilità temporale dei prezzi.

Per la nostra indagine empirica come indicatore della stima della volatilità deiprezzi sono stati utilizzati i metodi che vanno sotto il nome di moving sample,ovvero di metodi basati sulla suddivisione delle serie temporali in sottoinsiemi. Inparticolare, si è impiegata la tecnica del rolling standard deviation sulla serie deiprezzi, che presenta la caratteristica di essere calcolata con una modalità analoga aquella delle medie mobili (Daddi, 1992).

Il metodo utilizzato risulta non totalmente soddisfacente per due motivi: il

530

Page 179: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

primo, di natura teorica, in quanto ipotizza la presenza della varianza dellavariabilità a priori, prima ancora di procedere alla sua stima (Daddi,1992); ilsecondo di natura pragmatica legato ad un’insufficiente capacità di modelliz-zazione della volatilità (Pagan e Schwert, 1990). Malgrado questi vincoli, il meto-do è molto utile per analisi comparative in cui si intende suddividere, come nel no-stro caso, le serie dei prezzi settimanali in due sottoserie (1987-1992 e 1993-1997)e verificare così l’alterazione dei meccanismi di scambio prima e dopo la riformaMac Sharry. Inoltre, gli indici descrittivi appartenenti alla categoria dei m o v i n gsample risultano particolarmente utili a fini interpretativi, quando l’analisi risultacomplementare ad indagini sulle componenti delle serie temporali (Schwert, 1990).

L’indicatore utilizzato per la misurazione della volatilità dei prezzi è ladeviazione standard in percentuale, riferita ad un anno, della serie 1:

Log ( Pt / Pt-1 ) [1]

L’indagine è stata effettuata con una cadenza infrannuale e solosuccessivamente da queste misure è stata ottenuta la media annuale per lecategorie di cereali. La scelta è stata dettata dalla necessità di distinguere la serie,prima e dopo il periodo della raccolta; l’assenza di quotazione, infatti, obbliga adintraprendere questa soluzione sub-ottimale, in quanto l’interpolazione dei datimancanti della serie originaria comporterebbe una sovrastima della volatilità deiprezzi non giustificata dalle quotazioni stesse. Per queste ragioni nelle categoriedel frumento la misura della volatilità è stata analizzata a distanza di 12 settimane,mentre per il mais il campo di variazione è stato ristretto a 8 settimane.

3.2. L’analisi delle serie dei prezzi

L’applicazione di questi metodi alla serie dei prezzi ha permesso di interpretarealcune tendenze circa il comportamento dei mercati dei cereali dopo la riformaMac Sharry.

Quello che risulta chiaro dalle valutazioni è un consistente aumento dellavolatilità dei prezzi, in termini relativi, tra il periodo antecedente e successivo allariforma. Infatti, dalla tabella 1, si evidenzia per il m a i s un incremento dellavolatilità del 5%, passando dal 9 al 14%. Più contenuto l’incremento per ilf rumento nazionale , mentre è rilevante l’entità assunta dopo la riforma dalf rumento spring, utilizzata come proxy per i frumenti provenienti dall’esternodell’Unione Europea, che è passato dal 3 al 7%.

531

1 La standardizzazione dei prezzi settimanali viene effettuata moltiplicando la deviazionestandard in percentuale per la radice delle settimane in anno, pari in media a 52.

Page 180: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Questo fenomeno relativo all’incremento della variabilità nei mercati vieneconfermato anche da una varianza più elevata. Nei sottoperiodi, identificati apriori, il dato eclatante è sicuramente quello del mais che raggiunge valori intornoal 50% nel 1993-1997, il che potrebbe confermare un aumento della variabilità delsistema di scambio.

Per capire più approfonditamente i fenomeni che sono intervenuti negli undicianni considerati, si è andati ad analizzare alcuni risultati della tabella 2. Per il maissi ha un aumento della volatilità dei prezzi soprattutto in questi ultimi tre anniprincipalmente attribuibile al ripetersi di due annate produttive particolarmenteabbondanti in concomitanza di una flessione dei consumi mangimistici. Per ilf rumento spring l’incremento della volatilità dei prezzi si ha soltanto negli anni1995 e 1996, forse in virtù del fatto che sono questi gli anni in cui cominciano asentirsi gli effetti congiunti della diminuzione dei prezzi dovuti alla Riforma dellaPAC e la crisi di produzione delle derrate agricole in alcuni grandi paesi esportatori(Anania et alii, 1996). Solo il frumento duro dopo la riforma sembra aver definitoun’altra struttura della volatilità con un valore abbastanza costante. Per il resto nonsembra che la riforma abbia avuto grande effetto sui prezzi di mercato della piazzadi Bologna. Nemmeno la svalutazione della lira sembra aver condizionato più ditanto la volatilità dei prezzi, o forse ne ha attenuato a tal punto la variabilità chel’incremento monetario dovuto alla svalutazione è andato a frenare le possibilimodifiche di comportamento degli operatori che avrebbe determinatol’abbassamento dei prezzi.

Questa indagine puramente esplorativa non ci permette certo di concluderesulla variazioni della volatilità, in quanto le serie dei prezzi che noi abbiamoconsiderato sono costituite da componenti che talvolta possono nascondere oaccentuare il fenomeno. L’indicazione di massima che possiamo trarre dall’analisidei dati è quella di un suo possibile cambiamento. A questo punto per poter fare

532

Page 181: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

considerazioni più accurate diviene necessario analizzare la serie dei residui deidati e verificarne la volatilità dopo aver depurato la serie storica dalle suecomponenti forti che potrebbero inficiarne i risultati.

4. Profili stagionali e dinamiche relazionali al mutato sostegno

4.1. Il percorso dell’analisi

Per poter depurare la variabile prezzo dalle componenti che potrebbero alterarela volatilità dei dati si è quindi provveduto a definire un modello generatore dellesingole serie. Tale passaggio, oltre a scomporre le serie in singole componenti eottenere dei residui su cui verificare la volatilità ipotizzata a priori, permette diindagare sugli effetti del minor sostegno pubblico.

La modellizzazione delle serie è stata realizzata seguendo l’approcciodell’analisi delle serie storiche, che si fonda sul principio di poter scomporre lavariabile in oggetto (prezzo) al fine di individuare l’influenza sulla sua evoluzionedel fattore tempo. La serie viene concepita come il risultato di alcune componentielementari: trend, ciclo, stagionalità ed una componente irregolare od aleatoria icui legami possono essere sintetizzati come:

xt = f (Tt, Ct, St , It,) [2]dove:xt = valore originario della serie al tempo t;Tt = valore del trend al tempo t,Ct = valore del ciclo al tempo t,St = valore della stagionalità al tempo t,It = componente irregolare al tempo t.In estrema sintesi, la componente Tt rappresenta la tendenza di lungo periodo

assunta dal fenomeno. La componente Ct rappresenta invece l’effetto dellefluttuazioni cicliche, di medio e lungo periodo, caratterizzate da un’alternanza difasi di crescita e contrazione dell’economia. La componente St descrive invece lefluttuazioni causate da fenomeni di natura climatica e convenzionale, che sitraducono in oscillazioni che esauriscono il loro effetto nell’anno solare. Lapresenza di St può rappresentare un “elemento di disturbo” che impedisce dianalizzare l’andamento delle componenti ciclo e trend, per cui si rende necessariodepurare la serie dalla stagionalità sia stabile che evolutiva.

Alla componente It rimane infine il compito di spiegare la parte nondeterministica della serie osservata, ovvero non prevedibile in base alla storiapassata del fenomeno e che si suppone debba comportarsi come una variabilecasuale di tipo “white noise”.

533

Page 182: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le varie componenti sono, come per la maggior parte dei fenomeni economici,fortemente interdipendenti, per cui per esprimere il legame tra di esse è statoscelto un modello di tipo moltiplicativo. La separazione delle varie componenti èstata realizzata utilizzando il metodo X-11-ARIMA. Tale procedura, larg a m e n t eusata in ambito internazionale, rientra nell’analisi classica delle serie storiche,poiché il metodo di scomposizione della serie, anche se con alcune modifiche, sibasa sulle tecniche di smoothing lineare (Daddi, 1989a).

I principali vantaggi dei filtri utilizzati sono dovuti alla costruzione di unopportuno modello A R I M A (a u t o re g ressive integrated moving average) perl’interpretazione e l’estensione della serie ( backcasting e fore c a s t i n g) eall’applicazione dei filtri di destagionalizzazione alla serie estesa con il risultato diriuscire a minimizzare le previsioni in termini di errore quadratico medio(Giannoni M.- Marchini A., 1993).

Il periodo considerato per la totalità delle serie analizzate riguarda in questocaso dati mensili ricavati, non dalla media delle quotazioni, ma dal primo valoresettimanale di ciascun mese al fine di non appiattire le informazioni disponibilinelle 11 campagne di commercializzazione dal 1987/88 al 1997/982. I dati man-canti sono stati sostituiti con le medie dei punti vicini e le serie così corrette sonostate sottoposte ad analisi individuando per ciscuna serie un modello generatore3.

Nella tabella 3 sono riportati i principali parametri dei modelli individuati. Lascelta del modello è stata attuata attraverso la verifica della presenza diautocorrelazione nella distribuzione dei residui, realizzata attraverso ilportmanteau test indicato dalla statistica Q di Box e Pierce, con la correzione diLjung e Box della varianza per i piccoli campioni, mentre la casualità dei residui èstata valutata attraverso il test ADR (Average Duration of Run)4.

534

2 Per l’obiettivo dell’analisi si è deciso di non considererare l’influenza esercitata sull’entitàdella variabile prezzo dalla dinamica inflattiva del sistema economico. Ciò sia inconsiderazione del basso peso che tale componente ha a livello del mercato all’origine siain considerazione alla necessità di limitare il più possibile le manipolazioni dei datioriginari vista la natura ricognitiva dell’analisi sulle alterazioni sul comportamento dellecomponenti che potrebbero essere nascoste od amplificate 3 La individuazione dell’ordine degli operatori ordinari e stagionali è stata condotta con ilsoftware SPSS/X-11-ARIMA, in opzione automatica prima e con steps manualisuccessivamente.4 Questo test non parametrico verifica l’ipotesi nulla di casualità dei residui contro l’ipotesialternativa che essi seguano un processo autoregressivo del primo ordine del tipo:

(4) I = rt * It-1 + et dove rt è il coefficiente di autocorrelazione dei residui ed et è un processo puramentecasuale. La capacità previsiva dei modelli ARIMA, è stata valutata attraverso il calcolo delMAPE (Mean Absolute Percentage Error) calcolato sugli ultimi 3 anni di osservazionevalutando inoltre l’eventuale presenza di problemi di sovraparametrizzazione esovradifferenziazione.

Page 183: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Per ciascuna serie è stato inoltre riportato il contributo percentuale dellecomponenti irregolare (I), ciclo-trend (C) e stagionale (S), alla spiegazione dellavarianza del fenomeno. Infine per l’identificazione della componente stagionalesono stati utilizzati, con successo, i tre tipi di test previsti dalla procedura X11 -ARIMA5.

535

5 La procedura X11-ARIMA prevede tre tipi di test: Fs , Fm ed il test di Kruskal-Wallis. Iltest F s è dato dal rapporto tra la varianza fra i mesi (connessa alla stagionalità) e lavarianza residua rispetto alla media del singolo mese (connessa alla componenteirregolare), corrette per i corrispettivi gradi di libertà. Questo rapporto consente diverificare l’ipotesi nulla di assenza di stagionalità. Il test di Kruskal-Wallis è un test nonparametrico basato sulla somma dei ranghi che consente di verificare la presenza dellacomponente stagionale sui rapporti SI. Tali rapporti vengono ottenuti dividendo i datiosservati per la stima del ciclo-trend ottenuta applicando una media mobile centrata adodici termini alla serie originaria (Daddi P., 1989b). Infine il test Fm è dato dal rapportotra la varianza fra gli anni (connessa alla evoluzione della stagionalità da un anno all’altro)e la varianza residua calcolata come differenza tra la varianza totale e la varianza fra glianni più la varianza fra i mesi (connessa alla componente irregolare) corrette per icorrispettivi gradi di libertà.

Page 184: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4.2. Analisi dei risultati

Nei grafici N. 2 e 3 sono stati riportati i profili stagionali indicando con unafreccia l’inizio della campagna di commercailizzazione successiva alla Riformadella PAC.

L’analisi dei profili rileva alcuni caratteri degni di rilievo. In primo luogo unastagionalità più marcata per il frumento nazionale rispetto al prodotto europeo edancor di più rispetto a quello internazionale. Le motivazioni di tale comportamenoin parte risiedono in una diversa sensibilità del mercato interno nel percepire efissare le dinamiche del prezzo interno e ciò legato al diverso livello diinformazione e rischio che caratterizza il prodotto nazionale che generacomportamenti di scambio differenti con volumi e forme contrattuali altrettantodiversificate (Eswaran, Kotwal, 1985). Infatti, mentre il prodotto comunitariogiunge nel mercato interno prevalentemente con contratti forward, gli scambi delprodotto nazionale risultano caratterizzati da una maggiore incidenza di contrattis p o t sul disponibile molto più sensibili ai fattori stagionali, quali l’omogeneoperiodo di raccolta sul fronte dell’offerta, così come la stagionalità dei consumi sulfronte della domanda. In altri termini tanto il processo di scambio che la condottadegli agenti risentono di fattori strutturali quali la frammentazione produttiva ecommerciale che caratterizza il settore cerealicolo nazionale. Tuttavia, la maggiorcomponente stagionale per il prodotto nazionale rimane indicativa di una diversagenesi del prezzo nel mercato interno e del suo grado di distanza dai grandimercati internazionali.

Osservando le dinamiche nei due periodi emergono differenze nell’evoluzionedei profili. Nel prodotto italiano a fronte di una stagionalità stabile nel periodoa n t e-riforma, caratterizzato da una crescente oscillazione negli anni di influenzadei fenomeni agromonetari, si ha una radicale modifica del profilo nel periodo posta cui si associa una generale riduzione delle oscillazioni infrannuali concomportamenti più simili alle dinamiche del prodotto comunitario. In particolareperde progressivamente di peso il picco natalizio in corrispondenza della forterichiesta da parte dell’industria molitoria, mentre aumenta il picco di finecampagna in cui si ha una generale contrazione degli stocks 6.

contingentate ed un diverso peso delle caratteristiche qualitative del prodottonazionale rispetto al prodotto estero che influisce sui rapporti di interdipendenzacon i mercati esteri.

536

6 Va sottolineato che nel mercato nazionale l’assenza di eccedenze strutturali, presentiinvece nei paesi d’oltralpe, e l’uso della vendità spot come prevalente tipologia di scambioorientano le vendite di fine campagna in anticipo rispetto ai nuovi raccolti.

Page 185: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

537

Page 186: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Anche il m a i s nel perido post-riforma presenta un profilo modificato conun’appiattimento dei tradizionali picchi stagionali, mentre nel frumento duronazionale le principali alterazioni sembrano maggiormente legate alla crisivalutaria dei primi anni ’90 piuttosto che alla riforma Mac Sharry. E ciò sottolineala particolarità del mercato del frumento duro caraterizzato da produzioni Incomplesso le dinamiche dei profili sembrano delineare un diverso comportamentodegli operatori nel periodo successivo alla riforma evidenziato da una modifica deitradizionali picchi stagionali, da un minor peso della componente stagionale, dallapresenza di dinamiche più simili a quelle del mercato comunitario.

Un’alterazione dei profili contestualmente ad una riduzione della componente

538

Page 187: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

stagionale nella spiegazione della varianza delle dinamiche dei prezzi lasciaipotizzare un contemporaneo incremento della componente aleatoria e dei residuidella serie.

5. La volatilità dei residui delle serie

In coerenza con gli obiettivi esplicitati precedentemente, siamo andati inquest’ultima fase a verificare la possibilità che la varianza possa ritenersi noncostante. In letteratura sono noti test del tipo LM (moltiplicatori di Lagrange)utilizzato correntemente a questo proposito nella prima fase della modellizzazionedella volatilità dei residui (Engle, 1982) e la procedura di Box-Pierce (1970) oLjiung-Box (1978) che consiste nel sottoporre a verifica il quadrato dei residui delmiglior modello ARIMA.

Tuttavia in coerenza con l’analisi dei dati, sono state impiegate le tecniche dellarolling standard deviation sui residui dei prezzi del miglior modello A R I M Astagionale. Gli indicatori utilizzati per poter acquisire informazioni necessarieall’indagine sono stati, sia la V O L AT I L I T À A N N U A D E I R E S I D U I che in questo casoassumono una cadenza mensile, che la M E D I A D E L L E V O L AT I L I T À nei duesottoperiodi ante e port riforma.

Oltre a valutare la misura in percentuale della volatilità annua dei residui, inanalogia con quanto fatto sui prezzi, per ognuna delle categorie di cereali si èverificata l’ipotesi, di un cambiamento della volatilità nei residui tra il periodoprecedente e successivo alla riforma della politica agricola del 1992 attraverso untest t di Student sulla differenza di medie7.

I valori della volatilità annua ottenuti sono riportati per esteso nella tabella 4.Quello che appare evidente come tendenza rispetto alla volatilità dei prezzi è unamaggiore variabilità della componente accidentale negli anni successivi allariforma, ad eccezione del frumento spring. Soprattutto il frumento nazionale e ilfrumento comunitario nelle due annate 1992/93 e 1993/94 vedono raddoppiare il

539

7 Il test sulla differenza di medie ci permette di affermare che “la differenza tra le medie didue campioni non sia casuale, ma esiste una reale differenza tra le medie della popolazioneda cui sono presi i campioni”. L’ipotesi nulla da testare è:

H0 : Vol 1-Vol 2=0 ; H1 : Vol 1-Vol 2 ≠ 0;La formula utilizzata è quella relativa alla differenza quando i due campioni sonodisaccoppiati e la varianza della popolazione non è nota.Il valore da attribuire a questo test è solamente di natura esplorativa, in quanto la tecnicadel moving sample su dati temporali determina la formazione di una struttura residuale deltipo moving average a ritardo 1, che potrebbe alterare la significatività dei parametri della tdi student (Scholes-Williams, 1977).

Page 188: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

proprio livello medio di volatilità, che passa da circa il 6% al 14-15%.Aggregando ancora di più i dati nei due sottoperiodi ante e post riforma (tabella

5) si evidenzia, in media, un aumento delle volatilità dopo la riforma, valori che inpercentuale sembrano importanti soprattutto per il f rumento spring con unavolatilità raddoppiata e per il mais che raggiunge un livello prossimo al 16%. Piùcontenuti sono invece gli incrementi per il frumento nazionale e per il frumentocomunitario.

Un altro input interpretativo importante è certamente quello che deriva dallavarianza della volatilità (tabella 6). La media delle varianze annuali (costanti) neisottoperiodi denotano un incremento generalizzato in tutte le categorie di cereali.La sua entità, espressione dell’incertezza accumulata in un determinato periodo,risulta anche 10 volte superiore rispetto al sottoperiodo precedente.

In ultimo, dalla tabella 6, si evidenzia il test sulla differenza di medie tra i duesottoperiodi. L’ipotesi di una uguaglianza delle volatilità viene rifiutata in tutti icasi. Infatti, i valori della t di Student calcolati sono, in termini assoluti, moltosuperiori alla t teorica.

540

Page 189: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Con le cautele dovute alle nostre scelte soggettive di suddivisione deisottoperiodi, entrambi i test ci permettono di verificare l’esistenza di una nuovasituazione che si è venuta modificando nel mercato dei cereali. Non solo si sonoavute variazioni consistenti nei profili stagionali delle serie ma anche lacomponente accidentale risulta più erratica e, forse, meno governabile.

6. Considerazioni di sintesi

Il percorso di analisi permette di trarre alcune considerazioni in chiave politicacirca la diminuzione del sostegno pubblico dei prezzi agricoli alle soglie del nuovomillennio.

La riduzione dei prezzi istituzionali sembra ridurre non solo il livello mediodelle quotazione, ma genera un aumento medio della volatilità dei prezzi e dellesue componenti e ciò espone il settore ad una crescente incertezza nel processoscambio.

Nonostante l’introduzione del decoupling recuperi l’accresciuto rischioeconomico del processo agricolo con una stabilizzazione a livello del reddito,l’intero settore sembra comunque soffrire per una aumentata dinamica dellequotazioni. Ad una lettura più attenta, tanto la mutata stagionalità che l’accresciutavolatilità sembrano riconducibili a degli shock esogeni. Un interpretazioneplausibile potrebbe essere quella di un aumento dell’interdipendenza dei mercati,

541

Page 190: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

tale da favorire una internalizzazione degli shock esterni all’agricoltura, resi palesida una riduzione dei meccanismi di stabilizzazione di mercato (Matteucci-Sorrentino, 1995). L’analisi dei dati mostra, infatti, l’impatto che la svalutazionevalutaria ha avuto in termini, sia di incremento delle quotazioni che di volatilità.Tuttavia quest’ultima, negli ultimi anni delle serie in cui si supera l’emerg e n z avalutaria, diminuisce fino a posizionarsi su livelli poco superiori al periodoprecedente, pur rimanendo un’alterazione strutturale dei profili stagionali, chesottolinea un cambiamento in cui la mutata PAC sembra svolgere un ruolodominante. Come ricordato da alcuni autori, prima della riforma Mac Sharry ilgrado di interdipendenza con i mercati europei era particolarmente debole. Lemotivazioni di tale aspetto oltre che strutturali fanno riferimento ai particolarirapporti tra domanda ed offerta caratterizzati da maggior equilibrio rispetto aimercati comunitari, alle caratteristiche di consumo degli sfarinati di elevataqualità, all’elevato numero delle contrattazioni con bassi volumi di scambio, ecc..Tali fattori nel tempo hanno favorito uno stretto legame delle quotazioni internecon la disponibilità di prodotto nazionale. Con la riduzione dei prezzi e l’aumentodell’incertezza da shock esogeni si è andato modificando anche il comportamentodegli agenti. In particolare sembra plausibile che al rientro dell’emerg e n z avalutaria ed agromonetaria, gli operatori abbiano maggiormente utilizzato leinformazioni dei mercati europei come principale strumento di riferimento perridurre il rischio di scambio. Non a caso i prezzi del prodotto nazionale negliultimi anni hanno mostrato una maggior concordanza con quelli intracomunitari e,come questi ultimi, hanno seguito l’andamento del prezzo istituzionale.

Cambiamenti questi di rilevante interesse se si pensa all’impatto che generanosul fronte degli approvvigionamenti dell’industria di trasformazione che svolgerapporti di treading di tipo speculativo, diventando essa stessa soggetto offerentenelle fasi rialziste che si verificano fuori dai picchi stagionali. Si delinea così unpanorama di rischio potenziale che spinge gli operatori verso forme endogene distabilizzazione del mercato come il maggior ricorso a contratti forward rispetto aquelli spot.

Nondimeno, un ulteriore strumento per la stabilizzazione dei mercati, potrebbeessere legato allo sviluppo dell’associazionismo agricolo e dei rapporti diintegrazione con l’agroindustria, le cui difficoltà sono state ampiamente dibattutein ambito accademico; l’analisi svolta permette tuttavia un ulteriorie riflessione inmerito. Se da un lato le forme di cordinamento potrebbero permettere unincremento del potere di mercato, la realizzazione di economie di scala, ecc.,dall’altro la mondializzazione dei mercati sembra ulteriormente ostacolare taleprocesso. Mentre in precedenza la formazione del prezzo nel mercato interno, pursottoposta alle pressioni di mercati esterni, manteneva una sua genesi,l’omogenizzazione delle dinamiche osservate negli ultimi anni lasciano

542

Page 191: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

intravedere un generale spostamento del baricentro dei mercati centrali nelle areedi dominanza produttiva. Pertanto sempre con maggiore diff i c o l t àl’associazionismo nazionale potrà esercitare un controllo dell’offerta in grado dicondizionare la formazione dei prezzi interni, la cui stabilizzazione da potenzialishock potrà essere raggiunta con un prevalente sviluppo dell’economiacontrattuale.

543

Page 192: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

544

Page 193: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

545

Page 194: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Bibliografia

Anania G.et alii (1996): Comunicazione al FORUM L’agricoltura italiana e la riforma dellepolitiche dell’agricoltura europea, La Questione Agraria N.3.

Box G.E.D.-Pierce D.A. (1970): Distribution of residual autocorrelation in A R I M A time seriesmodels, Journal of the Ameican Statistical Association, 65, pp. 1509-1526.

Casati (1997): Gli effetti della riforma della Pac sull’agricoltura italiana “Atti del ConvegnoXXXIVSIDEA: Gli impatti della nuova politica agraria europea sull’agricoltura italiana” Torino.

Cesaretti G.P. (1994): Il nuovo carattere della politica dei prezzi agricoli nella Unione Europea, inSistema agroalimentare e mercati agricoli, cap. XIII, Il mulino, Bologna.

Daddi P. (1992): Metodi statistici di analisi della volatilità dei mercati finanziari, Finanza Imprese eMercati, a. IV, n. 3, , pp. 381-406.

Daddi P., (1988): La revisione degli indici della produzione indutriale destagionalizzati, Quaderno diEconomia, Perugia, Facoltà di Economia e Commercio, vol. 6, pp.187-209.

Daddi(a) P., (1989): La stima della componente stagionale nelle serie temporali economiche,Perugia, Quaderno del Dipartimento di scienze statistiche.

Daddi(b) P., (1989): Modelli ARIMA, destagionalizzazione e revisione degli indici della produzioneindustriale italiana, Quaderno di Statistica e Matematica Applicata. Perugia, Facoltà di Economia eCommercio.

Engle R.F. (1982): A u t o re g ressive Conditional Heteroskedasticy with Estimates of the Variance ofUK Inflation, Econometrica, 50, pp. 987-1008.

Eswaran M. Kotwal A (1985): A teory of contractual structure in agriculture, American EconomicsReview, Vol.75, 3.

Giannoni M. Marchini A. (1993): L’analisi delle serie storiche dei prezzi delle carni ovine e suine:un’applicazione della procedura X11-ARIMA. Rivista di Economia Agraria, 2.

Ljiung G.M. Box G.E.P. (1978): On a measure of lack of fit in time series models, Biometrika, 65,pp.297-303.

Martino G. (1996): Relazioni spaziali nella formazione del prezzo del mais in Italia. Rivista diEconomia Agraria, 1.

Matteucci B., Sorrentino A.(1993): La formazione dei prezzi agricoli in Italia in regime PA C :esplorazioni preliminari, Rivista di Politica Agraria, n.3.

Pagan A.R., Schwert G.W. (1990): – Alternative models for conditionalstock volatility, Journal ofEconometrics, n. 3, pp.87-105.

Pennacchi F. (1998): Comunicazione Seminario “J. Monnet” ,Università degli Studi di Perugia.

546

Page 195: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Piccinici A. (1993): Il mercato dei grani in Italia, AGER, Bologna

Scholes , Williams (1977): Estimating betas from nonsynchronous data, Journal of FinancialEconomics, 5, pp. 309-327.

Schwert G.W. (1990): Indexes of U.S. Stock Prices from 1802 to 1987, Journal of business, n. 63, pp.399-426.

Surry Y. (1992): Un modèle de transmission des céréales dans la Communauté économiqueeuropénne, Cahiers d’Economie et sociologie rurales, n°22.

Zuppiroli M (1995): La qualità nelle produzioni cere a l i c o l e in Atti del XXXII convegno SIDEA,Verona.

547

Page 196: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 197: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gruppo di lavoroSVILUPPO RURALE

Page 198: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 199: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

PRESENTAZIONE

Le riunioni del gruppo di lavoro sullo sviluppo rurale hanno fatto registrare nel1998 un incremento del numero dei partecipanti e di quello dei progetti rispetto aivalori corrispondenti, pur notevoli, raggiunti nel 1997; sono state tenute dueriunioni sempre a Roma e nella sede del CNR, oltre quella odierna in occasione delConvegno di Studio SIDEA (Palermo), nella quale si è toccata la punta massima diben oltre 80 partecipanti, appartenenti alla maggior parte delle struttureuniversitarie di ricerca economico-agrarie1.

Nel corso delle riunioni, sono stati discussi 25 progetti di ricerca, 7 dei qualipresentati nel corso del 1998, con contributi sempre diretti ad illustrare il metodo elo stato di avanzamento della ricerca, a cura dei responsabili dei progetti, cheappartengono a 18 sedi universitarie, essendosi aggiunte quelle di Pisa, Vi t e r b o ,Udine e Napoli (Portici) alle sedi già segnalate l’anno scorso (14).

Sarebbe però riduttivo, valutare una così massiccia partecipazione di studiosi el’alto numero di progetti proposti soltanto in funzione delle comunicazioni dapresentare ai Convegni di Studio SIDEA, in relazione al tema generale delConvegno ed alle relazioni previste; in realtà le riunioni svoltesi hanno soprattuttocostituito occasioni di analisi e di dibattito fra un nutrito gruppo di economistiagrari sulle principali questioni metodologiche ed applicative relative allosviluppo ru r a l e, le cui politiche si configurano sempre più come un filone diazione pubblica, al quale l’Unione Europea e le maggiori Org a n i z z a z i o n iinternazionali (World Bank, FAO, OCSE, ecc.) dedicano crescente attenzione, conuna forte polarizzazione delle attività di ricerca sullo sviluppo rurale e sullerelative politiche, a cura sia di economisti agrari, sia di studiosi di altre discipline

551

1 Sulla base dei dati disponibili sui soli partecipanti registrati (76), 70 (92%) appartengonoa 28 strutture universitarie di ricerca (Facoltà di Agraria [17], di Economia [9] e diArchitettura [1], di Scienze Statistiche [1]) e 6 (8%) a 3 strutture extrauniversitarie. Quantopoi alla loro qualifica, 40 (53%) sono costituiti da professori universitari e 36 (47%) daricercatori, dottorandi ed altre figure.

Page 200: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

(sociologi, economisti generali, economisti industriali, ecc.)2. Peraltro, l’interessesu tali tematiche si mantiene vivo e tende a crescere anche in altri Paesi sviluppati,quali la Francia, il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Danimarca, ecc., e non a caso laSocietà Europea degli Economisti Agrari ha organizzato un anno fa a Dijon(Francia) un seminario di studi sul tema generale dello sviluppo rurale.

Seguendo lo schema di classificazione per sezioni adottato nel precedenteConvegno, i progetti discussi (25) conservano una distribuzione pressochéequivalente fra le due sezioni: appartengono infatti alla prima (temi a carattereprevalentemente metodologico e comunque d’impostazione generale) 11 progetti,ed alla seconda (temi a carattere prevalentemente applicativo, riferentesi inmassima parte ad analisi di impatto di regolamentazioni comunitarie in specifichezone rurali) 13 progetti, mentre un unico progetto non rientra nello schema diclassificazione suddetto.

Fra i problemi generali insorti in materia di organizzazione dei lavori delgruppo, oltre a quelli già posti all’attenzione dell’Assemblea SIDEA nel Convegnodi Studio di Torino (ruolo del coordinatore, selezione delle comunicazioni,modalità di svolgimento delle riunioni, ecc.), mi sia consentito segnalarne un altro,relativo all’esigenza di un più stretto coordinamento fra i diversi gruppi, esoprattutto fra quelli maggiormente affini per tematiche affrontate (quali, adesempio, “Sviluppo rurale”, “Risorse” e “Produzioni sostenibili”), per evitare cheprogetti di argomento analogo trovino collocazione in differenti gruppi di lavoro.

Quanto alle comunicazioni proposte in questo Convegno di Studio (5 in tutto),esse fanno parte di un gruppo più ampio (8 comunicazioni)3, selezionato infunzione del grado di avanzamento della ricerca, della significatività dei risultatiottenuti e della rispondenza al tema generale ed alle relazioni del Convegno. Talicomunicazioni sono state presentate e discusse nell’ambito delle riunioni delgruppo di lavoro tenutesi nel 1998 e tengono conto degli interventi registratesi neldibattito e delle osservazioni al testo (prima stesura) sottoposto al coordinatore perla definitiva approvazione, il che ha consentito agli autori di apportare modifiche,rimaneggiamenti e/o approfondimenti all’impostazione originaria, con evidentimiglioramenti.

552

2 Poiché la materia trattata e le relative problematiche costituiscono un polo d’interessecomune per studiosi appartenenti ad una molteplicità di raggruppamenti disciplinari, illavoro svolto nell’ambito del gruppo riveste una certa utilità anche in relazione al contributoche gli economisti agrari possono fornire sul dibattito scientifico in corso, integrandosi eraccordandosi con studiosi appartenenti ad altri settori di ricerca, aderendo o promuovendoprogetti multidisciplinari, e tutto ciò anche al fine di corrispondere - attraverso un maggioregrado di approfondimento delle analisi - alle complessità delle problematiche che pone losviluppo rurale soprattutto nei paesi avanzati.3 I proff. R. Volpi, V. Tellarini-F. Di Jacovo e S. Gatti hanno rinunciato per diversi motivi apresentare il rispettivo contributo a questo Convegno.

Page 201: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Altro aspetto da evidenziare è che, se tutte e cinque le comunicazioni si leganopiù o meno strettamente al tema generale del presente Convegno di Studio, essetuttavia sono riconducibili esclusivamente o quasi alla relazione di DonatoRomano (Agricoltura ed ambiente: vincoli, opportunità e strumenti per la politicaagraria del 2000), rispetto alla quale si propongono come spunti di analisi e diriflessione.

Riferendoci allo schema di classificazione prima richiamato, le comunicazioniproposte si distribuiscono in numero di due fra quelle con contenuti a carattereprevalentemente metodologico e d’impostazione generale (A. Romagnoli ed E.Basile), in numero di due fra quelli con contenuti a carattere prevalentementeapplicativo, con indagini sul campo (F. Arfini e F. Contò - G. Quaranta), mentre laquinta comunicazione (E. Gatto - E. Viganò - L. Viganò) non può rientrare nellecategorie precedenti, trattandosi di una tipica nota di rassegna e di documenta-zione, che si sviluppa prevalentemente sul terreno normativo.

Il contributo di Alessandro Romagnoli (Università di Bologna) propone unainteressante rilettura critica dei concetti di sviluppo agricolo, sviluppo rurale esistemi locali, in relazione alle evoluzioni intervenute nelle economie post-industriali, allo scopo di definire nuovi approcci interpretativi.

Occorrerebbe infatti un generale ripensamento sulle metodologie utili percomprendere quali siano le tendenze in atto e per individuare quali nuovi percorsipossano essere perseguiti per analizzare lo sviluppo agricolo, in una visioneintersettoriale dell’economia, rispetto alla quale lo spazio rurale risultacaratterizzato da processi di competizione sempre più estesi fra agricoltura ed altrirami di attività economica nell’uso delle risorse, quali la terra, l’acqua e lo stessolavoro.

Conseguentemente, i sistemi locali rurali dovrebbero costituire sempre piùdiffusamente le unità di indagine di riferimento nelle ricerche economico-agrarie.

Elisabetta Basile (Università di Roma) propone invece un contributo suirapporti fra economia formale (ufficiale e comunque ben rispondente allenormative amministrative, fiscali, previdenziali, sanitarie e commerciali) edeconomia informale (irregolare, spesso sommersa e non sempre in linea con lenormative suddette), in stretto riferimento al mondo rurale ed all’agricoltura edalle economie post-industriali.

Un’analisi di questo tipo, pur non disconoscendo l’interesse per l’economistaagrario, anche ai fini di una migliore definizione dello sviluppo rurale,richiederebbe ulteriori approfondimenti in vista della recente decisionedell’Unione Europea, per effetto della quale i sistemi di contabilità nazionale dal2000 in poi includeranno nel sistema dei conti anche i redditi prodotti nelle attivitàirregolari e comunque sommerse; con riferimento sia quelle proibite dalla legge,sia a quelle lecite in sé, ma che si svolgono in assenza delle autorizzazioni o dei

553

Page 202: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

riconoscimenti prescritti, e comunque che operano al di fuori delle normativivigenti. Anche sotto questo aspetto, il contributo proposto potrebbe rivelarsi utile,offrendo nuovi spunti per le ricerche economico-agrarie.

La comunicazione di Francesco Arfini (Università di Parma) illustra i primirisultati di una ricerca sulle caratteristiche strutturali e sulla capacità diadattamento dell’agricoltura in una zona rurale sviluppata dell’Emilia- Romagna(province di Parma e Forlì), attraverso l’analisi di un congruo campione di aziendeagricole (165), nelle quali opera un crescente numero di famiglie pluriattive (244);sulla base di tali risultati, emerge come lo sviluppo dell’agricoltura tenda arealizzarsi nella zona secondo modelli integrati, che coinvolgono, oltreall’agricoltura medesima (che continua a svolgere un ruolo centrale), anche altrirami di attività economica, e come le aziende agricole collegate a nuclei familiaripluriattivi siano le più dinamiche.

Inoltre, quanto alla struttura dell’occupazione, l’impegno nelle aziende agricolesi mantiene assai elevato solo per il conduttore ed il coniuge (oltre il 50%), mentreprecipita su valori ridotti e talora marginali per i figli ed i parenti, per i qualiprevalgono gli impieghi extragricoli (industria, servizi, commercio, ecc.).

Nella comunicazione di Francesco Contò - Giovanni Quaranta (Università diPotenza) vengono illustrati i risultati di un’indagine sull’applicazione di unProgramma Leader in Basilicata (Val d’Agri), imperniato sullo sviluppo rurale,secondo modelli intersettoriali (integrati), attraverso il coinvolgimento dellepopolazioni locali, con un approccio b o t t o m - u p, ai fini dello sviluppo ruraleintegrato. Un tale approccio tuttavia ha incontrato ed incontra notevoli diff i c o l t àoperative, sia per la scarsa propensione a partecipare alle decisioni dellepopolazioni interessate, sia per il fatto che, avendo la programmazionedell’intervento pubblico conservato l’approccio tradizionale “dall’alto” ed acaratterizzazione spiccatamente settoriale, mancano taluni presupposti essenzialiper il successo dell’iniziativa.

Infine, la comunicazione di Emilio Gatto – Elena Viganò – Laura Vi g a n ò(Università di Napoli – INEA, Roma) su “Fondi strutturali e attività di R & STnell’agricoltura del Mezzogiorno” costituisce una rassegna critica del quadronormativo esistente sulle politiche di ricerca dell’UE, nella particolare prospettivadello sviluppo dell’agricoltura meridionale (regioni dell’obiettivo 1).

Tali politiche assumono tuttavia notevole rilevanza non soltanto come fattorepromozionale di sviluppo del settore, e, più in generale, dei sistemi localiinteressati (sviluppo rurale integrato), ma anche perché lo stock di risorsedisponibili attraverso i finanziamenti nazionali e regionali risulta larg a m e n t einsufficiente rispetto ai fabbisogni; e pertanto le politiche europee per la ricerca,nella loro complessa articolazione, vanno ad integrare quelle risorse e ad attenuareil divario esistente rispetto all’agricoltura del Centro-Nord ed a quelle europee.

554

Page 203: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Tutto ciò a certe condizioni (complementarità delle misure e degli obiettivi,efficacia ed efficienza delle strutture tecnico-amministrative di programmazione edi supporto, approccio multidisciplinare dei progetti, ecc.), né va sottovalutatal’esigenza di prevedere fra i temi di ricerca finanziabili quelle inerenti alleinnovazioni di prodotto e di processo legate all’agricoltura biologica ed allasalvaguardia ambientale.

Francesco Bellia

555

Page 204: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 205: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

FILIPPO ARFINI

CARATTERISTICHE STRUTTURALI E FORME DIADATTAMENTO DELLE AZIENDE AGRICOLE PLURIATTIVE IN

AREE AD INDUSTRIALIZZAZIONE DIFFUSA DELL’EMILIAROMAGNA

1. Premessa

Lo studio dei problemi delle aree rurali in Italia ha seguito nel dopoguerrasentieri e metodologie di analisi diverse impegnando economisti agrari edindustriali, sociologi e studiosi di economia territoriale. Lo stesso concetto di“ambiente rurale” si è modificato nel tempo grazie ai contributi di ricercaprovenienti da aree e discipline diverse1. L’approccio che vedeva l’ambiente ruralecome area meno favorita, se non povera, ha gradualmente lasciato spazio ad analisipiù articolate nelle quali vengono considerate le “molteplicità” degli apporti di tuttii soggetti economici presenti sul territorio.

Il risultato di queste analisi ha portato ad individuare la presenza di ambientirurali diversi tra loro per caratteristiche interne e forme organizzative, in cui adaree rurali povere se ne contrappongono altre ricche. In pratica, è stato superato ilconcetto di ambiente rurale sinonimo di povertà e arretratezza dato che, in certecircostanze, può coincidere con aree ad elevato livello di benessere.

Basta una breve analisi bibliografica2 per accorgersi come in passato glistudiosi di economia agraria si sono concentrati sul problema delle aree ruralisoprattutto per individuare il tipo di agricoltura più adatta a queste aree. L’ i d e adominante era quella di considerare l’agricoltura un settore autonomo quasi isolatodal resto dell’economia, “dimenticando” che il sistema agricolo presenta forticollegamenti con gli altri settori ai quali partecipa attraverso i flussi da o versol’azienda o con l’impegno della stessa famiglia agricola. Proprio questa ultimacondizione ha favorito in alcuni ambienti socio-economici la nascita di quei

557

1 Si veda a questo proposito l’ampia bibliografia contenuta in Iacoponi (1996) relativa aldibattito in corso sul concetto di “sviluppo” e “ambiente” rurale.2 Solo per citarne alcuni, basta ricordare i numerosi lavori prodotti sull’arg o m e n t onell’ambito del progetto IPRA.

Page 206: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

processi di sviluppo integrato capaci di innalzare il livello di reddito dellepopolazioni che vivono nelle aree rurali.

Lo scopo di questa comunicazione è quello di indagare su alcuni aspetti checoinvolgono i sistemi agricoli presenti nelle aree rurali ricche e più precisamentesulle caratteristiche delle aziende agricole condotte da famiglie pluriattive.L’agricoltura rappresenta per queste una delle possibili attività economiche allequali i componenti della famiglia possono dedicarsi con l’obiettivo di massimiz-zare il livello di benessere complessivo.

Il perchè ci occupiamo delle aree rurali “ricche” e delle famiglie pluriattive èmotivato, tra l’altro, dai nuovi orientamenti cui sembrano ispirarsi le politicheagricole. Queste ultime vedono nello sviluppo integrato la chiave di successodell’agricoltura del futuro, lasciando spazio all’ipotesi che le tipologie pluriattivesiano le più dinamiche e le più attente a cogliere le innovazioni tecnologiche e inuovi orientamenti istituzionali, che sembrano coinvolgere sempre piùrapidamente il settore agricolo.

In definitiva, lo scopo ultimo di questa comunicazione è di verificare lecaratteristiche delle famiglie agricole pluriattive in aree “ricche”, quali le aree dipianura di alcune province dell’Emilia Romagna (Parma e Forlì), analizzando isentieri di sviluppo adottati e i possibili effetti sui rispettivi sistemi agricoli.

2. La pluriattività in Emilia Romagna attraverso una analisi empirica

Dalla disamina dei lavori reperibili in bibliografia emerge un quadro teorico eempirico assai ampio sui modelli economici che si sono venuti a creare nei diversisistemi territoriali italiani relativamente alle imprese agricole e alle famiglie inesse occupate3. Con riferimento all’Emilia Romagna sino ad ora non sono statieffettuati studi che abbiano messo in relazione il reticolo economico istituzionaledelle aree rurali industrializzate con la realtà agricola ed, in particolare, con lestrutture pluriattive presenti.

Il caso dell’Emilia Romagna può essere considerato emblematico perchè inquesta Regione si è sviluppato in forma autonoma quel mix di componenti da tutticitato come elementi in grado di influenzare il processo di sviluppo (o/e crescita)dei sistemi locali rurali, quali un “efficiente” sistema istituzionale pubblico eprivato, un fitto reticolo di imprese e famiglie in aree relativamente ristrette, unaforte propensione all’innovazione accompagnata da una forte specializzazione e

558

3 I principali studi di carattere empirico in Italia hanno riguardato alcune aree del Friuli inrappresentanza di aree ad industrializzazione diffusa, le province del Lazio meridionale inrappresentanza del mezzogiorno industrializzato e la Comunità montana della Sila Greca inrappresentanza del mezzogiorno

Page 207: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

competitività, una attività produttiva decentrata nel territorio rurale, un buonlivello di istruzione e, in generale, un livello di vita considerato buono4.

Gli elementi sopra accennati sono particolarmente evidenti in alcune aree dellaRegione ed, in particolare, nelle cosiddette aree ricche di pianura dove, daldopoguerra in poi, si sono sviluppati dei sistemi locali che presentano un fortecollegamento con il territorio perché “sfruttano” gli elementi storici, produttivi eambientali che lo caratterizzano nonché le risorse umane in esso presenti. Si pensi,ad esempio, all’industria alimentare a Parma, la quale si è sviluppata sulleproduzioni alimentari tipiche storicamente presenti (parmigiano reggiano,prosciutto e pomodori) e che ha saputo sviluppare nel tempo un’industriameccanica ad essa collegata estremamente specializzata5. Questa industria ha vistoe m e rgere alcune aziende leader a livello nazionale ed internazionale nel campoalimentare grazie alle potenzialità del territorio di origine, dove sono collocati granparte degli impianti (è il caso di Barilla e Parmalat), che forniscono lavoro aimprese artigiane locali, integrandosi verticalmente con le aziende agricoleattraverso la cooperazione (i caseifici per il parmigiano reggiano) e lo sviluppodell’economia contrattuale (è il caso del pomodoro, del latte alimentare, dellacarne e della barbabietola)6. Una analoga situazione è presente a Forli, provinciache ha saputo coniugare le potenzialità turistiche del territorio con un’agricolturaparticolarmente intensiva e specializzata, creando una rete di aziende che lavoranonei servizi, e nella trasformazione e conservazione delle produzioni ortofrutticole.In sintesi, lungo l’asse della Via Emilia si sono sviluppati dei sistemi localiparticolarmente moderni ed efficienti , in cui vi è un forte collegamento tra i settoriproduttivi presenti nella stessa area e in cui l’agricoltura ha fornito, almenoinizialmente, e continua a fornire un grosso contributo allo sviluppo.

A questo punto è opportuno chiedersi se in contesti evoluti come quellidescritti, il sistema produttivo agricolo può essere messo in crisi dalla sostituzionedella famiglia contadina con una famiglia pluriattiva integrata con le attivitàproduttive presenti nel territorio .

Per rispondere a questi interrogativi è stata svolta un’indagine utilizzando unpanel di dati raccolti presso 165 imprese agricole per complessivi 244 nucleifamiliari, distribuite nelle province di Parma e Forlì. In particolare, sono statescelte quelle aziende localizzate nelle aree più industrializzate della provincia,laddove si è sviluppato in misura maggiore il rapporto di integrazione, almenosotto il profilo dell’offerta di lavoro, tra agricoltura e le altre attività economiche.

559

4 A questo riguardo la classifica annuale sulla qualità della vita stilata dal Sole 24 Ore vedealcune città della pianura emiliana, e in generale tutta la Regione, tra le prime in Italia . 5 È il caso delle aziende come il “Gruppo Simonazzi” leader nel settore dell’imbottiglia-mento e di inscatolamento, o ancora di aziende come la “Rossi e Catelli” leader nazionalenel campo dell’impiantistica del settore dell’industria conserviera .6 Si vedano a questo riguardo i lavori di Giacomini e Mora (1996).

Page 208: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Il campione di aziende utilizzato è stato scelto con criterio casuale tra gli iscrittidelle associazioni di categoria delle due provincie esaminate, privilegiando lefamiglie che avevano alcuni componenti impiegati in attività lavorative extra-aziendali. Ne è uscito un campione che presenta una distribuzione rispetto alladimensione aziendale in linea con quella emersa dal Censimento del 1990, con il44% delle aziende inferiori a 10 ha e il 6% con dimensione superiore a 50 ha( Tab.1). Dal punto di vista delle caratteristiche delle famiglie, oltre al nucleofamiliare del conduttore sono stati esaminati anche quei nuclei che presentanovincoli di parentela con il conduttore ma che, pur risiedendo in azienda, nonconvivono con lui7. Ne è risultato, che nelle aziende esaminate risiedono oltre a165 nuclei familiari del conduttore, altri 67 nuclei come prima famiglia e 12 nucleicome seconda famiglia per complessivi 244 nuclei, pari a 1,5 nuclei per azienda .Le caratteristiche dei tre nuclei familiari sono molto diverse tra loro . Dall’analisidei dati relativi ai rispettivi capifamiglia (Tab. 2), emerge come, passando dalprimo al terzo nucleo familiare, diminuisca l’età media del capifamiglia. Infatti, seper il conduttore questa è compresa tra 51 e 65 anni (42,4%), nel secondo nucleofamiliare è compresa tra 36 e 50 anni (43%) e nel terzo è inferiore a 35 anni (50%).La posizione civile prevalente dei conduttori è quella di “coniuge”. Le personeanziane rimaste vedove sono presenti solo nella famiglia del conduttore (6%) e nelprimo nucleo familiare (1,3%), mentre i capifamiglia non ancora sposati sono il13% dei conduttori e il 5% nel primo nucleo familiare. Questi elementi indicanoche i nuclei familiari in aggiunta a quello del conduttore sono prevalentemente di“nuova costituzione”, cioè di giovani che pur sposandosi hanno deciso dicontinuare a risiedere in azienda . In questi nuclei familiari il titolo di studioprevalente è quello della scuola media inferiore (rispettivamente 34%, 38% e66%), mentre il numero dei capifamiglia diplomati passa dal 14% per il conduttoreal 25% per il secondo nucleo familiare. I capifamiglia laureati sono presenti solonel nucleo del conduttore (1,2%) e nel primo nucleo (10%), mentre sono assentinel secondo.

Questi primi elementi ci indicano come il processo di rinnovamento dellefamiglie agricole non dipende solo dal cambiamento generazionale, ma anche dalmaggiore livello di istruzione dei capifamiglia.

Limitandoci alla famiglia del conduttore, un parametro in grado di aiutarci acomprendere le dinamiche in corso è rappresentato dall’età media della famigliadel titolare (Tab. 3). A questo riguardo, le aziende agricole di maggiori dimensioni(oltre 50 ha) sono decisamente le più giovani (l’età media è di poco superiore a 30anni), mentre nelle altre tipologie si osserva un notevole innalzamento dell’età dei

560

7 Formano il nucleo familiare coloro che effettuano almeno un pasto giornaliero sotto lostesso tetto della famiglia.

Page 209: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

componenti (l’età media sfiora 50 anni). Questo dato sottolinea come nella aziendeagricole di grandi dimensioni il processo di rinnovamento generazionale è piùveloce e le forze giovani, attirate dalle maggiori possibilità di reddito off e r t edall’azienda, sono in grado di adottare quelle strategie di sviluppo più consone almutare delle politiche agricole. Queste aziende per le loro caratteristiche interne sidimostrano, quindi, le più dinamiche e le più pronte a recepire le innovazioni dicarattere tecnico e organizzativo.

I rapporti all’interno della famiglia e le dinamiche in corso sono in partespiegati dall’analisi del quadro occupazionale dei componenti il nucleodell’imprenditore (Tab. 4). Relativamente a questo dato, si osserva come lacondizione occupazionale dei conduttori si divida tra la piena occupazione (70%) ela pensione di vecchiaia (30%). Relativamente ai figli, la maggior parte di loro èoccupata o studia. Sono molto limitate le situazioni di disoccupazione, cheinteressano solamente il 2% dei figli, sia per la capacità dell’azienda di assorbire illavoro familiare che per le possibilità lavorative presenti nel territorio .

Dai dati osservati, appare evidente come il “peso” del lavoro svolto in aziendasia distribuito in modo diverso tra i suoi componenti sia per intensità che permansioni svolte. A questo riguardo, si osserva che, mentre la maggior parte deiconduttori (l’89%) e delle loro mogli (59%), dedicano all’azienda oltre il 75% delloro tempo, i figli sono impiegati in attività lavorative agricole in misura moltoinferiore. Infatti, circa il 50% dei figli presenti nel nucleo familiare del conduttorenon dedica più del 25% del tempo a lavori richiesti dall’azienda. È singolare, comenella famiglia del conduttore solo lo 0,6% dei titolari si assuma l’onere (o l’onore)di svolgere esclusivamente mansioni di tipo direttivo, mentre il tempo dedicatoalla parte amministrativa della gestione aziendale è molto modesta e comunquedemandata alle mogli e ai figli. La maggior parte dei componenti il nucleofamiliare dedica gran parte del tempo (oltre il 50%) ai lavori di campagna. Rimaneda sottolineare come a svolgere i lavori domestici siano soprattutto i coniugi e ifigli minori, e come vi sia un certo numero di familiari che non hanno compitiprestabiliti, ma svolgono indistintamente “tutte” le mansioni che l’aziendarichiede.

La caratteristica principale di queste imprese è rappresentata, però, dalla naturapluriattiva delle famiglie, la quale si manifesta non solo attraverso il part-timepraticato dall’imprenditore, ma anche perchè quasi tutti i componenti, a diversotitolo e in misura diversa, partecipano alla costruzione del patrimonio familiaregrazie a redditi provenienti da attività extra-aziendali.

Nel campione oggetto di analisi, limitatamente al nucleo del conduttore, benl ’ 11% dei titolari, il 18% dei coniugi e il 18% dei “primi figli” svolgono concontinuità una attività lavorativa extra aziendale. I settori nei quali hanno trovatoimpiego riflettono la capacità professionale e l’attitudine produttiva dei

561

Page 210: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

componenti di queste famiglie. Il settore agricolo rappresenta il 20 % circa deglisbocchi lavorativi, ad indicare come la “pluriattività agricola” che queste famiglieadottano consente di sfruttare le competenze e la professionalità acquisita nellapropria azienda. Questa condizione assume una certa importanza per i titolari e peri figli giovani: per i primi, perché sfruttano maggiormente le proprie capacitàprofessionali; per i secondi, perchè l’agricoltura rappresenta una facileoccupazione in attesa di soluzioni più definitive.

Il settore che fornisce il principale sbocco lavorativo è l’industria.Presso di essa è occupato l’11% dei titolari, il 23% dei coniugi , il 28% dei figli

più vecchi e il 50% dei figli più giovani. Questo dato non deve stupire, perchè è laconferma di come il tessuto artigianale e industriale sviluppatosi intorno alleaziende agricole rappresenti una fonte di lavoro alla quale attinge questa tipologiafamiliare. Tra gli altri settori interessati dalle attività lavorative dei componentidella famiglia hanno un certo peso la “pubblica amministrazione”, i “servizi” e leattività legate al commercio. Non va dimenticato come una componenteimportante del campione sia rappresentata anche da aziende site nella provincia diForlì, dove il turismo è una realtà importante e dove il settore dei “servizi”, ad essodirettamente collegato, rappresenta una importante occasione di lavoro. Lamaggior parte degli intervistati è occupata in modo stabile (oltre il 70%) conmansioni differenziate a secondo dell’età e del titolo di studio. Infatti, mentre iltitolare e il coniuge hanno trovato occupazione come operaio, i figli svolgonoprevalentemente mansioni impiegatizie.

Allargando a tutti i nuclei familiari l’analisi della percentuale di tempo dedicatoall’azienda al variare dell’incidenza del reddito aziendale sul reddito totale dellafamiglia, è possibile aggiungere un ulteriore elemento di analisi. A q u e s t origuardo, si osserva la presenza di comportamenti differenziati all’aumentare delpeso del reddito aziendale sul reddito totale. Più precisamente, vi è un rapportodiretto tra tempo dedicato all’azienda e l’incidenza del reddito aziendale sul red-dito complessivo da parte del capofamiglia e del coniuge, ovvero all’aumentaredella quota di quello aziendale aumenta anche il tempo di lavoro dedicatoall’azienda. Nel caso dei figli si nota, in genere, un minor tempo di lavoro dedicatoall’azienda, che diminuisce nettamente in quelle dove il reddito familiare è quasiesclusivamente di natura agricola in quanto, dove il livello del reddito viene rite-nuto sufficiente, alcuni figli sono impegnati solo marginalmente in azienda (Tab. 5).

Di fronte ad un quadro strutturale dell’unità azienda-famiglia come quelloappena descritto, l’analisi delle dinamiche strutturali e produttive, che hannointeressato le aziende negli ultimi dieci anni, fornisce una chiara indicazione dellepolitiche adottate. Più precisamente, è stato chiesto se le aziende hanno modificatola propria dimensione e di quanto (Tab. 6). Dall’analisi effettuata risulta come leunità di maggiori dimensioni (oltre 50 ha), oltre che essere le più giovani, sono

562

Page 211: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

anche le più dinamiche, in quanto ben il 65% ha raddoppiato la propria superficie,mentre solo il 5% si è ridimensionata in misura consistente. Le altre tipologieaziendali presentano un comportamento molto più statico, che si accentua aldiminuire della dimensione dell’azienda. Si osserva, infatti, come non modifichinola dimensione, rispettivamente, l’85% , l’82% e il 76% delle aziende agricole.Rimane il fatto che solo il 2% delle aziende ha ridotto la propria dimensione, adindicare l’importanza attribuita dalla famiglia al bene terra. Questo, in aree dove ilvalore fondiario è sicuramente interessante, data la competitività in atto nell’usodel fattore terra e la tendenza alla concentrazione aziendale.

È da sottolineare, che il processo appena descritto si manifesta con le stessemodalità nelle due province esaminate. Infatti, sia a Parma che a Forlì le aziendeche hanno raddoppiato la propria dimensione sono mediamente il 18%, mentrequelle rimaste invariate sono il 79%; questo ad indicare come i comportamenti e ledinamiche presenti all’interno delle famiglie sono molto simili in presenza dimodelli economici omogenei.

Il processo di aumento della dimensione aziendale è in relazione con le attivitàagricole presenti. In particolare, la zootecnia da latte rappresenta una importantefonte di reddito (soprattutto per le aziende dell’area del parmigiano reggiano) el’atteggiamento assunto da queste famiglie nei confronti dell’allevamento(certamente molto impegnativo in termini di tempo), fornisce un ulterioreelemento di valutazione sulla strategia familiare adottata. In merito a questoparametro, il processo che emerge è di un rafforzamento della capacità produttivadelle tipologie con oltre 10 ha di superficie. Il processo è particolarmente intensonelle imprese più grandi, dove il numero di vacche in dieci anni è passato da 16 a63, mentre nelle due tipologie centrali gli incrementi sono stati più contenuti,rispettivamente del 25% e 42% (Tab. 7). La tipologia con meno di 10 ha , percontro, ha chiuso l’allevamento. Le indicazioni ottenute sono in linea con quantoindicato precedentemente in quanto, ancora una volta, le aziende più grandi congiovani sono le più dinamiche anche in presenza della pluriattività .Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, la pluriattività non rappresenta unostacolo allo sviluppo delle aziende, ma anzi sembra consentire un lororafforzamento laddove le condizioni familiari lo permettono.

3. Alcune considerazioni finali

Quanto illustrato rappresenta solo una primissima elaborazione dei parametriritenuti più significativi tra quelli assunti mediante l’ausilio di questionari ecorrispondono al punto di partenza della ricerca . Tuttavia, alcune considerazionimeritano di essere fatte .

563

Page 212: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

I dati da noi elaborati sottolineano come le scelte e le strategie che le impreseagricole adottano sono condizionate non solo dall’evolversi delle politicheagricole, ma anche da quelle economiche e sociali che i singoli sistemi localisanno esprimere.

In questo senso, le aree da noi esaminate possono essere consideraterappresentative di un livello di benessere conseguente al processo diindustrializzazione, che ha coinvolto tutto il territorio compreso quello rurale. Daquesto processo non sono rimaste escluse le famiglie agricole, anzi vi partecipanodirettamente, in quanto ne sono coinvolte a due livelli: con l’azienda e con lafamiglia. Con la prima perché, essendo integrata con le industrie alimentari e conle istituzioni locali (pubbliche e private), viene stimolato il processo diinnovazione non solo tecnologica, ma anche economica e organizzativa, che staalla base dello sviluppo. Con la seconda, perché i suoi componenti, mediantel’organizzazione pluriattiva della famiglia contribuiscono ad aumentare i flussi diautofinaziamento aziendale e sono più attenti alle dinamiche sociali cheavvengono nel territorio.

Il vantaggio per questa tipologia di impresa è quindi di avere “un’antennaesterna” in grado di collegare maggiormente l’azienda al resto della società o,meglio, agli altri settori dell’economia, aumentando lo spirito critico e gli elementidi valutazione da parte di chi la gestisce. In altre parole, se nelle aziende agricole“esclusive” gli elementi che portano a migliorare la capacità di apprendimento neiconfronti delle innovazioni (siano esse di carattere tecnico, organizzativo o dimercato) sono dovuti all’età e al grado di istruzione dei componenti la famiglia,alla qualità dell’assistenza tecnica (pubblica e privata) e dal livello di integrazionelungo la filiera, nelle aziende agricole pluriattive va aggiunta la possibilità diarricchirsi in forma critica attraverso il miglioramento della capacità di analisi chederiva dalla frequentazione di persone che lavorano in altri ambienti o in altrisettori produttivi. In questo senso, la plurittività sviluppata dalle famiglie agricolerappresenta sempre di più una forma di adattamento alle sollecitazioni del sistema.Sollecitazioni che, non sono solo produttive o economiche, ma anche sociali.

In un’area ricca, come quella che si sviluppa in Emilia-Romagna lungo l’assedella via Emilia, dove esiste un forte collegamento tra istituzioni, attivitàproduttive e società, le aziende agricole pluriattive sembrano adottare sentieri disviluppo tra loro diversi in cui le componenti economiche che derivano dallagestione dell’azienda agricola sono solo una parte di tutti gli elementi che il nucleofamiliare considera nel prendere decisioni produttive di breve e di lungo periodo.

Il comportamento delle aziende agricole pluriattive non sembra molto diversoda quelle eslusive in quanto in entrambe è in corso un processo di concentrazionefinalizzato ad una migliore gestione dell’azienda. L’aspetto che diventafondamentale e che differenzia la strategia delle due tipologie è rappresentato dalla

564

Page 213: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dinamica seguita da ciascun componente della famiglia in relazione alle possibilitàdi reddito offerte dall’azienda e dal mercato, modificando e influenzando laposizione della famiglia lungo il percorso che caratterizza il suo ciclo di vita equindi il suo stesso futuro.

Dove le dimensioni aziendali sono sufficienti a garantire un livello di benessereadeguato ai sui componenti, anche in presenza di un’organizzazione familiare ditipo pluriattivo, l’azienda sembra espandersi ricorrendo proprio a quei processi cherichiedono una maggiore apporto di lavoro, come la zootecnia da latte, ma checonsentono un elevato valore aggiunto. Dove invece la dimensione è insufficiente,l’azienda trova nuove forme di equilibrio produttivo e di crescita soprattutto graziealla pluriattività.

Come dimostrano le prime elaborazioni da noi effettuate sulle aziendepluriattive, quelle che rinunciano all’attività agricola ridimensionando la propriastruttura aziendale sono molto poche e sono individuabili nelle aziende di piccoladimensione, con famiglie poco numerose e anziane. In queste tipologie, le strategiegestionali che sembrano prevalere sono quelle legate alla “valorizzazione dellaresidenza” o al “tempo libero”. Al contrario, nella maggioranza delle famiglieesaminate la strategia prevalente è riconducibile a quella di “di accumulazione”,favorendo gli investimenti in attività legate agli interessi economici della famiglia,tra cui la stessa agricoltura, la quale non è considerata un’attività marginale, ma lafonte principale di reddito.

Quanto emerge dall’analisi sin qui effettuata è la conferma di quegli assuntiteorici emersi in letteratura sulle caratteristiche dell’organizzazione pluriattivadella famiglia agricola e sulle dinamiche che queste tipologie aziendali sembranoseguire. Esse rappresentano un elemento in grado di rafforzare e stabilizzare isistemi agricoli delle aree rurali “ricche”, confermando l’idea che “l’integrazionenon competitiva” tra sistemi economici, auspicata dalla Dichiarazione di Cork, nonsolo è possibile, ma rappresenta un elemento di stabilità e di sviluppo.

565

Page 214: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

566

Page 215: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

567

Page 216: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

568

Page 217: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

569

Page 218: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Barbero G., Vicende dell’economia, in “Italia rurale”, Bari, Laterza, 1988.

Barca F. (a cura di), Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi , Donzelli Editore. Roma,1997.

Brusco S., Agricoltura ricca e classi sociali, Feltrinelli, Milano, 1970.

Brusco S., Il modello Emilia: disintegrazione produttiva ed integrazione sociale, 1980.

Brusco S., Organizzazione del lavoro e decentramento produttivo nel settore metalmeccanico, in Flmdi Bergamo (a cura di) Sindacato e piccola impresa, De Donato Bari , 1975. Ristampato in S. Brusco, piccole imprese e distretti industriali , Rosemberg & Sellier, Torino, 1989.

Cannata G., Alla ricerca delle molte Italie agricole, in “I sistemi agricoli territoriali italiani”, Milano,Franco Angeli, 1989.

Cannata G., Presentazione, in “Lo sviluppo del mondo rurale: problemi e politiche, istituzioni estrumenti”, Bologna, il Mulino.

Carbone G., Integrazione produttiva sul territorio e formazione di sistemi agricoli locali, Laquastione agraria n. 46, 1992.

Cecchi C., Per una definizione di distretto agricolo e distretto agroindustriale, La Questione Agraria,n. 46, 1992.

Coppola M., e Altri, Un modello interpretativo per l’individuazione dei sistemi agricoli territoriali,La Questione Agraria, n. 30, 1988.

Corsi A., Azienda familiare e mercati del lavoro, in “Impresa agraria e dintorni” a cura di MantinoF., Collana Studi e Ricerche Inea, INEA, 1995.

Corsi A., I modelli famiglia-azienda: una rassegna della letteratura, La Questione Agraria,39, 1990.Corsi A., La famiglia azienda, il contesto economico ed i fattori determinanti del part-time, Rivista diEconomia Agraria, 2, 1991.

De Benedictis M. ( a cura di ), Trasformazioni agrarie e pluriattività in Italia, INEA, Collana studi ericerche, 1990.

De Benedictis M., (a cura di) Trasformazioni agrarie e pluriattività in Italia, INEA, Collana studi ericerche, Il Mulino, Roma, 1992.

Favia F., L’agricoltura nei sistemi produttivi territoriali, La Questione agraria, n. 46, 1992.

Favia F., Possibilità e limiti dello sviluppo locale , una nota troppo lunga e semiseria sui distrettiindustriali marshalliani, La Questione Agraria, n. 45, 1992.

570

Page 219: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Franceschetti G., Problemi e politiche dello sviluppo, in “Lo sviluppo del mondo rurale: problemi epolitiche, istitutzioni e strumenti”, Bologna, il Mulino, 1995.

Fuller A.M., From Part-Time Farming to Pluriactivity: a Decade of Change in Rural Europe, Journalof Rural Studies, 4, 1990.

Giacomini C., Mora C., L’agricoltura a Parma: dall’inchiesta Jacini al IV Censimento generaledell’agricoltura, Parma Economica, Dicembre, 1996.

Gubert R., Problemi e politiche dello sviluppo rurale, in “Lo sviluppo del mondo rurale: problemi epolitiche, istituzioni e strumenti”, Bologna, il Mulino, 1995.

Iacoponi L., Dal distretto agricolo al distretto agroindustriale , in Atti del Convegno Lo sviluppo delsistema agricolo nell’economia post-industriale, Cesar - Assisi, 12-13 dicembre 1996.

Iacoponi L., D i s t retto industriale Marshalliano e forme di organizzazione delle imprese inagricoltura, “Rivista di Economia Agraria”, n. 4, 1990.

Iacoponi L., La sfida della moderna ruralità : sviluppo rurale , ambiente e terr i t o r i o, in Atti delXXXIII° Convegno SIDEA- L’agricoltura italiana tra prospettiva continentale e mediterranea, 1996.

Mora C, Mori S., Sulle tracce dei distretti agroindustriali : un caso di studio, La questione Agraria,n.59, 1995.

Nakajima C., Subjective Equilibrium Theory of the Farm Household, Elsevier, Amsterdam, 1986.

Romano D., Sviluppo Endogeno e sostenibilità: coerenza teorica e implicazioni empiriche, in Atti delXXXIII convegno SIDEA. Napoli, 1996.

Saraceno E. Il distretto delle barbatelle, La Questione Agraria, , n. 46, 1992.

Sen A., The Standard of Living, Cambridge University Press, Cambridge, 1987.

Singh I., Squire L., Strauss J., (a cura di), Agricultural Household Models, The John Hopkins Up,Baltimore, 1986.

Van der Ploeg J,D., La dinamica delle interrelazioni tra imprese agrarie e reticoli istituzionali, in“Impresa agraria e dintorni” (a cura di) Mantino F., Collana Studi e Ricerche , INEA, 1995.

Van der Ploeg J.D., Lo sviluppo tecnologico in agricoltura: il caso della zootecnia, il Mulino,Bologna, 1990.

571

Page 220: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 221: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ELISABETTA BASILE

L’ECONOMIA RURALE COME ECONOMIA INFORMALE

Il tratto saliente della trasformazione socio-spaziale in atto nelle campagne deipaesi industrializzati è costituito dallo sviluppo di attività non agricole in uncontesto tradizionalmente dominato dal settore primario. Il sistema socio-economico prodotto da questo processo sostituisce l’organizzazione socio-economica espressa dall’agricoltura e costituisce la nuova economia ru r a l e: unsistema produttivo composito, in cui più settori convivono nello stesso spazio e sisovrappongono nell’uso delle risorse (Basile e Cecchi, 1997).

L’obiettivo di questo scritto è quello di esplorare il funzionamentodell’economia rurale con l’ausilio della categoria analitica di economia informale.La scelta di associare il concetto di informalità ad una formazione sociale comel’economia rurale è dettata dall’osservazione di alcuni caratteri - coesistenza di piùsettori, piccola dimensione delle imprese, flessibilità organizzativa - che le sonospecifici e che sono comuni anche ad altre formazioni sociali sempre piùfrequentemente classificate come informali.

1. Sull’informalità nell’economia

Nella letteratura socio-economica la locuzione economia informale è usatacome sinonimo di economia nascosta, nera, ombra, sommersa, parallela, nonregistrata, non organizzata, illegale, e anche criminale. Questa abbondanza diaccezioni rivela la complessità del fenomeno, ma anche il sostanziale disaccordofra gli analisti sul particolare aspetto che costituisce il cuore del fenomeno.

L’antropologo Keith Hart nel 1973 ha introdotto per primo il concetto diinformalità in una ricerca sul sotto-proletariato urbano del Ghana, con cuiintendeva valutare la capacità di generare reddito di un insieme di attivitàclassificabili come “espedienti disperati ed ingegnosi” cui ricorrevano categoriesociali accomunate dall’essere marginali (Hart, 1973). La questione che Hartsollevava era se queste attività dovessero essere considerate un modo perimmobilizzare nel contesto urbano una provvista di forza-lavoro sotto-occupataper l’industria, o se fossero in grado di assicurare un livello dignitoso di vita ai ceti

573

Page 222: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

più disagiati. Nel tentativo di classificare queste attività così diverse, Hart risolse ilproblema dicendo che erano tutte caratterizzate da “alto livello di informalità” eche insieme costituivano il “settore informale”, il cui tratto distintivo rispetto al“settore formale” era l’elevata diffusione di lavoro autonomo.

Fin dall’inizio il concetto di informalità è intimamente connesso alla questionedella occupazione, ed è in questa accezione che acquista popolarità grazieall’International Labour Office. L’ILO nel suo rapporto sul Kenia del 1972 affermache il problema della disoccupazione nel Terzo mondo può essere risolto non conla creazione di posti di lavoro salariato, ma con la promozione di attività informali:strategia spesso più compatibile con la disarticolazione delle società arretrate dimolti altri interventi tesi ad aumentare l’occupazione nel settore formale. L’ I L Opropone una prima definizione di economia informale come settore caratterizzatoda: facilità di ingresso, dipendenza da risorse indigene, proprietà familiare delleimprese, piccola scala, tecnologia ad alta intensità di lavoro, abilità acquisite fuoridal sistema scolastico formale, e mercati non regolati e competitivi (ILO, 1972:p.6).

Dal dibattito successivo emerge una visione ampia e articolata del fenomeno.L’organizzazione informale è individuata prevalentemente nei contesti urbani deipaesi in via di sviluppo (Feige, 1990; Mead e Morrisson, 1996) dove è spessoconsiderata indizio di lavoro dipendente mascherato e di disoccupazione nascostadietro la facciata del lavoro autonomo (Peattie, 1987; Connolly, 1985). Si affermauna sorta di inferiorità dell’economia informale, la quale, nel confronto conl’economia capitalistica formale, mostra inequivocabili segni di arretratezza. Nellesituazioni di povertà l’organizzazione informale è associata all’arretratezzatecnologica e alla bassa intensità di capitale, oltre che alla precarietà dellecondizioni di lavoro. Anche l’assenza di registrazione a fini fiscali e previdenzialiè considerata sintomo di arretratezza sociale; in questo caso, l’informalità puòsconfinare anche nell’illegalità e nella criminalità quando la pratica di perseguireobiettivi individuali attraverso mezzi illegali (furto, corruzione, violenza, ecc.)diventa la regola. Infine, la piccola dimensione può essere un modo per eludere icontrolli pubblici, mentre il prevalere di forme di regolazione dettate da logiche diappartenenza a famiglie o a clan può generare situazioni di illegalità.

Questo quadro dell’informalità è costruito sull’esperienza dei paesi arretrati eriflette la convinzione che l’organizzazione informale dell’economia sia una formao rganizzativa spontanea del sottosviluppo nelle megalopoli del Sud. Questavisione poggia su un dualismo che oppone informalità a formalità, dove il primo èuno stato che viene superato con l’affermazione del secondo: è informale unsettore che non è ancora formale, e l’informalità si dissolve con la crescitaeconomica; mentre ogni settore è individuato da specifici prodotti, tecniche,organizzazione del lavoro, e tra i due non vi sono rapporti organici. Un ingrediente

574

Page 223: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

cruciale del dualismo è la contrapposizione fra regolazione e non regolazione: nelsettore formale le relazioni sociali di produzione sono regolate da norme ufficiali -fiscali, previdenziali, sanitarie, commerciali - mentre nel settore informalel’attività produttiva avviene in assenza di regolazione. L’economia formale èregistrata e contabilizzata, laddove l’economia informale è non registrata,irregolare e nascosta o clandestina. Così, nel settore informale prevale un bassolivello del salario e della sicurezza sociale, e precarietà delle condizioni di lavoro,mentre nel settore formale vigono alti salari e buon livello di sicurezza sociale edelle condizioni lavorative (Portes, 1978; Connolly, 1985; Portes e Castells, 1989).

Ma la visione dualistica si estende anche ad altri aspetti; così, il settoreinformale è dominato dalla piccola impresa familiare irregolare etecnologicamente arretrata, mentre quello formale è costituito da grandi imprese,che producono con tecnologie avanzate. Alcuni autori (Feige, 1990), dilatanoquesta logica fino a ritenere la formalità delle relazioni di produzione un sinonimodi progresso sociale. Lo stesso Hart (1973) è su questa posizione quandosuggerisce che le attività “disperate e ingegnose” informali possano essereconsiderate espressione di rapporti di produzione pre-capitalistici.

Questa impostazione dualistica è messa in discussione da una recenteletteratura che analizza i caratteri dell’informalità tanto nei paesi industrializzatiche nei PVS, nei centri urbani e nelle aree rurali (Portes e Castells, 1989; Storper,1993; Chickering e Salahdine, 1991; Patel e Srivastava, 1996; Harriss-White,1997). Da questa letteratura emerge come l’informalità dell’org a n i z z a z i o n eproduttiva e sociale non sia confinata agli ambienti urbani nei paesi arretrati, masia osservata anche in economie tecnologicamente avanzate (Portes e Castells,1989), e non possa essere considerata come sinonimo di povertà o di arretratezza.È smentita anche la convinzione che l’economia informale sia un settore nonregolamentato, mentre si dimostra che l’organizzazione informale è il prodotto dicomportamenti di individui completamente inseriti in una struttura socialecomplessa che esprime proprie norme comportamentali attraverso le istituzioni chegovernano la società civile (Assaad, 1993; Feige, 1990; Harriss-White, 1997). Ciòimplica che la contrapposizione formale/informale non possa essere giocata sullacontrapposizione regolamentazione/non regolamentazione, ma debba avvenireconfrontando gli insiemi di regole che governano i due sistemi.

Anche il dualismo formale/informale è ridimensionato. Alcuni studi dimostrano(Portes e Castells, 1989) che la separazione fra le due formazioni sociali è moltotenue, al punto che è legittimo affermare l’esistenza di un continuum fra economiaformale ed economia informale. L’informalità e la formalità sono manifestazioni diun modo di produzione che assume un aspetto specifico in corrispondenza di unaparticolare dialettica sociale e istituzionale. La formalità - e l’informalità - nonsono identificate né dalla dimensione dell’impresa, né dalla tipologia dei prodotti,

575

Page 224: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

né dalla tecnologia, ma dipendono dal livello di compatibilità (o diincompatibilità) fra la regolamentazione ufficiale (formale) e quella (informale)espressa dalle istituzioni che prevalgono nella società civile.

L’informalità non è una situazione individuata da particolari caratteristiched e l l ’ o rganizzazione sociale ed economica, ma un processo che attraversaorizzontalmente l’economia e la società e che assume particolari manifestazioni incorrispondenza di specifici equilibri sociali, con l’intento di adattare la strutturasociale alle esigenze dell’economia attraverso la flessibilità dell’org a n i z z a z i o n eproduttiva. L’ordine economico informale non è cioè un indizio di ritardo, ma èspecifico di uno stato che può essere osservato in ogni contesto sociale, secondoequilibri variabili.

2. Ruralità e informalizzazione

L’ o rganizzazione produttiva e sociale dell’agricoltura è storicamentecaratterizzata da informalità. L’evoluzione dell’organizzazione sociale edeconomica del mondo rurale è un esempio significativo del confronto dialettico frala regolamentazione “formale” dell’economia capitalistica e le esigenze dellaproduzione agricola, mentre, la persistenza di informalità nell’agricoltura nellapenetrazione del modo di produzione capitalistico evidenzia la forza dellaspecificità del settore, il quale conserva a lungo una organizzazione socialeinformale in un contesto globale sempre più formale.

2.1. Agricoltura, mercato e formalizzazione

Nell’economia naturale pre-capitalistica i settori produttivi sono sovrappostinello spazio e nell’uso delle risorse. Nella azienda del contadino-artigiano laproduzione e la lavorazione dei prodotti del settore primario convivono, el’economia naturale è completamente autosufficiente ed isolata. Se la definizionedell’ILO fosse applicabile ad un contesto isolato, questo sistema potrebbe apparirecome il prototipo dell’organizzazione informale: basato sull’impresa familiare dipiccola dimensione, dominato da tecnologia primitiva, autoregolato. Conl’affermazione del modo di produzione capitalistico e la progressiva separazionetra agricoltura ed industria inizia la formalizzazione dell’org a n i z z a z i o n eproduttiva: la divisione del lavoro fra i settori conduce alla riallocazione delleattività produttive nello spazio secondo la logica dei vantaggi comparati e ladiffusione del mercato conduce alla differenziazione sociale.

La contrapposizione città/campagna e agricoltura/industria contiene anche

576

Page 225: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

quella tra formalità e informalità. L’ o rganizzazione della città e dell’industriad i fferisce progressivamente da quella della campagna e dell’agricoltura: per ledimensioni delle unità produttive, il livello della tecnologia, la regolamentazione.Mentre nella città si diffonde il sistema di fabbrica ed aumenta la legislazionesociale sul lavoro e sulla sanità, in campagna continua a dominare l’impresafamiliare, governata nelle sue scelte dall’esigenza di mantenere l’equilibrio internofra produzione e consumo.

Con il diffondersi del capitalismo, l’agricoltura, anche quando è un settore“moderno” che domina gli spazi rurali dal punto di vista economico e sociale,conserva una forte specificità che si riflette sull’organizzazione sociale eproduttiva. Solo nella maturità capitalistica, il settore agricolo divienecompletamente o m o l o g a t o all’industria, e al suo interno si affermano modelliproduttivi e stili di vita che emulano quelli dell’economia in cui è inserito (Basile eCecchi, 1994). L’integrazione nel sistema produttivo è di tipo mercantile ed ècompleta; l’equilibrio fra consumi e produzione è definitivamente rotto el’agricoltura produce prodotti sempre più standardizzati per un consumatoresempre più distante; l’azienda - come la famiglia - è dipendente dal mercato per ilreperimento dei fattori di produzione e per la commercializzazione dei prodotti.L’agricoltura omologata è un settore che mostra un avanzato processo di formaliz-zazione; con la logica mercantile in esso penetra la pratica di regolamentazionemutuata dal settore urbano che soppianta l’autoregolamentazione basatasull’equilibrio bocche/braccia. In questa fase, industria e agricoltura sonocompletamente separate in termini di mercati, di spazi e di sentieri di crescita,mentre l’organizzazione produttiva e sociale nel settore agricolo raggiunge ilmassimo grado di formalizzazione.

2.2. Ruralità, mercato e de-formalizzazione

La crisi del Fordismo alla fine degli anni ’60 compromette questi equilibrisettoriali e territoriali e blocca il processo di formalizzazione dell’economia agri-cola, conducendo ad una rinnovata sovrapposizione fra i settori nello spazio rurale.

Il primo fattore di cambiamento è la dispersione territoriale dell’industria, cheinverte il trasferimento di risorse tra campagna e città e modifica gli equilibrispaziali tra le attività produttive1. Il decentramento produttivo - inteso principal-

577

1 La letteratura sulla dispersione territoriale dell’industria e sul decentramento produttivo, inparticolare, è molto vasta. Ragioni di spazio impediscono di ripercorrere nei suoi trattisalienti un processo che, dalla crisi del Fordismo in poi, ha modificato profondamente lerelazioni intersettoriali e la distribuzione delle risorse fra città e campagna nei paesiindustrializzati. Per una panoramica generale ma esaustiva si rimanda a Piore e Sabel (1984)e Amin (1994).

Page 226: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

mente come reazione alla legislazione sul lavoro e agli alti costi di gestione deigrandi stabilimenti - è una soluzione che richiede flessibilità nell’organizzazionedella produzione, e che coinvolge le periferie urbane e le aree rurali nelfrazionamento del processo produttivo. Analogamente il distretto industriale siradica nel territorio con la dispersione di molte piccole imprese specializzate checooperano informalmente per la produzione di un unico tipo di prodotto. Inentrambe le forme, i potenziali di crescita delle imprese industriali poggiano sullapossibilità/capacità di invertire il processo di formalizzazione dell’organizzazionesociale ed economica e di rafforzare i legami fra i settori e con il territorio.

Questa esigenza dell’industria trova riscontro nella complessità degli equilibrisociali dell’agricoltura, la quale, malgrado il processo di formalizzazione, conservaalcune specificità che ne impediscono la completa omologazione al modo diproduzione dominante2: una parte delle forze di lavoro non completamenteimpiegate nelle aziende agricole permangono nelle aree rurali e un certo numero diimprese marginali - per dimensione, livello tecnologico e produttività (oremunerazione) dei fattori - sopravvivono. La situazione dell’agricoltura si saldacon le necessità della dispersione territoriale dell’industria. I meccanismiattraverso i quali l’agricoltura si era adattata alla crescita, e che avevano consentitola sopravvivenza di strutture solo parzialmente omologate, diventano funzionalialla dispersione dell’industria. Le famiglie agricole pluriattive fornisconomanodopera da impiegare nell’industria dispersa, mentre le strutture aziendalivengono utilizzate per impieghi non agricoli; l’esistenza di produzione artigianalee di altre attività tradizionali dell’azienda agraria fornisce la base per lo sviluppodelle imprese industriali che nascono grazie all’abilità manuale e all’attitudineall’imprenditorialità (Amin, 1994).

Il processo di industrializzazione diffusa si innesta sul tessuto rurale, e conducead una articolata integrazione fra agricoltura ed industria che appare come unaforma “moderna” di sovrapposizione fra i settori. La dispersione territorialedell’industria diventa veicolo per il rilancio delle risorse locali (rurali) e per il lorore-inserimento nel processo produttivo allargato. La modificazione dellacomposizione settoriale della base produttiva costituisce la fase iniziale dellaformazione dell’economia rurale. È anche una fase iniziale processo di de-formalizzazione dell’economia che si estende dal settore industriale a quelloagricolo. La dispersione territoriale e la ridotta dimensione delle impreseconsentono di limitare i controlli legali sull’attività produttiva, e ciò si traduce

578

2 L’evoluzione delle relazioni fra agricoltura e industria (e fra città e campagna) nel corsodella crescita è stata oggetto di un vasto dibattito che ha coinvolto un ampio numero dieconomisti impegnati nello studio dei problemi del sottosviluppo e delle economie piùavanzate. Per una sintetica rassegna delle conclusioni più importanti di tale dibattito si rinviaa Basile e Cecchi (1994).

Page 227: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nella comparsa di forme di regolazione autocontenute e nell’affermazione di unospirito comunitario che influenza direttamente le transazioni economiche.

Nella nascente economia rurale la sovrapposizione fra i settori nello spazio enell’uso delle risorse e la de-formalizzazione generata dalla dispersione territorialedell’industria passano per il mercato: se il lavoro viene fornito da mercaticircoscritti geograficamente, l’approvvigionamento degli altri fattori può avveniresia in ambiti locali, che nazionali, che globali; allo stesso modo, i prodotti sonodestinati ad un consumatore sempre più “globale”.

Ma la formazione dell’economia rurale è sostenuta anche dall’evoluzione delmodello di consumo fordista. La convergenza degli stili di vita urbano e rurale èparte costituente della penetrazione del capitalismo nelle campagne ed è all’originedell’affermazione di un modello di consumo dominato da prodotti indifferenziatidi massa. La crisi del Fordismo è anche la crisi di questo modello di consumo(Piore e Sabel, 1984; Amin, 1994), cui subentra una logica di differenziazione deiprodotti per qualità, prezzo e altri specifici attributi, anche se non per funzione.

È una logica che si afferma globalmente, nella produzione e nel consumo, e cheha un ruolo tutt’altro che marginale nella costruzione dell’economia rurale. Se dallato della produzione, la differenziazione si afferma con l’emergere di attività nonagricole in ambito rurale, dal lato del consumo si osserva l’aumento del numero edella varietà di beni alimentari differenziati in termini di luogo di origine o ditecnologia impiegata per produrli (Iacoponi, 1996; Gios, 1995). Ma questoprincipio si applica anche all’ambiente rurale, che assume funzioni diversificate,a ffiancando quelle ricreative e residenziali a quelle produttive (Kayser et al.,1994). La differenziazione dei consumi e l’emergere della ruralità fra lecaratteristiche che influenzano gli stili di vita sostengono il processo di de-formalizzazione dell’economia rurale poiché costituiscono uno stimolo allaproduzione di beni alimentari e ambientali sempre più caratterizzati localmente;ciò si traduce nel sostegno alla formazione di piccole imprese specializzate edisperse nel territorio.

3. La ruralità nell’economia post-industriale

L’evidenza empirica recente fornisce un’idea dell’informalità molto lontanadall’arretratezza e dalla marginalità, ed essa appare un tratto dominanted e l l ’ o rganizzazione sociale ed economica post-fordista nelle città e nellecampagne, al Sud e al Nord. Ciò obbliga a superare il dualismo analitico cheoppone formalità ad informalità, le quali convivono con equilibri legati al livello disviluppo e all’articolazione sociale.

L’economia rurale differenziata e integrata è interessata da questo processo, ed

579

Page 228: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

è essa stessa prodotto di questo processo. Come l’economia naturale pre-capitalistica, l’economia rurale ha una forte connotazione informale, ma questanuova informalità si differenzia nettamente da quella: la sovrapposizione deisettori, la piccola dimensione delle imprese e la prevalenza di normecomportamentali autogenerate si combinano con la forte integrazione mercantile el’elevato livello tecnologico; mentre è intenso il collegamento con l’economiaformale. L’informalità non è una conseguenza dell’isolamento, ma è generata dellaricerca di flessibilità organizzativa e spaziale della produzione industriale. Con lacrisi del Fordismo, l’esigenza della flessibilità dell’industria viene importata nellecampagne. Nel contesto rurale, dove attività produttive di diversi settori convivonoe l’integrazione locale e globale è forte, l’ordine economico informale apparecome la manifestazione compiuta di un rapporto di produzione che si articola sullecomplesse relazioni fra economia formale ed economia informale.

Nell’economia rurale l’organizzazione informale cresce a spese di quellaformale. Nelle campagne come nelle città, nei paesi ricchi come nei PVS, lacrescita dell’economia informale va inserita nel cambiamento del modo diproduzione che si osserva a partire dall’inizio degli anni ‘70, quando comincia ada ffermarsi la logica della specializzazione flessibile: la ricerca di formeo rganizzative capaci di contenere i costi del lavoro e di limitare il potere delleo rganizzazioni dei lavoratori (Amin, 1994). L’impresa informale è la formao rganizzativa attorno cui ruota questo cambiamento. Con l’affermazione dellalogica della specializzazione flessibile, la dimensione territoriale acquista unnuova rilevanza: la ristrutturazione produttiva avviene all’interno di un nuovoregime di accumulazione, la cosiddetta accumulazione allargata territoriale. Inquesta forma di accumulazione, la ristrutturazione della produzione delle impreseassume la forma privilegiata del decentramento, e la centralità del territorio vienerilanciata in una chiave produttiva, oltre che spaziale. Anche i nuovi equilibri sulmercato del lavoro hanno una connotazione spaziale; la ristrutturazione comportala segmentazione del mercato del lavoro in tanti mercati a diverso livello diperifericità spaziale ed economica e di garanzia. Emerge così “un tessuto di nuove-vecchie forme di lavoro” (Nassisi, 1998: p. 90), che ricordano più il lavoratoreautonomo della economia informale che non il lavoratore dipendentedell’industria.

Il mondo rurale è centrale in questo processo, poiché risponde in modo ottimalealle esigenze di flessibilità delle imprese: il tessuto produttivo agricolo facilita ildecentramento dell’industria grazie a risorse non completamente impiegate,mentre l’organizzazione sociale delle campagne conserva caratteri di informalità.La crisi del Fordismo che rimette in gioco le risorse rurali in una prospettiva socio-economica globale e locale.

580

Page 229: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Amin, A. (a cura di) (1994): Post-Fordism. A Reader, Oxford, Blackwell.

Assaad, R. (1993): Formal and Informal Institutions in the Labour Market, with Applications to theConstruction Sector in Egypt, in World Development, vol. 21, n. 6.

Basile, E. e Cecchi, C. (1994): Il dualismo funzionale nell’agricoltura, in L’economia italiana daglianni ‘70 agli anni ‘90. Pragmatismo, disciplina e saggezza convenzionale, pp. 327-347, Pizzuti, F.R.(a cura di), Milano, Mc Graw-Hill.

Basile, E. e C. Cecchi (1997): D i f f e renziazione e integrazione nell’economia ru r a l e, Rivista diEconomia Agraria, nn.1/2, 1997.

Chickering, A.L. e M. Salahdine (a cura di) (1991): The Silent Revolution. The Informal Sector inFive Asian and Near Eastern Countries, S. Francisco, ICS Press.

Connolly, P. (1985): The Politics of the Informal Sector: a Critique, in N. Redclift e E. Mingione (acura di) Beyond Employment. Household, Gender, and Subsistence, Oxford, Blackwell.

Feige, E.L. (1990): Defining and Estimating Underg round and Informal Economies: The NewInstitutional Approach, in World Development, vol. 18, n. 7.

Gios G. (1995): La qualità nel comparto agro-alimentare: aspetti economici, relazione presentata alXXXII Convegno della SIDEA su I prodotti agroalimentari di qualità: organizzazione del sistemadelle imprese, Verona.

Hart, K. (1973): Informal Income Opportunities and Urban Government, in Journal of ModernAfrican Studies, vol.II.

Harriss-White (1997): Informal Economic Order: Shadow States, Private Status States, States of LastR e s o rt and Spinning states: a Speculative Discussion Based on S. Asian Case Material, mimeo,Oxford, Queen Elizabeth House.

K a y s e r, B., A. Brun, J. Cavailhès, e Ph. Lacombe (1994): Pour une ruralité choisie, La To u rd’Aigues, Editions de l’Aube.

Iacoponi, L. (1996): Dal distretto agricolo al distretto agro i n d u s t r i a l e, relazione presentata alconvegno Lo sviluppo del sistema agricolo nell’economia post-industriale, Cesar - Assisi, 12-13dicembre.

International Labour Office (1972): Employment Incomes and Equality: a Strategy for Incre a s i n gProductive Employment in Ghana, Geneva.

Mead, D.C. e C. Morrisson (1996): The Informal Sector Elephant, in World Development, vol. 24, n. 10.

Nassisi, A.M. (1998): Globalizzazione dell’economia e trasformazione dei modi di produzione, in A.Graziani e A.M. Nassisi (a cura di) L’economia mondiale in trasformazione, Roma, Manifestolibri.

581

Page 230: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Peattie, L. (1987): An Idea in Good Currency and How It Grew: The Informal Sector, in Wo r l dDevelopment, Vol. 15, n. 7.

Piore, M. e C. Sabel (1984): The Second Industrial Divide: Possibility for Pro s p e r i t y, New Yo r k ,Basic Books.

Portes, A. (1978): The Informal Sector and the World Economy: Notes on the Structure of SubsidisedLabour, in IDS Bulletin, vol. 9, n. 4.

Portes, A. e M. Castells (1989): World Underneath: The Origins, Dynamics, and Effects of theInformal Economy , in A. Portes e M. Castells (a cura di) The Informal Economy: Studies inAdvanced and Less Developed Countries, Baltimora, The Johns Hopkins UP.

Storper, M. (1993), Industrialization, Economic Development and the Regional Question in the ThirdWorld, Londra, Pion Limited Press.

582

Page 231: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ROSSELLA BIANCHI*LE AREE CALANCHIVE DELLA BASILICATA: UNA REALTÀ DI

MARGINALIZZAZIONE FISICO-AMBIENTALE EDECONOMICO-PRODUTTIVA.

1. Introduzione

Il lavoro si inquadra in un progetto di ricerca più ampio1 dedicato allo studiodelle aree calanchive in Basilicata. Esse, in un approccio transdisciplinare,vengono individuate come territori problematici sotto il profilo fisico-ambientalenonché connotate da spiccati profili di marginalità socio-economica.

Nel presente contributo si è inteso focalizzare lo spessore di tale dimensionerelativamente a sedici comuni lucani individuati come rappresentativi dell’areacalanchiva: Aliano, Bernalda, Craco, Ferrandina, Grassano, Grottole, Irsina,Miglionico, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Pisticci, Pomarico, Salandra, S.Mauro Forte, Stigliano e Tursi.

Relativamente ad essi si è analizzato l’andamento demografico nelquarantennio 1951-1991 enucleando, in una vichiana ricerca “per causas”, ilparametro demografico quale emblematico indicatore del processo dim a rginalizzazione che ha colpito quest’area della Basilicata sia sul pianodell’equilibrio fisico-ambientale sia su quello dello sviluppo socio-economico-produttivo e culturale.

2. Le motivazioni

La scelta dell’indicatore demografico suggerisce una serie di riflessioni rispetto

583

* Dipartimento Tecnico-Economico per la Gestione del Territorio Agricolo-Forestale, Uni-versità della Basilicata.1 Lavoro eseguito nell’ambito del progetto di ricerca MEDIMONT, finanziato dallaDivisione Ambiente della CEE (Climatology and Natural Hazards under the ECENVIRONMENT Programme 1991-1994) e coordinato dall’ICALPE. Gruppo di ricerca:Basilicata. Responsabile: prof. Ettore Bove.

Page 232: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

al modello di sviluppo prevalso in una regione tipicamente periferica e marginalesul piano della collocazione geografica, della struttura morfologica, delledinamiche economico-produttive. La verifica della più o meno sistematica perditadi popolazione registrata in quest’area regionale nell’arco del quarantennioconsiderato diviene, emblematicamente, l’effetto dei problemi connessi a questerealtà e si pone al tempo stesso come concausa dell’acuirsi di molti dei processiregionali di marginalizzazione.

Essi colpiscono innanzitutto la realtà fisico-territoriale. L’esodo migratorio, nelmomento in cui sottrae considerevoli risorse umane, vanifica la preziosa funzionedi presidio del territorio e di difesa delle risorse naturali prodotta “in loco”dall’operosa presenza dell’uomo. Esplica pertanto un impatto particolarmentegrave in una regione sempre problematicamente minacciata da fenomeni didissesto idro-geologico nonché di erosione e desertificazione, particolarmentetipici nei terreni argillosi delle aree calanchive lucane, (Bove - Quaranta, 1996).

In secondo luogo, viene duramente colpita la consistenza della composizionesociale. Si comprime il potenziale saggio di offerta di una più ampia gamma dipubblici servizi e rallentano ulteriormente le possibilità di innovazione sociale.

Sostanzialmente, la particolare negatività dell’andamento demografico consentedi continuare ad inquadrare la regione Basilicata entro le griglie di un modello disviluppo fortemente dipendente dall’esterno: si pensi al significato di un’economialocale fondamentalmente basata sulle rimesse degli emigranti o alla logica di unosviluppo assistito e sempre più legato a tanto robuste quanto contingenti iniezionidi spesa pubblica.

3. Schema del lavoro

Le rilevazioni ed elaborazioni sono state effettuate rispetto a dati ISTAT relativial IX, X, XI, XII e XIII Censimento generale della popolazione.

L’arco temporale inter-censuario è sempre perfettamente decennale tranne cheper il IX Censimento. Esso, risentendo delle particolarissime contingenze storico-politiche, copre un periodo che va dal 20 aprile 1936 al 3 novembre 1951.

Si sono elaborati indicatori demografici relativi alla: a) popolazione residente,( Tabb.1 e 2); b) popolazione residente attiva, (Tabb.3 e 4); c) incidenza dellapopolazione residente attiva sulla popolazione residente, (Tab.5); d) popolazionepresente, (Tabb.6 e 7) nonché , riferiti alla popolazione residente, i saldi naturale(dato dalla differenza tra le nascite e i decessi), globale (dato dalla differenza tra ivalori della popolazione residente agli estremi dei decenni considerati) emigratorio (dato dalla differenza tra il saldo globale e il saldo naturale), (Tabb.8 e9) dei sedici comuni calanchivi della Basilicata nel periodo 1951-1991.

584

Page 233: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Dell’andamento della popolazione sono stati presi in considerazione perciascun anno i valori assoluti e quelli relativi percentuali calcolati rispetto al valoredemografico complessivo dei 16 comuni calanchivi oggetto dello studio. Ciò alfine di avere una consistenza “oggettiva” (se di oggettività sia dato parlare), o,forse meglio sarebbe dire, di “stato”, del fenomeno demografico (Tabb. 1, 3, 6, 8 e9); parallelamente si sono quantificate le variazioni intercensuarie, calcolate sia intermini assoluti sia relativi (in valori percentuali), in modo da avere unadimensione di “flusso” della stessa realtà (Tabb. 2, 4 e 7).

Infine una precisazione: nel Censimento del 1951 la popolazione residenteattiva non comprendeva la popolazione in attesa di prima occupazione. Perottenere una più omogenea confrontabilità dei dati, ai valori del ’51 È stata dunquesommata la popolazione in attesa di prima occupazione.

4. Dinamica della popolazione

4.1. Andamento della popolazione residente

Una prima considerazione si pone in relazione alla collocazione geograficadell’area calanchiva. Essa si configura quale realtà integrante tipicamente laprovincia materana: infatti nel 1991 la complessiva popolazione residente dei 16comuni calanchivi presi in esame ha rappresentato quasi la metà di quella dellaprovincia di Matera (49.5) e solo poco meno del 17% della popolazione dell’interaBasilicata (Tab. 1).

Nel periodo 1951-91, l’andamento della popolazione residente nei comunicalanchivi in esame è risultato in costante flessione, (Tabb. 1 e 2).

In particolare ad Aliano, Grassano, Miglionico, Pomarico, Salandra e S. MauroForte la popolazione residente è diminuita sistematicamente, (Tabb. 1 e 2).

Per alcuni comuni, quali Craco, Grottole, Irsina, Montescaglioso, Stigliano eTursi, i valori registrati per il 1961 sono stati crescenti rispetto al 1951 mentrehanno subito una contrazione nei periodi successivi, contrazione che si è rivelataparticolarmente marcata nel decennio 1961-71. In quest’ultimo periodo si èregistrata una vera e propria emorragia demografica: la popolazione residente dei16 comuni in esame ha infatti perso, in termini assoluti, 9150 unità (Tab. 2).

Hanno costituito eccezione rispetto a questo “trend” generale Bernalda,Ferrandina e Pisticci, unici comuni in cui si sono registrate variazioni positive neidecenni considerati (Tab. 2), possibile effetto delle dinamiche di investimento chehanno riguardato la Valle del Basento già con l’attuazione della L. 634/1957.

585

Page 234: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

A Montalbano Jonico, invece, si è posto in evidenza un andamento positivofino agli anni ’70; la marcata flessione (-34.5, Tab. 2) del decennio 1971-81 deveessere attribuita al fatto che ha perso la frazione di Scanzano, divenuta essa stessacomune autonomo nel 1974 (con la denominazione di Scanzano Jonico, L.R.12/1974).

4.2. Andamento della popolazione residente attiva

Per comprendere lo spessore e il significato dei dati finora analizzati è op-portuno focalizzare l’andamento della popolazione residente attiva, (Tabb. 3 e 4).

Nei 16 comuni presi in esame la popolazione residente attiva è costantementediminuita nei decenni 1951-61 e 1961-71 e nell’arco di quest’ultimo decennio,l’emorragia é stata particolarmente vistosa [-9514 unità, pari ad una flessione del20.0 ( Tab.4)].

Nel decennio 1971-81 la variazione è diventata impercettibilmente positiva(1.8, Tab. 4) e nel decennio 1981-91 ha confermato la stessa tendenza (3.3, Tab.4 ).

586

Page 235: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Complessivamente, tuttavia, nel quarantennio 1951-91 la variazione dellapopolazione residente attiva è stata pesantemente negativa (-16.0, Tab. 4): i valoripiù contratti si sono registrati a Miglionico (-46.8, Tab. 4), a Grassano (-47.9,Tab.4), a Craco e ad Aliano (rispettivamente: -51.8 e -52.6, Tab. 4).

Persino nei comuni di Bernalda, strategico per la sua collocazione geograficatra la valle del Basento e il metapontino, e di Ferrandina, nel comprensorioindustriale della Val Basento, la popolazione residente attiva è andatacostantemente diminuendo (con una lievissima ripresa soltanto negli ultimi duedecenni, Tabb. 3 e 4).

Pisticci invece non ha smentito il suo dinamismo positivo, fatta eccezione per laflessione registrata nel decennio 1961-71: risulta così che nel 1991 il 17.1% dellapopolazione attiva dei comuni in esame si concentrava sostanzialmente a Pisticci,(Tab. 3).

Questa dinamica demografica così fortemente involutiva è ancora confermatadai dati riportati in Tab.5. In essa sono stati schematizzati i valori relativiall’incidenza della popolazione residente attiva su quella residente.

A livello medio aggregato, per i 16 Comuni calanchivi questi valori hanno

587

Page 236: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

588

Page 237: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

rivelato sistematicamente una tendenza a contrarsi sebbene negli ultimi duedecenni ci sia stata una lievissima variazione positiva.

A livello regionale, la situazione è stata connotata dallo stesso andamento. InBasilicata, nel 1991, la popolazione residente attiva è risultata inferiore alla metàdella popolazione residente (40.2, Tab. 5); il valore più basso è stato raggiunto nel’71 (35.9%, Tab.5).

Il significato di questi dati è molto grave, sintomo della stagnazione economica,sociale, culturale che minaccia l’intera Regione.

4.3. Andamento della popolazione presente

Per approfondire il contenuto di informazioni relative alla consistenzademografica della realtà calanchiva lucana si sono considerati i valori relativiall’andamento della popolazione presente, (Tabb. 6 e 7). È interessante confrontarlicon quelli riguardanti la popolazione residente (Tabb. 1 e 2). Questi ultimi infattipossono essere parzialmente gonfiati dalla mancata registrazione di tutta una seriedi dinamiche (emigrazione stagionale, emigrazione di soggetti che conservano laresidenza nel comune di origine ma che di fatto sono assenti per motivi di studio,di lavoro, per servizio di leva).

589

Page 238: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’ipotesi è risultata confermata: nel periodo considerato, la popolazionepresente complessivamente nei 16 comuni calanchivi della provincia materana nonsolo è stata sempre inferiore a quella residente ma ha manifestato una costantetendenza alla diminuzione (Tabb. 6 e 7) salva la lievissima ripresa del 1981-91(0.7, Tab. 7).

La stessa dinamica si è registrata complessivamente per la popolazione presentein Basilicata mentre per la provincia di Matera è stato riscontrato un “trend”positivo.

Nei 16 comuni esaminati la flessione è stata generalizzata (-11.3, Tab. 7). Ivalori più significativi si sono registrati a Craco (-51.0, Tab.7), a Miglionico(-37.7, Tab. 7), a Stigliano (-32.7, Tab. 7), a Irsina (addirittura -41.3, Tab. 7).

Soltanto a Pisticci (24.1, Tab.7), a Bernalda (15.1, Tab.7) e in minima parte, aFerrandina (4.3, Tab.7) si sono registrate variazioni positive.

590

Page 239: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4.4. Saldo naturale, saldo globale, saldo migratorio

Nel quarantennio considerato, il saldo naturale è rimasto sempre di segnopositivo sebbene sia stato in costante flessione, secondo la dinamica checaratterizza tipicamente i paesi del mondo occidentale. Dal saldo positivo delperiodo 1951-61 pari a 18.800 nati si sono raggiunte infatti le 4.096 unità del1981-91 (Tab. 8).

Il saldo globale non poteva che risentire del “trend” già rilevato per lapopolazione residente. Pertanto ha presentato andamento positivo nel primodecennio e una marcata flessione nei decenni successivi, (Tab. 8). Coerentementecon il profilo involutivo della dinamica demografica in Basilicata sinora rico-struito, il saldo in esame ha presentato i valori più “aspri” nel decennio 1961-71(Tab. 8).

Questi valori sono stati rapportati alla rispettiva consistenza demograficarilevata nell’anno rispetto al quale si è inteso effettuare il confronto, (Tab.9). Neldecennio 1961-71 sembrano particolarmente notevoli i valori calcolati per Craco(-27.8, Tab.9), per Irsina (-27.1, Tab. 9) e per Miglionico (-25.2, Tab. 9).

591

Page 240: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

592

Page 241: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

È infine interessante ricollegarsi ai valori relativi al saldo migratorio.L’andamento sistematicamente negativo dei valori di questo saldo, per tutti i

comuni in esame e in ciascuno dei periodi presi in considerazione, pone in rilievola consistente entità di un flusso migratorio che è equivalso ad una vera e propriaemorragia demografica.

Nel decennio 1951-61 il saldo migratorio è stato uguale a -12.4, (Tab. 9); nelperiodo successivo si è registrato il valore più elevato (-20.3, Tab. 9), per ildecennio 1971-81 la flessione è stata pari all’11.8 e infine per il decennio 1981-91si è attestato ad un saggio negativo del 4.4, (Tab. 9).

Dal momento che la dinamica del saldo naturale è risultata positiva sembrachiaro che la flessione demografica debba essere attribuita a precise dinamichemigratorie. La Basilicata non è riuscita a trattenere la sua popolazione, partico-larmente coloro che si trovavano nelle fasce centrali d’età. Si osservino i valorielaborati in Tab. 5 che indicano in costante flessione l’incidenza della popolazioneresidente attiva su quella residente; così pure i dati relativi alla popolazionepresente, in sistematica diminuzione e significativamente inferiori a quelli relativialla popolazione residente.

Essi divengono l‘emblematico indicatore di quei processi di desertificazione em a rginalizzazione fisico-territoriale, di pauperizzazione socio-culturale, oltrechéeconomico-produttiva, che colpiscono l’area territoriale della provincia materana,oggetto di studio.

5. Dinamica demografica e sviluppo dualistico

In questo paragrafo si vorrebbe contestualizzare in un quadro teorico più ampioil fenomeno demografico finora analizzato.

La consistenza del flusso migratorio posta in evidenza per i 16 comunicalanchivi si ricollega a quella altrettanto ampia che ha interessato l’intera regionenonché tutto il Mezzogiorno d’Italia ponendo in discussione un preciso modello disviluppo, di allocazione e di gestione delle risorse.

Una delle sue possibili interpretazioni si chiarisce attraverso la lettura dellecategorie politico-culturali di un modello di sviluppo polarizzato e dualistico cheoppone città-campagna (Donolo, 1978), aree interne-aree di pianura (Rossi-Doria,1978; Fabiani, 1979) in un costante conflitto centro-periferia (Frank, 1966).

Ciò spiega le imponenti correnti migratorie registratesi in un periodo pur diespansione economica quali sono stati gli anni 1950-1963. Si è evidentementetrattato di uno sviluppo non omogeneo concentrato per aree territoriali e per settoriproduttivi (Graziani, 1979). E ancora orientato da una logica di tipo dualistico èstato il processo di industrializzazione attuato esogenamente per il Mezzogiorno

593

Page 242: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nel cuore degli anni del “boom” economico. Si è privilegiato l’insediamento digrandi impianti ad alta intensità di capitale e a basso impiego di manodopera,concentrati per aree e nuclei di sviluppo industriale, secondo la linea tracciata dallaL.n.634/1957, (D’Antonio, 1976; Graziani, 1979). I limiti di queste scelteallocative sono denunciati dalle vicende demografiche dei comuni della Valle delBasento che è rientrata in questa politica di perimetrazione dello sviluppoindustriale con rilevanti investimenti nel settore della chimica collegati allascoperta “in loco”, alla fine degli anni ‘50, di giacimenti di metano. Eppurel’emorragia demografica non è stata arrestata, prova provata dell’insufficienza diquesto paradigma di sviluppo. Emblematico è il “trend” registrato a Pisticci, sededel grande insediamento petrolchimico dell’Anic, dove la popolazione residenteattiva si contrae (-8.5%, Tab. 4) proprio nel decennio 1961-71 e, piuttostobizzarramente, sperimenta in flessione il saggio di incidenza della popolazioneresidente attiva su quella residente, (Tab. 5). Analoghe riflessioni si pongono perFerrandina, cuore dell’area metanifera (in particolare: Tab. 5) mentre per i comunilimitrofi (Salandra, Grassano, Pomarico, Miglionico) gli aspri saggi di contrazionerilevati provano l’inesistenza di un meccanismo di indotto (limitatosi ad attività ditrasporto e, in minima parte, di assistenza tecnica).

L’allocazione prevalsa in una fase espansiva del ciclo degli investimenti hadunque operato un neoclassico processo di razionalizzazione delle risorseattivando un meccanismo di riduzione della popolazione locale attraverso l’anticavalvola dell’emigrazione (Lutz, 1960; Okun - Richardson, 1961).

Nel decennio successivo (1971-81) il saggio migratorio si riduce (Tab. 9) e sicontrae il tasso di riduzione della popolazione presente (Tab. 7). Questa dinamicasi registra significativamente in una fase di recessione nella dinamica degliinvestimenti al Sud nonché di ristrutturazione, di riconversione e di decentramentodei processi produttivi cui le imprese settentrionali danno vita riducendo peraltrol’impiego di manodopera (Paci, 1978). Gli sbocchi migratori sono così chiusi per ilMezzogiorno. Scatta però in questi anni ’70, con la svolta in senso regionalisticodell’ordinamento istituzionale e la conseguente creazione di uffici decentrati alivello regionale, una nuova logica della spesa pubblica. Essa si attua con una nontrascurabile espansione del terziario, ghiotta occasione di assorbimento di forzalavoro “autoctona” sempre attratta dal mito del “posto pubblico”.

Lo schema di un’economia periferica e subalterna (Giannola, 1977) vieneconfermato dagli indicatori demografici del decennio 1981-91 che segnano per icomuni calanchivi una flessione del saggio migratorio (sempre comunque di segnonegativo, Tab. 9) ed un incremento della popolazione presente, (Tab.7). È darilevare che il processo di decentramento attuato dalle industrie del Nord neldecennio precedente è giunto ora a piena maturazione modificando profondamentela struttura del mercato del lavoro. L’ampio ricorso alla pratica del lavoro a

594

Page 243: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

domicilio e il decentramento delle fasi produttive a più alta intensità di lavoro adimprese di piccola e piccolissima dimensione hanno sostanzialmente limitato lepossibilità migratorie dal Mezzogiorno (Graziani, 1979). Inoltre la politica deisussidi e dei trasferimenti di reddito personali che ha tipicamente caratterizzatol’orientamento della spesa pubblica degli anni ’80 (Graziani, 1997) ha contribuitoa scoraggiare le partenze.

Robuste sono in questi anni le iniezioni di spesa pubblica. Si pensi alla logicadella L. 219/1981 che, approvata all’indomani del sisma che ha colpito la zonairpino-lucana, nel novembre dell’’80, stanzia oltre 6.500 miliardi per unprogramma di industrializzazione in questa area del Mezzogiorno (prevedendoperaltro azioni di rilancio della Val Basento concertate tra Enichem, enti pubblicied imprenditoria privata); o alla L. 64/1986 con i suoi flussi finanziarid’investimento stanziati per nove anni in favore del Mezzogiorno.

6. Conclusioni

Lo studio della dinamica demografica analizzata relativamente ai comunicalanchivi lucani è stato lo spunto per ricostruire il profilo di un modello disviluppo tipicamente prevalso in un’area interna del Mezzogiorno.

Il nuovo millennio prospetta uno scenario di spiccate interdipendenze perquanto riguarda la funzionalità dei sistemi e il meccanismo della globalizzazionedei mercati. La sua sfida si pone nell’intelligente capacità di valorizzazione dellerisorse umane e del rispettoso uso delle risorse naturali. Chiara pertanto si ponel’esigenza di un ampio intervento programmatorio in grado di coordinare obiettivie strumenti, esigenze e priorità di sviluppo al fine di orientare con attenzione erazionalità le dinamiche allocative nello spazio e nel tempo. Per la Basilicatapotrebbe essere la possibilità di riscattare l’antica leggenda di una terraatavicamente condannata alla sofferenza dei “terremoti, delle frane e della

malaria”2.

595

2 Viene riportato da U. Zanotti-Bianco alla fine del suo saggio “La Basilicata (Storia di unaregione del Mezzogiorno dal 1861 ai primi decenni del 1900), Edizioni Osanna Venosa,1989 che un’antica iscrizione, oggi scomparsa, rinvenuta in Rionero in Vulture consideravaquesta terra “MEPHITI, RUINAE, TERRAEMOTUI SACRUM”.

Page 244: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Basso T. (1987): Come si trasferiranno i flussi finanziari d’investimento, Matera promozione, aprile,n.4.

Bove E. – Quaranta G. (1996): D e s e rtification in Southern Italy: the Case of Clay-Hill A reas inBasilicata Region , published by Icalpe, France; printed by Ars Grafica s.r.l., Villa d’Agri, Potenza,Italy.

Collana di Ricerche Gestionali e di Mercato (1964): D i rettrici dello sviluppo economico dellaLucania, Roma, IRMAR.

D’Antonio M. (1976): Stato ed economia nel Mezzogiorno dagli anni ‘50 ad oggi, in A A . V V., I lgoverno democratico dell’economia, Bari, De Donato.

Del Monte A. (1978): Terziarizzazione e controllo sociale nell’economia meridionale in A. DelMonte e A. Giannola, Il Mezzogiorno nell’economia italiana, Bologna, il Mulino.

Donolo C. (1978): Sviluppo ineguale e disgregazione sociale. Note per l’analisi delle classi nelMeridione in M. Paci (a cura di), Capitalismo e classi sociali, Bologna, il Mulino.

Delugan A. (1987): Nuova industrializzazione ora un progetto c’è, il Te c n o b a s e n t o, Materapromozione, settembre, n.9.

Fabiani G. (1986): L’agricoltura in Italia tra sviluppo e crisi (1945-1985), Bologna, il Mulino.

Frank A.G. (1966):The Development of Underdevelopment, Monthly Review, settembre.

Giannola A. (1977): Imprese pubbliche e industrializzazione del Mezzogiorno, in AA.VV., L’impresapubblica, Milano, F. Angeli.

Girone G. – Salvemini T. (1991): Lezioni di Statistica, (volume primo), Bari, Cacucci Editore.

Graziani A. (1979): (a cura di), L’economia italiana dal 1945 a oggi, Bologna, il Mulino.

Graziani A. (1997): I conti senza l’oste, Torino, Bollati Boringhieri.

Legge Regionale 15-7-1974, n.12 in Bollettino Ufficiale n.15 del 18-7-1974.

Lutz V. (1960): Una revisione critica della dinamica di sviluppo nel Mezzogiorno , MondoEconomico, 29 ottobre.

Lutz V.(1962): Italy, AStudy in Economic Development, London, Oxford, University Press.

Okun B. - Richardson R.W. (1961): Squilibri regionali del reddito e movimenti migratori interni,tratto e tradotto da Economic Development and Cultural Changes, vol. IX, gennaio.

596

Page 245: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Osservatorio Economico della Basilicata (1991): R a p p o rto sulla congiuntura economica re g i o n a l eanno 1990, Unione Regionale delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura dellaBasilicata, giugno.

Regione Basilicata (1991): L’industria del cratere: un’occasione da non perdere, vol. I, anno V, n.4.Rossi-Doria M. (1978): Emigrazione e urbanizzazione, Rivista di Economia agraria, n.3.

Zanotti-Bianco U. (1989): La Basilicata (Storia di una regione del Mezzogiorno dal 1861 ai primidecenni del 1900), Edizioni Osanna, Venosa.

597

Page 246: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 247: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

F. CONTÒ* - E. TRASATTI*ILRUOLO DEL SETTORE AGROALIMENTARE E DELLA

PROGRAMMAZIONE BOTTOM UP NELLO SVILUPPO DELLE AREERURALI DELLA BASILICATA

1. Introduzione

Il lungo e sinuoso processo di riforma delle politiche agricole dell’UnioneEuropea, peraltro ancora in fase di assestamento, ha introdotto nuovi elementi diresponsabilità che spesso hanno trovato impreparate le regioni e gli enti localichiamati a gestire i nuovi strumenti scaturiti da tali riforme. Infatti, i nuovistrumenti di attuazione delle politiche strutturali designate per le aree rurali sonocaratterizzati da iter procedurali fortemente innovativi, fra cui spicca ilcoinvolgimento delle popolazioni locali nella programmazione e progettazionedelle azioni di supporto e promozione delle attività produttive. Per la prima volta irappresentanti del mondo sociale e produttivo delle aree rurali sono chiamatidirettamente a concertare con le istituzioni locali e regionali i percorsi e glistrumenti di incentivazione per le attività pubbliche e private. Queste nuoveprocedure sono fortemente incoraggiate dalla Commissione Europea che,basandosi sulle esperienze maturate nel resto dell’Unione (soprattutto Francia eRegno Unito), continuamente promuove iniziative a sostegno di questi nuovimodelli di programmazione per le aree rurali. Il convincimento della Commissioneha trovato la sua massima espressione nella Conferenza Internazionale di Cork, ilcui epilogo ha preso la forma di una Dichiarazione articolata in dieci punti neiquali è dato grande risalto alla validità degli elementi innovativi della politica disviluppo rurale (programmazione bottom up e approccio integrato).

Partendo da un excursus sulle motivazioni teoriche e storiche che hanno portatoda un’approccio top-down ad un approccio bottom-up delle politiche di sviluppoterritoriale e da una approfondita analisi di un’area della Basilicata che habeneficiato dei provvedimenti scaturiti da uno di questi strumenti comunitari(Iniziativa Comunitaria LEADER) fin dalla prima fase di attuazione di questi

599

* Dipartimento Tecnico-Economico per la Gestione del Territorio Agricolo-Forestale, Uni-versità della Basilicata, Potenza.

Page 248: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nuovi approcci, lo studio si pone la seguente finalità: analizzare il grado dipartecipazione e di coinvolgimento delle popolazioni rurali e delle unità produttivead un programma LEADER nella sua prima fase di attuazione. I risultati possonoessere utilmente adoperati sia per chiarire il ruolo del settore primario nella nuovaottica di sviluppo rurale integrato, e sia per migliorare l’efficienza della pubblicaamministrazione rispetto ai recenti approcci di programmazione territoriale.

2. Lo sviluppo delle aree rurali

2.1. Diversi approcci allo sviluppo del territorio

In gran parte delle aree del mezzogiorno un tempo l’agricoltura era di granlunga il più importante settore produttivo.

Per lungo tempo sviluppo rurale e sviluppo agricolo sono stati considerati comesinonimi.

Nell’immediato dopoguerra, ad esempio, gran parte del dibattito e della politicaeconomica verso queste zone si incentrò sulla Riforma Fondiaria e sulla lotta allatifondo e dei rapporti economici, arretrati, su cui esso si basava.

Successivamente con l’avvento del cd. Boom economico degli anni ’60, questavisione si capovolse nel suo opposto speculare.

Prevalse una visione estrema e riduzionistica delle tesi di Rostow sullo sviluppoeconomico.

Secondo questo studioso il settore primario era sinonimo di arretratezza e solol’industria avrebbe potuto creare sviluppo e rapporti sociali di tipo moderno.

In realtà Rostow aveva ben chiarito che occorrevano alcune precondizionia ffinché lo sviluppo, così come veniva definito allora, potesse considerarsi metaraggiungibile: la presenza di una rivoluzione tecnologica in agricoltura.

Era la rivoluzione tecnologica che aveva permesso al settore industriale didivenire in breve tempo il dominatore della scena economica dei paesi adeconomia avanzata, rendendo possibile la realizzazione di produzioni di massa acosti relativamente contenuti.

A questa concezione di sviluppo fortemente industrialista si accompagnò da unlato un eccesso di fiducia nella possibilità di un agricoltura “industrializzata”(Chaumbart De Louwe) e un eccesso di fiducia dell’intervento pubbliconell’economia (fortemente influenzata dall’eredità Keynesiana) per questo ècomprensibile come dagli anni ’60 in poi il fulcro delle politiche di sviluppo(soprattutto quelle meridionalistiche) fu costituito dall’attrazione dell’industria

600

Page 249: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dall’esterno, gestita direttamente o comunque finanziata dallo Stato.L’idea forte che sosteneva queste politiche era che una volta impiantata una

cellula originaria (polo di sviluppo) l’industria si sarebbe diffusa spontaneamentenel territorio circostante (per imitazione).

Negli anni ’70 e ’80, mentre nel Mezzogiorno si attuava, con scarso successo lapolitica di attrazione dell’industria, in altre aree del Paese (Nord-Est) si andavarealizzando , invece, l’industrializzazione delle aree rurali, secondo il modellodella piccola impresa e della specializzazione produttiva specializzata, megliodefinita con il termine di “distretto industriale”

In Basilicata tale modello, unitamente al primo modello ovvero come suaevoluzione “naturale”, è stato trasferito con scarso successo nelle aree post-terremoto successivamente al 1980 con la L.N. 219/82.

I risultati più tangibili sono stati quelli della creazione di piccole areeindustriali, ancora oggi parzialmente infrastrutturate, sparse a macchia di leopardosul territorio, e un iniziale conflitto tra i diversi settori produttivi per l’utilizzazioneo il possesso delle risorse naturali1.

Negli anni ’90 il ripensamento delle politiche di sviluppo regionale diviene unodei punti prioritari nell’agenda di governo dei paesi industrializzati (USA e UE)investiti dalla globalizzazione dei mercati e dal fallimento delle politiche (t o p -down) di riequilibrio territoriale e di sviluppo.

601

1 Probabilmente il punto di maggiore competizione e attrito riguarda in modo particolarel’uso ed il possesso del suolo.Da un punto di vista strettamente economico, infatti, questa risorsa, e soprattutto la parte diessa che è coltivabile, ha delle caratteristiche peculiari che la differenziano nettamente daglialtri fattori produttivi.Va infatti considerato che in quanto bene economico la terra agricola è disponibile inquantità limitata rispetto alle esigenze di una popolazione, essa rappresenta inoltre ancheuna risorsa irriproducibile e non rinnovabile, si pensi ad esempio ai processi didesertificazione.Ne deriva quindi che la sua utilizzazione se destinata a determinati e particolari usidifficilmente può essere riconvertita.Infatti se è in genere comune osservare il passaggio da un utilizzo di tipo agricolo ad uno ditipo industriale o urbano il processo inverso è assai raro e questo evidentemente accade nonsolo per ragioni economiche, in quanto i meccanismi di sviluppo investono processiirreversibili finalizzati a soddisfare delle esigenze di carattere sociale.A ciò si deve aggiungere che il costo di utilizzo di un terreno urbanizzato ha un livellodecisamente elevato così come il suo ritorno economico e d’altronde limitare l’uso delterritorio a scopi esclusivamente agricoli significherebbe ostacolare lo sviluppo economico.Nella fase di industrializzazione infatti la domanda di terra per usi agricoli tende a declinaresensibilmente poiché gli incrementi di Valore Aggiunto per unità di superficie sononettamente favorevoli all’insediamento di attività industriali (Romagnoli, 1997).

Page 250: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Il principio della sussidiarietà, basato sul decentramento (da sempre invocato)della responsabilità a livello locale delle opzioni da adottare nelle politiche disviluppo costituisce il principale risultato di tale ripensamento.La ricetta piùraccomandata dagli esperti di sviluppo ai politici locali è diventata quella delladiversificazione e dell’ispessimento delle economie locali.

Per diversificazione di intende il passaggio da economica prettamentedipendente e monosettoriale (nelle economie arretrate del meridione d’Italia questosignifica agricoltura) ad un’economia variegata.

La diversificazione, tuttavia non è sufficiente, perché il nuovo modello funzioniè necessario che essa si sviluppi sull’esistente, che operi, in sostanza, attraversol’ispessimento delle economie locali.

Questo termine, coniato da Beccattini per i distretti industriali, sostanzialmenteallude alla sovrapposizione delle diverse fasi di una filiera produttiva in una stessaarea geografica.

Si tratta di un’immagine che richiama lo sviluppo a partire dall’esistente, cioèdalle risorse naturali e umane presenti in queste aree.

Come evoca il termine si può ispessire ciò che esiste in nuce.Sembra un’idea banale, così espressa, ma non lo è se si considerano i tanti pro-

getti e programmi calati in questi anni in molte aree marginali, meridionali e non,senza alcun collegamento con retroterra economico ma soprattutto culturale locale.

Il richiamo è anche ad un altro studioso e teorico dello sviluppo Hirschmannquando parla del mutamento sociale come di un processo che “da una cosaconduce ad un’altra …”.

In questa ottica sono stati predisposti diversi strumenti e progetti pilota in gradodi “guidare” o comunque consentire il passaggio a forme di sviluppo in cui lerealtà locali avessero un peso maggiore nell’indicare un proprio percorso disviluppo.

Non esiste un modello unico di sviluppo locale. Ogni realtà costituisceun’entità specifica con capacità autonoma di creare una sua via di sviluppo apartire dalle peculiarità e dalle ricchezze del territorio.

Il principale fattore di successo è rappresentato, quindi, dalla possibilità dimobilitare tutte le risorse locali: la semplice localizzazione di un investimento nonè sviluppo locale.

Da questo punto di vista lo sviluppo locale non può essere valutato solo con iparametri classici (capacità di spesa, volume di spesa, ecc.) ma soprattutto nellacapacità di ridurre la dipendenza dagli aiuti esterni e nella capacità di mobilitaretutte le risorse locali ed attivare sinergie interne.

Questo richiede, in ultima analisi, un’evoluzione culturale che possa indirizzarei comportamenti individuali verso obiettivi comuni a tutta la collettività.

602

Page 251: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2.2. La politica comunitaria per lo sviluppo rurale

Da diversi anni, ormai, è in atto un profondo ripensamento del ruolodell’agricoltura nei sistemi economici. Alla concezione di un settore legatoesclusivamente alle tradizionali funzioni produttive si è andata, infatti, via viaa ffiancando l’idea di un’agricoltura direttamente ed intensamente coinvolta nellagestione del territorio, indispensabile per il mantenimento e la salvaguardia delmondo rurale nonché per la conservazione di un patrimonio storico-culturale nelquale affondano le radici dell’intera società.

L’esigenza di promuovere uno sviluppo al contempo economicamente edecologicamente sostenibile è andata, da oltre un decennio, progressivamenteprendendo corpo e già nel Libro Verde del 1985, si ha sentore di queste istanzeinnovative, ulteriormente confermate in un documento della Commissionepubblicato nel 1988 (Il Futuro del Mondo Rurale). Tali esigenze hanno trovato poiapplicazione con la Riforma dei Fondi Strutturali, sempre del 1988, che oltre adefinire gli obiettivi prioritari per le aree rurali (Obiettivi 1 e 5b) avvia l’iniziativacomunitaria LEADER. Diventa concreta l’idea che le prospettive di sviluppo dellezone rurali, fortemente dipendenti dall’attività agricola e poco dotate diinfrastrutture e servizi, dipendono dalla valorizzazione delle potenzialità endogeneda parte di tutti i settori produttivi e con il coinvolgimento di tutte le figure socialied economiche locali.

Le azioni a sostegno delle aree rurali sono state poi rafforzate all’inizio deglianni ’90, con la seconda fase della riforma dei fondi Strutturali (Regg. 2081-85/93). Più recentemente, invece, l’intera Politica Agricola Comunitaria stasubendo una serie di ridefinizioni a seguito soprattutto dell’allarg a m e n t odell’Unione e della imminente ripresa dei negoziati sulle nuove regolecommerciali (WTO). Dai primi documenti emerge la conferma della linea adottatagià con la riforma del 1992, ovvero si prefigura un percorso di ridimensionamentodelle politiche di mercato e, di conseguenza, di un minore flusso di risorsefinanziarie, per questa via, a favore dell’agricoltura e delle aree rurali. A parzialecompensazione di questa tendenza, la Commissione spinge contemporaneamentesu un parallelo potenziamento, in termini di risorse, di ruolo e di importanza, dellapolitica di sviluppo rurale. È tra queste iniziative di crescente attenzione allosviluppo rurale che è stata promossa la Conferenza di Cork, la quale è stata volutadalla Commissione, come momento di confronto diretto e serrato fra tutti i soggettiinteressati a questa materia, per dare nuovo impulso all’impegno dell’UE a favoredelle aree rurali, e alla quale hanno partecipato oltre ai rappresentanti dei quindiciPaesi europei, rappresentanti da ogni parte del mondo, a ribadire l’importanzadelle tematiche anche al di fuori dei confini europei.

I principi fondamentali emersi dalla Dichiarazione finale, che rappresentano gli

603

Page 252: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

impegni dei vari stati membri nella promozione delle iniziative a favore dellosviluppo delle aree rurali, si possono tradurre nelle seguenti linee politiche.

• approccio integrato, multisettoriale, adattato alle peculiarità di ciascunterritorio rurale;

• migliore coerenza tra gli strumenti politici e maggiore efficacia degliinterventi che consentono l’utilizzo ottimale delle risorse pubbliche;

• semplificazione e trasparenza delle procedure amministrative;• miglioramento della collaborazione tra le istituzioni dell’UE e gli org a n i

nazionali e regionali.La politica rurale auspicata dalla Conferenza, facendo tesoro dell’esperienza

maturata in questi anni, rilancia, quindi, con forza l’approccio e la filosofiacontenuta nel documento “Il Futuro del Mondo Rurale” del 1988. Le indicazioniper le Istituzioni comunitarie e nazionali vanno nella direzione di un maggioreimpegno a favore delle aree rurali, in considerazione del loro ruolo nelconseguimento dell’obiettivo della coesione economica e sociale nel processo diintegrazione comunitaria.

Nella stessa direzione va l’ultimo documento recentemente pubblicato dallaCommissione (Agenda 2000), nel quale, sulla base dei principi e degliorientamenti che si sono andati via via affermando nel corso del dibattitoistituzionale di questi ultimi anni, vengono definite alcune proposte per le politichecomunitarie per il prossimo decennio. La discussione sui possibili strumentioperativi che deriverebbero da questo documento, fa presagire una ulteriore spintaverso la necessità di creare fonti di occupazione e reddito alternative all’internodelle aree rurali. In tal senso sono molti i richiami al ruolo multifunzionale cheriveste l’agricoltura all’interno di queste aree e le possibilità occupazionali offertedai servizi di carattere ambientale e paesaggistico forniti da questo settore.

2.3. L’iniziativa Comunitaria LEADER

L’iniziativa dei LEADER, così come accennato, scaturisce dalle nuovetendenze maturate nell’ambito della riforma della Politica Agricola della ComunitàEconomica Europea. Essa nasce come “programma pilota”, cioè comeun’iniziativa a carattere dimostrativo ed innovativo, sia nei contenuti sia negliapprocci programmatici. La comunicazione della Commissione Europea sulLEADER sottolinea più volte, infatti, come principale criterio di ammissibilitàdelle azioni in questo programma, il loro carattere di innovatività e dimostrabilità.Questo può riguardare la composizione dei soggetti chiamati a gestire l’iniziativasul territorio (la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra soggetti privati, leforme che può assumere il “partenariato”), l’approccio ai problemi dello sviluppo

604

Page 253: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

rurale (la diversificazione, l’integrazione, la multisettorialità, la territorialità,l’attrattività, la competitivitità); il contenuto degli interventi specifici proposti(l’originalità del prodotto o dei servizi, del processo di produzione, dellacommercializzazione o di altri fattori o aspetti).

Le linee guida fondamentali che caratterizzano il Programma LEADER sonocaratterizzate dall’interessare un territorio di dimensioni limitate; dal sostenere unosviluppo economico integrato tra i settori, con elevata interelazione tra lapopolazione locale ed il progetto per mezzo di diverse forme di partecipazione; dalproporre azioni ed interventi dotati di elevati livelli di innovazione esemplificativatrasferibile ad altre realtà; da prevedere interventi strutturali di ridotte dimensionisul territorio e caratterizzati da basso impatto ambientale. I singoli interventidevono possedere, nella logica delle iniziative pilota, la capacità di esseretrasferibili in ambito locale e di fungere da stimolo nei confronti della popolazionee degli operatori economici della zona.

Con l’attuazione di tale programma si è così cercato di perseguire un dupliceobiettivo: riequilibrare tra di loro le attività produttive e, contemporaneamente,mantenere il tessuto socioeconomico sufficientemente diversificato. Ciò si puòraggiungere adottando un’impostazione decisamente endogena (autopropulsiva) edecentrata.

L’approccio procedurale dell’Iniziativa LEADER rappresenta quindi una novitàassoluta nella programmazione territoriale dello sviluppo rurale, coinvolgendo lapopolazione locale con un approccio bottom up. Tale approccio si contrappone aquello più tradizionale “dall’alto” ed è un elemento essenziale di questoprogramma. Si tratta di un capovolgimento della filosofia seguita in passato: siriconosce infatti che non esiste una ricetta valida per tutte le situazioni, elaborata alivello centrale e poi applicata a livello locale. Proprio perché le situazioni reali dipartenza sono diverse e sono caratterizzate da un patrimonio di risorse edopportunità differenziato, si ritiene che le popolazione locale, assieme ai suoirappresentanti ed istituzioni, sia quella che meglio potrà identificare le azioni daintraprendere per sostenere il proprio sviluppo economico e sociale, secondo leproprie tradizioni culturali ed abilità specifiche ed assegnando priorità chepotranno variare a seconda dei casi.

Il successo di iniziative dirette allo sviluppo rurale è, quindi, secondo questanuova ottica, legato alle reali esigenze e prospettive degli attori locali ed è, perciò,necessario assicurarsi che le azioni proposte dimostrino una sorta di “affettività”da parte della popolazione e dei soggetti economici locali e che essecontribuiscono a migliorare l’attrattività sociale e residenziale dell’area nonché lasua competitività in termini economici.

Tale affermazione porta come immediata e logica conseguenza a definire comeprioritaria l’esigenza di individuare, all’interno di ogni area, una sorta di gerarchia

605

Page 254: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di interessi all’interno dei quali andare a definire gli obiettivi prioritari chepossono concorrere a massimizzare gli obiettivi prioritari che possono concorrerealla massimizzazione dei benefici derivanti dal piano di sviluppo che vieneproposto.

Le soluzioni proposte non dipendono più dalle sole strutture tradizionalmentecoinvolte (enti pubblici) ma dalla seria e continua partecipazione di tutti i soggetti,sociali ed economici, che vivono il territorio.

Il problema, e l’esperienza LEADER sembra dimostrarlo ampiamente, è che lesoluzioni proposte tendono ad avere due limiti fondamentali: da un lato, ladifficoltà di essere originate da una corretta analisi delle potenzialità, dei limiti delterritorio e, quindi, della gradazione degli obiettivi e delle priorità effettivamenteraggiungibili e realizzabili mentre, dall’altro, il lungo periodo di tempo che ingenere è necessario attendere per ottenere i primi risultati stabili.

Il primo aspetto, caratterizzante l’approccio b o t t o m - u p, è stato affrontato, nelmigliore dei casi, con approcci di tipo spontaneo, sulla base del buon senso e sullecapacità negoziali e organizzative di uno o di alcuni soggetti coinvolti(normalmente il capo-fila dell’operazione, il soggetto più motivato). Questoapproccio, anche se in alcuni casi sembra aver dato discreti risultati, ha prodottopiani di azione spesso poco chiari o impostati in maniera settoriale e non integrata,mancanti della definizione del ruolo degli attori chiave con la conseguenza di unallungamento dei tempi di gestione, organizzazione e realizzazione operativa delleazioni previste.

Altro aspetto, peraltro indice di incapacità coordinativa e preparatoria delprogetto, è l’impiego notevole di risorse nella fase progettuale, che come abbiamoaccennato in precedenza scontava molti limiti di impostazione, a cui ha corrispostoun notevole impegno finanziario sui costi del Piano.

In estrema sintesi gli incentivi utilizzabili nell’ambito di questa iniziativa sonovolti a:

• attivare una serie di azioni dimostrative dello sviluppo rurale in aree limitate,comprese nelle zone rurali dell’Obiettivo 1 e 5b del Regolamento 2052/88mediante erogazione di finanziamenti provenienti dai tre fondi comunitariFEOGA-Orientamento, FERS, FES e dallo Stato Membro2;

• promuovere la creazione di gruppi di azione locale (GAL) quali soggettiattuatori dello sviluppo rurale nelle diverse aree, costituiti da operatori economici esociali della zona e realizzare una rete di sviluppo rurale tra i gruppi presenti neivari Paesi della Comunità;

606

2 È il principio della complementarietà e della partnership secondo cui l’azione comunitariaè complementare alle azioni nazionali corrispondenti o vi contribuisce. Essa implica unastretta concertazione tra la Commissione e tutte le competenti autorità (nazionali, regionalio locali) che agiscono in qualità di partner che perseguono un obiettivo comune.

Page 255: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

• individuare e sperimentare soluzioni innovative di sviluppo rurale;• ottenere un effetto moltiplicatore delle iniziative locali a due livelli: prima

nelle aree direttamente interessate dai programmi mediante l’attivazione delleiniziative previste, poi nelle atre aree sulla base dell’effetto trainante e di modellodei primi programmi LEADER;

• incentivare lo sviluppo di iniziative nei diversi settori economici al fine dipoter attivare delle sinergie tra gli stessi, di poter raggiungere un equilibrio tra levarie attività ed infine di poter mantenere un tessuto socio-economicodiversificato.

3. Applicazione del leader in Basilicata

3.1. Il programma di interventi

Lo sviluppo socio economico degli ultimi anni della Regione Basilicata,caratterizzato soprattutto dagli investimenti infrastrutturali che ha consentito dirompere l’isolamento delle popolazioni lucane dal resto del paese e dalla crescitadel terziario, ha visto una concentrazione dello sviluppo agricolo nelle zone dipianura maggiormente dotate da un punto di vista strutturale ovvero le aree piùfertili della pianura e dei fondovalle interni. La collina e la montagna lucane, cheinteressano gran parte del territorio regionale, hanno quindi assistito ad un lento ecostante fenomeno di spopolamento, non solo delle aree agricole ma anche deicomuni e dei centri rurali, cui si è accompagnato un fenomeno di degradoambientale e di depauperamento del patrimonio culturale, storico e sociale di molticentri abitati.

In questo contesto si inseriscono i Programmi LEADER attivati nel territorioregionale. Nell’ambito di queste iniziative, lo studio si è concentrato sull’analisidei risultati conseguiti da uno di questi nuovi soggetti della programmazioneterritoriale. Si tratta di un Programma avviato nel bacino idrografico del fiumeAgri, in provincia di Potenza. Il Gruppo di Azione Locale di questa iniziativa hapreso la forma giuridica di una società consortile a responsabilità limitata.Partecipano alla società sei Comuni, una Comunità Montana e una società diconsulenza (società tra tecnici e imprenditori locali).

L’area su cui ricade l’iniziativa copre una superficie di 578,11 Km2 su cuiinsistono 20.595 abitanti, con una densità media di 35,62 abitanti per Km2. Ilsostanziale isolamento a cui è soggetta questa area ha privato la popolazione di unaserie di inputs esterni che hanno permesso la conservazione di una cultura

607

Page 256: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

contadina fortemente autarchica, con un elevato grado di senilità e non orientata acriteri produttivistici di gestione. Elementi questi che predispongonoall’abbandono delle attività economiche presenti e del territorio da parte deigiovani.

Per fronteggiare tale situazione il programma LEADER presentato nell’area distudio si proponeva l’obiettivo generale di “Qualificare ed incrementare l’attivitàeconomica dell’area in modo integrato attraverso l’inserimento di modernetecniche di produzione, di organizzazione e di gestione, in grado di valorizzare iprodotti tipici locali e di sviluppare forme di ospitalità turistica rurale.” Le azioniproposte hanno interessato:

• Assistenza e supporto alle aziende agricole ed artigianali;• Rendere fruibile turisticamente, il territorio attraverso la messa a punto di

sistemi di ospitalità capaci di connettersi con la valorizzazione delle produzionitipiche e con i beni ambientali presenti;

• Facilitare la propensione all’offerta sui mercati della domanda dei prodottitipici e dell’offerta del turismo rurale;

• Incrementare l’occupazione;• Contribuire concretamente al superamento dell’isolamento culturale, sociale

ed economico della zona.Il perseguimento degli obiettivi e delle linee strategiche individuate è stato

perseguito con una serie di Azioni programmate nell’ambito delle Misure previstedal Programma LEADER e schematizzate, con i relativi importi finanziari, nellaTav. 1.

Per il “supporto tecnico allo sviluppo rurale”, Misura 1, sono state proposte duedistinte Azioni:

Consulenza e Servizi tecnici verso il Consorzio di Valorizzazione dei prodottitipici e assistenza tecnica verso i settori produttivi individuati. La prima di questeazioni è servita a fornire assistenza durante le fasi di promozione, costituzione edavvio del Consorzio di valorizzazione e commercializzazione dei prodotti tipicidell’area; la seconda mira ad assicurare l’impiego e l’impegno di tecnici e disocietà specializzate in grado di fornire assistenza tecnica e consulenza utili allanascita e alla crescita di nuove realtà produttive.

Da questa attività, in combinazione con l’attività di formazione e disovvenzione finanziaria, hanno avuto origine diverse imprese nei settori dellaproduzione e trasformazione dei prodotti orticoli, della trasformazione di latteovino, per la produzione di formaggi ovino-caprini secondo le tecniche tradizionalidella zona, della produzione e imbottigliamento di olio di oliva.

La Misura 2, Formazione professionale, così come quella di assistenza tecnica,è da configurarsi come un’azione trasversale rispetto alle altre iniziative previstedal Programma. L’azione è stata condotta per mezzo di seminari monotematici nei

608

Page 257: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

settori olivicolo, orticolo e della trasformazione lattiero-casearia e degliallevamenti tendenti a fare emergere le carenze conoscitive ed organizzative dellaproduzione. Il livello di conoscenza legato alla produzione di prodotti agro-alimentari tradizionali era molto spesso influenzato da credenze e tradizioni conscarso valore ed effetto sulla qualità del prodotto finale.

È tuttavia altrettanto vero che, in altri contesti produttivi, la stessa proceduraformativa ha condotto ad una convergenza dei metodi familiari di lavorazioneverso una metodica unica, costante e sicura dal punto di vista igienico-sanitario.

Non si è trattato di una codifica diretta alla standardizzazione delle conoscenzedi tipo codificato (o globale) ma piuttosto di una riesamina e validazione di unaconoscenza tacita (o contestuale).

Il maggiore limite delle produzioni tipiche locali è rappresentata, infatti, dallaimpossibilità di avere metodiche di produzione o trasformazione dei prodotticostanti e univoche. Per cui è facile trovarsi di fronte a prodotti realizzati in mododiverso e con risultati commerciali diversi.

La Misura 3, “Turismo Rurale”, introduce sul territorio i concetti di ricettività eservizi ad essa collegati, in un territorio che, pur conoscendo il significato diospitalità, storicamente non ha mai potuto pensare al turismo in modo organico edeconomicamente conveniente.

La Misura 4, “Aiuti alle piccole e medie imprese”, prevedeva la realizzazionedi un laboratorio per la trasformazione degli ortaggi e di un centro per lalavorazione della pietra.

La Misura 5, “Valorizzazione e commercializzazione in loco dei prodottiagricoli, silvicoli e della pesca”, ha avuto un approccio di raccordo ed integrazioneoperativa con le altre misure riguardanti sia gli interventi operativi che azionitecniche immateriali dirette a migliorare la funzione commerciale ed individuareeventuali posizioni competitive dei prodotti tipici dell’area sui mercati regionali enazionali. Lo strumento pensato per raggiungere l’obiettivo è la costituzione delConsorzio Terre di Lucania. La motivazione alla base della costituzione delconsorzio di valorizzazione è data dal fatto che gli attori economici locali non sonoabituati né allo svolgimento di attività di valorizzazione commerciale, né allagestione associata delle funzioni non produttive dell’attività di impresa (marketing,logistica, promozione, ecc.)

Il programma si completa con altre due Misure concernenti il funzionamentodel GAL ed altre misure immateriali.

609

Page 258: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3.2. Il grado di attuazione

Nel corso dell’attuazione del programma LEADER oggetto di studio, non sisono potuti realizzare tutti gli interventi programmati. Le ragioni di tale parzialefallimento sono da attribuire in parte alle difficoltà incontrate sul fronteburocratico-amministrativo-finanziario (dovute alle lungaggini delle procedure ealla mancanza di certezze circa i tempi di disponibilità delle risorse finanziarie), ein parte alla scarsa capacità gestionale e organizzativa del gruppo dicoordinamento, che si è trovato a gestire un strumento programmatico innovativoche prevedeva la partecipazione attiva della popolazione locale. Come si evincedalla Ta v. 1, riepilogativa del Piano Finanziario per misure attivate, infatti, leMisure 1 e 7, misure con effetti tipicamente immateriali (consulenza, assistenzatecnica, coordinamento, animazione sul territorio, divulgazione ed informazione),hanno registrato una piena applicazione (rispettivamente del 96% e del 99%). Lemisure più operative hanno fatto registrare una bassa, nel caso delle Misure 5(84%), 3 ( 69%) e 2 (54%), e bassissima, Misura 4 (11%), applicazione.

Le attività gestite dal Gal hanno quindi riguardato in particolare la creazione disportelli per informare e sensibilizzare la realtà produttiva locale (gli imprenditori)riguardo l’offerta di servizi reali, i finanziamenti attivabili, la creazione di nuoveimprese, l’innovazione, la realizzazione di seminari formativi ed informativi diaggiornamento sulle tematiche della salubrità delle produzioni alimentari, suiprodotti alimentari tipici e sulla qualità, l’individuazione e/o definizione di progettisignificativi per lo sviluppo e valorizzazione delle produzioni locali e dell’area ingenerale.

Tuttavia, la possibilità di valutare gli interventi attuati nell’ambito di program-mi comunitari fornisce alcuni spunti di riflessione sulle reali possibilità cheun’attività di valutazione ha di individuare e quantificare il contributo di ogni azio-ne programmata e finanziata nelle prospettive di sviluppo e di crescita dell’area.

Le valutazioni condotte alla fine del programma a livello regionale si sonolimitate ad un mero confronto tra il previsto e il realizzato senza considerareaspetti quali:

• rilevare i nessi esistenti tra ogni singolo intervento e il programma nel suocomplesso;

• spaziare dagli aspetti microeconomici (il singolo beneficiario) agli aspettimacroeconomici (il territorio);

• costituire una guida per la programmazione successiva.Soprattutto per questo ultimo aspetto è da notare come la semplice registrazione

e quantificazione delle azioni finanziate e dei beneficiari non è utile a fornireelementi di policy.

Il motivo di tali mancanza è attribuibile al fatto che il processo di valutazione

610

Page 259: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

non è considerato strumentale alla efficace del programma ma un obbligo a cui sideve sottostare.

In questo senso il processo di valutazione viene subito dai soggetti interessati,che tendono a considerarla un’attività esterno della quale non si comprende né ilsignificato e tanto meno il vantaggio.

Per questo la valutazione tende ad limitarsi alla mera “contabilizzazione” dellarealizzazione fisica delle Azioni del programma.

In questo modo è facile sapere, ad esempio, quanti soldi sono statie ffettivamente spesi per un’attività informativa ma non in che modo e se quelleinformazioni sono state utilizzate e recepite dai beneficiari, o ancora quanto ecome le azioni di animazione sono riuscite a contribuire alla crescita o alconsolidamento del sistema produttivo locale.

Il risultato è la perdita di una serie di informazioni molto preziose per lacostruzione di percorsi di sviluppo futuri per l’area, e che la valutazione rimangaun esercizio sterile, fatto a tavolino come per la redazione del documento di Piano,incapace di costituire uno strumento di feedback tra ipotizzato e realizzato e diintegrazione fra tutti i soggetti locali coinvolti.

4. Conclusioni

L’impatto del programma LEADER espressione della nuova filosofia diprogrammazione dal basso, nell’area di studio, non sembrerebbe aver raggiunto gliobiettivi minimi richiesti per il successo dell’iniziativa. Tra gli elementi didebolezza va annoverata la scarsa disponibilità degli attori dello sviluppoeconomico, probabilmente poco cointeressati nella fase di predisposizione delprogramma, e insufficientemente “animati” e sollecitati nella fase di trasposizionepratica ed operativa di quanto proposto ed illustrato nella fase progettuale.

Un esempio è costituito dalla scarsa capacità organizzativa di alcune impresesorte, accompagnata dalla proverbiale diffidenza che caratterizza la vita delcontadino delle aree interne della Montagna Lucana, ha reso difficile laprosecuzione di un’esperienza che, anche se per breve tempo, aveva dimostrato diconsentire un più facile accesso del prodotto realizzato al mercato.

In un simile contesto, tale situazione sembrerebbe costituire una sorta difallimento dell’approccio dal basso, approccio, questo, considerato fin dalla primauscita del Programma LEADER come innovativo rispetto alle precedenti forme diintervento attivate per lo sviluppo del territorio.

In realtà questa nuova filosofia di programmazione deve fare i conti sia conresistenze di carattere culturale delle popolazioni locali, sia con un contesto diprogrammazione regionale e comunitarie preesistenti, che invece hanno conservato

611

Page 260: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

l’approccio “dall’alto” o una caratterizzazione esclusivamente settoriale. Ilsuperamento di questi vincoli, richiede un grande sforzo iniziale per diffondere ilsignificato dell’iniziativa. Il lavoro di preparazione necessario per ottenere lapartecipazione della popolazione locale, l’identificazione delle priorità strategichee la formulazione di progetti effettivamente condivisi va fatto con cura e pazienzain quanto costituisce l’ostacolo più importante da superare, tenendo presente che sista tentando di mettere in moto una diversa procedura di sviluppo che dovràcoesistere con quelle preesistenti e rispondere alle reali esigenze del territorio edella sua popolazione.

Da questo punto di vista è utile sottolinerare come non siano state utilizzatemetodologie di Project Cycle Management (PCM) nella gestione dellapartecipazione della popolazione locale alla formulazione delle strategie disviluppo.

Il PCM è attualmente in uso come approccio integrato di gestione pressonumerosi organismi internazionali (World Bank, USAID, FAO, UNIDO, GDZ,ecc.). Tra le metodologie PCM quella che potrebbe rivelarsi maggiormente utile èla GOPP (Goal Oriented Project Planning), volta alla gestione rapida ed efficacedi processi di programmazione concertata.

L’elemento chiave che caratterizza questo approccio è che i programmi o iprogetti sono identificati con l’apporto degli attori-chiave (s t a k e h o l d e r s) esoprattutto dei beneficiari finali. Questo garantisce l’identificazione di progetticondivisi dagli attore-chiave e in grado di rispondere a problemi reali deibeneficiari. L’apporto di diversi attori-chiave nell’analisi e nella progettazionegarantisce una visione integrata della situazione in cui si va ad operare, molto piùampia di quella che potrebbe produrre un singolo esperto in una progettazione “atavolino”.

Tuttavia una volta definite le priorità strategiche e formulati i progetti si pone ilproblema della valutazione dei possibili impatti che questi avranno sul contestolocale.

Anche da questo punto di vista a livello locale è possibile rilevare una serie diomissioni, in parte legate alla mancanza di conoscenze relative a procedure emetodologie.

La Commissione Europea ha di recente predisposto una impostazione generaleper la valutazione dei programmi socio-economici nell’ambito del programmaMEANS - Means for Evaluating Actions of Structural Nature.

La codifica metodologica proposta dalla Commissione si basa sulla definizionedi “strutture di programma”, griglie attraverso cui costruire i programmi, esull’impiego dell’Analisi Multicriterio, quale metodologia per effettuare le scelte.

L’adozione dell’analisi multicriterio così come quella delle “strutture diprogramma” risponde ad un’impostazione più sociologica che economica.

612

Page 261: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Infatti, entrambe le metodiche non sono strettamente incentrate sulla disciplinaeconomica.

Ad esempio, gli indicatori utilizzati per la realizzazione delle “Strutture diprogramma” non sono necessariamente di tipo economico o finanziario, mapossono essere anche di tipo fisico, istituzionale, sociale.

È da sottolineare che molto spesso sono questi ultimi a rivestire un ruolo piùsignificativo nella realizzazione delle “strutture di programma”.

Parallelamente la metodologia dell’Analisi multicriterio rappresentaessenzialmente uno strumento di supporto alle decisioni in condizione diincertezza rispetto ad obiettivi e vincoli che coniuga, attraverso procedure diponderazione variabili e di punteggio, criteri economici e finanziari con criteri noneconomici.

Questa metodica, strutture di programma e analisi multicriterio, utilizzata inpassato anche in Italia3, per le sue caratteristiche è idonea alla valutazione deiprogrammi socioeconomici quali i programmi LEADER e rappresenterà laprocedura di valutazione dei prossimi Fondi Strutturali.

Accanto questa metodologia la Commissione Europea ha prodotto unamanualistica destinata alla valutazione dei progetti dio sviluppo basata su metodidi analisi più tipicamente economica ed articolata sul “metodo degli effetti” esull’”analisi Costi Benefici”.

È da precisare come la Commissione Europea rappresenti uno dei pochi casi dio rganizzazione internazionale che tenta di coniugare due scuole di valutazioneeconomica sostanzialmente differenti quali sono quella del “metodo degli effetti” equella dell’”Analisi Costi Benefici”.

Alla base di questa scelta vi sono ragioni puramente storiche.Infatti, le prima esigenze metodologiche a carattere valutativo sono state

avvertite in sede di commissione a valere sul Fondo Europeo di Sviluppo perprogetti extra-comunitari.

Era l’epoca dell’Europa senza paesi anglosassoni per cui le metodologiepredisposte risentirono delle esperienze francesi degli anni ’50 e ’60 basate sul“metodo degli effetti”.

L’analisi costi benefici si innestò solo successivamente nella culturaistituzionale della Commissione, quando, con l’allargamento della ComunitàEuropea nel 1972, entrarono a farvi parte la Gran Bretagna e l’Irlanda tra gli Statimembri e la sfera degli Stati associati si ampliò a quelli d’estrazione anglofona.

In questi paesi da tempo venivano impiegati l’analisi costi benefici, e quindi lastrumentazione micro-economica, per la valutazione dei progetti e dei programmidi sviluppo.

613

3 Programmazione del Fondo aiuti italiano della cooperazione allo sviluppo – Centro Studie Piani economici 1987.

Page 262: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

È di quegli anni la produzione di numerosa manualistica a cura di org a n i s m iinternazionali quali l’Ocse, l’Unido e la Banca Mondiale, introducendo metodi etecniche di derivazione di prezzi ombra basati sui costi opportunità espressi sulmercato internazionale, nonché su ponderazioni distributive intertemporali edinterpersonali per valutare l’utilità marginale sociale del consumo e dellaproduzione.

Le differenze tra le due scuole di pensiero sono in parte legate alla “cultura”istituzionale di amministrazioni pubbliche dipendenti da background metodologicie tecnico - procedurali differenti, ma anche dalla visione circa il ruolo dello Stato eal grado di centralizzazione delle decisioni sull’intervento e, in particolare,l’investimento pubblico. Tale visione è fortemente centralistica per il “metododegli effetti”, mentre l’analisi costi benefici fa perno sul funzionamento delmercato e sul decentramento decisionali.

Le due scuole hanno convissuto fino all’inizio degli anni’80 quando si è cercatodi fonderle.

Tentativi di riconciliare il “metodo degli effetti” con l’analisi costi beneficihanno fatto essenzialmente leva sulla costruzione di prezzi di riferimento o prezziombra “nazionali” basati su obiettivi “nazionali” (Bela Belassa, 1976), nonnecessariamente su quelli – ipotizzati nei manuali Ocse ed Unido - di un riassettodella funzione di produzione interna per porla in linea con la funzione diproduzione internazionale da attuarsi principalmente tramite l’interscambio conl’estero e, quindi, con il “grado di apertura” dell’economia.

Più promettente si sta rivelando la strada della complementarietà tra “metododegli effetti” e l’analisi costi benefici in quanto entrambe le metodologierappresentano scorciatoie operative di strumentazioni d’analisi economica moltopiù complesse: la modellistica computabile di equilibrio economico il primo, el’economia del benessere la seconda.

Quindi, al di là delle differenze sul ruolo dello Stato e del mercato nei dueapprocci, la complementarità tra “metodo degli effetti” e analisi costi beneficiattiva sinergie molto utili quando il primo viene utilizzato per allestire e valutareun programma “non marginale”, tale, cioè, da incidere sulla struttura di produzionee dei prezzi, in linea con obiettivi di politica economica e la seconda per vagliare iprogetti, singolarmente “marginali”, che non incide sulla struttura di produzione edei prezzi, di cui è costituito il programma medesimo.

Dal primo, infatti, si ottengono stime degli effetti dell’intero programma su“variabili obiettivo” e dalla seconda risposte “dicotomiche” (ossia di accettazionee rigetto) sui singoli progetti. Viene scelto il gruppo – o “grappolo” nel linguaggiodel “metodo degli effetti” – di progetti singolarmente accettati che meglio soddisfale “variabili obiettivo”.

Esperienze in questo senso sono state effettuate, in materia di programmazione

614

Page 263: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dell’investimento pubblico, proprio in Italia (ad esempio, Pennisi e Peterlini, 1987pp.51-62) e potrebbero essere riproposte nell’ambito della programmazione dellosviluppo del Mezzogiorno con i Fondi Strutturali.

Altro discorso è costituito dalle metodologie di valutazione ex-post dei Piani diAzione Locale.

Come conseguenza dell’approccio dal basso, infatti, le problematiche relativealla valutazione degli impatti genera nuove problematiche e nuove questioni.

Per alcuni studiosi d’oltremanica “invece di giudicare aggregati e politiche disettore con metodologie economiche di tipo quantitativo, sarebbero necessariemisure qualitative dell’impatto di programmi integrati ma localmente diversificati(Midmore, 1997).

Su questa scia sono stati condotti diversi studi di valutazione nei quali si ècercato di analizzare se le azioni intraprese dai soggetti attuatori fossero efficaci,appropriate e confacenti agli obiettivi e alla filosofia dello sviluppo rurale espressadal programma LEADER.

Le domande a cui queste analisi hanno cercato di dare una risposta sono:• valutare se e come la filosofia del LEADER sia stata correttamente

interpretata ed attuata soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento dellapopolazione locale nelle dinamiche di sviluppo (community empowerment);

• valutare il grado di successo dell’iniziativa in relazione agli obiettiviprefissati;

• identificare gli aspetti positivi e negativi del processo di sviluppo soprattuttocome elementi di pianificazione futura.

L’oggetto delle valutazioni tende a ruotare intorno al tema centrale: se gli attorilocali (la comunità) e gli altri soggetti coinvolti sono stati in grado o meno diraggiungere gli obiettivi individuati dal Piano di Azione. Per raggiungere questoobiettivo la metodologia operativa utilizzata è quella delle interviste semi-strutturate o quella delle interviste guidate ed aperte; altre tecniche si basanosull’analisi dei documenti prodotti e nell’osservazione effettuata duante riunioni oincontri.

Il limite di queste procedure valutative che esse possono essere valutati solo perin funzione dei risultati raggiunti e non in merito ad eventuali o ipotetichealternative.

615

Page 264: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

616

Page 265: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Belassa B. (1976), “The Effects Method of Project Evaluation” e Chervel M. “The Rationale of theEffects Method: A Reply to Bela Belassa” in “The Oxford Bullettin of Economics and Statistics”, pp.219-344.

Bove E. (1996), Le politiche dell’Unione Europea per lo sviluppo rurale e la tutela dell’ambiente,Annuario della Ricerca Scientifica 1995-96, Prima parte, Università degli Studi della Basilicata,Potenza.

Cesaretti G.P., Coppola A., Mariani A.C., Marotta G. (1992), Verso una nuova politica economica perl’agricoltura comunitaria, Nord e Sud, n. 3.

Cesaretti G.P., Coppola A., Marotta G. (1991), La riforma della PAC: alcune riflessioni, n 3.

Cesaretti G.P. (a cura di) (1993), La politica agraria delle Comunità Europee, ed. Tellus, Roma.

Commissione delle Comunità Europee (1988), Il futuro del mondo rurale , Bollettino delle ComunitàEuropee, Supplemento n. 4.

Commission of the European Communities (1993), “Manual - Project Cycle Management -Integrated Approach and Logical Framework”, Bruxelles.

Commissione delle Comunità Europee (1993), Il sostegno alle aziende agricole nelle zone dimontagna e svantaggiate, Europa Verde, n. 2.

Comunità Europee (1992), Reg. n. 2052/88 relativo alle missioni dei fondi a finalità strutturale, G.U.n. 185 del 15/7/88.

European Commission DG XI (1998), A Handbook On Environmental Assessment of RegionalDevelopment Plans and Eu Structural Funds Programmes, Bruxelles.

European Commission (1996), First report on Economic and Social Cohesion, Preliminary edition,Bruxelles.

European Commission (1995), Agricultural Strategy Paper, CS E(95) 607, Bruxelles.

European Commission (1996), The agricultural situation in the European Union, Bruxelles.

INEA(1997), Rapporto sulle politiche agricole dell’Unione Europea, Istituto Nazionale di EconomiaAgraria, Roma.

INEA (1997), Agenda 2000 e Riforma delle Politiche Comunitarie, Istituto Nazionale di EconomiaAgraria, Roma.

I N E A (1997), R a p p o rto sulle prospettive delle politiche di sviluppo rurale, Istituto Nazionale diEconomia Agraria, Roma.

617

Page 266: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Marotta G. (1995), “Linee direttrici della nuova politica comunitaria: scenari di sviluppo”, inIacoponi - Marotta (a cura di), Nuovi modelli di sviluppo dell’agricoltura e innovazione tecnologica,INEA, Roma.

Meloni F. (a cura di) (1993), Agroalimentare italiano, il tempo delle scelte, ed. Tellus, Roma.

Midmore P., (1997), Rural Policy reform and local Development Programmes A p p ro p r i a t eevaluation pro c e d u re s, paper presented to the Annual Conference of the agricultural EconomicsSociety, Edimburgh, 21-23 march 1997.

MIRAAF (1995), Fondi strutturali per l’agricoltura cofinanziati dall’Unione Europea: stato diattuazione a settembre 1995, Relazione per il Comitato permanente delle politiche agricole,alimentari e forestali, Roma.

Pennisi G. (1991), “Tecniche di valutazione degli investimenti pubblici” Roma, Istituto Poligrafico eZecca dello Stato.

Pennisi G. e Peterlini E.M. (1987), Spesa pubblica e bisogno d’inefficienza, Bologna, Il Mulino.

Prestamburgo M. (1993), Aspetti economici nella politica ambientale, in Presamburgo M., TempestaT. (a cura di) Sistemi produttivi, redditi agricoli e politica ambientale, Franco Angeli, Milano.

Tarditi S. (1992), S t rumenti per l’aggiustamento strutturale dell’agricoltura italiana, ConvegnoSIDEA, Reggio Calabria, 26-28 settembre.

Tarditi S. (1997), L’Italia di fronte agli orientamenti della nuova Politica Agroalimentare Comune,Convegno SIDEA, Torino 18-20 settembre.

Vellante S., Il Paesaggio Agrario: Evoluzione economica negli Ultimi 50 Anni in G. De Nitto G.Tescione (a cura di) Territorio, Istituzioni, Politica, Economia di Caserta e La Sua Diocesi EdizioniScientifiche Italiane (ESI) Napoli 1995.

Zerbe R.O. e Dively D. (1994), Benefit Cost Analysis in Theory and Practice Harper Collins CollegeP. New York.

618

Page 267: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

EMILIO GATTO*, ELENA VIGANÒ**, LAURA VIGANÒ*FONDI STRUTTURALI E ATTIVITÀ DI R&ST

NELL’AGRICOLTURA DEL MEZZOGIORNO***

1. Introduzione

Il presente lavoro ha l’obiettivo di condurre un’analisi delle attività di ricerca edi sviluppo tecnologico (R&ST) a favore del settore agricolo meridionalefinanziate, negli ultimi anni, dai Fondi Strutturali (FS) e dai Programmi di Ricercacomunitari, cercando di rilevare, se presenti, le interconnessioni tra questi diversistrumenti. L’analisi è incentrata sulle regioni italiane ricadenti nell’obiettivo 1(regioni in ritardo di sviluppo) nelle quali le attività di R&ST costituiscono unavariabile cruciale per lo sviluppo e l’aumento della capacità competitiva deisistemi produttivi locali e assumono un ruolo rilevante per il conseguimento degliobiettivi di coesione economica perseguiti dall’Unione Europea (UE).

L’articolazione proposta è la seguente. Dopo alcuni passaggi definitori, volti aindividuare le fasi principali del processo innovativo (par. 2), si è tracciato unbreve quadro descrittivo della politica della ricerca dell’UE nell’ambitodell’obiettivo di coesione economica e sociale e, in particolare, sono stati illustratigli obiettivi e gli interventi previsti dal IV Programma Quadro (PQ) (par. 3.1.) edalla IIa fase della Riforma dei FS (par. 3.2.). La metodologia di valutazione delleattività di R&ST è proposta nel quarto paragrafo e la sua applicazione alle misurespecifiche per le regioni del Mezzogiorno italiano in materia di ricerca agricola nelquinto. Nel paragrafo conclusivo, infine, è contenuta una discussione sui futurisviluppi del presente lavoro di ricerca anche alla luce dei contenuti del V PQ edelle nuove proposte di Regolamento sui FS.

619

* INEA (Roma)** DEPA – Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Napoli “Federico II”.*** Il presente lavoro è frutto di una riflessione comune, tuttavia la stesura dei diversiparagrafi è così attribuibile: parr. 1, 2 e 4 a E. Viganò; parr. 3.2. e 3.3. a E. Gatto; parr. 3.1.e 5.1. a L. Viganò; parr. 5.2. e 6 a tutti gli Autori.

Page 268: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. L’attività di R&ST in agricoltura e il ruolo delle autorità statali

L’attività di R&ST è finalizzata alla creazione e alla diffusione di innovazioni,tecnologiche e non, e può essere articolata in tre momenti fondamentali.Innanzitutto, si ha l’invenzione, ovvero la nascita di una idea o di un modello perun nuovo/migliorato prodotto/processo, realizzata, in generale, da enti chesvolgono ricerca di base (estensione delle frontiere scientifiche del sapere) oapplicata (messa a punto di nuovi prodotti/processi). Le imprese commercialirealizzano lo sfruttamento economico (sviluppo, produzione e marketing) delnuovo prodotto/processo (fase dell’innovazione), mentre l’applicazione di nuovetecnologie da parte delle imprese e l’acquisto di un nuovo prodotto da parte deiconsumatori costituiscono la fase della diffusione.

La gestione dell’attività innovativa è affidata, quindi, a diverse categorie disoggetti che interagiscono tra loro. Tuttavia, considerando il carattere di incertezzadei risultati e delle conseguenze di tale attività insieme alle peculiarità dei prodottigenerati, risulta evidente l’importanza dell’azione istituzionale. Le istituzioninazionali e comunitarie, infatti, costituiscono gli attori decisivi nel determinarerischi e costi delle attività di ricerca e, quindi, nell’influenzarne gli esiti; questo“condizionamento” si realizza in maniera diretta (tramite la definizione sia degliobiettivi e/o dei temi da privilegiare che dei relativi finanziamenti) o indiretta(attraverso le regole sui brevetti, le norme sui prodotti ottenuti, i prezzi,l’induzione di una certa sensibilità verso tematiche tra le quali la tuteladell’ambiente o il rispetto di alcuni valori etici). Tutto ciò risulta ancora più veroper il settore primario e, soprattutto, per la componente relativa al Mezzogiornoitaliano che, per caratteristiche strutturali e capacità finanziarie, non è in grado digestire autonomamente l’attività di ricerca. In queste aree, infatti, i recentimutamenti del quadro di riferimento (tecnico, economico e normativo) e laprofonda ristrutturazione dei diversi segmenti del sistema agro-alimentare hannoaccentuato l’esigenza “storica” di conoscenza e di innovazione del settore agricolo;allo stesso tempo, però, i sistemi di ricerca regionali non sempre si sono rivelatipronti nel recepire tale esigenza e, anche in questo caso, il divario con il Centro-Nord rischia di penalizzare ulteriormente lo sviluppo del Meridione. Da qui,l’importanza di verificare se e come l’offerta di ricerca, attivata con lacompartecipazione dell’UE, risponda alle domande di nuove tecnologie espressedall’agricoltura delle regioni del Mezzogiorno.

620

Page 269: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3. Coesione economica e sociale e attività di R&ST.

3.1. La politica di coesione economica e sociale dell’Unione Europea

Con il Trattato di Maastricht del 1992 la coesione economica e sociale èdiventata uno dei tre obiettivi prioritari dell’UE insieme a quelli del MercatoUnico Europeo e dell’Unione Economica e Monetaria. Tale obiettivo si perseguemediante l’attuazione di una politica tesa a promuovere uno sviluppo armoniosodell’insieme dei territori della Comunità, mirando a ridurre sia il divario tra i livellidi sviluppo delle varie regioni che il ritardo di quelle meno favorite, comprese lezone rurali (art. 130A). Gli strumenti finanziari privilegiati per il suoconseguimento sono stati individuati nei FS. Tuttavia, la coesione economica esociale è un obiettivo orizzontale, per cui tutte le politiche comunitarie e nazionalidevono contribuire al suo raggiungimento.

Numerosi rapporti della Commissione Europea (CE) sugli squilibri regionalinell’UE evidenziano l’esistenza di forti divari tra le regioni comunitarie in terminidi infrastrutture, dotazione di capitale, istruzione e formazione professionale,R & S T. A questo proposito, è interessante rilevare che gli squilibri regionaliriguardanti la spesa in R&ST tra gli Stati membri sono superiori a quelli in terminidi PIL1. Nel promuovere un processo di sviluppo armonioso e duraturo, pertanto,le attività di R&ST diventano un fattore chiave di convergenza e, comunque, dicompetitività dei sistemi produttivi regionali.

Per le regioni in ritardo di sviluppo, inoltre, l’esigenza di specializzarsi insettori più innovativi e in produzioni a maggiore contenuto tecnologico,incrementando sia la spesa in R&ST che il livello di istruzione e formazioneprofessionale, diventa ancora più pressante, se si considera l’aumento dellaconcorrenza che deriverà dall’unificazione monetaria e dall’allargamento a Estdell’UE. L’incremento della spesa in R&ST, in particolare, si persegue finanziandoprogetti facenti capo sia ai PQ di ricerca dell’UE, sia a sottoprogrammi o misure diricerca specifici, previsti dai programmi a finalità strutturale. Nel caso del settoreagricolo, si mira essenzialmente a rafforzare i sistemi di ricerca delle regioni inritardo di sviluppo, a diffondere le innovazioni tecnologiche e, in senso più ampio,a trasferire i risultati dell’attività di ricerca ai sistemi produttivi di tali regioni.

621

1 Il divario tecnologico tra le regioni dell’UE e tra i diversi Stati membri è misuratoattraverso diversi indicatori tra i quali la spesa in R&ST (totale, per impresa e finanziata conrisorse pubbliche), la spesa commerciale a favore della R&ST (ovvero finalizzata alladiffusione dei risultati), la richiesta di brevetti, la bilancia dei pagamenti del settoretecnologico e il numero assoluto e relativo delle unità impiegate in tale settore. In generale,si è rilevato che, nel 1993, la differenza tra Stati membri nella spesa pubblica pro-capite inattività di R&ST è di 13 a 1, mentre per il PIL pro-capite (in ECU) è soltanto di 5 a 1.

Page 270: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3.2. La politica per la ricerca dell’Unione Europea

La politica comunitaria per la ricerca e lo sviluppo tecnologico è formalmenteprevista dall’Atto Unico Europeo (AUE), entrato in vigore il 1° luglio 1987.Rispetto al Trattato di Roma, l’AUE contempla nuovi titoli, tra i quali il V Idisciplina l’intervento della CEE in tema di R&ST, sia nel coordinare le politichenazionali che nel gestire i Programmi Quadro, azioni pluriennali che definisconofinalità scientifiche e tecniche, priorità, mezzi e partecipazione finanziaria dellaComunità.

Nel corso degli anni sono stati approvati quattro PQ, la cui dotazionefinanziaria copre circa il 4% dell’impegno pubblico per la ricerca nell’UE. Ifinanziamenti previsti dal Quarto PQ2, in vigore fino al 1998, erano inizialmenteprevisti in 12.3 miliardi di ECU, ma, dopo l’entrata nell’UE di Austria, Finlandia eSvezia, sono stati portati a 13.1 miliardi (cfr. prospetto 1).

Tra le novità più significative del IV PQ vi è, innanzitutto, il fatto che, per laprima volta, tutti i programmi di ricerca sono raggruppati in un ambito unico (ilProgramma) e non più ripartiti tra le diverse Direzioni Generali dellaCommissione. Inoltre, l’azione di diffusione e valorizzazione dei risultati è statafortemente potenziata con un notevole aumento del budget relativo.

In particolare, i l programma FAIR è rivolto direttamente ai settoridell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, ai settori connessi a quelloagricolo a valle e a monte e, più in generale, alle attività rurali collegate allaproduzione e alla trasformazione. Le principali aree tematiche in cui si inserisconoi diversi programmi di ricerca sono riportate nel seguente prospetto:

I programmi comunitari hanno, senza dubbio, favorito la partecipazione italianaalle iniziative di ricerca europee e stimolato una più stretta collaborazionescientifico-tecnologica con gli altri Stati membri. Le risorse pubbliche destinate alsistema di ricerca italiano, però, risultano ancora inferiori, in termini relativi, aquelle di molti altri paesi europei, con presumibili ripercussioni, ovviamente didifferente natura e intensità, sul sistema agro-industriale nazionale, soprattutto inun contesto internazionale che va nella direzione di una più spiccataliberalizzazione dei mercati e di una più accesa competitività.

622

2 Le azioni che vengono realizzate sono le seguenti: azioni a compartecipazione finanziariacon imprese, laboratori o istituti di ricerca; lavori di R&ST del Centro Comune di Ricerca,aperto alla collaborazione con partner industriali; azioni concertate per le quali l’UE copresolo le spese di coordinamento e di immissione in rete; misure di promozione tecnologicavolte a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese ai programmi comunitari;interventi specifici, come misure di accompagnamento, progetti dimostrativi, azioni divalorizzazione, borse di ricerca (Commissione Europea, 1997).

Page 271: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

623

Page 272: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3.3. Fondi Strutturali e attività di R&ST

Le attività di R&ST sono finanziate dal FESR, che riserva una particolareattenzione a quelle azioni che contribuiscono allo sviluppo regionale, e, a partiredal ’94, dal FEOGA-Orientamento, per quanto riguarda i settori agricolo eforestale. La funzione del Fondo Sociale, invece, è quella di rafforzare il poten-ziale umano in materia di ricerca, di scienza e di tecnologia.

Per il periodo 1994-1999, ai FS è stata assegnata una dotazione finanziaria di141 miliardi di ECU, di cui il 4% è destinato a finanziare l’attività di R&ST nelleregioni dell’obiettivo 1. È importante osservare che, per la prima volta, tale attivitàappare in maniera esplicita nei campi di applicazione dei Fondi. A essi possonoaccedere imprese, università e istituti di ricerca con l’obiettivo di intraprendereazioni nel campo della ricerca essenziali per migliorare l’efficacia delle politicheattivate a livello regionale.

Oltre che nelle Iniziative Comunitarie, come il LEADER per lo sviluppo rurale,nei progetti-pilota finanziati dal FESR e nei Piani tecnologici regionali, le lineestrategiche delle azioni di R&ST ammissibili a finanziamento nelle aree ob.1 sonocontenute nel Quadro Comunitario di Sostegno. L’asse prioritario in cui sonoprevisti gli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (asse 4) è articolato insottoassi; le attività di R&ST, in particolare, si inseriscono in quello relativo ai“Servizi di sviluppo in agricoltura e divulgazione”. Tali attività devono consentirela diffusione delle innovazioni tecnologiche, al fine di migliorare la competitività el’efficienza delle imprese.

Le azioni specifiche, invece, sono esplicitate nei Programmi Operativi regionali(PO plurifondo o monofondo) e Multiregionali (POM). Questi ultimi prevedonoazioni complementari a quelle inserite nei PO, che richiedono interventi che, perloro natura, travalicano l’ambito strettamente regionale. Le iniziative multi-regionali a favore del settore agricolo relative a finanziamenti per attività di R&STsono comprese nel POM coordinato dal MURST, “Ricerca, Sviluppo Tecnologicoe Alta Formazione”, e in quello relativo ad “Attività di sostegno ai servizi disviluppo per l’agricoltura” (POM SSA), gestito dal MiPA e attuato dall’INEA. Inquesto ambito, la misura 2, esplicitamente analizzata nel corso del presente lavoro,prevede il finanziamento di azioni a favore della produzione di innovazionitecnologiche e il trasferimento dei risultati della ricerca: il contributo comunitarioè pari al 70%, mentre la parte restante è di competenza dello Stato italiano. Inparticolare, le iniziative da finanziare per il periodo 1994-99 coinvolgono 37progetti di interesse per le regioni dell’obiettivo 1 (INEA, 1998)3.

624

3 Per la misura 2 sono stati stanziati ulteriori 41 miliardi per finanziare nuovi progetti chedovranno essere presentati entro settembre 1998.

Page 273: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. La valutazione delle attività di ricerca agricola

In generale, la valutazione delle attività di R&ST è finalizzata alladeterminazione di diversi aspetti, quali, ad esempio, la rilevanza, l’eff i c a c i a ,l’efficienza, l’impatto e la cosiddetta “trasparenza gestionale”, al fine di perseguireobiettivi scientifici o applicativi (Galante, Sala, Lanini, 1998). Naturalmente, lascelta delle procedure da applicare nei singoli casi dipende da una serie di elementitra i quali si hanno, innanzitutto, l’oggetto e gli scopi specifici della valutazionestessa. In particolare, nel presente lavoro, l’oggetto della valutazione è costituitodai programmi di ricerca a favore del settore agricolo, approvati e finanziati alivello comunitario; tra questi il IV PQ e alcune iniziative attivate dai FS per leregioni italiane dell’obiettivo 1.

La valutazione sarà condotta in due momenti. Innanzitutto, saranno discussi econfrontati gli obiettivi generali e settoriali enunciati dai diversi programmi diricerca, opportunamente riclassificati secondo quanto proposto da Galante, Sala eLanini (1998). In questa prima fase, oltre a condurre un’analisi di tipo descrittivo,si tenterà di verificare se l’obiettivo della coesione economica e sociale siaeffettivamente perseguito in modo complementare dai PQ e dai FS.

In un secondo momento, per i singoli programmi considerati, sarà valutato sia illivello di coerenza tra obiettivi enunciati e misure approvate che l’esistenza dieventuali correlazioni. L’approccio proposto è di tipo qualitativo, integrato,laddove possibile, da indicazioni quantitative, finalizzate a verificare lacorrispondenza, nelle diverse regioni e nei diversi comparti produttivi, tradomanda e offerta di ricerca agricola.

La valutazione condotta nel presente lavoro è, quindi, essenzialmente unavalutazione di “coerenza”, preliminare a un’analisi di efficienza, di efficacia e diimpatto che è intenzione degli Autori sviluppare nel prosieguo della ricerca.

5. Le interrelazioni tra Fondi Strutturali e PQ in materia di R&ST conparticolare riferimento al settore agricolo

5.1. L’analisi degli obiettivi

Gli obiettivi, generali e settoriali, perseguiti dal IV PQ e dalle diverse iniziativefinanziate dai FS a favore delle regioni dell’obiettivo 1, sono riportati nel prospetto3. Tali obiettivi possono essere distinti in due gruppi (Galante, Sala, Lanini, 1998).Da una parte, è possibile individuare obiettivi più propriamente “scientifici”,

625

Page 274: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dall’altra finalità di tipo spiccatamente “applicativo”, volte a stimolare e adeguarela capacità competitiva del sistema produttivo delle regioni svantaggiate.

In generale, è importante osservare come l’obiettivo della coesione economicae sociale venga perseguito dal PQ e dai FS in modo complementare e sinergico.Mentre la funzione del primo è quella di aumentare la competitività del sistema diricerca europeo in funzione delle necessità economiche e sociali del momento,attraverso i FS si vogliono creare le condizioni perché le regioni in ritardo disviluppo o le aree con difficoltà strutturali possano coordinare/partecipare piùagevolmente a progetti di ricerca transnazionali e, comunque, potenziare il propriosistema di ricerca.

Gli interventi previsti dal PQ, oltre a sostenere il sistema scientifico etecnologico europeo nei campi ritenuti essenziali (obiettivo scientifico), siprefiggono di sostenere tutte le politiche comunitarie per adattarsi alle nuovedimensioni del mercato interno, di coordinare le diverse azioni nazionali a favoredella ricerca, di promuovere la diffusione dei risultati dell’attività innovativa(obiettivi applicativi).

Per quanto riguarda i FS, a livello generale, l’obiettivo prioritario per le regioniitaliane in ritardo di sviluppo è quello di ridurre il divario in materia di R&ST conil resto d’Italia e gli squilibri, ancora più accentuati, tra il Mezzogiorno e l’UE. Lastrategia individuata per raggiungere tale obiettivo è quella di favorire iltrasferimento tecnologico, promuovere l’innovazione nei settori tradizionali,valorizzare i parchi scientifici e, soprattutto, assecondare la domanda di R&ST.Quest’ultimo aspetto implica uno sforzo notevole per attenuare il g a p,particolarmente rilevante nel Mezzogiorno, tra spesa pubblica e privata,promuovendo quest’ultima in ragione dei più stretti legami con i settori dellaproduzione (CE, 1995). Tra gli obiettivi scientifici vi è, pertanto, il potenziamentodel sistema di ricerca privato e di quello universitario, mentre tra gli obiettiviapplicativi lo sviluppo del raccordo tra mondo della ricerca e le imprese perraccogliere la domanda di innovazioni e favorirne la diffusione.

In entrambi i tipi di interventi, particolare attenzione è rivolta alle esigenze diinnovazione delle piccole e medie imprese (PMI).

Per quanto riguarda più specificatamente le attività di RS&T rivolte al settoreagricolo e a quelli collegati, si nota come queste abbiano un carattereessenzialmente applicativo.

Tra gli obiettivi prioritari del programma FAIR vi sono quello di favorire lacrescita settoriale e, più in generale, lo sviluppo del mondo rurale, ferma restandol’attenzione alle problematiche ambientali, e quello di promuovere e armonizzarela ricerca a favore dei diversi comparti produttivi e, più in generale, delle attivitàrurali e degli utilizzatori finali.

Le finalità perseguite dai FS sono quelle di: favorire la ricerca applicata, al fine

626

Page 275: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

di stimolare la diffusione delle innovazioni di processo e di prodotto; migliorare laqualità delle produzioni; incentivare la diffusione di tecniche eco-compatibili;stimolare, organizzare e raccogliere la domanda di ricerca e adeguare a questal’offerta; migliorare l’efficienza economica delle aziende.

Come si può osservare, non sono previsti obiettivi strettamente classificabilicome “scientifici”, a parte alcune attività che, pur rivestendo un carattere appli-cativo, possono condurre a risultati più generali (quali, ad esempio, gli esperimentinel campo della genetica, presenti in alcuni Programmi).

5.2. L’analisi delle singole iniziative

Il prospetto 4 riporta tutti gli interventi di R&ST previsti in seno ai POregionali e alla misura 2 del POM SSA, classificati in base a categorie omogeneedi azione, relative agli obiettivi applicativi specifici individuati per le singoleregioni dell’obiettivo 1 (cfr. prospetto 3) e per comparto produttivo. In questomodo risulta possibile effettuare una prima analisi sulla coerenza tra le azionipreviste nei vari programmi e gli obiettivi perseguiti4.

Risulta evidente, innanzitutto, che gli interventi previsti sia dai PO regionaliche dal POM SSA riguardano i comparti tradizionali dell’agricoltura mediterranea.Costituiscono un’eccezione poche azioni relative all’acquacoltura, al n o n - f o o d ealle colture alternative (piante officinali, frutti di bosco e altri). Secondo un otticaterritoriale, invece, Molise e Sardegna beneficiano solo di interventi e risultati deiprogetti finanziati dal POM.

Nel caso del POM, la maggior parte dei progetti risponde alla finalità dellamisura 2, ossia quella di promuovere ricerche nel settore delle innovazionitecnologiche miranti al miglioramento e al controllo della qualità delle produzioni,nonché alla certificazione della stessa, finalità non soddisfatta dagli interventiprevisti dai PO regionali. Solo i Programmi di Basilicata, Puglia e Sicilia, infatti,prevedono azioni riguardanti i prodotti tipici e, più in generale, il miglioramentoqualitativo, mentre nessuna regione contempla misure per l’introduzione di sistemidi qualità integrati (filiera) e non (fase della trasformazione, certificazione).

Un’altra area d’intervento caratteristica del POM, non prevista dai POregionali, è quella relativa al trasferimento delle innovazioni tecnologiche nelleimprese agricole e in quelle di trasformazione5.

627

4 Nel prospetto 4 non sono stati considerati i progetti e le misure a carattere socio-economicoe quelli volti a “stimolare, organizzare e raccogliere la domanda di ricerca” e a trasferire irisultati di R&ST (assistenza tecnica), dato che nel presente paper l’attenzione è stata rivoltaalle prime fasi del processo innovativo, tralasciando quella relativa alla divulgazione deirisultati.5 Si tratta, comunque, di un tipo di azione che presenta forti analogie con quelle di assistenzatecnica, almeno nel caso della diffusione di innovazioni di tipo immateriale.

Page 276: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’obiettivo maggiormente perseguito dai PO regionali è quello della riduzionedei costi di produzione mentre il POM interviene in tale ambito solo con unprogetto per la raccolta meccanica nel comparto della vitivinicoltura. Si tratta,comunque, di un obiettivo che, tranne nel caso delle ricerche finalizzate alconfronto varietale, alla riduzione dei consumi idrici e allo studio degli aspettinutrizionali, solo Basilicata e Sicilia prevedono esplicitamente.

Sia il POM che i PO regionali, invece, intervengono in modo piuttostoequilibrato con progetti e misure/azioni finalizzati alla realizzazione di ricercheapplicate nei diversi comparti e alla messa a punto di tecniche di produzionebiologiche ed eco-compatibili. Riguardo al primo di questi due obiettivi,comunque, gli interventi previsti non sono molto numerosi. Inoltre, i PO,chiaramente caratterizzati da una maggiore specificità territoriale, sono gli unici aprevedere azioni per la conservazione e il miglioramento del patrimonio geneticolocale. Rispetto alle tecniche agricole rispettose dell’ambiente, si rileva unarelativa scarsità di ricerche sulla difesa biologica, previste solo da Basilicata,Puglia e Sicilia e da un progetto del POM. Numerosi, invece, sono i progetti diquest’ultimo volti alla messa a punto di tecniche eco-compatibili.

Appare evidente, quindi, la complementarità delle azioni previste da POregionali e POM. Quelle relative ai primi si caratterizzano per una maggiorespecificità territoriale e rispondenza alle esigenze locali di ricerca, mentre iprogetti dei POM mirano soprattutto ad accrescere la competitività del sistemaproduttivo meridionale, puntando su fattori chiave, quali l’introduzione di sistemidi qualità e, più in generale, il miglioramento qualitativo dei prodotti. Nelcomplesso, tuttavia, alcuni importanti obiettivi, più o meno specifici, risultanotrascurati a livello regionale e/o multiregionale; tra questi la messa a punto diinnovazioni di processo e di prodotto (comprese quelle relative all’agricolturabiologica) e la salvaguardia ambientale.

Poche considerazioni, infine, possono essere effettuate riguardo alla dotazionefinanziaria delle singole misure dei PO regionali-parte FEOGA e dei progetti delPOM (cfr. prospetto 5)6.

Nel complesso, ai progetti di ricerca finanziati dal POM sono stati destinaticirca 73 miliardi di lire, con una dotazione per progetto che oscilla dai 500 milioniai 10 miliardi di lire, mentre i finanziamenti per le misure di R&ST previste nei PO

628

6 È necessario specificare, infatti, che le singole misure dei PO regionali e i singoli progettidel POM possono rispondere anche a più obiettivi. Mentre nel caso del POM, però, ogniprogetto è stato classificato in base alla rispondenza all’obiettivo ritenuto prioritario, ciò nonè risultato possibile per le misure relative ai PO regionali, per cui i relativi interventi sonostati attribuiti anche a obiettivi differenti. Da notare, inoltre, che le singole misure dei POcomprendono anche azioni di divulgazione in senso stretto: non tutti gli interventi, quindi,sono stati inclusi nel prospetto.

Page 277: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

e considerate nel presente lavoro ammontano a 150 miliardi di lire circa (cfr.prospetto 6).

629

Page 278: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

6. Considerazioni conclusive

L’obiettivo del lavoro condotto è stato quello di verificare, a un livello generale,la coerenza tra gli obiettivi dell’attività di R&ST nelle regioni ob.1 e gli interventiprevisti dai diversi progetti di ricerca, ovvero valutare se e in quale misura l’offertadi innovazioni risponda in maniera adeguata alla domanda espressa dalle singoleregioni.

Come accennato, il divario delle regioni del Mezzogiorno italiano rispetto alresto d’Europa è accentuato anche sotto questo aspetto. L’attenuazione di taledivario e il ruolo che l’attività di R&ST può rivestire acquistano rilievo anche allaluce dei futuri e prevedibili sviluppi della politica per la R&ST europea. Gliorientamenti proposti dalla CE per il V PQ, relativo al periodo 1998-2002 e in fasedi definitiva approvazione, infatti, contengono molteplici novità. In generale,tematiche e obiettivi sono scelti in base a una serie di criteri, quali la maggiorefacilità di realizzazione a livello comunitario piuttosto che di singolo stato,consentendo di impiegare risorse umane e finanziarie in modo più efficiente; lapossibilità di conseguire obiettivi sociali e “reali prospettive scientifiche etecnologiche, nei settori nei quali l’UE può diventare competitiva e contribuire auno sviluppo economico e durevole” (Donini, Rossi, 1998).

I programmi tematici identificati sono finalizzati al raggiungimento di obiettivipolitici e socioeconomici e, in particolare, per le attività di R&ST in agricoltura, sifa riferimento alle finalità previste dal documento Agenda 2000 per la riformadella PAC (Donini, Rossi, 1998).

Anche sul versante delle politiche strutturali, le novità che la CE propone diintrodurre con i nuovi regolamenti dei FS sono rilevanti. Con riferimento alFEOGA, è stato predisposto un unico regolamento quadro che ingloba tutti gliinterventi attuabili a favore dell’agricoltura e dello sviluppo rurale. In particolare,nel caso della R&ST, la CE prevede di non finanziare con il FEOGA azioni diricerca, sostanzialmente allo scopo di evitare una duplicazione degli interventi.Tuttavia, come si è avuto modo di mostrare nel presente lavoro, le attività diR&ST finanziate dal FEOGA nelle regioni ob.1 rivestono un carattere strettamenteapplicativo, sono sviluppate in stretto collegamento con i servizi di sviluppoagricolo e sono correttamente orientate verso i settori tradizionali dell’agricolturameridionale, per favorire, spesso in un’ottica di filiera, il loro ulteriore sviluppo.Gli interventi previsti, infatti, sono volti al miglioramento qualitativo,all’individuazione e allo sviluppo di fattori di tipicità, di tecniche agronomicheeco-compatibili, di innovazioni di processo e di prodotto. Dunque, nonostante ilfinanziamento comunitario dei programmi di ricerca attivati dal PQ, lapartecipazione del FEOGA a questo tipo di interventi non sembra creare aree disovrapposizione, soprattutto in considerazione: della “complementarietà”

630

Page 279: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dell’attività di ricerca sostenuta dal PQ e dai FS (dal FEOGA, nel caso piùspecifico da noi considerato); dei legami più immediati tra le attività di R&STattivate nei Programmi strutturali e il territorio e i sistemi produttivi locali, tenendoconto delle specificità regionali; della capacità di cogliere nei PO le istanze cheprovengono dal lato della domanda e raccordarle, a vari livelli e con diff e r e n t eintensità, con l’offerta. È opportuno, pertanto, che il FEOGA continui a finanziaregli interventi in materia di R&ST.

In sintesi, come si è cercato di mostrare, molte delle azioni di R&ST contenutenei PO e nei POM, proprio per la loro forte caratterizzazione territoriale,prevedono interventi che difficilmente potrebbero essere attuati, a tale livello dispecificità, tramite i PQ, con rilevanti ripercussioni sui sistemi agricoli regionali.

Per orientare correttamente gli interventi, infine, appare estremamente utilee ffettuare una valutazione più puntuale delle azioni di R&ST nelle regioni ob.1,valutazione che in questa sede non si è potuto sviluppare per la carenza di datipuntuali, finanziari e fisici, per progetto e per lo scarso livello di attuazione deglii n t e r v e n t i7. Nelle fasi successive della ricerca sarà necessario, quindi, procederealla costruzione di un appropriato sistema di indicatori per determinare l’efficaciae l’efficienza di tali azioni e per definirne l’impatto.

631

7 Il livello, relativamente poco elevato, di attuazione degli interventi a finalità strutturale èattribuibile a diversi fattori quali, in primo luogo, ai ritardi accumulati nelle fasi diapprovazione dei programmi e per il conseguimento dell’operatività, vale a dire allaincapacità delle amministrazioni coinvolte di avviare la realizzazione concreta degliinterventi.

Page 280: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

632

Page 281: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

633

Page 282: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

634

Page 283: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

635

Page 284: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

636

Page 285: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

637

Page 286: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

638

Page 287: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

A A . V V. (1997a), I Fondi strutturali multiregionali per la ricerca nel mezzogiorno, UniversitàRicerca, VIII (settembre-ottobre).

A A . V V. (1997b), R i o rganizzazione della ricerca scientifica pubblica nel settore delle scienzeagrarie, Accademia dei Georgofili, Quaderni, III, Studio Editoriale Fiorentino, Firenze.

Bellia F. (1990), Presentazione, in Volpi R., Metodologia dell’assistenza tecnica e divulgazione inagricoltura, Bologna, Edizioni Agricole.

Commissione Europea (1995), Italia, Quadro Comunitario di Sostegno 1994-1999, Obiettivo 1:sviluppo ed adeguamento strutturale delle regioni il cui sviluppo è in ritardo, Bruxelles.

Commissione Europea (1997), Aiuti e prestiti dell’Unione Europea, Bruxelles.

Donini B., Rossi L. (1998), Ricerca e sviluppo tecnologico in Europa, L’Informatore Agrario, n. 16,pp. 25-28.

Galante E., Sala C., Lanini L. (1998), Valutazione della ricerca agricola, Milano, Franco Angeli.

I N E A (1997), Fascicolo informativo per la presentazione dei progetti- Programma OperativoMultiregionale Attività di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricoltura, Misura 2 – Innovazionitecnologiche e trasferimento dei risultati della ricerca, Roma.

INEA(1998), Le politiche strutturali e di sviluppo rurale in Italia –Analisi della spesa e problemi diattuazione nel quadriennio 94/97, Roma.

639

Page 288: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 289: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ALESSANDRO ROMAGNOLI*SUOLO, SISTEMI LOCALI DI PRODUZIONE ED AGRICOLTURA

NELLO SVILUPPO RURALE DELLE ECONOMIE POST-INDUSTRIALI**

1. Introduzione

La trattazione dello sviluppo rurale nelle economie post-industriali, sebbeneampia e dibattuta, si presenta spesso vaga nel contenuto e debole nell’imposta-zione teorica, e ciò, probabilmente, sia per il carattere evolutivo del fenomeno, cheper la mancanza di un apparato concettuale di riferimento. Emblema di questatendenza è la nozione stessa di ruralità, utilizzata nel tempo per denominare cosediverse (Albisinni, 1997) come le attività agricole delle economie di autoconsumo(accezione settoriale del termine), i caratteri distintivi dei territori a prevalenteattività agricola nella fase di progressiva commercializzazione dell’output primario(connotazione socio-culturale), oppure l’attuale orientamento produttivomultisettoriale degli spazi a bassa densità residenziale. In un tale contesto ci pare,però, che la più recente stilizzazione del fenomeno (Basile e Cecchi, 1997;Backwell, 1998), oltre ad offrire un interessante approdo semantico, ponga le basiper un approfondito studio del problemi dello sviluppo rurale (sia in terminigenerali che in specifiche fasi dello sviluppo) e delle prospettive dell’agricoltura alsuo interno; essa, infatti, da un lato prefigura l’ “uso integrato delle risorse” e la“varietà delle attività produttive” di un dato territorio come caratteri specifici dellaruralità, e dall’altro individua nell’impresa agraria (a cui affida il ruolo disalvaguardia degli ambienti rurali) il prototipo dell’impresa territorialmente

641

* Dipartimento di scienze economiche, Università degli Studi di Bologna** Il presente lavoro, “svolto con il finanziamento dell’Università di Bologna, finanziamentospeciale alle strutture”, è stato presentato al XXXV Convegno SIDEAtenutosi a Palermo il10/12 Settembre 1998 sul tema: L’agricoltura italiana alle soglie del XXI secolo. Desideroringraziare i colleghi Francesco Bellia, Giuliana Campanelli, Maurizio Caserta, ClaudioCecchi e Roberto Polidori per aver letto il paper ed avermi fornito utili suggerimenti che nonintaccano, comunque, la mia piena responsabilità per il contenuto dello scritto.

Page 290: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

rappresentativa. Relativamente alla crescita dell’agricoltura una simileimpostazione permette poi di chiarire, ad un tempo, l’inseparabilità delledinamiche economiche territoriali da quelle delle attività produttive agricole neiprocessi di sviluppo rurale, il ruolo propulsivo che i rapporti territoriali rivestonoper la crescita delle attività produttive che impiegano risorse agricole (Sotte, 1998)e la centralità dell’impresa agraria (e non più della famiglia) per le politicheeconomiche settoriali.

Se, quindi, un simile concetto di ruralità rende possibile un’adeguatadefinizione dell’oggetto di studio e la scelta di una appropriata unità d’indagine,l’evoluzione delle imprese agricole secondo linee che il mercato e l’ambienteoperativo (istituzionale e territoriale) hanno indicato come più convenienti nonpermette di tipizzare univocamente le tendenze territoriali in atto nelle produzioniprimarie delle economie post-industriali, il che nuoce ad una comprensionedell’intero fenomeno. Si è infatti assistito, nelle realtà altamente dinamiche, ad unadiminuzione del numero delle imprese e ad una loro riorganizzazione sia dal puntodi vista strutturale (aumento della loro capacità produttiva, del loro grado dimeccanizzazione e della produttività del lavoro), che sotto gli aspetti gestionali(concentrazione della produzione su un numero ristretto di fasi operative dellacatena produttiva, loro standardizzazione, integrazione con fornitori di beni eservizi e con gli acquirenti dei prodotti, ecc.). E là dove le condizioni ambientalinon hanno permesso alle imprese di svilupparsi in modo tale da poter competeresui mercati, si è assistito invece ad una gestione patrimoniale delle risorsepossedute: la terra e il lavoro familiare, non potendo essere destinate ad altreattività per intrasferibilità congenita (mancanza di un mercato della terra) ocontingente (scarsa domanda di lavoro), sono state impiegate in azienda e,nonostante la loro scarsa produttività, hanno garantito rendimenti superioriall’onere del mantenimento della loro “efficienza produttiva” (Romagnoli, 1995).Così l’impresa agricola operante nelle moderne economie post-industriali, allaricerca di una struttura e di una strategia compatibili con la sua nuova realtàoperativa, ha oscillato fra i due precedenti estremi spinta dall’esigenza di trovareuna collocazione nel più generale processo economico e di interagire conl’ambiente di cui è parte, oppure dall’impossibilità di adeguarvisi.

Sebbene tali traiettorie settoriali abbiano indotto gli economisti agrari italianiad occuparsi dei problemi della competitività intersettoriale nell’uso del suolo(Bellia, 1971; Merlo, 1988; Beltrame, 1991), del contributo che i caratteri socio-economici locali offrono a tutti i tipi di insediamento produttivo e delle relazioniintersettoriali che le imprese intrattengono su un certo territorio )Distaso, 1995),non ne è scaturita una prospettiva teorica capace, da un lato, di inserire queisuggerimenti in un contesto esplicativo più generale e, dall’altro, di tracciare lineedi sviluppo dell’agricoltura.

642

Page 291: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Peraltro anche il quadro teorico di analisi dello sviluppo rurale è ancora tutto dacostruire, perchè se la convenienza localizzativa delle imprese in ambienti ruralitrova una spiegazione in vari modelli (cfr., per esempio, McCann, 1998), losviluppo delle attività agricole è invece affrontato in modo insufficiente o indiretto( c f r. Ti m m e r, 1992) sia sul piano analitico, che operativo. Infatti gli approccidualistici allo sviluppo economico (Lewis, 1954; Fei e Ranis, 1966), che fannodiscendere il cambiamento in agricoltura dalla propagazione all’intero sistemadegli effetti dell’industrializzazione, studiano soprattutto il ruolo del settoreprimario nel processo di crescita dell’industria, non la ristrutturazione che leimprese agricole devono subire per adeguarsi ai cambiamenti del sistemaeconomico. E non hanno perseguito quest’ultimo obiettivo neanche le misure dipolitica economica settoriale, indirizzate più alla garanzia dei redditi cheall’incentivazione dell’imprenditorialità. Così, se da un lato le ipotesi di minorproduttività relativa delle risorse impiegate nell’agricoltura e le taumaturg i c h ecapacità che ha su di essa la diffusione generalizzata del mercato hanno fattopropendere per un ridimensionamento drastico ed indiscriminato del settore,dall’altro la remissività nei confronti dell’“inferiorità” e del “declino” hannoconsigliato un contenimento politico-economico del mutamento sociale nellecampagne. Tutto ciò ha prodotto una sostanziale mancanza di prospettiva teorica inmerito al processo di transizione del settore verso la commercializzazione delle sueproduzioni e l’integrazione con il resto dell’economia, nonché una incapacità dipilotare la crescita di quelle attività produttive che, pur essendo in “declino”,rimangono centrali per il sistema.

L’intento del presente contributo, di natura metodologica, è di cogliere la sfidaintellettuale connessa alla trattazione del problema dello sviluppo rurale e diproporre una riflessione sulla strumentazione concettuale necessaria perinterpretare la dinamica produttiva degli spazi rurali e, al loro interno, quella delleimprese agricole. Fra i vari concetti che occorrono per elaborare un approcciointerpretativo adeguato ci pare che la destinazione d’uso del suolo,l’endogenizzazione del territorio come spazio di azione economica e contestoistituzionale, nonchè la conoscenza delle interrelazioni produtive delle imprese,siano particolarmente utili allo scopo. La competizione intersettoriale eintrasettoriale relativa alla risorsa produttiva suolo (par. 2) appare in taleprospettiva il punto di partenza per capire quei comportamenti spaziali delleimprese che concorrono alla costruzione dei sistemi produttivi (par. 3); è a partireda questi e dalle tendenze del consumo che, a nostro avviso, è possibileinterpretare lo sviluppo rurale delle economie post-industriali (par. 4).

643

Page 292: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. Il suolo come risorsa produttiva

Il suolo ha due diverse funzioni economiche, quella di essere input di processiproduttivi e quella di rappresentare una delle dimensioni da cui dipendono le scelteimprenditoriali.

Come risorsa è conteso fra i diversi settori che lo domandano in quanto inputdei loro processi, in virtù di una o più delle sue qualità intrinseche.

644

Page 293: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

L’agricoltura utilizza infatti gli elementi nutritivi presenti nel terreno (si avvale,cioè, dei servizi forniti dal capitale terra) sia nel caso di produzioni erbacee chearboree; l’industria ne ha bisogno perchè ne trae materia prima per la produzionedi materiali da costruzione, o lo impiega come bene capitale nel caso dell’edilizia;infine il terziario ne sfrutta le qualità paesaggistico-ricreative connotandolo comebene capitale. Generalizzando i caratteri che Ricardo (1817) e von Thunen (1826)attribuiscono ai terreni agricoli e accogliendo la trattazione marshalliana delle fontidella rendita (Marshall, 1890, libro V, cap. 38), possiamo dire che la risorsa suolopresenta in tutti i casi citati una “produttività naturale” connessa a ciascun usoproduttivo (fertilità per l’agricoltura, valore paesaggistico per il turismo,accessibilità per l’industria, ecc.), in virtù di fattori pedoclimatici, della posizione edei capitali investiti in essa (ossia delle infrastrutture di cui è dotata) cheattribuiscono spesso ad un sito il carattere di unicità. Sono imputabili quindi a talipeculiarità tecniche la non sostituibilità spaziale fra suoli e la rigidità della loroofferta nel breve periodo.

Le destinazioni d’uso (ossia la ripartizione del suolo fra i vari impieghi) e irispettivi prezzi dipendono dall’intensità delle domande settoriali, data la rigiditàdell’offerta nel breve periodo.

Come si può vedere nel Grafico 1, dove sull’asse delle ascisse il segmentoO’O” rappresenta il suolo disponibile in una certa area e dove i valori in ordinatane misurano il prezzo di mercato, lo spostamento di una delle curve di domanda(causato dalla variazione di parametri strutturali) produce una riallocazione dellarisorsa fra gli usi e un diverso prezzo. Infatti, data la domanda di terreno agricoloDa (che si legge nel quadrante pO’ta) e quella di terreno industriale Di (che silegge nel quadrante pO”ti), il prezzo e la quantità di equilibrio si stabiliscono,rispettivamente, in p* e q*. Se a quel prezzo si registra un incremento delladomanda per usi industriali pari a q’q*, si perverrà ad una nuova posizione diequilibrio di mercato (E”) in cui, per effetto della limitata disponibilità di suolo edella competizione interindustriale, l’agricoltura si troverà a disporre di unaminore quantità di terra (O’q**), mentre il prezzo di mercato (p**) al quale verràriallocato il suolo fra i due settori sarà maggiore. L’incremento di prezzo dellarisorsa (p*p**) rappresenta la rendita differenziale che si determina, tramitel’aumento della domanda di una destinazione d’uso, per effetto del diverso gradodi efficienza nell’impiego settoriale della risorsa (misurabile dal reddito nettoottenibile per ogni unità utilizzata).

L’assetto allocativo della risorsa, che si verifica nel tempo, può essere quindiconsiderato indicativo della “vocazione produttiva relativa” di un territorio, ossiadi un vantaggio assoluto in quella produzione. E una volta ripartita un’area fra lediverse attività, se in virtù di meccanismi istituzionali (piani regolatori o

645

Page 294: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

programmazione territoriale) si genera una separazione dei mercati, il prezzo dellarisorsa di omogenea “produttività naturale” dipende da ulteriori incrementi didomanda per quel preciso uso, cioè dalla concorrenza intrasettoriale.

Si origina così, come mostra il grafico 2, una rendita assoluta di scarsità(Camagni, 1992, p. 298), tanto maggiore quanto più la quantità richiesta eccedequella offerta. Se infatti la domanda D esprime una quantità di terreno, richiesta daun settore produttivo, di ampiezza qt (pari, cioè, all’offerta S) in una situazione diripartizione sxd’uso, il prezzo di equilibrio di mercato p* comprenderà soltanto larendita differenziale; se in seguito la quantità richiesta in uno dei due settoriproduttivi sarà superiore a quella disponibile dopo la contrattazione intersettoriale(per esempio q’t), il prezzo di vendita salirà a p**. Possiamo quindi concludere

646

Page 295: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

che il prezzo della terra in un determinato luogo dipende, nel breve periodo,dall’intensità della domanda: infatti da un lato la scarsità della risorsa rispetto agliusi determina la rendita differenziale, dall’altro l’eccesso di domanda che puòverificarsi su un singolo mercato settoriale della risorsa genera la rendita assoluta.

La situazione di scarsità relativa può essere rimossa nel lungo periodoattraverso un aumento di disponibilità della risorsa o cambiamenti tecnici cheincidono sull’intensità della domanda. Questi ultimi, in genere, aumentano laproduttività del suolo riducendo la pressione per una nuova redistribuzione del suouso inter e intrasettoriale. È per questo che i miglioramenti fondiari in agricolturahanno, unitamente ad altri fattori, ridotto la rendita differenziale sui terreni e iprogressi nei trasporti, a seguito dei quali non è più richiesta la vicinanza deglistabilimenti industriali ai mercati degli inputs o dell’output, ha prodotto il loroallontanamento dagli spazi urbani, ormai più competitivi per l’industria dellecostruzioni edili. Se, quindi, per Ricardo i miglioramenti fondiari, colturali e lameccanizzazione generano un nuovo ordine di efficienza delle terre, e per vonThunen a questo provvede un cambiamento nei trasporti, si può dire che perentrambi gli studiosi il progresso tecnico ridefinisce i termini del problema relativoalla destinazione d’uso dei suoli.

3. Il suolo come spazio di azione economica nei sistemi locali di produzione

Il suolo, così come si configura nella precedente trattazione, è una risorsad i fferenziata (in ragione della sua efficienza relativa rispetto ai possibili usiproduttivi) che rappresenta una variabile del calcolo economico imprenditoriale.Ciò è a maggior ragione vero se si tiene conto della sua seconda funzioneeconomica, ossia di essere territorio in cui hanno luogo le azioni economiche dilocalizzazione, spostamento e competizione delle imprese. Infatti se da un lato ilcosto di posizionamento (dato dal valore dell’area e dagli oneri di insediamentoproduttivo) e il costo di trasporto degli inputs e degli outputs materiali sonovariabili spaziali che incidono sul costo di localizzazione, dall’altro le condizionidi offerta dei servizi in quel luogo e gli eventuali incentivi rappresentano delleeconomie esterne; di conseguenza possiamo attribuire a tale gruppo di variabili lacapacità di modulare tutte le altre variabili individuate come decisionali e inferireche il loro cambiamento, rimanendo immutate le altre condizioni, conduce ad i fferenti equilibri localizzativi nell’ambito di un certo territorio. Va anchericordato, infine, che tali variabili spaziali contribuiscono, unitamente agliinvestimenti destinati alla valorizzazione del suolo ricordati in precedenza(miglioramenti fondiari e dei sistemi di comunicazione), a creare e a mutare la“vocazione produttiva relativa” di un sito.

647

Page 296: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le singole scelte di localizzazione, d’altro canto, contribuiscono allaformazione del sistema produttivo locale, che è parte integrante di quel contestoistituzionale. Ne risulta quindi che, sul piano dell’indagine teorica, l’introduzionedella competizione per la risorsa suolo e della dimensione spaziale nelle scelteimprenditoriali conferisce all’impresa il ruolo di unità di indagine privilegiata perlo studio dell’organizzazione tecnico-produttiva di una certa area; non solo, mapermette anche di caratterizzare il sistema locale di produzione a partire dall’unitàdi gestione (impresa) e di endogenizzare, al tempo stesso, i caratteri socio-culturaliche riassumono il “fattore locale” (Dardi, 1997).

Seguendo la letteratura sull’argomento (Brusco, 1990) col termine s i s t e m alocale di pro d u z i o n e intendiamo l’insieme delle imprese, appartenenti ai diversisettori produttivi, localizzate in un territorio di ampiezza non prioritariamentedefinita, nonché la struttura relazionale che scaturisce da tali insediamenti. Essoassume i diversi connotati modulando i caratteri socio-culturali, politico-amministrativi ed economici, il che permette sia di identificare specifici subsistemi(quali i distretti industriali, le aree metropolitane o i comprensori), sia di studiarliin termini di dinamica economica spaziale. Ciò perchè tiene conto deicambiamenti dovuti alla ripartizione per destinazioni economiche del suolo(insediamento residenziale o produttivo, utilizzo come input, ecc.), delle relazioniche si instaurano o si modificano a seguito dei riproporzionamenti funzionali(flussi di traffico, di persone o di elementi produttivi) e del riposizionamentoall’interno di una medesima funzione (flussi spaziali di consumo, spostamenti permotivi di lavoro o relazioni fra produttori, fornitori e distributori).

I sistemi locali di produzione tengono conto dei comportamenti spazialidell’impresa secondo i canoni interpretativi dell’economia della localizzazione) c f r. Camagni 1992), che individua quali principi economici operanti nellasoluzione del problema della localizzazione:

a) l’agglomerazione, che crea sinergie e quindi economie esterne;b) l’accessibilità (cioè la struttura del mercato dei suoli), che fornisce il dato

base per il comportamento spaziale attraverso la destinazione d’uso delle aree;c) l’interazione (ossia il tipo e l’intensità dei legami tra i soggetti -domanda

spaziale, flussi di trasporto, di mobilità e commerciali-), che indirizza icomportamenti strategici;

d) la gerarchia (in base alla quale si stabiliscono relazioni di subordinazione frasoggetti, nicroorganizzazioni o assetti locali -attività produttive tecnicamenteconnesse a risorse del territorio, rapporti fra nuclei urbani o produttivi, ecc.-), chespecifica le traiettorie di sviluppo;

e) la competitività, ossia il grado di affermazione connesso a ciascun soggettoterritoriale che lo pone in condizioni di fronteggiare soggetti analoghi sulla propriao su differenti aree.

648

Page 297: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Tali principi permettono da un lato di ottenere un efficiente comportamentospaziale, e dall’altro di costruire specifici assetti organizzativi (sistemi locali)quando uno o più di loro prevale sugli altri, entro i limiti del quadro normativo eistituzionale.

Il concetto di sistema produttivo locale, imperniato sui fattori demografici,istituzionali, sociali e culturali che influenzano l’utilizzazione economica del suolo(in quanto agevola o meno le logiche microeconomiche di comportamento), vaperò a nostro avviso tenuto distinto, sul piano analitico-concettuale, da quello disistema territoriale di produzione. Quest’ultimo rappresenta infatti aggregati disettori produttivi in territori di ampiezza istituzionalmente uniforme per la cuicomprensione si rivelano particolarmente utili le unità amministrative territoriali,che circoscrivono spazi di azione economica configurando altri subsistemiterritoriali. Sono esse le unità di indagine adatte a studiare la dinamica economicastrutturale, ad individuare le “vocazioni territoriali” e a definire statisticamente“zone economiche omogenee” secondo obiettivi conoscitivi dell’economia delterritorio.

La precedente dicotomia, basata sulla funzione analitica dello spazio (contenutodell’azione nel primo caso e contenitore nel secondo) e sul ruolo delle istituzioni(soggetto che qualifica economicamente il territorio costituendo un dato perl’impresa nei sistemi locali, criterio di inclusione e variabile strumentale nelleunità territoriali), mostra da un lato la possibilità di utilizzare due diversi approcciper lo studio degli aggregati produttivi e dall’altro la loro efficacia in relazione ad i fferenti obiettivi conoscitivi, ma anche la loro complementarità per lacompensione delle dinamiche produttive.

4. Sviluppo rurale e dinamiche dei sistemi produttivi locali agricoli

Sulla base delle argomentazioni contenute nei precedenti paragrafi ci pare dipoter definire, in prima approssimazione, lo sviluppo rurale come il processo dimiglioramento delle condizioni economico-sociali di un territorio a bassa densitàresidenziale. Con ciò, seguendo più le linee indicate dall’OCSE (OCSE, 1994) chequelle spesso seguite dall’Unione Europea (Fonte, 1999), sia la generica nozioneterritoriale di sviluppo sia quella legata agli spazi rurali vengono modulate conriguardo all’intensità di uso residenziale del suolo, dando così luogo ad unosviluppo urbano o rurale. Una tale impostazione, che può sembrare riduttiva, ègiustificata da una serie di motivi. Anzitutto il mutamento delle strutture produttivesettoriali urbane ed extraurbane rende insignificante, da un punto di vista teorico,ancorare un concetto a singole fattispecie storiche, ossia a sistemi produttivi localiche presentano in particolari momenti determinate caratteristiche (come la preva-

649

Page 298: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

lenza dell’agricoltura nelle campagne o dell’industria nelle città durante le dueprime rivoluzioni industriali). In secondo luogo il consumo del suolo connesso allalocalizzazione abitativa rappresenta una utilizzazione intensiva della risorsa che haposto e pone in genere vincoli istituzionali all’impiego produttivo della medesima.Infine, una distinzione dello sviluppo territoriale in base a questa variabilepermette di introdurre in modo appropriato (cioè come economie e diseconomie dilocalizzazione) il contesto territoriale di insediamento delle imprese, e di tener inconsiderazione anche i mutamenti nel consumo (di abitazioni e non) e nellaproduzione.

Lo sviluppo degli spazi rurali delle economie post-industriali viene così aconfigurarsi come il miglioramento delle condizioni socio-economiche di areecaratterizzate da piccoli centri abitati e da un sistema locale di produzione spessocontraddistinto da forti connotati primari consistenti nel fatto che l’agricolturafornisce un importante contributo relativo al reddito della zona, o ne impiegaun’alta percentuale di occupati, oppure ne utilizza come input una consistenteporzione di suolo usufruibile. Questo relativo protagonismo dell’agricolturadiscende dall’efficienza delle sue imprese che sono in grado di competere nell’usodel suolo con quelle degli altri settori (spesso funzionalmente legati ad essa) o daparticolari “contesti” istituzionali. Queste caratteristiche del sistema produttivo,oltre ai flussi di spostamento dei soggetti e dei beni ad esso conseguenti, allastruttura dei rapporti sociali e all’organizzazione istituzionale, qualificano i diversisistemi produttivi locali di tipo rurale.

Occorre subito notare che questa definizione ingloba accezioni più limitative disviluppo rurale, facenti riferimento alla dinamica temporale delle attività agricolein senso stretto (sviluppo agricolo), o alla dinamica socio-economica territorialedeterminata dal rapporto subalterno alla città industriale e al suo stile di vita deiterritori extraurbani (sviluppo del mondo rurale). Facendo perno sulla dimensionespaziale nelle sue due implicazioni di uso della risorsa suolo e di comportamentieconomici sul territorio, una tale definizione da un lato è in grado di rappresentarei cambiamenti che si verificano in quei particolari subsistemi, e dall’altro dispiegare il processo di riequilibrio allocativo delle risorse territoriali terra e lavoro.In particolare utilizzando l’impostazione connessa a tale definizione è possibilecapire che ogniqualvolta tale processo ha luogo l’agricoltura conserva un ruolosolo se vi partecipa attivamente (cioè operando una trasformazione radicale al suointerno), altrimenti diviene marginale, non riuscendo a progredire e a trovare undiverso rapporto economico col territorio.

Storicamente questa “riconversione” dell’agricoltura si è verificata colpassaggio dall’uso comune delle terre al regime di uso privato delle medesime,quando l’incremento della domanda di suolo per scopi produttivistici (recinzioni)ha condotto ad una ridefinizione dell’uso del suolo e a nuovi comportasmenti

650

Page 299: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

spaziali degli agricoltori (appoderamento, costituzione di un mercato del lavoroagricolo e flussi migratori verso le città e produzione per il mercato locale). Unaltro esempio di riequilibrio territoriale positivo per l’agricoltura è rappresentato,durante l’avvento dell’industrializzazione di massa, dalla riorg a n i z z a z i o n espaziale-produttiva attuata per far fronte alla competizione fra agricoltura edindustria nell’uso della risorsa lavoro; essa ha comportato l’aumento dellaprofittabilità dell’attività agricola attraverso la crescita della dimensione spazialedelle imprese e la meccanizzazione dei processi produttivi cui sono associati unuso tecnicamente diverso (più intensivo) della risorsa suolo, uno svincolamentocrescente dal più vicino centro cittadino relativamente al mercato e la creazione dipiccoli nuclei urbani funzionali alle esigenze più immediate del settore. Ed infinenella fase dell’economia post-industriale è ancora la riorganizzazione territoriale acontemperare la pressione delle domande settoriali sul suolo, intensivizzandoancor di più l’uso agricolo della terra per far fronte agli indici di produttivitàeconomica che essa ha per le attività industriali, terziarie e resienziali che nerichiedono l’impiego: l’obiettivo che si persegue è quello di accrescere il valoreaggiunto per unità di terra sia aumentando la quantità di output ottenibile, siaincrementando, con il coinvolgimento in attività industriali (part timedell’agricoltore) o terziarie (agriturismo), il reddito del lavoro “collegato” ad unacerta superficie di terreno.

La competizione intersettoriale sulle risorse degli spazi rurali induce quindi leimprese agricole ad una riorganizzazione spaziiale e all’aumento della produttivitàdel suolo. Requisito essenziale perchè il circuito virtuoso si metta in funzione è lapresenza di opportunità alternative di impiego delle risorse suolo e lavoro e laconcorrenzialità dei rispettivi mercati locali: quanto più intensamente sipresenteranno tali condizioni, tanto più pressante è per l’attività agricola l’esigenzadi aumentare la produttività per unità di suolo, se non vuole soccombere. Là dovele condizioni di mercato permettono tale competizione il sistema produttivo localeè caratterizzato da un’agricoltura vitale, dove invece le rigidità istituzionali oeconomiche proprie dei mercati delle risorse (unite alla scarsa produttività dellaterra o alle inefficienze gestionali delle imprese agricole) il sistema divieneindustriale, terziario o periferia residenziale. Là dove, invece, non esiste nèdomanda extra-agricola di suolo, nè domanda da parte del settore (perchè laproduttività agricola della terra è scarsa o il mercato è istituzionalmente bloccato -assenza di riforme agrarie-), si ha l’impossibilità di creare un equilibrio attraverso icomportamenti localizzativi, e l’abbandono della terra, la sua marginalizzazione ela sua desertificazione sopraggiungono a peggirare il rapporto fra risorse eterritorio.

651

Page 300: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

5. Considerazioni conclusive

La precedente trattazione ha messo in luce come la dinamica dei sistemiproduttivi locali di tipo rurale dipende da una serie di variabili che determinano laconvenienza localizzativa delle imprese, ossia dai mercati dei suoli (su cuiincidono i livelli istituzionali: leggi di successione, riforma agraria, ecc.), dallaproduttività del suolo impiegato per le produzioni agricole, dal raspporto frafamiglia e capitale terra e fra capitale terra e altre forme di capitali familiariimpiegate in queste attività, nonchè dai cambiamenti tecnici nei mezzi di trasportoe nell’utilizzazione dell’input suolo all’interno dei diversi settori produttivi. Lad i ffusione capillare delle vie di comunicazione (che svincola sempre più leproduzioni di un certo territorio dai mercati delle città più vicine) e la possibilità dipendolarismo dei lavoratori incentivano il posizionamento negli spazi rurali diattività industriali e terziarie (oltre a quelle agricole) e generano una diff u s adomanda di suolo per uso residenziale, creando sistemi locali al loro interno moltovariegati. Tale processo è tanto più intenso quanto maggiore è la pressione delladomanda di suolo per usi alternativi, e quanto più le terre sono capaci di differentidestinazioni d’uso. Ma l’intrecciarsi di attività produttive intersettoriali si ha anchein assenza di usi alternativi del suolo e di mobilità dei contadini là dove l’impresaagraria deve aumentare il valore aggiunto per unità di terra posseduta: così puòspiegarsi il part-time di molti agricoltori in sistemi locali agroindustriali, o leattività di agriturismo della società post-industriale.

Il processo evolutivo delle economie post-industriali, che ha intaccato da unlato l’egemonia dell’agricoltura sul suo territorio e dall’altro l’identificazione delsuo output come primario, ha messo in luce la competizione sulla risorsa suolo e leeconomie di localizzazione quali determinanti strettamente economiche di talidinamiche. Ciò impone agli studiosi un ripensamento metodologico non solo peressere in grado di elaborare nuovi strumenti per la comprensione delle tendenze inatto, ma anche per la progettazione di nuovi percorsi per lo sviluppo settoriale. Dalprimo punto di vista ci pare che le modalità di studio debbano acquisire l’impresaquale unità di indagine di un aggregato produttivo locale caratterizzato da legami eflussi non solo fra imprese, ma anche fra settori che si contendono e/o condividonole risorse suolo, acqua e lavoro. Dall’altro si evidenzia la necessità di unapromozione dello sviluppo delle produzioni agricole non più prescindendo dallospazio rurale e dalle sue dinamiche (cioè dalla competizione con gli altri settori)ma tenendo presente la tendenza all’uso integrato delle risorse.

652

Page 301: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Albisinni F. (1997): Lo spazio rurale come elemento d’impresa. Note per un diritto ru r a l e, IGeorgofili. Quaderni: Agricoltura e ruralità, VII, pp. 139-184.

Backwell A. et al. (1998): Towards a Common Agricultural and Rural Policy for Europe, EuropeanEconomy, n. 5.

Basile E., Cecchi C. (1997): D i f f e renziazione e integrazione nell’economia ru r a l e, Rivista dieconomia agraria, LII, nn. 1-2, pp. 3-27.

Bellia F. (1971): Aspetti dello sviluppo degli usi residenziali e ricreativi della terra nelle zone viticoledell’Etna, Tecnica agricola, XXIII, n. 1, pp. 5-27.

Beltrame G. (1991): Sulla reciprocità e complessità delle interazioni tra sistema urbano e sistemaagricolo, in U. Maggioli (a cura di), Trasformazioni d’uso del suolo agricolo, op. cit., pp. 21-28.

Brusco S. (1990): Small firms and the provision of real serv i c e s, International Conference onIndustrial Districts and Local Economic Regeneration, ILO, Geneva.

Camagni R. (1992): Economia urbana, Roma, NIS.

Cox L. J., Hollyer J. R. e Leones J. (1994): Landscape Services: An Urban Agricultural Sector,Agribusiness, X, n. 1, pp. 13-26.

Dardi M: (1997): Il “fattore locale” nell’analisi del distretto industriale, SIE-XXXVIII Riunionescientifica, Roma.

Distaso M. (1995): R a p p o rti tra agricoltura, industria e art i g i a n a t o, in SIDEA, Lo sviluppo delmondo rurale, op. cit., pp. 247-286.

Fei J. C. H., Ranis G. (1966): Agrarianism Dualism and Economic Development, in I. Adelman, E.Thorbecke (a cura di), The Theory and Design of Economic Development, Baltimora.

Fonte M. (1999): Modelli di ruralità nelle regioni del Mediterraneo, mimeo.

Formica C. (1996): Geografia dell’agricoltura, Roma, NIS.

Franceschetti G. (1995), Problemi e politiche dello sviluppo rurale: gli aspetti economici, in SIDEA,Lo sviluppo del mondo rurale, op. cit., pp. 9-86.

Gregori M. (1995): Agriturismo, turismo rurale e sviluppo rurale, in SIDEA, Lo sviluppo del mondorurale, op. cit. pp.287-394.

Lewis W. A. (1954): Economic Development with Unlimited Supplies of Labour, Manchester School,McCann P. (1998): The Economics of Industrial Location, Berlino, Springer.

Maggioli U (a cura di), (1991): Trasformazioni d’uso del suolo agricolo, Milano, Franco Angeli.

653

Page 302: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Marshall A. (1890): Principles of Economics, Londra, MacMillan.

Merlo M. (1988): Una riconsiderazione dei fattori che influiscono sull’uso del suolo: le tre Italie,Rivista di economia agraria, XLIII, n.2, pp. 299-312.

OCSE (1994): Creating rural indicators for shaping territorial policy, Parigi.

Pilati L. (1996): I sistemi agricoli nelle interdipendenze territoriali, Trento, Edizioni Osiride.

Reardon T. e Stamoulis K, (1997): Relating Rural A g ro-Industrialization, intermediate Cities, andFarm-Nonfarm Linkages: Concepts, Hypotheses, and Latin American Exemples, paper presentato alSeminario FAO su: Interelacion Rural-urbana y Desarrollo Descentralizado, Taxco, Mexico.

Ricardo D. (1817): On the Principles of Political Economy and Taxation, Londra, John Murray.

Romagnoli A. (1995): L’ o rganizzazione dei processi produttivi: impresa “reticolare” e dinamicasettoriale in agricoltura, in AA.VV, Il sistema di agrimarketing e le reti d’impresa, Centro Stampadell’Università degli Studi di Perugia, pp. 125-150.

Romano D. (1995): Agricoltura e uso del territorio, in SIDEA, Lo sviluppo del mondo rurale, op.cit., pp.119-198.

Romano D., (1998): “I sistemi locali di sviluppo rurale”, in L’agricoltura tra locale e globale.Rapporto CNEL1998, Roma.

Saraceno E. (1994): Recent Trends in Rural Development and Their Conceptualisation, Journal ofRural Studies, X, n.4, pp. 321-330.

SIDEA(1995): Lo sviluppo del mondo rurale, Bologna, Il Mulino.

Sotte F. (1998): Verso una Politica Agricola Rurale Comune per l’Europa (CARPE). Quale riformadella PAC attraverso e dopo Agenda 2000?, Rivista di economia agraria, n. 1-2, pp. 203-223.

Timmer, C. P. (1992): Agriculture and Economic Development Revised, Agricultural Systems, 40, pp.21-58.

Von Thunen J. H. (1826): Der Isolierte Staat inBeziehung auf Lasndwirtschaft undNationalokonomie, Amburgo, Puthes.

654

Page 303: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gruppo di lavoroGLI STRUMENTI

Page 304: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 305: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Presentazione

Nella sessione parallela riservata al gruppo di lavoro “Gli strumenti” sono statepresentate cinque relazioni, riconducibili ad un quadro comune che prevedel’applicazione di modelli teorici alla realtà agricola. In particolare, le prime trecomunicazioni presentano stime di modelli che fanno riferimento all’approccioteorico dell’economia neoclassica, mentre le rimanenti hanno come schema diriferimento, rispettivamente, il modello proposto da Pasinetti per lo studio delprogresso tecnico e la teoria dell’agenzia o modello principale-agente.

Prima di passare a fornire una breve sintesi dei temi trattati, desiderosottolineare che la sessione ha registrato un notevole successo sia per il numero dipartecipanti che per il livello scientifico dei lavori presentati e del dibattito che neè seguito. Purtroppo, il tempo a disposizione non ha consentito a tutti i relatori dipresentare compiutamente i propri contributi né di dare a tutti gli intervenuti neldibattito lo spazio necessario per una discussione approfondita.

I singoli lavori vengono qui di seguito illustrati nell’ordine in cui sono statipresentati nella sessione. Dato il carattere sintetico che si richiede a questarelazione si darà spazio soprattutto ai risultati delle elaborazioni, mentre ci silimiterà a tracciare solo per grandi linee il modello teorico di supporto.

Alessandro Corsi, “La scelta di trasformazione dell’uva in vino: fattorieconomici e fattori soggettivi”. Il lavoro affronta alcune problematiche dei modelliazienda-famiglia proponendo un’analisi empirica applicata alle aziende agrarie delPiemonte che dispongono di un impianto per la vinificazione; l’obiettivo è quellodi verificare se la scelta di trasformare in azienda le uve prodotte o di venderle sulmercato sia un problema di decisioni solo aziendali, come ipotizzato nell’imposta-zione tradizionale classica di economia agraria che fa riferimento al valore ditrasformazione, oppure se le stesse siano influenzate anche da variabili soggettivee familiari.

Il quadro di riferimento teorico per l’analisi è costituito dai cosiddetti modelliazienda-famiglia. A tal fine si può osservare che le specificazioni empiriche diquesti modelli hanno trattato la questione della separabilità delle decisioni diproduzione solo in contesti di paesi in via di sviluppo, mentre il lavoro in

657

Page 306: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

questione affrontata queste stesse problematiche con riferimento ad aziendefamiliari presenti in un’area ad elevato livello di sviluppo economico.

Sul piano empirico, l’analisi della scelta di trasformare l’uva in azienda vienea ffrontata attraverso un modello p ro b i t. I parametri così stimati rappresentano,quindi, l’influenza di ciascuna delle variabili esplicative sulla probabilità ditrasformazione.

Senza entrare nello specifico dell’impostazione metodologica, si segnala soloche i dati aziendali utilizzati nella stima provengono dalle registrazioni aziendalidel Censimento dell’Agricoltura del 1990 relativi al Piemonte, mentre quellirelativi ai prezzi delle uve e dei vini sono stati oggetto di una indagine specifica.

I risultati della stima mostrano che il modello è altamente significativo e cheesso prevede correttamente il 73% dei casi. Tuttavia, mentre gli esiti ditrasformazione sono previsti correttamente nel 97,2% nei casi, solo il 24,9% deicasi di non trasformazione dell’uva sono previsti correttamente.

Per quanto riguarda gli effetti delle singole variabili che influiscono sulledecisioni, i risultati del modello utilizzato evidenziano che la differenza di prezzofra uva e vino ha un effetto positivo sulla probabilità che l’azienda trasformi inproprio l’uva, sebbene in modo poco rilevante: un aumento di 10.000 lire alquintale del differenziale di prezzo fra vino e uva (tenuto conto del coefficiente ditrasformazione dell’uva in vino) fa crescere la probabilità di trasformazione solodell’1%; inoltre, come si evince dall’analisi dei risultati, un ruolo statisticamentesignificativo sulla probabilità che l’azienda trasformi in proprio l’uva vieneesercitato dalle caratteristiche socio-culturali del conduttore, ed in particolare ilsuo livello di scolarizzazione e la formazione professionale, dalle dimensioni dellaproduzione viticola e dell’impianto di trasformazione. Infine, di particolareinteresse per l’obiettivo del lavoro è anche il fatto che tale probabilità apparelegata negativamente, e in modo statisticamente significativo, con il carico dilavoro dei membri della famiglia. L’effetto di quest’ultima variabile non è tuttaviamolto forte in quanto si stima che un ettaro in più per persona fa diminuire laprobabilità di trasformazione solo dell’8%.

In sostanza, come viene puntualizzato dall’autore, l’analisi effettuata suggerisceche “la lavorazione in proprio rappresenta un modo di sfruttare la disponibilità diforza lavoro familiare e che questa non è sostituibile dalla manodopera salariata,vuoi per questioni di costo, vuoi per la minore fiducia nell’accuratezza del lavoroche questa può presentare in lavorazioni delicate come quelle relative allaproduzione di vino”. In altri termini, il caso studiato mostrerebbe come lecomponenti familiari giocano un ruolo importante anche nelle decisionieconomiche e produttive; una situazione, in sostanza, che corrisponde a quello chenella letteratura economica sui modelli azienda-famiglia viene chiamato modellonon separabile. Di qui la conclusione circa l’esigenza di una riconsiderazione del

658

Page 307: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

comportamento produttivo delle aziende che si evince dalla teoria standard, cheassume che l’azienda agraria persegue, come una qualsiasi altra impresa,l’obiettivo della massimizzazione del profitto.

Roberto Esposti e Pierpaolo Pierani, “Investimento in R&S e produttivitànell’agricoltura italiana (1963-91): un approccio econometrico mediante unafunzione di costo variabile”. Il contributo presentato da questi autori èun’applicazione all’agricoltura italiana di un modello di derivazione neoclassicaper lo studio delle caratteristiche del progresso tecnico e per l’analisi del ruoloesercitato dalla spesa in ricerca e sviluppo (R&S) e in assistenza tecnica edivulgazione (A&D). Il modello proposto trae origine dall’approccio seguito daSolow nel 1957 per la misura della produttività dei fattori; ma, anziché considerareil progresso tecnico come incremento della produttività dei fattori e, quindi, comespostamento verso l’alto della frontiera di produzione, individua una funzione dicosto nella quale gli input non convenzionali, costituiti tipicamente dalla spesa inR&S, A&D, spillover, educazione, ecc., siano esplicitamente considerati comeparte integrante del processo produttivo. In particolare, questo approccio assume lostock di ricerca e assistenza tecnica come fattore esplicito di produzione e, al paridel capitale fisico, esso viene costruito come somma ponderata di tutti gliinvestimenti passati che possono condizionare la produttività. Per tenere conto delritardo con cui l’investimento in ricerca diventa operativo, della sua successivaobsolescenza e, quindi, del suo deprezzamento, le variabili sono opportunamenteponderate. Il lavoro in questione considera, più semplicemente, come input nonconvenzionali, la spesa pubblica in ricerca e quella in assistenza e divulgazione.

Il modello stimato è una funzione di costo variabile relativa all’agricolturaitaliana in cui il fattore capitale viene assunto fisso nel breve periodo. Lo stock diricerca e assistenza tecnica già detto si comporta, al pari della variabile tempo,come un fattore esogeno che determina uno spostamento verso il basso dellafunzione di costo. Infine, per il calcolo si utilizza una forma funzionale translog inquanto questa consente di non porre vincoli sulla matrice di sostituzione dei fattori,sia di breve che di lungo periodo.

I risultati dell’applicazione al periodo 1963-1991, indicano che, dal punto divista econometrico, buona parte delle stime ottenute appaiono significative; varilevato tuttavia che i pochi parametri scarsamente significativi si riferisconoproprio allo stock di R&S e A&D. Ciò, come viene sottolineato, è una confermadella difficoltà di individuare il ruolo esercitato da queste variabili nel contestoproduttivo. In ogni caso va rilevato che la stima di tali modelli richiede ladisponibilità di una base informativa appropriata che in Italia, soprattutto perquanto riguarda il flusso relativo alla spesa pubblica per la ricerca e perl’assistenza tecnica e la divulgazione, appare molto carente.

659

Page 308: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Anche tenendo conto di queste limitazioni, il lavoro, al di là del suo indubbiointeresse metodologico, consente di ricavare utili informazioni sulla tecnologiaproduttiva, sul livello di utilizzazione della capacità produttiva, sulle caratteristichedel progresso tecnico e, soprattutto, sul rendimento della spesa in R&S e A & D .Vale la pena segnalare, infatti, l’alto tasso di rendimento interno della spesapubblica in R&S e A&D, pari al 39%. Ciò sembra suggerire come in questoambito l’intervento pubblico presenti ancora spazi di crescita considerevoli; undato che risulta, indubbiamente, di un certo interesse e che, come vedremo, trovaconferma nel lavoro successivo, sebbene con riferimento ad un contesto delimitatocome quello della frutticoltura romagnola.

Aldo Bertazzoli, “Efficienza tecnica e caratteristiche aziendali dellafrutticoltura romagnola”. Il lavoro è un’applicazione della funzione di produzioneper valutare i livelli di efficienza delle imprese frutticole romagnole e perindividuarne i fattori determinanti.

Ora, come è noto, la stima della funzione di produzione comporta semprenotevoli difficoltà sia sul piano dello econometrico che su quello dellainterpretazione dei risultati. Difficoltà che l’autore non nasconde e che, anzi,vengono indicate con chiarezza evidenziando i limiti delle soluzioni proposte. Inparticolare, prima dello svolgimento della stima l’autore si sofferma sui problemirelativi alla quantificazione della produzione, alla individuazione dei fattori diproduzione e delle variabili più idonee a rappresentarli e sulla questione dellascelta della forma funzionale.

L’analisi empirica riguarda un campione di 332 aziende frutticole delleprovince di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini che fanno capo alla “Rete contabileregionale” e per le quali il risultato produttivo è espresso in termini di ricavo. Inquesto caso, l’utilizzo del dato contabile come indicatore della produzionecomporta che il sistema di prezzi sia sufficientemente omogeneo per le diverseaziende; inoltre, dal momento che l’analisi riguarda il periodo 1990-95, per tenereconto dell’alta variabilità del sistema dei prezzi relativi nelle diverse annate, intutti i modelli analizzati vengono introdotte delle variabili dicotomiche, i cuic o e fficienti riassumono l’effetto congiunturale, con riferimento a un anno base.Nella stima, anche al fine di evitare problemi di multicollinearità, i ricavi e l’entitàdei fattori produttivi impiegati vengono espressi per ettaro di superficie inproduzione.

Il secondo problema da risolvere per lo svolgimento della stima è, com’è noto,quello della individuazione e quantificazione dei fattori di produzione impiegatiche, nel modello, riguardano solo il lavoro e il capitale. Il primo di questi è statoquantificato in termini di costi espliciti ed impliciti o di unità lavorative,considerando congiuntamente o disgiuntamente il lavoro familiare e quello

660

Page 309: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

salariato. Per quanto attiene ai capitali, sono stati distinti gli investimenti dicapitale fisso (al lordo dei relativi fondi) e di capitale circolante. Sono state cosìinserite nel modello le diverse variabili relative alle piantagioni e, per gli altricapitali fissi, quelle relative all’ammontare complessivo degli stessi o a categoriedistinte di capitale. Nel capitale circolante, le spese per antiparassitari o perprodotti chimici in generale e quelle sostenute per gli altri consumi intermedi sonostate considerate come voci distinte.

Infine, il lavoro affronta il problema della scelta della forma funzionale. Questoproblema viene risolto optando per la forma logaritmica (Cobb Douglas) e, perquanto concerne la distribuzione degli errori, si è fatto riferimento ad una funzionedi tipo stocastico, con distribuzione seminormale degli errori. Attraverso la stimadelle diverse funzioni proposte viene quindi determinato il livello di eff i c i e n z a ,definito come rapporto fra l’entità effettiva della sua produzione e quella attesa diciascuna azienda interessata dall’analisi.

In questo quadro, i modelli più significativi sotto il profilo statistico edinterpretativo consentono di evidenziare alcuni elementi della realtà frutticolaromagnola che appaiono di notevole interesse anche per le possibili implicazionirelative all’intervento pubblico. In particolare, in entrambe le funzioni si osservauna bassissima produttività marginale della manodopera; un dato che suggerisce lanecessità di assumere azioni di intervento a favore della formazione edell’assistenza tecnica.

Parallelamente, per quanto riguarda le piantagioni, il secondo modello,quantificando distintamente attraverso le rispettive superfici, gli impianti frutticolie quelli viticoli, mostra che i primi hanno una produttività marginale positiva (114lire per metro quadrato), mentre i secondi una produttività marginale negativa (- 65lire per metro quadrato), evidenziando così l’opportunità di ampliare gli impiantifrutticoli a scapito di quelli viticoli.

Di segno decisamente univoco e di valore elevato risulta, invece, la produttivitàdelle spese relative all’impiego di prodotti chimici (antiparassitari, fertilizzanti,diserbanti). Qui il rapporto fra produzione e costi marginali risulta uguale a 1,71nel primo modello e a 1,78 nel secondo. Tale rapporto sale rispettivamente a 1,86 ea 2,02 se il riferimento è a quel complesso di fattori produttivi rappresentato dagli“altri costi intermedi”. In sostanza, questi risultati evidenziano come per le impresefrutticole sia conveniente operare con tecniche che prevedano un elevato impiegodi mezzi tecnici. A tale proposito, come si fa osservare, dato il sistema dei prezzi eil quadro tecnologico è antieconomico perseguire politiche volte alla riduzionedell’impiego di mezzi tecnici, mentre sarebbe opportuno sostenere simili azioniattraverso il pagamento di compensazioni agli agricoltori.

Infine, attraverso il calcolo dell’efficienza delle singole imprese viene stimato ildivario tra produzione lorda vendibile effettiva e produzione lorda vendibile

661

Page 310: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

raggiungibile in ipotesi di piena efficienza di tutte le aziende considerate. Anche sequesto divario è diverso da un’azienda all’altra, mediamente la produzioneeffettiva raggiunge un valore pari ad appena il 68% di quello teorico (524 miliardidi lire, contro i 770 miliardi di lire della produzione potenziale).

Roberto Polidori, Benedetto Rocchi e Gianluca Stefani, “Un’analisi delcambiamento tecnologico nel settore agricolo italiano, 1980-1992”. Il lavoropresenta un’analisi sull’importanza del progresso tecnico nella spiegazione deigrandi cambiamenti strutturali che hanno interessato l’agricoltura italiana e, inparticolare, sul declino della redditività dei capitali agricoli. A questo proposito sirileva come l’agricoltura italiana, al pari di quella degli altri paesi industrializzati,abbia visto diminuire la sua importanza relativa sia in termini di valore aggiuntoche di occupazione. Nel frattempo, l’aumento del valore aggiunto per lavoratore,in linea con l’incremento dei salari reali, ha comportato, in condizioni di salaricrescenti, saggi di remunerazione degli investimenti bassi e decrescenti.

In questo quadro, il lavoro presentato richiama l’attenzione sull’importanza delprogresso tecnico come fattore esplicativo e propone per lo studio di quest’ultimol’applicazione del modello di Pasinetti che comporta, com’è noto, un’analisi intermini di valore aggiunto e di settori verticalmente integrati.

Dopo aver indicato le relazioni che collegano gli specifici caratteri del settoreagricolo al progresso tecnico e le sue diverse modalità di misura (con riferimentoall’approccio neoclassico e a quello che fa capo ai modelli lineari di produzionericonducibili all’analisi condotta da Leontief e Sraffa), gli autori si soffermano sulquadro di riferimento teorico proposto da Pasinetti, evidenziandone le peculiarità,anche in rapporto all’approccio neoclassico delle funzioni di produzione aggregateutilizzate da Solow per studiare i miglioramenti tecnologici negli Stati Uniti tra il1909 ed il 1949.

La parte più propriamente empirica del lavoro verte su una applicazione delmodello proposto all’agricoltura italiana dal 1980 al 1992. Per lo svolgimentodell’analisi vengono utilizzati i dati dell’Istat sul valore aggiunto dell’agricoltura edei settori produttori di macchine e attrezzature, costruzioni e mezzi di trasportodesunti dalla contabilità nazionale e dalle stime della consistenza dello stock dicapitale netto riproducibile per branca utilizzatrice.

I risultati dell’elaborazione mostrano che nel periodo considerato l’agricolturaha fatto registrare una costante crescita della produttività del lavoro; la produttivitàdel capitale è rimasta invariata, mentre in misura intermedia si colloca quella dellaterra. In altri termini, come viene osservato, nel periodo considerato si realizza un“cambiamento tecnico nettamente capital using, ma anche land using”. Questaanalisi viene approfondita per comprendere le dinamiche delle variabilimacroeconomiche dell’industria dei beni capitali. A tal fine è interessante notare

662

Page 311: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

come gli incrementi produttivi si siano trasferiti solo in parte nei prezzi dei capitaliimpiegati dall’agricoltura, essendo stati trattenuti dall’aumento dei salari e deiprofitti. Inoltre, lo studio delle componenti da cui traggono origine le variazioni diproduttività evidenzia il ruolo del cambiamento della composizione del capitale edella produttività del lavoro nelle industrie che fabbricano i capitali agricoli.

Infine, anche come verifica e approfondimento dell’analisi precedente e perrendere possibile una valutazione di confronto delle diverse “direzioni” assunte dalprogresso tecnico, il lavoro sviluppa un confronto puntuale dei rapporti capitale-prodotto tra il 1982 e il 1992 per tutti i settori verticalmente integrati checompongono l’economia, basato sull’applicazione dell’approccio input-ouput. Idati così calcolati evidenziano come il progresso tecnico nel settore agricolo(verticalmente integrato) risulti nettamente differenziato da quello degli altrisettori. Infatti, mentre nel settore agricolo l’intensità di capitale cresce in misurasignificativa, in tutti gli altri, ad eccezione del settore alberghiero, si registra undecremento più o meno marcato del rapporto in questione. Un dato che, come gliautori sottolineano nelle conclusioni, mentre rafforza l’analisi precedente sullatipologia di progresso tecnico realizzatosi nell’agricoltura italiana, confermando lesue caratteristiche intensive di capitale, chiama in causa il ruolo esercitatodall’intervento pubblico.

Biancamaria Torquati, “Applicazione e valutazione delle misureagroambientali: un approccio di contrattazione mediante il modello principale-agente”. Quest’ultimo lavoro presenta un’applicazione della teoria principale-agente alle problematiche connesse con le finalità delle misure agroambientalipreviste dal Regolamento (Cee) 2078/92.

Com’è noto, il Regolamento ha l’obiettivo di sviluppare l’agricolturaecocompatibile attraverso un sistema di incentivi alla riduzione dell’impiego dimezzi tecnici e all’adozione di metodi di produzione estensivi. I pagamentie ffettuati nell’ambito del programma sono calcolati in funzione dell’impegnosottoscritto dagli agricoltori, sulla base dei costi sostenuti e delle perdite di reddito,da cui vengono dedotti eventuali introiti supplementari e a cui è possibileaggiungere un incentivo non superiore al 20%. In sostanza, gli aiuti vengono intesicome compensazione per le perdite di reddito arrecate agli agricoltori dallariduzione della produzione e/o dall’aumento dei costi di produzione, nonché per ilruolo che essi svolgono nella tutela dell’ambiente.

In questo quadro tra gli agenti si instaurano relazioni contrattuali il cui trattofondamentale è costituito dalle condizioni di incompletezza e di asimmetria delleinformazioni; condizioni che, come evidenziato dalla teoria dei contratti, rendonocostosa e inefficiente la stipulazione di contratti completi. In particolare,condizioni di selezione avversa (adverse selection), cioè situazioni in cui in una

663

Page 312: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

relazione contrattuale il comportamento dei contraenti è fortemente influenzatodalla distribuzione asimmetrica delle informazioni tra le parti ex ante, e di rischiomorale (moral hazard), cioè la non osservabilità ex post delle azioni dallacontroparte (azione nascosta), ovvero del contesto informativo in cui le azioni sisvolgono (informazione nascosta), conducono a contratti incompleti il cuifunzionamento viene a dipendere dall’esistenza di incentivi allo scambio diinformazioni, dai meccanismi di rinforzo esterni al contratto, ma concernenti leparti, o dall’intervento di terzi (arbitri) che garantiscono il rispetto del contratto.

Il problema dell’applicazione della misura che prevede una sensibile riduzionedei concimi chimici viene visto come la richiesta di uno “scambio” da partedell’Unione Europea nei confronti degli agricoltori; uno scambio che, comeosservato dall’autore, è “molto particolare in quanto da una parte abbiamo gliagricoltori proprietari delle loro risorse (capitale fondiario, capitale agrario elavoro) e dall’altra l’Unione Europea “proprietaria”, in termini sociali, della risorsaambiente”. L’Unione Europea (principale) partendo dal presupposto che l’uso diprodotti chimici danneggi l’ambiente, chiede agli agricoltori (agenti), di adottaremetodi di produzione compatibili con le esigenze di protezione dello stesso,introducendo, a tale scopo, un sistema di incentivi. Il problema, quindi, è quello diindividuare un contratto ottimale al fine di influenzare le scelte dell’agente nelladirezione desiderata dal principale. In altre parole, il principale, offrendo ilcontratto all’agente, deve incorporare nella soluzione del suo problema la reazionedi quest’ultimo all’incentivo ad esso concesso, adottando un contratto che sia“prescrittivo e persuasivo”.

Il ragionamento viene sviluppato con l’ausilio di una esemplificazionenumerica facendo riferimento all’uso dei concimi chimici come fattori responsabilidella presenza di nitrati nelle acque e ipotizzando le seguenti condizioni:l’agricoltore può decidere di impegnarsi molto (livello di impegno pari a 5),attenendosi strettamente alle norme previste dal Regolamento, o nulla ( livello diimpegno pari a 0); esistono eventi incerti che favoriscono la concentrazionemaggiore o minore di nitrati nelle acque; l’Unione Europea è in grado di osservaresolo gli effetti ultimi sull’ambiente.

Fatte alcune ipotesi sulle preferenze degli agenti, l’autore procede allaindividuazione della soluzione ottimale mostrando come questa, in generale, risultiintermedia tra un comportamento come quello registrato dall’Unione Europea, cheha considerato l’adesione alla misura pari all’impegno elevato, ottenendo unapromessa da parte degli agricoltori di impegnarsi molto così come previsto dallanormativa, e un comportamento nel quale, in presenza di asimmetria informativa,l’incentivo corrisponde all’impegno osservato dell’agente. In sostanza, lasoluzione ottimale è quella che prevede incentivi adeguati sia allo sforzo profusodall’agricoltore sia al risultato osservato.

664

Page 313: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le implicazioni in termini di politica economica vengono individuate nellanecessità di eliminare il più possibile gli elementi di incertezza e di ridurrel’avversione al rischio da parte dell’agente. Ciò comporta l’esigenza di prevederenorme più puntuali, di definire le zone di attuazione in modo più circoscritto, dimettere in atto azioni di monitoraggio dei parametri ambientali più significativi edi attivare adeguate tecniche di commercializzazione per una migliorevalorizzazione dei beni ottenuti con processi produttivi rispettosi dell’ambiente.Soprattutto, come sottolinea l’autore a conclusione del suo lavoro, data la difficoltà(o impossibilità) di individuare contratti ottimali, è necessario varare una politicaambientale più incisiva che non sia di semplice “accompagnamento” o alla politicadei mercati, come nell’ambito della riforma Mac Sherry, o alla politica di svilupporurale, come nelle proposte di “Agenda 2000”.

Gervasio Antonelli

665

Page 314: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 315: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ALDO BERTAZZOLI*EFFICIENZA TECNICAE CARATTERISTICHE AZIENDALI

DELLA FRUTTICOLTURA ROMAGNOLA**

1. Introduzione

Fra le diverse realtà frutticole nazionali, quella romagnola è certamente unadelle più importanti. Gli impianti ubicati nelle province di Ravenna, di Forlì-Cesena e di Rimini ammontano infatti a circa 44 mila ettari, a fronte di unasuperficie agricola utilizzata pari a circa 260 mila ettari.

La frutticoltura romagnola è indirizzata in particolare alla produzione peschi-cola, che interessa 28 mila ettari, considerando congiuntamente le pesche (14,6mila ettari, 18,9% del totale nazionale) e le nettarine (13,4 mila ettari, 40,0% deltotale).

Pur mantenendo intatto il proprio ruolo, la frutticoltura romagnola sta attraver-sando ormai da alcuni anni una fase di crisi o quanto meno di riflessione. Ta l esituazione viene addebitata a numerosi fattori, fra i quali spiccano da una parte glialti costi di produzione, dall’altra la mancanza di un adeguato flusso di innovazionidi prodotto, che consentano ai produttori locali di offrire prodotti nuovi e dispuntare di conseguenza prezzi più elevati.

Negli ultimi trenta anni, in effetti, l’adozione massiccia di innovazioni diprodotto da parte dei frutticoltori romagnoli aveva contribuito in buona misura alsuccesso del comparto. In particolare, negli anni ’60-’70 si era assistito allasostituzione delle pesche a pasta bianca con quelle a pasta gialla; nel decenniosuccessivo alla sostituzione di queste ultime con le nettarine, mentre nel corsodegli anni ’80 era stata l’introduzione dell’actinidia nell’ordinamento aziendaleche aveva ridato slancio al comparto.

Negli anni ’90, la mancanza di innovazioni di prodotto adottabili su larga scalaha indotto gli operatori ad una maggiore attenzione al processo produttivo. Lesperimentazioni e le applicazioni dei sistemi di lotta guidata ed integrata attuate

667

* DEIA - Università degli Studi di Bologna** Studio realizzato nell’ambito del Contratto di ricerca AIR3 - CT93 - 1581 - “Adattamentodei sistemi di produzione ortofrutticoli mediterranei ai nuovi vincoli socio-economici”

Page 316: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

nel corso degli anni ’70 e ’80 hanno costituito la base per la successiva diffusionedelle metodiche di produzione integrata, avvenuta in modo significativo proprio inquesto ultimo decennio. In particolare, si stima che circa il 22% della produzionefrutticola romagnola sia oggi ottenuta in base ai disciplinari di produzioneintegrata. Tale innovazione di processo consente di offrire un prodotto concaratteristiche qualitative superiori (quanto meno per quanto concerne la salubrità)e costituisce quindi, in una certa misura, anche una innovazione di prodotto. Lefrutta ottenute con tecniche di produzione integrata trovano in effetti una piùagevole collocazione sui mercati; tuttavia tale vantaggio si traduce solo raramentein una maggiorazione del prezzo liquidato, a causa dei maggiori oneri che lastruttura di commercializzazione deve sostenere per la lavorazione e per i controllidel prodotto.

Stante questa situazione, appare chiaro come sia necessario compiere unosforzo per offrire al comparto frutticolo romagnolo la possibilità di mantenere ilivelli di competitività raggiunti nel passato. In tal senso è auspicabile un processodi riorganizzazione delle strutture che nella filiera frutticola locale si collocano amonte e a valle delle aziende frutticole. È però anche necessario che queste ultimepuntino sempre più ad un miglioramento della gestione interna e ad un’ottimiz-zazione dei processi produttivi.

Da queste considerazioni nasce l’opportunità del presente studio, il cuiobiettivo è la valutazione dei livelli di efficienza delle imprese frutticoleromagnole e l’individuazione dei fattori determinanti i livelli stessi di efficienza.

2. Disponibilità di dati, loro rappresentatività e riferimenti temporali

L’analisi dell’efficienza è stata condotta su aziende frutticole delle province diRavenna, di Forlì-Cesena e di Rimini, usufruendo dei dati delle aziende che fannocapo alla “Rete contabile regionale”. In particolare, considerando come oggetto dianalisi le imprese con OTE generale eguale a 3 o a 6, si disponeva per il periodo1990-95 dei dati relativi a 453 aziende, per un totale di 1912 osservazioni. Pervalutare la rappresentatività statistica di tale campione è stato eseguito unconfronto fra i dati medi relativi alla superficie agricola utilizzata ed al redditolordo standard del campione e dell’universo, come definito dal quarto Censimentogenerale dell’agricoltura (1990). Tale comparazione è stata effettuata dopo averprovveduto ad una poststratificazione del campione stesso, adottando quali criteridi stratificazione l’OTE particolare, le classi di superficie agricola utilizzata e laprovincia di ubicazione dell’azienda1. Il campione così definito non è risultato

668

1 Nei casi in cui la numerosità campionaria non era sufficiente, è stata attuata una proceduradi collassamento degli strati.

Page 317: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

statisticamente rappresentativo dell’insieme delle aziende. Tuttavia, considerandola rappresentatività di diversi sottocampioni rispetto ai relativi sottouniversi si ètrovato come, facendo riferimento alle sole aziende con SAU maggiore di 2 ettaried il cui OTE principale risulta pari a 32 o a 34, il sottocampione siaeffettivamente rappresentativo del corrispondente universo, come evidenziato nelseguente prospetto. Le aziende rappresentate sono caratterizzate da una elevataspecializzazione frutticola e costituiscono il nocciolo duro della frutticolturaromagnola. È a tali realtà che possono essere riferiti i risultati del presente lavoro.

Come si è accennato precedentemente, i dati disponibili fanno riferimento agliesercizi contabili del periodo 1990-95. È tuttavia da precisare che non tutte leaziende fanno parte del campione per l’intero periodo considerato. Tuttavia, lapresenza di un gruppo di aziende oggetto di rilevazione per l’intero periodo, cui siaffiancano altre aziende con un turnover pari al 7,4%, ha suggerito l’opportunità disviluppare l’analisi utilizzando le metodologie che fanno riferimento a campionicostituiti da un panel variabile di aziende.

3. L’analisi dell’efficienza aziendale

La determinazione del livello di efficienza delle aziende si basa, come è noto,sulla stima della funzione di produzione. Per lo svolgimento di tale stima, inparticolare, è necessario definire:

- cosa si intenda per produzione;- quali siano i fattori della produzione che si intendono considerare e quali

siano le variabili più adatte a rappresentarli;- quali siano le forme funzionali più adatte a rappresentare i rapporti esistenti

fra fattori della produzione e prodotto e quale distribuzione degli errori si debbaipotizzare.

669

Page 318: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

3.1.La produzione

Per quanto concerne il primo punto è forse superfluo precisare che, utilizzandodati contabili, la produzione è stata necessariamente quantificata attraverso la suavalorizzazione numeraria (RICAVI). Ciò comporta, come è noto, problemi nellastima della funzione e nell’interpretazione dei risultati. È tuttavia da precisare chein questa analisi si può ipotizzare l’esistenza di un sistema dei prezzi suff i c i e n -temente omogeneo per le diverse aziende. La ristrettezza dell’ambito considerato ela presenza in esso di importanti realtà cooperative, che ritirano gran parte dellaproduzione locale e che comunque condizionano anche il comportamento deicommercianti privati, minimizzano infatti il peso di tutti quei fattori (forza ecapacità contrattuale, sistemi di vendita, ecc.), che possono portare gli agricoltori aspuntare prezzi diversi per partite di eguale livello qualitativo.

Se si considerano invece i sistemi dei prezzi relativi a diverse annate si haallora una notevole variabilità, che è legata all’andamento del mercato della fruttaestiva e che è determinata da fattori non solo locali (in primis gli andamentidell’offerta da parte delle altre aree di produzione e della domanda sui mercati delnord Europa e del nord Italia). Per cercare di tenere conto di questa variabilità sonostate introdotte in tutti i modelli analizzati delle variabili dicotomiche, i cuicoefficienti riassumono l’effetto congiunturale, con riferimento ad un anno base2.È da sottolineare, peraltro, come il coefficiente congiunturale non sia legato soloall’andamento dei prezzi ma anche al variare della produttività espressa in terminifisici.

Infine è da precisare che per evitare problemi di multicollinearità l’analisi èstata condotta rapportando i ricavi e l’entità dei fattori produttivi impiegati allasuperficie in produzione, ossia alla superficie agricola utilizzata al netto dellasuperficie occupata dagli impianti in allevamento.

3.2. I fattori impiegati

Nelle analisi economiche inerenti al settore primario vengono solitamenteconsiderate tre categorie di fattori della produzione: la terra, il lavoro ed il capitale.

670

2 Procedendo in tal modo si è anche evitato lo scoglio costituito dalla necessità dirideterminare i valori contabili in lire costanti. Tale processo comporta scelte in merito alleserie di prezzi o di indici cui fare riferimento, i cui effetti sui risultati del modello sonocertamente di difficile valutazione ma probabilmente non trascurabili. Tenendo conto dellarelativa brevità del periodo considerato e della modesta evoluzione dei prezzi delleproduzioni frutticole verificatasi nel periodo stesso, si è preferito optare per la suddettametodologia, pur riconoscendone la inusualità.

Page 319: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Di esse, nel modello analizzato in questo studio sono state considerate solo le dueultime categorie. Il fattore terra è invece stato escluso poiché la produzione è stataespressa per ettaro.

Per quanto concerne il fattore lavoro, questo è stato quantificato in termini dicosti espliciti ed impliciti o di unità lavorative, considerando congiuntamente odisgiuntamente il lavoro familiare e quello salariato.

Per quanto attiene ai capitali, sono stati distinti gli investimenti di capitale fisso(al lordo dei relativi fondi) e di capitale circolante. Nell’ambito dei primi sonostate considerate diverse variabili per quanto concerne le piantagioni. Inparticolare, è stata considerata l’entità del capitale piantagioni (CALPIA) o , inalternativa, l’incidenza della superficie arborata in produzione (SAP) o l’incidenzadelle superfici a frutteto e a vigneto in produzione (SFP e SVP) sulla superficieaziendale in produzione complessiva.

Per gli altri capitali fissi sono state alternativamente inserite nel modello levariabili relative all’ammontare complessivo degli stessi o quelle relative acategorie distinte di capitali.

Il capitale circolante è stato considerato sia nella sua interezza (COSINT), sianelle sue componenti. In particolare, visto il peso delle colture arboree nell’ordina-mento aziendale e vista la crescente importanza degli aspetti “ambientali”, sonostate considerate come voci distinte le spese per gli antiparassitari (ANTIPA) o peri prodotti chimici in genere (CHEMIC - antiparassitari, diserbanti e fertilizzanti) equelle sostenute per gli altri consumi intermedi (CALTRI e CHEMAL r i s p e t -tivamente).

3.3.La funzione di produzione

Per quanto concerne la scelta della forma funzionale, sono state inizialmentetestate quella logaritmica (Cobb Douglas), quella translogaritmica e quella radio-omotetica. I risultati migliori sono stati tuttavia ottenuti considerando la funzioneCobb-Douglas e di essi si darà conto nel prosieguo di questo scritto. Per quantoconcerne la distribuzione degli errori si precisa che si è fatto riferimento ad unafunzione di tipo stocastico, con distribuzione seminormale degli errori.

Una volta giunti alla stima delle funzioni di produzione è stato possibiledeterminare il livello di efficienza di ciascuna delle aziende interessate dall’analisi.In termini generali, come è noto, l’efficienza tecnica di una azienda i è definitacome rapporto fra l’entità effettiva della sua produzione e quella attesa Trattandosidi dati panel, è possibile considerare il livello di efficienza di ciascuna aziendacome un elemento costante, che non varia quindi in funzione del tempo, o come unelemento variabile, esplicante fattori quali il progresso tecnico. Se da un punto di

671

Page 320: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

vista teorico la seconda soluzione è certamente più raffinata, in questo lavoro si èpreferito optare per la prima in ragione della brevità del periodo considerato e,soprattutto, del fatto che l’ordinamento frutticolo delle aziende comporta unprocesso di adozione delle innovazioni non continuo, legato in buona misura alrinnovamento degli impianti, il che dà luogo ad una sorta di rigidità tecnologicanel medio periodo.

Stanti queste considerazioni, dal punto di vista operativo si è perciò anzituttoconsiderato un modello del tipo:

yit = xitβ + εit con εit = vit - ui dove:

yit è rappresentato dal logaritmo dei ricavi per ettaro della azienda i (i=1,2,...,N)nell’anno t (t=1,2,...,T);

xi t è il vettore relativo all’impiego dei mezzi produttivi (espressi comelogaritmo dell’impiego per ettaro) nella azienda i (i= 1 , 2 , . . . ,N) nell’anno t(t=1,2,...,T);

β è il vettore dei coefficienti;εit è l’errore, nel quale è possibile individuare due componenti: vit, variabile

indipendente random random, con distribuzione normale N(0,σv), e ui, variabile

indipendente random non negativa con distribuzione N(µ,σu) troncata a zero.In un lavoro del 1988 Battese e Coelli dimostrano come per un simile modello

l’efficienza tecnica dell’azienda i sia uguale a:ETi = exp(-ui)e che, considerando i valori campionari ei= ( ei 1, ei 2, . . . , ei T) del vettore random

εi=(εi1,εi2,...,εiT), il valore atteso di ui è eguale a:

3.4. Ulteriori analisi

Una volta giunti alla determinazione del grado di efficienza di ciascunaazienda, si è cercato di analizzare se esistono relazioni tra questo e lecaratteristiche aziendali. L’identificazione e la quantificazione di tali relazioni dauna parte può portare ad una migliore comprensione dei vincoli che condizionanola gestione aziendale, dall’altra potrebbe condurre all’individuazione di alcunevariabili facilmente rilevabili, che possono costituire una proxy dell’eff i c i e n z aaziendale.

672

Page 321: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le variabili considerate nell’analisi sono state quelle relative alla dimensione(fisica o economica) aziendale, all’indirizzo produttivo ed al riparto colturale, allamanodopera impiegata nel processo produttivo, alla dotazione di mezzi meccanicied alle pratiche irrigue.

Per individuare l’esistenza delle suddette relazioni sono state analizzate diversemetodologie statistiche. Sono stati anzitutto calcolati i coefficienti di correlazionefra la variabile “efficienza tecnica” e le variabili relative alle caratteristicheaziendali. Si è poi proceduto ad una rappresentazione grafica bivariata efficienza-caratteristiche e, nei casi in cui sembrava sussistere una certa relazione, sono statestimate diverse funzioni non lineari del tipo:

ETi = f(Xi) dove:

Eti è l’efficienza tecnica dell’azienda i;

f(Xi) è una funzione non lineare di Xi ;

Xi è il valore medio assunto nell’azienda i dalla variabile xit già definita.

Infine si è proceduto ad un’analisi della correlazione canonica per verificare lapossibilità di determinare una variabile derivata in grado di “rappresentare”l’efficienza aziendale.

Successivamente le aziende sono state divise in tre gruppi, in base al lorolivello di efficienza. In particolare, sono stati individuati i seguenti gruppi:

• aziende “di coda”: comprende il primo quintile;• aziende “medie”: comprende il secondo, il terzo ed il quarto quintile;• aziende “di testa”: comprende il quinto quintile.Fatto ciò sono stati analizzati i dati aziendali per verificare se i valori medi e le

varianze relativi ai tre gruppi siano o non siano significativamente diversi. Infine, èstata effettuata un’analisi discriminante per accertare se fosse possibiledeterminare una funzione in grado di stimare correttamente, in base allecaratteristiche aziendali, il più probabile livello di efficienza.

4. Le aziende analizzate

La superficie media ponderata delle aziende costituenti il campione ammonta apoco meno di 10 ettari, mentre la SAU risulta pari a 8,32 ettari. Poco più di metàdella SAU risulta essere irrigabile, mentre le superfici effettivamente irrigate sonopari a circa 3 ettari. La coltura prevalente è il pesco (comprensivo delle nettarine),che interessa circa un terzo della SAU. Nell’ambito della superficie a pesco, laquota degli impianti in allevamento risulta essere di tipo fisiologico. La seconda

673

Page 322: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

coltura arborea è rappresentata dalla vite, con una superficie media di 1,67 ettari,di cui 1,53 in produzione.

Le “altre drupacee” ed il pero interessano rispettivamente 0,72 e 0,47 ettari eper entrambi è prevedibile un sensibile incremento della produzione in unprossimo futuro, dato che gli impianti in allevamento rappresentano circa il 24%delle rispettive superfici.

Le unità lavorative impiegate nelle aziende del campione sono mediamente1,81, con una netta prevalenza della manodopera familiare.

In base alle risultanze di origine contabile i ricavi aziendali ammontanomediamente a poco meno di 60 milioni di lire e provengono per circa il 90% dallecolture arboree. I costi intermedi sono pari a poco più di 12 milioni di lire, di cuioltre 3 milioni di lire rappresentano la spesa per antiparassitari. Il reddito nettoaziendale, infine, appare decisamente modesto, in rapporto all’entità dei fattoriproduttivi (terra, lavoro e capitale) apportati dall’imprenditore, attestandosimediamente su poco meno di 29 milioni di lire.

5. La determinazione dell’efficienza aziendale: risultati

Come si è esplicitato nella parte metodologica, per il calcolo dell’eff i c i e n z aaziendale è stato testato un gran numero di modelli, modificando di volta in voltale variabili, la forma funzionale ed il tipo di funzione considerati.

Fra di essi, quelli che sembrano fornire i risultati più interessanti sotto il profilostatistico ed interpretativo sono i seguenti:

674

Page 323: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le funzioni che ne sono derivate sono rispettivamente:

Nel complesso i parametri statistici relativi alla stima di questi modelliappaiono sufficientemente buoni. La funzione di massima verosimiglianza adottataper la stima della funzione stocastica converge in entrambi i casi in modosoddisfacente. La probabilità associata all’ipotesi che i parametri della funzionesiano uguali a zero è quasi sempre non significativa (con probabilità inferiore allo0,1%): fanno eccezione i coefficienti relativi alle variabili dicotomiche che siriferiscono agli anni 1990 e 1991.

Per quanto concerne la lettura dei risultati sotto il profilo economico, perentrambe le funzioni si osserva una produttività marginale della manodopera assaimodesta. Un maggiore impiego della stessa corrispondente ad un costo marginaledi un lira dà luogo ad un incremento dei ricavi aziendali pari a 0,54 lire secondo ilprimo modello, a 0,40 e a 0,16 lire in base al secondo modello, facendoriferimento rispettivamente alla manodopera familiare e a quella salariata. Ta l irisultati appaiono sostanzialmente in linea con le aspettative, se si pensa che moltospesso nelle aziende fruttiviticole vi sono periodi in cui la manodopera, speciefamiliare, è sottoutilizzata, il che ne determina la minore produttività complessiva.

Per quanto attiene alle piantagioni l’interpretazione dei risultati è un po’ p i ùcomplessa. Nel primo modello gli investimenti fruttiviticoli sono quantificatiattraverso l’entità del capitale piantagioni. In base a tale modello e con riferimentoai dati medi campionari si ha che un incremento del capitale investito pari ad unalira consente una crescita dei ricavi pari a 0,06 lire. Tenendo conto che si tratta difattori a fecondità ripetuta e che si può ipotizzare una durata media degli impiantiattorno ai 15 anni, si ha che la produttività marginale del capitale piantagioni èeffettivamente pari circa al suo costo marginale e quindi che il dimensionamentodegli impianti fruttiviticoli nelle aziende della Romagna è pressoché ottimale. Nelsecondo modello gli impianti frutticoli e quelli viticoli vengono quantificatidistintamente attraverso le rispettive superfici. L’analisi dei risultati evidenzia inparticolare come gli impianti viticoli abbiano una produttività marginale negativa,pari a - 65 lire per metroquadro, il che indica chiaramente un lorosovradimensionamento. Per quanto concerne le superfici a frutteto, queste hanno

675

Page 324: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

una produttività marginale positiva, pari a 114 lire per metroquadro. Considerandoancora una durata media degli impianti pari a circa 15 anni, si può calcolare unaproduttività marginale relativa all’intero periodo produttivo pari a circa 17 milionidi lire per ettaro, importo superiore al costo di impianto risultante dai daticontabili. Tutto ciò suggerirebbe l’opportunità di ampliare gli impianti frutticoliesistenti a scapito di quelli viticoli3.

La produttività marginale delle spese relative all’impiego di prodotti chimici(antiparassitari, fertilizzanti, diserbanti) appare decisamente elevata. Il rapporto fraproduzione e costo marginali risulta infatti uguale a 1,71 secondo il primo modelloe a 1,78 in base al secondo modello. Ancora più elevato è tale rapporto se si fariferimento a quel complesso di fattori produttivi rappresentati dagli “altri costiintermedi”. Per essi la produttività marginale risultante dai modelli e conriferimento ai dati medi del campione è pari rispettivamente a 1,86 e a 2,02. Talirisultati evidenziano come sia conveniente per le imprese frutticole operare contecniche che prevedono un elevato impiego di mezzi tecnici. Stanti il correntesistema dei prezzi e l’attuale quadro tecnologico è perciò antieconomicoperseguire politiche volte alla riduzione dell’impiego di mezzi tecnici nelleaziende frutticole romagnole. Ciò conferma la necessità di sostenere simili azioniattraverso il pagamento di compensazioni agli agricoltori.

I coefficienti relativi alle variabili dicotomiche rilevano il peso decisivo chel’andamento dell’annata assume nel determinare i ricavi aziendali. Come si evincedal seguente prospetto, i valori relativi al 1990 ed al 1991 non si discostanosensibilmente da quelli del 1995, tanto che il coefficiente stimato non risultastatisticamente significativo. Negli altri anni le condizioni climatiche avverse el’andamento non soddisfacente delle campagne di commercializzazione hannodato luogo a pesanti contrazioni dei ricavi aziendali, stimabili con percentuali cheoscillano fra il 10 ed il 25%.

676

3 Maggior freno in tal senso è costituito dalle difficoltà che incontrano le aziende adorganizzare i cantieri di lavoro per la raccolta della frutta.

Page 325: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Per quanto concerne i livelli di efficienza tecnica riscontrati nelle aziende sirileva una notevole variabilità. Come si può osservare nel prospetto seguente,l’efficienza oscilla fra il 18-19% ed il 95-96%. Il dato medio è pari circa al 67,5%,mentre, se si considera la media ponderata in base al peso che hanno le aziende delcampione rispetto all’universo, tale valore sale di poco, raggiungendo il 68,0-68,3%, a seconda del modello considerato. Tutto ciò conferma come, pure nellaoggettiva difficoltà di organizzare “industrialmente” le produzioni frutticole, visiano spazi per migliorare la produttività delle risorse impiegate nelle aziendefrutticole romagnole.

6. Efficienza e caratteristiche aziendali: risultati

L’analisi dei coefficienti di Pearson relativi alla correlazione esistente fral’efficienza tecnica ed una serie di variabili e di indicatori aziendali ha evidenziatocome nel complesso le relazioni significative siano poco numerose e nonparticolarmente accentuate. In effetti, le uniche variabili che mostrano un elevatogrado di correlazione con gli indici di efficienza sono quelle relative all’entità deiricavi e dei margini lordi per ettaro di SAU o di superficie produttiva. Per talivariabili il coefficiente risulta infatti pari a circa 0,85. L’esistenza di tali corre-lazioni appare d’altra parte scontata, poiché è noto a priori il legame concettuale efattuale esistente fra produttività ed efficienza. Meno marcate ma più interessantiappaiono le relazioni esistenti fra efficienza aziendale e incidenza delle colturearboree (r=0,54) e di quelle frutticole (r=0,46) sulla superficie aziendale inproduzione. Tali relazioni segnalano in particolare come siano tendenzialmente piùefficienti le aziende maggiormente specializzate nelle produzioni fruttiviticole.

Per verificare l’eventuale esistenza di relazioni di tipo non lineare si èproceduto, come già accennato nel terzo paragrafo, ad una serie di rappresen-tazioni grafiche bivariate. Gli scattergrammi che ne sono risultati non hanno fattoaltro che confermare quanto già emerso con il calcolo dei coefficienti di correla-zione. Nella maggior parte dei casi si è perciò osservata una forte dispersione delle

677

Page 326: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

osservazioni, mentre sono state evidenziate relazioni più o meno accentuate fral ’ e fficienza aziendale ed una serie di variabili, fra cui, ovviamente, quelleprecedentemente citate.

Successivamente sono state testate numerose forme funzionali, per individuarequelle che meglio rappresentano tali relazioni. In molti casi l’ipotesi che lerelazioni fra efficienza e caratteristiche aziendali siano di tipo non lineare hatrovato una sostanziale conferma. Il valore di r2 relativo alla funzione non lineare èinfatti sempre più elevato di quello relativo alla forma lineare e vi è un certonumero di relazioni in cui la differenza fra tali valori appare particolarmentemarcata. È tuttavia da segnalare come i parametri statistici stimati, pur essendo inalcuni casi rilevanti, non consentano affermazioni definitive circa l’esistenza direlazioni di causa-effetto fra le caratteristiche aziendali singolarmente consideratee l’efficienza tecnica.

Osservando nello specifico le forme funzionali ed i relativi valori di r2 si rilevacome la maggior parte di esse mostra, nel campo di variazione delle osservazioni,un andamento monotonico. Fa eccezione e risulta particolarmente interessante larelazione fra efficienza aziendale ed incidenza delle superfici a pesco sullasuperficie in produzione. Le funzioni stimate manifestano un massimo incorrispondenza ad un’incidenza pari al 60% circa, superata la quale l’eff i c i e n z aaziendale diminuisce progressivamente.

Di un certo interesse sono stati anche i risultati delle analisi volte a verificare illegame esistente fra il livello di efficienza tecnica e diverse combinazioni dellesuddette variabili. L’analisi della correlazione canonica ha consentito dideterminare variabili derivate la cui correlazione con l’efficienza aziendale èrisultata pari a 0,944 e a 0,936, con riferimento rispettivamente all’eff i c i e n z acalcolata in base al primo ed al secondo modello. Tuttavia è da sottolineare cometali indici diminuiscano rapidamente quando dall’analisi si escludano le variabililegate alla produttività o quando nell’elaborazione si utilizzino poche variabili. Siha quindi in sostanza un risultato che non aggiunge molto, sotto il profilointerpretativo, a quanto già evidenziato dalle precedenti analisi. Inoltre, uneventuale utilizzo della variabile canonica quale proxy dell’efficienza apparecomplicato dall’esigenza di disporre di numerosi dati relativi all’azienda.

Successivamente è stato tentato un approccio differente, il cui obiettivo èlimitato all’individuazione di una funzione che consenta, sulla base dei valoriassunti dalle variabili relative alle caratteristiche aziendali, di individuare il livellodi efficienza tecnica. A tal fine le aziende sono state anzitutto suddivise in tregruppi (di coda, di testa e medie) in base alla loro appartenenza al primo quintile oall’ultimo quintile o ai quintili intermedi. Il confronto fra le distribuzioni dellevariabili aziendali nei tre gruppi di aziende ha evidenziato differenze significativenel valore della media e/o della varianza. La determinazione di una funzione

678

Page 327: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

discriminante ha messo ancora una volta in luce come le variabili che meglioriescono ad individuare il livello di efficienza siano quelle legate alla redditività. Inparticolare, sono state determinate due funzioni discriminanti (una per ciascunmodello stimato), che, facendo riferimento a due sole di dette variabili (mar_spr emar_ult), sono in grado di classificare correttamente l’89,8% e l’85,8%rispettivamente delle aziende.

7. Conclusioni

L’insieme delle analisi svolte ha consentito di acquisire una serie di elementiinformativi in merito alla frutticoltura romagnola. In particolare, il calcolo dellafrontiera stocastica di produzione ha permesso di determinare la produttività deifattori impiegati e di individuare quindi la convenienza ad un loro uso più o menointensivo.

Il calcolo dei livelli di efficienza delle singole imprese, d’altra parte, haconsentito di evidenziare come la produzione lorda vendibile delle aziendecostituenti l’universo di riferimento sia nettamente inferiore a quella raggiungibilenel caso in cui tutte le aziende fossero pienamente efficienti. In particolare, laproduzione lorda vendibile effettiva è stata stimata pari ad oltre 524 miliardi dilire, mentre quella teorica sarebbe pari a circa 770 miliardi di lire. Ciò rendeevidente l’opportunità sia per le aziende, sia per il sistema produttivo, di intrapren-dere tutte le azioni che possano consentire di migliorare l’efficienza aziendale.

Si è inoltre visto come la stima della funzione stocastica di produzione con datidi tipo panel possa fornire una stima della variazione congiunturale della produ-zione lorda vendibile, che potrebbe essere utilmente impiegata nell’elaborazione dianalisi di settore.

Infine, l’esame delle relazioni esistenti fra efficienza e caratteristiche aziendaliha confermato anzitutto la relazione esistente fra efficienza e produttività, aspettiquesti che, pur distinti sotto il profilo concettuale, appaiono fortemente connessinella realtà empirica. Si è così visto come, basandosi sull’utilizzo di due solevariabili esplicanti la produttività aziendale, sia possibile individuare correttamenteil livello di efficienza per circa il 90% delle aziende. Se ciò può essere di ausilioquando si vogliano caratterizzare realtà aziendali oggetto di studio, pur non avendola possibilità di sviluppare analisi approfondite come quella proposta in questasede, è anche vero che la suddetta relazione è di scarsa utilità quando si voglianocomprendere le ragioni o i vincoli che impediscono alle aziende di esplicareappieno il proprio potenziale produttivo.

L’analisi delle relazioni fra l’efficienza e le altre variabili aziendali potrebbeoffrire sotto questo profilo maggiori opportunità. I risultati tuttavia non si prestano

679

Page 328: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

a facili interpretazioni. In particolare, appare rimarchevole l’assenza di relazionisignificative con le variabili che definiscono la dimensione fisica dell’azienda,segno questo che la scarsa dotazione di terra, che affligge la maggior parte delleaziende frutticole e che da più parti viene considerata come uno dei maggioriostacoli alla vitalità delle aziende stesse, non limita la loro possibilità di raggiun-gere livelli di efficienza elevati.

Osservazioni di un certo interesse sono poi suggerite dai legami, peraltro nonparticolarmente forti, esistenti tra l’efficienza e le variabili che individuano ilriparto colturale, la dotazione di macchine e di lavoro, la disponibilità di acquairrigua e le pratiche irrigue stesse. Se quest’ultimo aspetto non appare facilmentecondizionabile dal singolo agricoltore, in quanto determinato in larga misuradall’esecuzione di opere pubbliche che garantiscano la disponibilità di acqueirrigue, diverso è il discorso per quanto concerne gli altri aspetti summenzionati. Ilriparto colturale, in particolare, è chiaramente frutto di scelte imprenditoriali ed èquindi importante che nel momento in cui effettua tali scelte l’agricoltore siaguidato o comunque disponga di tutte le informazioni (previsioni di mercato,caratteristiche pomologiche, ecc.), che gli consentano di ottimizzare l’eff i c i e n z aa z i e n d a l e4. In tal senso appare decisivo l’inserimento dell’azienda in un sistemaproduttivo a sua volta efficiente, che sappia trasmettere correttamente all’impren-ditore gli stimoli provenienti dal mercato e che sappia offrirgli, anche attraversoattività di formazione permanente, le conoscenze atte a massimizzare l’efficienzaaziendale.

680

4 Ciò è tanto più importante nel caso di aziende fruttiviticole, per le quali gli effetti dellescelte colturali (fra di esse assumono peso particolare la scelta della cultivar e delportainnesto) si protraggono per più anni.

Page 329: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Aigner D. - Lovell K. - Schmidt P. (1977): Formulation and estimation of stochastic fro n t i e rproduction function models, Journal of Econometrics, n.6, pp. 21-37

Alvisi F. - Filippucci C. (1993): (a cura di) Problemi e prospettive per l’utilizzazione della rete dicontabilità agraria in Emilia-Romagna, Calderini, Bologna

Alvisi F. - Regazzi D. (1994): (a cura di) La filiera ort o f rutticola in Emilia-Romagna, P. F. R a i s an.2215, Tecnoprint, Bologna

Alvisi F. - Regazzi D. (1996): (a cura di) La competitività della filiera ort o f rutticola emiliano-romagna. Una valutazione multicriteriale, P.F.Raisa n.3021, Tecnoprint, Bologna

Battese g.e. - Coelli T.J. (1988): P rediction of firm-level technical efficiences with a generalizedfrontier production function and panel data, Journal of Econometrics, 38, pp.387-399

Battese g.e. - Coelli T.J. (1992): Frontier production functions, technical efficiences and panel data,Journal of Productivity Analysis, 3(1-2), pp.153-169

Battese g.e. - Coelli T.J. - Colby T.C. (1989): Estimation of frontier production functions and theefficiencies of indian farms using panel data, Journal of Quantitative Economics, 5(2), pp.327-348

Farrel M.J. (1957): The measurement of productive efficiency. Journal of the Royal StatisticalSociety, Series A, 120(3), pp. 253-281

Fried H.O. - Knox Lovell C.A. - Schmidt S.S. (1993): (editors) The measurement of pro d u c t i v eefficiency. Techniques and applications, Oxford University Press, New York

Greene W.H. (1997): Econometric analysis, Prentice Hall International, London

Kumbhakar S.C. (1990): P roduction frontiers, panel data and time varying technical inefficiency,Journal of Econometrics 46 (1-2), pp.201-211

Maietta O.W. (1999): Una valutazione dell’effetto dell’introduzione delle quote latte su un panel diaziende zootecniche lombarde del campione RICA, Atti del XXIV Convegno di Studi SIDEA,Firenze

Pirazzoli C. - Regazzi D. (1997): Aspetti economici della filiera , in corso di stampa in Atti del XXIIIConvegno peschicolo, Ravenna

Pitt M. - Lee L. (1981): The measurement of sources of technical inefficiency in the indonesianweaving industry, Journal of economic development, n.9, pp 43-64

Regazzi D. (1997): La nuova OCM ortofrutta e i suoi riflessi nella produzione italiana, Agricolturadelle Venezie, n.6

Seale J.L. (1990): Estimating stochastic frontier systems with unbalanced panel data: the case offloor tile manufactories in Egypt, Journal of Applied Econometrics, 5(1), pp. 59-74.

681

Page 330: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 331: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ALESSANDRO CORSI*LA SCELTA DI TRASFORMAZIONE DELL’UVA IN VINO:

FATTORI ECONOMICI E FATTORI SOGGETTIVI**

1. Introduzione

Un problema “classico” dell’economia agraria tradizionale è quello del calcolodel valore di trasformazione, al quale è legata la scelta, nel caso specifico delleaziende viticole, se trasformare in azienda le uve prodotte o venderle sul mercato.Nella letteratura, il problema è normalmente di carattere normativo (è infattisolitamente compreso nel capitolo “giudizi di convenienza”), piuttosto chepositivo, di descrizione del comportamento reale delle aziende; l’impostazione èquella di considerare conveniente la trasformazione se il valore del prodottotrasformato, al netto dei costi di trasformazione, è superiore al valore del prodottonon trasformato. Il punto principale che si vuole qui sollevare è che questo tipo diimpostazione si può legittimamente considerare valido in termini positivi, cioècome descrizione effettiva del comportamento reale delle aziende, solo se siassumono come esogeni tutti i parametri della scelta; in particolare, quindi, solo setutti i fattori sono valutati ai prezzi di mercato. A sua volta, questa ipotesi èrealistica se valgono le seguenti condizioni: a) esistono mercati perfetti per tuttiquesti fattori; b) non intervengono fattori soggettivi di preferenza che possono far

683

* A l e s s a n d ro Corsi è pro f e s s o re associato presso l’Università di Torino (Dipartimento diEconomia e Ingegneria Agraria, Forestale e Ambientale, Via L. da Vinci 44, 10095Grugliasco. E-mail: [email protected])** Lavoro eseguito nell’ambito della ricerca MURST ex 40% “Economia dei beni e serviziambientali in rapporto alle attività produttive tradizionali nelle aree agroforestali, montanee collinari”, coordinata dal Prof. G. Marenco, Unità Operativa di Torino, programma diricerca relativo a “Aziende familiari e produzioni tradizionali nelle aree collinari”.Ringrazio la Regione Piemonte per aver permesso l’utilizzazione dei dati relativi alPiemonte del 4° Censimento dell’Agricoltura, ed il dott. M. Perosino dell’Assessoratoall’Agricoltura per l’assistenza fornitami. Ringrazio inoltre B. Giau e i partecipanti algruppo di lavoro SIDEA “Gli strumenti” per gli utili suggerimenti forniti; la responsabilitàdegli eventuali errori rimane esclusivamente mia.

Page 332: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

propendere per una scelta o per l’altra, sia nella scelta della destinazione delprodotto sia nell’uso dei fattori produttivi. La seconda condizione appareparticolarmente dubbia se consideriamo che la quasi totalità delle aziende italianeè di carattere familiare: una situazione nella quale le scelte relative all’impresa sipossono mescolare inestricabilmente a quelle familiari, e nella quale quindi èlargamente possibile un’influenza delle variabili soggettive e familiari sulle scelteaziendali. La letteratura economica sui modelli che hanno affrontato teoricamentequesto tipo di situazioni, i cosiddetti modelli famiglia-azienda (Nakajima, 1986;Singh et al., 1986; Caillavet et al., 1994; per rassegne, v. Huffman, 1991; Corsi,1990; Quaranta, 1995) ha appunto posto in luce che in alcune situazioni(rappresentabili nei cosiddetti modelli separabili, o ricorsivi) le scelte produttiveaziendali sono indipendenti dalle scelte soggettive familiari, e quindi l’aziendafamiliare si comporta come una qualsiasi impresa che ha l’obiettivo dimassimizzare il profitto; in altre situazioni (modelli non-separabili), le scelterelative ai consumi familiari e all’allocazione della forza-lavoro familiare sonolegate ed effettuate congiuntamente a quelle produttive. Le specificazioniempiriche di questi modelli hanno esaminato la questione della separabilità delledecisioni di produzione solo in contesti di paesi in via di sviluppo (Singh et al.,1986; Skoufias, 1994; Lambert e Magnac, 1994), mentre nei paesi avanzati lostesso problema è stato discusso soprattutto rispetto all’allocazione della forzalavoro familiare (Benjamin e Guyomard, 1994; Benjamin, Corsi e Guyomard,1996; Corsi, 1994 e 1995; Gould e Saupe, 1989; Hallberg, Findeis e Lass, 1991;H u ffman, 1980; Sumner, 1982). Con questo lavoro si vuole affrontare sul pianoempirico la questione se le decisioni economiche sono influenzate dalle variabilisoggettive e familiari, usando come esempio quello della trasformazione dell’uvain vino da parte delle aziende viticole. A questo scopo si presenterà un’analisi diquesta scelta attraverso un modello probit; i dati sono principalmente tratti dalleregistrazioni aziendali del Censimento dell’Agricoltura del 1990 relative alPiemonte.

Nel secondo paragrafo si presenta l’impostazione metodologica edeconometrica dell’analisi; il terzo paragrafo illustra le fonti e la struttura dei dati,mentre in quello successivo sono esaminati i risultati; verranno infine tratte alcuneconclusioni.

2. L’impostazione metodologica

Il punto di partenza dell’impostazione è che il processo di produzione del vinoè a coefficienti fissi: una volta dato l’impianto, non esistono infatti fattori chepossano dar luogo a produttività marginale decrescente. Nel breve periodo (quando

684

Page 333: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

cioè l’azienda dispone già dell’impianto di trasformazione, e quindi i costi fissisono ininfluenti, in quanto vanno comunque sostenuti), la quantità di prodottotrasformato (TRASF) è positiva se il valore del vino meno i costi variabili ditrasformazione supera il valore dell’uva. Distinguendo fra costi per i fattori alogorio totale e costi del lavoro, abbiamo quindi:

dove pu, pv e px sono rispettivamente i prezzi dell’uva, del vino e degli inputs

a1 è il coefficiente di trasformazione dell’uva in vino

b1i e b2 sono i coefficienti tecnici rispettivamente dell’input i e del lavoro

w è il costo unitario del lavoro. Dividendo per la quantità di uva yu otteniamo:

Nell’applicazione econometrica, occorre tenere conto dei dati osservabili e diquelli non osservabili, oltre che delle componenti casuali. Esaminiamo quindi lediverse componenti della disequazione (2). Un primo elemento importante delladecisione di trasformazione consiste nel differenziale di prezzo fra vino e uva,tenuto debitamente conto del coefficiente di trasformazione a1, che, come noto, è

mediamente pari a 0,7. Chiamiamo D I F P R E Z la differenza pva1- pu. Date le fortid i fferenza qualitative delle uve e dei vini, anche delle stesse varietà, non èpossibile pensare che i prezzi siano uguali per tutte le aziende. Non disponiamoperò dei prezzi aziendali e, d’altronde, non sarebbe comunque possibile osservare iprezzi effettivi aziendali dell’uva se l’azienda produce il vino, né quelli del vino sel’azienda decide di vendere le uve. Quindi, se chiamiamo D I F P R E Zm la diff e r e n z amedia a livello regionale fra i prezzi del vino e dell’uva (D I F P R E Zm = pv ma1 - pu m,

dove pvm e pum sono i prezzi medi a livello regionale del vino e dell’uva), possiamoipotizzare che la differenza nelle singole aziende sia funzione di quella regionale,ma anche di una componente individuale, derivante dalle capacità tecniche e dimarketing dell’impresa. Le capacità si possono infatti tradurre in una migliorequalità dell’uva, che quindi potrebbe spuntare prezzi più alti di quelli medi;oppure, se le capacità sono piuttosto quelle enologiche, è il prezzo del vino chepotrebbe distaccarsi da quello medio. Ci possono inoltre essere variazioni a livelloaziendale nel coefficiente di trasformazione a1. La differenza di prezzi a livelloaziendale si può allora assumere come derivante in parte dalla corrispondented i fferenza media a livello regionale, in parte dalla capacità tecnica e gestionale(non osservabile in quanto tale, ma approssimabile dalle caratteristiche personali

685

(1)

(2)

Page 334: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

osservabili P del conduttore e dei familiari), in parte infine da una componentecasuale non osservabile 1:

Per le ragioni prima esposte, non ci sono ragioni per dire a priori se le capacitàtecniche e di marketing si dirigano di più alla produzione di uva o allatrasformazione in vino; di conseguenza, non sappiamo se la dif f e r e n z acomplessiva fra prezzo dell’uva e del vino a livello aziendale rispetto aicorrispondenti valori medi sia positiva o negativa, e non possiamo quindi a prioriattribuire un segno atteso a : si tratta quindi di una questione da decidereempiricamente.

In secondo luogo, consideriamo i costi per l’impiego dei fattori variabili. Inquesto caso, l’omogeneità dei prezzi di acquisto da parte delle aziende è un’ipotesipiù realistica, ma le aziende con ogni probabilità si differenziano per i coefficientitecnici, che dipendono dalle caratteristiche specifiche di ogni impianto.Ipotizziamo quindi che i costi unitari per i fattori variabili dipendano linearmentedalle caratteristiche osservabili dell’impianto (I) e da una componente casuale nonosservabile ( 2):

Esaminiamo ora il costo del lavoro (wb2). In questo caso, le fonti di variabilitàaziendale riguardano sia i coefficienti tecnici di impiego del lavoro, sia il suo costounitario. Per quanto riguarda i coefficienti tecnici, possiamo anche in questo casoipotizzare che dipendano dalle caratteristiche dell’impianto I e da una componentecasuale. Per quanto riguarda il costo unitario del lavoro, le variabili influenti sonodiverse a seconda della situazione: se esiste un mercato del lavoro in cui èpossibile collocare la forza-lavoro familiare senza difficoltà, e se inoltre non visono preferenze per il lavoro in azienda rispetto a quello esterno o viceversa, allorail costo unitario del lavoro familiare è pari al suo costo-opportunità, vale a dire alsalario di mercato. Se viceversa il lavoro familiare non è liberamente collocabileall’esterno, o se esiste una preferenza per un tipo di lavoro o per l’altro, il costounitario del lavoro familiare è un prezzo-ombra, determinato dall’insieme dellescelte familiari e aziendali (Strauss, 1986; Skoufias, 1994; Elhorst, 1994; Jacoby,1 9 9 0 )5. In termini econometrici, nel primo caso il costo del lavoro può alloraessere stimato attraverso le variabili che influiscono sul salario che un individuopuò ottenere sul mercato del lavoro, e che riguardano le sue caratteristiche

686

(3)

(4)

5 Il primo caso è quindi quello di un modello separabile, il secondo di uno non-separabile.

Page 335: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

personali (età, sesso, livello di scolarizzazione, ecc.). Nel secondo caso, il prezzo-ombra del lavoro familiare (pari al saggio marginale di sostituzione fra reddito elavoro) può essere stimato prendendo in considerazione le variabili che possonoinfluenzare la redditività aziendale, quelle che determinano il possibile redditoesterno, e quelle che in qualche modo approssimano i gusti personali degliindividui; fra queste, un ruolo importante hanno le caratteristiche familiari, perchéincidono sia sul bisogno di reddito, sia sulla disponibilità di forza-lavoro, e quindisull’utilità del lavoro stesso. Chiamando P le variabili che descrivono lecaratteristiche individuali delle persone, F quelle che descrivono le caratteristichefamiliari, A quelle aziendali, e considerando una componente casuale nonosservabile, giungiamo alla conclusione che se la situazione effettiva corrisponde aquella descritta da un modello separabile, solo le variabili P sono influenti; seviceversa siamo in una situazione non-separabile, oltre alla variabili P h a n n oinfluenza anche le F e le A. Questo è quanto permette di condurre un test statisticosull’ipotesi di separabilità: se le variabili F ed A risultano non influiresignificativamente sulla scelta, dovremmo propendere per un’ipotesi diseparabilità; mentre una loro influenza significativa ci dovrebbe far concludere perla non-separabilità fra decisioni familiari e aziendali.

Tenendo conto di quanto sopra, e ipotizzando nuovamente una relazionelineare, il costo unitario del lavoro può essere espresso come:

In conclusione, abbiamo la trasformazione se:

Da cui abbiamo che:

ove è la somma delle componenti casuali, 1 è la somma di e , e quella die . Assumendo una funzione di distribuzione normale per , il modello può

essere stimato come modello probit col metodo della massima verosimiglianza(Amemyia, 1985; Greene, 1993). Come noto, i parametri stimati rappresentanol’influenza della variabile in questione sulla probabilità che la variabile dipendente(T R A S F) assuma valori positivi. Una osservazione importante da aggiungere,peraltro immediatamente deducibile dal confronto fra la (6) e la (7), è che, poichéle variabili personali e quelle relative all’impianto influiscono su componenti

687

(5)

(6)

(7)

Page 336: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

diversi dei costi, dei coefficienti tecnici e delle preferenze, quello che otteniamo èuna stima del loro effetto complessivo, mentre non è possibile distinguere qual èl’effetto specifico su ognuno di questi aspetti.

3. I dati

3.1. I dati aziendali

La maggior parte dei dati utilizzati nella stima provengono dalle registrazioniaziendali del Censimento dell’Agricoltura del 1990 relativi al Piemonte. Sono stateselezionate le aziende che disponevano di un impianto di trasformazione dell’uvain vino, eliminando inoltre le aziende che dichiaravano di non produrrenormalmente per la vendita o le cui vendite complessive erano inferiori a unmilione o, infine, che producevano uva per un valore (calcolato come verràillustrato oltre) inferiore a un milione; non sono stati inoltre considerati i vitigniper i quali non erano disponibili con qualche affidabilità prezzi dei vini e delle uve,né quelli normalmente destinati alla trasformazione in grandi impianti (moscato).

In complesso, le aziende così selezionate, dopo aver eliminato le osservazionicon dati mancanti, sono state 9780, in gran parte concentrate tra le provincie diCuneo, Asti e Alessandria. La tab. 1 mostra la loro suddivisione per provincia e lapercentuale di quelle che effettivamente hanno trasformato l’uva. Come si puòvedere, le aziende con impianto di trasformazione selezionate rappresentano il14% del totale delle aziende viticole piemontesi, ovviamente con forti differenzefra una provincia e l’altra.

L’elenco delle variabili utilizzate e dei rispettivi dati dei valori medi e degliscarti quadratici medi sono riportati nella Tab. 2.

La variabile dipendente (dicotomica) è costituita dalla risposta alla domandadel questionario, che chiede se nell’ultimo anno era stato venduto vino trasformatoin azienda. Il 66,2% delle aziende considerate aveva risposto positivamente aquesta domanda.

Come si è detto nel paragrafo precedente, le variabili esplicative riguardano,oltre i prezzi di uve e vini, di cui parleremo oltre, le caratteristiche dell’impianto,quelle personali, quelle aziendali e quelle familiari.

Dell’impianto è conosciuta la capacità, espressa in quintali. Le sue dimensionipossono teoricamente influire sui coefficienti tecnici sia dei fattori intermedi siadel lavoro. Tuttavia, un esame più approfondito dei dati induce a non utilizzarequesta variabile come tale. La dimensione media (ponderata) nel campione è di

688

Page 337: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

217 quintali, il che, insieme al valore della variabilità, denuncia la presenza dimoltissimi impianti di dimensioni modeste; e, pur essendo la dimensione mediadegli impianti superiore alla produzione media aziendale di uva6 (165 q.), la media(non ponderata) del rapporto aziendale uva prodotta/capacità dell’impianto ètuttavia circa pari a 3,5, con una variabilità elevatissima. Ciò significa chemoltissimi impianti sono sottodimensionati rispetto alla produzione aziendale diuva, mentre al contrario altri, per il loro funzionamento, sono probabilmentefortemente dipendenti dall’acquisto di uva dall’esterno. Per tenere conto di questofatto, si è allora deciso di utilizzare due variabili esplicative: la quantità di uvaprodotta, che indica le dimensioni di scala della produzione, e il rapportouva/capacità dell’impianto, come indice dell’adeguatezza delle dimensionidell’impianto rispetto alle dimensioni della produzione stessa.

Il Censimento fornisce un certo numero di informazioni sulle c a r a t t e r i s t i c h edel conduttore. Oltre all’età e al sesso, si conosce la scolarizzazione (nessun titolodi studio, media inferiore e superiore, università), se il titolo è stato conseguito inscuole di indirizzo agrario, ed infine se il conduttore ha seguito o segue corsi diformazione professionale. Come si può vedere dalla Tab. 2, la stragrande maggio-ranza dei conduttori (85%) è costituita da maschi, e l’età media è piuttosto elevata(56 anni). Solo l’1,2% ha conseguito una laurea, ed il 6,6% un diploma, contro il15,7% col titolo di media inferiore e la grande maggioranza che si ferma alleelementari (il 74%; ma c’è un altro 3% che non ha neppure conseguito quel titolo).L’1,8% ha conseguito il titolo in scuole di indirizzo agrario, ed il 5% ha seguitocorsi di formazione professionale. Come si è detto, queste variabili possonoinfluire sulla differenza di prezzo delle uve e dei vini aziendali rispetto a quellimedi correnti, se sono sufficientemente indicativi delle capacità tecniche e dimercato del conduttore. Tuttavia esse hanno anche un altro significato, in quantoindicative del capitale umano, e quindi del salario potenziale che potrebbe essereottenuto sul mercato del lavoro. Data la probabile forte correlazione esistente fra lecaratteristiche del conduttore e quelle dei familiari, possiamo utilizzare questeinformazioni più in generale per la stima del salario potenziale anche di questiultimi, per i quali le informazioni fornite dal Censimento sono invece piuttostoscarse. Possiamo quindi dire in generale che queste variabili influiscono sia suidifferenziali di prezzo, sia sul costo del lavoro familiare, ma la direzione del loroeffetto non è prevedibile a priori.

Le caratteristiche aziendali disponibili sono numerose, e si è ovviamente postoun problema di selezione di quelle rilevanti, aggravato dalla frequente collinearitàfra le diverse variabili. Come si è detto, le variabili aziendali sono rilevanti inquanto è possibile che influiscano sul costo soggettivo del lavoro, interagendo con

689

6 Ottenuta moltiplicando le superfici aziendali dei singoli vitigni per le rese medie deisingoli vigneti (vedi oltre).

Page 338: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

le caratteristiche familiari.Da questo punto di vista, si è scelto allora di includere due variabili, il carico di

lavoro della manodopera familiare disponibile e la meccanizzazione aziendale. Laragione della scelta della prima variabile è che un maggior carico di lavoro per ifamiliari potrebbe, a parità delle altre condizioni, aumentare la disutilità del lavoroe quindi disincentivare l’ulteriore impiego di manodopera familiare nellatrasformazione del vino7. Viceversa, una maggiore meccanizzazione aziendalealleggerisce il carico di lavoro e quindi dovrebbe avere l’effetto opposto. Comeindice di carico di lavoro si è utilizzato il rapporto fra la superficie aziendale8 e lamanodopera familiare disponibile. Quest’ultima è stata definita come: numero deifamiliari conviventi adulti sopra i 14 anni, più numero di quelli non conviventi chelavorano in azienda, meno numero dei familiari con un’occupazione prevalentefuori azienda9, più uno (quest’ultima aggiunta ha la funzione di evitare la divisioneper zero nei casi in cui è presente solo manodopera occupata prevalentemente fuoriazienda); il valore medio di carico di lavoro risultante è di 0,6 ha a persona. Comeindice di meccanizzazione è stata usata la potenza complessiva dei trattori (inproprietà e in comproprietà) utilizzati in azienda rapportata agli ettari di SAU(Kw/ha); la potenza media è risultata di 12,6 Kw/ha.

Si è anche incluso come possibile variabile esplicativa lo svolgimento di attivitàagrituristiche in azienda, per verificare se queste incrementavano la propensionealla trasformazione, grazie alla possibilità di vendere direttamente il vino. Inoltre èstata considerata la tenuta di contabilità da parte dell’azienda. Entrambe questeultime sono variabili dicotomiche; solo lo 0,6% delle aziende considerate svolgevaattività agrituristiche, mentre il 28% teneva regolarmente la contabilità.

Infine abbiamo le caratteristiche familiari. Fra queste, il numero di membriconviventi componenti la famiglia e il numero dei coadiuvanti sono incorporatinella variabile del carico di lavoro. Abbiamo invece esplicitamente incluso ilnumero di figli in età prescolare (meno di 6 anni), e quelli di età maggiore ma nonancora in età lavorativa (dai 6 ai 13 anni compiuti), per verificare eventuali effetti

690

7 Inoltre, la significatività di questa variabile indicherebbe che il lavoro familiare non èsostituibile da quello salariato: se così non fosse, il carico di lavoro dei familiari sarebbeindifferente, perché la vinificazione potrebbe essere compiuta da salariati senza aggravarel’impiego di forza-lavoro familiare.8 Calcolata come superficie a vite più 1/20 della parte di SAU non a vite, per tener contodella maggiore intensità di lavoro richiesta dalla vite rispetto alle altre colture (il rapportofra il fabbisogno di lavoro di un ettaro di seminativo ed uno di vite è appunto circa pari a1/20).9 Questo equivale a supporre, come d’altronde ragionevole, che la scelta di un lavoroprevalente fuori azienda sia precedente a quella di breve periodo se trasformare o no il vinoin azienda.

Page 339: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

del ciclo di vita della famiglia. Dalla Tab. 2 si può notare come sia ridotto ilnumero medio dei figli di età prescolare (0,05 per azienda), ma anche di quelli fra i6 ed i 14 anni (0,13 per azienda).

3.2. I dati sui prezzi

I prezzi delle uve e dei vini sono stati oggetto di una indagine specifica,eseguita a partire da dati ufficiali (prezzi ufficiali dei bollettini mercuriali delle uvee dei vini delle Camere di Commercio), ma anche rilevando i prezzi pressoproduttori e cooperative di trasformazione e considerando pareri di esperti.

I prezzi medi regionali delle uve sono riferiti alla vendemmia 1989. Per quantoriguarda i prezzi medi regionali dei vini, in generale il riferimento è al vinoprodotto dalla vendemmia 1989, commercializzato quindi nel 1990; per i vini dimaggior pregio soggetti ad invecchiamento (Barolo, Barbaresco, Roero) è statainvece usata una media fra i prezzi (scontati ad un tasso del 4% per tener contodella immobilizzazione del capitale nel periodo di invecchiamento) relativi alprodotto delle annate che, avendo concluso il periodo di invecchiamentoobbligatorio, potevano nel 1990 essere commercializzate. La Tab. 3 riporta i valorimedi delle uve e dei vini per varietà di uva e per vino.

Una volta ottenuti i prezzi medi regionali, usando i dati censuari che riportanoper ogni azienda le superfici a vigneto per singolo vitigno, è stato attribuito unprezzo medio dell’uva ad ogni azienda, moltiplicando il prezzo dell’uva di ognivitigno per la relativa resa media e per la relativa superficie investita, sommandoquesti valori e dividendo per la superficie totale a vite. Le rese medie dei singolivigneti sono quelle massime indicate dai disciplinari per i vini DOC e DOCG,mentre per gli altri vitigni sono le rese medie secondo la valutazione di esperti. Ilprezzo medio del vino per ogni azienda è calcolato in modo analogo; si è tuttaviaeffettuata una correzione per quei vini (Barolo, Barbaresco, Grignolino d’Asti) chehanno, secondo i disciplinari, una resa in vino massima del 65% dell’uva, inferiorequindi a quella massima consentita agli altri vini (70%), moltiplicandopreventivamente il prezzo di questi vini per 0.93, pari al rapporto fra le duepercentuali. Quando un vitigno era suscettibile di produrre sia vino DOC sia vinonon-DOC, i prezzi dell’uva e del vino non compresi nella zona DOC sono statistimati pari al 90% di quelli DOC. I prezzi medi aziendali di uva e vino cosìcalcolati, che quindi - va sottolineato - derivano da valori standard regionali, ed ilcui ammontare aziendale dipende essenzialmente dalla composizione del vigneto,sono riportati in Tab. 2.

691

Page 340: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. Risultati

I risultati della stima del modello probit sono riportati nella Tab. 4, che presentaanche i valori delle derivate prime, che misurano l’effetto di un cambiamentounitario della variabile indipendente sulla probabilità che l’azienda effettui latrasformazione; come noto, questo effetto non è costante come nella regressionelineare, ma varia con i valori delle variabili indipendenti, ed è qui calcolato incorrispondenza ai loro valori medi.

Il modello è altamente significativo, come mostrato dal test del rapporto diverosimiglianza; le sue capacità previsive sono buone (il modello predicecorrettamente il 73% dei casi), ma fortemente differenziate a seconda degli esiti:infatti, mentre gli esiti di trasformazione sono previsti correttamente nel 97% deicasi, solo il 25% dei casi di non trasformazione dell’uva sono previsti esattamente.

La differenza di prezzo fra uva e vino ha un effetto positivo sulla probabilità ditrasformazione che, seppur statisticamente significativo, non è molto forte: unaumento di 10.000 lire al quintale del differenziale di prezzo fra vino e uva (tenutoconto, come detto, del coefficiente di trasformazione), fa crescere la probabilità ditrasformazione solo dell’1%, come indicato dalla derivata parziale. Per spiegarequesta debole influenza si ricordi quanto prima notato, cioè che il differenziale alivello aziendale deriva essenzialmente dalla composizione fra i diversi vigneti.

Le caratteristiche del conduttore hanno in genere un’influenza significativasulla probabilità che l’azienda trasformi in proprio l’uva. Il fatto che il conduttoresia un maschio fa aumentare tale probabilità del 3%. L’età, per contro, hac o e fficiente positivo ma non statisticamente influente in modo significativo,mentre lo è debolmente il suo quadrato (con segno negativo), introdotto perverificare l’esistenza di una relazione curvilinea. I due parametri indicanocomunque che la probabilità di trasformazione cresce con l’età fino ad un massimoche si verifica quando il conduttore ha 45,5 anni, per poi diminuire. Se ilconduttore ha seguito corsi di formazione professionale, la probabilità che l’uvasia trasformata in azienda aumenta in modo statisticamente significativo, e quasidell’8%: la domanda del censimento non specifica quali corsi siano stati seguiti,ma è abbastanza ragionevole dedurre allora che questi abbiano riguardato più latrasformazione enologica che la viticoltura, vista la direzione del segno dellavariabile. Viceversa, il fatto di avere conseguito un titolo di studio nel settoreagricolo non risulta avere un impatto statisticamente significativo, ma d’altronde lapercentuale di conduttori in questa condizione è molto limitata. Gli effetti dellascolarizzazione sono invece in genere statisticamente significativi e piuttostoconsistenti. Rispetto al gruppo di riferimento (quello, più numeroso, dei conduttoriche hanno conseguito la licenza elementare), coloro che non hanno nessun titolo distudio hanno il 6% di probabilità in meno di trasformare l’uva, mentre quelli che

692

Page 341: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

hanno conseguito la licenza media inferiore il 2% in più (ma questo risultato non èstatisticamente significativo); le cose cambiano con i diplomati della scuola mediasuperiore, per i quali la probabilità cala del 6%, mentre per l’università il segnonon è significativo, ma ancora negativo. Mentre i risultati relativi ai titoli di studiopiù bassi sembrano suggerire una correlazione positiva fra scolarizzazione epropensione alla trasformazione dell’uva, quelli riguardanti diplomati e laureatipaiono suggerire una maggiore specializzazione verso la coltivazione della vitesenza effettuare la trasformazione; una conclusione di difficile interpretazione,sulla quale possono giocare molteplici fattori. Una spiegazione possibile potrebbeperò essere che ai livelli più bassi gioca la capacità tecnica (la minor scolariz-zazione implicherebbe allora minor capacità nel campo della trasformazione). Per ilivelli di scolarizzazione più alti la spiegazione potrebbe invece fare riferimento alsalario alternativo che può essere ottenuto fuori azienda: poiché a più alti livelli discolarizzazione corrispondono salari potenziali più alti, questo scoraggerebbel’impegno in azienda e quindi la trasformazione dell’uva.

Esaminando le caratteristiche dell’impianto e dell’azienda, le dimensioni diproduzione viticola hanno un effetto positivo, e statisticamente significativo, sullaprobabilità che l’uva sia trasformata in azienda: in questo caso, la probabilitàcresce dello 0,1% per ogni quintale di capacità in più (sempre ai valori medi dellevariabili). Questo tenderebbe a far pensare ad effetti di scala della produzione, cheper dimensioni maggiori renderebbero allora più conveniente la lavorazione inproprio. Viceversa, il rapporto uva prodotta/capacità dell’impianto ha un eff e t t onegativo, statisticamente significativo: ciò significa che gli impianti sottodimen-sionati rispetto alla produzione tendono ad essere utilizzati per la produzione divino per l’autoconsumo o a non essere utilizzati per nulla. Ci sono a nostro pareredue possibili interpretazioni (non mutualmente esclusive) a questo risultato: laprima è che è possibile che impianti di trasformazione non più utilizzati da temposiano ancora segnalati al Censimento, mentre nel frattempo l’azienda haaccresciuto la produzione di uva; la seconda, secondo noi prevalente, è la diffusapresenza di un autoconsumo di vino, fortemente legato alla tradizione culturaledella zona, che si traduce nella presenza di piccoli impianti di vinificazione. Ilparametro relativo alla presenza di attività di agriturismo non è statisticamentesignificativo: è probabile che il modestissimo numero di aziende che praticanol’agriturismo abbia qualche ruolo in questo risultato. Se l’azienda tiene unacontabilità, la sua probabilità di effettuare la trasformazione dell’uva è del 6,6%maggiore. Questo risultato tuttavia va a nostro parere interpretato con una certaprudenza. Potrebbe infatti essere visto come un caso di correlazione piuttosto chedi causa-effetto: secondo questa interpretazione, sarebbe infatti plausibile che leaziende che trasformano e vendono abbiano maggiore incentivo alla tenuta deiconti, mentre non sembrerebbero esserci a priori ragioni valide perché il fatto di

693

Page 342: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

tenere una contabilità incentivi la trasformazione. Tuttavia, la tenuta dellacontabilità potrebbe essere invece interpretata come un indicatore del capitaleumano, indicando un maggior livello culturale e/o professionale, che in questocaso potrebbe effettivamente costituire una causa di maggiore propensione allavinificazione. Il carico di lavoro dei familiari ha il previsto segno negativo, ed èstatisticamente significativo. L’effetto non è tuttavia molto forte: un ettaro di più apersona fa diminuire la probabilità di vendita del vino dell’8%, ma si tenga contoche un ettaro in più comporta più che il raddoppio del carico di lavoro (il valoremedio è di 0,63 ha). Ugualmente statisticamente significativa, seppure a livelliminori, è la variabile della potenza ad ettaro, che ha anch’essa il previsto segnopositivo: in questo caso, un aumento di 10 Kw ad ettaro fa aumentare la probabilitàdella trasformazione dello 0,6%.

Veniamo infine alle caratteristiche familiari in senso stretto. La presenza difigli più piccoli non ha un effetto statisticamente significativo sulla lavorazionedell’uva, mentre è debolmente significativa per quelli in età scolare; in entrambi icasi il segno è negativo. Va tenuto presente, per interpretare la scarsa significativitàdei risultati, che la cura dei figli tradizionalmente viene affidata alle donne, mentrela vinificazione è un lavoro altrettanto tradizionalmente maschile10.

A nostro parere, il risultato relativo al carico di lavoro e alla meccanizzazione,pur non essendo l’influenza di queste variabili molto forte, è importante e vainterpretato come un indice del fatto che l’occupazione della manodopera familiarerappresenta comunque un elemento decisionale della famiglia-azienda.

Per verificare più rigorosamente la conclusione che le scelte aziendali sianoinfluenzate dalla famiglia, si è proceduto infine a testare l’ipotesi che le variabilifamiliari (carico di lavoro e numero di figli) non abbiano congiuntamente alcune ffetto sulla decisione di trasformazione. Il relativo test del rapporto diverosimiglianza ha permesso di respingere nettamente questa ipotesi (il test dà unvalore del chi-quadrato di 44,628 con 3 g.l.). Ancora più netto è il rigettodell’ipotesi che le altre variabili aziendali e quelle familiari abbianocongiuntamente effetto nullo (il chi-quadrato è in questo caso pari a 1534,49 con 8g.l.).

5. Conclusioni

In questo lavoro ci si è proposti di stimare gli effetti delle variabili cheinfluiscono sulla decisione di breve periodo, da parte delle aziende viticole che

694

10 Si è anche tentato di introdurre una variabile di interazione fra il numero di figli minori ela presenza di un conduttore donna, ma il risultato non è stato statisticamente significativo.

Page 343: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

dispongono di un impianto di trasformazione, di trasformare l’uva in azienda. Irisultati del modello probit utilizzato allo scopo possono essere sintetizzati nelmodo seguente. La differenza di prezzo fra il vino e l’uva (ragguagliati attraversoil coefficiente di trasformazione) gioca un ruolo statisticamente significativo epositivo, ma non molto forte. La dimensione della produzione di uva ha anch’essaun impatto positivo sulla probabilità che il vino sia trasformato in azienda,suggerendo l’esistenza di economie di scala. Altrettanto importante è il rapportofra le dimensioni dell’impianto di vinificazione e la dimensione di produzione diuva: quando gli impianti sono sottodimensionati rispetto alla produzione, laprobabilità di trasformazione in azienda diminuisce significativamente. Lecaratteristiche del conduttore, ed in particolare il suo livello di scolarizzazione e laformazione professionale, hanno effetti significativi sulla decisione di trasfor-mazione.

Di particolare interesse era infine stabilire se avevano influenza sulla decisionein questione variabili relative alla famiglia del conduttore in associazione allecaratteristiche aziendali. La risposta è sostanzialmente positiva, in quanto laprobabilità che il vino sia trasformato in azienda appare legato negativamente, e inmodo statisticamente significativo, con il carico di lavoro dei membri familiari, epositivamente colla meccanizzazione, che può alleggerirlo. Anche se non appaionosignificative le relazioni col numero di figli minori, un test statistico ha permessoperò di respingere l’ipotesi che l’insieme delle variabili familiari non abbia alcuneffetto sulla decisione di trasformare il vino in azienda.

Questi risultati suggeriscono che la lavorazione in proprio rappresenta un mododi sfruttare la disponibilità di forza-lavoro familiare e che questa non è sostituibiledalla manodopera salariata, vuoi per questioni di costo, vuoi per la minore fiducianell’accuratezza del lavoro che questa può presentare in lavorazioni delicate comequelle relative alla produzione del vino.

Abbiamo quindi un forte elemento a sostegno della tesi che il costo dellamanodopera familiare non è esogeno, e che le componenti familiari giocano unruolo importante anche nelle decisioni economiche e produttive. Pur con le debitecautele relative a tutti gli esercizi econometrici, questi risultati suggeriscono quindiche le decisioni aziendali e quelle familiari sono legate, e che la produzionevitivinicola corrisponde a quello che in letteratura viene chiamato modello nonseparabile; questo implica che il comportamento produttivo delle aziende sidiscosta da quello previsto dalla teoria standard, che equipara l’azienda agricola adun’impresa massimizzatrice del profitto.

695

Page 344: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

1 La differenza di prezzo è pari a: (0,7 * prezzo del vino) – prezzo dell’uva; la variabile è espressain migliaia di lire per migliorare la leggibilità dei risultati della stima probit.

2 Per il calcolo si veda il testo.

696

Page 345: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

697

Page 346: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

698

Page 347: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Amemyia, T. (1985). Advanced Econometrics. Cambridge, MA: Harvard University Press.

Benjamin, C. - Guyomard, H. (1994). Off-farm work decisions of French agricultural households. InF. Caillavet - H. Guyomard - R. Lifran (a cura di) Agricultural Household Modelling and FamilyEconomics. Amsterdam: Elsevier, 65-85.

Benjamin C. - Corsi, A. - Guyomard, H. (1996). Modelling labour decisions of French agriculturalhouseholds, Applied Economics, 28: 1577-1589.

Caillavet F. - Guyomard H. - Lifran R. (a cura di) (1994). Agricultural Household Modelling andFamily Economics. Amsterdam: Elsevier.

Corsi, A. (1990). I modelli famiglia azienda: una rassegna della letteratura, La Questione Agraria, n.39, pp. 65-95.

Corsi, A. (1995). Azienda familiare e mercati del lavoro. In F. Mantino (ed.), Azienda agraria edintorni. Roma: INEA: 143-79.

Corsi, A. (1994). Imperfect labour markets, preferences, and minimum income as determinants ofpluriactivity choices. In F. Caillavet - H. Guyomard - R. Lifran (a cura di) Agricultural HouseholdModelling and Family Economics. Amsterdam: Elsevier, 87-109.

Elhorst J.P. (1994). Firm-household interrelationships on Dutch dairy farms. European Review ofAgricultural Economics 21: 259-276.

Gould B.W. - Saupe W.E. (1989). Off-Farm labor market entry and exit. American Journal ofAgricultural Economics 71: 960-67.

Greene, W.H. (1993). Econometric Analysis. New York: Macmillan.

Hallberg, M.C. - Findeis, J.L. - Lass, D.A. (a cura di) (1991). Multiple Job Holding among FarmFamilies. Ames: Iowa State University Press.

Huffman W.E. (1991). Agricultural household models: survey and critique. In M.C. Hallberg - J.L.Findeis - D.A. Lass (a cura di), Multiple Job Holding among Farm Families. Ames: Iowa StateUniversity Press, 79-111.

H u ffman, W.E. (1980). Farm and off-farm work decisions: role of human capital. The Review ofEconomics and Statistics 62: 14-23.

Huffman, W.E. - Lange, M.D. (1989). Off-farm work decisions of husband and wives: joint decisionmaking. The Review of Economics and Statistics 71 (3): 471-80.

J a c o b y, H.G. (1990). Shadow Wages and Peasant Family Labor Supply. USMS Living StandardsMeasurement Studies Working Paper n. 73. Washington, The World Bank.

699

Page 348: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Lambert, S. - Magnac, T. (1994). Measurement of implicit prices of family labour in agriculture. Anapplication to Côte d’Ivoire. In F. Caillavet - H. Guyomard - R. Lifran (a cura di) A g r i c u l t u r a lHousehold Modelling and Family Economics. Amsterdam: Elsevier, 9-24.

Lass, D.A. - Findeis, J.L. - Hallberg M.C. (1991). Factors affecting the supply of off-farm labor: areview of empirical evidence. In M.C. Hallberg - J.L. Findeis - D.A. Lass (a cura di), Multiple JobHolding among Farm Families. Ames: Iowa State University Press, 239-262.

Nakajima, C. (1986). Subjective Equilibrium Theory of the Farm Household, Elsevier, Amsterdam.

Quaranta, G. (1995). Sistemazione critica dei modelli del tipo “Agricultural Household”, Rivista dieconomia agraria, 44: 239-263.

Skoufias E. (1994). Using Shadow Wages to Estimate Labor Supply of Agricultural Households,American Journal of Agricultural Economics, 76: 215-277.

Strauss, J. (1986). The Theory and Comparative Statics of Agricultural Household Models. In SinghI. - Squire L. - Strauss J. (a cura di) Agricultural household models: extensions, applications, andpolicy. Baltimore: John Hopkins University Press.

Singh I. - Squire L. - Strauss J. (a cura di) (1986). Agricultural household models: extensions,applications, and policy. Baltimore: John Hopkins University Press.

Sumner D.A. (1982). The off-farm labor supply of farmers. American Journal of A g r i c u l t u r a lEconomics 64 (3): 499-509.

700

Page 349: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ROBERTO ESPOSTI - PIERPAOLO PIERANI*INVESTIMENTO IN R&S E PRODUTTIVITÀ

NELL’AGRICOLTURA ITALIANA (1963-91): UN APPROCCIOECONOMETRICO MEDIANTE UNA FUNZIONE DI COSTO

VARIABILE

1. Introduzione

L’analisi empirica del progresso tecnico è stata per lungo tempo finalizzata piùalla sua misura che alla sua spiegazione. Dal punto di vista dell’analisi tradizionaledella produzione, infatti, il progresso tecnico può essere concepito semplicementecome incremento della produttività dei fattori e quindi come spostamento versol’alto della frontiera di produzione (Solow, 1957). Nell’analisi empirica, una talemisura può essere ottenuta come variazione della quantità prodotta non spiegatadall’incremento dell’impiego dei fattori di produzione. Questo è ciò che vienechiamato residuo e che ha costituito, e ancora oggi costituisce, l’approccioprevalente alla misura della variazione della produttività dei fattori e, quindi, delprogresso tecnico.

Pur mantenendo valido il background neoclassico che sostiene questoapproccio, in questo contributo si vuole porre l’attenzione su due suoi sostanzialilimiti. In primo luogo l’approccio di Solow, ed il filone di letteratura che da essoderiva, richiede assunzioni relative ai rendimenti costanti di scala, alla neutralitàdel progresso tecnico non distorto e all’equilibrio concorrenziale di lungo periodo.Queste condizioni, però, risultano eccessivamente vincolanti rispetto alla realtàproduttiva e, di conseguenza, determinano misure erronee della Produttività Totaledei Fattori (TFP) (Morrison, 1992). In secondo luogo, l’approccio tradizionaledella misura della variazione della TFP, sia essa condotta con metodo parametricoo contabile, risulta incapace di fornire informazioni sulle fonti o cause delprogresso tecnico. Essendo misurato in forma residuale, il progresso tecnico risulta

701

* Rispettivamente, ricerc a t o re presso il Dipartimento di Economia dell’Università diAncona e ricercatore presso il Dipartimento di Economia Politica dell’Università di Siena.Sebbene il lavoro sia frutto di uno sforzo comune dei due autori, ad Esposti possono essereattribuiti l’introduzione ed i paragrafi 2 e 4, a Pierani i paragrafi 1 e 3.

Page 350: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

essere indirettamente definito, senza cioè che vengano esplicitate variabili eprocessi che entrano in azione nel determinarlo.

In particolare, l’importanza dell’investimento in R&S nel determinareprogresso tecnologico è ampiamente enfatizzata in letteratura, sia in lavori teoriciche applicati. In questo contributo, si vuole concentrare l’attenzione sulla verificadell’esistenza e dell’entità di questa azione positiva nel caso della R&S pubblicanell’agricoltura italiana. Contestualmente alla spesa in R&S viene ancheconsiderata la spesa pubblica in assistenza tecnica e divulgazione (da qui in poiA&D) che può quindi risultare altrettanto cruciale ai fini dell’evoluzionetecnologica del settore.

L’obiettivo è, perciò, da un lato realizzare una rappresentazione del progressotecnico che tenga conto di una più realistica specificazione delle condizioni dellaproduzione. Dall’altro, valutare l’impatto di queste variabili non convenzionali.Nella letteratura economico-agraria nazionale esistono numerosi contributi voltialla misura della variazione della produttività dei fattori. Molto scarsi, invece, sonoi lavori in cui, accanto alla sua misura, si cerca di dare una spiegazione delprogresso tecnico stesso, individuando il ruolo e l’impatto della spesa in ricerca edivulgazione, ciò anche a causa della difficoltà nella ricostruzione di tali seriestoriche. In questo senso, il presente contributo fa riferimento ad un filone diricerca innovativo in ambito nazionale1.

Il lavoro è strutturato come segue; nel primo paragrafo viene ricostruito ilpercorso teorico che, dall’iniziale formulazione neoclassica di Solow, ha portatoall’approccio mediante metafunzione di produzione con il quale poter misurare alcontempo la variazione della T F P ed il rendimento dell’investimento in R&S eA&D.

Nel secondo paragrafo viene descritto il modello stimato. Si tratta di unafunzione di costo variabile in cui il fattore capitale viene assunto fisso nel breveperiodo consentendo una più realistica rappresentazione del contesto produttivoagricolo. Lo stock di ricerca e assistenza tecnica viene considerato come unesplicito fattore di produzione e si comporta, al pari della solita variabiletemporale, come uno s h i f t e r esogeno che causa uno spostamento verso il bassodella stessa funzione di costo.

Il modello viene applicato e stimato all’agricoltura italiana nel periodo 1963-1991; i risultati evidenziano i caratteri principali del progresso tecnico intervenutonel settore nel periodo in questione e il ruolo ed il rendimento dell’investimentonei fattori non convenzionali. Chiudono il lavoro alcune considerazioni conclusive.

702

1 Per quanto riguarda lavori di rassegna, utili sono i contributi di Severini (1994) e Viganò(1992).

Page 351: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. Progresso tecnico e R&S

Griliches fu uno dei primi a tentare di realizzare analisi empiriche cheandassero oltre la misura del residuo ma che da esso comunque partissero2. Lamotivazione dei suoi contributi è che il residuo va spiegato, al di là di come essovenga misurato. Nonostante i rilevanti progressi in tema di misura dellaproduttività, infatti, rimane aperta la questione di fondo che, cioè, la T F P è inessenza una misura di produttività e non di progresso tecnico, concetto ben piùcomplesso della variazione di produttività. È necessario, perciò, andare oltre eformulare specifiche ipotesi su come esso si generi all’interno di una impresa, diun settore, di un intero sistema economico causando, poi, una variazione della TFP.

In contributo di Griliches si concentra su diversi aspetti: la diffusione delleinnovazioni (assai noto il suo studio del 1957 sulla diffusione del mais ibrido), ilruolo dell’educazione, l’efficacia della spesa in R&S, la relazione tra indicatoridell’innovazione, quali i brevetti, e la produttività. Lo scopo è quello dicomprendere alcuni fenomeni che sono alla base del progresso tecnico inagricoltura e, al contempo, individuare l’efficacia, il rendimento degli investimentifinalizzati al progresso tecnico stesso.

In letteratura, sono emersi due distinti approcci al proposito. Un primo metodoconsiste nel misurare un indice di T F P, secondo le linee tradizionali, per poiimpiegarlo come variabile dipendente e regredirlo rispetto ad una serie di variabiliesplicative che fungono da indicatori dello sviluppo tecnologico del settore(tipicamente spesa in R&S, A&D, spillover, educazione, ecc., generalmente dettiinput non convenzionali). Per tale ragione è anche detto procedura a due stadi. Leapplicazioni di questo approccio (Huffman e Evenson, 1993; Alston et al., 1996)danno spesso risultati empirici poco soddisfacenti con scarso, o taloracontrointuitivo, legame della T F P con le variabili esplicative utilizzate. Inoltre,questo metodo impone forti restrizioni sulla tecnologia sottesa (Alston et al. ,1996). In particolare, si richiede che gli input convenzionali e non convenzionalisiano tra loro separabili; inoltre, impone che la tecnologia mostri progresso tecniconeutrale e rendimenti di scala costanti. Infine, il metodo a due stadi presenta deilimiti anche dal punto di vista della qualità econometrica delle stime (Mullen etal., 1997)

Un approccio alternativo, meno esigente in termini di specificazione e dunquepiù generale, consiste in una procedura ad un solo stadio nella quale gli input nonconvenzionali vengono considerati parte integrante del processo produttivo; pertale ragione, la funzione di produzione che ha come argomenti gli input

703

2 Assai importante, in questo contesto, è anche il contributo di Nestor Terleckyj.

Page 352: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

convenzionali e questi nuovi fattori che causano progresso tecnico, viene anchedetta metafunzione di produzione (Evenson e Westphal, 1995).

Si tratta di una soluzione già proposta da vari autori sin dagli anni ’60 (Link,1987). Poiché questa è l’impostazione che ispira il nostro lavoro, se ne darà unabreve descrizione. Si consideri un approccio à la Solow in cui la funzione diproduzione al tempo t risulti così espressa (Griliches, 1979):

ove K ed L rappresentano gli input di capitale e lavoro mentre T è lo stock diconoscenza tecnologica. Quindi, non si considera più una proxy temporale bensì lavariabile t e c n o l o g i a di cui si vuole misurare l’evoluzione quali-quantitativa. A lfine di dare concretezza a tale variabile è necessario esplicitare le relazioni causaliche la determinano e che permettono di misurarla. Semplicemente, si assumeesistere un sistema scientifico-tecnologico che genera tecnologia mediante ilseguente processo:

ove G è una generica funzione continua e derivabile, R rappresenta lo stock diricerca e sviluppo al dato tempo t e O una generica variabile che esprime altrecomponenti che possono condizionare il livello di T. La variabile R è espressa intermini di stock in quanto rappresenta gli effetti dovuti a tutti i passati investimentiin R&S che possono condizionare la produttività. In tal senso, evidentemente,investimenti in diversi momenti nel tempo avranno effetti diversi e quindi lo stockverrà costruito, al pari dello stock di capitale fisico, come somma ponderata degliinvestimenti passati3:

ove lo stock al tempo t dipende dalla spesa in R&S realizzata dal tempo (t - n) altempo t; per ogni i-esimo anno di questo intervallo viene considerato un peso wche tiene conto del ritardo con cui l’investimento in ricerca diventa operativo edella successiva obsolescenza e deprezzamento4. Negli studi empirici originaliviene adottata una Cobb-Douglas sia per la (1) che per la (2); inoltre, si considerail caso semplificato in cui l’unica variabile rilevante a determinare T sia R mentre

704

3 Il metodo dell’inventario perpetuo riflesso nella (3)ipotizza che sia la distribuzione deipesi che la lunghezza dei ritardi siano costanti nel tempo.4 In sostanza, la differenza rispetto al capitale fisico è l’eventuale presenza di un ritardo, diuna latenza, dell’entrata in azione dell’investimento in R&S (periodo di incubazione).

Page 353: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

O definisce un generico trend esponenziale esogeno, al pari dell’originale modellodi Solow. Ne consegue che il modello è esprimibile come:

ove rappresenta il tasso di progresso tecnico esogeno (quindi non spiegato da R),il parametro della Cobb-Douglas riferito agli input convenzionali e i l

parametro relativo allo stock di ricerca e sviluppo. Quindi, si continua ad assumererendimenti costanti di scala ma solo relativamente agli input convenzionalicapitale e lavoro. Differenziando rispetto al tempo, si può ottenere5:

Ne consegue che la crescita della produttività totale espressa in manieraresiduale sarà ora:

In sostanza, la crescita di produttività è data da un tradizionale termine esogenoe da un termine determinato dal livello di incremento dello stock in R&S. Ilparametro β è esprimibile come e quindi sarà possibile scrivere:

dove è il prodotto marginale del capitale tecnologico dato dallaR&S. Nel caso che lo stock in ricerca non subisca deprezzamento, o questo sia difatto trascurabile, il parametro ρ può essere interpretato come il tasso direndimento degli investimenti in R&S (Link, 1987).

Nelle sue linee generali, questo è l’approccio teorico che viene seguito nelpresente lavoro. Ciò che è differente è l’utilizzo di una rappresentazione che tengaconto più realisticamente delle effettive caratteristiche del processo produttivo. Idue cardini per conseguire questo obiettivo sono l’uso della dualità e delle funzionidi produzione flessibili. La dualità consente di rappresentare la tecnologia dal latodella funzione di costo o di profitto permettendo una più facile separazione dei varie ffetti che determinano la variazione di produttività; in particolare è possibile

705

5 Se non diversamente specificato, per una generica variabile X si intende

Page 354: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

tenere conto della fissità di alcuni fattori nel breve periodo e delle conseguentepossibile condizione di sub-equilibrio (Morrison, 1992). Una soluzione duale diquesto tipo è alla base del modello impiegato in questo lavoro.

3. Il modello empirico

Si rappresenti il settore agricolo italiano mediante la seguente funzione di costovariabile:

ove q è la quantità dell’output agricolo aggregato, P è il vettore dei prezzi degliinput convenzionali variabili, X è il vettore degli stock degli input convenzionalifissi nel breve periodo, Z è il vettore degli stock degli input non convenzionali, t èla solita variabile temporale.

Secondo questa rappresentazione, le imprese agricole minimizzano il costo diprodurre q in un contesto di breve periodo cioè potendo variare solo l’impiego deifattori variabili, combinandoli in maniera ottimale sulla base dei prezzi relativi P edella dotazione di input fissi X. Il livello minimo dei costi dipende, però, anchedal livello tecnologico a sua volta determinato da due tipi di shifter esterni, al paridel modello presentato nel paragrafo precedente: il trend temporale t, cherappresenta quella quota di progresso tecnico che rimane esogena e non spiegata,ed una serie di input non-convenzionali che non vengono controllati dalla singolaimpresa per la quale, quindi, sono dati. Quindi, lo stesso livello tecnologico non ècontrollato dall’impresa; è perciò esogeno e si configura come una esternalitàpositiva di tipo marshalliano (Esposti e Pierani, 1996; Esposti, 1998).

Una specificazione della (8) che comprenda molteplici input non convenzionaliha spesso sortito risultati insoddisfacenti (Mullen et al., 1996). In particolare,considerare come due separati s h i f t e r esogeni lo stock di ricerca (R&S) e diassistenza tecnica e divulgazione (A&D) produce spesso risultati perversi in cuiuna delle due variabili risulta avere un effetto positivo sulla funzione di costo cioèriduce, anziché, incrementare il livello di efficienza nell’impiego dei fattoriconvenzionali. La ragione di tali effetti è la frequente collinearità tra questevariabili di stock (Thirtle e Bottomley, 1989; Mullen et al., 1996).

Al fine di evitare questi inconvenienti, si considera un unico input non conven-zionale composto da una somma dei vari contributi (Kuroda, 1997). In questo la-voro, si considerano come input non convenzionali la spesa pubblica in ricerca e laspesa pubblica in assistenza tecnica e divulgazione nell’agricoltura italiana6. In

706

6 Per un approfondimento sui dati si veda Esposti e Pierani (1996), Esposti (1998) e Galantee Sala (1989).

Page 355: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

letteratura vengono proposte numerose soluzioni relativamente al la struttura deiritardi per queste due voci di spesa e di norma, piuttosto che basarsi suconsiderazioni strettamente teoriche, la scelta viene operata sulla scorta dellerisultanza empiriche ottenute dalle varie alternative (Griliches, 1979).

Una analoga strategia è stata seguita in questo studio. Dal punto di vistastrettamente empirico, la soluzione più soddisfacente sembra essere quellaproposta da Ito (1992); si assume, cioè, che la spesa in ricerca diviene eff i c a c edopo un certo periodo di tempo e continua ad essere efficace per più anni; la spesain assistenza ha analogamente un periodo di latenza ma è operativa per un soloanno. La spesa in ricerca si comporta perciò come stock (R) mentre la spesa inassistenza tecnica come flusso. Il vettore dello stock dell’input non convenzionaleconsiderato è stato, dunque, così definito:

ove R è lo stock di ricerca mentre A&D è il flusso di spesa in assistenza tecnicaopportunamente ritardato di n anni. Lo stock di ricerca R è stato costruitoapplicando il metodo dell’inventario perpetuo:

ove It-m è la spesa pubblica in R&S opportunamente ritardata di m anni e il tassodi deprezzamento dello stesso7. Un valore dello stock iniziale può essere ottenutomediante sostituzione recursiva procedendo indietro nel tempo:

o v e g è il tasso medio annuo di investimento in R&S. Considerando la mediacampionaria del tasso di investimento, la serie di stock è stata ricostruita per ilperiodo 1963-1991; a questo periodo si riferisce l’analisi8.

La scelta della specificazione della (8) dipende dall’esigenza principale di nonporre vincoli sulla matrice di sostituzione tra gli input convenzionali e di nonvincolare la natura della tecnologia rispetto agli stessi input non convenzionali.L’adozione della forma funzionale translog garantisce riguardo a questo punto9. Laspecificazione della (8) sarà dunque:

707

7 Per un approfondimento sulla procedura di costruzione dello stock si veda Esposti (1998)e Park (1995).8 Si è assunto d = 0.5, m = 4 e n = 3. 9 La translog appartiene alla famiglia delle forme funzionali flessibili, quindi in grado difornire una approssimazione del secondo ordine ad una qualsiasi funzione aggregatriceincognita in un punto (Chambers, 1988).

Page 356: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Da questa funzione di costo variabile possono essere derivate le funzioni didomanda dei fattori variabili; applicando il Lemma di Shephard, la genericaequazione di domanda di un fattore variabile nel caso della translog è:

ove Si è la quota sul costo totale del generico input i-esimo.

Allo stesso modo, differenziando la funzione di costo rispetto all’output siottiene la funzione di costo marginale che nel caso della translog corrisponde allaquota di ricavo. Poiché si considera un unico aggregato di output, si ha una unicaequazione che sarà:

ove SR è il rapporto tra ricavo totale ed il totale del costo variabile10.

Il rendimento dello stock Z può essere calcolato a partire dalla misuradell’impatto che una variazione dello stesso determina sul costo variabile, cioèdall’equazione:

Calcolato t dalla (14), è possibile ottenere il tasso di rendimento interno (TRI)dell’investimento in R&S e A&D secondo la seguente formula11:

708

10 D i fferenziando la (11) rispetto alla quantità dell’input fisso si potrebbe anche ottenere

l’equazione che esprime il prezzo ombra dello stesso. La variabile dipendente di taleequazione, però, non può essere osservata né, data l’ipotesi di rendimenti di scala variabili,può essere sostituita dal termine (PYY-G) (Morrison, 1992). Quindi, non sarà consideratanella procedura di stima. 11 Per approfondimenti si veda (Mullen et al., 1996).

Page 357: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ove l’espressione a sinistra della (15) identifica il flusso di benefici e dei costi neltempo relativi all’incremento di una unità dello stock Z; LR è il periodo massimo dilag in cui l’investimento unitario risulta efficace.

La presenza dello stock tecnologico Z nella funzione di costo permette ancheuna più articolata rappresentazione delle distorsioni del progresso tecnico; l’usodei fattori sarà infatti condizionato sia dal fattore non convenzionale che dallacomponente autonoma del progresso tecnico data dalla variabile t. Per ogni fattorevariabile sarà perciò possibile calcolare due distinte distorsioni; allorché si tengaopportunamente conto dell’effetto di scala (Morrison, 1992), le due distorsioni,dette anche distorsioni nette, per un generico i-esimo input variabile sono (Kuroda,1997):

nel caso dello stock Z; e:

nel caso della componente autonoma t.

sono le rispettive distorsioni lorde, che non tengono conto dell’effetto dellavariazione di scala sulla funzione di costo dato dall’elasticità

Infine, la misura del progresso tecnico potrà essere tipicamente calcolata comeil negativo della derivata logaritmica della funzione di costo rispetto al tempo

709

(16)

(17)

Page 358: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

si tratta, tuttavia, di una misura al netto dell’effetto dello stock tecnologico Zquindi non comparabile con misure dei residui che considerano solo gli inputconvenzionali. Inoltre, si dovrà tenere conto dell’eventuale effetto di scala nonchédel possibile disequilibrio di breve periodo dovuto alla presenza del fattore quasi-fisso. Quindi, la misura corretta sarà (Morrison, 1992):

ove (εC q=∂l n C /∂lnq) è la flessibilità di costo di breve periodo. Nell’ipotesi diomoteticità, il denominatore della (18) può essere scomposto in due parti: εCq= (1-εCK), dove (= dlnC/dlnq=dlnK/dlnq) è una misura inversa dell’economia di scaladi lungo periodo e εCK è la flessibilità del costo totale rispetto allo stock dicapitale fisico (= dlnC/dlnK). Il termine (1-εCK) coincide con l’indice duale dellacapacità utilizzata (CUC) e rappresenta la deviazione dell’input fisso dal suolivello di equilibrio (Morrison, 1992). Quando la dotazione di capitale è inequilibrio di lungo periodo, prezzo di mercato e prezzo ombra coincidono, quindiεCK=0, e si ha piena utilizzazione della capacità (CUC=1). Se invece l’input fissoè in eccesso ( C UC<1) oppure carente (CUC>1), εC K sarà positivo e negativorispettivamente.

L’espressione parametrica delle derivate nella (16), (17) e (18) può essereagevolmente ricavata dalla (11) e (12). Il sistema di equazioni (11)-(13) può esserestimato simultaneamente ricordando che, nel caso della translog, una delleequazioni di domanda dei fattori variabili deve essere esclusa dal sistemastimato12. La scelta della specificazione empirica del modello presentato dipendedalle osservazioni disponibili; poiché si dispone di dati nel periodo 1963-1991, alfine di conservare sufficienti gradi di libertà si è scelta una specificazione con dueinput variabili (M = Mezzi Tecnici ; L = Lavoro) ed un input fisso (K =C a p i t a l e )1 3. Imponendo le condizioni di simmetria ed omogeneità previste dallateoria, il sistema è stato stimato con i dati dell’agricoltura italiana14.

710

12 Nel presente caso è stata esclusa la funzione di domanda del lavoro. 13 Si tratta dello stock di capitale agrario a cui viene aggiunto il capitale fondiario ed iservizi del bestiame. 14 Per un approfondimento sui vincoli da imporre ai parametri e sulla procedura di stima nelcaso della translog, si veda Chambers (1988) e Berndt (1991).

Page 359: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. I risultati per l’agricoltura italiana

I dati relativi a prezzi e quantità degli input variabili e fissi convenzionali sonoricavati dalla banca dati AGRIFIT (Caiumi et al., 1995). Lo stock Z dell’input nonconvenzionale è costruito a partire dai flussi di spesa pubblica in R&S e A&D; sisono considerate medie triennali al fine di tenere conto della variabilità, legata adaspetti amministrativi, con cui divengono effettivi i relativi stanziamenti pubblici.

Per quanto riguarda i dati sulla spesa pubblica in Italia per la ricerca e perl’assistenza tecnica e la divulgazione in agricoltura, si tratta di informazioni difonte INEA e CNR o direttamente provenienti dai bilanci ministeriali (MAF,Ministero della Pubblica Istruzione e Ministero per la Ricerca Scientifica) o di altrienti pubblici coinvolti. Per quanto riguarda la R&S, si tratta della spesa delMinistero dell’Agricoltura e Foreste, degli istituti ed enti pubblici coinvolti nellaricerca agricola e delle università impegnate in ricerca agricola (in particolareFacoltà di Agraria e Medicina Veterinaria). Per la spesa in assistenza tecnica edivulgazione, si sono considerate le spese sia del Ministero sia degli enti localicompetenti. Le voci di spesa sono espresse in miliardi di lire a prezzi costanti198515. L’andamento dello stock Z nel tempo è riportato in Figura 1.

La Tabella 1 illustra le stime ottenute per i parametri del modello descritto. Sipuò osservare che buona parte delle stime appaiono significative sebbene i pochiparametri debolmente significativi si riferiscono proprio allo stock di R&S e A&D;ciò conferma la difficoltà ad individuare l’azione di queste variabili nel contestoproduttivo. Da notare che i coefficienti di determinazione (R2) delle equazioni delmodello sono particolarmente elevati per l’equazione della funzione di costovariabile e per l’equazione della quota di ricavo; sono, invece, decisamente piùbassi per quanto riguarda la funzione di domanda dei mezzi tecnici e del prezzoombra del fattore fisso capitale.

I parametri ottenuti consentono di stimare le elasticità riportate nella Tabella 2(Chambers, 1988; Berndt, 1990). Come previsto dalla teoria, le elasticità prezzosono correttamente negative nel caso delle elasticità dirette1 6. Di conseguenza,come necessario al fine di rispettare i vincoli di omogeneità, i due fattori variabili

711

15 Per una più dettagliata descrizione dei dati relativi a R&S e A&D si veda Esposti, 1998;inoltre, per una descrizione minuziosa delle diverse fonti di spesa pubblica per la ricercaagricola italiana si veda Galante e Sala (1989).16 La matrice hessiana dei prezzi è correttamente semidefinita negativa per ognuna delleosservazioni campionarie e nel punto medio; analogamente, l’hessiana relativa alla quantitàdel fattore fisso è semidefinita positiva in tutte le osservazioni nonché nel punto medio.Quindi, la curvatura della funzione di costo variabile rispetta le assunzioni imposte dallateoria. Per approfondimenti si veda Chambers, (1988). La stima delle hessiane èdisponibile presso gli autori.

Page 360: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

sono tra loro sostituti. Da notare che, sempre per effetto dell’omogeneità, leelasticità incrociate sono uguali in valore assoluto a quelle dirette per ognuno deidue fattori ( - i j= i i, j). L’elasticità dei mezzi tecnici è comunque maggiore di

quella del lavoro dal momento che la media campionaria delle elasticità dirette è -0.33 contro -0.14. Al contrario, se si considerano le elasticità dei variabili rispettoall’output, l’impiego del lavoro sembra mutare maggiormente in seguito ad unavariazione dell’offerta. Infatti, l’elasticità rispetto all’output è in media 1,5 contro0.65 dei mezzi tecnici. La risposta di entrambi gli input, tuttavia, sembra diminuirenel tempo rispetto alle variazioni di scala. In ogni caso si tratta di elasticitàpiuttosto elevate che confortano rispetto alla scelta di considerare tali fattorivariabili nel breve periodo.

Come specificato, nel breve periodo il capitale è invece assunto fisso; quindi,eventuali variazioni dell’offerta possono essere conseguite solo modificandol’impiego dei fattori variabili e, di conseguenza, sovra o sottoutilizzando lacapacità produttiva del capitale rispetto al suo impiego ottimo. I parametri stimaticonsentono di calcolare il livello di capacità utilizzata nell’agricoltura italiana nelperiodo considerato (CUC). La Tabella 3 riporta i risultati ottenuti; si osserva nelprimo decennio una sovrautilizzazione della capacità produttiva conseguenza diuna insufficiente dotazione di capitale rispetto all’andamento dell’offerta; invece,negli ultimi due decenni del campione si registra sottoutilizzazione, cioè eccessivadotazione di capitale. Si tratta comunque di squilibri non particolarmenteaccentuati dal momento che il valore medio del coefficiente è di 1.03; negli anni’80 raggiunge, comunque, i più elevati valori di sottoutilizzazione. Tali risultatisembrano confermare quanto emerso in precedenti indagini (Pierani e Rizzi1994)17.

Le informazioni più rilevanti, rispetto agli scopi del lavoro, riguardano lecaratteristiche del progresso tecnico. In particolare, la Tabella 3 riferiscedell’andamento del tasso medio di variazione del costo corretto per il grado diutilizzazione della capacità produttiva (). Si tratta, cioè, del negativo del vero tassodi progresso tecnico. Emerge che la stima riferita al primo sottoperiodo, indicanteregresso tecnico, è non significativa, contrariamente agli altri due sottoperiodi neiquali si osserva progresso tecnologico (2.8% e 2.7%, rispettivamente). Gli annisettanta, secondo le nostre stime, risultano il decennio a più alta crescita. Il tassomedio campionario di progresso tecnico, al netto della CUc, risulta essere di -0.013. Non si tratta, tuttavia, di una misura comparabile con altri risultati riportatinella letteratura economico-agraria nazionale; infatti, nel nostro caso il residuocalcolato è al netto dell’effetto esercitato dalla spesa in R&S e A&D; quindi,essendo questo effetto positivo, il progresso tecnico residuo tenderà ad essere

712

17 Tuttavia, in Pierani e Rizzi (1994) l’aggregato del capitale non comprendeva la terra.

Page 361: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

inferiore alle precedenti misure.La Tabella 4 riporta le distorsioni che permettono di comprendere in che

direzione il progresso tecnico si è mosso nel periodo analizzato. Le prime trecolonne riportano la misura della distorsione attribuibile allo stock Z, totale (lordo)e al netto degli effetti di scala; la seconda serie di colonne riguarda, invece, lavariabile di trend t. Va ricordato che le distorsioni relative allo stock di conoscenzasono espresse come elasticità, mentre quelle relative al trend sono espresse intermini di tassi di variazione. Tuttavia, si evidenziano alcuni risultati comuni alledue serie di distorsioni. In primo luogo, emerge che il progresso tecnico utilizzamezzi tecnici e risparmia lavoro sia per la parte relativa allo stock di conoscenzasia per la componente autonoma. Tuttavia, le distorsioni sono in generale nonstatisticamente significative, in particolare se si considerano le distorsioni corretteper gli effetti di scala; questi, infatti, tendono ad essere in entrambi i casidominanti nel computo delle distorsioni lorde. Si può concludere, quindi, che ilprogresso tecnico, sia autonomo che relativo allo stock di R&S, sembra essereHicks-neutrale; le distorsioni che risparmiano lavoro e utilizzano mezzi tecniciappaiono piuttosto frutto di effetti di scala.

Un altro risultato rilevante in tema di progresso tecnico è il tasso di rendimentointerno dello stock Z di R&S e A&D. Come evidente dalla (14), il tasso direndimento interno varia a seconda dell’anno in cui viene riferito in quanto lostesso t è variabile di anno in anno. Tuttavia, questo coefficiente è di calcolo

immediato allorché si considera l’anno di normalizzazione; in questo caso, infatti,esso coincide con il coefficiente Z il cui valore stimato assume correttamentevalore negativo: un aumento dello stock in R&S e A&D determina, a parità dicondizioni, una riduzione del costo variabile. Utilizzando questo valore stimato edi valori delle medie geometriche dello stock Z e del costo variabile C (Mullen eta l ., 1996), si ottiene un tasso di rendimento interno del 39%1 8. Si tratta di unrendimento piuttosto elevato ma in linea con altri risultati ottenuti per il settoreagricolo sia italiano che di altri paesi (Esposti, 1998; Evenson e Westphal, 1995).

4. Considerazioni conclusive

Nel modello ad uno stadio presentato, la spesa pubblica in R&S e A & Ddefinisce lo stock della variabile conoscenza tecnologica disponibile al settoreagricolo che entra esplicitamente nella funzione di costo del settore; questa tieneconto della rigidità del fattore capitale e, quindi, è specificata come funzione di

713

1 8 Il calcolo è stato effettuato assumendo che la variazione di stock, l’investimento, èefficace fino al tredicesimo anno incluso.

Page 362: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

costo di breve periodo. La stima di questo modello consente di ricavare utiliinformazioni sulla tecnologia produttiva, sul livello di utilizzazione della capacità,sulle caratteristiche del progresso tecnico e, soprattutto, sul rendimento della spesain R&S e A&D.

Emerge una tecnologia relativamente flessibile nell’utilizzo dei fattori variabili;la dotazione di capitale risulta insufficiente nel primo periodo, ed eccessiva apartire dagli anni ’70. Considerando, però, la media dell’intero campione ladotazione di capitale appare sostanzialmente in equilibrio. I risultati segnalano,inoltre, un progresso tecnico risparmiatore di lavoro ed utilizzatore di mezzitecnici. Tuttavia, ad una indagine più approfondita, tali distorsioni sonoprevalentemente il frutto di effetti di scala, dal momento che la distorsione nettasembra indicare progresso tecnico neutrale sia per la componente autonoma cheper lo stock di conoscenza tencologica.

Infine, il rendimento della spesa pubblica in R&S e A&D risulta significativo epiuttosto alto sebbene in linea con numerosi altri contributi in letteratura. Questorisultato sembrerebbe suggerire che l’investimento pubblico in queste attività èsub-ottimale nell’agricoltura italiana; tale aspetto merita, tuttavia, ulterioricontributi ed approfondimenti.

714

Page 363: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

715

Page 364: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

716

Page 365: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Alston, J.M., Craig, B.J., e P.G. Pardey, 1996. R e s e a rch lags and re s e a rch re t u r n s, ConferenceProceedings: Global Agricultural Science Policy for the Twenty First Century - Invited Papers, Mel-bourne, 26-28 August, Department of Natural Resources and Environment, Melbourne, pp. 333-366.

Antle, J.M. e S.M. Capalbo, 1989. An introduction to recent development in production theory andproductivity measurment, in Antle, J.M. e S.M. Capalbo, Agriculture productivity. Measurement andexplanation, Resources for the Future, Washington, D.C..

Berndt, E., 1990. The practice of econometrics: classic and contemporary, A d d s i o n - We s l e y,Reading.

Caiumi, A., Pierani, P., Rizzi, P.L., Rossi, N., 1995. AGRIFIT: una banca dati del settore agricolo(1951-1991). Franco Angeli, Milano.

Chambers, R.G., 1988. Applied production analysis. Cambridge University Press.

Diewert, W.E. e T.J. Wales, 1987. Flexible functional forms and global curv a t u re conditions,Econometrica, 55(1), 43-68.

Esposti, R., 1997. Progresso tecnico multioutput e ruolo di R&S e Assistenza tecnica: applicazionedell’analisi nonparametrica all’agricoltura italiana, Quaderni di ricerca, n. 90, Dipartimento diEconomia, Università degli Studi di Ancona.

Esposti, R., 1998. P ro g resso tecnico e crescita. Il caso dell’agricoltura italiana, Tesi di dottorato,Università degli Studi di Trento.

Esposti, R., Pierani, P., 1995. Capacità utilizzata e produttività dei fattori. Il caso di una impresa ex-mezzadrile. La Questione Agraria. 60, 71-99.

Esposti, R. e P. Pierani, 1996. Misura del progresso tecnico nell’agricoltura italiana: un approcciomediante variabile latente, Rivista di Economia Agraria, Vol. 51, n. 4, pp. 499-527.

Esposti, R e P. Pierani, 1997. The source of technical change in Italian agriculture. A latent variableapproach, Staff Paper Series n. 411, Department of Agricultural and Applied Economics, Universityof Wisconsin.

Evenson, R.E. e L.E. Westphal, 1995. Technology change and technology strategy, in Behrman, J. eT.N. Srinivasan (eds.), Handbook of development economics. Vol. III, Elsevier Science, Amsterdam.

Galante E., Sala C., 1989. Allocazione delle risorse per la ricerca in agricoltura: metodi e criteri divalutazione, Rivista di Politica Agraria, 7, n. 3, 23-37.

Griliches, Z., 1979. Issue in assessing the contribution of research and development to productivitygrowth, Bell Journal of Economics, 10, n. 1, 92-116.

Ito, J., 1992. Nogyo kenkyu toshi no keizaki bunseki (An economic analysis of investment inagricultural research and extension activities in Japan). Keizai Kenkyu (Econ. Rev.), 43, 237-247.

717

Page 366: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Kuroda, Y., 1997. R e s e a rch and extension expenditures and productivity in Japanese agriculture ,1960-1990, Agricultural Economics, Vol. 16, n. 2, 111-124.

Link, A.L., 1987. Technological change and productivity growth, Harwood Academic Publishing.

Morrison, C.J., 1992. A m i c reconomic approach to the measurement of economic performance.Springer-Verlag, New York.

Mullen, J.D., Morrison, C.J. e L. Strappazzon, 1996. Modelling technical change in A u s t r a l i a nb ro a d a c re agriculture using a translog cost model, Paper presented at the Georgia ProductivityWorkshop II, University of Georgia, November 1-3.

Nelson, R.R., 1981. R e s e a rch on productivity growth and productivity differences: dead ends andnew departures. Journal of Economic Literature. 19, 1029-1064.

Park, W.G., 1995. International R&D spillovers and OECD economic growth. Economic Inquiry. 33,571-591.

Pierani, P., Rizzi, P.L., 1994. Equilibrio di breve periodo, utilizzazione della capacità e produttivitàtotale dei fattori nell’agricoltura italiana (1952-1991). Discussion Paper, 13, Dipartimento diEconomia Politica, Siena.

Severini, S., 1994. L’uso dell’approccio della funzione di produzione nella valutazione degli effettidella ricerca agricola. Rivista di Economia Agraria, Vol. 49, n.1, pp. 144-163.

Solow, R.M., 1957. Technical change and the aggregate production function. Review of Economicsand Statistics.

Thirtle, C., Bottomley, P., 1989. The rate of return to public sector agricultural R&D in the UK,1965-80. Applied Economics. 21, 1063-86.

Viganò, E., 1992. Valutazione degli effetti della ricerca agricola: una rassegna. Rivista di EconomiaAgraria, Vol. 47, n. 4, pp. 655-690.

718

Page 367: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

ROBERTO POLIDORI - BENEDETTO ROCCHI - GIANLUCA STEFANI

UN’ANALISI DEL CAMBIAMENTO TECNICO NEL SETTOREAGRICOLO ITALIANO

1. Premessa

Lo scopo del seguente lavoro è quello di analizzare il cambiamento tecnicodell’agricoltura italiana utilizzando la struttura teorica del modello proposto daPasinetti (Pasinetti, 1959, 1981) per lo studio del progresso tecnico.

L’agricoltura italiana, come tutte le agricolture dei paesi industrializzati, è statainteressata da grandi cambiamenti strutturali, il settore ha infatti visto diminuire lasua importanza relativa sia in termini di valore aggiunto che di occupazione. Glioccupati sono notevolmente diminuiti mentre si è accresciuto il flusso degliinvestimenti, la produzione ed i salari per occupato sono aumentati ma è ancheaumentato il capitale per lavoratore. L’aumento del valore aggiunto per lavoratorein linea con l’incremento dei salari reali ha portato, in condizioni di salaricrescenti, a saggi di remunerazione degli investimenti bassi e decrescenti.

Questi risultati, che scaturiscono dall’osservazione dei dati statistici, sonoampiamente conosciuti, tuttavia rivestono notevoli implicazioni di carattere teoricorelativamente all’interpretazione delle cause che determinano i fenomeni inoggetto. In questo contesto il progresso tecnico ha una notevole importanza nellospiegare il ridimensionamento dell’agricoltura nel sistema economico ed inparticolare il declino della redditività dei capitali agricoli.

S o ffermandoci su quella parte del cambiamento che riguarda la produzionevogliamo analizzare in particolare un’importante dimensione del progressotecnico, quella riguardante i miglioramenti nei metodi di produzione di uno deglistessi fattori di produzione: il capitale (Pasinetti, 1959). Dopo aver ricordato lerelazioni che collegano gli specifici caratteri dell’agricoltura al progresso tecnico,verranno analizzati i cambiamenti di produttività e di reddito dell’agricolturaitaliana tracciando prima un quadro di riferimento teorico per poi specificare lametodologia adottata utilizzando a tal fine un’analisi in termini di valore aggiuntoe di settori verticalmente integrati, e discutere infine i risultati ottenuti.

719

Page 368: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. Agricoltura e progresso tecnico

La rigidità dell’offerta che caratterizza la produzione agricola è rintracciabilinella struttura produttiva e nei caratteri biologici della produzione. La strutturaproduttiva dell’agricoltura si caratterizza per la presenza di un grande numero diaziende territorialmente disperse. Nella produzione agricola le economie di scala siesauriscono rapidamente per la difficoltà di organizzare il lavoro umano inprocessi produttivi che si svolgono su ampie superfici. Il carattere biologico delleproduzioni conferisce aleatorietà e stagionalità alle produzioni, inoltre ladeperibilità impone per molti beni agricoli la trasformazione o l’immagaz-zinamento immediato. Una ulteriore conseguenza dell’organizzazione agricolacaratterizzata da tante piccole aziende è che l’agricoltore è un price-taker ed operain un mercato tendenzialmente di perfetta concorrenza.

La teoria neoclassica attribuisce i differenziali di redditività delle risorse allad i fferenza di produttività che hanno le risorse impiegate in agricolturarelativamente all’impiego negli altri settori e questa differenza viene ascritta siaalle caratteristiche strutturali e biologiche che alla forma di mercato in cuil’agricoltura opera. Se da una parte non vi è la possibilità di un controllo dei prezzidei prodotti finali dall’altra il progresso tecnico determina una riduzione dei costiunitari di produzione, ma la diminuzione dei prezzi che segue il diminuire dei costifa venire meno il profitto atteso. La lenta trasferibilità delle risorse agricoleesuberanti in seguito all’innovazione tecnologica non compensa la discesa deiprezzi dei prodotti così che questa continua anche al di sotto dei livelli capaci diassicurare le remunerazione dei fattori precedenti. La diminuzione verso il bassodei prezzi dei beni non avviene negli altri settori produttivi con la stessa intensitàcon la quale il fenomeno si presenta nel settore primario. Nell’industria la presenzadi meccanismi di mercato oligopolistici, diversamente dai mercati prevalentementeconcorrenziali presenti in agricoltura, traduce i risultati del progresso tecnico inaumenti dei redditi monetari (profitti e salari) piuttosto che in diminuzione deiprezzi (Sylos Labini, 1981). In conclusione la teoria tradizionale fa dipendere irisultati negativi dell’agricoltura nel lungo periodo sostanzialmente dalle forme dimercato in cui questa opera nonostante il progresso tecnico.

Il paradigma classico, ponendo come centro dell’analisi il fatto produttivo,consente invece di recuperare nella spiegazione delle variazioni dinamiche dellastruttura del sistema economico nel lungo periodo una importante dimensione:quella del progresso tecnico. Il progresso tecnico si manifesta infatti sia dal latodella produzione come mutamento dei prezzi relativi (variazione dei metodi diproduzione e quindi variazioni nella quantità fisica e nella qualità dei beni chepossono essere prodotti con la stessa quantità di fattori); sia dal lato della domandacome mutamento della domanda potenziale (un cambiamento del livello di reddito

720

Page 369: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

reale pro capite come conseguenza dei mutamenti tecnici intesi come crescita diproduttività) (Pasinetti, 1981). È comunque a causa dell’aumento del reddito che simodifica la struttura dei consumi e perciò quella della produzione; è quindi ilprogresso tecnico che determina la dinamica del sistema nel suo complesso equella differenziata dei singoli settori, dei prezzi, dei consumi, delle produzioni ela distribuzione settoriale dell’occupazione e dei redditi. Si sottolinea così la strettarelazione tra gli aspetti produttivi e quelli legati alla domanda come conseguenzadell’incremento di produttività, tanto è vero che non si possono fare ipotesi sullosviluppo della produttività senza prevedere cambiamenti nella composizione delladomanda legati all’incremento di reddito (legge di Engel). In questo contesto ilprogresso tecnico viene inserito nello sviluppo più generale del sistema economicoin modo tale che nella sua impostazione l’innovazione e la dinamica del sistemasono concomitanti nei fatti e non separabili nell’analisi. Coerentemente con questaimpostazione è possibile concentrare l’attenzione nelle relazioni tra progressotecnico e distribuzione del reddito. (cfr. Zuppiroli, 1986).

3. Modalità alternative di misura del progresso tecnico

Fondamentalmente il progresso tecnico viene misurato dal saggio di variazionenel tempo della produttività totale dei fattori (TFP) sinteticamente indicata dalrapporto tra l’output aggregato (Q) e l’input aggregato (X) il cui saggio divariazione nel tempo è TFP= dlnQ/dt - dlnX/dt. Le modalità con cui vienerappresentato il processo produttivo sono alla base della differenziazione dellemisure di cambiamento tecnico proposte in letteratura. Seguendo Marzi e Va r r i(1977) si possono distinguere due filoni analitici principali: il primo si collocaall’interno dell’analisi neoclassica del processo produttivo e si basa sulla funzionedi produzione, il secondo fa capo ai modelli lineari di produzione alla Leontief-Sraffa.

L’approccio neoclassico individua le cause di variazione del rapporto Q/X inuno spostamento nel tempo (shift) della funzione di produzione. Questo approccioipotizza quindi l’esistenza di una tale funzione sia a livello settoriale cheaggregato, e introduce ipotesi ad hoc per permettere la distinzione fra movimentilungo la funzione di produzione e movimenti della funzione di produzione. I fattoridi produzione vengono trattati in maniera simmetrica e non si tiene conto delled i fferenze tra fattori non riproducibili (terra e lavoro) e fattori riproducibiliall’interno del processo produttivo (capitale).

Il filone basato sulle rappresentazioni lineari della tecnologia di produzione puressendo profondamente articolato al suo interno presenta alcune caratteristichegenerali che lo differenziano sostanzialmente da quello precedente.

721

Page 370: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

A partire dal modello input-output di Leontief è possibile evidenziare sia lerelazioni di dipendenza circolare dei processi produttivi che il collegamento direttotra risorse primarie e beni finali attraverso lo schema logico dei settoriverticalmente integrati.

In entrambi i casi è possibile considerare il capitale come fattore riproducibile edistinguerlo dai fattori originari della produzione.

In un primo gruppo può essere collocato l’indice di cambiamento strutturale diLeontief che nella sua versione continua è uguale alla sommatoria dei tassi divariazione dei singoli coefficienti tecnici dell’industria pesati per le rispettivequote sul valore dell’output (Peterson, 1979, Domar, 1961). L’insoddisfazione neiconfronti di questo indice deriva dal fatto che cattura solo gli incrementi diproduttività all’interno dell’industria trascurando la trasmissione attraverso i prezzidelle variazioni di produttività che avvengono nelle altre industrie all’interno delflusso circolare di produzione.

Questi limiti vengono superati dal processo di integrazione verticale chemettendo in relazione la produzione finale di un’industria direttamente con gliinput primari permette di tenere conto della variazione nel tempo dell’eff i c i e n z acomplessiva del sistema relativamente alla produzione di beni finali.

Le misure di TFP basate sull’integrazione verticale, pur formalmente analoghe,si differenziano sostanzialmente per i tipi di input primari previsti e perl’inclusione nel modello del flusso di nuovi investimenti. Alcuni autori (Mc.Donald, Rayner e Bates, 1991) considerano fra gli input “primari” oltre al lavoroanche il capitale fisso. In questo caso la misura del tasso di variazione dell’inputaggregato si ottiene pesando opportunamente i tassi di variazione degli input“primari” (con le quote in valore). In questa classe di misure viene quindi trascu-rata la riproducibilità del capitale fisso.

Altri autori (Rymes,1983, 1986, Peterson, 1979, Gowdy e Miller, 1990)considerano tutto il capitale come riproducibile ed introducono nel modello i nuoviinvestimenti.

In questi modelli la produzione totale in equilibrio deve eguagliare laproduzione di beni finali, il consumo di beni intermedi ed i nuovi investimentinecessari per espandere lo stock di capitale.

Operando sul sistema leontieviano aumentato del vettore dei nuovi investimentisi ottengono i coefficienti di lavoro diretto, indiretto ed iperindiretto di Pasinetti(Pasinetti, 1981, Rymes, 1983). Il tasso di variazione di questi coefficienti tecnicinel tempo è alla base della misura del cambiamento tecnico proposta da Pasinetti(1981, p.234) con riferimento al sistema dei prezzi naturali. Nella versione diPasinetti si giunge così a misurare il cambiamento tecnico in termini di riduzionedi quantità fisiche di lavoro necessarie per la produzione del bene finale in unsistema dinamico. Lo stesso autore ha proposto delle misure di direzione del

722

Page 371: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

cambiamento tecnico che mettono in evidenza i differenti effetti della riduzione diquantità fisiche di lavoro diretto e di quantità fisiche di lavoro indiretto (eiperindiretto) sui prezzi relativi dei beni finali e dei beni intermedi necessari allaloro produzione con relative ripercussioni sulla distribuzione del reddito nelsettore. Tali misure verranno riprese nei successivi paragrafi e messe in relazionecon il concetto di neutralità del cambiamento tecnico alla Harrod.

4. Il quadro teorico di riferimento

L’analisi del progresso tecnico di Pasinetti si sviluppa come risposta critica allatradizione neoclassica delle funzioni di produzione aggregate ed in particolare inseguito all’indagine di Solow sui miglioramenti tecnologici negli Stati Unitid’America tra il 1909 ed il 1949 (Solow, 1957). Una delle principali critiche allequali Pasinetti fa riferimento riguarda la impossibilità di conoscere realmente lafunzione di produzione nella sua interezza e questo aspetto pregiudica notevol-mente la possibilità di distinguere un cambiamento della funzione di produzione daun movimento lungo la stessa. A ciò si aggiunga la difficoltà di misurare in terminireali sia il prodotto che il capitale. La misura monetaria per numeri indici porta ainoti problemi di confronto dovuti alla difficoltà nel compiere aggregazioni neltempo tra prodotti vecchi e nuovi specialmente se lo studio riguarda grossi aggre-gati; a ciò si aggiunga il fatto che la misura monetaria del capitale non è indipen-dente dal saggio di profitto (Robinson, 1956). Constatate queste difficoltà Pasinettisuggerisce di abbandonare il metodo delle funzioni di produzioni e di procederecome prima approssimazione alla individuazione, in due momenti del tempo, dellediverse combinazioni di input e di output (Q; L; K;) e di confrontarne i rapportiQ/L e Q/K.

Tuttavia tale procedimento, valido in linea generale per la terra ed il lavoro, èancora insoddisfacente per i beni capitali; l’analisi si concentra quindi sullecaratteristiche del capitale e sulla sua riproducibilità in base alla considerazioneche dietro la produzione di beni di consumo c’è sempre la produzione di beni capi-tali e che le innovazioni tecnologiche potrebbero avvenire sia nel settore che pro-duce beni di consumo che in quello che produce beni capitali. Volendo confrontarenel tempo le variazioni di Q/L e di Q/K nel settore dei beni di consumo occorre ne-cessariamente considerare anche i mutamenti di produttività nell’industria cheproduce beni capitali usati per la produzione dei beni di consumo. Pasinetti prendein considerazione tali mutamenti di produttività attraverso il rapporto K/N (dove Nè il numero di lavoratori necessari per produrre lo stock di capitale esistente),misurando inoltre il capitale in termini di capacità produttiva per il settore dei benidi consumo (C)1 il rapporto K/N diventa C/N ed il rapporto Q/K, in condizioni di

723

1 La quantità di capitale si esprime quindi in una quantità uguale di prodotto.

Page 372: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

equilibrio, diventa uguale all’unità. È così possibile pervenire alla formulazione didue soli rapporti: il rapporto Q/L che misura la produttività del lavoro nel settoredel consumo ed il rapporto C/N che indica la produttività complessiva del capitalenel sistema economico. L’aumento di Q/L nel periodo di tempo osservato puòessere interpretato come un aumento di produttività dell’intero sistema solamentese il rapporto C/N si modifica nella stessa proporzione. In particolare si verificheràun progresso tecnico di tipo neutrale se i due rapporti variano in proporzioniperfettamente uguali Con la crescita maggiore di uno dei due rapporti è possibiledistinguere due variazioni, la prima di tipo neutrale pari alla minore delle duevariazione, la seconda risparmiatrice di lavoro a secondo dell’eccedenza delrapporto di Q/L su C/N o alternativamente risparmiatrice di capitali a secondadell’eccedenza di C/N su Q/L. Un indice del progresso tecnico è quindi dato dalrapporto Q/L : C/N. Un rapporto che Pasinetti assume uguale al rapporto capitale-prodotto dal momento che sia il valore dell’output che quello del capitale sonoproporzionali alla quantità di lavoro in essi incorporato (vedi nota 3).

Un metodo di produzione indiretto (roundabout) comporta necessariamente unarelazione tra fondi e flussi, ed un metodo è tanto più indiretto quanti più benicapitali sono impiegati a parità di flussi (nei metodi più indiretti di produzione il“grado di intensità” del capitale risulta quindi più elevato); mentre i fondi sonocostituiti dai beni capitali i flussi possono essere rappresentati sia dal serviziolavoro in entrata che dal prodotto in uscita. È quindi evidente che si ottengono dueconcetti sostanzialmente diversi se il rapporto fondi/flussi riguarda il rapportocapitale/prodotto o capitale/lavoro; in questo studio ci occuperemo di analizzaresolamente il primo.

Il rapporto capitale/prodotto si riferisce ad una relazione tra un fondo di benicapitali ed un flusso di prodotto che si genera in un certo periodo di tempo;essendo sia l’uno che l’altro valutati a prezzi correnti, i l salario, checontemporaneamente compare al denominatore ed al numeratore, si annulla. Ciòsignifica che questo rapporto può venire calcolato indifferentemente a prezzicorrenti o in quantità fisiche di lavoro; esso rimane in ogni caso un rapporto traquantità fisiche di lavoro: le quantità fisiche di lavoro “racchiuse” nei beni capitalie le quantità fisiche di lavoro necessarie per ottenere quella produzione. Per questimotivi il rapporto capitale/prodotto esprime concretamente quella relazioneindiretta dei processi produttivi chiamata “grado di intensità di capitale”. Due sonoi problemi economici per i quali il grado di intensità del capitale è rilevante. Ilprimo si riferisce alla valutazione degli effetti degli investimenti sulla produzione:il rapporto capitale/prodotto di ogni singolo processo produttivo esprime laquantità di investimento necessario per aumentare di una unità il flusso di pro-duzione. Il secondo, molto più importante ai nostri fini, riguarda la formazione deiprezzi. Date le modalità con le quali viene calcolato il rapporto capitale/prodotto

724

Page 373: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

esso esprime l’incidenza della componente capitale sul prezzo finale di ciascunbene indipendentemente dalla quantità e dal valore delle macchine attivate perciascun lavoratore. In altri termini più elevato è il rapporto capitale/prodotto, cioèpiù alto è il grado di intensità capitalistica del processo produttivo, maggiore èl’incidenza delle spese per il capitale rispetto alle spese per il lavoro sul prezzofinale del bene prodotto.

Un ulteriore chiarimento riguarda le cause che determinano, a livello settoriale,l’intensità di capitale: in realtà queste già emergono dall’analisi precedente e sonocostituite dalla tecnologia. Tuttavia per renderle esplicite occorre ricordare comel’intensità di capitale sia un rapporto tra quantità fisiche di lavoro “racchiuse” neibeni capitali e quantità fisiche di lavoro necessarie per ottenere la produzione. Male precedenti quantità fisiche di lavoro esprimono rispettivamente, per ognimomento determinato del tempo, la tecnologia per la produzione dei beni capitali edelle merci finali. Ne deriva che la variazione nel tempo delle quantità fisiche dilavoro impiegate nei processi produttivi che producono beni capitali e dellequantità fisiche di lavoro impiegate nei processi produttivi che producono benifinali ma che usano questi stessi capitali sono determinate essenzialmente dallivello tecnologico in cui opera il settore economico.

5. Il cambiamento tecnico nel settore agricolo italiano 1980-1994

Applicando la tecnica di misura del progresso tecnico nell’industriaautomobilistica americana proposto da Pasinetti nel 1959 si è tentato unavalutazione del cambiamento tecnico nell’agricoltura italiana dal 1980 al 1992. Perlo scopo si sono utilizzati esclusivamente dati ufficiali dell’ISTAT sul VAdell’agricoltura e dei settori produttori di macchine e attrezzature, costruzioni emezzi di trasporto, desunti dalla contabilità nazionale e dalle stime dellaconsistenza dello stock di capitale netto riproducibile per branca utilizzatrice. I datidi base sono riassunti nella tabella 1.

Ammettendo che la percentuale di sfruttamento della capacità produttiva delcapitale rimanga costante nel periodo di riferimento si può calcolare il coefficientedi capitale (per tipo ) e le unità di lavoro presenti nello stock (tab. 2). Ilcoefficiente di capitale è stato calcolato sul valore aggiunto (K/VA) e le unità dilavoro nel capitale sono state ottenute dividendo il valore dello stock per il VA peraddetto. Si è misurato l’output del settore agricolo con il valore aggiunto perchésiamo interessati all’attività di trasformazione in prodotti agricoli degli inputsacquistati dagli altri settori.

È possibile ora (tab. 3) calcolare gli input di lavoro “diretto” per unità fisica (o“reale”) di output (aq ) dividendo il lavoro impiegato nella produzione agricola per

725

Page 374: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

l’output misurato a prezzi costanti dell’agricoltura. Poiché anche il capitale vienemisurato in unità di capacità produttiva per il settore agricolo, gli input di lavoroper unità di capitale (ak) si ottengono dividendo il lavoro contenuto nello stock di

capitale fisso per l’output reale del settore agricolo. I reciproci degli input dilavoro per unità di output e per unità di capacità produttiva forniscono una misurarispettivamente della produttività del lavoro (1/a q) e del capitale (1/a k) inagricoltura. La produttività della terra può essere misurata dal rapporto tra outputreale ed ettari di superficie agraria e forestale effettivamente coltivata (Q/T)2.

726

2 In realtà la terra non è un fattore di produzione omogeneo e sarebbe più corretto ridurre lediverse qualità di terra a superfici equivalenti di fertilità media.

Page 375: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

I dati mostrano che dal 1980 al 1991 l’agricoltura ha visto costantementeincrementare la produttività del lavoro mentre quella del capitale è rimastapraticamente costante. La terra ha incrementato la sua produttività in misuraintermedia (fig. 1). Si tratta quindi di un cambiamento tecnico nettamente capitalusing3 ma anche land using.

Se la mobilità dei fattori fosse perfetta ci si attenderebbe un analogo aumentodel coefficiente di capitale (tab. 2). Questo infatti se valessero le condizioni diperfetta mobilit‡ dei fattori dovrebbe essere uguale a b=ak/(rak+aq) che può essereapprossimato con ak/aq (tab. 3)4. In effetti l’andamento temporale dei due indicisembra abbastanza concordante. Le piccole differenze possono essere spiegatedall’andamento dei salari e dei profitti nel settore agricolo ed in quello dei benicapitali. In certi anni gli incrementi di salari e profitti (sintetizzabili nell’indice delVA per unità di lavoro) nelle industrie produttrici di capitali sono stati più alti chenel settore agricolo e quindi questi settori hanno trasmesso gli aumenti diproduttività verso gli acquirenti in misura minore rispetto al settore agricolo. Inaltre parole gli incrementi di produttività nell’industria dei beni capitali non sisono trasferiti che in parte nei prezzi (relativi) dei capitali impiegati dall’agricol-tura, parte di essi infatti è stata trattenuta dall’aumento di salari e profitti.

727

3 Il progresso tecnico comporta sempre “risparmio di lavoro”, in questo caso per “capitalusing” si intende che il risparmio di lavoro è stato più accentuato nella produzione dei benifinali di consumo che nella produzione dei beni capitali ( Pasinetti, 1981).4 Beta in realtà corrisponde a Pc*C/ Pq*Q. Nell’ipotesi di capitale prodotto con il soloimpiego del lavoro e non deperibile valgono le seguenti identità:Pc= ak*w Pq= (r*ak + aq)*wSe il capitale viene prodotto con impiego di altro capitale ed è deperibile allora il suoprezzo diventa: Pc= [akl + (t+r)*akk]*wdove akl rappresenta l’input del lavoro per unità di bene capitale , akk l’input di capitaleper la stessa unità di bene capitale , r il saggio di interesse e t il coefficiente dideprezzamento del capitale. Mentre sarebbe necessario stimare l’intera quantità traparentesi (equivalente a quello che prima era stato definito come ak), quello cheempiricamente si ottiene facilmente è akl. Tuttavia come mostrato da Pasinetti assumendole variazioni di ak l come rappresentative di quelle di ak non si hanno grosse distorsioni(Pasinetti, 1959). Difficoltà sorgono invece per il prezzo dei beni agricoli poiché in essoandrebbe incorporata anche la remunerazione per la terra. I coefficienti aq e ak in questocaso sono coefficienti medi per l’intero sistema produttivo. La tecnica, per estensione delragionamento, include l’uso di un input di terra di fertilità media che da luogo a rendita. Ilprezzo del bene agricolo può quindi essere rappresentato da: Pq= (r*ak + aq)*w+ht*rht rappresenta l’input di terra “media” per unità di output e r il saggio di rendita. Nel lavorosi assume che ht*r rappresenti una parte in qualche modo trascurabile di Pq dal momentoche nel capitale sono già inclusi fabbricati, piantagioni e miglioramenti fondiari.

Page 376: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Le variazioni di produttività del capitale possono essere ulteriormenteanalizzate dividendole nelle componenti da cui traggono origine. Una prima analisiconcerne la composizione del capitale; nel periodo di riferimento tuttavia siosservano pochi cambiamenti, si può solo notare una limitata sostituzione dellemacchine con le costruzioni in termini di valori correnti mentre a prezzi costanti lacomposizione rimane immutata.

Questo significa che è avvenuto un cambiamento nei prezzi relativi dellecostruzioni e delle macchine con i primi che aumentano leggermente rispetto aisecondi.

Un’altra causa di variazioni nella produttività del capitale può essereindividuata nelle variazioni di produttività del lavoro nelle industrie che fabbricanoi capitali agricoli. Si definisca come unità di misura fisica del capitale la quantitànecessaria per la realizzazione di un’unità di capacità al 1980. In pratica, permisurare con tale unità di misura lo stock negli anni seguenti, si fa il rapporto fra laquantità di capitale a prezzi costanti nell’anno di riferimento e la quantità a prezzicostanti del 1980 e si moltiplica tale rapporto per la capacità “reale” (cioè a prezzicostanti) del 1980. Ottenuta la misura complessiva dello stock si ripartisce poi inbase alla composizione del capitale a prezzi costanti fra le diverse industrieproduttrici (macchine, mezzi di trasporto e costruzioni) e se ne calcolano gli inputdi lavoro per unità di capacità (dividendo le unità di lavoro contenute nello stockper la misura dello stock stesso) e le rispettive produttività del lavoro (tab. 4).

Nel decennio considerato la produttività del lavoro nell’industria produttrice dimacchine è cresciuta di più che in quella delle costruzioni e questo può contribuirea spiegare l’andamento dei prezzi relativi cui si è accennato sopra. Più interessante

728

Page 377: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

risulta il dato sull’incremento complessivo di produttività del lavoro nell’industriacostruttrice di beni capitali che aumenta nel periodo considerato del 10% conandamento fluttuante nei vari anni5. La produttività del capitale in agricoltura èrimasta però sostanzialmente costante nel periodo considerato, se non vi fossestato l’aumento del 10% di produttività di cui sopra la produzione ottenibile dallastessa quantità di capitale fisico presente nel 1980 sarebbe addirittura diminuita.Ciò trova conferma nell’andamento effettivamente registrato del rapporto Q/K aprezzi costanti che passa dallo 0,17 del 1980 allo 0,15 del 1992. È interessantenotare che dei tre settori produttori di beni capitali quello con aumenti minori diproduttività è il settore costruzioni che , in agricoltura, fornisce circa quattro quintidel capitale. La composizione del capitale agricolo influenza quindi la bassaproduttività del capitale in agricoltura ed il conseguente aumento nel tempo delgrado di intensità capitalistica.

6. Un confronto intersettoriale del cambiamento tecnico in italia

Nell’applicazione empirica sviluppata nel precedente paragrafo l’outputdell’agricoltura è stato identificato con il valore aggiunto del settore al fine diconcentrare l’attenzione sul processo di trasformazione degli inputs in prodottiagricoli. Tale procedimento può essere inteso come una prima approssimazione alprocesso logico di integrazione verticale del processo produttivo, attraverso il

729

5 Le differenze negli andamenti dei salari e dei profitti hanno fatto sì che non tutto questoaumento sia divenuto rilevante per l’agricoltura.

Page 378: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

quale si mette in relazione diretta i beni di consumo finale con le risorse originarieimpiegate per produrli. La necessità di considerare processi produttivi vertical-mente integrati è legata all’impostazione dinamica dell’analisi: allo scorrere deltempo, infatti, il progresso tecnico muta continuamente i coefficienti tecnicirendendo impossibile l’uso di uno schema di produzione di tipo circolare. Quested i fficoltà vengono a cadere all’interno di una rappresentazione verticalmenteintegrata della produzione. Per questo motivo Pasinetti ha sviluppato il suo schemateorico di dinamica strutturale attraverso un modello dell’economia costituito dapiù settori verticalmente integrati. I suoi studi teorici sul concetto di settoreverticalmente integrato gli hanno permesso tuttavia di stabilire un collegamentoanalitico non ambiguo tra una rappresentazione intersettoriale dell’economia,empiricamente osservabile in modo diretto, e la corrispondente rappresentazioneverticalmente integrata. Tale corrispondenza è ottenuta attraverso operazionialgebriche basate sull’uso della matrice inversa di Leontief (Pasinetti, 1973;Pasinetti, 1981).

Lo studio dell’evoluzione nel tempo dei rapporti capitale-prodotto per tutti isettori verticalmente integrati che compongono l’economia potrebbe consentireuna verifica ed un approfondimento dell’analisi condotta in precedenza. Inparticolare renderebbe possibile una valutazione di confronto delle diverse“direzioni” assunte dal progresso tecnico nei diversi settori. Abbiamo a questo finee ffettuato il confronto intertemporale del valore assunto da tale grandezza neidiversi settori basandoci, secondo il suggerimento di Pasinetti, su unarappresentazione input-output dell’economia.

I rapporti capitale-prodotto per settore verticalmente integrato sono derivabili apartire dai rapporti riferiti alle branche del modello input-output, premoltiplicandoil vettore di questi ultimi per la trasposta della matrice inversa di Leontief. Insimboli:

= A’r

dove è il vettore colonna degli n rapporti capitale prodotto per settoreverticalmente integrato, A = (I-A)-1 è la matrice n x n dei coefficienti di attivazionecalcolata a partire dai coefficienti tecnici intersettoriali, r è il vettore degli nrapporti capitale prodotto per branca. Per derivare correttamente le grandezzeriferite ai settori verticalmente integrati la matrice A dei coefficienti tecnicidovrebbe essere calcolata a partire da una tavola di flussi intersettorialicomprendente anche i consumi di capitale fisso (Pasinetti, 1974). L’inversa nonmodificata è stata tuttavia impiegata dallo stesso Leontief in esercizi analoghifinalizzati allo studio del commercio estero statunitense, famosi per l’eviden-ziazione del cosiddetto “paradosso” relativo all’intensità di capitale dei beni scam-biati (Leontief , 1953) e può essere considerata una accettabile approssimazione.

730

Page 379: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

La realizzazione di un confronto intertemporale richiede che i valori impiegatinell’analisi vengano depurati dell’effetto dei cambiamenti nel sistema dei prezzi.Mentre i rapporti capitale prodotto sono indipendenti dai prezzi, che in essiappaiono sia al numeratore che al denominatore, l’operazione di deflazionamento ènecessaria per la matrice A. Il deflazionamento delle matrici dei coefficienti tecniciè un’operazione complessa dal punto di vista statistico. Nella presente analisi èstata impiegata una procedura che si basa sulla conoscenza dei soli vettori delleproduzioni effettive espressi a prezzi costanti.

La costruzione di un indice di direzione del progresso tecnico nell’otticaall’interno di una impostazione teorica che consideri il capitale non come unarisorsa originaria bensì come un bene prodotto, richiede che vengano considerati iguadagni di produttività che si realizzano non solo nel settore considerato maanche nei settori che producono i beni capitali impiegati. Questa ipotesi si traducedal punto di vista analitico nel calcolo dei coefficienti di attivazione a partire daiflussi di produzione totale. Questo modo di procedere implica tuttavia la chiusuradel sistema economico rispetto all’esterno o, in altre parole, l’ipotesi che latecnologia sia la stessa nel sistema economico considerato e nei paesi dai qualiesso importa le merci.

La necessità di disporre delle tavole intersettoriali ha reso possibile solo unconfronto puntuale tra gli anni 1982 e 1992, per i quali erano disponibili duematrici a 44 branche dell’economia italiana, stimate dall’Istituto Regionale per laProgrammazione Economica della Toscana, ed i valori relativi allo stock dicapitale netto suddivisi in base ad una classificazione a 16 branche pubblicatidall’ISTAT. Il confronto intertemporale è stato realizzato esprimendo la matrice deic o e fficienti di attivazione per l’anno 1992 ai prezzi ai prezzi 1982, impiegandonell’operazione di deflazionamento il vettore delle produzioni effettive per brancaa prezzi costanti, stimato dall’ISTAT e fornito secondo una disaggregazione a 44branche non pubblicata

Dai dati riportati nella tabella 5 appare evidente come il progresso tecnico nelsettore agricolo (verticalmente integrato) risulti nettamente differenziato da quellodegli altri settori: l’intensità di capitale, nell’arco del decennio, cresce in misurasignificativa solo in esso; tra gli altri settori solo quello relativo ad alberghi epubblici esercizi mostra un incremento di entità molto più contenuta mentre irestanti settori dell’economia evidenziano decrementi più o meno marcati delrapporto. Il dato sembra perciò rafforzare l’analisi precedente sulla tipologia diprogresso tecnico realizzatosi nell’agricoltura italiana, confermando le suecaratteristiche di capital using.

731

Page 380: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

7. Conclusioni

Uno dei principali risultati di questa analisi è l’identificazione della direzione dicambiamento nel rapporto capitale prodotto del settore agricolo, un rapporto che,come già accennato, dipende esclusivamente dalla tecnologia. Il suo aumento neltempo rende l’agricoltura un settore “anomalo” rispetto agli altri settori produttiviche vedono invece diminuire tale rapporto.

In termini di formazione del prezzo delle merci agricole, e quindi didistribuzione del reddito, l’aumento del grado di intensità di capitale significa chela quota riservata a profitti e ammortamenti dovrebbe crescere di più della quotariservata ai salari. In realtà nel periodo considerato il valore aggiunto per addetto(a prezzi correnti) ed i salari unitari sono aumentati nella stessa proporzione: diconseguenza è rimasta immutata la quota dei profitti e degli ammortamenti sulvalore aggiunto. L’aumento del grado di intensità capitalistica è stato cosìaccompagnato da una riduzione del tasso di profitto e di ammortamento per icapitali impiegati nel settore poiché per ogni lira di valore aggiunto è necessariauna maggiore quantità di capitale che deve essere remunerata con una quotaidentica del prodotto. Tuttavia non c’è motivo di supporre che il tasso di profitto edi ammortamento nel sistema economico abbiano subito variazioni di rilievo disegno negativo. Poiché in una economia capitalistica il saggio di profitto(coincidente con il tasso di interesse) ed il saggio di salario tendono ad essere

732

Page 381: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

identici in tutti i settori produttivi l’agricoltura si presenta ancora una volta comeun caso particolare. Questa anomalia può essere spiegata da elementi istituzionali,come le politiche di sostegno al reddito dei fattori impiegati nel settore o la naturaparticolare delle imprese agricole, su cui a lungo si sono soffermati gli economistiagrari.

Quello che la nostra analisi permette di indagare sono però le tendenze di fondoche il settore dovrebbe manifestare. Se non fosse possibile, attraverso correttivi dicarattere istituzionale, mantenere lo scostamento tra i tassi di remunerazione deifattori in agricoltura e nel resto del sistema economico, solo un aumento dei prezzirelativi delle merci agricole potrebbe riportare i tassi di remunerazione al livello diequilibrio. Ma l’economia italiana è un economia aperta e i prezzi agricoli attualitengono conto delle ragioni di scambio con l’estero (almeno a livello comunitario).Questa via non sarebbe quindi praticabile; tuttavia nemmeno un ulteriore aumentodella produttività per lavoratore può riequilibrare i tassi di remunerazione delcapitale se il progresso tecnico mantiene l’andamento registrato negli anni ‘80caratterizzato da una crescente intensità di capitale. Se ne conclude che senzal’intervento dei correttivi istituzionali il ridimensionamento del settore in terminiproduttivi ed occupazionali sarebbe molto più drastico di quanto non siaeffettivamente stato.

733

Page 382: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Domar E.D. (1961): On the measurement of technological change, Economic Journal, 71, pp.709-729.

Franz A. - Rainer N. (1986): (eds.), P roblems of compilation of input-output tables, Wien, Orac-Verlag, 1986.

Gowdy J.M. - Miller J.L. (1990): Harrod-Robinson-Read measures of primary productivity : theoryand evidence from U.S. data, Journal of Post Keynesian Economics, summer, pp.591-604.

Leontief W. (1953): Domestic production and foreign trade: the American capital position re -examined, Proceedings of the American Philosophical Society vol. 97. n.4.

Marzi G.- Varri P. (1977): Variazioni di produttività nell’economia italiana : 1959-1967, Bologna, IlMulino.

Mc. Donald J.R.S. - Rayner A.J. - Bates J.M. (1991): Productivity growth and structural change inagriculture and the U.K. food chain : 1954-1984, in Midmore (1991).

Midmore P. (1991): Input-output models in the agricultural sector, Aldershot , Gower.

Miller J.L. - Gowdy J.M. (1992): Ve rtically integrated productivity measure s : test of standardassumptions, Review of income and wealth, december, pp.445-453.

Momigliano F. - Siniscalco D. (1982): Note in tema di terziarizzazione e deindustrializzazione,Moneta e Credito, n.138.

Pasinetti L. (1959): On concepts and measures of changes in productivity,. The Review of Economicsand statistics, p.274.

Pasinetti L. (1973): The notion of vertical integration in economic analysis, Metroeconomica,vol.XXV, n.1, pp.1-29.

Pasinetti L. (1981): Structural change and economic growth - A theoretical essay on the dynamics ofwealth of nations, Cambridge, Cambridge Univ. Press.

Patterson K.D. - Schott K. (1979): The Measurement of capital : theory and practice, London,McMillan.

Peterson W. (1979): Total factor productivity in the U.K. : a disaggregated analysis in Patterson -Schott (1979).

Robinson J. (1956): The accumulation of capital, London, Macmillan.

Rymes T.K. (1983): M o re on the measurement of total factor pro d u c t i v i t y, Review of income andwealth, september, pp. 297-316.

734

Page 383: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Rymes T.K. (1986): The measurement of multifactor productivity in an input-output framework : newcanadian estimates, in Franz - Rainer (1986).

Siniscalco D. (1982): Il sistema produttivo: analisi per industrie e subsistemi, Ricerche economiche,n.4.

Solow R. (1957): Technical change and the aggregate production function, The Review ofEconomics and statistics, august.

Sylos Labini (1977): Problemi dello sviluppo economico, Bari, Laterza.

Zuppiroli M. (1986): Teoria e metodi di misura del pro g resso tecnico , Bologna, Istituto diZooeconomia Facoltà di Agraria Università di Bologna.

735

Page 384: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 385: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIANCAMARIA TORQUATI

APPLICAZIONE E VALUTAZIONE DELLE MISUREAGROAMBIENTALI: UN APPROCCIO DI CONTRATTAZIONE

MEDIANTE IL MODELLO PRINCIPALE-AGENTE*.

1. Introduzione

Le misure agroambientali previste dal Regolamento (CEE) 2078/92 nascono eagiscono nell’ambito della Riforma Mc Sharry che ha sancito il principio del“sostegno del reddito” agli agricoltori attraverso dei premi concessi percompensare la prevista riduzione dei prezzi di mercato (finalità strettamenteagricola). Il Regolamento 2078 assume in questo contesto il triplice ruolo di: 1)completare le trasformazioni previste nell’ambito delle organizzazioni comuni deimercati; 2) contribuire alla realizzazione degli obiettivi delle politiche comunitariein materia agricola ambientale; 3) contribuire ad assicurare agli agricoltori unreddito adeguato. Il regolamento 2078 di fatto mira contemporaneamente adobiettivi economici, sociali ed ambientali, incorporando così l’essenza dellosviluppo sostenibile.

Una delle regole fondamentali per raggiungere la sostenibilità dello sviluppo èprestare maggiore attenzione allo stock di capitale naturale, piuttosto che al flussodi reddito che esso rende possibile (Boggia, 1995). Quindi per incitare gliagricoltori ad assumere impegni che li vincolino all’esercizio di un’agricolturacompatibile con le esigenze della tutela dell’ambiente e con la cura dello spaziorurale, l’UE ha istituito un regime comunitario di aiuti cofinanziato dal FEAOGfinalizzato a compensare gli agricoltori per le perdite di reddito loro arrecate dallariduzione della produzione e/o dell’aumento dei costi di produzione, nonchè per ilruolo che essi svolgono nel miglioramento dell’ambiente (finalità sia agricola cheambientale).

737

* Lavoro eseguito nell’ambito della ricerca MURST ex 40% “L’applicazione della nuovaPAC nelle regioni italiane”, coordinata dal Prof. M. Prestamburgo; Unità Operativa diPerugia, programma di ricerca relativo a “Gli effetti delle misure di politica agraria nellaregione Umbria” coordinata dal Prof. P. Abbozzo.

Page 386: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Gli studiosi che hanno valutato l’impatto delle misure agroambientalisull’agricoltura italiana, sostanzialmente, concordano nell’evidenziare che: i) nonsempre i premi sono stati adeguati alle azioni richieste; ii) le misure sono stateattivate su un territorio troppo ampio e ciò rende difficile valutarne l’impattoambientale; iii) il grado di adesione nelle aree preferenziali non è risultato elevatoe in alcuni casi si è rilevato incosistente; iv) si è verificata, per alcune colture, unaspecie di competizione tra premio per i seminativi e premio 2078.

Alla luce di ciò risulta necessario, in primo luogo, riconsiderare le modalità diapplicazione delle misure agroambientali, prestando maggiore attenzione sia albeneficio reale di cui può godere l’agricoltore aderendovi (Finco, Tempesta 1997)sia al beneficio (stimato) che ne può trarre l’U.E. e , quindi la collettività.

In secondo luogo risulta necessario individuare i parametri di coordinamentotra misure agroambientali e misure appartenenti alla classe dell’Org a n i z z a z i o n eComune di Mercato.

Nel lavoro viene utilizzato il modello principale-agente per studiare gli aspettidell’applicazione delle misure agroambientali inerenti l’agricoltura integrata. Talemodello permette, a nostro avviso, di analizzare in modo adeguato il problemadella “produzione di ambiente” da parte degli agricoltori soprattutto in riferimentoa quelle misure volte a controllare le esternalità negative con il presupposto dimigliorare la situazione esistente. In tal senso faremo riferimento alla misura cheprevede una sensibile riduzione dell’impiego dei concimi e/o fitofarmaci con lafinalità di ridurre gli agenti inquinanti nelle falde e i residui chimici nelleproduzioni1.

Attraverso un modello di agenzia classico si riesce a discutere in manieraordinata e sufficientemente completa delle seguenti problematiche: l’esistenza diuna sorta di conflitto tra il principale (UE) e l’agente (agricoltore); la verificabilitàdell’impegno dell’agente (asimmetria informativa); l’importanza che rivestel’attitudine al rischio dell’agente; i termini della contrattazione e la necessità disottoscrivere un accordo; la necessità di individuare l’incentivo adeguato.

Avvieremo alcune riflessioni sul secondo livello di necessità riferendoci almodello principale-agente multiobiettivo (Multitask Pricipal-Agent A n a l y s i s )sviluppato da Holmstrom e Milgrom (1991), che considera il caso in cui ilprincipale attribuisce più “compiti” all’agente.

738

1 Misura A- azione A/1 prevista dal Regolamento 2078/92 in Italia.

Page 387: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2. La teoria del principale-agente e la riduzione dell’impiego di prodottichimici.

Possiamo assimilare la misura che prevede una sensibile riduzione dell’impiegodei concimi come la richiesta di uno “scambio” da parte dell’U.E. nei confrontidegli agricoltori. È uno “scambio” molto particolare in quanto da una parteabbiamo gli agricoltori proprietari delle loro risorse (capitale fondiario, capitaleagrario e lavoro) e dall’altra l’U.E. “proprietaria” in termini sociali, della risorsaambiente. L’U.E. (principale) partendo dal presupposto che l’uso di prodottichimici danneggiano la risorsa ambiente chiede agli agricoltori (agenti) dicombinare le proprie risorse in modo diverso cioè valorizzando il lavoro e inqualche misura il capitale fondario diminuendo l’utilizzo di capitale di esercizio(agrario) affinchè venga tutelata (e migliori) la risorsa ambiente. Quindi lo“scambio” non risulta legato, in senso classico, ad una ridistibuzione delle risorsetra le due unità economiche interessate ma ad un cambiamento nella combinazionedei fattori produttivi (valorizzazione di quelli interni dell’azienda) che determinauna cambiamento positivo della risorsa ambiente.

La Comunità per spingere gli agricoltori a comportarsi in modo più rispettosodell’ambiente ha stabilito dei premi calcolati in modo da coprire solo parzialmentei mancati redditi e/o i costi aggiuntivi modulandoli per gruppi di colture e hapredisposto una serie di controlli sull’operato degli agricoltori.

La Comunità in tal modo sembra aver sottovalutato (o non considerato) il fattoche tale “scambio” ovviamente non è anonimo ma ne risulta rilevante i) lamotivazione; ii) la storia; iii) l’informazione dei due agenti.

Può accadere che qualora gli individui che possiedono delle informazionirilevanti (agente = agricoltore) ed abbiano interessi differenti da quelli degliincaricati alle decisioni (principale = U.E.), essi non trasmettano completamente eaccuratamente le loro conoscenze (Milgrom e Roberts, 1992). Ciò determina lanecessità di ricercare forme contrattuali che tutelino la parte meno informata. Lanecessità cioè di formalizzare in maniera soddisfacente l’impegno reciproco daparte dei due partecipanti al contratto, eventualmente condizionale al verificarsi diun qualche evento specificato.

Le questioni importanti da affrontare diventano: i) Qual’è la fonte e il grado diincertezza? ii) Quali incentivi dovrebbero essere dati agli agricoltori affinchè sianostimolati a migliorare la risorsa ambientale rispettando il principio di minimizzare icosti per l’U.E.? iii) Quale genere di contratto può essere concluso e quale formadi pagamento dovrebbe essere preferita?

Cominciamo a rispondere al primo quesito. In presenza di asimmetriainformativa (l’informazione come dato endogeno all’analisi) diventano rilevanti lemotivazioni e i comportamenti delle parti che intervengono nello scambio. La

739

Page 388: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

tipologia delle asimmetrie informative può essere meglio discussa impostando ilproblema nei termini di un gioco con tre giocatori: il principale, l’agente e Natura(Luporini, 1998).

In base al particolare aspetto che è oggetto di osservazione privata da parte diuno dei due partecipanti allo scambio dando luogo al fenomeno del moral hazardvengono distinti i problemi di azione nascosta dai problemi di informazionenascosta. In particolare (Luporini, 1998):

azione nascosta : 1) il principale offre il contratto; 2) l’agente decide seaccettare o rifiutare; 3) l’agente sceglie l’azione; 4) Natura determina lo stato; 5) siconosce il risultato dell’azione dell’agente e vengono determinati i payoffs.

informazione nascosta: 1) il principale offre il contratto; 2) l’agente decide seaccettare o rifiutare; 3) Natura determina lo stato 4) l’agente trasmettel’informazione o sceglie l’azione; 5) si ha il risultato della decisione dell’agente e,di conseguenza, vengono determinati i payoffs.

Si evidenzia che nel moral hazard l’informazione è completa2 ma caratterizzatada incertezza3. Nella realtà quasi tutte le decisioni rilevanti avvengono incondizioni di incertezza, ovvero in condizioni in cui le conseguenze delle azionidella persona non sono univocamente descrivibili. Esse dipendono cioè da qualecircostanza, tra un certo numero di altre circostanze indipendenti dalla scelta, simaterializza. (Guiso e Terlizzese,1994). Ci si riferisce a queste circostanze con iltermine di eventi (azioni della Natura).

Lo schema di moral hazard descrive in modo sufficientemente adeguato ilproblema in esame:

i) l’U.E. (il principale) offre una “opportunità” all’agricoltore (agente);ii) l’agricoltore può accettare o non accettare;iii) si verificano degli eventi incerti che non permettono al principale di

valutare l’impegno profuso dall’agente e quindi di produrre informazioni in gradodi dimostrare in modo inoppugnabile a una terza persona qual’è stata l’azione(impegno) dell’agente4.

740

2 La Natura (intesa come un non giocatore che compie, con determinate probabilità, azionicasuali in specifici punti del gioco) non effettua la prima mossa. o comunque la sua mossainiziale può essere osservata da tutti i giocatori (Rasmusen, 1989).3 In un gioco con certezza la Natura non effettua alcuna mossa dopo quella dei giocatori.Altrimenti il gioco è caratterizzato da incertezza (Rasmusen, 1989).4Nel problema in esame un’altro elemento di incertezza (grave) traspare: la difficoltà dimisurare i benefici ambientali. Una delle misurazioni previste dal regolamento per lamisura in esame è quella del contenuto dei nitrati nelle acque superficili e nelle acquedi falda. Tale misurazione può essere effettuata e ha ragione di essere fatta solo se l’azioneè concentrata in zone ad estensione limitata e si procede ad un accurato monitoraggiodelle acque progettato ad hoc. Nel nostro lavoro presupponiamo la misurabilità dei benefici

Page 389: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Ora il fatto che sia un moral hazard con azione nascosta o un moral hazard coninformazione nascosta dipende se l’evento incerto avviene dopo che l’agente hadeciso lo sforzo (con azioni nascosta) o prima (informazione nasosta).

È evidente che siamo nel caso di moral hazard con azione nascosta, ma si ritie-ne utile riportare la seguente riflessione legata alla scelta delle zone preferenziali.

Consideriamo i casi in cui le Regioni, preposte a progettare i pianiagroambientali, abbiano reso applicabile la misura a basso impiego di concimi e/ofitofarmaci o su tutto il territorio regionale riconoscendo dei premi maggiori per lezone prioritarie o, l’abbiano resa applicabile solo sulle zone prioritarie avendolescelte in modo non perfettamente adeguato.

Non scegliendo unicamente le zone a maggior rischio ambientale si è permessodi instaurare una relazione principale-agente in cui l’agente quando sceglie lapropria azione dispone di informazioni che difettano al principale (informazionenascosta). L’informazione è data dallo stato di salute dell’ambiente in cui esercital’attività agricola che se risulta “buono” e cioè con bassi o irrilevanti livelli diinquinamento lo portano a valutare meglio di quanto possa fare l’U.E. dellapropria probabilità di “ridurre” l’inquinamento.

Ora se il principale fissa sulla base di una valutazione “media” della probabilitàdi ridurre l’inquinamento per classi di ambienti e per classi di colture, un certolivello di premio o di incentivo in caso di riduzione dell’inquinamento, i terminidel contratto risultano adeguati per la coltura media e nell’ambiente medio. Ciò staa significare che i termini del contratto saranno certamente convenienti per tutticoloro che producono colture già a bassa richiesta di concimi e in zone a bassoinquinamento; mentre non saranno convenienti per gli agenti che operano concolture intensive ad alto uso di concime e quindi in zone mediamente piùinquinate.

Questo stà a significare che l’insieme di coloro i quali ef f e t t i v a m e n t eaderiscono al programma è un campione della popolazione originaria non casualema selezionato in modo avverso al principale perchè composto in proporzione

741

ambientali, misurabilità che anche se imperfetta risulta essenziale per disegnare unmodello di contrattazione ottimale. Negli Stati Uniti, dove il primo programma agroam-bientale è iniziato nel 1988, si sono avviate ormai da tempo attività di ricerca volte avalutare e misurare il più o meno alto livello di sostenibilità conseguito dalle aziende cheapplicano misure agroambientali. Uno degli strumenti prodotti per la misurazione dellasostenibilità in agricoltura è Planetor, un software progettato per aiutare gli agricoltori avalutare gli impatti ambientali di diverse tecniche in agricoltura. Il programma è in gradodi dare rispose sull’erosione potenziale del suolo, la lisciviazione, lo scorrimento e latosicità dei fitofarmaci, la lisciviazione dell’azoto e lo scorrimento del fosforo associaticon le tecniche di coltivazione adottate. Consente poi di valutare l’impatto ambientale ditecniche alternative, fornendo contemporaneamente risposte sull’impatto economico deicambiamenti. (Boggia, 1995).

Page 390: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

maggiore da agenti con caratteristiche produttive ed ambientali che rendono laprobabilità di produrre un effetto ambientale più alto della media che però non sitraduce in una diminuzione dell’inquinamento5.

La riflessione è stata condotta per evidenziare come la necessità reale diseparare gli agenti con caratteristiche diverse risulti un problema reale legato almoral hazard a informazioni nascoste e ai giochi con selezione avversa (simili aiprimi).

2.1. Il problema di azione nascosta in termini generali

Supponiamo che l’agente scelga un’azione en ∈ {e1, e2, ...., eN }e che il

principale non può osservare direttamente en ma riceve un segnale disturbato6.

Modelliamo questa assunzione ipotizzando l’esistenza di una variabile aleatoria7 ,

che può assumere valori { θ1, θ2, ..., θm. . . ,θM} e che, combinata con l’azione

dell’agente determina un risultato8 y. Il risultato dunque è una variabile aleatoria,

funzione di e e di , che può assumere valori {y1, y2,...., yM }, dove ciascuna ym∈{y1, y2,...., yM }, è una funzione di e e di θm. Si noti che il supporto di y, {y1,

y2,...., yM }, non dipende dall’azione scelta. Denotiamo con πm ( en) la

probabilità del risultato ym quando l’azione an viene scelta, cioè πm ( en) =

P(ym/en). Un contratto è un vettore w = [w(y1), w(y2),...w(yM)], che stabilisce un

compenso per ciascuno dei possibili risultati.

742

5 Facciamo notare che in questa riflessione abbiamo trasformato l’evento incerto (N)contemplato nello schema del moral hazard con informazione nascosta in un evento certoconosciuto solo dall’agente. Quindi a noi sembra che tale elemento vada considerato piùcome appartenente al campo dell’informazione asimmetrica; comunque la letteraturasull’argomento ci permette di utilizzarlo come elemento di incertezza (evento incerto) nelloschema considerato.6 Quando l’osservazione di un evento può condurre a più di un segnale questo viene dettosegnale disturbato.7 Una variabile aleatoria è identificata dal supporto e dalle probabilità con cui gli elementidel supporto si possono presentare, dove per supporto si intende l’insieme dei valori che lavariabile aleatoria può assumere. 8 Il principale ha quindi una struttura informativa disturbata che associa, a ciascuna azioneda parte dell’agente, una distribuzione di probabilità sullo spazio dei risultati Y= {y1, y2,....,yM}. In altre parole risulta una distribuzione di probabilità su Y condizionata a an c h e

formalmente è data da

Page 391: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

È importante sottolineare che il contratto non può essere legato all’azione sceltadall’agente, poichè questa non è osservabile dal principale e che, quindi, ilcompenso può variare solamente con il risultato osservato.

Supponiamo che la funzione di utilità dell’agente sia data da: uE(w, e) = u(w) -d(e), dove u (⋅) è una funzione concava e d (⋅) rappresenta la disutilità dell’azione9.

Il fatto che la funzione di u (⋅) sia concava10 sta a significare che si è suppostoche l’agente sia avverso al rischio11. Questa assunzione viene generalmente fattaperchè rappresenta il caso più realistico. Supponiamo, inoltre che il principale sianeutrale al rischio e che sia interessato alla massimizzazione del valore atteso12

dei benefici che riceve B(en) al netto dei costi che sopporta Cn (w).

Dato che il beneficio atteso risulta pari a

mentre il costo atteso pari a:

la funzione da massimizzare risulta:

Il principale offrendo il contratto all’agente deve tener conto dell’influenza cheil contratto stesso ha sulla scelta dello sforzo da parte dell’agente. Deve, cioè,incorporare nella soluzione del suo problema la reazione dell’agente all’incentivoconcesso (w) adottando un “contratto” che sia prescrittivo e persuasivo (incentive

743

9 Si noti che viene utilizzata l’ipotesi semplificatrice che l’utilità dell’agente dipendalinearmente dalla disutilità dell’azione.10 Infatti l’atteggiamento nei confronti del rischio si riflette nella concavità, convessità elinearità della funzione di utilità.11 Si definisce avverso al rischio un agente che, partendo da una posizione di certezza, einvitato a scegliere tra: i) una lotteria che con certezza dà diritto alla vincita di una sommaprefissata; ii) una lotteria che, in media, fa vincere la stessa somma, ma in cui è presenteuna componente di certezza (in cui quindi la vincita può essere sia maggiore che minore);preferisce la prima lotteria alla seconda.12

Page 392: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

compatible contract):1. Sia accettabile dall’agente, generi cioè un’utilità attesa superiore all’utilità di

riserva (u0), posto che egli scelga effettivamente en. Tale condizione viene tradottadal vincolo di partecipazione (VP) pari a:

2. Renda la scelta di en vantaggiosa per l’agente al quale una volta accettato ilcontratto non conviene scegliere un’azione diversa da e n in quanto glideterminerebbe un’utilità attesa inferiore a quella ricevuta scegliendo en. Ta l econdizione viene tradotta dal vincolo di incentivo (VI) pari a:

Il problema di massimizzazione vincolata può essere trasformato in unproblema di minimo vincolato; possiamo quindi scrivere che tra tutti i contratti cheprescrivono persuasivamente en il meno “costoso” per il principale è dato dallasoluzione di:

Risolvendo al variare di en si ottiene un contratto persuasivamente derescrittivo(soluzione indicata con wn*) che massimizza il beneficio netto del principale.

È bene evidenziare ancora una volta che per risolvere il problema di massimovincolato dobbiamo misurare (calcolare o stimare): i) i risultati delle azioni scelte dati certi eventi, (ym); ii) la probabilità degli eventi che determinano il segnale disturbato, P(E); iii) la probabilità del risultato ym quando l’azione en viene scelta, πm (en) = P(ym/en);iv) l’utilità attesa dell’agente dati certi incentivi e certi livelli di impegno, uE= ( w, e ) ;v) il beneficio atteso del principale, B(en)

744

Page 393: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

2.2. Una descrizione del problema di azione nascosta e il basso impiego diconcimi.

Prendiamo in considerazione la presenza di nitrati nelle acque. Ricordiamo chel’alta concentrazione di nitrati è imputabile principalmente ai rifiuti domestici eall’attività agricola. È noto, inoltre, che i fattori climatici nonchè le caratteristichestrutturali del terreno interagiscono con l’azione dell’agricoltore andando adinfluenzare gli effetti ambientali dovuti all’uso di prodotti chimici. Facendoriferimento all’uso dei soli concimi chimici ipotizziamo che:

- l’agricoltore può decidere di impegnarsi molto (e2) attenendosi strettamentealle norme previste dal Regolamento o nulla (e1); supponiamo di misurare illivello di impegno alto pari a 5 e l’impegno nullo pari a 0;

- esistono eventi incerti (circostanze incerte) che favoriscono o meno laconcentrazione di nitrati nelle acque come la natura del terreno, la profondità dellafalda, la piovisità, la presenza di fattori inquinanti di origine zootecnica, lapresenza di fattori inquinanti di origine industriale;

- le interazioni tra eventi incerti e scelte dell’agricoltore sono tali che ladistribuzione di probabilità dell’impatto ambientale (omologabile in positivo (B),stabile (S) e negativo (N)), condizionale ai due livelli di impegno risultarispettivamente pari a: P(Be1)=0,1; P(Se1)=0,3; P(Ne1)= 0,6; P(Be2) = 0 , 6 ;P(Se2)=0,3; P(Ne2)= 0,1.

Bisogna notare in primo luogo che l’impegno maggiore conduce a un eff e t t oambientale positivo con maggiore probabilità e, a un effetto ambientale negativocon probabilità minore.

In secondo luogo che la distribuzione di probabilità condizionale all’impegnomaggiore domina stocasticamente1 3 la distribuzione di probabilità condizionaleall’impegno minore. Quindi, in definitiva, qualunque sia la scelta da partedell’agricoltore l’impatto ambientale può assumere tre valori (B, S, N). LaComunità è in grado (dovrebbe essere in grado) di osservare solo gli eff e t t iambientali (riceve segnali disturbati) e ipotizziamo che li valuti pari a :

B= 400 ; S=100; C=50.Ora facciamo alcune ipotesi sulle preferenze degli agenti. Il principale è

considerato neutrale al rischio e ciò anche per calcolare più facilmente il valoreche il principale attribuisce all’impegno profuso dall’agente. Neutralità al rischiosignifica utilità lineare, quindi possiamo scrivere che l’utilità dell’eff e t t oambientale x è data da: u(x) = a + bx; senza perdita di generalità fissiamo a=0 eb=1, così da avere che l’utilità dell’effetto ambientale sia proprio pari all’effettoambientale.

745

13 Una distribuzione di probabilità domina stocasticamente un’altra quando la primaassegna maggiori probabilità ai valori del risultato più elevati.

Page 394: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Possiamo quindi calcolare, trascurando per il momento il pagamento perl’agente, l’utilità attesa del principale (beneficio lordo, Bl) nel caso che l’agentescelga e1 e nel caso scelga e2:

u (e)= Bl(e1) = P(Ne1) N + P(Se1) S + P(Be1) B = 100

u (e)= Bl(e2) = P(Ne2) N + P(Se2) S + P(Be2) B = 275

Possiamo ritenere che l’agricoltore è interessato a guadagnare il più possibile epreferisce un minore ad un maggiore impegno, inoltre che è avverso al rischio perquanto riguarda la valutazione del pagamento14. Supponiamo la seguente funzionedi utilità: u(w, e) = √w - e.

Ipotizzando che l’agente riceve il pagamento w 1 con probabilità π e ilpagamento w2 con probabilità (1-π) in cambio di un livello di sforzo e=e i , abbiamoche la sua utilità attesa risulta pari a:

u (w,e) = (√w1 - ei) π + (√w2 - ei) (1 - π) = π√w1 + (1 - π) √w2 - ei

L’agricoltore per poter prendere una decisione deve valutare e quindi conoscereil livello dell’utilità di riserva u0 che immaginiamo sia pari a 10,5

Procediamo ora ipotizzando in un primo momento che non vi sia asimmetriainformativa. Ciò al fine di porre bene in evidenza come la soluzione ottimalerappresenti una sorta di compromesso interna al trade-off tra incentivi ed efficienzadi ripartizione del rischio.

Se non c’è asimmetria informativa (cioè il principale sa come si comportal’agente) la soluzione va cercata risolvendo i due seguenti sistemi di massimovincolato di cui uno riferito alla scelta e1 e uno riferito alla scelta e2.

La soluzione del problema, cioè la scelta di w1N, w1S, w1B e quella di w2N, w 2S,w2 B,, in relazione alle ipotesi fatte sulla propensione al rischio da parte dei dueagenti, prevede assicurazione completa per l’agente: il suo pagamento cioè è

746

14 Si potrebbe introdurre l’avversione al rischio rispetto all’impegno ma ciò complicherebbel’analisi.

Page 395: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

costante qualunque sia il livello dell’effetto ambientale. Ciò sta a significare che ilprincipale neutrale al rischio assorbe per intero le possibili fluttuazioni dell’effettoambientale.

Le soluzioni risultano:w1C =w1M =w1B = 110,25 ; mentre il principale ottiene -10,25

w2C =w2M =w2B = 240,25; mentre il principale ottiene 34,75

Solo nel caso in cui l’agricoltore si impegna il principale ne trarrà convenienzain quanto trarrà un profitto atteso pari a 34,75. Quindi potendo osservare il livellodi impegno il contratto ottimale che il principale offre all’agente è dunque unpagamento fisso pari a 240,25 purchè quest’ultimo scelga il livello di impegno e2;nessun pagamento se l’agente non è disposto ad impegnarsi e2 (assenza di AI eassicurazione completa per l’agente).

Questo è in effetti il comportamento registrato dall’ U.E. la quale haconsiderato l’adesione alla misura pari all’impegno elevato e ottenendo unapromessa da parte dell’agente di impegnarsi molto così come previsto dallanormativa.

Ma l’agricoltore non ha incentivo a rispettare la promessa fatta. Infatti puòimpegnarsi poco, intascare il pagamento e, di fronte ad un risultato deludente,sostenere che questo è dovuto essenzialmente alle circostanze incerte di carattereclimatico e territoriale.

Ora ipotizziamo che vi sia Asimmetria Informativa e che il principale stabiliscala regola di voler ottenere un beneficio netto di 37,75, corrispondente a ciò cheotterrebbe se potesse osservare l’impegno dell’agente (presenza di AI eassicurazione completa per il principale). Allora offrirà wN = 12,25; wS = 65,25;wB = 365,25. Ciò determina che l’agente può scegliere fra le seguenti lotterie:

e1 = [(12,25; 0,6), (65,25; 0,3), (365,25; 0,1)], da cui risulta una utilità attesapari a 8,9

e2 = [(12,25; 0,1), (65,25; 0,3), (365,25; 0,6)], da cui risulta una utilità attesapari a 9,28.

Entrambe le lotterie hanno una utilità attesa inferiore all’utilità di riserva quindil’agente non ha nessun interesse a sottoscrivere l’accordo. Il principale nelproporre il contratto all’agente deve ricercare una soluzione incentivanteaccontentandosi di un beneficio netto minore. Al fine di garantire un’utilitàattesa per l’agente pari almeno alla sua utilità di riserva, il principale deveoffrire wN = 44,5; wM = 94,5; wB = 394,5 accontentandosi di un beneficionetto pari a 7,7.

La soluzione ottimale del problema è data dalla ricerca del contratto ottimale,così come illustrato nel paragrafo precedente, che deriva dal seguente problema dimassimizzazione vincolata:

747

Page 396: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

max 275 - (0,6 wB + 0,3 wS + 0,1 wN)

Risolvendo si ottiene wC ≤ 40,680; wM = 260,300; wB = 310,400 e un beneficionetto per il principale di circa 24,75. La soluzione ottimale quindi risultaintermedia tra le prime due prevedendo una forte penalizzazione nel caso siverifichi un risultato negativo e un incentivo non molto diverso nel caso siverifichi un risultato stabile o positivo.

3. Alcune riflessioni sul modello a più mansioni (Multi-task principal-agent)

Generalmente un’attività lavorativa si compone di molteplici mansioni distinte.Pertanto se un agente è chiamato a svolgere compiti diversi è necessario che losforzo venga suddiviso fra le diverse mansioni in maniera ottimale. Nel disegnarelo schema di incentivazione si deve quindi tener conto del fatto che incentivaredeterminate attività può avere come conseguenza una diminuzione dell’attenzionededicata a mansioni che sono altrettanto importanti e difficilmente misurabili(Luporini,1998). I problemi derivanti dalla necessità di fornire contempora-neamente gli incentivi per attività diverse vengono analizzati da Holmström eMilgrom (1991) all’interno di un modello lineare specializzato essenzialmente nelcaso in cui i costi dell’agente dipendono solamente dall’impegno totale odall’attenzione che lo stesso agente dedica all’insieme delle sue funzioni. Questomodello assicura che un aumento della retribuzione dell’agente in uno dellefunzioni effettuate porterà a una redistribuzione dell’attenzione distraendola dallealtre funzioni.

Gli autori fanno osservare che:- quando il valore della produzione è misurabile dal punto di vista quantitativo

ma non dal punto di vista qualitativo, l’utilizzo di un sistema di pagamento acottimo può condurre gli agenti a incrementare il volume dell’output a spese dellaqualità;

- laddove esistono compiti multipli l’incentivo nella retribuzione non servesolo a distribuire i rischi e a motivare l’impegno lavorativo ma serve anche adirigere la distribuzione dell’attenzione degli agenti tra le varie attività previste;

- la desiderabilità di fornire incentivi per qualsiasi attività diminuisce con ladifficoltà di misurare la performance rispetto a qualsiasi altra attività che risulta in

748

Page 397: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

competizione con l’attenzione e il tempo da parte dell’agente;- è necessario valutare più attentamente il fatto che gli incentivi per un

determinato tipo di funzione possono essere forniti in due modi: i) retribuire lafunzione stessa; ii) abbassare il costo opportunità marginale per la funzionerimuvendo o riducendo gli incentivi per le funzioni che competono con quellaconsiderata.

Le considerazioni con cui gli autori iniziano il loro articolo prima diaddentrarsi nella trattazione formale del modello trovano alcune analogie con leriflessioni condotte sulle prospettive della politica agricola comunitaria.

Partendo dalle seguenti considerazioni: le risorse finanziarie assorbite dalsettore agricolo dovranno essere, nel prossimo futuro, fortemente motivate edovranno dimostrare una giustificazione sociale e ambientale; risulta difficile eforse inopportuno, a nostro avviso, separare la funzione produttiva dalla funzioneambientale; gli sforzi profusi per la funzione produttiva non sono complementaricon gli sforzi profusi per il rispetto dell’ambiente; alcune misure inerenti leo rganizzazioni comuni di mercato contrastano con i principi di salvaguardiaambientale garantendo però, in alcuni casi, effetti occupazionali rilevanti; cichiediamo se è ipotizzabile una forma di contrattazione tra la Comunità e gliagricoltori in cui la Comunità riesca ad incentivare in modo adeguato e in manieracoordinata la produzione dei beni e la produzione di ambiente.

Idealmente si può far riferimento ai contratti mezzadrili1 5 in cui l’agricoltoreaveva sia la funzione di produrre per l’autoconsumo (assimilabile alla produzionedi ambiente), sia la funzione di produrre per la vendita (assimilabile allaproduzione dei beni). La produzione di questi due beni erano e sono funzione delcapitale fondiario, capitale agrario, lavoro e di variabili casuali. Quindi consideratii capitali fissi come dati l’impegno dell’agricoltore andrebbe guidato sul comeorganizzare i fattori produttivi tenendo presente che egli tenderà a concentrare losforzo sulla produzione di beni mentre la Comunità gli chiederà di concentrare losforzo sulla produzione di ambiente (esattamente il contrario di quanto avvenivanel caso della mezzadria).

Se ipotizzassimo una similitudine tra il valore dell’autoconsumo e il valoreambientale, è possibile prevedere che un abbassamento dei prezzi e un regimestabile comporti un riallocamento dello sforzo verso la direzione ambientale seadeguatamente incentivato?

La similitudine con il lavoro di Parigi e Luporini richiede lo sviluppo di diversiproblemi formali che necessitano di un lungo lavoro comune.

749

15 Parigi e Luporini (1996) hanno utilizzato il modello di Holmstrom e Milgrom peranalizzare alcuni tra i motivi che hanno decretato la fine della mezzadria.

Page 398: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

4. Note conclusive

Il modello adottato ci ha permesso di sottolineare come la soluzione ottimaleche tiene conto sia delle esigenze di salvaguardia ambientale della UE sia dellenecessità economiche degli agricoltori rappresenti una sorta di compromessointerno al trade-off tra incentivi ed efficienza di ripartizione del rischio. Ènecessario prevedere incentivi adeguati sia allo sforzo profuso dall’agricoltore siaal risultato osservato. Per far ciò occorre eliminare il più possibile gli elementi diincertezza e ridurre l’avversione al rischio da parte dell’agente. Nel primo caso sipotrebbe ricorrere a norme più puntuali, a zone di attuazione più circoscritte e almonitoraggio dei parametri ambientali più significativi. Nel secondo caso allavalorizzazione commerciale dei beni ottenuti con tecniche rispettosedell’ambiente.

Ricordiamo che nella porposta del Consiglio dell’UE riguardante la riformadella politica di sviluppo rurale, sono state inserite le nuove misure agroambientali.La Comunità, tenendo conto dell’esperienza acquisita nell’applicazione delregolamento 2078 nel primo ciclo di attuazione e accentuando l’impostazioneambientale della politica agricola comunitaria, stabilisce dei criteri di minimorimandando le decisioni fondamentali ai singoli Stati membri. La Comunità indicachiaramente che il sostegno agli impegni agroambientali viene concesso per i)remunerare il mancato guadagno,; ii) coprire i costi aggiuntivi derivanti dall’impe-gno; iii) fornire un “incentivo”; stabilendo degli importi massimi più elevati.

Le indicazioni riportate nel documento citato confermano la consistenza dialcune delle riflessioni maturate ed espresse nel corso del lavoro.

Chiaramente la Comunità si sta muovendo verso una Politica A m b i e n t a l esempre più gestita dagli Stati Membri, i quali hanno gli strumenti per intervenire inmaniera più idonea al fine di ottenere risultati positivi aumentando così l’efficienzae l’efficacia dell’azione. Le Regioni in primo luogo hanno la responsabilità diredigere programmi ambientali che assicurino, in relazione alla spesa erogata,risultati tangibili e, quindi, la necessità di attivare azioni collaterali e di supportovolte a verificare i risultati ottenuti.

L’individuazione di contratti ottimali nella realtà non sono così facilmenteidentificabili come in un semplice esempio numerico, non sempre la soluzioneesiste e se esiste è unica. Molto dipende inoltre dall’interazione tra gli eventiincerti e le scelte dell’agricoltore e dalla distribuzione di probabilità dell’impattoambientale che ne segue, dalla valutazione del beneficio ottenibile per lacollettività nonchè dal livello di misurabilità dei risultati ottenuti.

La complessità del problema ci induce a riflettere sulla necessità di varare unaPolitica Ambientale più incisiva e non di semplice “accompagnamento” allaPolitica dei mercati prima (riforma Mac Sharry) e alla Politica dello svilupporurale ora (Agenda 2000).

750

Page 399: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

BIBLIOGRAFIA

Boggia A. (1995): Planetor: potenzialità per una versione italiana, Raisa.

Finco A., Tempesta T. (1997): L’applicazione del Reg.(CEE) 2078/92 in provincia di Venezia. Studi diEconomia e Diritto, 1/2.

Guiso L., Terlizzese D. (1994): Economia dell’incertezza e dell’informazione. Scelte individualiMercati-Contratti. HOEPLI.

Holmstrom B., Milgrom P. (1991): Multi-task principal-agent analyses: incentive contracts, assetownership and job design. Journal of Law, Economics and Organization, 7.

Locchi C. (1995): Un caso di intervento ambeintale in agricoltura: il Regolamento 2078/92. CollanaDEAR, Sezione Documenti di ricerca, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 2.

Luporini A. (1998): Contratti e Incentivi, Università di Trieste, Dipartimento di Scienze Economichee Statistiche.

Luporini A., Parigi B. (1996): M u l t i - Task Share c ropping Contracts: the Italian Mezzadria ,Economica, 3.

Milgrom p., Roberts J. (1992): Economics, Organization and Management. New Jersey, Prentice HallInc. Trad. italiana (1994), il Mulino.

Rasmusen E. (1989) Games and Information. England, Basil Blackwell Ltd. Trad. italiana (1993),HOEPLI.

Slangen L. (1996): Nature Production by farmers: how to organise. Wageningen AgriculturalUniversity, The Netherlands.

Takayama A. (1992): Analytical Merthods in Economics . New York: Wheatsheaf Books.

751

Page 400: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio
Page 401: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

INDICE DELPRIMO VOLUME

PRESENTAZIONE di Antonino Bacarella

INTRODUZIONE di Bruno Giau

L’AGRICOLTURA ITALIANAALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

di Carmelo Schifani

AG R I C O LT U R A E A M B I E N T E: V I N C O L I, O P P O RT U N I T À E S T R U M E N T I P E R L A

POLITICAAGRARIA DEL 2000di Donato Romano

DAL SOSTEGNO DEI PREZZI AL SOSTEGNO DIRETTO DEI REDDITI

di Francesco Marangon

LE POLITICHE AGRICOLE DELL’UNIONE EUROPEA, L’AGRICOLTURA ITALIANA E

GLI ACCORDI GATT E WTO

di Giovanni Anania

LA LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI E GLIACCORDI INTERNAZIONALI

di Giuseppe De Meo

FO R M E D I C O O R D I N A M E N TO T R A A G R I C O LT U R A E I N D U S T R I A P E R

L’INTRODUZIONE DI NUOVE COLTURE E EVOLUZIONE DELLA PAC

di Giovanni Belletti e Andrea Marescotti

IL PAESAGGIO COME RISORSA

di L. C. Piccinini e M. Chang

SPAZIAGRICOLI E RURALI COME RISORSA TERRITORIALE

di Stefano Pareglio

L’E V O L U Z I O N E D E L L E R E S E I N ITA L I A T R A I N N O VA Z I O N E T E C N I C A,INTERVENTO PUBBLICO E CAMBIAMENTO CLIMATICO (1951-95)di Cristina Salvioni

IL R U O L O D E L L E F U N Z I O N I PA E S A G G I S T I C O-R I C R E AT I V E N E L L A G E S T I O N E

DELLE RISORSE AGRICOLE E TERRITORIALI

di D. Viaggi e G. Zanni

pag. 5

pag. 9

pag. 17

pag. 39

pag.105

pag. 163

pag. 225

pag. 245

pag. 267

pag. 283

pag. 307

pag. 319

Page 402: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

INDICE DEL SECONDO VOLUME

GRUPPO DI LAVORO: LAPRODUZIONE SOSTENIBILE

- L’EFFICIENZA DELLE AZIENDE BIOLOGICHE FRUTTICOLE VENETE

di Diego Begalli - Raffaello Zonin- AGRICOLTURA ECOCOMPATIBILE:

UN MODELLO DI ANALISI MULTIOBIETTIVOA NUMERI INTERI

di Luigi Cembalo - Elisabetta D’Ercole - Sonia Carbone- L’ORGANIZZAZIONE DEL MERCATO DEI PRODOTTI

BIOLOGICI IN CAMPANIA: UN’ANALISI DI FILIERA

di Gianni Cicia - Teresa Del Giudice - Angelo Quarto- ANALISI ECONOMICHE COMPARATIVE DELLAPRODUZIONE E DEL MERCATO

DELLAPATATA PRECOCE COLTIVATA CON IL METODO BIOLOGICO E

CONVENZIONALE

di Vera Teresa Foti - Giovanni La Via- APPLICAZIONE DELLE MISURE AGRO-AMBIENTALI (REG. CEE 2078/92)

NELLAVITICOLTURA COLLINARE DI PREGIO DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA

d i Francesco Marangon - Gianluigi Gallenti - Gianna Pettoello- UN CONFRONTO AMBIENTALE TRAZOOTECNIA BIOLOGICAE

“TRADIZIONALE” IN UN’AREA MONTANA: DA UN APPROCCIO

UNIVARIATO AD UN’ANALISI MULTIVARIATA

d iR o b e rta Raffaelli - Sabrina Pascotto- RISULTATI ECONOMICI DIAZIENDE BIOLOGICHE IN UMBRIA: 1992-1997

d i Fabio M. Santucci - Massimo Chiorr i- GLI INDICATORI DI SOSTENIBILITÀ: ALCUNE RIFLESSIONI CRITICHE

di M. Bruna Zolin

GRUPPO DI LAVORO: GLI SCAMBI

- PROBLEMATICHE RELATIVE ALLAINDIVIDUAZIONE DEL PESO DELLE VARIE

COMPONENTI DEI SUSSIDI EQUIVALENTI ALLAPRODUZIONE: UNA

APPLICAZIONEALLA FEDERAZIONE RUSSA PER IL PERIODO 1992-1996di Giacomo Büchi

- DINAMICHE DEI PREZZI NEL SETTORE DEI CEREALI: IMPLICAZIONI

ECONOMICHEALLALUCE DEL PROCESSO DI ALLARGAMENTO DEI MERCATI

di Andrea Marchini - Luca Pieroni

pag. 359

pag. 377

pag. 397

pag. 413

pag. 439

pag. 461

pag. 483

pag. 501

pag. 515

pag. 527

Page 403: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

GRUPPO DI LAVORO: SVILUPPO RURALE

- PRESENTAZIONE

di Francesco Bellia- CARATTERISTICHE STRUTTURALI E FORME DI ADATTAMENTO DELLEAZIENDE

AGRICOLE PLURIATTIVE IN AREE AD INDUSTRIALIZZAZIONE DIFFUSA

DELL’EMILIA ROMAGNA

di Filippo Arfini- L’ECONOMIA RURALE COME ECONOMIA INFORMALE

di Elisabetta Basile- LE AREE CALANCHIVE DELLA BASILICATA: UNAREALTÀ DI

MARGINALIZZAZIONE FISICO-AMBIENTALE ED ECONOMICO-PRODUTTIVA

di Rossella Bianchi- IL RUOLO DEL SETTOREAGROALIMENTARE E DELLA PROGRAMMAZIONE

BOTTOM-UP NELLO SVILUPPO DELLEAREE RURALI DELLA BASILICATA

di F. Contò - E. Trasatti- FONDI STRUTTURALI E ATTIVITÀ DI R&ST NELL’AGRICOLTURA DEL

MEZZOGIORNO

di Emilio Gatto - Elena Viganò - Laura Viganò- SUOLO, SISTEMI LOCALI DI PRODUZIONE ED AGRICOLTURA

NELLO SVILUPPO RURALE DELLE ECONOMIE POST-INDUSTRIALI

di Alessandro Romagnoli

GRUPPO DI LAVORO: GLI STRUMENTI

- PRESENTAZIONE

di Gervasio Antonelli- EFFICIENZA TECNICA E CARATTERISTICHEAZIENDALI DELLAFRUTTICOLTURA

ROMAGNOLA

di Aldo Bertazzoli- LA SCELTA DI TRASFORMAZIONE DELL’UVA IN VINO: FATTORI ECONOMICI E

FATTORI SOGGETTIVI

di Alessandro Corsi- INVESTIMENTO IN R&S E PRODUTTIVITÀ NELL’AGRICOLTURA ITALIANA

(1963-91): UN’APPROCCIO ECONOMETRICO MEDIANTE UNA FUNZIONE DI

COSTO VARIABILE

di Roberto Esposti - Pierpaolo Pierani- UN’ANALISI DEL CAMBIAMENTO TECNICO NEL SETTOREAGRICOLO ITALIANO

di Roberto Polidori - Benedetto Rocchi - Gianluca Stefani- APPLICAZIONE E VALUTAZIONE DELLE MISURE AGROAMBIENTALI:

UN APPROCCIO DI CONTRATTAZIONE MEDIANTE IL MODELLO

PRINCIPALE-AGENTE

di Biancamaria Torquati

pag. 551

pag. 557

pag. 573

pag. 583

pag. 599

pag. 619

pag. 641

pag. 657

pag. 667

pag. 683

pag. 701

pag. 719

pag. 737

Page 404: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

Finito di stampare nel mese di aprile 2003presso lo stabilimento tipografico

Anteprima s.r.l. - Palermo -

Via Castellana, 108 - 90135 Palermo 091 673 27 81 091 673 27 54 E-mail: [email protected]

Page 405: L’AGRICOLTURA ITALIANA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO · DEMETER. di analisi statistica multivariata e quelle di omogeneità richieste per un ... mancanza di informazioni di bilancio

757