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FACOLTÀ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN INTERMEDIARI, FINANZA INTERNAZIONALE E RISK MANAGEMENT TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN RISK MANAGEMENT DELLE BANCHE ED ASSICURAZIONIL’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto assicurativo: il passaggio da Solvency I a Solvency II Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Pasqualina Porretta Laureando: Correlatore: Michele Finazzi Agrò Chiar.mo Prof. Matricola: 1125864 Fabrizio Santoboni ANNO ACCADEMICO 2009-2010

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FACOLTÀ DI ECONOMIA

CORSO DI LAUREA IN

INTERMEDIARI, FINANZA INTERNAZIONALE E RISK

MANAGEMENT

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

IN

“RISK MANAGEMENT DELLE BANCHE ED ASSICURAZIONI”

L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto

assicurativo: il passaggio da Solvency I a Solvency II

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa

Pasqualina Porretta Laureando:

Correlatore: Michele Finazzi Agrò

Chiar.mo Prof. Matricola: 1125864

Fabrizio Santoboni

ANNO ACCADEMICO 2009-2010

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INTRODUZIONE

CAPITOLO I. PRESUPPOSTI ALLA BASE DELL’ADOZIONE DI SOLVENCY II

1.1 La vigilanza sulle assicurazioni in Italia

1.2 La vigilanza sulle assicurazioni a livello europeo

1.2.1 L’EIOPC

1.2.2 Il CEIOPS

1.3 Introduzione ai concetti di solvibilità e di Risk Management

1.3.1 L’importanza della solvibilità nelle aziende assicurative

1.3.2 Il margine di solvibilità

1.4 I rischi caratteristici dell’attività assicurativa

1.4.1 Il sistema dei controlli interni e il Risk Management

1.4.2 I rischi della gestione finanziaria

1.4.3 I rischi tecnici

1.4.4 Il rischio operativo

1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea

1.5.1 Il rapporto Muller

1.5.2 Solvency I

1.6 Altri modelli di calcolo della solvibilità

1.6.1 Regno Unito: Enhanced Capital Requirements e Individual Capital Adequancy

Standard

1.6.2 Lo Swiss Solvency Test in Svizzera

1.6.3 Il sistema Risk Based Capital negli Stati Uniti

CAPITOLO II. IL PROGETTO SOLVENCY II

2.1 Caratteristiche e principi generali

2.1.1 Il ruolo del CEIOPS nel progetto Solvency II

2.2 Il primo pilastro

2.2.1 Fondi propri

2.2.2 Il Calcolo del SCR: modello standard

2.2.3 I modelli interni

2.2.4 I requisiti patrimoniali di gruppo

2.3 Il secondo pilastro

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2.3.1 Disposizioni per il sistema di vigilanza

2.3.2 Disposizioni in materia di Corporate Governance

2.4 Il terzo pilastro

2.5 Interazioni tra i pilastri

2.6 Differenze e analogie con altri sistemi regolamentari: Solvency I

2.6.1 Differenze e analogie con Basilea II

2.6.2 Differenze ed analogie col RBC americano

CAPITOLO III. IL POSSIBILE IMPATTO DELLA NUOVA NORMATIVA

3.1 Il ruolo dei Quantitative Impact Studies (QIS)

3.1.1 I risultati del QIS 4

3.1.2 Il QIS 5

3.2 Le implicazioni per il business delle assicurazioni

3.2.1 Ramo vita

3.2.2 Ramo non-vita

3.3 L’impatto a livello organizzativo

3.3.1 La qualità dei dati

3.4 L’impatto sui requisiti quantitativi

3.4.1 Implicazioni per la strategia d’investimento

3.4.2 L’ottimizzazione della struttura di capitale

3.5 Le conseguenze sulla stabilità finanziaria

3.5.1 Le conseguenze sul rating degli assicuratori

3.5.2 Le ripercussioni per il sistema bancario

3.6 Il possibile impatto sul mercato italiano

CAPITOLO IV. UN’APPLICAZIONE PRATICA DELLA NORMATIVA

4.1 Il caso dell’azienda Alfa

4.2 Calcolo del requisito patrimoniale secondo Solvency I

4.3 Calcolo del requisito patrimoniale secondo Solvency II

4.4 Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

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Introduzione

Il settore assicurativo svolge da sempre un ruolo fondamentale all‟interno del sistema

finanziario ed economico internazionale sia a livello microeconomico, attraverso la

copertura di rischi che un singolo individuo non sarebbe in grado di affrontare con le

proprie sole forze, sia macroeconomico, contribuendo a rafforzare l‟efficienza e la

stabilità dell‟economia tramite il trasferimento dei rischi.

Ma le stesse compagnie d‟assicurazione sono esposte, nello svolgimento della propria

attività, ad una serie di rischi che quotidianamente mettono in pericolo la solvibilità

dell‟impresa, ovvero la sua capacità di far fronte agli impegni assunti nei confronti degli

assicurati.

Da ciò si deduce la fondamentale importanza che riveste il controllo del livello della

solvibilità stessa non solo da parte dell‟assicuratore, ma più in generale da parte delle

Autorità di vigilanza nazionali ed internazionali, il cui fine ultimo è quello di preservare

la stabilità di tutto il sistema economico.

Al fine di una sempre migliore misurazione dei rischi attinenti alle compagnie

assicurative e del livello di solvibilità che da essi scaturisce, negli ultimi anni sono stati

compiuti numerosi sforzi da parte dei legislatori che hanno portato alla stesura di nuove

regolamentazioni in materia di vigilanza assicurativa.

In particolare, a livello europeo, nei primi anni del nuovo millennio, si è dato vita ad

una serie di lavori e di progetti che hanno dapprima portato alla redazione, nel 2002, di

un insieme di direttive che ha preso il nome di Solvency I e, successivamente, alla luce

delle lacune riscontrate in tale sistema di vigilanza, alla stesura di un‟unica direttiva

comunitaria, nota come Solvency II, che è stata pubblicata sul finire del 2009 e che ha

apportato dei sostanziali cambiamenti nella valutazione della solvibilità delle

compagnie di assicurazione, le quali, grazie alla nuova regolamentazione, si troveranno

obbligate ad avere una sempre maggiore consapevolezza del proprio profilo di rischio.

È proprio dello studio di quest‟ultima normativa che si occupa il presente lavoro,

definendone i presupposti e le caratteristiche e analizzandone i potenziali impatti sia sul

settore assicurativo che sul più ampio sistema finanziario internazionale.

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A tal fine, sono state prese in considerazione numerose pubblicazioni scientifiche

nazionali ed internazionali sul tema della solvibilità, mentre, per quanto riguarda la

direttiva e le sue possibili implicazioni, data la forte attualità dei temi trattati, sono stati

consultati articoli tratti da riviste, quotidiani e siti internet. Molto importante è stato il

ricorso ai database delle Autorità di vigilanza sia italiane che europee, mentre, per

quanto riguarda l‟applicazione pratica della normativa, ci si è basati sui dati di bilancio

di una compagnia di assicurazioni di cui non è possibile rivelare il nome per motivi di

riservatezza, grazie anche all‟aiuto di alcuni responsabili dell‟attuariato vita della

compagnia stessa.

Entrando nello specifico della struttura della tesi, nel primo capitolo, dopo aver elencato

i maggiori organi responsabili della vigilanza assicurativa italiana ed europea, ci si è

soffermati, inizialmente, sulla definizione di alcuni concetti fondamentali per la

comprensione dei temi trattati e di come essi si inseriscano nel contesto delle compagnie

di assicurazione.

Successivamente, è stato introdotto brevemente il processo che ha portato alla

realizzazione del progetto Solvency I, specificando le caratteristiche fondamentali di

quest‟ultimo e confrontandolo con le regolamentazioni di altri paesi.

Nel secondo capitolo, invece, si è entrati nel vivo della nuova normativa, focalizzando,

in primo luogo, l‟attenzione sugli studi che ne hanno accompagnato la stesura e,

successivamente, chiarendo nei dettagli quali sono le principali disposizioni in essa

contenute. Infine, sono state analizzate anche per Solvency II le analogie e le differenze

con gli altri sistemi regolamentari.

All‟interno del terzo capitolo si è inteso esaminare quelli che potrebbero essere i

possibili risvolti della nuova regolamentazione per il settore assicurativo e per il sistema

finanziario, secondo il parere di alcuni esperti e secondo quelli che sono stati i risultati

scaturiti dagli studi d‟impatto avviati dal CEIOPS (Comitato delle Autorità europee di

vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali), per volontà

della Commissione Europea. Nell‟ultimo paragrafo di questo capitolo, inoltre, ci si è

concentrati specificatamente su quelle che potrebbero essere le ripercussioni per il

mercato italiano.

Infine, nel quarto capitolo del presente lavoro, si è voluto sperimentare, tramite

un‟applicazione pratica, quelli che potrebbero essere i possibili cambiamenti nei

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requisiti di un‟impresa d‟assicurazione – denominata Alfa –, con determinati dati di

bilancio e uno specifico profilo di business.

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CAPITOLO I

Presupposti alla base dell’adozione di Solvency II

1.1. La vigilanza sulle assicurazioni in Italia

In Italia la distribuzione delle competenze tra i vari Organi di vigilanza prevede un

approccio per così dire “misto” in cui si sovrappongono due modelli: il modello

orizzontale (approccio per finalità) e quello verticale (approccio per istituzioni).

Proprio in base a quest‟ultimo, che assegna alla Banca d‟Italia la vigilanza sul settore

bancario e alla COVIP quella sui fondi pensione, è stata scelto l‟ISVAP (Istituto per la

Vigilanza delle Assicurazioni Private) come organo competente in materia assicurativa.

Istituito con la legge 576 del 12 agosto 1982, l‟ISVAP è un ente dotato di personalità

giuridica di diritto pubblico e si configura come un‟Autorità indipendente dotata di

autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale. Gli organi che

lo compongono sono il presidente (attualmente il dott. Giancarlo Giannini), con

funzione di direttore generale e il consiglio composto da sei membri oltre al presidente

medesimo. Quest‟ultimo è scelto tra persone di indiscussa moralità ed indipendenza,

particolarmente esperte nelle discipline tecniche ed amministrative interessanti l'attività

assicurativa, ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa

deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'attività

produttive. Alla nomina si applicano le disposizioni della legge 24 gennaio 1978, n. 14.

I componenti del consiglio, invece, sono nominati con decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro delle Attività produttive; durano in

carica quattro anni e possono essere confermati per non più di due volte. Essi devono

essere scelti fra persone di indiscussa moralità e indipendenza e di approvata

competenza nelle materie tecniche o giuridiche interessanti le attività assicurative e

finanziarie.

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I componenti del consiglio non possono esercitare alcuna attività, remunerata o gratuita,

in favore degli enti e delle imprese di cui all'articolo 4 o di enti e società con essi

comunque collegati1.

L‟organigramma dell‟ISVAP è formato, inoltre, da 17 servizi, a loro volta suddivisi in

11 sezioni e 9 uffici.

Figura 1: Organigramma ISVAP

Fonte: www.isvap.it

Per una visione complessiva più specifica, le funzioni di vigilanza vengono svolte per

gruppi assicurativi ed affidate a due servizi che operano in maniera speculare.

L‟unica funzione interamente accentrata in unico servizio, invece, è la vigilanza

ispettiva.

1 Sito ufficiale ISVAP: www.isvap.it

Presidenza Direzione generale

Staff di presidenza

Ufficio staff di presidenza

Internal auditing

Vice-direzione generale

Vigilanza I

Vigilanza II

Ispettorato

Vigilanza intermediari e

periti

Tutel degli utenti

Studi

Risorse umane

Contabilità e Amm.ne

Organ.ne sistemi

Direzione coordniamento

giuridico

Sanzioni

Liquidazione ordinarie e coatte

amministrative

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L„ISVAP ha come compito istituzionale quello di tutelare la sana e prudente gestione

degli intermediari assicurativi, garantendone altresì la trasparenza e la correttezza dei

comportamenti al fine di salvaguardare la stabilità, l„efficienza, la competitività del

sistema assicurativo, a garanzia degli interessi degli assicurati e dell„utenza in generale.

Altro compito dell„Autorità di vigilanza è quello di controllare costantemente i rischi di

instabilità che possono derivare da una concorrenza troppo elevata coniugata con dosi

eccesive di rischio; ciò al fine di perseguire la solidità finanziaria e patrimoniale e

dunque l„imprescindibile condizione della stabilità del sistema assicurativo e,

conseguentemente, del sistema finanziario nel suo complesso.2

Tale attività viene svolta attraverso poteri di natura autorizzatoria, prescrittiva,

accertativa, cautelare e repressiva.3

L'ISVAP esercita queste sue funzioni di vigilanza nei confronti4:

* delle imprese che esercitano nel territorio della Repubblica italiana attività di

assicurazione e riassicurazione;

* dei gruppi assicurativi e dei conglomerati finanziari nei quali tali imprese sono

incluse, in conformità alla specifica normativa ad essi applicabile (c.d. vigilanza

"supplementare");

* degli intermediari di assicurazione e di riassicurazione, dei periti e di ogni altro

operatore del mercato assicurativo;

* dei soggetti che in qualunque forma svolgono funzioni parzialmente comprese nel

ciclo operativo delle imprese di assicurazione o di riassicurazione, limitatamente ai

profili assicurativi e riassicurativi.

Le suddette funzioni sono molteplici, ma nello specifico le più importanti sono:

-concessione dell‟autorizzazione all‟esercizio dell‟attività assicurativa;

-controllo continuo della gestione tecnico-assicurativa, patrimoniale e contabile dei

soggetti controllati;

-vigilanza sull‟osservanza delle leggi e dei regolamenti in materia assicurativa da parte

delle imprese e dei loro agenti;

-assicurare la trasparenza per la tutela dei consumatori;

2 SELLERI L., (2003), Impresa di assicurazione e strategia del valore, ETAS, Milano, pagg. 81 e segg.

3 Codice delle Assicurazioni 2008, articolo 5

4 Codice delle Assicurazioni 2008, articolo 6

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-accoglimento dei reclami da parte dei consumatori in un apposito registro5 e potere

correttivo, repressivo e sanzionatorio nei confronti dei soggetti vigilati;

-rilevamento dati di mercato per la formazione delle tariffe e delle condizioni

contrattuali delle polizze;

-fornire con cadenza annuale un rapporto sulla politica assicurativa al Ministro dello

Sviluppo Economico, contenente, tre le altre cose, eventuali proposte di risanamento del

settore presentate dalle società assicurative;

-promozione di ogni forma di collaborazione ritenuta necessaria con le altre Autorità di

vigilanza finanziaria e con gli Organi di controllo assicurativi dei Paesi comunitari.

In Italia vige il principio della specializzazione operativa6 per le compagnie assicurative

secondo cui esse non possono esercitare la propria attività sia nel ramo vita che nel

ramo danni. Le imprese che volessero derogare a tale principio sono tenute ad una

gestione amministrativa e contabile separata per ciascun ramo.7

Con queste disposizioni si mira ad eliminare, o comunque ridurre, i rischi

imprenditoriali estranei all‟attività assicurativa e a fornire ulteriore protezione verso gli

assicurati del ramo vita, che sono così garantiti da eventuali risultati negativi scaturiti

nella gestione danni.

Per quanto riguarda l‟autorizzazione all‟attività concessa dall‟ISVAP, quest‟ultima è

subordinata al possesso di determinati requisiti8:

la forma giuridica di società per azioni, società cooperativa e di mutua

assicurazione;

il possesso del capitale sociale minimo richiesto pari ad un ammontare compreso tra

i cinque milioni e un milione e cinquecentomila euro a seconda dei rami (o del

fondo di garanzia nel caso di società di mutua assicurazione);

la presentazione, unitamente all„atto costitutivo e statuto, di un programma

concernente l„attività iniziale e la struttura organizzativa e gestionale;

il possesso di requisiti di onorabilità da parte di titolari di partecipazioni rilevanti ,

nonché dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che si

occupano dell„amministrazione, direzione e controllo;

5 Cosiddetto registro dei reclami istituito con circolare ISVAP 518 del 21 Novembre del 2003

6 Codice delle Assicurazioni private, Art 11, comma 2

7 Regolamento ISVAP n.17

8 Codice delle Assicurazioni private, Art 58

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l„assenza, tra l„impresa o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, di

stretti legami che ostacolano l„effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza.

Circa l‟importante funzione di controllo della situazione patrimoniale e finanziaria delle

imprese, l‟ISVAP si occupa di verificare il possesso dei requisiti di solvibilità e di

riserve tecniche sufficienti per fronteggiare le attività svolte, nonché di attivi congrui

alla loro integrale copertura.

Queste, d‟altronde, rappresentano condizioni indispensabili per l„esercizio dell„attività

assicurativa e proprio per questo, il legislatore stabilisce criteri precisi e abbastanza

severi per il calcolo delle riserve tecniche a seconda dei rami9, mentre, per quanto

concerne il margine d solvibilità, elemento introdotto su sollecitazione comunitaria,

impone il mantenimento di un rapporto fra volumi di attività e margine stesso non

inferiore ad una determinata soglia.

Tutte le molteplici norme di vigilanza del settore, che prima non trovavano una comune

collocazione, sono contenute dal 1° Gennaio del 2006 nel Codice delle Assicurazioni10

.

1.2. La vigilanza sulle assicurazioni a livello europeo

La sempre maggiore integrazione a livello internazionale dei mercati finanziari ha reso

sempre più indispensabile l‟adozione di organismi sovranazionali che coordinassero

l‟attività delle Autorità di vigilanza nazionali. In tale ottica la Commissione europea

nominò nel 2000 un comitato di “saggi”, presieduto dal barone Alexander Lamfalussy

per valutare le misure da adottare per far fronte a questo nuovo scenario.

Alla fine del proprio lavoro, il comitato propose l‟adozione di una nuova procedura

articolata su quattro livelli, nota appunto come “Procedura Lamfalussy”, con l‟obiettivo

di semplificare e velocizzare il processo legislativo comunitario per quanto riguardava i

servizi finanziari. Tale proposta venne approvata nel marzo del 2002 dal Consiglio

europeo.

La procedura fu applicata però, inizialmente, al solo settore mobiliario11

e, solo in

seguito, attraverso la direttiva 1 del 2005, si decise di estendere l‟utilizzo della struttura

tipica di Lamfalussy anche all‟area bancaria, assicurativa e a quella dei fondi pensione:

9 Codice delle Assicurazioni private, Art.36 e 37

10 D.Lgs. 7 Settembre 2005, n.209

11 Direttiva CE 527 del 2001

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il risultato di tale decisione nel campo assicurativo è stata la scomparsa del vecchio

Insurance Committee e la creazione di un due nuovi comitati: l‟EIOPC (Comitato

europeo delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali), per quanto

riguarda il secondo livello e il CEIOPS (Comitato delle Autorità europee di vigilanza

delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali) per il terzo.

In realtà tali organismi erano stato già stato introdotti rispettivamente, con le direttive 9

e 6 del 2004, ma si era deciso che sarebbero entrati in funzione solo dopo l‟adozione di

nuove regole riguardanti la funzione di consulenza dell‟ Insurance Committee.

Per quanto riguarda il settore bancario furono istituiti, invece, rispettivamente, il

Comitato Bancario Europeo12

(EBC) e il Comitato delle Autorità europee di vigilanza

bancaria (CEBS)13

.

Al primo livello della procedura sopra descritta vengono definiti le regole e i principi

alla base delle nuove normative attraverso un processo di “codecisione” che coinvolge

sia il Parlamento europeo che il Consiglio.

Nell‟ambito del secondo livello, vengono stabilite, tramite provvedimenti specifici della

Commissione Europea approvati dai rappresentanti dei singoli stati membri, le

procedure tecniche per rendere operativi i principi stabiliti al livello precedente.

Arrivati al terzo livello, entrano in gioco i comitati di esperti dei vari settori (CESR,

CEBS e CEIOPS) che coordinano l‟applicazione delle disposizioni regolamentari

scaturite dal primo e secondo livello, all‟interno della legislazione degli stati membri.

Nel quarto livello la Commissione Europea verifica l‟effettiva conformità dei vari paesi

alla legislazione comunitaria ed interviene, adottando vari tipi di provvedimenti, nel

caso in cui ciò non si realizzi.

12

Direttiva CE 10 del 2004 13

Direttiva CE 5 del 2004

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Figura 2: Rappresentazione processo Lamfalussy

C‟è da dire che la recente crisi finanziaria ha dimostrato come grandi passi debbano

essere ancora fatti affinché il sistema di regolamentazione europeo sia sufficientemente

omogeneo: si afferma infatti14

, che una delle ragioni fondamentali della crisi stessa sia

stata proprio l‟eccessiva discrezionalità lasciata alle singole Autorità nazionali,

dichiarando sostanzialmente con ciò il fallimento dell‟obiettivo che ci si era preposti

con l‟adozione della procedura Lamfalussy.

14

GRUPPO DE LAROSIERE, (2009), The High-Level group on financial supervision in the EU,

Bruxelles

Livello 2: Misure attuative

Livello 3: Implementazione a livello

nazionale

Livello 4: Controllo dell‟applicazione

della legislazione emanata

Livello 1: Predisposizione direttiva

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Si è osservato in particolare, che è stato lasciato troppo margine di scelta fin dal primo

livello della struttura, rendendo conseguentemente impossibile per i comitati di terzo

livello imporre soluzioni omogenee, dato che le normative di livello 1 non possono

essere modificate dal terzo livello.

In campo assicurativo, ad esempio, esistono divergenze profonde su aspetti riguardanti

l‟autorizzazione e la definizione delle riserve tecniche.

Per evitare che si ripresentino situazioni di questo tipo, è stato proposto di rivedere la

vigilanza comunitaria nell‟ottica di una continua ricerca della stabilità a livello

internazionale, raggiungibile attraverso un maggiore coerenza della regolamentazione

internazionale e un rafforzamento della cooperazione tra le Autorità di vigilanza

nazionali: in questo contesto si prevede un rafforzamento di quelli che sono i poteri in

capo ai comitati di terzo livello.

La nuova architettura di vigilanza15

, secondo il pacchetto di proposte della

Commissione, sarà fondata sulla creazione di un‟entità centrale per la vigilanza

macroprudenziale contro il rischio sistemico (European Systemic Risk Board - ESRB)

ed una rete di supervisori finanziari (European System of Financial Supervisors –

ESFS) per la vigilanza microprudenziale. Quest‟ultima sarà formata sia dagli attuali

Comitati di terzo livello che verranno trasformati in tre Autorità con personalità

giuridica (l‟EBA per le banche, l‟EIOPA per le assicurazioni e i fondi pensione,

l‟ESMA per il mercato mobiliare) sia dalle Autorità nazionali, alle quali viene

confermata la responsabilità di vigilare sulle entità stabilite in ciascun Paese.

Nel nuovo disegno, inoltre, le Autorità nazionali potranno incidere sul processo

decisionale europeo soltanto indirettamente, mediante il supporto tecnico che

forniscono alle Autorità politiche in occasione delle riunioni dei Comitati di secondo

livello secondo l‟approccio Lamfalussy.

Per quanto concerne il comparto assicurativo, in particolare, sebbene meno esposto al

rischio sistemico in quanto, ad esempio, minori sono le possibilità di contagio (a

differenza delle banche, le assicurazioni non si prestano soldi a vicenda), va tenuta in

conto la possibilità che situazioni di crisi riguardanti soggetti di grandi dimensioni

appartenenti a tale settore, possano compromettere la stabilità complessiva del sistema

finanziario. Proprio per questo, la segnalazione all‟ESRB di fenomeni inerenti il

15

Comunicazione 252 della Commissione Europea del 27.5.2009

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mercato assicurativo sarà garantito dalla presenza - nel Board - del Presidente della

nuova Autorità europea per la vigilanza microprudenziale specifica di settore. Inoltre le

Autorità nazionali assicurative potranno partecipare direttamente o coordinarsi con

l‟Autorità nazionale designata a sedere nel Board. Ciò permetterà ai rappresentanti del

settore assicurativo di fornire il loro specifico apporto che potrà servire come base per

lo sviluppo di raccomandazioni che tengano conto degli specifici rischi e del modello di

business dell‟attività assicurativa.

Perplessità riguardo il nuovo sistema sono state espresse dall‟ANIA16

(Associazione

Nazionale Fra Le Imprese Assicuratrici), secondo cui è discutibile la scelta di affidare

ad un organismo esterno rispetto al sistema europeo delle banche centrali la

responsabilità della sorveglianza sistemica. I principali strumenti per il raggiungimento

della stabilità infatti, sono proprio quelli gestiti dalla BCE, nell‟ambito della politica

monetaria, quali: la movimentazione dei tassi di rifinanziamento, la variazione delle

riserve o del capitale delle banche ed ancora i vincoli sulla liquidità e la trasformazione

delle scadenze. Tuttavia, il segretariato del nuovo organismo sarà assicurato dalla BCE

e, inoltre, l‟ESRB non avrà personalità giuridica né autonomi poteri di intervento: si

tratta in pratica di un meccanismo di coordinamento rafforzato tra le Autorità monetarie

e finanziarie europee attorno alla BCE, più che di un nuovo organismo.

L‟ANIA ha inoltre criticato il fatto che le raccomandazioni dell‟ESRB, prima di essere

pubblicata, dovranno prima passare per la consultazione dell‟ECOFIN (insieme dei

Ministri dell'Economia e delle Finanze dei 27 stati membri della Unione europea riuniti

in seno al Consiglio dell'Unione europea), in quanto sostiene che “i governi non amano

esser richiamati quando conducono politiche destabilizzanti e trovano presto l‟accordo

quando si tratta di nascondere all‟opinione pubblica fatti politicamente imbarazzanti.”

1.2.1. L’EIOPC

L‟EIOPC, come detto, è il comitato di secondo livello per quanto riguarda il comparto

assicurativo. Esso, sostanzialmente, è un organo consultivo che consigliare la

16

Intervento del presidente dell‟Assonime Luigi Abete presso la Commissione 6^ (Finanze e Tesoro) del

Senato della Repubblica, (2010), Indagine conoscitiva sugli strumenti di vigilanza europea dei mercati

finanziari, creditizi e assicurativi, pag. 4.

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Commissione, su richiesta della stessa, sulle questioni politiche riguardanti

l'assicurazione, la riassicurazione e le pensioni aziendali o professionali nonché sulle

proposte della Commissione in materia. Il comitato deve esaminare tutte le questioni

riguardanti l'esecuzione delle disposizioni e, soprattutto, delle direttive comunitarie

relative ai suddetti settori.

La competenza del comitato è a livello macro, quindi ad esso non è demandata l‟analisi

di casi riguardanti singoli attori dei settori considerati, né tantomeno gli dev‟essere

richiesto di prendere in considerazione questioni riguardanti il diritto sociale e del

lavoro (organizzazione dei regimi professionali, redazione dei contratti collettivi ecc.)

Il comitato, che è composto da rappresentanti ad alto livello degli Stati membri ed è

presieduto da un rappresentante della Commissione, si riunisce ad intervalli regolari e

ogniqualvolta la situazione lo renda necessario.

Dall‟altro lato, invece, l‟ISVAP ha espresso la propria approvazione per il nuovo

modello, sottolineando in particolare come quest‟ultimo, attraverso la separatezza

settoriale della sua architettura, abbia salvaguardato quelle che sono le specificità del

settore assicurativo e le sue profonde differenze con quello bancario e mobiliare,

proprio come accade nel modello del nostro Paese.

1.2.2. Il CEIOPS

Il Comitato è composto dai più alti rappresentanti delle Autorità di vigilanza degli Stati

membri dell‟Unione europea sulle assicurazioni, le riassicurazioni e sulle pensioni

aziendali o professionali. Le Autorità degli altri Stati membri dello Spazio economico

europeo (Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e la Commissione europea partecipano alle

attività del CEIOPS in qualità di osservatori.17

Il CEIOPS partecipa ad attività sia di secondo che di terzo livello del processo di

Lamfalussy, fornendo consulenza alla Commissione europea sull‟elaborazione di

misure di attuazione delle direttive quadro e dei regolamenti in materia di assicurazioni

e pensioni aziendali o professionali, e pubblicando, periodicamente, raccomandazioni e

linee guida riguardanti criteri di vigilanza per il costante miglioramento

17

In tal senso si rinvia al sito internet: www.ceiops.eu

Page 17: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

16

dell‟applicazione efficace e convergente dei regolamenti e la promozione di una sempre

maggiore cooperazione tra Autorità di vigilanza nazionali.

Più nello specifico, il ruolo del CEIOPS attualmente è di consigliare la Commissione

Europea, su richiesta della stessa o su iniziativa del Comitato, in particolare sulla

preparazione di progetti di misure attuative nelle materie di sua competenza, e di

contribuire alla coerente attuazione delle direttive UE. Esso funge anche da organo per

la cooperazione, facilitando lo scambio di informazioni sugli istituti controllati e

adoperandosi per il raggiungimento della convergenza della vigilanza sulle compagnie

di assicurazione e sui fondi pensione.

Almeno due volte all‟anno il comitato fornisce alla Commissione valutazioni in merito

alle tendenze microprudenziali, ai rischi potenziali e alle vulnerabilità del settore. In

queste valutazioni viene inclusa una classifica dei rischi e delle vulnerabilità principali,

la misura in cui tali rischi e vulnerabilità costituiscono una minaccia per la stabilità

finanziaria e, laddove necessario, proposte di azioni preventive o correttive.

Il CEIOPS, per quello che riguarda le proprie competenze, partecipa al lavoro di altri

comitati istituiti dall‟UE per la vigilanza del sistema finanziario, quali il Comitato

economico e finanziario (CEF), il Comitato dei servizi finanziari (FSC), lo stesso

EIOPC e gli altri comitati di livello 3, con i quali collabora in tutte quelle aree rilevanti

a livello multisettoriale

La direttiva con cui era stato istituito e regolato il CEIOPS è stata recentemente

abrogata e sostituita dalla direttiva CE 79 del 2009, che prevede provvedimenti

aggiuntivi per quanto riguarda il ruolo del comitato all‟interno della procedura

Lamfalussy.

Il CEIOPS è un comitato sostanzialmente indipendente, anche se costituito con

decisione della Commissione Europea. Considerato il suo ruolo, il Comitato deve

rendere conto (cioè deve essere accountable) nei confronti di una serie di stakeholders,

prima di tutto la Commissione e i rappresentanti politici, il Parlamento e il Consiglio.

Il CEIOPS nel suo lavoro deve utilizzare – è questo è un altro aspetto fondamentale

delmodello “Lamfalussy” – la massima trasparenza e deve servirsi di un ampio processo

diconsultazione. Il Public statement on consultation practices del CEIOPS, disponibile

sul sito web del comitato, definisce gli impegni del CEIOPS nel processo di

consultazione.

Page 18: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

17

1.3. Introduzione ai concetti di solvibilità e di Risk Management

La solvibilità è da sempre considerato uno dei parametri fondamentali per giudicare il

merito creditizio di un affidato e, in particolare, di un intermediario finanziario: essa

rappresenta la capacità dell‟affidato stesso di mantenere il valore dell‟attivo corrente

maggiore rispetto a quello del passivo.

Perché un soggetto sia considerato solvibile è necessario che questo abbia

costantemente a disposizione mezzi propri tali da coprire ogni eventuale esigenza di

capitale, comprese, dunque, le situazioni di necessità impreviste.

Il concetto di solvibilità viene spesso confuso con quello di liquidità che rappresenta la

capacità di adempiere alle obbligazioni regolarmente, ovvero nei modi e nei tempi

previsti contrattualmente. Già da questa prima definizione, è chiara la prima distinzione

tra i due suddetti concetti: mentre la solvibilità riguarda una condizione che dev‟essere

mantenuta in ogni momento della vita di un‟impresa, intermediario, ecc., la liquidità si

riferisce maggiormente ad un orizzonte temporale di breve periodo. Da questo deriva

l‟individuazione di un certo grado di correlazione tra le due condizioni che

generalmente è strettamente positiva: infatti, guardando a periodi non brevi, appare

chiaro che un intermediario non liquido è esposto a un rischio crescente di insolvenza,

poiché è costretto a liquidare attività a prezzi di cessione sfavorevoli, e che, dall‟altra

parte, un intermediario non solvibile è esposto ad un elevato rischio di liquidità poiché i

suoi creditori manifestano una crescente preferenza a riscuotere i rispettivi crediti.

Un‟altra distinzione è rinvenibile, infine, nel diverso grado di riversibilità delle due

situazioni: l‟insolvibilità è infatti irrimediabile e deve condurre alla liquidazione,

mentre l‟ illiquidità può essere una condizione soltanto temporanea.

Tornando al concetto che a noi più interessa, quello di solvibilità, è fondamentale

rilevare come, alla base del mantenimento di tale condizione, vi sia l‟individuazione di

un insieme di rischi cui l‟intermediario va incontro nello svolgimento della propria

attività, che quest‟ultimo dovrà cercare in tutti i modi di eliminare o, se questo non è

possibile, di ridurre e contenere la propria esposizione verso di essi.

Ma cos‟è un rischio? Per spiegarlo ci affidiamo alle parole di F.H.Knight che lo

definiva come: “una determinante fondamentale di una situazione aleatoria in cui il

futuro è prevedibile attraverso calcoli con cui si attribuisce valori di probabilità ai

Page 19: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

18

diversi stati del mondo18

.” Dunque, seguendo tale definizione possiamo notare come il

rischio non sia considerata una situazione totalmente incerta, ovvero un evento

assolutamente impossibile da misurare probabilisticamente. Tuttavia, recentemente si è

negata la possibilità di effettuare tale distinzione in quanto si è sostenuto che qualsiasi

tentativo di valutazione e misurazione della casualità degli eventi sia sempre

condizionata da una componente soggettiva e personale.

Di fatto, invece, secondo i fautori di quest‟ultima teoria, il rischio è profondamente

connaturato con qualsiasi tipo di attività economica e la valutazione e la gestione

dell„incertezza costituiscono l„essenza stessa dell„attività imprenditoriale. Si può

constatare come, operativamente, il rischio economico di un„impresa è configurabile

nelle variazioni (positive o negative) dei risultati economici di esercizio rispetto a quello

che può considerarsi il risultato medio normale atteso: i rischi che posso portare sia

effetti positivi che negativi vengono definiti rischi speculativi, quelli che portano

esclusivamente ad un danno per chi ne è soggetto vengono, invece, denominati rischi

puri.

A ben vedere, la variabilità dell„andamento economico della gestione può dipendere da

diverse cause che, comunque, hanno tutte a fondamento negli errori di previsione: ogni

impresa, infatti, opera sulla base di budget e se le condizioni e le quantità pianificate ex-

ante non si verificano si producono, inevitabilmente, variazioni positive o negative nei

risultati. Gli errori in questione possono derivare da una carenza di informazioni e/o di

strumenti di elaborazione delle stesse (errori soggettivi), oppure da una evoluzione dei

fatti e circostanze non previste e non prevedibili sulla base dell„esperienza (errori

oggettivi).

Relativamente al primo tipo di errori (soggettivi) è frequente che i rischi vengano

assunti sulla base di esperienze passate (dati storici) che possono invalidare la corretta

predeterminazione dell„evento futuro. Dall‟altra parte, vi sono, poi, gli errori cosiddetti

oggettivi che non dipendono dal soggetto valutatore, ma da una evoluzione dei fatti

completamente diversa da quella che l„osservazione dei dati statistici consente di

prevedere.

A questo proposito, sempre più importanza sta assumendo per gli intermediari il ruolo

della funzione di gestione del rischio, meglio nota come Risk Management (termine

18

KNIGHT F.H., (1921), Risk, Uncertainty and Profit, HART, SCHAFFNER & MARX, Boston.

Page 20: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

19

coniato intorno alla metà degli anni ‟50), che consente all‟intermediario stesso di tenere

conto nella formulazione delle proprie strategie e, in particolare, nell‟allocazione delle

proprie risorse, della propria esposizione complessiva a tutti i rischi individuati,

analizzati e affrontati dai responsabili del risk management stesso. Quest‟ultimo sta

diventando sempre più un fattore critico di competitività per quanto riguarda

l‟intermediazione finanziaria, in quanto una corretta gestione del rischio consente di

ottenere un‟immagine migliore davanti al pubblico degli stakeholders ed una maggiore

redditività nel lungo periodo.

1.3.1. L’importanza della solvibilità nelle aziende assicurative

Com‟è avvenuto nel settore bancario, anche nel settore assicurativo si è assistito ad un

profonda trasformazione di quelle che sono le norme che quotidianamente lo regolano e,

soprattutto, della loro interpretazione da parte degli attori economici : da un sistema

caratterizzato da grande rigidità negli anni `70 si è infatti passati ad uno molto più

flessibile negli anni 2000. Per flessibilità, sia chiaro, non s‟intende la scarsità o

addirittura la mancanza di regole né un‟approssimazione nell‟affrontare questi temi, ma

anzi è richiesta una sempre maggiore precisione nella scelta di norme e requisiti

specifici, che consentano al sistema di autoregolarsi e sopravvivere autonomamente: da

qui deriva, come detto in precedenza, la maggiore importanza assunta dal sistema di

controllo e gestione del rischio interna.

La peculiarità dell‟attività assicurativa, ovvero l`inversione del ciclo dei costi e dei

ricavi, comporta che, a fronte di un premio incassato anticipatamente, segue un esborso,

eventuale, che può talvolta non essere coperto dal premio stesso: l‟esborso, infatti, può

essere stimato inizialmente soltanto attraverso previsioni derivanti da metodi attuariali,

mentre la certezza dell‟importo si avrà in momenti successivi.

Esiste, però, come detto in precedenza, la possibilità di commettere errori che, unita

all‟importante ruolo che le imprese assicurative rivestono nel mercato finanziario, ci

rendono chiaro il motivo per cui la solvibilità e la solidità finanziaria siano requisiti

imprescindibili per un soggetto che operi in questo determinato settore. I due requisiti

sono fondamentali per il raggiungimento di altrettanti obiettivi: la tutela degli assicurati

e la stabilità del sistema finanziario.

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20

E‟ stato evidenziato, in dottrina19

, infatti, che i contratti assicurativi contengono una

sorta di promessa implicita di solvibilità nel lungo periodo, in quanto l„assicuratore

garantisce che sarà in grado di onorare l„impegno del risarcimento al verificarsi

dell„evento temuto entro un determinato arco di tempo.

Nel caso di insolvenza di un intermediario assicurativo, gli assicurati subiscono la

perdita, oltre che della garanzia di risarcimento del danno eventualmente provocato

dalla manifestazione del rischio, anche dell„ammontare dei premi già pagati per ottenere

la gestione assicurativa.

Ne deriva che soddisfacenti condizioni si solvibilità costituiscono per gli assicurati, così

come per gli intermediari finanziari, la premessa per la creazione ed il mantenimento di

una buona reputazione che renda gli individui propensi a negoziare contratti finanziari.

In termini generali, il concetto di solvibilità è legato alla probabilità di fallimento: può

pertanto ritenersi solvibile quell„intermediario che riesce a mantenere bassa tale

probabilità.

Si può sostenere che la difesa della solvibilità, e quindi la minimizzazione della

probabilità di fallimento, risultano incentrate primariamente sulla correttezza della

gestione tecnica. La rilevanza anche quantitativa della gestione dei rischi caratterizzante

è tale per cui, in genere, gli impulsi che possono influire sulle condizioni di solvibilità

muovono principalmente dalla gestione caratteristica, cioè dalla gestione dei rischi

assicurati.

La letteratura degli assicurati, in particolare la teoria attuariale del rischio, suggerisce

che, nel processo di determinazione del premio di equilibrio, una delle condizioni da

considerare è la riduzione al valore minimo della probabilità di fallimento.

Date certe condizioni, se l„intermediario realizza una gestione ottimale dei rischi

caratterizzanti, cioè assume una quantità di rischi adeguata rispetto al prezzo stabilito e

alle proprie dimensioni operative e conduce una corretta gestione del portafoglio, esso

dovrebbe riuscire a tutelare le proprie condizioni di solvibilità.

Più in generale, il mantenimento di condizioni di solvibilità, il cui principale indicatore

è rappresentato dalla capacità di reddito producibile, richiede l„attitudine a riassorbire

fisiologicamente le perdite impreviste derivanti da errori di valutazione o da fenomeni

congiunturali inattesi.

19

CAPPIELLO A., (2003), Lineamenti normativi ed economico-tecnici delle imprese assicurative,

FRANCO ANGELI, Milano, pag. 155.

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21

Se prendiamo in considerazione la nozione di solvibilità da un punto di vista teorico, ci

è utile rifarci alla definizione dell`International Association of Insurance Supervisors

(IAIS): “Una compagnia di assicurazioni è solvibile se è capace di adempiere le proprie

obbligazioni per tutti i contratti e in tutte le circostanze che si possono ragionevolmente

prevedere“20

.

Ma quest‟accezione è diversa da quella comunemente usata. Se consideriamo il caso di

una famiglia, ad esempio, essa risulterà solvibile se sarà in grado di far fronte alle

proprie spese la cui entità e scadenze saranno precedentemente note (ad esempio un

mutuo). Queste considerazioni conducono ad una considerazione deterministica della

solvibilità, ma anche la famiglia può trovarsi in difficoltà quando sopraggiunge un

esborso non previsto: ad esempio per danni relativi alla casa o alla macchina. La

concezione deterministica è un concetto estremo di solvibilità che non può essere

traslato al campo assicurativo in quanto economicamente non applicabile.

La solvibilità deterministica, infatti, comporterebbe che l‟impresa assicurativa sia in

grado in ogni momento di coprire il massimo delle perdite: dunque una volta che si

saranno raccolti i premi, ciò che non sarà coperto dall‟entità di questi ultimi dovrà

essere garantito con capitale proprio, cosa che renderebbe ovviamente impossibile

l‟operatività della compagnia stessa.

Lo stesso IAIS conferma che: “Per la stessa natura delle assicurazioni, è impossibile

garantire la solvibilità con certezza. Allo scopo di avere una definizione trasferibile in

pratica, è necessario fare chiarezza sull‟adeguatezza degli asset che coprono i sinistri in

relazione a specifiche situazioni, cioè se ci si deve riferire ad affari già esistenti o ad

affari nuovi e futuri. Con riferimento al volume e alla natura degli affari di una

compagnia, si considera l`orizzonte temporale e un accettabile livello di probabilità di

insolvenza”.

Il passaggio successivo, quindi, è quello di definire la solvibilità in senso stocastico, la

cui struttura richiede un modello probabilistico per il rischio e uno scenario.

Collegate al modello probabilistico saranno le formule per calcolare i requisiti di

capitale, ad esempio, le formule di short-cut o i modelli interni.

20

IAIS (2002), Principles on Capital Adequacy and Solvency, Principle 5

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22

La solvibilità in senso stocastico è quindi la capacità di far fronte, con assegnata

probabilità, agli impegni aleatori realisticamente descritti da una struttura

probabilistica21

.

1.3.2. Il margine di solvibilità

Per il mantenimento dei sopracitati requisiti di solvibilità e solidità e dei relativi

obiettivi, è richiesto alle imprese assicurative di detenere tra le proprie attività un

determinato ammontare che costituisca una sorta di “cuscinetto” per le situazioni

impreviste che possono presentarsi durante la vita dell‟azienda stessa: questo strumento

è comunemente chiamato Margine di Solvibilità.

L‟articolo 18 della direttiva CEE 79/267 (per il ramo vita) e l‟articolo 16 della direttiva

73/239 (per il ramo danni) stabiliscono che “ciascuno Stato membro impone ad ogni

impresa la cui sede sociale si trova nel suo territorio di disporre di un margine di

solvibilità sufficiente per l' insieme delle sue attività”

Al contrario delle riserve tecniche che sono costituite ex-post, cioè a seguito della

raccolta dei premi derivanti dalla gestione tecnico-assicurativa, il margine è un importo

costituito principalmente dal capitale netto costituito dagli asset liberi da impegni già

assunti. Il capitale netto, infatti, viene opportunamente rettificato togliendo le azioni

proprie, il capitale netto non versato e altre voci che non sono libere da impegni. Per

definire il margine occorre dunque stabilire, in base alla normativa, quali voci far

rientrare in questo computo. Seguendo quelle che sono le direttive del codice delle

assicurazioni, tali voci sono22

:

1) il capitale sociale versato (o se si tratta di mutue assicuratrici il fondo di garanzia

versato);

2) la metà della quota non versata di capitale (a condizione che sia stato versato almeno

il 25% dell‟intero ammontare del capitale sottoscritto);

21

PROSPERETTI M., COLAVOLPE A.,(2009), Banche assicurazioni e gestori di risparmio, IPSOA,

Milano, pag. 678. 22

Articolo 44

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23

3) le riserve legali, le riserve statutarie e le riserve facoltative che non abbiano carattere

di poste rettificative o provvisionali;

4) il riporto di utili;

5) i crediti che le società di mutua assicurazione a contributo variabile vantano verso i

soci, entro determinati limiti (solo per i rami danni);

6) su richiesta dell‟impresa e con l‟autorizzazione dell‟Autorità di vigilanza, le

plusvalenze risultanti da sottovalutazione di elementi dell‟attivo e da sopravvalutazione

di elementi del passivo, nella misura in cui tali plusvalenze non abbiano carattere

eccezionale;

7) le azioni preferenziali cumulative ed i prestiti subordinati.

Bisogna specificare che il margine di solvibilità, in quanto destinato a fronteggiare il

rischio generale della compagnia derivante prevalentemente dalle politiche di

assunzione dei rischi assicurati, assume un ruolo complementare rispetto ad altre misure

di prevenzione, in primis rispetto alle riserve tecniche, chiamate anch„esse a garantire

condizioni di solvibilità aziendale in rapporto alla sinistralità assunta a base della

formazione dei premi: in tal senso, il margine di solvibilità rappresenta una garanzia

ulteriore della stabilità finanziaria dell‟impresa. Oltre alle riserve tecniche, vi sono altri

strumenti propri dell‟attività assicurativa che collaborano con il margine di solvibilità ad

una corretta copertura dai rischi: molto importante, ad esempio, è l‟attività di

riassicurazione che permette di trasferire la propria esposizione ad altri soggetti (previa

pagamento di un premio) senza dimenticare la normale attività di risk management.

Importante è anche il concetto di “minimo margine”, che rappresenta una sorta di soglia

nelle valutazioni dell‟impresa: quest‟ultima, una volta considerato un profilo di rischio

(ad esempio la riassicurazione, il numero di polizze in portafoglio, i tipi di polizze, ecc.)

per non andare incontro a problemi di solvibilità deve avere un margine almeno uguale

al minimo. Il calcolo di questa soglia però comporta l‟adozione di metodi molto

complessi e costosi che hanno da sempre provocato una certa avversione verso questo

sistema, soprattutto da parte degli operatori più piccoli e questo ha portato alla ricerca di

metodi caratterizzati da procedure semplificate e, dunque, più facilmente comprensibili.

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24

La definizione più semplice di margine di solvibilità fu data da Teivo Pentikainen23

nel

1952 che lo identificò come semplice differenza tra attivi e passivi.

In conclusione possiamo affermare che è difficile individuare una misura del margine

corretta in maniera assoluta, in quanto essa differisce di caso in caso. Anche il criterio

della proporzionalità, che assegna un minimo margine maggiore per imprese di

dimensioni più elevate, è da ritenere privo di fondamento.

In termini generali, comunque, il margine di solvibilità dovrebbe consentire di

raggiungere determinate finalità quali:

-ammortizzare le perdite dovute all‟attività d‟investimento

-ridurre l‟effetto delle oscillazioni legate alla variabilità dei rischi assicurati rispetto alla

media e assorbire le variazioni, non casuali, ma di natura più stabile, intervenute nelle

probabilità di base

-ridurre anche i rischi più generali (calamità naturali, rischi riguardanti i rapporti con i

riassicuratori ecc.)

-essere in grado di fronteggiare le perdite derivanti da errori di gestione

1.4. I rischi caratteristici dell’attività assicurativa

Come tutte le attività economiche, anche quella assicurativa è soggetta a molteplici

rischi che condizionano la variabilità dei risultati che essa andrà ad ottenere.

La tipologia di rischi affrontati dal settore in considerazione sono strettamente collegati

al tipo di attività che in esso viene svolta. Dunque nell‟individuazione dei rischi stessi,

ci accorgeremo che questi differiscono da quelli che andremmo ad incontrare

analizzando la gestione del rischio di una banca, ad esempio. Una delle differenze

fondamentali con quest‟ultime è ascrivibile alla diversa esposizione verso il rischio di

liquidità: mentre l‟intermediario bancario fonda la propria attività sulla trasformazione

delle scadenze e dunque sul “mismatching” tra la durata del passivo (breve termine) e

dell‟attivo (lungo termine), il passivo delle imprese assicurative è composto

principalmente dalle riserve che non potranno essere intaccate su richiesta dei clienti,

ma solo in caso si verifichino definiti eventi di perdita. Dall‟altra parte, anche l‟attivo

23

PENTIKAINEN T., (1952), On the net retention and solvency of insurance companies,

SKANDINAVISK AKTUARIETIDISKRIFT, Helsinki, pagg. 71-92.

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25

delle assicurazioni risulta essere molto liquido, in quanto prevalentemente investito in

obbligazioni statali o aziendali e pertanto le imprese assicuratrici saranno molto meno

esposte al rischio di liquidità rispetto alle banche.

L‟unica eccezione a quanto detto sopra può essere riscontrabile in alcuni prodotti del

ramo vita, dove le polizze posso essere rimborsate su richiesta degli assicurati (il

procedimento di rimborso comporta però tempi lunghi e penali assai elevate).

Figura 3: Peso dei vari rischi sull’attività delle diverse tipologie di intermediari finanziari:

Fonte: Indagine ECAP 2006: sommario IFRI redatto da Oliver Wyman sulla base dei report annuali forniti

dalle società.

1.4.1. Il sistema dei controlli interni e il Risk Management

Data la grande importanza assunta dal controllo interno per il corretto svolgimento dei

processi gestionali, si è cercato, soprattutto nell‟ultimo periodo, attraverso

l‟introduzione di Solvency II, di incentivare sempre di più le imprese ad una gestione

integrata dei rischi, che comprenda, quindi, non solo i rischi tipici dell‟attività

assicurativa, ma anche gli altri rischi propri dell‟intermediazione finanziaria in generale:

quali il rischio di credito, di mercato, operativo, ecc..

Ma il nostro paese è stato addirittura precursore rispetto a Solvency stesso: l‟ISVAP,

infatti, aveva già promosso, attraverso la circolare 577 del 2005, la predisposizione per i

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26

soggetti vigilati di adeguati sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi per

garantire solvibilità alle imprese di assicurazione, sulla base dei principi di sana e

prudente gestione, e conseguentemente, la stabilità del settore tutto.

Nella circolare si specificava che i requisiti quantitativi riguardanti la predisposizione di

accantonamenti, requisiti minimi e attivi idonei alla copertura dei rischi, non sono

sufficienti per il raggiungimento di uno sviluppo equilibrato dell‟impresa. Ad essi

vanno infatti affiancati altri requisiti di natura qualitativa che si sostanziano in

un‟adeguata governance, efficaci ed efficienti sistemi di controllo interno e di

individuazione, valutazione e controllo dei rischi.

Il sistema dei controlli interni, così come concepito dall‟ISVAP, dovrebbe essere in

grado di garantire con un relativo margine di sicurezza:

1. l‟efficienza e l‟efficacia dei processi aziendali che si concretizza nel costante

raggiungimento degli obiettivi operativi e strategici;

2. un adeguato controllo dei rischi che comprende un‟appropriata mappatura,

classificazione e quantificazione dei rischi stessi;

3. l‟attendibilità e l‟integrità delle informazioni contabili e gestionali per un corretto

recepimento sia a livello interno che esterno;

4. la salvaguardia del patrimonio;

5. la conformità dell‟attività dell‟impresa alla normativa vigente, alle direttive e alle

procedure aziendali.

Responsabili di tale processo sono il Consiglio di amministrazione, che deve

assicurarne la costante completezza, funzionalità ed efficacia, anche con riferimento alle

attività esternalizzate, il Comitato per il controllo interno che ha la funzione di indirizzo

e di reazione attiva alle eventuali criticità riscontrate, l‟Alta Direzione, che si occupa

dell‟attuazione, del mantenimento e del monitoraggio del sistema, ed infine un organo

di controllo, solitamente identificato con il Collegio Sindacale, che verifica

l„adeguatezza dell„assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato

dall„impresa e il suo concreto funzionamento.

Per quanto riguarda il Risk Management, invece, le assicurazioni utilizzano un modello

adottato dalla maggior parte degli intermediari finanziari, che è noto con il nome di

ERM (Enterprise Risk Management) ed è definito24

come un processo messo in atto

24

In tal senso si rinvia al sito internet www.coso.org

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27

dall‟alta direzione dell‟azienda e dal management, coinvolgendo tutto il personale, per

l‟identificazione dei possibili eventi di rischio, la definizione di una soglia di rischio

accettabile e il raggiungimento di una relativa sicurezza per quanto riguarda il

perseguimento degli obiettivi aziendali.

Per il corretto funzionamento di questo modello è necessario che tutte le sue

componenti operino in maniera efficiente. Tali componenti sono:

L‟ambiente interno, che corrisponde alla cultura aziendale, alla visione del rischio di

coloro che compongono l‟impresa e a come esso viene affrontato;

Definizione degli obbiettivi, in primis strategici e di conseguenza operativi e di

reporting;

Identificazione dei rischi e degli eventi da cui posso scaturire;

Valutazione e misurazione dei rischi, prima a livello singolo e poi a livello

complessivo;

Risposta al rischio, che può realizzarsi evitando, riducendo o accettando il rischio in

considerazione;

Attività di controllo che verifichi l‟effettiva realizzazione delle decisioni di risposta

al rischio;

Raccolta delle informazioni rilevanti e comunicazione sia a livello interno che

esterno;

Monitoraggio continuo al fine di operare eventuali correzioni.

All‟interno delle compagnie assicurative la gestione dell‟ERM viene suddivisa tra

Consiglio di Amministrazione, che si occupa di definire obbiettivi e strategie,

management, che traduce tali strategie a livello pratico, e il personale preposto alla

gestione dei rischi, che si occupa dell‟individuazione, della valutazione e della

misurazione di questi ultimi

A questo proposito, l„art.20 del Regolamento ISVAP n. 20, introdotto nel Marzo del

2008, abrogando e sostituendo la circolare 577, stabilisce che per ciascuna fonte di

rischio individuata, è importante effettuare analisi prospettiche di carattere quantitativo

con l„uso di stress test, i quali si propongono di valutare correttamente l„impatto (sulla

situazione finanziaria dell„impresa) di andamenti sfavorevoli dei fattori di rischio,

considerati singolarmente o combinati in un unico scenario ipotizzato.

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28

La principale innovazione prevista nella nuova normativa è però, l‟inserimento di un

capo V dedicato alla disciplina della compliance, di cui l‟articolo 23 predispone la

costituzione e detta alcuni principi per la sua istituzione ed operatività. Si tratta di

principi generali che lasciano le singole imprese libere di individuare le soluzioni

organizzative più appropriate alla natura, dimensioni e complessità del proprio business,

valutando in particolare se costituire una specifica unità organizzativa o avvalersi di

risorse appartenenti ad altre strutture aziendali, ricondotte ad unitarietà attraverso

l‟individuazione di un unico responsabile della funzione.

Viene richiesto che l‟organizzazione della funzione di compliance sia formalizzata in

una specifica delibera dell‟organo amministrativo che, nella sua autonomia, ne definisce

compiti, responsabilità, modalità e frequenza di reportistica agli organi sociali e alle

altre strutture interessate. Deve essere comunque assicurata l‟indipendenza,

professionalità e autorevolezza della funzione, nonché la separatezza dalle funzioni

operative e dalle altre strutture cui sono attribuiti compiti di controllo. L‟indipendenza

va garantita attraverso la presenza di adeguati presidi per prevenire conflitti di interesse,

nel caso in cui alla funzione lavorino risorse di altre aree operative.

Si prevede che l‟attività della funzione di compliance sia sottoposta a verifiche di audit

periodiche da parte della funzione di revisione interna, che ne valuta l‟efficienza e

l‟efficacia.

L‟articolo 24 prevede che, indipendentemente dal modello organizzativo scelto

dall‟impresa, debba essere comunque nominato un responsabile della funzione di

compliance, in possesso di adeguati requisiti di professionalità, indipendenza ed

autorevolezza, cui devono fare riferimento tutte le risorse investite a vario titolo di

compiti di conformità.

Carattere innovativo riveste anche l‟introduzione di una nuova regolamentazione sul

tema del controllo delle attività “esternalizzate” dalle imprese. L‟articolo 25 della

disposizione prevede, infatti, una gamma di opzioni per l‟organizzazione della funzione

di compliance, che consente alle imprese di nominare quale responsabile anche un

amministratore, purché privo di deleghe operative, ovvero di esternalizzare detta

funzione, nel rispetto delle condizioni già previste dalla circolare 577 per l‟affidamento

in outsourcing delle funzioni di revisione interna e di risk management. Al fine di

consentire adeguate economie di scala, si è inoltre previsto che le attività relative alla

Page 30: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

29

funzione di compliance possano essere accentrate all‟interno del gruppo assicurativo

attraverso la costituzione di una unità specializzata; ciò a condizione che in ciascuna

impresa sia individuato un referente che curi i rapporti con il responsabile della

funzione di gruppo e che siano adottate procedure atte a garantire che le politiche di

gestione del rischio di non conformità definite a livello di gruppo siano adeguatamente

calibrate rispetto alle caratteristiche operative della singola impresa.

1.4.2. I rischi della gestione finanziaria

La centralità della gestione patrimoniale nell„impresa di assicurazione provoca notevoli

conseguenze sui processi di gestione del rischio, sulla determinazione dei premi, nonché

sulla valutazione delle riserve tecniche iscritte in bilancio. Le oscillazioni di mercato si

ripercuotono sulla gestione tecnica, soprattutto nel caso in cui i premi siano stabiliti in

base al rendimento che si ritiene di poter ottenere investendoli.

Proprio il rischio di mercato è uno dei rischi maggiormente rilevanti per l‟attività

assicurativa, in particolare per quanto riguarda il rischio di cambio e, soprattutto, il

rischio di tasso d‟interesse. Molto importante è anche i ruolo assunto dal rischio di

credito e dal già citato rischio di liquidità (ricordiamo che i rischi che devono essere

obbligatoriamente catalogati dalle imprese assicurative sono comunque catalogati nel

Regolamento 20 dell‟ISVAP).

Per quanto riguarda il rischio di tasso esso può essere definito come il rischio

economico finanziario cui è esposta una istituzione creditizia in relazione ad una

variazione dei tassi d'interesse, misurabile in termini di variazioni potenziali dei margini

d'interesse futuri o del valore attuale del patrimonio netto (inteso come differenza tra il

valore attuale delle attività fruttifere e passività onerose)25

.

Esso, dunque, scaturisce dal cosiddetto mismatching tra le scadenze (generalmente nota

come maturity) di raccolta e impieghi e non solo: può derivare, infatti, anche dai

differenti criteri con cui vengono regolati i flussi (interest rate mismatching), dalle

diverse scadenze periodiche di pagamento (reset date mismatching), o infine dal diverso

tasso di riferimento scelto (basis mismatching).

25

Definizione tratta dal Glossario del sito internet www.unicredit.eu

Page 31: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

30

Il rischio di tasso può essere a sua volta suddiviso in rischio di reddito, che deriva dalle

asincronie tra attività e passività che le rendono diversamente sensibili alla variazioni di

mercato, e il rischio d’investimento, che scaturisce invece dalla variazione nel valore del

portafoglio titoli indotta da un mutamento nell‟andamento dei tassi. Riguardo al primo,

nel caso delle imprese assicurative deriva soprattutto dal fatto che la maggior parte delle

variabili costitutive di un contratto assicurativo vengono definite in base a stime

riguardanti uno scenario futuro incerto.

Detto che la crescente integrazione tra gestione tecnica e gestione finanziaria fa sì che i

risultati di quest‟ultima siano fondamentali nella determinazione della prima, c‟è da

notare che mentre il rischio d‟investimento colpisce indifferentemente sia il ramo vita

che il ramo danni, in quanto caratteristico del portafoglio di qualsiasi tipo

d‟intermediario, l‟esposizione al rischio di reddito dipende dalla tipologia di attività in

considerazione: nel ramo danni, infatti, tale rischio attiene esclusivamente al lato

dell‟attivo, poiché per le passività non risulta fissato contrattualmente alcun tasso e,

comunque, vi è frequentemente la possibilità di rinegoziare i contratti a nuovi tassi di

riferimento. Nel ramo vita, data la natura di risparmio sovente attribuitagli, vi sono

alcune tipologie di polizze, quali, ad esempio, i contratti di capitalizzazione pura, in cui

si riscontra un vero e proprio rischio di tasso d‟interesse a carico dell‟assicuratore.

Legata a questa tipologia di rischio, è soprattutto la fissazione del tasso minimo

garantito all‟assicurato, che solitamente è pari al rendimento delle riserve tecniche: la

rigidità di tale tasso si contrappone alla variabilità che si riscontra nel lato dell‟attivo e

rende evidente l‟esposizione al rischio. Per ridurre tale esposizione, il tasso tecnico

viene solitamente fissato a livelli molto inferiori rispetto al tasso di mercato.

Per la copertura dai rischi di cui abbiamo trattato fino ad ora, fondamentale è il ruolo

assunto dal processo ALM (Asse and Liability Management), che rappresenta uno

strumento indispensabile per stabilire un legame tra il passivo e l‟attivo del bilancio, per

gestire il rischio di tasso di interesse assicurando anche una redditività degli

investimenti, per consentire una adeguata comunicazione tra le persone dell‟azienda che

si occupano della gestione dell‟attivo e quelli incaricati dello studio e progettazione dei

prodotti assicurativi al fine di coordinare nel modo migliore le strategie di investimento

con le strategie commerciali. Risulta in tal modo utile per ottenere una migliore

Page 32: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

31

redditività ed una maggiore stabilità di guadagni26

. Le principali tecniche relative a tale

strumento sono: la cash flow matching, che minimizza gli sbilanci tra tutti i cash flows

dell‟attivo e del passivo, creando un portafoglio titoli in grado di fornire flussi di

liquidità tali da eguagliare per scadenze e importi i flussi del passivo., la tecnica della

segmentazione, attraverso la quale si suddivide il passivo in relazione alle differenze

esistenti nei prodotti e si collega a ciascuna classe di passivo una corrispondente classe

di attivo27

, e la gap analysis28

, che misura l‟esposizione al rischio di tasso come

differenza tra attività e passività a tasso fisso e variabile.

In tempi recenti, è stato possibile fronteggiare il tasso d‟interesse anche attraverso

l‟utilizzo di strumenti derivati quali swaps, options e futures, riguardo ai quali vengono

stabilite delle regole di utilizzo all‟interno dell‟ALM stesso.

Se consideriamo il rischio di liquidità, a cui abbiamo brevemente accennato in

precedenza, che, anche se in maniera minore rispetto agli altri intermediari, rappresenta

uno dei rischi tipici dell‟attività assicurativa. Questo deriva dall‟asincronia riscontrabile

nei normali flussi in entrata e in uscita: i primi, sotto forma di premi incassati,

precedono i secondi, che sono invece rappresentati dalle uscite dovute agli indennizzi e

che si distribuiranno uniformemente nel tempo. L‟assicuratore per essere “liquido”

dovrà essere costantemente in grado di pagare in moneta legale gli impegni assunti

verso gli assicurati nel corso della propria attività, senza alterare l‟equilibrio economico

e patrimoniale. Anche per il rischio di liquidità è fondamentale l‟utilizzo di una

funzione di ALM.

Sempre con riferimento al rischio di mercato, importanti sono anche il rischio di prezzo,

che riguarda la possibilità che variazioni sfavorevoli dei fattori di mercato conducano a

variazioni dello stesso segno nel portafoglio d‟investimenti dell‟impresa assicuratrice, e

il rischio di cambio, legato invece alle diverse valute in cui possono essere espresse le

attività e le passività e alla variazione dei diversi rapporti di cambio.

Per la copertura di quest‟ultimo rischio, è prassi consolidata tra le imprese assicurative

italiane, la realizzazione di un matching pressoché perfetto fra la valuta di

26

BABBEL D.F., STRICKER R., (1987), “Asset/Liability Management for Insurers.”, GOLDMAN

SACHS. 27

OSTASZEWSKI K.,(2002), Asset-Liability Integration, SOCIETY OF ACTUARIES, USA. 28

Questo tipo di tecnica si divide a sua volta in maturity gap analysis e duration gap analysis: la prima

riclassifica le voci di bilancio in base alla propria sensibilità alle variazioni dei tassi, la seconda in basse

alla loro duration modified, ovvero la durata finanziaria residua.

Page 33: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

32

denominazione delle polizze stipulate e quella delle attività poste in essere per la

copertura delle riserve tecniche.

E‟ necessario, infine, un cenno a quella che è l‟esposizione dell‟attività assicurativa al

rischio di credito che si manifesta nell‟incapacità di un debitore di adempiere alle

proprie obbligazioni nei tempi e nei modi previsti. A quest‟ambito possono riferirsi

crediti verso gli assicurati, verso le agenzie o verso le compagnie di riassicurazione,

oltre ai titoli acquistati presso imprese emittenti nello svolgimento della propria gestione

finanziaria.

1.4.3. I rischi tecnici

I rischi tecnici rappresentano i rischi tipici dell‟attività assicurativa e sono quelli che

condizionano maggiormente la variabilità dei risultati economici di questo settore. Essi

possono essere distinti in: rischio di sottotariffazione, rischio di sovrasinistralità e

rischio di insufficienza delle riserve tecniche.29

Il rischio di sottotariffazione riguarda la possibilità che i premi fissati dall‟impresa siano

inferiori a quelli che sarebbero richiesti da una “corretta tecnica statistico-attuariale” e

deriva da errori di previsione dovuti o ad una carenza di informazioni, ossia da

insufficiente disponibilità di dati storici relativi a fatti che si debbono prevedere, oppure

ad un‟inadeguata elaborazione e ponderazione dei dati posseduti. Dall‟altra parte, gli

errori commessi possono anche non discendere da calcoli errati ex-ante (difficilmente le

compagnie assicurative sono solite commettere errori soggettivi data la competenza

statistica che gli deriva dallo svolgimento della propria attività), ma semplicemente da

un‟evoluzione dei fatti che concretamente si discosta da quella ipotizzata secondo la

propria esperienza. Si noti, in merito, che i costi tecnici dell„impresa di assicurazione

risentono in misura minore, rispetto a quanto accade nelle economie di altri

intermediari, delle vicende economiche e dell„andamento di talune variabili a queste

correlate, mentre risultano fortemente influenzati da eventi aleatori – in particolare il

ramo danni – per quanto opportunamente valutati e costantemente monitorati dalla

compagnia su basi statistiche e probabilistiche. La frequenza con cui si verificano i

29

Quaderno ISVAP n .6

Page 34: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

33

sinistri, infatti, può derivare anche da comportamenti di moral hazard da parte

dell‟assicurato.

Il rischio di sottotariffazione, può essere, infine, assunto anche consapevolmente

dall‟assicuratore, nel caso in cui la riduzione dei premi sia dovuta, ad esempio,

all‟adozione di una specifica politica commerciale.

Per quanto concerne il rischio di sovrasinistralità, esso misura la possibilità che la

sinistralità e il suo costo medio effettivo si discostino da quelli previsti dall‟assicuratore.

Nel ramo danni il rischio di sovrasinistralità, può ricondursi a fattori di diversa natura

quali: la dispersione della distribuzione dei sinistri per numero e somma (scarti

normali); le fluttuazioni per situazioni eccezionali dell„andamento della rischiosità,

legate per esempio ad eventi catastrofali (scarti eccezionali); il cambiamento delle

condizioni sociali, economiche o tecnologiche nei fattori che condizionano la frequenza

o la dimensione monetaria dei sinistri (scarti sistematici).

Nel ramo vita il rischio di sovrasinistralità è legato, invece, alla valutazione del rischio

demografico che risente di taluni fenomeni quali l„allungamento della vita media, le

variazioni sfavorevoli della mortalità stimata, gli abbandoni dei contratti e i riscatti che

riducono la numerosità delle polizze in portafoglio con conseguente incremento delle

fluttuazioni casuali della mortalità.

Ne deriva che un ulteriore rischio tecnico riguarda la valutazione delle riserve tecniche

che possono rivelarsi non congruenti rispetto alle obbligazioni assunte. Oltre ad errate

stime da parte della compagnia, che riguardavano anche i due rischi di cui abbiamo

parlato in precedenza, esso deriva anche da fattori legati ai già citati rischi finanziari

(soprattutto nel ramo vita) e da fattori normativi, riguardanti, ad esempio l‟introduzione

di nuovi requisiti per la predisposizione delle riserve.

In linea generale, per la determinazione di un premio congruo rispetto al rischio assunto,

è necessario un processo di selezione e classificazione dei rischi, che porti alla riduzione

o, meglio ancora, eliminazione di quei rischi ritenuti inaccettabili.

Teoricamente bisognerebbe adattare i premi alle caratteristiche di ogni singolo relativo

rischio assunto, ma ciò risulta quasi impossibile dal momento che risulterebbe

oltremodo oneroso tener conto di tutti i profili di rischio. Tuttavia, una migliore

commisurazione del premio generico, stabilito per la classe di rischi di appartenenza,

può essere perseguito imponendo all„assicurato di adottare talune misure di sicurezza

Page 35: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

34

volte a ridurre sia l„entità sia la probabilità di manifestazione del rischio, agevolandone,

per tale via, la gestione da parte dell„impresa.

Questo obbiettivo può essere raggiunto tramite l„inserimento di particolari vincoli

contrattuali tendenti ad attenuare il rischio che l„impresa assume: si fa riferimento alle

clausole che prevedono la fissazione di franchigie, scoperti, carenze, ecc.

Si consideri inoltre che le imprese di assicurazione, nella determinazione dei premi di

tariffa, tengono sempre conto di un margine – caricamento di rischio – a copertura di

possibili scarti negativi tra frequenza di sinistri effettiva e prevista. Il calcolo di tale

margine, essendo basato su previsioni di tipo empirico, risulta essere assai complicato.

Particolare rilevanza per il governo dei rischi assicurativi di natura attuariale assume la

diversificazione del portafoglio rischi.

La diversificazione, infatti, attraverso modifiche apportate alla composizione del

portafoglio, consente di addivenire ad una maggiore mitigazione del rischio nel

medio/lungo periodo. Essa può essere condotta a livello geografico, a livello di

controparte, e a livello di rami assicurativi, seguendo una logica che persegua la

creazione di combinazioni di portafoglio che presentino andamenti dei sinistri tra loro

indipendenti o negativamente correlati; ciò con l„evidente obiettivo di ridurre il rischio

complessivo e di stabilizzare la redditività aziendale.

Il riequilibrio del portafoglio passivo può essere ottenuto anche grazie al trasferimento,

parziale o totale, del rischio mediante operazioni di riassicurazione, di securitization,

oppure facendo ricorso a strumenti finanziari di tipo innovativo quali i cosiddetti

catastrophe derivates30

.

La securitization, ritenuta particolarmente utile nell„ambito dei rischi catastrofali,

consente il trasferimento dei rischi tecnici ai mercati dei capitali mediante peculiari

strumenti finanziari quali, i catastrophe bonds, obbligazioni che, a fronte di elevati

rendimenti, consentono il finanziamento dell„impresa assicuratrice in merito alla

manifestazione dell„evento negativo. Al riguardo, sia il pagamento degli interessi, sia la

restituzione del capitale risultano subordinati al non verificarsi dell„evento catastrofale.

I catastrophe derivates, d„altro lato, offrono protezione contro i rischi catastrofali nel

caso di insufficienti liquidità da parte dell„impresa di assicurazione o riassicurazione.

Tra questi si annoverano i catastrophe futures – che permettono la copertura rispetto ad

30

RIVISTA SIGMA N.7/2006, Securization – new opportunities for insurers and investors

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35

aumenti del tasso di sinistralità al di sopra della media di stima – ed i catastrophe

options, che dietro pagamento di un premio, prevedono la facoltà di acquisto di un

future assicurativo nell„ipotesi di aumento della sinistralità media.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che oltre a ricorrere agli strumenti appena ricordati,

l„impresa assicuratrice può cercare di stabilizzare l„andamento economico della gestione

mediante il ricorso a strategie di intesa e collaborazione di vario tipo con altre imprese

del comparto assicurativo, con ciò intendendo tutte le varie forme di strategie

aggregative quali i processi di concentrazione e/o di integrazione che hanno assunto

particolare importanza nell‟ultimo periodo.

1.4.4. Il rischio operativo

Il rischio operativo rappresenta “il rischio di perdite economiche derivanti da

inadeguatezza o disfunzioni attribuibili a processi interni, risorse umane e sistemi o

eventi esterni.”31

Nel rischio operativo è compreso il rischio legale, ossia il rischio di

perdite derivanti da violazioni di leggi o regolamenti, da responsabilità contrattuale o

extra-contrattuale ovvero da altre controversie; non sono invece inclusi i rischi strategici

e di reputazione, come conseguenza dell‟adattamento della regolamentazione

assicurativa a quella bancaria.

Nell‟ultimo periodo, contraddistinto dalla crisi finanziaria, si è riscontrato il sempre

maggior peso assunto dal rischio operativo all‟interno dell‟attività assicurativa e si è

resa sempre più indispensabile l‟adozione di un sistema di Operational Risk

Management da parte delle compagnie attraverso il quale governare il recente sviluppo

dell‟information technology all‟interno della gestione aziendale.

Tale processo dev‟essere appropriatamente documentato e i suoi responsabili

opportunamente stabiliti, facendo in modo che esso sia attentamente integrato col più

ampio processo di Risk Management.32

31

Art. 13, n. 27 – Solvency 2 32

CEIOPS,(2009), Consultation Paper n. 33

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36

1.5. Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea

I primi requisiti in tema di solvibilità furono introdotti già dai primi anni del XX secolo,

più precisamente nel 1909, quando nel Regno Unito venne introdotto il cosiddetto

Assurance Companies Act, che richiedeva alle compagnie stesse di detenere un deposito

cauzionale di 20.000 sterline per ogni ramo in cui operavano. Queste disposizioni

vennero aggiornate nel 194633

, sostituendo al deposito un margine pari ad un decimo

dei premi incassati, con un minimo di 50.000 sterline.

Le prime due direttive a livello europeo, invece, risalgono agli anni „7034

, quando si

decise di imporre degli “ammortizzatori patrimoniali” per contrastare l‟incertezza legata

alla peculiare attività assicurativa. I requisiti stabiliti da queste disposizioni normative si

basavano principalmente sul lavoro di un professore belga, il professor Campagne35

, il

quale, su richiesta dell‟OEEC (Organisation for European Economic Cooperation),

pubblicò un rapporto sulla solvibilità del rampo non vita, che venne successivamente

applicato da una decina di compagnie in Svizzera tra il 1954 e il 1957, come riportato

da Daykin nel suo “Minimum Standards of Solvency for Insurance Firms” del 1984.

Nel suo lavoro, Campagne supponeva, come precedentemente fatto da Pentikainen, che,

nello stimare la solvibilità, il rischio fosse considerato in modo teorico, e propose che il

margine fosse fissato come 25% dei premi raccolti (requisito che evitava un‟alta

possibilità di rovina e, allo stesso tempo, facilmente raggiungibile dalle compagnie36

),

più un‟ulteriore aggiunta del 2,5% per coprire i rischi relativi alla riassicurazione. Alla

base di questo requisito vi erano alcune ipotesi formulate sulla distribuzione della

probabilità della solvibilità, che lo portarono a stimare una probabilità di rovina dello

0,1% per un periodo di tre anni e dello 0,03% per un periodo di un anno, mentre

suppose che l‟ammontare delle spese e delle commissioni fosse pari al 42% dei premi e

quello dei sinistri al 58% dei premi stessi. In generale Campagne era dell‟idea che il

modello non dovesse dare alcuna informazione riguardo alla posizione della compagnia

33

Come riportato dal Journal of the Institute of Actuaries nel 1947 34

Direttiva 73/239/CEE per il ramo danni e Direttiva 79/267/CEE per il ramo vita. 35

CAMPAGNE C., (1961), Standard minimum de solvabilité applicable aux entreprises d`assurances,

Report to the OECE. 36

KASTELIJN W.M. e REMMERSWAAL J.C.M.,(1986), Solvency, Surveys of Actuarial Studies 3,

NATIONALE-NEDERLANDEN N.V., Olanda.

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37

circa la solvibilità, ma soltanto fornire un primo avvertimento di una potenziale

situazione di pericolo.

In seguito l‟Isurance Commitee dell‟OEEC deliberò un nuovo gruppo di lavoro

presieduto da Campagne medesimo. Il gruppo era formato da 14 membri provenienti da

10 paesi, tra cui i Professori de Mori e Grossman che compilarono un database con dati

provenienti da un questionario risalente agli anni 1953-1957 sottoposto ad 8 paesi per il

non vita e 5 paesi per il vita.

La Study Commission sviluppò il lavoro iniziato da Campagne e propose un criterio

alternativo per il minimo margine di solvibilità basato su tre rapporti37

:

- asset liberi rapportati ai premi ricevuti durante l`ultimo anno

- asset liberi rapportati alla media dei sinistri negli ultimi tre anni

- asset liberi rapportati alle riserve tecniche.

I risultati proposti dalla commissione furono considerati troppi alti da alcuni paesi,

mentre altri li ritenevano addirittura appena sufficienti per il perseguimento della

copertura della solvibilità. Proprio in risposta a queste critiche venne introdotta la prima

direttiva sui rami non vita nel 1973, come compromesso tra queste divergenti visioni.

L‟articolo 16 di tale direttiva stabiliva che il margine doveva essere al più alto tra i due

risultati ottenuti in base ai premi e in base ai sinistri, andando così a rappresentare anche

il margine minimo per la compagnia: se quest‟ultima non avesse raggiunto almeno tale

minimo, l'Autorità di controllo del paese della sede sociale esigeva dall'impresa un

piano di finanziamento a breve termine che doveva essere sottoposto alla sua

approvazione.

Con questa metodologia, però, non si teneva conto della struttura dei sinistri, in quanto

venivano predisposti stessi requisiti per compagnie che avevano un‟entità totale di

sinistri uguale, ma una diversa composizione in termini di singole esposizioni.

37

DE MORI B., (1965), Possibilite d`etablir des bases techniques acceptables pour le calcul d`une

marge minimum de solvabilite des enterprises d`assurances contre les dommages, in ASTIN

BULLETTIN 3, pagg. 286-313.

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38

Vi era, inoltre, una grosso difficoltà nello stabilire quali fossero gli asset da far rientrare

nel margine, che dovevano essere ovviamente diversi da quelli che componevano le

riserve.

L‟approccio della direttiva vita del 1979 (i sei anni di distanza tra le due normative sono

dovuti al forte dibattito che si era creato intorno alla legittimità per le compagnie di

esercitare entrambi i rami) ricalcò sostanzialmente quello della direttiva non vita e

stabilì il minimo margine come somma di un‟aliquota del 4% sulle riserve matematiche

lorde, moltiplicata per il rapporto tra le riserve matematiche al netto dell‟attività di

riassicurazione e appunto le suddette riserve matematiche lorde, e di una dello 0,3% sui

capitali a rischio lordo, moltiplicata a sua volta per il rapporto tra capitale a rischio al

netto dell‟attività riassicurativa e lo stesso capitale a rischio lordo. Tale risultato era

modificabile in fasi successive in base allo specifico ramo esercitato.

A queste prime direttive ne seguirono altre di seconda38

e terza39

generazione all‟inizio

degli anni ‟90, che furono introdotte per rispondere alle esigenza di un nuovo mercato

aperto che non prevedeva alcun tipo di controllo sui premi e sui prodotti assicurativi a

livello di Unione Europea40

, e che consentiva alle Autorità di vigilanza di poter

intervenire in caso si fossero verificati problemi tra compagnie di paesi diversi. Questa

nuova regolamentazione imponeva dei requisiti standard per tutti i paesi della

Comunità, ma allo stesso tempo dava la possibilità ai singolo stati di introdurre regole

specifiche per il proprio paese.

1.5.1. Il rapporto Muller

Le direttive di terza generazione palesarono la necessità a livello europeo di rivedere

quelli che erano stati, fino a quel momento, i requisiti in ambito di solvibilità, in esso

comprendendo non solo il margine, ma anche le riserve, i fondi di garanzia ecc..

Nonostante ciò, al contrario di quanto avvenuto nel settore bancario con Basilea, si

dovette attendere i primi anni del nuovo secolo per assistere a dei cambiamenti

significativi nella regolamentazione assicurativa.

38

Direttiva 90/619/CEE per il ramo vita e 88/357/CEE per il ramo danni. 39

Direttiva 92/96/ CEE per il ramo vita e 92/49/CEE per il ramo danni. 40

Cfr. RIVISTA SIGMA N.4/2006, Solvency II:un approccio integrato al rischio per gli assicuratori

europei.

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39

Dopo le richieste delle già citate direttive, infatti, nel 1994 l‟Insurance Commette

richiese alle Autorità dei singoli stati di costituire un gruppo di lavoro, che si sarebbe

occupato delle questioni riguardanti il campo assicurativo. Al termine dei lavori di

questo, venne presentata nel 1997 una relazione, che successivamente prese il nome di

“Rapporto Muller”41

col quale si evidenziò come i requisiti stabiliti fino ad allora dalle

direttive europee avevano ottenuto risultati soddisfacenti e anzi, si poteva procedere ad

un‟ulteriore semplificazione per quanto riguardava gli indici dei premi e dei sinistri

nell‟ambito dell‟assicurazione non vita. Ciò risultò dall‟analisi delle cause di dissesto

delle compagnie assicurative negli ultimi vent‟anni, che registrò pochissimi casi di

perdita, che in ogni caso risultavano impossibili da prevedere o comunque da evitare,

anche rispettando tutti i requisiti sul margine di solvibilità.

Dall‟altra parte però, il rapporto sottolineò come alcuni casi di dissesto potevano essere

evitati se si fosse calcolato con maggior cura il margine di solvibilità. Specialmente nel

non vita le cause erano da attribuirsi a: rischi sulla coda della distribuzione di

probabilità delle perdite, non equilibrio tra investimenti e asset-liability, rapida crescita

dell‟impresa, riassicurazione inadeguata.

Il gruppo, inoltre, sostenne la necessità di alcune modifiche ed aggiunte al vigente

sistema:

Il fondo minimo di garanzia doveva essere innalzato, tenendo conto

dell‟inflazione che vi era stata da quando le prime direttive erano state emanate;

Il margine di solvibilità dell‟assicurazione non-vita doveva essere calcolato sulla

base di tre indici e non più due dunque: oltre agli indici calcolati sui premi e sui

sinistri, andava preso in considerazione un indice delle riserve in modo tale da

considerare le code lunghe delle distribuzioni di probabilità dei pagamenti

aleatori;

Andavano rivisti quelli che erano gli strumenti a disposizione delle Autorità di

vigilanza nel caso in cui i requisiti di solvibilità non fossero stati soddisfatti;

Bisognava rivedere non solo i requisiti relativi a margine di solvibilità e fondo di

garanzia, ma anche regolare le componenti del capitale proprio che potevano

essere predisposti a copertura di questi requisiti;

41

MULLER, (1997), Solvency of Insurance Undertakings report, disponibile sul sito www.ceiops.eu

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40

Si negava, infine, la possibilità di introdurre un indice per tenere conto dei rischi

d‟investimento sia nel ramo vita che nel ramo non-vita, all‟interno del calcolo

della posizione di solvibilità.

Come vedremo in seguito, il lavoro di questo gruppo confluì nel 2002 in una riforma42

,

nota col nome di Solvency I , che entrò definitivamente in vigore nel 2004.

1.5.2. Solvency I

Con l‟espressione Solvency I non indichiamo una direttiva ben precisa riguardante il

tema della solvibilità, bensì di un progetto messo in atto dall‟Unione Europea per

affrontare quest‟argomento: esso comprende una serie di studi, ricerche e critiche

inerenti la capacità dell‟impresa d‟assicurazione di affrontare situazioni di difficoltà e

può riguardare la predisposizione del livello di riserve da detenere, della quantità di

capitale minimo e di requisiti di capitale in generale.

Come suggerito dal rapporto Muller, Solvency I non ha modificato il calcolo del livello

di solvibilità, così come era stato predisposto dalle direttive di terza generazione, ma ne

ha solo corretto alcune componenti affinché si potesse rappresentare con maggior

precisione la situazione effettiva delle compagnie.

Le nuove norme rafforzavano il potere della vigilanza assicurativa, imponendo ai

soggetti che agivano nell‟area di sua competenza di mantenere i requisiti richiesti non

soltanto alla data della redazione del bilancio, ma continuativamente per tutta la durata

della vita dell‟impresa e fornivano maggiori poteri d‟intervento alle Autorità stesse.

Più nello specifico Solvency I impone agli assicuratori ramo vita e non-vita di disporre

di capitali pari al più elevato tra il fondo di garanzia minimo, pari ad un terzo del

margine di solvibilità richiesto (esso non può comunque essere inferiore ai 2 milioni di

euro per il ramo vita e a 3 milioni per il ramo non-vita), e i rispettivi margini di

solvibilità.

Per quanto riguarda il ramo danni, il margine da prendere in considerazione è il più alto

tra l‟indice dei premi e l‟indice dei sinistri, calcolati come segue:

42

Direttiva 2002/12 e 2002/83 CE

Page 42: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

41

Indice dei premi = (18% premi lordi fino a 50 milioni di euro + 16% premi lordi

eccedenti tale soglia) x (sinistri al netto delle cessioni in riassicurazione/media

ultimi 3 anni sinistri lordi);

Indice dei sinistri = (26% sinistri lordi fino a 35 milioni di euro + 23% sinistri

lordi eccedenti tale soglia) x (sinistri al netto delle cessioni in

riassicurazione/media ultimi 3 anni sinistri lordi).

Nel ramo vita il margine è uguale a: 4% riserve matematiche lorde + (riserve al netto

della cessione in riassicurazione/riserve lorde x capitale sotto rischio x (capitale sotto

rischio netto/capitale sotto rischio lordo).

Con solvibilità I, inoltre l‟UE ha disciplinato la politica d‟investimento delle compagnie

assicurative, imponendo delle restrizioni sulle attività su cui allocare le riserve tecniche,

tenendo conto del fatto che, seguendo le direttive del gruppo di studio di Muller, il

livello di solvibilità non tiene conto dei rischi d‟investimento.

Infine, è stato stabilito che il capitale disponibile per l‟assicuratore è pari alle proprie

attività libere da qualsiasi passività prevedibile, con l‟eccezione di alcuni elementi

immateriali.

Se da un lato il progetto Solvency I presenta notevoli vantaggi in termini di semplicità,

comparabilità tra le imprese e robustezza, dall‟altro diversi sono stati identificati come

punti deboli di tale normativa:

1. La valutazione di attività e passività non viene effettuata secondo un approccio

market consistent, ovvero non considera le variazioni dovute alla volatilità dei

fattori di mercato.

2. I parametri con cui vengono calcolati i margini di solvibilità non sono del tutto

rappresentativi dei rischi tecnici di portafoglio.

3. I rischi al di fuori dei rischi tecnici, in particolare i rischi d‟investimento, non

vengono presi molto in considerazione o non sono proprio rappresentati

nell‟ambito del computo del livello di solvibilità.

4. Non è possibile ridurre i requisiti imposti tramite strategie di diversificazione o

trasferimento del rischio e dunque non vi è nessun incentivo per le compagnie

per una migliore gestione del rischio.

5. Non vengono tenuti nella giusta considerazione gli effetti della riassicurazione.

Page 43: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

42

6. Non favorisce una vigilanza prospettica, né tantomeno una convergenza della

vigilanza stessa a livello sovranazionale.

Per questi ed altri motivi, come vedremo in seguito, Solvency I è stato presto ritenuto

inadeguato e si è dato vita ai primi studi per cercare di correggerne le lacune.

1.6. Altri modelli di calcolo della solvibilità

I modelli per il calcolo del livello di solvibilità nelle compagnie assicurative posso

essere suddivisi in due grandi macroaeree: da una parte i modelli statici, che si

suddividono a loro volta in modelli basati su più fattori di rischio (multi-risk-factor

based) o su uno solo di essi (single risk based), dall‟altra modelli dinamici che

quantificano i rischi e il loro livello di correlazione attraverso una visione integrata e

facendo talvolta ricorso a test di scenario. Il modello di Solvency I che abbiamo

analizzato nel paragrafo precedente, fa parte del primo gruppo ed in particolare esso si

basa su unico fattore di rischio. Negli anni recenti, però, grazie ad un miglioramento

nelle tecniche di calcolo e alla maggiore consapevolezza della molteciplità dei rischi a

cui è esposta l‟attività assicurativa, si è assistito alla diffusione di modelli sempre più

sofisticati.

I modelli multi-risk-factor sono quelli più utilizzati negli ultimi anni, poiché molto

semplici e standardizzati, ma recentemente, soprattutto in europa, si è incentivato il

sempre maggiore ricorso a modelli interni creati dagli assicuratori in prima persona.

Page 44: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

43

Tabella 1: Modelli usati dai vari paesi, suddivisi per tipologia.

Modelli single-

risk-factor-based

Modelli multi-risk-

factor-based

Modelli che

quantificano rischi e

loro interdipendenze

Scenari

UE Solvency I Solvency II modello

standard

Solvency modelli

interni

Olanda Solvency I Test solvibilità

Regno Unito Solvency I Enhanced Capital

Requirements

Enhanced Capital Requirements e

Individual Capital Adequancy Standards

USA RBC

Canada Minimum capital test e

Minimum continuing

capital and surplus

requirements

Dynamic capital

adequacy testing

Giappone RBC Modelli interni per compagnie danni

Australia Modello Apra Swiss Solvency Test (SST)

Svizzera Solvency I

Fonti: Swiss Federal Office of Private Insurance, Swiss Re Economic Research & Consulting 2006

1.6.1. Regno Unito: Enhanced Capital Requirements e Individual

Capital Adequancy Standards

In Gran Bretagna dal 2005 è stato introdotto un nuovo sistema di vigilanza incentrato

sul rischio secondo cui “una compagnia di assicurazione deve detenere, in qualsiasi

momento, risorse finanziare complessive […] idonea a verificare l‟assenza di rischi

significativi ai fini dell‟adempimento dei propri impegni quando questi giungono a

scadenza”43

. Inoltre, gli assicuratori sono tenuti a mantenere un livello di capitale che

rifletta la natura e l`entità del rischio che esse hanno assunto. Tale livello viene

calcolato attraverso due diversi modelli: un modello statico (multi-fattoriale), l‟

Enhanced Capital Requirements, e uno dinamico, l‟ Individual Capital Adequancy

Standards.

Per quanto attiene al ramo vita, in linea generale essi devo detenere un capitale che sia

pari al maggiore tra margine di solvibilità e fondo minimo di garanzia stabiliti da

Solvency I più un resilience capital requirement, che viene predisposto al contrario di

43

FINANCIAL SERVICES AUTHORITY (FSA), (2006), Integrated Prudential sourcebook.

Page 45: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

44

quanto avviene nel modello europeo, a copertura degli scostamenti dovuti ai rischi

d‟investimento.

Caso particolare è quello degli assicuratori che offrono polizze cosiddette “with profit”,

che hanno natura obbligazionaria e prevedono la corresponsione di un rendimento

minimo garantito. Le compagnie che detengono più di 500 milioni di sterline di questo

tipo di strumenti devono adottare uno specifico approccio, denominato twin peaks, al

fine di predisporre un ulteriore fondo a copertura dei bonus discrezionali previsti da

queste polizze, oltre alla riserva matematica. Quest‟approccio prevede che, al margine

di solvibilità e al già citato resilience capital requirement venga sommato una

componente di capitale aggiuntivo44

(il With Profit Insurance Capital Component).

Questa somma prenderà, appunto, il nome di Enhanced Capital Requirements che,

qualora superiore ai requisiti patrimoniali minimi relativi al ramo vita, verrà utilizzato

come requisito di capitale.

Nel ramo danni, invece, gli assicuratori devono detenere capitale sufficiente a coprire il

maggiore tra l‟ECR45

stesso e il Minimum capital Requirement definito dalla direttiva

europea.

Nel Regno Unito, inoltre, si è voluto sviluppare un nuovo sistema per cui gli standards

di capitale per una singola impresa possano essere determinati anche per un range più

ampio di imprese di quanto non lo sia finora. Lo scopo del sistema è di fornire ulteriori

indicazioni su come le imprese possano stimare risorse consone al proprio profilo di

rischio e come possiamo essere certi che queste stime siano adeguate. L‟approccio di

questo sistema, denominato Individual Capital Adequacy Standards, mira

all‟armonizzazione dei modelli interni delle singole compagnie: i risultati scaturiti da

questi modelli vengono analizzati dalla British Finacial Services Authority, che

comunica all‟assicuratore la propria opinione sui requisiti di capitale da esso calcolati.

1.6.2. Lo Swiss Solvency Test in Svizzera

Il progetto Swiss Solvency Test è stato lanciato nella primavera del 2003 dal Federal

Office of Private Insurance, l‟Autorità che controlla le attività delle compagnie private

44

Questo è pari alla differenza tra requisiti che tengono conto degli oneri futuri e del rischio

d‟investimento e i requisiti prudenziali. 45

Qui calcolato come somma del requisito per il rischio d‟investimento e dei requisiti relativi al rischio di

assicurazione al netto delle riserve di perequazione dell‟assicuratore.

Page 46: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

45

di assicurazione, è entrato in vigore tramite la legge sulla sorveglianza degli assicuratori

nel 2006 e divenuta obbligatoria alla fine del 2008. Il progetto raccoglie i risultati del

Insurance Supervisory Act del 2002 e propone dei requisiti di solvibilità che

effettivamente tengano conto del rischio, non solo implicitamente come Solvency I.

Il sistema svizzero è di tipo normativo e si propone come obbiettivi principali la tutela

dell‟assicurato, la diffusione della cultura del rischio, il rafforzamento del mercato

tramite la concorrenza e l‟adozione di requisiti patrimoniali tarati sui rischi.

I punti cardine di tale modello sono:

Una struttura a tre pilastri che prevede due requisiti di capitale: un requisito

minimo (minimum statutory solvency) e un requisito obbiettivo (market-valued

solvency);

Valutazione delle attività e delle passività al valore di mercato;

Misurazione del rischio usando l‟expected shortfall, o Tail var, della variazione

di capitale che sopporta il rischio (risk-bearing capital46

) sull‟orizzonte

temporale di un anno;

Utilizzo di un modello standard che misura la correlazione tra i rischi e prevede

una serie di scenari predefiniti specifici per il rischio di credito, di mercato e

assicurativo;

Aggregazione dei risultati dei modelli standard e della valutazione degli scenari

per determinare il capitale target;

Possibilità di richiedere l‟utilizzo di modelli interni: le assunzioni alla base di

questi modelli interni e i relativi risultati devono essere documentati in uno SST

report e devono essere resi noti al supervisore;

Piena considerazione dei fenomeni riassicurativi;

1.6.3. Il sistema Risk Based Capital negli Stati Uniti

La National Association of Insurance Commissioners (NAIC), nel dicembre 199347

,

introdusse un sistema basato sul risk based capital (RBC) per gli assicuratori vita e

46

Il risk-bearing capital è definito come la differenza tra il valore di mercato degli asset e la best estimate

delle liability. In termini di capitale di solvibilità disponibile, il risk-bearing capital è il capitale

disponibile più il margine al valore di mercato (risk margin)

Page 47: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

46

salute e nel dicembre dell‟anno successivo introdusse standard simili per gli assicuratori

del ramo danni. In precedenza i requisiti di solvibilità differivano da uno Stato all'altro e

consistevano in taluni casi in un requisito fisso di capitale relativamente basso. Questo

tipo di normativa rientrava in un più ampio contesto di razionalizzazione e

armonizzazione della vigilanza sul settore assicurativo che era stato messo in atto dalle

Autorità americane.

Il principio dell'RBC è quello di determinare un requisito patrimoniale per ciascuno dei

principali "rischi" assunti dalle imprese di assicurazione: i metodi di calcolo utilizzati,

più o meno complessi, tengono conto delle caratteristiche di ciascuna impresa. Il

requisito patrimoniale complessivo dell'impresa si ottiene assemblando i requisiti

patrimoniali connessi a ciascun rischio, tenendo conto delle possibili correlazioni. Dal

confronto tra requisito patrimoniale calcolato e fondi propri della compagnia si

determina la possibilità e il tipo d‟intervento da parte della vigilanza.

La procedura si articola su 4 livelli:

1. Fissazione delle categorie di rischio alle quali le compagnie assicurative sono

esposte e individuazione della struttura della correlazione tra le varie categorie;

2. Quantificazione del rischio per ogni categoria (e per ogni sottocategoria e fattore

di rischio) e assegnazione, ad ogni categoria, di un certo ammontare di capitale

come requisito. Quest‟ultimo è calcolato moltiplicando un valore di base

ottenuto dal bilancio per un fattore (percentuale) fissato dal NAIC;

3. Somma dei requisiti per ogni categoria di rischio e formazione di un singolo

RBC globale che tenga conto la struttura delle correlazioni;

4. Confronto tra requisito patrimoniale calcolato e fondi propri della compagnia, da

cui si determina la possibilità d‟intervento da parte della vigilanza che ne

stabilisce l‟entità.

Nel ramo danni, le categorie di rischio che influiscono di più sulla determinazione del

RBC sono quelle relativi ai rischi tecnici, in particolare il rischio di riservazione ed il

rischio di tariffazione; nel ramo vita, invece, assumono rilevanza maggiore i rischi

d‟investimento.

47

NAIC,(1999), Property and Casualty Risk-Based Capital Report Including Overview and Instructions

for Companies tratto da www.naic.org.

Page 48: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

47

CAPITOLO II

Il progetto Solvency II

2.1. Caratteristiche e principi generali

Nel marzo del 2001

48, proprio mentre stavano per essere approvate le nuove normative

riguardanti Solvency I, si decise di dare inizio ai lavori per la predisposizione di una

nuova direttiva, al fine di sottoporre a revisione l‟intero sistema di vigilanza prudenziale

sul settore assicurativo: tale progetto assunse il nome di Solvency II; l‟obiettivo non era

solo quello di modificare i criteri quantitativi per il calcolo del margine di solvibilità,

ma di rivedere il complesso di regole a presidio della stabilità delle imprese.

Oltre alle già citate lacune riscontrate in Solvency I, vi erano, infatti, altri fattori

riguardanti i nuovi scenari di mercato venutisi a configurare in quegli ultimi anni, che

spinsero la Commissione a tale decisione. All‟inizio del XXI secolo, effettivamente, si

sono registrati profondi cambiamenti per quanto riguarda il business degli assicuratori e

il tipo di prodotti da essi offerti, si è manifestata una sempre maggiore competizione

all‟interno del settore e una sempre più evidente convergenza tra i vari settori finanziari,

che ha esposto anche gli assicuratori alle frequenti crisi dei mercati che si sono

registrate in questo periodo.

Proprio per questo la stabilità finanziaria, insieme alla tutela dell‟assicurato, sono le

principali finalità di Solvency II raggiungibili attraverso la creazione di un sistema di

solvibilità più adeguato al profilo di rischio di ciascun‟impresa, che incoraggi gli

assicuratori stessi ad una migliore misurazione e gestione dei propri rischi, non solo di

quelli tecnici, incentivandoli, in particolare, all‟uso di modelli interni: obiettivo finale è

l‟individuazione della solvibilità complessiva dell‟impresa.

Nella fase di programmazione del progetto, si stabilì che i lavori fossero suddivisi in

due fasi, la prima delle quali, iniziata nel maggio del 2001 e conclusasi nel novembre

del 200249

, è stata dedicata alla definizione dell‟architettura del nuovo sistema di

48

Nota CE MARKT/2027/01 49

Nota CE MARKT/2535/02

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48

solvibilità, dopo l‟attenta valutazione di tutti i principali temi ad essa collegati. Tale

compito fu commissionato dal sottocomitato solvibilità dell‟Insurance Committee a

KPMG (società multinazionale, specializzata nella revisione di bilancio e nella

consulenza alle imprese in materia fiscale, di outsourcing contabile e legale) e a due

gruppi di lavoro, uno per ogni ramo, costituiti dalle Autorità di vigilanza dei singoli stati

membri.

Dal lavoro svolto da KPMG è scaturita quella che è una delle caratteristiche

fondamentali di questo nuovo sistema, ovvero la sua articolazione in tre pilastri50

,

analogamente a quanto previsto in Basilea 2: il primo di questi, riguardante i requisiti

quantitativi; il secondo concernente i requisiti qualitativi (in particolare nell‟ambito

della gestione del rischio); il terzo avente ad oggetto la disciplina di mercato, che

comprende tutto ciò che riguarda la corretta informazione e la trasparenza da parte degli

operatori.

Figura 4: Struttura di Solvency II

Fonte: www.isvap.it

Dall‟altra parte, l‟indagine svolta dal gruppo di lavoro delle Autorità di vigilanza fu più

approfondita e portò alla stesura di una relazione denominata “Sharma Report” (dal

nome del presidente del gruppo stesso), che fu suddivisa in tre sezioni:

50

KPMG, (2002), Study into the Methodologies to Assess the Overall Financial Position of an Insurance

Undertaking from the Perspective of Prudential Supervision.

Pillar I - Riserve tecniche - MCR - SCR

Pillar II

-Corporate Governance

- ORSA -Add-on di capitale

Pillar III -Pubblic disclosure - Report annuali - Informazioni ai fini di vigilanza

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49

1. la prima analizzava gli interventi che erano stati messi in atto dalle Autorità di

vigilanza in quel periodo e ne valutava l‟efficacia;

2. la seconda esaminava quelli che erano stati i fallimenti delle imprese

assicurative e ne analizzava le cause;

3. la terza, infine, proponeva le raccomandazioni del gruppo di lavoro a seguito

delle indagini svolte.

La principale conclusione della Relazione era che il sistema prudenziale dovesse

prevedere tutta una serie di strumenti regolamentari, preventivi o correttivi, che

permettessero di intervenire in tutte le fasi in cui un problema può manifestarsi: dalla

fase più precoce (causa sottostante), quando, ad esempio, la cattiva gestione di

un'impresa è percettibile soltanto nell'atteggiamento dei dirigenti o dei dipendenti

dell'impresa, fino all'ultima fase, quando un concatenamento di cause e di effetti (eventi

esterni, decisioni inadeguate, errori, ecc.) ha già determinato un grave deterioramento

della situazione finanziaria recante pregiudizio agli assicurati.

In questa prospettiva, i requisiti patrimoniali venivano considerati soltanto uno dei

necessari strumenti regolamentari, che non era però sufficiente da solo a costituire un

sistema di vigilanza prudenziale. A tale riguardo, la relazione suggeriva una maggiore

differenziazione delle soglie d'intervento in funzione delle caratteristiche finanziarie

dell'impresa, senza entrare nel dettaglio su come queste soglie dovessero essere

calcolate.

In compenso, la relazione contiene una serie di raccomandazioni concrete per la

creazione, lo sviluppo e l'armonizzazione di altri strumenti regolamentari.

A conclusione della prima fase, dunque, le caratteristiche essenziali di Solvency II, oltre

alla già citata struttura a tre pilastri, dovevano essere:

valutazione della solvibilità a livello complessivo;

approccio tarato sul rischio che incentivi gli operatori a misurare e gestire i

rischi;

due requisiti di capitale: il Solvency Capital Requirement (SCR), che rappresenta

il requisito obbiettivo ed è rivolto alla copertura di perdite consistenti, e il

Minimum Capital Requirement (MCR), ovvero un requisito minimo di sicurezza

al di sotto del quale dovrebbero scattare gli interventi delle Autorità di vigilanza;

maggiore coerenza tra i sistemi finanziari;

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50

vigilanza più accurata sui gruppi assicurativi e sui conglomerati finanziari;

armonizzazione tra metodi quantitativi e metodi qualitativi;

rapida convergenza con le attività di altri organismi internazionali, quali IAIS,

IAA, IASB ecc.;

In considerazione della complessità del progetto, per promuovere la competitività, le

norme dovevano rispondere a criteri di better regulation51

ovvero a principi di:

1. semplificazione: codificazione in un testo unico delle direttive assicurative

vigenti;

2. trasparenza: costante consultazione con le parti interessate;

3. proporzionalità: applicazione dei medesimi principi in modo differenziato,

tenendo conto della realtà delle entità regolate;

4. valutazione d‟impatto: analisi di costi/benefici delle misure proposte in relazione

a tutte le componenti del mercato (imprese, consumatori e supervisors).

La seconda fase, iniziata nel 2003, si è occupata della definizione nel dettaglio del

progetto e della redazione dell‟impianto normativo ad esso relativo, e si è conclusa con

la prima proposta di “Framework Directive” su Solvency II, che è stata presentata nel

luglio del 2007 ma che è diventata operativa, dopo l‟approvazione del Consiglio e del

Parlamento Europeo, solo nell‟aprile del 2009. Successivamente, è stata pubblicata sulla

Gazzetta Ufficiale nel dicembre dello stesso anno.52

La nuova regolamentazione, che razionalizza tutta la normativa comunitaria in materia

di assicurazioni, si configura come testo unico di tutta la legislazione vita e danni e

sostituisce le 13 direttive attualmente in essere, escludendo quelle concernenti auto, conti

annuali e fondi pensione.

La direttiva rappresenta solo la prima fase del modello Lamfalussy, attraverso il quale il

progetto Solvency II verrà implementato; pertanto saranno necessarie ancora altre tre

fasi per ritenere concluso il processo: l‟obiettivo è quello di rendere il sistema

applicabile a partire dal 2012

Nel Giugno 2009 sono state presentate dalla Commissione le fasi durante le quali

saranno definite le misure d‟applicazione. La data d‟entrata in vigore della riforma non

51

Con il termine BETTER REGULATION, s'intende il processo di semplificazione e riduzione della

legislazione europea e lo studio della valutazione di impatto delle nuove proposte in termini di costi

amministrativi a carico dei cittadini, in particolare, le imprese. 52

Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 in materia di

accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione

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51

è stata traslata e dunque, alle compagnie d‟assicurazione europee, rimangono meno di

due anni, sia per uniformarsi al nuovo quadro legislativo, sia per dimostrare all‟Istituto

di Vigilanza che i modelli adottati sono adeguati, sostenibili e ben controllati. Perciò,

anticipando eventuali effetti di saturazione e di congestione, le compagnie dovranno

essere in grado di ottenere l‟assenso dall‟Istituto di Vigilanza a partire da Gennaio 2012,

anche se la direttiva entrerà definitivamente in vigore l‟anno successivo.

E„ il caso di ricordare, infine, l‟importanza assegnata al principio di proporzionalità, volto

ad assicurare che il nuovo sistema non sia eccessivamente oneroso per le imprese di

dimensioni medio-piccole. Il principio si applica a tutte le disposizioni della proposta di

direttiva ed è particolarmente rilevante per l„applicazione dei requisiti qualitativi e

quantitativi di solvibilità e delle norme di vigilanza. Tale principio trova ulteriore

specificazione nelle disposizioni di attuazione.

2.1.1. Il ruolo del CEIOPS nel progetto Solvency II

Nel Marzo del 2004, dopo aver consultato l‟EIOPC nell‟ambito della procedura

Lamfalussy per lo sviluppo del progetto di Solvency II, la Commissione Europea

sollecitò il CEIOPS, in qualità di comitato competente di terzo livello per il settore

assicurativo, a fornire consulenza tecnica e supporto per la predisposizione del nuovo

sistema di vigilanza, tramite le cosiddette waves53

(ondate) che contenevano specifiche

richieste di pareri su i singoli punti del progetto.54

Per espletare il compito che gli era stato assegnato, il CEIOPS decise di istituire, nella

primavera del 2004, un‟organizzazione “ad hoc” ad esso dedicata divisa in cinque

gruppi di esperti: due gruppi si sono occupati di rispondere alle richieste riguardanti il

primo pilastro (uno per il ramo vita e l‟altro per il ramo danni), uno si è occupato del

lavoro per la predisposizione del secondo pilastro ed uno per quella del terzo. Ad un

ultimo gruppo, infine, venne richiesto di analizzare le possibili implicazioni per la

vigilanza dei gruppi assicurativi e dei conglomerati finanziari. Successivamente, nel

Maggio del 2005, i due gruppi che si occupavano del primo pilastro si sono uniti in un

53

MARKT/2543/03, MARKT/2515/04 e MARKT/2501/05 54

In particolare, la prima ondata prende in considerazione aspetti riferiti soprattutto al secondo pilastro; la

seconda include aspetti principalmente relativi al primo pilastro, quali: safety measures, solvency capital

requirement, technical provision; la terza, infine, prende in considerazione il terzo pilastro.

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52

unico gruppo. Il coordinamento di tutti i working groups è affidato al comitato direttivo

e alla segreteria generale del CEIOPS.

Sulla base delle risposte che il comitato ha fornito al termine del proprio lavoro (tramite

la redazione di svariati consultation papers), sono stati stabiliti i principi fondamentali

che dovevano essere contenuti all‟interno della direttiva ed, in particolare, all‟interno

dei tre pilastri.

Al CEIOPS è stato inoltre richiesto di eseguire degli studi, noti come QIS (Quantitative

Impact Study), sul possibile impatto della nuova direttiva sugli operatori e sul mercato

in generale, basati sull‟analisi di dati raccolti tramite questionari compilati dagli

assicuratori su base volontaria.55

Fino ad oggi sono stati pubblicati cinque QIS, che

hanno aiutato il CEIOPS a calibrare gli standard di solvibilità scelti alle caratteristiche

dell‟industria assicurativa moderna.

Una volta definita la direttiva quadro, sono state studiate le implementing measures

della stessa, che sono poi state inserite all‟interno della normativa al momento della

definitiva pubblicazione, avvenuta, come affermato in precedenza, sul finire del 2009.

Al termine di questa fase, il CEIOPS ha cominciato a lavorare su quelle che saranno le

regole di III livello, ovvero sugli standard di vigilanza per il conseguimento della

convergenza internazionale tra le Autorità dei singoli stati membri. E‟ stato richiesto al

comitato di completare tale lavoro entro la fine del 2011.

Figura 5: Processo di approvazione e implementazione di Solvency II

Fonte: www.isvap.it

55

Questi documenti sono reperibili per gli assicuratori direttamente sul sito del CEIOPS (www.ceiops.eu)

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53

2.2. Il primo pilastro

Come già detto, il primo pilastro dell‟architettura di Solvency II, cui sono dedicati gli

articoli da 73 a 132 della direttiva, contiene le disposizioni riguardanti i requisiti

quantitativi che le imprese di assicurazioni devono perseguire all‟interno della loro

attività. In particolare, vengono dettati criteri prudenziali per:

la valutazione delle attività e delle passività;

la determinazione dei fondi propri e per la loro ammissibilità ai fini della copertura

dei requisiti patrimoniali;

il calcolo del Solvency Capital Requirement (SCR)con particolare riguardo alla

struttura della formula standard e alle condizioni per l‟utilizzo dei modelli

interni;

il calcolo del Minimum Capital Requirement (MCR);

gli investimenti a copertura delle riserve tecniche e del SCR;

il calcolo dei requisiti patrimoniali per i gruppi di impresa

Fondamentali per la determinazione dei requisiti di solvibilità sono soprattutto le nuove

regole per la valutazione delle riserve tecniche, che mirano ad una sempre maggiore

armonizzazione a livello europeo attraverso l‟utilizzo dei principi contabili

internazionali IFRS56

, come suggerito dai rapporti del CEIOPS57

. Il comitato ha

sviluppato, per le principali categorie di attività e passività (diverse dalle passività

tecniche), proprie views su come dovrebbero essere valutate tali poste contabili. In

alcuni casi, le valutazioni previste dagli IFRS risultano essere una buona

approssimazione di una valutazione economica; in altri casi, il CEIOPS ritiene

necessario effettuare aggiustamenti rispetto ai valori calcolati in accordo agli IAS/IFRS

al fine di rendere la valutazione della posta più aderente ad una valutazione di tipo

economico.

Nel dettaglio, l‟art. 75 della direttiva richiede che le imprese di assicurazione e di

riassicurazione valutino le attività e le passività all‟importo al quale potrebbero essere

scambiate, trasferite o regolate tra parti consapevoli e consenzienti in un‟operazione

56

In particolare, con riferimento ai criteri IFRS 4 sui contratti di assicurazione 57

CEIOPS, (2005), Implication of IAS/IFRS Introduction for the prudential supervision of Insurance

Undertakings, Bruxelles

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54

svolta alle normali condizioni di mercato; da notare che le passività non tengono conto

del merito creditizio proprio dell‟impresa.

Il fair value delle poste deve essere determinato mark to market e, dove non possibile,

mark to model, utilizzando input osservabili e sottoponendo il modello a revisione

periodica.

Secondo la definizione data dall‟articolo 76, invece, il valore delle riserve tecniche deve

corrispondere “all‟importo attuale che le imprese di assicurazione e di riassicurazione

dovrebbero pagare se dovessero trasferire immediatamente le loro obbligazioni di

assicurazione e di riassicurazione ad un‟altra impresa di assicurazione o di

riassicurazione.” Il computo di tale importo deve essere svolto in modo prudente,

affidabile e obiettivo e sulla base delle informazioni fornite dai mercati finanziari e dei

dati generalmente disponibili sui rischi di sottoscrizione, secondo un principio di

coerenza.

Da un punto di vista pratico, le riserve tecniche vengono calcolate come somma tra best

estimate (migliore stima) e risk margin: il primo corrisponde alla media ponderata dei

flussi di cassa futuri (valore attuale atteso) sulla base della struttura per scadenza dei

tassi di interesse privi di rischio, al lordo dei contratti di riassicurazione, mentre il

secondo è uguale al costo di costituzione di un importo di fondi propri pari al requisito

di solvibilità necessario per far fronte agli impegni presi, ovvero al premio di rischio che

un altro assicuratore richiederebbe per rilevare gli impegni stessi. Tramite il QIS 5, è

stato da poco introdotto un premio di illiquidità, da incorporare nel tasso di interesse

con il quale si scontano i flussi delle liability.

La valutazione di risk margin e best estimate viene effettuata separatamente dalle

imprese di assicurazione.

Aspetto fondamentale del primo pilastro è, però, la previsione di due livelli per i

requisiti di capitale, calcolati anch‟essi valutando attività e passività ai valori di

mercato:

SCR (Solvency Capital Requirement), che deve consentire all‟impresa di

assicurazione di poter assorbire anche significative perdite inattese e fornire così

una ragionevole sicurezza agli assicurati. Esso può essere considerato anche

come quel capitale necessario a far fronte agli impegni esistenti (e a quelli che si

presuppone vengano assunti nei 12 mesi successivi) su un dato orizzonte

Page 56: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

55

temporale con un predefinito livello di confidenza (solitamente un anno e

99,5%).

Il SCR deve tenere conto di tutti i rischi quantitativi e può essere calcolato sia

attraverso una formula standard, sia attraverso dei modelli interni che

sicuramente riescono a fornire dei requisiti patrimoniali aderenti al reale profilo

di rischio dell‟impresa, sebbene comportino elevati costi di sviluppo e di risorse

umane;

MCR (Minimum Capital Requirement), che stabilisce un livello di capitale

minimo al di sotto del quale l‟operatività di un‟impresa assicurativa presenta un

rischio per gli assicurati inaccettabile, tale da rendere necessari gli interventi di

vigilanza più gravi.

Il modello per la determinazione del MCR dovrà essere semplice, ma allo stesso

tempo robusto e verificabile, e dovrà prevedere una soglia minima ed una soglia

massima.

Il MCR, calcolato con una formula standard, è compreso tra il 25% e il 45% del

SCR (20-50% nel QIS4) e non può essere inferiore a 2.200.000 euro per le

imprese danni, 3.200.000 euro per le imprese vita e riassicurative, 5.400.000

euro per le assicurazioni che esercitano sia i rami vita che non vita.

Sugli investimenti delle imprese, Solvency II recepisce il Prudent Person Principle, che

stabilisce il rispetto di principi generali di sicurezza, liquidità, redditività,

diversificazione del portafoglio, senza l‟imposizione, salvo casi eccezionali e su basi

comunque temporanee, di precisi limiti quantitativi agli attivi detenuti.

2.2.1. Fondi propri

L‟esperienza derivante dall‟applicazione del QIS 3, i cui risultati sono stati pubblicati

nel Novembre del 2007, ha evidenziato l‟importanza di un approccio chiaro verso i

fondi propri e la necessità per l‟impresa assicurativa di avere certezza sul trattamento

degli stessi da parte della nuova normativa. Quest‟ultima, da questo punto di vista,

presenta un forte innovazione rispetto a quelli che erano i requisiti stabiliti con Solvency

I. Seguendo il modello proposto in Basilea 2, i diversi elementi di capitale sono stati

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56

divisi in tre Tier (classi) a cui corrisponde una diversa qualità delle attività

corrispondenti. I criteri inizialmente stabiliti per suddividere gli own funds nei diversi

Tier erano cinque, ampliati a sei con l‟introduzione del quarto QIS. Essi sono:

1) subordinazione dell‟ammontare totale in caso di liquidazione:

subordinati alle passività verso gli assicurati e ai creditori senior in caso

di liquidazione;

2) assorbimento delle perdite in prospettiva della continuazione dell‟attività

aziendale:

principal write down o conversion in common equity;

3) perpetuità o sufficiente durata:

perpetuo o con un durata superiore alle passività verso gli assicurati che

coprono;

rimborso con previa autorizzazione da parte del regulator e sostituzione

con uno strumento con pari o superiore subordinazione.

4) assenza di incentivi a redimere il capitale:

innalzamento del tasso fisso non prima dei 10 anni dalla data di

emissione e limitato al più alto tra 100 bps o al 50% dello spread iniziale.

5) assenza di costi fissi:

al verificarsi di determinati trigger, i coupon devono poter essere

cancellati;

il differimento deve avvenire per un periodo indefinito;

6) assenza di impedimenti.

Queste caratteristiche rispondono ad un‟ottica priciple-based (concetto che si analizzerà

nel seguito della trattazione) e quindi possono essere applicate a prescidere dalla

struttura del capitale e alle caratteristiche del business dell‟impresa. E‟ stato scelto di

utilizzare tale tipo di approccio per rendere i requisiti di capitale maggiormente flessibili

ed adattabili ai cambiamenti e per non limitare l‟innovazione finanziaria, nel caso in cui

questa non diminuisca la qualità del capitale a fini prudenziali58

Sono considerati Tier I i Basic Own Funds che rispettano pienamente i criteri 1 e 2 e

sostanzialmente i criteri dal 3 al 6, ed in particolare: capitale versato, riserve di capitale

58

FINANCIAL SERVICES AUTHORITY, (2008) Insurance Risk Management: The path to Solvency II,

pag. 24, consultabile dal sito internet www.fsa.gov.uk

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57

idonee ad assorbire le perdite, debiti ibridi con capacità di assorbire le perdite

paragonata al capitale (per esempio, non cumulative preference shares; non cumulative

fixed terms preference shares), passività subordinate con loss absorbency paragonabile

al capitale (per esempio titoli perpetui).

I Tier II devono possedere le stesse caratteristiche dei Tier I fatta eccezione per il

criterio 2) (ovvero, assorbimento delle perdite in prospettiva di continuazione

aziendale).

Gli strumenti che possono essere considerati Tier II sono:

a) ibridi con maturity di almeno 5 anni dalla data di emissione (per esempio,

cumulative preference shares);

b) passività subordinate con una maturity di almeno 5 anni dalla data di emissione

(per esempio passività subordinate datate)

I Tier III costituiscono una voce residuale che raccoglie tutte le passività subordinate

che non rispettano le caratteristiche richieste per i Tier I e II, ma che sono subordinate a

tutte le passività verso gli assicurati e agli altri creditori senior in liquidazione.

Gli strumenti che possono essere considerati Tier III sono:

a) ibridi con maturity inferiore ai 5 anni dalla data di emissione;

b) passività subordinate con maturity inferiore 5 anni dalla data di emissione.

L‟obiettivo ultimo di questa suddivisione è l‟individuazione degli elementi che possono

essere ammessi per il calcolo di MCR e SCR.

Recentemente, con l‟introduzione del QIS 5 nel luglio di quest‟anno e terminato a metà

di Novembre, è stata previsto che, ai fini del calcolo dei fondi propri, è necessaria la

valutazione anche degli utili attesi inclusi nei premi futuri (EPIFP) che vengono

considerati parte dei Tier I.

2.2.2. Il Calcolo del SCR: modello standard

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58

L‟articolo 102 della Direttiva dispone che le imprese di assicurazione e di

riassicurazione calcolino il requisito patrimoniale di solvibilità almeno una volta

all‟anno e comunichino il risultato di tale calcolo alle Autorità di vigilanza.

La normativa distingue, inoltre, all‟interno dell‟articolo 101, tra sei tipi di rischi che

devono essere considerati nel computo del SCR:

a) il rischio di sottoscrizione per l‟assicurazione non vita;

b) il rischio di sottoscrizione per l‟assicurazione vita;

c) il rischio di sottoscrizione per l‟assicurazione malattia;

d) il rischio di mercato;

e) il rischio di credito;

f) il rischio operativo.

Da questi, secondo quanto descritto dall‟articolo 104, è possibile giungere al calcolo del

SCR di base secondo la formula standard:

Dunque il requisito patrimoniale di base è pari al prodotto di tutte le combinazioni dei

moduli (a parte quello relativo al rischio operativo) moltiplicato per il relativo fattore di

correlazione tra i rischi considerati nella seguente matrice di correlazione:

Tabella 2: Matrice correlazioni SCR

CorrSCR=

1 0,25 0,25 0,25 0,25

0,25 1 0,25 0,25 0,5

0,25 0,25 1 0,25 0

0,25 0,25 0,25 1 0

0,25 0,5 0 0 1

Fonte: Allegato IV della direttiva Solvency II

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59

Al risultato ottenuto da questa formula vanno sommati il requisito patrimoniale per il

rischio operativo (ex art. 107) e l‟aggiustamento per la capacità di assorbimento delle

perdite delle riserve tecniche e delle imposte differite (ex art. 108).

Nel dettaglio, il requisito patrimoniale per il rischio operativo riflette i rischi operativi

nella misura in cui non siano già coperti nei moduli di rischio di cui all‟articolo 104.59

Per quanto riguarda i contratti di assicurazione vita, in cui il rischio di investimento è

sopportato dai contraenti, il calcolo del requisito patrimoniale per il rischio operativo

tiene conto dell‟importo delle spese annuali sostenute in relazione a tali obbligazioni di

assicurazione, mentre, per quanto concerne le attività degli altri rami, il calcolo del

requisito tiene conto del volume delle operazioni in termini di premi acquisiti e di

riserve tecniche detenute a copertura delle obbligazioni. In questo caso, il requisito

patrimoniale per il rischio operativo non supera il 30% del requisito patrimoniale di

solvibilità di base relativo a tali operazioni di assicurazione e di riassicurazione.

Il calcolo del Solvency Capital Requirement, come detto, richiede la definizione di una

misura di rischio e di un intervallo di confidenza, dove per misura di rischio s‟intende

una funzione che assegna una quantità di capitale ad una distribuzione di utili e perdite

economiche. A questo proposito, il CEIOPS è particolarmente favorevole all‟adozione

del metodo della expected shortfall60

(anche nota come TailVar) ai fini di vigilanza61

che, da un punto di vista tecnico ed economico, sembrerebbe preferibile rispetto al

semplice VaR62

, in quanto i suoi risultati risultano maggiormente coerenti. Tuttavia, il

CEIOPS ritiene che, a seconda delle caratteristiche di rischio del portafoglio, il VaR

possa essere calibrato in modo da ottenere lo stesso livello di prudenza del TailVar.

L‟intervallo di confidenza suggerito dal Comitato è del 99,5% e, di conseguenza, la

probabilità di default target è dello 0,5% (vale a dire, uno ogni 200 anni), mentre

l‟orizzonte temporale è un anno.

Ciascun modulo di rischio compreso nel SCR di base è, a sua volta, suddiviso in

sottomoduli, secondo i principali fattori di rischio.

59

Ovvero, tutti i rischi considerati dall‟articolo 101 escluso il rischio operativo stesso 60

“L‟ES è pari all‟opposto della medie delle α perdite” e dunque considera anche la coda della

distribuzione, che viene invece tralasc iata dal VaR (MENONCIN F., (2009), Misurare e gestire il rischio

finanziario, SPRINGER, Milano, pag. 162 61

CEIOPS(2005), Answers to the European Commission on the second wave of Calls for Advice in the

framework ofthe Solvency II project, pag. 105 62

Perdita che si stima si verifichi con un certo livello di confidenza e in un determinato orizzonte

temporale.

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60

Figura 6: Suddivisione SCR secondo Solvency II

Fonte: Direttiva CE Solvency II

In questa sede, vogliamo specificare le modalità di calcolo per gli SCR del rischio di

sottoscrizione per l‟assicurazione vita e per l‟assicurazione non vita.

Per il primo (Life underwriting risk) è prevista la suddivisione, confermata anche dagli

studi QIS, nei seguenti sottomoduli:

a) mortality risk: si applica ai contratti per cui il capitale da pagare in caso di

decesso dell‟assicurato supera le riserve tecniche. Pertanto, poiché un aumento

nei tassi di mortalità dovrebbe portare ad un innalzamento nel livello delle

riserve stesse il SCR di mortalità deve catturare il rischio che un numero

maggiore di quello atteso di assicurati deceda prima della scadenza contrattuale;

SCR

Adjusted SCR SCR di base

SCR danni

tariffazione e riservazione

riscatto

catastrofe

SCR vita

mortalità

longevità

malattia

riscatto

spese

revisione

catastrofe

SCR mercato

tasso

cambio

immobiliare

azionario

credito

liquidità

SCR malattia SCR credito

SCR operativo

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61

b) longevity risk: si applica ai contratti per cui non vi è capitale caso morte oppure

il capitale da pagare in caso di decesso dell‟assicurato è inferiore alle riserve

tecniche. Poichè, quindi, una diminuzione nei tassi di mortalità dovrebbe

portare ad un aumento delle riserve stesse, il SCR di longevità deve pertanto

catturare il rischio che un numero maggiore di quello atteso di assicurati

sopravviva: questo è quello che ci si aspetta soprattutto nei paesi sviluppati;

c) disability risk (rischio di malattia): è associato alle assicurazioni che coprono

perdite dovute a malattia, incidenti e disabilità o spese mediche ad essi

collegate. Si tratta di un modulo di rischio residuale rispetto a quello relativo

all’health underwriting risk. Il SCR deve catturare il rischio che ad un maggior

numero di assicurati rispetto alle attese sia diagnosticata una delle disabilità

contemplate o non sia più in grado di lavorare nel periodo di copertura della

polizza;

d) lapse risk (rischio di riscatto): questo modulo copre il rischio di perdita

derivante da estinzioni anticipate, recessi, rinnovi e riscatti delle polizze;

e) expense risk (rischio di spese): rischio derivante da una variazione nelle spese

di gestione dei contratti;

f) revision risk: si riferisce al rischio di perdite o di variazioni avverse del valore

delle passività assicurative, derivante da oscillazioni del livello, della tendenza

o della volatilità dei tassi di revisione delle rendite, dovute a variazioni del

quadro giuridico o dello stato di salute della persona assicurata

g) catastrophe risk : Deriva da eventi estremi o irregolari i cui effetti non sono

sufficientemente catturati negli altri sottomoduli del settore vita. Viene trattato

utilizzando tassi molto elevati di mortalità/morbilità, quindi si ritiene associato

a prodotti in cui la compagnia assicura un capitale in caso di morte o malattia.

Come per gli altri rischi che compongono l‟SCR di base, i singoli SCR per ognuno dei

sottomoduli possono essere calcolati con un approccio di scenario, in termini di

variazioni del NAV (Net Asset Value) in seguito a possibili situazioni di shock:

-A) - )

dove e sono i valori di attivi e riserve ricalcolati secondo lo scenario applicato.

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62

Dall‟altra parte, è possibile utilizzare un approccio cosiddetto factor based, basato

sull‟applicazione di un fattore (dove si considerano tutti gli elementi di rischiosità) ad

una misura rappresentativa dell‟esposizione al rischio dell‟impresa.

La combinazione dei requisiti dei sottomoduli, infine, da come risultato il requisito

complessivo per il rischio di sottoscrizione vita, secondo la formula usata anche per il

SCR di base.

Dall‟altra parta, il SCR del rischio di sottoscrizione non vita tiene conto dell‟incertezza

dei risultati delle imprese di assicurazione e di riassicurazione in rapporto alle relative

obbligazioni esistenti, nonché delle nuove attività che si prevede siano contabilizzate

nel corso dei dodici mesi successivi. Anch‟esso è calcolato secondo la stessa formula

del SCR di base, tenendo conto che a corrisponde il sottomodulo del rischio

congiunto di tariffazione e di riservazione (premium risk)63

ed a il sottomodulo del

rischio di catastrofe. Recentemente, con la pubblicazione delle specifiche tecniche del

QIS 5, è stata aggiunto all‟interno della formula anche il SCR legato al rischio di

riscatto.

In conclusione va ricordato che, ai fini di una riduzione del requisito patrimoniale,

possono essere utilizzati strumenti riassicurativi a condizione che vi sia un effettivo

trasferimento del rischio e che le imprese cessionarie abbiamo almeno rating BBB; la

riassicurazione considerata deve essere legalmente applicabile ed esecutiva in tutte le

giurisdizioni rilevanti. E‟ anche possibile ricorrere a forme di mitigazione finanziaria, in

particolare per i crediti, nel caso via siano, all‟interno dell‟azienda, le adeguate

conoscenze di tali strumenti; anche in questo caso, però, sono richieste determinate

condizioni giuridiche e di rating. Inoltre, il SCR di base può essere abbattuto dell‟effetto

fiscale fino a concorrenza delle tasse differite iscritte a passivo.

2.2.3. I modelli interni

63

rischio di perdita o variazione sfavorevole del valore delle passività assicurative, derivante da

oscillazioni riguardanti il momento di accadimento, la frequenza e la gravità degli eventi assicurati

nonché il momento di accadimento e l‟importo delle liquidazioni di sinistri (ex art. 105 comma 2)

Page 64: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

63

Oltre all‟utilizzo del metodo standard previsto dalla direttiva, le compagnie possono

adottare, anche parzialmente, un modello interno promosso dalle Autorità di vigilanza

successivamente alla redazione di una domanda di approvazione in cui le imprese di

assicurazione e di riassicurazione presentano quanto meno prove documentali a

dimostrazione del fatto che il loro modello interno soddisfa i requisiti richiesti dagli

articoli da 120 a 125. Il modello, a prescindere dal metodo prescelto, deve essere

ampiamente utilizzato in azienda, soprattutto nei processi di risk managament e capital

assignement e deve fornire un requisito più adatto al profilo di rischio dell‟impresa.

Proprio al Risk Management è affidato il compito di costruire, testare (con cadenza

periodica) e documentare il modello, diffondendone i risultati all‟interno dell‟azienda e

definendone le responsabilità. Il modello deve adattarsi in maniera appropriata al

business dell‟impresa e le metodologie di calcolo e le basi statistiche adoperate devono

essere adeguatamente dettagliate. Devono essere, inoltre, indicati i rischi coperti, gli

effetti di diversificazione e le management actions intraprese.

Non è prescritto alcun metodo particolare per il calcolo della distribuzione di probabilità

prevista. In tal senso, possono essere utilizzati sia modelli che adattano i parametri della

propria azienda al modello standard, sia modelli che si discostano totalmente da esso.

Quando le imprese di assicurazione e di riassicurazione non sono in grado di derivare il

requisito patrimoniale di solvibilità direttamente dalla distribuzione di probabilità

prevista prodotta dal loro modello interno, le Autorità di vigilanza possono autorizzare

l‟uso di approssimazioni nella misura in cui tali imprese possano dimostrare loro che i

contraenti beneficiano di un livello di tutela equivalente a quello previsto dall‟articolo

101.

Dichiaratamente, Solvency II intende incentivare ogni assicurazione ad adottare un

modello interno e, proprio per questo, comporta dei requisiti patrimoniali maggiori per

chi adotta la formula standard. Una seconda causa penalizzante per chi adotta la formula

standard, è che questa consente un procedimento di calcolo sicuramente molto meno

oneroso come tempi e costi, ma fornisce delle stime delle uscite attese (del costo dei

sinistri aggregato) meno accurate, che portano ad una minore affidabilità sulla

probabilità di fallimento così calcolata. Tuttavia, a meno che l‟impresa non ottenga

l‟approvazione del proprio modello interno entro il termine attualmente fissato per il 31

Page 65: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

64

Ottobre 2012, essa dovrà necessariamente applicare la formula standard a partire da tale

data.

2.2.4. I requisiti patrimoniali di gruppo

Anche se non inclusi direttamente nel primo pilastro, è bene illustrare il contenuto delle

disposizioni dettate dagli articoli che vanno dal 218 al 259 e che trattano la disciplina

per la solvibilità di gruppo. Secondo quanto previsto da questi articoli, il SCR di gruppo

può essere valutato sulla base di dati consolidati, ma deve tener conto di tutte le fonti di

rischio al proprio interno, comprese quelle group-specific. In seguito ai risultati ottenuti

con il QIS 4, innovando rispetto alle precedenti disposizioni, è stato previsto che nel

calcolo del SCR di gruppo si tenga conto della diversificazione (con quest‟ultima

s‟intende la diversificazione a livello di gruppo, dato che quella a livello di singola

partecipata dovrebbe essere già inclusa all‟interno dei singoli SCR) e dunque tale

requisito non può essere superiore alla somma dei SCR delle singole imprese facenti

parte del gruppo stesso. Dall‟altro lato, il SCR di gruppo dev‟essere perlomeno pari al

più elevato degli SCR tra quelli delle partecipate. Devono infine essere eliminate dal

computo del requisito le intra-group transactions, per evitare un doppio conteggio.

E‟ prevista la possibilità di calcolare la solvibilità di gruppo anche con un metodo

alternativo, basato sulla somma dell‟SCR a livello individuale calcolata con la formula

standard, dei fondi propri dell‟impresa di assicurazione partecipante e della quota

proporzionale dell‟SCR individuale e dei fondi propri di ciascuna impresa di

assicurazione partecipata, con i necessari aggiustamenti.

Laddove l‟applicazione esclusiva del metodo standard risultasse non appropriata, i

gruppi possono applicare una combinazione dei metodi standard e alternativo.

Infine, anche per i gruppi è prevista la possibilità di adottare un modello interno per il

calcolo del proprio SCR.

Per quanto riguarda il calcolo delle riserve tecniche del gruppo, esse corrispondono alla

somma delle riserve delle singole società, al netto della riassicurazione interna. Il risk

margin complessivo è pari semplicemente alla somma dei singoli risk margin.

Anticipando quanto diremo riguardo al nuovo sistema di vigilanza introdotto con

Solvency II, teniamo a sottolineare come una delle previsioni fondamentali introdotte in

Page 66: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

65

quest‟ambito riguardi specificatamente la supervisione a livello di gruppo. Se, infatti,

con le precedenti direttive era stata istituita una vigilanza di tipo supplementare,

attraverso la quale la supervisione di gruppo era aggiunta alla cosiddetta vigilanza

“solo” e dunque non la sostituiva, con Solvency II viene sostanzialmente cambiata

quest‟impostazione, perché viene considerato il gruppo come un‟unica entità, secondo

la definizione proposta dall‟articolo 212 della direttiva, e vengono stabiliti i compiti e le

modalità di nomina di un‟Autorità di vigilanza di gruppo, cui sono attribuiti estesi poteri

di coordinamento e decisionali. D‟altra parte Solvency II riconosce che un‟efficiente

supervisione a livello di gruppo si ripercuota positivamente sul mercato delle singole

compagnie assicurative.64

2.3. Il secondo pilastro

Al secondo pilastro di Solvency II sono dedicati i primi 49 articoli della direttiva. Tale

pillar è costituito, da un lato, da norme che concernono la governance, il risk

management e il controllo interno dell‟impresa e, dall‟altro, dalla disciplina delle

attività, degli strumenti e dei poteri della vigilanza. Con riferimento al primo aspetto, è

di particolare rilievo la previsione della direttiva in base alla quale l‟impresa,

nell‟ambito del proprio sistema di risk management, effettui regolarmente una propria

valutazione dei rischi e della posizione di solvibilità (nella terminologia del legislatore

comunitario: “Own Risk and Solvency Assessment - ORSA”); per quanto riguarda il

secondo aspetto, invece, vengono definiti i nuovi principi alla base del sistema di

vigilanza, secondo una nuova ottica di tipo principle based65

, che si discosta da quella

rule based che contraddistingueva le precedenti normative: questo processo di

revisione, già affrontato nel secondo pilastro di Basilea II, è noto con il nome di

“Supervisory review process”.

2.3.1. Disposizioni per il sistema di vigilanza

64

CEA, (2008), Solvency II: FAQs on Group Supervision & Group Support Regime, consultabile presso

il sito www.cea.eu 65

“la regolamentazione [...] tende, inoltre, ad evitare un'eccessiva prescrittività, indicando solo principi di

carattere generale, integrati da linee guida applicative e indicazioni su prassi accettabili, diffuse e

utilizzate presso gli intermediari” (tratto daTitolo I, Circolare della Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre

2006)

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66

Per quanto concerne la vigilanza, l‟articolo 27 afferma che obiettivo principale di

quest‟ultima dev‟essere la tutela dei contraenti e dei beneficiari, senza dimenticare,

nell‟espletamento delle proprie funzione generali, il costante perseguimento della

stabilità, soprattutto in situazioni di emergenza (ex art. 28), che potrebbero portare a

fenomeni di prociclicità nei suoi interventi.

Negli articoli successivi vengono poi specificati quelli che sono i principi generali alla

base del nuovo sistema di vigilanza:

1. la vigilanza è basata su un metodo prospettico e basato sul rischio ed include la

verifica continua del corretto esercizio dell‟attività di assicurazione o di

riassicurazione e dell‟osservanza delle disposizioni di vigilanza da parte delle

imprese di assicurazione e di riassicurazione;

2. la vigilanza delle imprese di assicurazione e di riassicurazione, in particolare,

comprende un‟opportuna combinazione di attività cartolari e ispezioni in loco;

3. gli Stati membri garantiscono che i requisiti stabiliti nella direttiva siano

applicati in modo proporzionato alla natura, alla portata e alla complessità dei

rischi inerenti all‟attività di un‟impresa di assicurazione o di riassicurazione;

4. la Commissione si adopera affinché le misure di attuazione tengano in

considerazione il principio di proporzionalità, garantendo in tal modo

l‟applicazione proporzionale della direttiva, in particolare alle imprese

assicurative di piccole dimensioni.

Viene specificato, inoltre, che la vigilanza del settore assicurativo rientra nella

competenza esclusiva dello stato membro di origine ed i suoi poteri comprendono il

dovere di garantire che le imprese forniscano alle Autorità di vigilanza preposte le

indicazioni richieste dall‟articolo 35 (riguardanti l'insieme delle attività dell'impresa di

assicurazione o di riassicurazione e comprendenti lo stato di solvibilità dell'impresa, la

costituzione di riserve tecniche, le sue attività e i suoi investimenti e i fondi propri

ammissibili) e che le Autorità stesse possano verificare tali informazioni, anche tramite

ispezioni in loco, conformemente alle norme o prassi stabilite dallo stato membro

stesso, come previsto delle disposizioni adottate a livello comunitario. Gli stati membri,

inoltre, devono garantire che le Autorità di vigilanza abbiano il potere di adottare

Page 68: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

67

misure preventive e correttive per assicurare che le imprese di assicurazione e di

riassicurazione rispettino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative. E‟

previsto, infine, che, in casi specifici ed eccezionali, successivamente alla procedura di

riesame di loro competenza, le Autorità di vigilanza possano richiedere all‟impresa di

assicurazione o riassicurazione un maggior accantonamento di capitale (cosiddetto add-

on) che dev‟essere sommato al requisito calcolato dall‟impresa stessa.

Come accennato in precedenza, obiettivo ultimo di questo processo di revisione è la

convergenza in materia di strumenti e di prassi di vigilanza all‟interno dell‟Unione,

come reso palese dall‟articolo 70 della direttiva, che prevede inoltre che gli stati membri

garantiscano la presenza delle proprie Autorità di vigilanza all‟interno delle riunioni del

CEIOPS, tenendo sempre in considerazione i relativi orientamenti e raccomandazioni.

Al fine di conseguire tale convergenza, vengono dettate una serie di disposizioni per

una sempre maggiore libertà di circolazione di informazioni tra le Autorità dei diversi

stati membri.66

2.3.2. Disposizioni in materia di Corporate Governance

Un‟efficace funzione di Risk management e un‟adeguata governance sono punti cardine

di un solido sistema di solvibilità. Nel dicembre 2002, lo Sharma Report67

concluse che,

sebbene sia assolutamente necessario per gli assicuratori detenere un capitale adeguato a

copertura del proprio rischio di fallimento, le decisioni del senior management e la

qualità dei controlli interni sono da considerare ancor più decisivi per la sopravvivenza

dell‟assicuratore a lungo termine.

Con la direttiva Solvency II, attraverso la nuova visione principle based, si è inteso

attribuire sempre maggiore importanza agli organi amministrativi delle imprese di

assicurazione ed in particolare del consiglio di amministrazione a cui vengono assegnate

responsabilità in materia di:

1. implementazione della normativa;

2. risk appetite e strategia operativa;

66

A tal proposito si rimanda agli articoli 64-70 della direttiva. 67

SHARMA GROUP, (2002), Prudential supervision of insurance firmsper la Conferenza delle Auotità

di vigilanza assicurativa degli Stati Membri dell‟Unione Europea.

Page 69: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

68

3. predisposizione del sistema di Risk Management;

4. diffusione della cultura di Risk Management all‟interno dell‟azienda;

5. adozione di modelli interni;

6. reportistica verso l‟interno e verso l‟esterno.

Secondo l‟art. 41 della direttiva, le imprese di assicurazione devono dotarsi di un

sistema efficace di governance, proporzionato alla dimensione, alla natura e alla

complessità dell‟azienda, in modo tale da consentire una gestione solida e prudente

dell‟attività. Tale sistema deve avere una struttura organizzativa trasparente ed

adeguata, con una chiara ripartizione e un‟appropriata separazione delle responsabilità,

e comprendendo al suo interno un efficace processo per la trasmissione delle

informazioni.68

Il sistema di governance è soggetto, da una parte, ad un riesame interno periodico,

dall‟altra, grazie al nuovo Supervisory Review Process, è sottoposto all‟esame

dell‟Autorità che giudica la capacità degli organi amministrativi aziendali di

identificare, valutare e gestire i rischi effettivi e potenziali connessi con la propria

attività, nell‟ambito del processo di autovalutazione ORSA. L‟Autorità di vigilanza ha

anche il potere di imporre rimedi a possibili debolezze o deficienze del sistema di

governance, comprese le relative strategie, i processi e le procedure di reporting, in

modo tale da incrementare la fiducia sulla solvibilità complessiva dell‟impresa.

Quest‟ultima ha l‟onere di dimostrare che la sua governance e il suo risk management

sono adeguati al proprio profilo di rischio e deve fornire all‟Autorità tutta la

documentazione necessaria per effettuare i propri controlli.

Il sistema di governance deve, infine, disporre di politiche scritte ed implementate

quantomeno in materia di gestione del rischio, controllo interno, internal audit e,

laddove rilevante, esternalizzazione.

Come già specificato più volte all‟interno di questo lavoro, anche dalla direttiva si

evince il ruolo chiave che dovrà assumere il risk management all‟interno delle imprese

di assicurazione o riassicurazione. Solvency II, infatti, riflette il desiderio della

Commissione Europea di collegare sempre più il calcolo della solvibilità delle imprese

ai rischi assunti e, proprio per questo, molti sono gli incentivi previsti per la costituzione

68

CEIOPS, (2009), Advice for Level 2 Implementing Measures on System of governance

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69

di una funzione di risk management che, secondo l‟articolo 44, comprenda le strategie, i

processi e le procedure di segnalazione necessarie per individuare, misurare,

monitorare, gestire e segnalare, su base continuativa, i rischi (e le relative

interdipendenze), a livello individuale ed aggregato, ai quali sono o potrebbero essere

esposte le compagnie di assicurazione e riassicurazione.

I requisiti presentati dalla direttiva, anche alla luce del Consultation Paper n. 33 del

CEIOPS, sono intesi ad introdurre stabilmente le tematiche di Risk Management

all‟interno dell‟azienda sia a livello organizzativo che di processi decisionali (strategici

e tattici), incrementando la consapevolezza sul proprio profilo di rischio, sviluppando

capacità di valutazione riguardo le proprie necessità di solvibilità e introducendo

tecniche best practice di gestione del rischio.

Nell‟ambito di questa funzione devono, come minimo, essere svolte le seguenti attività:

a) sottoscrizione e costituzione delle riserve;

b) asset-Liability management;

c) investimenti, con particolare attenzione a derivati e simili;

d) gestione dei rischi di liquidità e concentrazione;

e) gestione del rischio operativo;

f) riassicurazione e altre tecniche di mitigazione del rischio.

Tutto ciò senza dimenticare che il sistema di Risk Management copre, ovviamente, tutti

i rischi che concorrono alla determinazione del requisito di solvibilità (SCR), nonché gli

altri rischi che da quest‟ultimo sono completamente o parzialmente esclusi.

In questo contesto, Solvency II ha introdotto un nuovo strumento per l‟autovalutazione

qualitativa della propria posizione di solvibilità, denominato ORSA, i cui risultati

devono essere documentati e trasmessi all‟Autorità di vigilanza nell‟ambito delle

informazioni richieste secondo l‟articolo 35.

Come affermato dal CEIOPS, questo strumento “può essere definito come l‟insieme dei

processi e procedure adottate per identificare, valutare, monitorare, gestire e

rappresentare i rischi di breve e lungo periodo che la Compagnia deve o potrebbe dover

fronteggiare e per determinare i fondi propri necessari a coprire i requisiti di

solvibilità”. 69

69

CEIOPS, (2008) Issues paper on the Own Risk and Solvency Assessment (dal sito www.ceiops.eu)

Page 71: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

70

La struttura verticale e i contenuti del processo ORSA presentano analogie con il

processo ICAAP (Internal Capital Adequacy Assessment) previsto dalla normativa

Basilea II e ormai ben avviato nel settore bancario. Esso rappresenta, oltre che il punto

di partenza dell‟attività di supervisione da parte delle Autorità di vigilanza,

un‟importante occasione di revisione interna, sia sul piano dei controlli, che della

strategia: le imprese che riusciranno a dare vita ad un‟attenta valutazione interna

otterranno un vantaggio competitivo poiché calibreranno le proprie decisioni di business

tenendo sempre in considerazione il possibile impatto sui rischi e sul capitale

dell‟azienda. Con l‟applicazione di questo procedimento, inoltre, l‟impresa potrà

superare la visione dell‟accantonamento patrimoniale come mero requisito

regolamentare, considerandolo, invece, un utile strumento per migliorare la

competitività del proprio business.

Secondo l‟articolo 45, la valutazione dell‟ORSA riguarda per lo meno:

a) il fabbisogno di solvibilità globale tenuto conto del profilo di rischio specifico, dei

limiti di tolleranza del rischio approvati e della strategia operativa dell‟impresa;

b) l‟osservanza continua dei requisiti patrimoniali e dei requisiti riguardanti le riserve

tecniche;

c) la misura in cui il profilo di rischio dell‟impresa interessata si discosti dalle ipotesi

sottese al requisito patrimoniale di solvibilità, calcolato con la formula standard o con

un modello interno parziale o completo.

La rivalutazione interna effettuata dall‟ORSA non origina però, di per sé, un ulteriore

requisito patrimoniale di solvibilità; l‟Autorità di vigilanza esaminerà infatti le

informazioni ricevute, nel quadro della procedura di valutazione complessiva della

vigilanza dell‟impresa, e deciderà di richiedere una maggiorazione del requisito solo nei

casi previsti dall‟articolo 37 della direttiva.

Particolare importanza, all‟interno della valutazione qualitativa effettuata in ambito

ORSA, è assunta dal rischio operativo per il quale l‟impresa deve predisporre una

valutazione ben documentata e un sistema di risk management specifico, con

responsabilità ben definite.

Competenza del Risk Management è anche quella, nel caso sia adottato un modello

interno, di costituire, verificare, applicare e infine documentare tale modello, prima di

informare l‟organo amministrativo sui risultati con esso ottenuti. Se questi ultimi si

Page 72: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

71

discostano eccessivamente dalle assunzioni alla base del calcolo del SCR, il modello

dev‟essere ritarato in modo tale da ottenere valori coerenti con la calibrazione del SCR

stesso. La complessità dei rischi, non solo tecnico-assicurativi, e degli strumenti

finanziari espone le imprese ad elevati rischi di modello dal momento che errori

metodologici, dati insufficienti o inadeguati e interpretazioni non corrette degli output

possono condurre a decisioni di business sub-ottimali. Per mitigare tale tipo di rischio è

essenziale implementare una governance dei modelli che preveda un processo di

validazione indipendente rispetto alle figure che hanno partecipato direttamente

all‟implementazione dei modelli stessi e che comprenda al suo interno una serie di use

test.70

Solvency II richiede, attraverso l‟articolo 47 della direttiva, la presenza di una funzione

di internal audit che valuti l‟adeguatezza e l‟efficacia del sistema di controllo interno e

di altri elementi del sistema di governance, facendo in modo che questa risulti sempre

adeguata ed efficiente.

Secondo l‟articolo 48, infine, è necessaria, all‟interno dell‟impresa, la presenza di una

funzione attuariale, ritenuta addirittura indispensabile dal CEIOPS per l‟adeguatezza del

sistema di governance. Non risulta necessario che questa funzione venga svolta da

personale con specifica formazione professionale, ma è sufficiente che “sia esercitata

da persone che dispongono di conoscenze di matematica attuariale e finanziaria,

commisurate alla natura, alla portata e alla complessità dei rischi inerenti all‟attività

dell‟impresa di assicurazione o di riassicurazione e che sono in grado di dimostrare

un‟esperienza pertinente in materia di norme professionali e di altre norme

applicabili.”71

E‟ possibile esternalizzare tutte le funzioni di corporate governance di cui si è fatta

menzione, ma l‟impresa di assicurazione rimane responsabile in toto delle attività

esternalizzate. Questa scelta, inoltre, comporta dei requisiti di capitale addizionali (ex

art. 50) per garantire che i contratti di esternalizzazione siano costituiti e gestiti in

maniera effettiva.

70

Gli use test richiedono all‟assicuratore di dimostrare che vi sia sufficiente autodisciplina da parte

dell‟impresa nello sviluppo e nell‟applicazione del modello interno, in modo tale che quest‟ultimo sia

largamente utilizzato e abbia un ruolo importante all‟interno dell‟azienda stessa. (FINANCIAL

SERVICES AUTHORITY, Insurance Risk Management: The path to Solvency II, pag. 31, dal sito

internet www.fsa.gov.uk) 71

CEIOPS, Consultation Paper No. 24– Advice on the Principle of Proportionality in the Solvency II

Framework Directive Proposal, (rinvenibile sul sito www.ceiops.eu)

Page 73: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

72

2.4. Il terzo pilastro

Il terzo pilastro che compone la struttura di Solvency II è contenuto all‟interno degli

articoli 35 e da 50 a 55 e detta disposizioni relative ai contenuti e alle modalità

dell‟informativa ai fini di vigilanza e verso il mercato. Obiettivo di questa parte della

normativa è il conseguimento di un sempre maggiore livello di trasparenza informativa

delle imprese di assicurazione, che faciliti la vigilanza nello svolgimento dei propri

compiti.

Con il nuovo regime previsto, le imprese devono prepararsi a fornire pubblicamente una

quantità d‟informazioni molto maggiore rispetto al passato.72

Dall‟altra parte, per il

mercato sarà più semplice analizzare un‟impresa, confrontare due o più imprese di

assicurazione e fare benchmark sul settore assicurativo.

Solvency II, infatti, intende garantire una sempre maggiore coerenza tra reporting

regolamentare e informativa al pubblico a livello europeo, che porterà anche ad un

cambiamento nel tipo d‟informazioni richieste dalle Autorità.

Oltre al supervisor, anche gli analisti, le agenzie di rating, gli investitori ed i clienti

potranno disporre di informazioni pubbliche sulla governance, sul profilo di rischio, sul

capital management e sul grado di patrimonializzazione delle imprese. Dal canto loro, le

imprese potranno utilizzare l‟informativa per dimostrare la propria solidità patrimoniale,

l‟efficacia della propria governance e delle funzioni di controllo, fornendo un maggiore

livello di conforto a tutti gli stakeholders. In particolare nei confronti dei clienti, le

imprese potranno costruire un‟immagine sulla base della loro trasparenza, solidità e

capacità di gestione dei rischi inerenti il business assicurativo. Questo potrebbe portare

nuovi investitori, precedentemente restii ad affacciarsi nel settore assicurativo, a

riconsiderare le proprie strategie d‟investimento.

Secondo quanto richiesto dalla normativa, è prevista la predisposizione di due tipi di

documenti:

il Report to Supervisor (RTS), destinato all‟Autorità di vigilanza, che, secondo

quanto descritto dall‟articolo 35 comma 1 della direttiva, deve contenere

72

CEIOPS, (2008), Issues Paper on the Supervisory Review Process and Undertakings’ Reporting

Requirements (consultabile presso il sito www.ceiops.eu)

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73

quantomeno le informazioni necessarie a valutare il sistema di governance

adottato dalle imprese, l‟attività che esse esercitano, i principi di valutazione

applicati a fini di solvibilità, i rischi cui sono esposte e i sistemi di gestione dei

rischi, nonché la loro struttura patrimoniale, il loro fabbisogno di capitale e la

loro gestione del capitale. Le informazioni, inoltre, devono consentire al

supervisor di adottare tutte le misure derivanti dalle funzioni assegnategli dalla

direttiva;

Il Solvency and Financial Condition Report (SFCR), ovvero una disclosure

pubblica redatta annualmente da parte dell‟impresa d‟assicurazione e

contenente, come richiesto dall‟articolo 51, informazioni quantitative riguardanti

i requisiti di capitale regolamentari adottati, incluso ogni possibile scostamento

dei propri MCR e SCR e, in caso, la maggiorazione del requisito per essi

prevista. Dall‟altra parte, in aggiunta alle principali informazioni finanziari, è

richiesta una descrizione qualitativa del proprio business e delle proprie

performance finanziarie, del sistema di governance e dei differenti rischi

affrontati all‟interno della propria attività, indicando, per ogni categoria di

rischio, l‟esposizione, la concentrazione, la mitigazione e la sensibilità verso lo

stesso.

Il RTS e il SFCR sono report autonomi per i quali CEIOPS73

ha previsto una struttura

comune per ridurre l‟impatto sulle imprese chiamate a preparare i report. In questo

senso, il dettaglio delle informazioni contenute nel report dovranno essere

“proporzionali” alla natura, dimensione e complessità del business.

Questo tipo di reportistica dev‟essere redatta secondo una frequenza predeterminata, ma

il comma 2 dell‟articolo 35 stabilisce che vi sono eventi (come, ad esempio, una

modifica sostanziale del profilo di rischio o della posizione patrimoniale) che

determinano la necessità di comunicazione specifica da parte dell‟impresa. Inoltre,

l‟Autorità di vigilanza, nell‟ambito del Supervisory Review Process, possono richiedere

all‟impresa di ricevere determinate documentazioni.

Infine, l‟articolo 53 prevede dei casi in cui l‟informativa al pubblico non è necessaria,

ovvero allorquando le informazioni fornite potrebbero recare vantaggi indebiti ai

concorrenti dell‟impresa o nel caso in cui quest‟ultima sia tenuta ad obblighi di

73

CEIOPS, (2009) Consultation Paper n. 58, Draft Level 2 Advice on Supervisory Reporting and

Disclosure

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74

segretezza e riservatezza nei confronti dei contraenti. Tali informazioni dovranno

comunque essere fornite privatamente all‟Autorità di vigilanza.

2.5. Interazioni tra i pilastri

La situazione economica attuale ha evidenziato la necessità di un miglioramento dei

presupposti alla base di Solvency II per un futuro migliore. Infatti, gli studi hanno

condotto al rafforzamento della struttura sottostante alla formula standards per la

determinazione del SCR. In aggiunta, lo sviluppo di varie classi di attività, ha

provveduto a comprendere nuovi valori di volatilità che il sistema ha il compito di

assorbire e che risultano incorporati all‟interno del sottomodulo del rischio di mercato.

L‟esperienza ha insegnato che in situazioni di crisi reali, solo l„alta qualità degli

elementi di capitale possono, giustamente, essere la prima linea di difesa per

l‟assorbimento delle perdite, evitando di coinvolgere gli assicuratori in una piena e

totale bancarotta.

Proprio per questo, nel settore assicurativo è stata riscontrata la necessità di ridefinire le

funzioni di governance, risk management e controlli interni.

Dette funzioni sono la chiave di lettura della filosofia di Solevency II in merito ad un

sistema risk sensitive che prenda in considerazione rischi interni e rischi esterni,

quantificabili e non.

In relazione a tale circostanza, è necessario porre in essere una reciproca e appropriata

interazione tra primo e secondo pilastro, in modo da poter considerare unitariamente i

rischi quantificabili e non (ad esempio, i rischi posti in essere da decisioni strategiche o

il rischio reputazionale).

La necessità di armonizzare gli obblighi informativi per le imprese, un‟informativa

chiara e trasparente nei confronti degli investitori e dei consumatori per favorire la

“disciplina di mercato” (vista come capacità del mercato di valutare la solvibilità delle

imprese di assicurazione) e renderla efficace al fine di ridurre le distorsioni derivanti

dall‟esigenza di fissare requisiti patrimoniali elevati, sono le motivazioni che hanno

portato, invece, alla creazione di un terzo pilastro.

Tramite il rispetto delle disposizioni previste da tutti e tre i pilastri si presuppone che

sarà promossa la best practice industriale.

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75

2.6. Differenze e analogie con altri sistemi regolamentari: Solvency I

Per comprendere meglio l‟impatto che Solvency II avrà sul settore assicurativo, è

importante sottolineare quali sono le principali differenze tra quest‟ultimo e le

precedenti direttive facenti parte del progetto Solvency I.

La più evidente tra queste differenze è sicuramente l‟approccio utilizzato nelle due

normative: se in Solvency I, infatti, veniva preso in considerazione il rischio di

un‟impresa di assicurazione nel suo complesso, con Solvency II, attraverso un

approccio di tipo risk-based vengono valutati tutti i rischi relativi all‟attività

dell‟operatore, da cui dipenderanno direttamente i relativi requisiti patrimoniali.

Obiettivo della nuova normativa non è quello di rendere complessivamente più elevati

tali requisiti secondo un‟ottica di mera vigilanza, bensì garantire che questi siano il

risultato di un‟efficiente funzione di risk management e di allocazione del capitale.

In quest‟ambito, possiamo vedere come la nuova direttiva valuti sia le attività che le

passività (Total balance sheet approach) partendo dal loro valore economico, basandosi

dunque su un‟ottica market consistent che, in precedenza, veniva utilizzata solo per le

attività e solo a condizione del rispetto di taluni criteri prudenziali. Questa scelta

condiziona il calcolo delle disponibilità di capitale e, conseguentemente, dell‟intera

posizione di solvibilità dell‟impresa. Sempre in questo senso, con Solvency II viene

riconosciuta la possibilità di utilizzare diverse forme di capitale a seconda della propria

capacità di assorbire il rischio, mentre questa facoltà era soggetta a numerose restrizioni

nel precedente regime: da questo deriva che alcune attività che non venivano prese in

considerazione da Solvency I, saranno invece ammissibili con Solvency II

Diverso è anche l‟approccio quantitativo al calcolo dei requisiti di capitale stessi, in

quanto, se in precedenza esso prevedeva l‟utilizzo di parametri decisi arbitrariamente e

soggettivamente dall‟assicuratore, trascurando spesso quello che era il proprio specifico

profilo di rischio, con la nuova normativa si sono introdotti criteri puntuali per calibrare

questo calcolo per arrivare ad una misura più oggettiva della posizione di solvibilità

(probabilità di rovina dello 0,5%, orizzonte temporale maggiore di un anno, ecc.)

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76

Va ricordato inoltre che, con Solvency II, diversificazione e riassicurazione sono

pienamente prese in considerazione nelle valutazioni sul profilo di rischio di solvibilità

dell‟impresa, cosa che non era prevista precedentemente.

Infine, molto importante è la previsione di due nuovi livelli di capitale secondo la nuova

direttiva che pone l‟MCR come limite invalicabile da parte delle imprese assicurative,

mentre l‟SCR viene visto come un obiettivo target delle stesse, il cui mancato

raggiungimento non fa scaturire di per se i severi interventi di vigilanza che erano

invece previsti per l‟inadempimento dei livelli di capitale previsti da Solvency I.

2.6.1. Differenze e analogie con Basilea II

Come si può notare, l‟analogia più evidente tra Solvency II e Basilea II è sicuramente la

previsione di una struttura a tre pilastri in tutti e due le normative. Ma quest‟apparente

similitudine non deve ingannare, in quanto la netta differenza che c‟è tra settore

bancario ed assicurativo si riflette in un altrettanto netta distinzione di quelli che sono i

principi alla base dei sistemi di vigilanza.

Ciò detto, va comunque ricordato che i due sistemi nascono dichiaratamente entrambi

per il perseguimento degli stessi obiettivi. Tra questi il principale è sicuramente legato

alla nuova visione sistemica del rapporto tra Autorità di vigilanza e soggetti vigilati che

non sarà più unidirezionale bensì contraddistinto da un intenso scambio d‟informazioni

che deriva dall‟assegnazione di maggiori responsabilità in capo alle imprese, soprattutto

nell‟ambito della misurazione della propria posizione di rischio: i vigilati cessano di

essere unicamente soggetti passivi delle regole stabilite dai vigilanti. I due progetti

rappresentano l‟ultimo passo di un evoluzione nei sistemi di controllo e

regolamentazione del sistema finanziario, iniziata negli anni ‟80 e che ha portato al

graduale passaggio da una vigilanza strutturale all‟odierna vigilanza prudenziale. 74

Il riscontro più evidente di quanto detto è che tutte e due le normative promuovono ed

incentivano l‟adozione di modelli interni per il calcolo dei requisiti di capitale ed,

inoltre, sia secondo Basilea II che secondo Solvency II, la gestione interna dei rischi

dev‟essere sempre più adeguata al profilo dell‟intermediario, che deve andarsi a

74

VINCENZINI M., SANTOBONI F., (2005), I progetti di riforma della vigilanza nel sistema

finanziario: i “suggerimenti organizzativi” di Basilea 2 e Solvency II, in MONDO BANCARIO n.2,

marzo aprile, pag.49-50

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77

riflettere anche sul calcolo dei requisiti patrimoniali dello stesso. Da ciò deriva anche la

comune enfasi sul ruolo della governance e sulla funzione di risk management, il cui

sviluppo viene promosso all‟interno del secondo pilastro di entrambe le normative.

Probabilmente, la differenza più evidente è riscontrabile nell‟ampiezza della proprio

campo di applicazione dovuta alle divergenze che esistono tra i due modelli di business:

se da una parte infatti, Basilea II è orientato a potenziare la stabilità del sistema bancario

internazionale, partendo dalla consapevolezza di trovarsi in un mercato in cui gli

operatori dipendono l‟uno dall‟altro, dall‟altra Solvency II ha come obiettivo la

protezione degli assicurati contro il rischio di fallimento di una specifica compagnia di

assicurazione basandosi sulla filosofia del “one size doesn’t fit alls” 75

e dal momento

che il settore assicurativo è molto meno esposto al rischio sistemico. Per questo motivo,

mentre Solvency è diretta alla totalità degli assicuratori, Basilea riguarda principalmente

le banche attive a livello internazionale. Questa differenza è rinvenibile anche nelle

diverse categorie di rischio che vengono prese in considerazione all‟interno del primo

pilastro delle due normative, riguardante i requisiti quantitativi. In questo campo, infatti,

sono poche le idee di Basilea II che possono essere trasposte in campo assicurativo dato

che, ad esempio, il rischio d‟insolvenza della controparte legato al rischio di credito non

interessa particolarmente le compagnie assicurative che, solitamente, investono i loro

fondi in attività poco rischiose e diversificate e svolgono una funzione di erogazione

prestiti molto limitata.

Diversa è anche la concezione di rischio di mercato, che in Basilea II assume una

connotazione tipicamente bancaria, poiché riguarda il portafoglio di negoziazione di cui

non vi è una corrispondenza a livello assicurativo.

Per quanto riguarda il rischio di tasso ed il rischio di variazione del valore delle attività,

non è previsto un requisito ad hoc, ma queste tipologie di rischio vengono gestite,

all‟interno del secondo pilastro, nell‟ambito del processo ALM che viene

dettagliatamente valutato dall‟Autorità di vigilanza in una fase successiva.

La gestione del rischio operativo, infine, risulta separata da quella degli altri rischi

secondo entrambi i sistemi regolamentari, in quanto costituisce per entrambi un forte

elemento di criticità.

75

GIOMMI G. e AA. VV., (2006), Nuovi strumenti per Basilea II, LE FONTI, Milano, pagg. 90-93

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78

In generale, possiamo notare come i rischi considerati all‟interno di Basilea II

riguardino principalmente il lato dell‟attivo degli intermediari bancari (ad eccezione del

rischio operativo ovviamente), mentre esistono dei rischi caratteristici delle compagnie

assicurative che incidono anche a livello di passività (rischio di insufficienza delle

riserve, rischio di sottoscrizione, rischio di riassicurazione ecc.). Da ciò deriva che,

mentre Solvency II promuove la diversificazione del rischio e la valutazione

dell‟adeguatezza considerando in un‟ottica economica (il già citato total balance sheet

approach) tanto le attività quanto le passività, il sistema prudenziale bancario trascura

tale approccio, concentrandosi solo sugli assets. Questa è stato uno dei motivi che hanno

portato alla recente crisi finanziaria, in quanto, tramite fenomeni di securization, molti

assets sono usciti dal bilancio e quindi dal controllo dell‟intermediario e dell‟Autorità di

vigilanza.

Secondo il parere di Margarita Von Tautphoeus76

(responsabile del controllo della

solvibilità nel gruppo Munich RE), invece, Solvency sarà in grado di proteggere le

compagnie di assicurazione, e quindi l‟intero sistema finanziario, molto più di quanto

non abbia fatto Basilea II con le banche, e supporta questa sua affermazione ricordando,

ad esempio, che l‟attenzione verso fenomeni prociclici è espressamente citata all‟interno

della direttiva. Von Tautphoeus, inoltre crede fermamente che Solvency II incorpori al

suo interno una più ampia e sofisticata considerazione del rischio rispetto a Basilea,

affermando che “gli scenari analizzati da Basilea si basano solo su un dato numero di

giorni, mentre Solvency considera un range di rischio di ben 200 anni”.

I due sistemi divergono anche sull‟approccio di vigilanza utilizzato che, come abbiamo

anticipato, è di tipo principle based per Solvency II, affidando alle imprese la

responsabilità ultima di interpretare tali principi, mentre la visione di Basilea II è di tipo

rule based. Questi differenti approcci garantiscono una maggiore flessibilità da parte di

Solvency ad adattarsi al profilo delle imprese (anche per quanto riguarda i modelli

interni ad esempio), che si manifesta in una interazione costante tra primo e secondo

pilastro.

Al contrario si sostiene77

che l‟approccio utilizzato da Basilea II non sia adattabile, in

quanto il livello di regolamentazione, per quanto riguarda le metodologie da adottare,

76

Dall‟articolo Why Solvency II is more sophisticated than Basel II consultabile presso il sito

www.insuranceerm.com 77

CRO FORUM, (2009), Internal Model Admissibility, pag. 30

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79

risulta essere troppo specifico e prescrittivo, così da rendere i modelli un semplice

ibrido tra un modello standard e un vero e proprio modello interno.

2.6.2. Differenze ed analogie col RBC americano

L‟impostazione prescrittiva è una caratteristica anche del sistema del Risk Based

Capital americano, che quindi si differenzia anch‟esso dall‟ottica utilizzata da Solvency

II. Ciò rende RBC poco flessibile e i suoi procedimenti assai lenti.78

Sebbene vi siano delle analogie tra il calcolo del SCR secondo Solvency e il calcolo dei

requisiti del sistema americano, va tuttavia precisato che, a differenza di quanto accade

nella direttiva europea, il RBC calcola detti requisiti unicamente in base ad un

approccio multi-risk-factor, non consentendo l‟utilizzo di modelli interni e di approcci

di scenario. RBC si concentra, inoltre, soprattutto sui rischi tecnici propri delle

compagnie assicurative, trascurando rischi importanti quali il rischio operativo, il

rischio di credito e il rischio di concentrazione e soprattutto non considerando la

possibile correlazione tra i vari tipi di rischi.

Per quanto riguarda la valutazione di attivi e passivi, c‟è da rilevare come RBC non si

basi sul principio market consistent utilizzato da Solvency, bensì utilizza regole

contabili legali (statutory accounting rules), che non ne riflettono il valore di mercato.

A differenza di quanto avviene con la nuova direttiva europea, il sistema americano non

coglie i possibili disallineamenti tra attivi e passivi, né definisce esplicitamente un

livello massimo di probabilità d‟insolvenza. In generale, il livello implicito di

probabilità d‟insolvenza previsto varia a seconda della tipologia di rischio, ma

solitamente è fissato intorno al 5% e su un orizzonte temporale pluriennale.

Infine, RBC non stabilisce regole esplicite per la vigilanza sulla funzione di corporate

governance e di reporting, come previsto, rispettivamente nel II e nel III pilastro della

direttiva Solvency II

CAPITOLO III

78

HOLZMÜLLER I., (2008), The United States RBC Standards, Solvency II, and the Swiss Solvency

Test: a comparative assessment, UNIVERSITA‟ DI SAN GALLO, pag. 24-25

Page 81: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

80

Il possibile impatto della nuova normativa

3.1. Il ruolo dei QIS: Quantitative Impact Studies

Come già anticipato, nell'ambito del progetto Solvency II, il CEIOPS, oltre a svolgere

l‟attività di consulenza tecnica per la Commissione Europea, ha anche avviato una serie

di studi di impatto quantitativo (QIS – Quantitative Impact Study) con l‟obiettivo di

ottenere indicazioni in merito agli effetti delle nuove regole sui bilanci delle imprese.

Ad oggi, sono stati effettuati quattro studi di impatto quantitativo ed attualmente ne è in

corso un quinto, i cui risultati si conosceranno nella primavera del 2011.

I QIS risultano essere indispensabili soprattutto per la valutazione delle conseguenze

delle nuove norme introdotte all‟interno del I pilastro.

Il primo studio di impatto quantitativo (QIS 1)79

, preceduto da un Preparatory Field

Study, si è svolto nel 2005 e ha avuto lo scopo di valutare il livello di prudenza delle

riserve tecniche sotto diverse ipotesi. Hanno partecipato 19 Paesi europei con 312

compagnie, di cui soltanto sette italiane, che coprivano rispettivamente il 15% e il 23%

della quota di mercato del ramo vita e del ramo danni.

Il QIS 280

, condotto dalle compagnie nel 2006, si è concentrato, invece, sulla

valutazione di mercato di tutte le poste attive e passive, sulla definizione di SCR e

MCR, calcolati per mezzo di formule standard.

Il QIS 2 ha avuto una partecipazione maggiore rispetto al primo studio: 514 società

distribuite in 23 Paesi. Per l„Italia hanno partecipato 13 imprese di dimensioni medio-

grandi, coprendo il 30% del ramo vita e il 37% del danni.

Una partecipazione ancora maggiore da parte delle imprese si è registrata per la stesura

del QIS 381

, che ha coinvolto anche compagnie di dimensioni minori.

Complessivamente, hanno preso parte allo studio 1.027 compagnie di 28 Paesi tra i 30

dell„area Euro: per l„Italia le imprese partecipanti sono state 73, che coprono il 71% del

ramo vita e l‟82% del danni.

79

CEIOPS, (2006), QIS1 – Summary report 80

CEIOPS, (2006), QIS2 – Summary report 81

CEIOPS, (2007), CEIOPS’ Report on its third Quantitative Impact Study (QIS3) For Solvency II

Page 82: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

81

In questo studio, svoltosi nel 2007, alcuni coefficienti per il calcolo dei requisiti

patrimoniali sono stati modificati, si è data una maggiore importanza alle valutazioni di

scenario e ai modelli interni a discapito delle formule standard per il calcolo del SCR,

ma le novità maggiori hanno riguardato la trattazione degli eligible elements (capitale

disponibile per la copertura degli impegni) e la previsione di un questionario anche a

livello di gruppo. Sono stati inoltre rivisti i parametri per la valutazione dei rischi tecnici

danni e per quelli di mercato: in generale, tutti i coefficienti e i parametri utilizzati per il

QIS3 sono stati calibrati in modo da calcolare i SCR come VaR al 99.5% con orizzonte

temporale di un anno.

Come si può notare, i QIS sono condotti in modo tale che il grado della granularità e lo

scopo aumentino gradatamente.

3.1.1. I risultati del QIS 4

Nonostante i numerosi passi in avanti compiuti a partire dallo studio preparatorio fino al

QIS3, si registravano ancora numerose criticità82

:

il QIS3, infatti, imponeva di riclassificare i dati di bilancio e gli elementi

costitutivi del capitale disponibile in particolari categorie e ciò non risulta

sempre possibile, anche tenuto conto delle diverse legislazioni nazionali e delle

regole IAS/IFRS;

i requisiti di capitale per i rischi di mercato erano frutto di una formula standard

che prevede un approccio factor based per i rischi di tasso d„interesse, di cambio

e immobiliare. Soprattutto nel primo caso, il valore dei coefficienti

necessitavano di una migliore specificazione per catturare una struttura del

portafoglio molto più articolata di quella proposta con tale approccio;

i maggiori rischi tecnici del ramo danni, tariffazione e riservazione, erano stati

accorpati in un„unica formula, peraltro proponendo per il calcolo del SCR un

modello factor based, che non teneva conto della rischiosità specifica delle

riserve tecniche dell„assicuratore;

82

KPMG, (2008), QIS4 in practice: Experiences and data requirements, pagg. 8-10, consultabile presso

il sito www.kpmg.co.il

Page 83: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

82

i rischi di mortalità e longevità del ramo vita, che vengono valutati attraverso un

aumento della probabilità di morte/sopravvivenza, non venivano applicati

all„intero portafoglio, ma il primo ai contratti il cui rischio principale è

l„innalzamento della mortalità, il secondo alle polizze che perderebbero in caso

di eccessiva longevità. Dal momento che entrambi gli shock non possono

verificarsi allo stesso tempo, ciò avrebbe comportato un inutile aggravamento di

capitale;

il requisito di capitale per rischi operativi veniva calcolato attraverso dei

coefficienti applicati ai premi e alle riserve vita e del ramo danni, non tenendo in

considerazione alcuna peculiarità di tale rischio né tantomeno gli strumenti di

risk mitigation, che possono rivelarsi assai importanti per le imprese di

assicurazione;

infine, il MCR era calcolato secondo due alternative, anch‟esse quantificate da

formule factor based che, in alcuni casi, facevano risultare il MCR addirittura

più elevato del SCR.

Per tutti questi motivi, si è resa indispensabile la formalizzazione di un QIS 483

, con cui

si è inteso concentrare per la prima volta l‟attenzione sulla comparazione dei risultati

ottenuti con la formula standard e con i modelli interni per il calcolo del SCR, attraverso

la previsione di un questionario ad hoc.

Il QIS 4 si è occupato inoltre di riconsiderare la struttura e la calibrazione del MCR e di

valutare l‟impatto quantitativo della nuova normativa sui bilanci dei gruppi di

assicurazione e riassicurazione, con particolare attenzione agli effetti della

diversificazione e della trasferibilità dei fondi propri.

Tramite questo studio quantitativo si è rilevato che Solvency II, come previsto, ha

impattato sia sul capitale disponibile per la copertura degli impegni assunti da ciascuna

compagnia (eligible elements) sia sul SCR che si è attestato mediamente intorno al

200% del capitale. In particolare, il coefficiente di solvibilità (rapporto percentuale tra il

"patrimonio di vigilanza" dell'intermediario e il totale delle "attività ponderate per il

rischio") è cresciuto per le compagnie vita dal 200% al 230% rispetto a Solvency I,

83

CEIOPS, (2008), CEIOPS’ Report on its fourth Quantitative Impact Study (QIS4) For Solvency II

Page 84: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

83

mentre è diminuito addirittura del 85% per le compagnie non vita. Le riduzioni sono

ancora maggiori per quanto riguarda le compagnie di riassicurazione e le captive.

Tabella 3: Confronto tra i coefficienti di solvibilità con Solvency I e QIS 4

Segmento di business Solvency I QIS 4

Vita 200% 230%

Non vita 277% 193%

Composite 267% 230%

Riassicurazione 366% 221%

Captive 331% 167%

Fonte: www.ceiops.eu

Inoltre, si è rilevato che circa l„1% dei partecipanti (17 compagnie), non sono stati in

grado di soddisfare i Requisiti Minimi di Capitale (MCR), mentre circa l„11% delle

imprese (154 compagnie) non sono state in grado di soddisfare il Requisito di Capitale

di Solvibilità (SCR).

Tabella 4: Percentuale di compagnie (suddivise per dimensioni) che non hanno coperto il

SCR

Grandi Medie Piccole Totale

Vita 16,7% 7,2% 7,9% 9,7%

Non vita 14,5% 10,3% 11,2% 11,2%

Composite 4,7% 6,3% 5,7% 5,7%

Riassicurazione 10% 6,7% 0% 4,1%

Captive - 0% 28,6% 28,3%

Totale 13,2% 8,6% 12% 10,9%

Fonte: www.ceiops.eu

Rispetto alla Formula standard, analizzando il modello interno s„è rilevato che esso

potrebbe ridurre il SCR del 20%. Tuttavia, per alcuni moduli di rischio, come

l‟azionario, l‟immobiliare e l‟operativo, il modello interno ha un più alto requisito

rispetto alla Formula standard.

Page 85: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

84

Dall‟altra parte, altri rischi, quali il rischio di tasso, di longevità e di tariffazione e

riservazione, sembrano generare un requisito di capitale più basso.

Queste differenze, nel modello interno, evidenziano che l„incentivo, nel determinare il

requisito di capitale, non è stato uniforme tra le diverse classi di rischio.

Grazie al QIS 4, inoltre, si è potuto rilevare come sussistano effetti sostanziali dovuti

alla diversificazione di gruppo (26% nel QIS4), mentre si sono palesate forti

preoccupazioni riguardo alla trasferibilità del capitale all„interno del gruppo, in

particolare per quanto riguarda le imprese al di fuori dello SEE (Spazio Economico

Europeo).

Da quanto rilevato, dal punto di vista del CEIOPS e della Commissione Europea, il

QIS4 è stato un grande successo: allo studio d‟impatto, infatti, hanno partecipato tutti i

30 stati membri dello SEE; in più si sono inserite nel campione di riferimento anche le

nuove entranti Romania e Liechtenstein.

In termini percentuali, la partecipazione al QIS4 è stata del 40% con oltre 1.412

compagnie (maggiore partecipazione rispetto al QIS3), ben 111 Gruppi e in più anche

99 aziende captive.

Esso ha fornito utili dati per consentire l„analisi delle molte questioni tecniche e per

raggiungere gli obiettivi fissati per le compagnie partecipanti.

L„elevato livello di partecipazione indica, inoltre, l„impulso necessario per la

realizzazione del progetto Solvency II.

Tuttavia, va specificato che i calcoli del QIS4 sono stati eseguiti utilizzando i dati di

dicembre 2007 e per questo, non riflettono la volatilità delle condizioni economiche

vissute negli ultimi anni a causa della crisi.

3.1.2. Il QIS 5

Recentemente, la Commissione Europea ha richiesto al CEIOPS di dare vita ad un

quinto (e forse ultimo) studio d‟impatto quantitativo, le cui specifiche tecniche sono

state pubblicate nell‟Aprile del 201084

e i cui questionari sono stati sottoposti alle

imprese tra Agosto e Novembre. La pubblicazione dei relativi risultati è prevista per

l‟Aprile di quest‟anno. Obiettivo dichiarato per questo nuovo studio è aumentare ancora

84

CEIOPS, (2010), QIS5 Technical Specifications

Page 86: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

85

il livello di partecipazione da parte delle imprese rispetto ai QIS precedenti, cercando di

superare la soglia del 60% per le imprese singole e del 75% per i gruppi.85

Risulta evidente l‟utilità del QIS 5 per l‟Autorità di vigilanza ai fini della valutazione

degli impatti della Standard Formula e della definizione delle implementing measures,

ma è importante sottolineare come la partecipazione allo studio rappresenta soprattutto

un vantaggio per le compagnie, in quanto:

1. potranno valutare le ricadute apportate dalla nuova normativa in termini di

allocazione del capitale e di cambiamenti a livello organizzativo e tecnologico;

2. aiuteranno il CEIOPS a limare le deficienze riscontrate all‟interno delle

specifiche tecniche proposte, rendendole più aderenti alle esigenze delle

imprese;

3. saranno in grado di valutare se i risultati ottenuti con i parametri aggiornati della

formula standard sono in linea con il proprio profilo di rischio.

QIS 5, dunque, indicherà alle compagnie la strada da seguire non solo a livello di

calcolo dei requisiti, ma anche a livello strategico, coinvolgendo a tutti i livelli le

strutture delle compagnie stesse: dal risk manager all‟attuariato, dal CFO

all‟amministratore delegato.

Addentrandoci in quelle che sono le specifiche tecniche finali proposte dal CEIOPS a

Luglio, possiamo subito notare come siano stati apportati alcuni cambiamenti, tra cui

molto importante è l‟introduzione di un illiquidity premium da incorporare all‟interno

del tasso che sconta i flussi di cassa passivi per il calcolo del best estimate e, dall‟altra

parte, il riconoscimento degli effetti della diversificazione tra linee di business

nell‟ambito del calcolo del risk margin.

Per quanto riguarda il SCR, sembra essere aumentato lo sforzo richiesto in termini di

esercizi simulativi da effettuare ai fini del calcolo dei vari ΔNAV, in particolare per

quanto concerne i sottomoduli del rischio di mercato per il rischio di credito, di

concentrazione e di controparte. Viene inoltre dato più peso alla correlazione tra i rischi

stessi.

85

ANGELILLI A., (2010), Importanza del QIS 5 per il disegno di Solvency II, nell‟ambito del Convegno

ANIA tenutosi a Roma il 21 Luglio

Page 87: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

86

Novità sono anche state introdotte nell‟ambito della valutazione dei fondi propri. Con

QIS 5, infatti, si è inteso rendere possibile la pratica del grandfathering86

con alcune

limitazioni: gli elementi che soddisfano i criteri per il grandfathering nel Livello 2

possono essere inclusi nei fondi propri del Livello 1 a condizione che gli altri strumenti

di capitale versati non siano superiori al 20% del totale dei fondi propri del Livello 1. In

altri termini, il totale degli elementi dei fondi propri del Livello 1 grandfathered e gli

altri strumenti di capitale versati che rientrano nel Livello 1 non dovranno superare il

20% del totale. Gli elementi che eccedono tale limite possono essere considerati nel

Livello 2 nel rispetto dei limiti di ammissibilità dei fondi propri.

Da un recente studio effettuato dalla società di consulenza attuariale Milliman87

, risulta

chiaro come il QIS 5 comporterà una riduzione dei coefficienti di solvibilità che si

erano individuati con il quarto studio d‟impatto per il ramo vita, dovuta al

rafforzamento complessivo degli stress applicati al calcolo del SCR che compensa

l‟effetto dell‟utilizzo di tassi d‟interesse più elevati. Viene, però, specificato che questa

condizione non si verificherà indistintamente in tutti i paesi europei, ma si avvererà solo

in presenza di determinate circostanze. Questa diminuzione nel grado di solvibilità è

stata ulteriormente aggravata dagli effetti della crisi finanziaria.

Lo studio condotto da Milliman ha inoltre osservato che l‟inclusione dell‟illiquidity

premium nel calcolo del best estimate delle passività avrà un effetto positivo sul

bilancio redatto con Solvency II.

L‟impatto sul comparto non-vita dovrebbe essere ancora più elevato a livello di

coefficienti di solvibilità, con una riduzione di questi ultimi ancora maggiore rispetto al

ramo vita.

3.2. Possibili implicazioni per il business delle assicurazioni

86

Il grandfathering è una clausola di salvaguardia che consente a situazioni sottoposte ad una vecchia

normativa di essere esenti dall‟applicazione di una nuova, in presenza di determinate condizioni. 87

CLARK D. e MITCHELL S., (2010), Report on the possible impact of the likely Solvency II QIS 5

Standard Formula on the European life market, MILLIMAN, consultabile presso il sito

cee.milliman.com

Page 88: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

87

Solvency II avrà un profondo impatto sulle compagnie di assicurazione a livello

strategico, in quanto porterà ad una rivalutazione dei propri modelli di business88

, sia in

termini di prodotti offerti, che di diversificazione del proprio portafoglio.

Questo impatto varierà sicuramente a seconda del paese e del tipo di attività svolta, ma

alcuni possibili effetti risultano già ora chiari ed evidenti

Chi beneficerà maggiormente dell‟introduzione della nuova normativa saranno,

probabilmente, i riassicuratori più capitalizzati, grazie all‟aumento della domanda di

quelle mutue assicuratrici che non trovano fonti alternative di capitale e soprattutto

mediante un incremento dell‟utilizzo della riassicurazione quale strumento per la risk

mitigation. Dall‟altra parte, le imprese più piccole e maggiormente localizzate saranno

quelle più duramente messe alla prova, dal momento che i requisiti patrimoniali

dipenderanno fortemente dalla diversificazione del proprio business e dei prodotti

offerti.

Quanto detto potrebbe portare a fenomeni di consolidamento soprattutto all‟interno dei

mercati maggiormente frammentati, dove minore è la possibilità di raccogliere capitale,

rendendo l‟industria assicurativa europea stessa più efficiente.

Non va sottovalutato, infine, che i grandi gruppi faranno sempre più ricorso, per gestire

al meglio i propri bilanci, a strutture specifiche di ingegneria finanziaria, siano essi

programmi di cartolarizzazione che contratti finanziari ad hoc.

Solvency II, come ricordato in precedenza, basandosi su principi economici, consente

l‟utilizzo di un‟ampia gamma di strumenti per la copertura o il trasferimento del rischio.

E‟ necessario, tuttavia, avviare dei cantieri di attività finalizzate a valutare l‟impatto che

tali prodotti avranno in termini di bilancio. Una tappa importante in tale contesto è

rappresentata ancora una volta dalla validazione dei modelli di valutazione da parte

degli Organi di vigilanza.

La direttiva, inoltre, aumenterà considerevolmente la trasparenza all‟interno del

business e questo potrebbe portare gli assicuratori a cercare di ottenere ricavi maggiori

per quelle linee di prodotto che richiedono maggiori accantonamenti di capitale.

Dall‟altra parte, invece, la maggiore consapevolezza del proprio profilo di rischio

porterà ad un minore utilizzo di quelle linee di business che comportano una distorsione

del profilo stesso.

88

Insurance: Solvency II, quantitative & strategic Impact: the tide is going out, report redatto

congiuntamente da Oliver Wyman e Morgan Stanley, nel Settembre del 2010

Page 89: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

88

Molte imprese, però, si sono concentrate esclusivamente sullo sviluppo dei modelli

interni e dunque sugli aspetti tecnici della nuova regolamentazione, tralasciando quelli

che potrebbero essere i cambiamenti nel proprio business e rischiando quindi di

commettere lo stesso errore commesso dalle banche nell‟ambito di Basilea II.

3.2.1. Ramo vita

L‟affinamento delle tecniche di misurazione e analisi dei rischi può avere dunque degli

impatti importanti sulla tipologia dei prodotti venduti e sul pricing degli stessi in quanto

dovrebbe consentire di tarare il costo dei prodotti ai rischi sottostanti, fino all‟eventuale

sostituzione di alcune linee di prodotto.

Il rafforzamento delle riserve tecniche da parte di Solvency, infatti, tramite l‟utilizzo del

risk-free per l‟attualizzazione delle stesse (a prescindere da quelle che sono le attività a

copertura), comporterà dei requisiti maggiori per alcuni titoli, quali ad esempio

corporate bonds, e dunque rendite minori, soprattutto per quanto riguarda gli

assicuratori vita che maggiormente investono in tale tipo di strumenti.

Quanto detto comporterà anche una maggiore volatilità del bilancio, dato che variazioni

nei credit spread si ripercuoteranno esclusivamente sul passivo, rendendo le compagnie

maggiormente esposte al rischio di tasso d‟interesse legato ai propri prodotti ed in

generale al rischio di mercato.

In termini di gestione del bilancio, sebbene la problematica sia ancora allo studio dei

diversi gruppi di lavoro coinvolti, sarà necessario avviare anche delle attività finalizzate

a riconciliare quanto indicato nella normativa Solvency II con le regole previste dai

criteri IFRS, il che non farà altro che aumentare i costi legati all‟adeguamento alla

nuova regolamentazione.

Come se non bastasse, si ritiene che molti assicuratori vita, a causa dei nuovi requisiti

previsti per le garanzie, aboliranno del tutto o, quantomeno, diminuiranno la propria

offerta di prodotti garantiti, aumentando le tariffe legate a tali prodotti, alla ricerca di

una profittabilità più adeguata al proprio profilo di rischio.

Anche la previsione di un risk margin basato sul costo del capitale risulterà assai

oneroso per quelle imprese che detengono un portafoglio di polizze vita molto esteso, e

ciò, unito ai fattori precedentemente elencati, potrebbe spingere molti assicuratori del

Page 90: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

89

comparto vita a spostare le proprie sedi principali al di fuori dell‟Europa per garantire

una maggiore possibilità di impiego del proprio capitale.89

Le possibili soluzioni previste per diminuire il peso dell‟adozione di Solvency da parte

delle compagnie europee sembrano essere due. Da una parte, è stata introdotta, tramite

il QIS 5, la possibilità di includere i profitti derivanti dai cash flow futuri nel capitale a

copertura dei rischi; ma questa soluzione, se da un lato sembrerebbe essere positiva,

dall‟altro comporterebbe comunque costi maggiori per la valutazione della profittabilità

futura degli strumenti.

La seconda soluzione, invece, riguarda l‟introduzione in alcuni mercati europei di

speciali “ammortizzatori” che aiutino a diminuire l‟accantonamento patrimoniale. In

Olanda e in Francia, ad esempio, sono state direttamente collegate le garanzie che

coprono i tradizionali prodotti vita all‟andamento degli indici sui bond statali, riducendo

così notevolmente l‟esposizione verso il rischio di tasso.

Infine, i prodotti vita a cui corrispondono passività totalmente illiquide, potranno

beneficiare dell‟illiquidity premium, anch‟esso introdotto dall‟ultimo studio d‟impatto

quantitativo.

I problemi fin qui elencati dovrebbero incidere solo in minima parte sulle compagnie

italiane che sono tipicamente meno esposte al rischio di mercato e fanno un grande uso

di prodotti di tipo unit-linked. Questi ultimi rappresentano uno strumento quasi perfetto,

visti con l‟ottica dell‟assicuratore, sia dal lato dell‟attivo che dal lato del passivo. Se, da

una parte, infatti, il rischio d‟investimento ad esso legato è quasi interamente

sopportato da terzi, dall‟altra, i profitti che ne scaturiscono possono essere considerati

come capitale disponibile, come detto in precedenza.

Per quanto riguarda i prodotti ibridi e a rendita variabile, essi potrebbero beneficiare

dell‟introduzione del nuovo sistema a seconda del loro costo e del loro profilo di

rischio. La copertura dei rischi legati a questi prodotti innovativi potrebbe certamente

ridurre i requisiti di capitale, dato che gli strumenti di mitigazione dovrebbero essere

facilmente assimilati all‟interno della nuova normativa, ma allo stesso tempo potrebbero

comportare degli ulteriori accantonamenti dovuti ad una maggiore esposizione verso il

rischio di controparte e alla volatilità di mercato.

89

DELOITTE, (2009), Considering the business impact of Solvency II, pagg. 6-9

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90

In generale, si ritiene che solo le compagnie più sofisticate e con un elevato livello di

controllo interno possano essere in grado di ottenere profitto da questi prodotti, ed

anche questo tipo d‟imprese dovranno cercare comunque di limitare la loro esposizione

verso di essi, dato che anche la crisi ha dimostrato come siano poco profittevoli.90

3.2.2. Ramo non-vita

Dal lato delle compagnie non-vita, Solvency diminuirà la profittabilità di molti prodotti,

obbligando gli assicuratori ad aumentare i prezzi degli stessi o comunque a stabilire

delle condizioni più restrittive per i rischi che vengono coperti. 91

Si è stimato, attraverso il QIS 5, che, per questo tipo di compagnie, l‟entità dei requisiti

di capitale deriverà principalmente dal rischio di sottoscrizione non-vita, anche se ciò

dipenderà essenzialmente dal tipo di prodotti offerti. Il requisito complessivo, in

generale, dovrebbe subire un grosso incremento rispetto a quello calcolato tramite

Solvency I (in alcune compagnie tale aumento potrebbe essere addirittura del 600%), a

causa dell‟aumento delle riserve tecniche richieste e dell‟accrescimento dei requisiti

richiesti per il rischio di sottoscrizione appunto e per il rischio di default, quest‟ultimo

soprattutto legato all‟esposizione verso controparti di tipo corporate. Inoltre, i requisiti

di capitale potrebbero anche subire l‟effetto dovuto alla nuova valutazione delle poste di

bilancio di tipo market-consistent, il cui impatto varierà tra paese e paese.

In Italia a differenza di quanto accaduto in Germania, ad esempio, le compagnie danni,

nonostante l‟incremento dei requisiti, hanno relativamente limitato il ricorso alle riserve

occulte, che sono considerate forme di eligible capital secondo Solvency II, e dunque

saranno probabilmente costrette ad aumenti di capitale o, molto più semplicemente, a

rincarare i prezzi dei propri prodotti.

Figura 7: Suddivisione percentuale dei principali rischi costitutivi i requisiti patrimoniali

per le compagnie vita e non-vita

90

JUNKER L., RAMEZANI S., (2010), Variable Annuarities in Europe after the crisis: Blockbusteror

Niche product?, in MCKINSEY WORKING PAPERS ON RISK n.19, pagg. 1-8 91

CORRADI D., BERNERT A. e AA. VV.., (2010), The Solvency II Challenge: Anticipating the far-

range impact on business strategy, BOSTON CONSULTING GROUP, pag. 1-15

Page 92: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

91

Fonte: www.bcg.com

3.2.4. Riassicurazione

Come già detto più volte in precedenza, Solvency II consentirà agli assicuratori

“primari” di liberare capitale tramite l‟utilizzo della riassicurazione; pertanto, lo stesso

mercato riassicurativo è destinato a crescere enormemente grazie alla nuova normativa.

Dall‟altra parte, però, la diffusione di questo fenomeno potrebbe portare molte

compagnie, al fine di proteggersi da un deterioramento del merito creditzio del

riassicuratore e dal conseguente aumento dei requisiti richiesti, a richiedere l‟inclusione

di clausole rating trigger all‟interno dei contratti di riassicurazione, che esporrebbe

proprio i riassicuratori ad un elevato rischio di liquidità assimilabile a quello derivante

dai bank run nelle banche.92

Gli assicuratori, inoltre, saranno in grado di trasferire al mercato il rischio di credito

legato ai rapporti di riassicurazione attraverso l‟uso della securitisation, mentre i

riassicuratori potranno a loro volta coprirsi dai rischi assunti attraverso fenomeni di

retrocessione, che comporteranno però un‟ulteriore esposizione al rischio di credito.

92

SWISS RE, (2003), Reinsurance: A systemic risk?, Sigma No 5/2003.

-20%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Compagnie vita Compagnie non-vita

Diversificazione

Operativo

Controparte

Sottoscrizione

Mercato

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92

Considerando ora le tipologie delle forme di riassicurazione, sulla base di quanto

previsto dalla normativa, risulta immediatamente evidente che :

per quanto concerne la riassicurazione di tipo proporzionale, essa viene

pienamente considerata e valutata appropriamente, ai fini del calcolo del capitale

rilasciato, con l‟utilizzo della formula standard perché si riduce

proporzionalmente l‟esposizione e quindi l‟SCR per il premium & reserve risk

(anche se ci sono delle eccezioni perché eventuali condizioni speciali con “event

limits” o “partecipazioni alle perdite” non vengono comunque considerate);

le coperture di tipo non proporzionale, invece, non sono adeguatamente valutate

nella formula standard e quindi le compagnie non riceveranno adeguato

beneficio di rilascio di capitale da questo tipo di soluzioni riassicurative, perché

viene considerata solo la differenza tra i premi lordi e quelli al netto del costo

delle coperture.

Tuttavia, è possibile pervenire ad una valutazione efficiente del beneficio relativo a

quest‟ultimo tipo di riassicurazione tramite l‟adozione di un modello interno, anche

parziale.

3.3 Possibile impatto a livello organizzativo

Con Solvency II l‟organizzazione interna delle compagnie dovrà subire profonde

trasformazioni se queste vorranno rendersi compliant con la nuova normativa.

Inoltre, i costi dell‟implementazione, seppur regolati dal principio di proporzionalità,

devono essere equamente suddivisi tra tecnologia, processi e formazione.

Per giungere ad una gestione attiva dei rischi, infatti, risulta essenziale intervenire sulle

procedure organizzative per monitorare i rischi esistenti e gestire i nuovi in funzione del

loro impatto marginale sul portafoglio.

Solvency II spinge le compagnie ad effettuare una selezione dei rischi da sottoscrivere,

per evitare una concentrazione troppo elevata che richiederebbe una maggiore

disponibilità di capitale a discapito della redditività dei contratti.

Le compagnie assicurative, già coscienti di tali difficoltà, hanno già provveduto a

predisporre le tecniche finalizzate alla misura del RAROC (Risk Adjusted Return on

Page 94: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

93

Capital), che rimpiazzerà l‟EVA, ma in ogni caso la riforma Solvency II impatterà

direttamente sui calcoli di redditività.

Tutte le funzioni aziendali dovranno adeguare le proprie procedure operative affinché

queste rispettino le disposizioni di Solvency II e per garantire un processo decisionale

più rapido.

Fondamentale, per adeguarsi ai nuovi requisiti previsti dalla normativa, sarà l‟adozione

di un processo di Enterprise Risk Management (ERM), che includa la nomina di un

Chief Risk Officer (CRO), o comunque di un comitato esecutivo per la gestione dei

rischi.

Un‟efficiente funzione di risk management potrebbe portare a benefici in termini di:

minori accantonamenti di capitale e conseguente possibilità di fissare prezzi più

competitivi per determinati prodotti;

diversificazione del portafoglio per le imprese più grandi;

sviluppo di tecniche di gestione dei rischi specifiche per determinate aree di

prodotto da parte delle compagine di minori dimensioni.

Tutto ciò renderà indispensabile per le imprese una maggior domanda di risorse

qualificate ed è proprio per questo motivo che le compagnie dovrebbero giocare

d'anticipo sul progetto Solvency II e prevedere un piano di training per ampliare le

capacità all'interno dell'organizzazione.

Probabilmente, però, l‟esigenza di tali interventi non sarà sentita come prioritaria ma si

procederà ad una rivisitazione di tale ambito solo in un secondo momento sulla base

dell‟avanzamento del progetto.93

In questo contesto, comunque, molto importante risulterà il ruolo del consiglio di

amministrazione e del management esecutivo in generale, che si dovranno impegnare in

prima persona nella definizione della strategia di rischio complessiva e nel supporto dei

processi di cambiamento del management stesso, che saranno necessari per la

costituzione di una solida cultura del rischio all‟interno dell‟organizzazione.

93

PRICEWATERHOUSECOOPERS, (2009), Solvency II: impact on Organisation, Procesesses and

Structure, consultabile presso il sito www.pwc.com

Page 95: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

94

La formalizzazione richiesta dall‟ORSA è lo strumento per dimostrare l‟assunzione di

tali responsabilità e, dunque, l‟effettivo ruolo di indirizzo, supervisione e controllo della

strategia di risk management della compagnia.

Figura 8: Impatto sulle funzioni previsto dalle compagnie secondo un sondaggio condotto

dalla società di consulenza Towers Perrin

Fonte: www.towersperrin.com

3.3.1. La qualità dei dati

La qualità dei dati costituirà un punto cruciale per ottenere l‟approvazione dell‟Autorità

di Vigilanza, sia che si tratti della validazione di un modello standard, sia di quello di un

modello interno. Da inizio Luglio, il CEIOPS ha proposto un Consultation Paper nel

quale rammenta i tre criteri che ritiene utile considerare: le compagnie d‟assicurazione

dovranno effettuare i loro calcoli, in particolare la determinazione delle riserve tecniche,

attraverso l‟utilizzo di dati pertinenti, esaustivi e precisi. Allo stesso tempo, ha precisato

le condizioni che permetteranno di ricorrere a delle approssimazioni (proxies, utilizzo di

dati esterni, approcci caso per caso, ecc.). Così facendo, le compagnie d‟assicurazione

dovranno creare dei data warehouse e perfino adattare, o arricchire, quelli già a

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Funzione Attuariale

Risk Management

Asset Management

Corporate Governance

Impatto Alto

Impatto Medio

Impatto Basso

Page 96: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

95

disposizione. Inoltre, dovranno giustificare la coerenza di questi dati con quelli utilizzati

dalle altre funzioni (contabilità, controllo di gestione, marketing, ecc).

La quadratura dei dati originati da fonti differenti, sovente all‟origine di problemi, è

facilmente controllabile dall‟Autorità di vigilanza, e può penalizzare e inficiare un

modello seppur sofisticato. Le compagnie assicurative che intendono implementare un

modello interno per tutte le società del gruppo, dovranno assicurarsi della disponibilità e

dell‟omogeneità dei dati provenienti dalle differenti filiali. Se non l‟hanno ancora fatto,

le compagnie dovranno realizzare dei sistemi di riferimento dei dati ed estenderli ai

differenti sistemi d‟informazione che hanno al loro interno. Secondo alcune stime, il

lavoro di raccolta e certificazione della qualità dei dati, rappresenterà almeno il 20%94

del costo totale del progetto. Si tratta dunque di un aspetto cruciale che l‟Autorità di

vigilanza non mancherà di controllare e a cui le compagnie dovranno adeguarsi

completamente.

3.4. Possibile impatto sui requisiti quantitativi

Come evidenziato dal lavoro svolto dalla società di consulenza Deloitte, su

commissione della Commissione Europea95

, l‟introduzione di Solvency II dovrebbe

portare ad una diminuzione delle riserve tecniche in tutti i paesi dell‟unione, ma

soprattutto in quei mercati caratterizzati da una maggiore prudenza nell‟accantonamento

delle riserve stesse, anche se la nuova normativa ha lo scopo di armonizzare sempre di

più a livello europeo i metodi di calcolo utilizzati per queste ultime.

Dall‟altra parte, in linea con la filosofia sottostante Solvency II, che considera la totalità

dei rischi riguardanti le compagnie, si dovrebbe registrare un aumento sia del capitale

disponibile, che dei requisiti patrimoniali. Di tale incremento risentiranno in maniera

minore quelle compagnie che, già allo stato attuale, detengono dei requisiti di capitale

maggiori rispetto a quanto previsto da Solvency I e tutte le imprese che esercitano

un‟attività ben diversificata. Discorso inverso va fatto, invece, per le compagnie piccole

e concentrate in un‟unica area di attività.

94

AA. VV., (2010), Solvency II – non si può più attendere, consultabile presso il blog di SIA

PARTNERS, blog.sia-partners.it 95

DELOITTE, (2010) External study by Deloitte for the impact assessment of Solvency II (Level 2),

consultabile presso il sito www.deloitte.com, pagg. 4-13

Page 97: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

96

Mentre l‟incremento del SCR (che sarà minore per le compagnie che utilizzano i

modelli interni) appare essere abbastanza chiaro, non altrettanto si può dire per il MCR,

il cui andamento sembra variare molto da paese a paese. In generale, comunque, le

imprese più grandi dovrebbero registrare un MCR maggiore rispetto al passato.

L‟aumento dei requisiti patrimoniali sarà più alto in valore assoluto del decremento

previsto per le riserve tecniche, dunque in generale si registrerà un innalzamento degli

impegni a carico delle compagnie d‟assicurazione.

Ma l‟ammontare finale dei requisiti di capitale dipenderà essenzialmente dalla scelta da

parte delle compagnie di adottare un proprio modello interno, dalla capacità di

quest‟ultimo di catturare i tratti fondamentali del profilo di rischio dell‟impresa e della

relativa appropriata calibratura dei suoi parametri. Risulta evidente che i mercati

assicurativi più sviluppati e sofisticati avranno maggiore possibilità di adottare tale tipo

di soluzione rispetto ai mercati più piccoli, in cui la maggior parte degli assicuratori si

troveranno a dover utilizzare la formula standard.

La valutazione degli assets al valore di mercato effettuata da Solvency II, infine,

suggerisce che, per quanto riguarda i fondi propri, l‟impatto della normativa dipenderà

dalle condizioni del mercato stesso al momento dell‟implementazione. Tuttavia ci si

aspetta che tale impatto possa essere positivo per la maggior parte dei paesi.

3.4.1. Implicazioni per la strategia d’investimento

Sotto il profilo della gestione degli investimenti, tenuto conto che con la nuova

normativa i requisiti patrimoniali rifletteranno anche la rischiosità degli attivi in

portafoglio, gli strumenti di gestione integrata delle attività-passività (ALM)

giocheranno un ruolo sempre più importante. Ad avere successo non sarà più chi è in

grado di generare un volume premi elevato, bensì chi saprà conseguire un alto

rendimento sul capitale di rischio che gli è stato assegnato.

Dopo i risultati non molto rassicuranti scaturiti dalla prima bozza delle specifiche

tecniche, che vedevano un forte innalzamento dei requisiti rispetto al precedente studio

d‟impatto, nel documento finale proposto dal CEIOPS per il QIS 5 sono stati rivisti

Page 98: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

97

alcuni punti che allegeriscono di molto l‟assorbimento di capitale previsto ai fini di

vigilanza.96

Particolare importanza riveste, in questo contesto, la decisione di utilizzare la curva dei

tassi swap come tasso “privo di rischio” per l‟attualizzazione delle riserve assicurative,

al posto della curva dei bond statali che veniva usata in precedenza. Questo

cambiamento porterà gli assicuratori ad un forte incremento nell‟utilizzo degli interest-

rate swap nell‟ambito della propria funzione di Assets and Liabilities Management97

,

anche se gli assicuratori più grandi ne fanno già un ampio utilizzo. Altra modifica

importante, come già ricordato nei paragrafi precedenti, è sicuramente l‟inclusione di un

premio per la carenza di liquidità (illiquidity premium) nei periodi di instabilità dei

mercati. Questo add-on avrà l'effetto di ridurre l'ammontare delle riserve attualizzate,

aumentando pertanto la disponibilità di capitale delle compagnie e, dall‟altro lato,

cambierà radicalmente il modo di investire nel mercato del credito da parte delle

assicurazioni. Se le previsioni dovessero essere esatte, le differenze con il passato per il

mercato assicurativo europeo saranno evidenti e comporteranno un aumento della

domanda di strumenti quali:

receiver swaps a lungo termine per un migliore mismatch delle scadenze;

interest-rate swaps a lungo termine che aiutino a gestire meglio la volatilità;

asset come government bonds che non comportano ulteriori requisiti

patrimoniali.

Dall‟altra parte, la nuova regolamentazione potrebbe portare gli assicuratori ad

abbandonare altre forme d‟investimento come:

corporate bonds a medio-lungo termine;

obbligazioni con rating AAA emesse da paesi non facenti parte dell‟EEA

(European Economic Association) o del OECD (Organisation for European

Economic Cooperation and Development);

titoli non quotati;

prodotti cartolarizzati e crediti strutturati.

96

Dall‟articolo “Bruxelles ammorbidisce le regole di Solvency II” del Sole 24 Ore del 21 Aprile 2010. 97

MCGLOUGHLIN P., (2010), How Solvency II will change insurers’ ALM and investment strategies,

consultabile presso il sito www.insuranceern.com

Page 99: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

98

La scelta della curva dei tassi swap, nonostante l‟idea comune che gli strumenti

cosiddetti OTC (over the counter) aumentino la volatilità dei mercati, è stata motivata

dal CEIOPS da una maggiore sicurezza e liquidità riscontrata nel mercato di questo tipo

di derivati rispetto a quello delle obbligazioni statali che, d‟altro canto, si è

caratterizzato recentemente per un forte rischio di default.98

Gli swaps sembrano dunque

essere lo strumento migliore a disposizione degli assicuratori per far fronte alle proprie

passività.

Per quanto riguarda la previsione dell‟illiquidity premium, questo porterà minori

incentivi per l‟assicuratore ad includere nel proprio portafoglio obbligazioni di tipo

corporate a lungo termine, che comportano requisiti maggiori rispetto a forme di credito

qualitativamente migliori e con scadenza più breve.

3.4.2. L’ottimizzazione della struttura di capitale

Tramite l‟aumento degli strumenti di capitale idonei a disposizione delle compagnie per

la copertura dei requisiti, Solvency II ha inteso fortemente promuovere l‟ottimizzazione

nella struttura del capitale delle imprese d‟assicurazione. Questo allargamento ha esteso

la qualità di elementi eligible a forme di capitale quali securization, debito subordinato

e capitale ibrido.

Questi ultimi due strumenti, in particolare, comportano una serie di vantaggi rispetto al

normale capitale azionario. Innanzitutto godono di una piena deducibilità fiscale degli

interessi ad essi relativi, il che determina un costo di finanziamento minore rispetto

all‟equity. Inoltre, gli utili portati a nuovo di queste forme di capitale sono maggiori e

producono dunque maggiori dividendi per gli investitori.

Questi strumenti, dunque, non saranno soltanto utili per gli assicuratori che, avendo un

accesso limitato al mercato, saranno alla ricerca di capitale per coprire i propri requisiti,

ma anche per quelli che vorranno finanziare operazioni di buyback (riacquisto) delle

proprie azioni o di aumento dei dividendi.

Per di più, tali forme di capitale risulteranno utilissime per i fenomeni di

consolidamento che si prevede comporterà la nuova regolamentazione.

98

CEIOPS, (2009), Advice for L2 Implementing Measures on SII: Technical Provisions - Risk free

interest rate, pagg. 19-22

Page 100: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

99

L‟ampio ricorso a capitale ibrido e debito subordinato renderà meno rilevante l‟utilizzo

di strumenti di securization.99

3.5. Possibili conseguenze sulla stabilità finanziaria

La recente crisi ha messo a nudo tutte le lacune del sistema finanziario, soprattutto per

quanto riguarda il settore bancario, costringendo i vari paesi ad adottare misure di

sostegno per superare questo momento di difficoltà ed a rendere la propria politica

economica molto più espansiva rispetto al passato, tralasciando quelle che potrebbero

essere (e già sono state) le conseguenze per il proprio debito pubblico.

Ma la crisi, inevitabilmente, si è estesa anche agli altri settori del sistema finanziario,

come quello assicurativo, anche se in maniera sicuramente più lieve.

Gli assicuratori hanno risentito dell‟effetto del dissesto finanziario internazionale in

termini di svalutazione dei propri investimenti in azioni ed obbligazioni, con una perdita

totale (stimata al Febbraio 2010) di circa 270 miliardi di dollari, ossia il 26% della

propria equity; per le banche, a titolo di paragone, le perdite sono state invece pari al

68% della capitalizzazione.100

Sempre secondo le stesse stime, il complesso delle

operazioni di ricapitalizzazione del settore assicurativo (comprensivi degli aiuti di Stato

quando effettuati nella forma di capitale) è stato pari a 170 miliardi di dollari, ossia il

16% della capitalizzazione del 2006. Tale percentuale si confronta con il 58% nel

settore bancario.

D‟altronde, il settore assicurativo internazionale, grazie a un basso ricorso alla leva

finanziaria e a una ridotta esposizione al cosiddetto rischio di run degli assicurati, non

ha evidenziato quei problemi di rischiosità sistemica che hanno, invece, interessato altri

segmenti del sistema finanziario e che motivano una profonda revisione delle regole

prudenziali.

Una delle poche eccezioni a quanto detto, forse la più eclatante, è stata quella relativa al

caso dell‟AIG, che alcuni sostengono sia prova della vulnerabilità del settore

assicurativo. Ma se andiamo ad analizzare i motivi che hanno portato al dissesto di

99

FITCH RATINGS, (2005), Reeling in the years: VIF securitisation, Europe Special Report di Giugno 100

GENEVA REPORT, (2010), Systemic Risk in Insurance - An analysis of insurance and financial

stability, Special Report of The Geneva Association Systemic Risk Working Group, disponibile presso il

sito www.genevaassociation.org

Page 101: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

100

quest‟azienda, ci accorgiamo che questo è stato dovuto a situazioni che difficilmente si

presentano nelle altre compagnie di assicurazione. AIG, infatti, deteneva, all‟interno del

proprio portafoglio, una grande quantità di strumenti derivati ed era, inoltre,

un‟istituzione che agiva con un‟elevatissima leva finanziaria, cosa che non è consentita

dalla maggior parte delle regolamentazioni assicurative.101

La crisi finanziaria, inoltre, ha fatto riemergere il tema se la regolamentazione possa

attenuare o meno la naturale pro-ciclicità del sistema finanziario. Quest‟ultima, a livello

assicurativo, è un problema che si concentra sul mercato finanziario, dove una caduta

nei prezzi dei titoli può costringere le compagnie a vendere i propri asset, soprattutto

quelli che comportano maggiori requisiti in termini di capitale, generando così una

spirale che porta ad un‟ulteriore caduta dei prezzi.

Questo problema potrebbe essere ulteriormente aggravato dal fatto che, con Solvency II,

le poste dell‟attivo e del passivo verranno valutate al valore di mercato, aumentandone

dunque la volatilità.

Dall‟altra parte, però, la nuova normativa ha introdotto delle nuove misure per il

contrasto del fenomeno della pro-ciclicità, quali:

l‟introduzione di un meccanismo anticiclico simmetrico che aumenta (o

diminuisce) fino a un massimo di 10 punti percentuali il coefficiente da

applicare nel calcolo del requisito patrimoniale per le azioni, in funzione di

come l‟indice azionario di riferimento si trova rispetto a una media mobile dei

valori passati;

la previsione che il periodo entro il quale le imprese devono riportare i fondi

propri a un livello sufficiente per coprire il SCR possa essere esteso qualora i

mercati finanziari registrino cadute eccezionali e il meccanismo di

aggiustamento simmetrico si riveli insufficiente a permettere alle imprese di

soddisfare il requisito patrimoniale di solvibilità.

Secondo Dario Focarelli (Direttore Economia e Finanza dell‟ANIA), è assolutamente

indispensabile che queste misure siano coerenti con l‟obiettivo di eliminare gli incentivi

regolamentari che costringono le imprese di assicurazione a vendere titoli durante le fasi

101

Per approfondimenti si rinvia all‟articolo del New York Times del 3 Marzo 2009 dal titolo “Fed Chief

says insurance giant acted irresponsibly” disponibile anche sul sito internet www.nytimes.com

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101

di ribasso dei mercati, così come va favorito l‟irrobustimento del patrimonio nelle fasi

di espansione.102

Ad ogni modo, l‟adozione di una valutazione market consistent e i nuovi requisiti di

capitale più stringenti potrebbero portare gli assicuratori a scegliere una composizione

di portafoglio più “sicura”, preferendo ad esempio investire in obbligazioni statali,

piuttosto che in partecipazioni corporate. Inoltre, anche grazie all‟allargamento della

lista degli asset eligible, molti assicuratori potrebbero decidere di aumentare la propria

raccolta di capitale piuttosto che esporsi ad un maggiore rischio d‟investimento,

provocando una contrazione del volume di titoli scambiati sul mercato.

3.5.1. Possibili conseguenze sul rating degli assicuratori

Nel suo report sulla stabilità finanziaria globale dell‟Aprile del 2004, il Fondo

Monetario Internazionale sottolineava come l‟importanza data al ruolo delle agenzie di

rating, all‟interno del sistema assicurativo, fosse sproporzionata e suggeriva, in

quest‟ambito, un rafforzamento dei poteri della vigilanza.103

Solvency II è stata una

risposta in questo senso, soprattutto tramite le disposizioni introdotte dal suo terzo

pilastro che hanno fortemente aumentato gli obblighi di public disclosure e di reporting

per le compagnie, rendendo le procedure di due diligence più facili per gli

stakeholders.

Tuttavia, gli operatori non ritengono che questo cambierà di molto il ruolo delle agenzie

di rating, dal momento che i dati che verranno forniti dagli assicuratori potrebbero

essere molto volatili e difficili da interpretare anche per i broker e i risk manager stessi,

mentre i giudizi delle agenzie sono relativamente più stabili104

Detto ciò, la recente crisi ha sicuramente portato gli investitori e gli assicurati a dare

minore peso ai giudizi espressi dalle agenzie, preferendo, ad esempio, “spalmare” il

proprio rischio su una moltitudine di controparti, piuttosto che affidare il proprio destino

nelle mani di una o due soggetti seppure valutati con rating elevati.

102

FOCARELLI D., (2010), Il ruolo delle imprese di assicurazione nella crisi finanziaria: Solvency II è

una risposta adeguata ?, pag. 11, consultabile presso il sito www.ania.it 103

FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, (2004), Global Financial Stability Report, pagg. 6 e

seguenti 104

Tratto dall‟intervista a Rob Jones, amministrazione delegato della Standard & Poor‟s, all‟interno

dell‟articolo “Will Solvency II harm the rating agencies?”, consultabile presso il sito

www.insuranceerm.com

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102

Dall‟altro lato, però, le difficoltà incontrate dalle agenzie di rating nella valutazione di

prodotti complessi offerti dal settore bancario durante la crisi, non dovrebbe essere

riscontrata nel giudizio sulle compagnie d‟assicurazione, grazie alla minore opacità del

loro business. Dunque il ruolo delle agenzie dovrebbe rimanere intatto.

Grazie a Solvency II, inoltre, il rating espresso da questi operatori conterrà anche un

giudizio implicito sulle capacità di risk management delle singole compagnie.

A dispetto di quanto detto, si ritiene che l‟innalzamento dei requisiti previsto dalla

nuova normativa potrebbe avere delle implicazioni sul rating soprattutto per quelle

imprese che non saranno in grado di raccogliere capitale aggiuntivo e di ridurre i

requisiti stessi tramite strategie di diversificazione.105

Dall‟altro lato, invece, le imprese

più grandi e diversificate potrebbero ottenere effetti positivi sul proprio rating grazie a:

un minor ricorso al leverage;

una migliore capacità di valutazione di tipo risk-based;

maggiori barriere all‟entrata.

Per queste imprese, tuttavia, l‟utilizzo di modelli interni complessi porterà ad una

minore trasparenza dei risultati con essi ottenuti e dunque ad una maggiore difficoltà per

le agenzie di rating nel giudicarli.106

3.5.2. Possibili ripercussioni per il sistema bancario

La probabile ondata di fenomeni di consolidamento e il possibile aumento nell‟utilizzo

di strumenti di securization all‟interno del comparto assicurativo, dovrebbe portare ad

un incremento degli utili per le banche.

Solvency II, inoltre, viene riconosciuto come uno strumento all‟interno del proceso di

armonizzazione della regolamentazione tra i vari settori finanziari, con cui si è inteso

andare incontro alla sempre maggiore convergenza delle attività e dei rischi assunti

dagli operatori dei diversi comparti.107

105

HUGES C., ZINNER S., PROWSE D., (2010), Solvency II - Considerations for Credit Rating

Analysis, FITCH RATINGS, pagg. 2-4 106

HUGES C., ZINNER S., PROWSE D., (2010), Solvency II - Far Reaching Implications of New

Insurance Regulation, FITCH RATINGS, pag. 1 107

BANCA CENTRALE EUROPEA, (2007), Potential impact of Solvency II on Financial Stability,

consultabile presso il sito internet ec.europa.eu, pagg. 34-39

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103

Si è cercato, innanzitutto, di far sì che ad uno stesso rischio corrispondesse uno stesso

requisito di capitale sia per le banche che per gli assicuratori, per evitare un‟inefficiente

allocazione del rischio e del capitale che minerebbe la stabilità finanziaria.

Tuttavia, come risulta dalle differenze tra le direttive di Solvency II e Basilea II, appare

molto difficile, se non impossibile, conseguire una perfetta coerenza tra le due

regolamentazioni, dati i differenti rischi che gli intermediari interessati si trovano ad

affrontare, che portano ad una conseguente differenza nella struttura dei bilanci degli

assicuratori e delle banche.

Il nuovo regime regolamentare in campo assicurativo potrebbe portare le compagnie

vita a convertire molte delle proprie polizze in prodotti unit-linked, che in molti aspetti

assomigliano alle forme di risparmio offerte dalle banche, dato che anch‟essi, ad

esempio, sono legati all‟andamento dei mercati. Dunque Solvency II dovrebbe portare

ad un aumento della competizione per le banche, che si potrebbe riscontrare anche nella

maggiore propensione degli assicuratori ad investire in obbligazioni corporate, le quali

potrebbero costituire una forma di raccolta di capitale importante per le imprese, in

alternativa ai consueti prestiti bancari.

Dall‟altro lato, però, sia in Basilea II, che in Solvency II, non risultano esservi benefici

derivanti dalla diversificazione intrasettoriale ottenuta grazie a consolidamenti, per la

formazione di conglomerati finanziari e di gruppi di bancassicurazione. Questo perché

si ritiene che tali fenomeni potrebbero portare ad un incremento del rischio sistemico a

sua volta dovuto all‟aumento che si avrebbe nel rischio di contagio, con evidenti

implicazioni negative per la stabilità finanziaria.108

Inoltre, i maggiori requisiti previsti

dalla nuova normativa in campo assicurativo per il rischio di credito, diminuiranno gli

incentivi per gli assicuratori a intrattenere rapporti troppo stretti con le banche.

D‟altro canto, però, l‟introduzione di Solvency II, potrebbe comportare l‟aumento delle

partecipazioni incrociate tra i due settori, sia a livello di equity, che di debito

subordinato, grazie all‟ampliamento della lista degli elementi di capitale ammessi per

gli assicuratori, che potrebbe portare ad un aumento del rischio di contagio, dal

momento che il fallimento di una banca o di un assicuratore potrebbe avere effetti diretti

sulla stabilità dell‟altro settore.

108

DARLAP P. e MAYR B., (2006), Group aspects of regulatory reform in the insurance sector,

GENEVA PAPERS ON RISK AND INSURANCE, Vol. 31, pagg.. 96-123.

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104

Nel medio-lungo termine, inoltre, l‟incentivo fornito dalla nuova disciplina per

l‟utilizzo di prodotti di trasferimento del rischio agli assicurati, quali unit-linked ad

esempio, dovrebbe portare ad un generale aumento del livello di rischio sopportato

dall‟intera economia. Alcuni rischi che precedentemente venivano diversificati

attraverso tecniche di pooling, infatti, potrebbero venire trasferiti all‟interno dei bilanci

dei consumatori: uno di questi dovrebbe essere il longevity risk, oltre ovviamente al

rischio finanziario legato a questo nuovo tipo di prodotti. Dal momento che l‟incertezza

per gli assicuratori è da sempre stata legata alla corretta previsione della longevità

media attesa, paradossalmente gli assicurati dovranno affrontare sia il rischio legato ad

una sottostima della durata della propria vita, sia ad una sovrastima della stessa.

Gli assicurati, in generale, non sono in grado di valutare adeguatamente i rischi connessi

a prodotti così complessi e potrebbero commettere scelte d‟investimento sbagliate che

potrebbero portare a conseguenze gravi per i propri redditi, dato che al contrario degli

intermediari finanziari essi non hanno le capacità per smussare la propria esposizione ai

rischi o per assorbire le forti perdite che ad essa potrebbero essere legate.

Dunque, quanto detto potrebbe aumentare notevolmente l‟esposizione al rischio di

credito per le banche, per le quali variazioni avverse all‟interno dei mercati potrebbero

compromettere la capacità da parte dei propri clienti di onorare i debiti.

I possibili effetti ora elencati non devono ingannare nella valutazione del generale

impatto positivo che Solvency II dovrebbe avere sia per il settore bancario, che per il

sistema finanziario in generale, grazie all‟armonizzazione con le altre regolamentazioni,

che porterà a minori possibilità di arbitraggio regolamentare per gli operatori del

comparto assicurativo e non.

3.6. Il possibile impatto sul mercato italiano

La società di rating Moody‟s, in una recente analisi sul mercato assicurativo italiano,

sostiene che: l‟introduzione di Solvency II porterà a una riduzione solo marginale del

surplus di capitale dell‟industrie assicurative italiane, in particolare grazie alla forte

crescita delle vendite di polizze vita tradizionali ad alto assorbimento di capitale nel

2009 e nella prima metà del 2010. Nella stessa analisi si rileva come la solvibilità del

comparto sia migliorata nel 2009 con un surplus complessivo di 25,5 miliardi di euro in

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105

base alle regole di Solvency I, con un aumento della copertura a 2,3 volte rispetto alle 2

del 2008. L‟agenzia di rating non vede inoltre problemi significativi sul fronte delle

riserve, che in generale sono ritenute soddisfacenti. Ogni eccesso di riservazione è stato

comunque esaurito, come dimostra un rafforzamento di riserve per 92 milioni a livello

di settore nel 2009, dovuto soprattutto al settore Rc Auto a seguito di un aumento dei

rimborsi per danni alle persone.109

Per quanto riguarda i costi legati all‟introduzione della normativa per le assicurazioni

italiane, la società di consulenza in change management, Sia Conseil ha realizzato un

studio partendo dall‟analisi di un progetto Solvency II per una compagnia tipo.110

Secondo quest‟analisi, è stato stimato che i costi complessivi dell‟implementazione

della direttiva Solvency II saranno pari a circa 560 milioni di euro da suddividere su un

arco di 3 - 4 anni per l‟intero mercato assicurativo italiano, ma 330 milioni di questi

(circa il 60% quindi) si ripercuoteranno solo sulle prime 15 compagnie, che

rappresentano il 90% del totale dei premi lordi contabilizzati.

Le compagnie di dimensione più rilevanti dovranno dunque affrontare costi più

significativi: in media, circa 165 milioni per una compagnia il cui fatturato è superiore

ai 5 miliardi di euro, contro i 73 milioni di compagnie il cui fatturato è invece inferiore

ai 3 miliardi. Inoltre, Sia Conseil stima che i primi 5 gruppi italiani si troveranno ad

affrontare un costo per ciascun progetto che varia tra i 22 e i 44 milioni di euro, mentre

un progetto base in una compagnia di medie dimensioni comporterà costi complessivi in

media di 16 milioni di euro.

Rispetto agli altri principali paesi europei, l‟Italia farà registrare un costo complessivo

minore, anche grazie alle minori dimensioni del proprio mercato assicurativo: nel

Regno Unito, ad esempio, il numero di compagnie è quattro volte quello del nostro

paese ed il fatturato complessivo italiano è circa il 37% di quello generato dal mercato

inglese. Facendo riferimento alle proporzioni, però, il costo di Solvency II per le

assicurazioni italiane risulta essere maggiore di quello per le compagnie inglesi: se,

infatti, il costo totale per i paesi anglosassoni rappresenta lo 0,5% del totale del proprio

fatturato, per l‟Italia questo rapporto si dovrebbe attestare allo 0,6%

109

Dall‟articolo de “Il Sole 24 Ore” del 2 Novembre 2010, dal titolo “Moody's, con Solvency II rimane

surplus capitale” 110

AA. VV., (2009), Solvency II: i veri costi della riforma, consultabile presso il blog di SIA

PARTNERS: blog.sia-partners.it

Page 107: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

106

Tabella 5: Il costo dell’implementazione per i maggiori paesi europei

Paese N° compagnie Fatturato (mld €) Costo Solvency II

Regno Unito 1.050 249 1.325 (mln €)

Francia 1.077 204 1.154

Benelux 607 165 859

Germania 511 120 641

Italia 246 92 561

Fonte: www.sia-partners.it

Un aspetto poco preso in considerazione dalle assicurazioni, ma che invece potrebbe

risultare decisivo per lo scenario competitivo, è rappresentato dal fatto che oltre

all‟aumento dei costi marginali necessari all‟adeguamento delle compagnie alla direttiva

Solvency II, le modifiche nell‟organizzazione delle assicurazioni e nelle linee di

prodotto potrebbero comportare costi aggiuntivi fino a un +45% rispetto ai costi base

del progetto. Questo surplus dovrebbe essere causato, innanzitutto, dal massiccio ricorso

che faranno le compagnie ai modelli interni, il cui uso è fortemente incoraggiato da

parte della nuova normativa e che dovrebbe comportare un aumento dei costi di circa il

25% rispetto a quanto previsto.

D‟altronde, in termini qualitativi, gli investimenti saranno concentrati soprattutto sulle

attività necessarie per adeguarsi al pillar I (69%), che si caratterizzano per la forte

componente di analisi e necessitano di interventi a livello di processi e IT, mentre molto

minore sarà l‟incidenza dei costi per l‟adeguamento al secondo e, soprattutto, al terzo

pilastro.

Page 108: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

107

Tabella 6: Ripartizione dei costi tra i tre pilastri

Totale 100%

Primo pilastro 69%

Secondo pilastro 27%

Terzo 4%

Fonte: www.sia-partners.it

La spinta di Solvency II ad effettuare una selezione dei rischi da sottoscrivere per

evitare una concentrazione troppo elevata richiederà, inoltre, una maggiore disponibilità

di capitale per le compagnie, mentre le modifiche per adeguare le procedure operative

delle funzioni aziendali (Corporate Governance, Business, ALM) comporteranno costi

aggiuntivi fino al 10% del progetto iniziale. Da questo punto di vista l‟Italia è

avvantaggiata rispetto ad altri paesi poiché molte delle prospettive messe in campo con

Solvency II erano state anticipate dal Regolamento 20 dell‟Isvap in materia di controlli

interni e gestione dei rischi.

Infine, l‟avvio di un cantiere ad hoc finalizzato a valutare gli impatti di Solvency II sulle

poste di bilancio (legati in particolare all‟utilizzo di un‟ampia gamma di strumenti per la

copertura o il trasferimento del rischio) potrebbe comportare anch‟esso costi aggiuntivi

fino al 10% del progetto base.

Tuttavia, oltre a quanto detto, esistono altri elementi esterni che potrebbero in gran parte

modificare i costi che sono stati stimati. Tra questi i più importanti sono sicuramente

l‟incertezza sulle tempistiche e sulle effettive modalità di implementazione della

riforma, oltre all‟aumento del rischio operativo. Sebbene, infatti, la gestione del rischio

sia un elemento essenziale nel business assicurativo e già oggi le compagnie siano

focalizzate sull‟ottimizzazione dei propri sistemi di risk management, non vanno

tuttavia sottovalutati nel percorso di adeguamento a Solvency II il livello di

informatizzazione, la migliore qualità di dati, la produzione di una documentazione

sufficientemente completa e soprattutto la diffusione di una cultura del rischio

all‟interno dell‟azienda.

Page 109: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

108

Prendendo in esame quelli che sono stati i risultati del QIS 4, pubblicati dal CEIOPS nel

Novembre del 2008111

, si possono analizzare quelli che dovrebbero essere i

cambiamenti nella composizione del bilancio delle compagnie assicurative rispetto alla

precedente normativa. Da quest‟analisi si evince che non vi sono grandi differenze dal

lato dell‟attivo, dove si registrano solo piccole variazioni: una leggera diminuzione della

riassicurazione (-0,8%) e un debole aumento degli investimenti in generale (+0,6%) e

degli investimenti unit-linked in particolare (+0,5%). Dal lato del passivo, invece, le

differenze sono più evidenti e si palesano in un forte aumento del capitale proprio, che

passa dal 8,2% al 14%, bilanciato da una riduzione delle riserve tecniche che tra best

estimate e risk margin passano dal 59,6% al 52,2%.

Figura 9: Composizione passivo di bilancio delle compagnie italiane con Solvency I

Fonte: CEIOPS, 2008

111

CEIOPS, (2008), CEIOPS’on its fourth Quantitative Impact Study (QIS 4) for Solvency II, Annex of

selected tables, pagg. 24-31

Equity

Riserve tecniche

Passività unit-linked

Altre passività

Page 110: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

109

Figura 10: Composizione passivo di bilancio delle compagnie italiane con QIS 4

Fonte: CEIOPS

Per quanto riguarda il coefficiente di solvibilità, esso dovrebbe aumentare sia per il

ramo vita che per i rami non-vita: nel vita, si passa dal 147% di Solvency I al 154%

risultante dal QIS 5; nel danni, detto coefficiente, che col Solvency I era pari al 129%, si

è attestato al 229% (come emerso dagli ultimi studi d‟impatto).

Figura 11: Andamento dei principali ratio delle compagnie vita italiane nel QIS 4 e QIS 5 (secondo i dati medi del mercato)

Fonte: Elaborazioni Milliman

Equity

Passività best estimate

Passività unit-linked

Altre passività

Risk margin

0,00%

50,00%

100,00%

150,00%

200,00%

250,00%

300,00%

350,00%

400,00%

450,00%

QIS 4 2007 QIS 4 2008 QIS 5 2008

SCR

Fondi propri

Coefficiente solvibilità

Page 111: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

110

CAPITOLO IV

Un’applicazione pratica della normativa

4.1. Il caso dell’azienda Alfa

Per avere un‟idea più precisa di quello che sarà l‟impatto della normativa sulle

compagnie d‟assicurazione europee, si è deciso, all‟interno dell‟ultimo capitolo del

presente lavoro, di analizzare i dati di bilancio di un‟impresa d‟assicurazione, di cui si è

preferito non rivelare il nome per motivi di riservatezza e a cui, all‟interno della

trattazione, verrà fatto riferimento con il nome di azienda Alfa.

Per fare questo, ci si è avvalsi dell‟aiuto di un responsabile dell‟attuariato vita della

compagnia stessa che ha fornito i fogli di lavoro necessari per i calcoli che si sono

andati ad effettuare.

Grazie ad alcune semplificazioni, sarà possibile verificare come le nuove norme vadano

ad incidere sui requisiti di un‟azienda-tipo ed inoltre si verificherà la bontà delle

assunzioni riguardanti le differenze tra le due normative, che sono state presentate nei

precedenti capitoli della tesi.

Tramite i dati bilancio che ci sono stati forniti per l‟ azienda Alfa, si è deciso, per prima

cosa, di procedere al calcolo del margine di solvibilità secondo quanto prescritto

dall‟attuale normativa di Solvency I per poi raffrontare tale risultato, in un secondo

momento, con il requisito ottenuto applicando le disposizioni introdotte dalla nuova

regolamentazione.

Entrando nel dettaglio, per semplicità, si è scelto di far riferimento ad un‟impresa che

opera esclusivamente nel comparto vita, principalmente nel Ramo I (assicurazioni sulla

durata della vita umana) e nel Ramo II (assicurazioni di nuzialità e di natalità), mentre

svolge solo un‟attività marginale nei Rami III (assicurazioni legate a fondi di

investimento ed indici azionari), V (operazioni di capitalizzazione) e VI (operazioni di

gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in

caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa).

Page 112: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

111

Tabella 7: suddivisione dell’attività della compagnia Alfa per ramo

Ramo esercitato Riserve relative alle

operazioni dirette*

Percentuale sul totale

dell’attività

Rami I e II 1,2 80%

Ramo V 0,27 18%

Rami III e VI 0,03 2%

Totale 1,5 100%

*= Valori espressi in miliardi di euro

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Oltre che dalle riserve matematiche, che rivestono un ruolo predominante, il passivo

dello stato patrimoniale - che farà da base per il calcolo del margine di solvibilità

attualmente richiesto all‟azienda Alfa - è composto da:

45 milioni di capitale sociale sottoscritto;

10 milioni di riserva legale;

5 milioni di riserve statutarie;

30 milioni di altre riserve;

20 milioni di perdite portate a nuovo;

4.2. Calcolo del requisito patrimoniale secondo Solvency I

Prima di procedere al computo del requisito patrimoniale richiesto applicando la vigente

normativa, si è deciso di calcolare quello che è il margine di solvibilità effettivamente a

disposizione dell‟impresa Alfa alla fine dell‟esercizio. Quest‟ultimo può essere misurato

procedendo alla semplice somma degli elementi costitutivi previsti112

e sottraendo a tale

somma gli elementi che devono essere dedotti.

Gli elementi costitutivi presi in considerazione ai fini del calcolo del margine di

solvibilità disponibile sono quelli illustrati dalla seguente tabella:

112

CODICE DELLE ASSICURAZIONI, titolo III: Esercizio dell’attività assicurativa, capo IV: Margine

di solvibilità, art. 44

Page 113: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

112

Tabella 8: Composizione margine di solvibilità disponibile dell’azienda Alfa

Elementi costitutivi Ammontare*

Capitale sociale versato 45

Riserva legale 10

Riserve libere 35

Utili non distribuiti 10

Altri attivi immateriali (1)

Perdite portate a nuovo (20)

Altre deduzioni (1,5)

Totale 77,5

*=Cifre espresse in milioni di euro

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Dunque, il margine di solvibilità disponibile è pari a 77,5 milioni di euro, importo che

andrà ora confrontato con il margine di solvibilità richiesto dalla normativa vigente.

Per il calcolo di quest‟ultimo si è proceduto attraverso l‟utilizzo delle formule previste

dalle direttive comunitarie che si basano sulla somma di tre requisiti, rappresentativo

ognuno di un fattore di rischio:

a) rischio finanziario (M1);

b) rischio demografico (M2);

c) rischio relativo alle assicurazioni complementari (M3).

La formula relativa al margine di solvibilità così calcolato è, dunque, la seguente:

MDS = M1+M2+M3 = 0,04Va1+0,003 (S-V‟)a2+bPa3

dove per V s‟intende l‟ammontare delle riserve matematiche, al lordo della

riassicurazione, (S-V‟) rappresenta l‟ammontare dei capitali sotto rischio relativi ai

contratti in cui gli stessi non sono negativi, mentre con P ci riferisce al cumulo dei

premi o contributi per le assicurazioni complementari al netto dei premi annullati,

imposte e tasse.

Page 114: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

113

Sempre per quanto riguarda P, il coefficiente b da applicare ad esso è pari al 18% se P è

minore a 53,1 milioni di euro, mentre è pari al 16% se P è inferiore a questa cifra.

A1, a2 e a3, infine, sono i coefficienti di conservazione, che vengono utilizzati per tener

conto degli effetti della riassicurazione e differiscono tra i vari fattori di rischio, infatti:

a1 = max [0,85; Vr/V];

a2 = max [0,50; (S-V‟)r/(S-V)];

a3 = max [0,50; L/L‟]

dove per Vr s‟intende l‟ ammontare riserve matematiche, al netto delle cessioni in

riassicurazione, (S-V‟)r rappresenta l‟importo di capitali sotto rischio che rimangono a

carico dell‟impresa, dopo aver detratto le cessioni in riassicurazione.

L e L‟ rappresentano, infine, rispettivamente, il totale dei sinistri liquidati e i sinistri

liquidati al netto di quelli a carico dei riassicuratori.

Tabella 9: Margine di Solvibilità richiesto dall’attuale normativa per l’azienda Alfa

Ramo esercitato M1 M2 M3 TOTALE

Ramo I 40.800.000 € 14.700.000 € - 55.500.000 €

Ramo V 9.200.000 € - - 9.200.000 €

Ramo III e VI - - 300.000 € 300.000 €

TOTALE 50.000.000 € 14.700.000 € 300.000 € 65.000.000 €

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Il risultato complessivo, dunque, ottenuto sommando tutti i margini relativi ai singoli

rami esercitati, risulta essere in questo modo pari a 65 milioni di euro, che per la

maggior parte scaturisce dall‟attività della compagnia nei primi rami (il requisito ad

esso relativi rappresenta 84,6% del totale), mentre molto più esigua è la partecipazione

al margine delle operazioni di capitalizzazione (15,4%). Quasi nullo è infine l‟apporto

relativo alle operazione dei rami III e VI.

La quota di garanzia è di 21,7 milioni di euro, ovvero pari al maggiore tra la quota

minima di garanzia ai sensi dell'art. 36, comma 2, del decreto legislativo 174 del 95, che

Page 115: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

114

è pari a 3,2 milioni, e una frazione di un terzo del margine di solvibilità richiesto, che è

appunto uguale a 21,7 milioni.

Da quanto detto risulta evidente come la compagnia Alfa, nella propria attività, sia stata

molto prudente, dato che dal proprio bilancio risulta avere a disposizione un margine a

copertura di molto maggiore rispetto a quello che le sarebbe imposto dalla

regolamentazione: la differenza tra questi due importi è di 12,5 milioni di euro e potrà

essere reimpiegato dall‟impresa per ampliare le proprie strategie di business.

Da quest‟ultimo risultato possiamo anche ricavare il solvency ratio, che rappresenta un

coefficiente che ci permette di valutare la capacità della compagnia di fronteggiare le

passività con i valori realizzabili dell‟attivo in situazioni di crisi.113

Il valore di tale

coefficiente è pari al 119%.

Come si può notare, per il calcolo del proprio requisito, l‟azienda non ha potuto tener

conto pienamente degli effetti della riassicurazione, mentre sono stati totalmente

trascurati gli effetti derivanti dalla possibile diversificazione. Tali mancanze

rappresentano due delle imputazioni di maggior peso rivolte alle direttive presenti nel

progetto Solvency I e che hanno, conseguentemente, portato alla decisione di dare vita a

Solvency II.

Le formule attraverso cui viene calcolato il requisito secondo l‟attuale normativa,

secondo il parere di chi scrive, sebbene siano suddivise in più parti per tener conto di

diversi aspetti del rischio, non sembrano tuttavia sufficienti per prendere in

considerazione le molteplici sfaccettature che questo può assumere, soprattutto per

quanto riguarda il rischio finanziario o d‟investimento. Questo problema è ulteriormente

aggravato dal fatto che le poste di bilancio sono tutte considerate al costo storico,

tralasciando le variazioni di mercato; inoltre, il lato dell‟attivo appare trascurato.

Si ritiene, d‟altronde, che il requisito che emerge da tale calcolo offra un‟immagine

statica dell‟impresa che è sottoposta a valutazione, non prestandosi a segnalare le

specificità del suo profilo di rischio. Aziende con quantità di premi e sinistri simili,

infatti, potrebbero trovarsi a dover assolvere a requisiti patrimoniali identici, ancorché il

loro profilo di rischio risulti essere assai diverso.

113

CAPRIGLIONE F., (2010), L’ordinamento finanziario italiano, WOLTERS KLUWER, Padova, pag.

306

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115

4.3. Calcolo del requisito patrimoniale secondo Solvency II

Dopo aver calcolato quello che sarebbe attualmente il requisito patrimoniale per

l‟azienda Alfa secondo la vigente normativa, nell‟applicazione di quelle che sono le

prescrizioni di Solvency II ed, in particolare, dalle ultime specifiche tecniche suggerite

dal CEIOPS tramite il QIS 5.

Come illustrato nel secondo capitolo, per il computo del SCR totale è necessario

calcolare prima gli SCR per tutti i rischi previsti dalla direttiva, ottenere dalla somma di

questi ultimi l‟SCR di base ed applicare ad esso un aggiustamento per la capacità di

assorbimento delle perdite delle riserve tecniche e delle imposte differite, che nel nostro

caso si baserà su un approccio di scenario:

SCR = SCR di base + SCR operativo + Aggiustamento

SCR di base =

Per ogni modulo e sottomodulo il CEIOPS richiede che venga specificata la

metodologia utilizzata per il calcolo del requisito, che per semplicità caso in

considerazione sarà sempre quella standard, con l‟eccezione del sottomodulo del rischio

di sottoscrizione vita, relativo al rischio catastrofale, per cui sono state utilizzate delle

semplificazioni.

Nonostante, come detto più volte in precedenza all‟interno del presente lavoro, la

valutazione delle poste di bilancio secondo la nuova regolamentazione differirà da

quella attualmente vigente, ma nella nostra rappresentazione non è stato possibile

evidenziare tale differenza. E‟ stata fatta questa scelta perché per la contabilizzazione

secondo i nuovi principi IAS/IFRS si basa su criteri molto specifici e precisi, che sono

inoltre impossibili da applicare se prima non si è ipotizzata dettagliatamente la

composizione tecnica di un portafoglio finanziario.

In questa sede, ci si limita ad indicare quali saranno i principali cambiamenti introdotti

per l‟area assicurativa delle imprese. Con la nuova valutazione, infatti, il portafoglio-

polizze potrà essere suddiviso in 3 macroaree a seconda della loro tipologia:

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116

1) polizze il cui rischio assicurativo è significativo e che verranno valutate secondo

i principi IFRS 4;

2) polizze unit linked, index linked, fondi pensione e polizze con attivi specifici a

copertura che verranno valutate secondo i principi IAS 39;

3) polizze di investimento con partecipazione agli utili discrezionale, che

comprendono tutto il ramo V (escluse le index linked), per cui si continueranno

ad utilizzare i principi contabili nazionali.

Nel dettaglio, secondo i nuovi principi IFRS 4, l‟assicuratore dovrà misurare i contratti

assicurativi come somma di due componenti:

a) valore attuale atteso dei flussi di cassa futuri in uscita meno i flussi di cassa in

entrata derivanti dall‟adempimento del contratto assicurativo, rettificato

dall‟effetto dell‟incertezza relativa all‟ammontare e al tempo di questi futuri

cash flows;

b) residual margin che elimina ogni guadagno all‟emissione del contratto (il

residual margin nasce quando la componente di cui al precedente punto sub a) è

minore di zero, per esempio quando il valore attuale atteso dei futuri cash flows

in uscita sommato al risk adjustment114

è minore del valore attuale atteso dei

futuri flussi di cassa in entrata).

114

Il risk adjustment è il prezzo massimo che un assicuratore sarà razionalmente disposto a pagare per

essere sollevato dal rischio che i cashflow effettivi si rivelino minori di quelli attesi.

Page 118: L’evoluzione della vigilanza prudenziale nel comparto ......1.4.4 Il rischio operativo 1.5 Evoluzione storica del requisito di solvibilità nell’Unione Europea 1.5.1 Il rapporto

117

Fatta questa premessa, la composizione dell‟attivo e del passivo di bilancio è la

seguente:

Tabella 10: Composizione attivo e passivo di bilancio azienda Alfa

ATTIVITA’ PASSIVITA’

Attivi immateriali 5.000.000 € Best estimate 1.350.000.000 €

Immobili ed impianti 40.000.000 € Risk Margin 50.000.000 €

Partecipazioni 50.000.000 € Totale 1.400.000.000 €

Azioni quotate 100.000.000 € Differenza attivo-

passivo

405.000.000 €

Azioni non quotate 10.000.000 €

Obbligazioni statali 900.000.000 €

Corporate bonds (ABS) 200.000.000 €

Altri corporate bonds 500.000.000 €

TOTALE 1.805.000.000 € TOTALE 1.805.000.000 €

C‟è da sottolineare che, per quanto riguarda il lato del passivo, le technical provisions

(riserve tecniche) sono state ricalcolate secondo un modello di proiezione che definisce

la possibile evoluzione mensile del portafoglio e non secondo le effettive ipotesi di

tariffazione.

Per quanto concerne il lato dell‟attivo invece, l‟elevata quantità di obbligazioni

dovrebbe essere dovuta ai minori requisiti che esse comportano rispetto ad altre forme

di attività più rischiose, dal momento che per il calcolo del SCR, al contrario di quanto

avveniva con Solvency per il margine di solvibilità, viene preso in considerazione

l‟intero bilancio e non solo, dunque, le poste del passivo.

Attraverso questi dati, dunque, si è proceduto al calcolo del requisito secondo le

specifiche tecniche del QIS 5, che ha portato ad un SCR di base totale pari a 88,5

milioni di euro, ben al di sopra del requisito che avevamo ottenuto applicando le

previsioni di Solvency I ed addirittura superiore al margine di solvibilità disponibile che

avevamo calcolato in precedenza.

Grazie all‟aggiustamento dovuto alla capacità di assorbimento delle perdite delle riserve

tecniche e delle imposte differite, però, è stato possibile effettuare una riduzione di tale

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118

requisito di 38,5 milioni di euro, ovvero del 43,5% del totale. Il requisito finale, dunque,

è pari a 49,9 milioni, ben inferiore sia al margine disponibile che al requisito calcolato

secondo le disposizioni di Solvency I.

Figura 12: margine di solvibilità secondo le differenti metodologie

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Come è facile intuire, la riduzione del requisito patrimoniale per la compagnia in

considerazione non fa altro che migliorare la capacità della stessa di far fronte ai propri

impegni anche in situazioni di crisi impreviste, rappresentata numericamente, come

detto in precedenza, dal solvency ratio che aumenta considerevolmente rispetto a quello

che si ha applicando la normativa vigente, passando dal 119% al 155%.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

MDS disponibile Requisito Solvency I

Requisito Solvency II

MDS disponibile

Requisito Solvency I

Requisito Solvency II

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119

Figura 13: Confronto solvency ratio tra Solvency I e Solvency II

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Il risultato ottenuto applicando le regole di Solvency II è dovuto, in particolar modo, al

peso notevole derivante dal requisito calcolato per il sottomodulo relativo al rischio di

mercato. Tale rischio, come detto, era di fatto scarsamente considerato all‟interno di

Solvency I, laddove all‟interno del Solvency II il Market SCR rappresenta da solo circa

il 65% del SCR di base totale, ciò al netto della diversificazione che consente, d‟altra

parte, di giungere al risultato da noi ottenuto, grazie ad un “alleggerimento” del

requisito di circa 20,6 milioni di euro (senza gli effetti della diversificazione, infatti, il

SCR di base sarebbe stato addirittura pari a 109,1 milioni).

Molto più modesti sono i contributi degli altri sottomoduli: per la precisione, al

computo del SCR di base concorre per l‟11,37% il SCR per il rischio di controparte e

per il 23% i sottomoduli relativi al rischio di sottoscrizione. Il peso del modulo relativo

al rischio operativo è, invece, quasi irrilevante.

0%

20%

40%

60%

80%

100%

120%

140%

160%

180%

Solvency ratio

Solvency I

Solvency II

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120

Figura 14: Composizione SCR totale

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Focalizzando l‟attenzione sul sottomodulo relativo al rischio di mercato – che, come

detto, offre il contributo maggiore alla formazione del requisito patrimoniale

complessivo -, si può analizzare quali sono le cause che concorrono alla creazione dei

71,2 milioni di euro necessari per costituire il market SCR. Esso che, sulla base della

semplice somma delle componenti, sarebbe pari a 105,8 milioni di euro, gode, per

contro, di una riduzione di 34,2 milioni grazie agli effetti della diversificazione.

Venendo ai singoli sottomoduli, si può subito osservare che non vi è alcuna esposizione

né verso il rischio di cambio, né verso il rischio di concentrazione, mentre il

sottomodulo che contribuisce maggiormente è quello relativo al market SCR

immobiliare, insieme al sottomodulo per il rischio azionario e a quello per il rischio di

credito. Concorre solo moderatamente alla formazione del SCR totale il sottomodulo

per il rischio di tasso.

-40%

-30%

-20%

-10%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

SCR operativo

SCR sottoscrizione

SCR controparte

SCR mercato

Aggiustamento

Diversificazione

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121

Figura 15: Composizione SCR di mercato

Fonte: elaborazioni proprie tramite dati aziendali

Al termine delle simulazioni effettuate, si può affermare che con l‟applicazione delle

nuove regole di accantonamento patrimoniale, si è riusciti ad ottenere l‟effetto

auspicabile, ovvero la riduzione del requisito ai fini di vigilanza, uno dei principali

motivi per cui il progetto Solvency II è stato creato (anche se probabilmente questo

viene messo in secondo piano nelle intenzioni del legislatore).

Si ritiene che questo risultato sia soprattutto frutto del nuovo ruolo riconosciuto agli

effetti della diversificazione, senza la quale il requisito calcolato con la nuova

regolamentazione si sarebbe rivelato più alto, non solo rispetto a quello derivante dal

calcolo effettuato sulla base di Solvency I, ma anche rispetto al margine di solvibilità

disponibile.

Si può presumere, inoltre, che la compagnia Alfa goda anche dei benefici relativi alla

cessione in riassicurazione, dal momento che, già per il calcolo del margine di

solvibilità secondo la normativa vigente, si era avvalsa della possibilità di ridurre il

proprio requisito, utilizzando fino al massimo possibile il coefficiente di conservazione

previsto.

Si può notare che, come per la maggior parte delle compagnie vita, l‟ammontare del

SCR - calcolato secondo le specifiche tecniche del QIS 5 - è spiegato in misura

-40%

-20%

0%

20%

40%

60%

80%

Liquidità

Credito

Immobiliare

Azionario

Tasso d'interesse

Diversificazione

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122

prevalente, dalla presenza di una forte esposizione verso il rischio di mercato. Tale

esposizione è dovuta ad una maggiore possibilità di reinvestimento dei premi raccolti da

parte degli operatori di questo ramo, che si riflette, ad esempio, in una forte presenza

delle partecipazioni all‟interno dell‟attivo di bilancio dell‟azienda in considerazione.

4.4. Conclusioni

Dal raffronto degli impatti sul livello di patrimonializzazione della compagnia Alfa a

seguito dell‟applicazione delle prescrizioni normative di cui al regime di Solvency I ed

al futuro regime di Solvency II, emergono chiare tutte le differenze che si sono

analizzate all‟interno della trattazione ed è possibile esprimere un giudizio complessivo

su quello che l‟introduzione di Solvency II comporterà per le imprese di assicurazione

europee e per il sistema finanziario internazionale in generale.

Attraverso l‟analisi condotta si è, pertanto, giunti alla conclusione che, attraverso

l‟adozione della nuova regolamentazione, si apriranno nuovi scenari competitivi nel

settore assicurativo europeo, all‟interno dei quali diverrà sempre più fondamentale il

ruolo del risk management nell‟ambito delle singole compagnie, al fine di raggiungere

dei vantaggi competitivi.

Tramite l‟adozione del SCR e di strumenti come l‟ORSA, infatti, le aziende stesse

saranno in grado di valutare con maggiore accuratezza la tipologia di rischi a cui sono

esposte e di individuare, tra di essi, quelli che richiedono una maggiore attenzione e

coperture di capitale più elevate. Da ciò consegue anche che l‟assicuratore avrà la

possibilità di modificare la propria strategia di business a seconda dei risultati che

otterrà dalle sue valutazioni riguardo al profilo di rischio dell‟azienda.

In questo senso, fondamentale si rivelerà l‟utilizzo dei modelli interni i quali non

risulteranno utili solamente al fine di una più puntuale calibrazione dei requisiti

patrimoniali stessi rispetto all‟effettivo profilo dell‟impresa, ma anche per la diffusione

di una generale cultura del rischio che, nelle intenzioni, dovrebbe divenire sempre più

radicata all‟interno delle compagnie.

Dai nuovi criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali trarrà enorme beneficio il settore

riassicurativo, dato che le aziende vedranno riconosciuti in pieno gli effetti da esso

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derivanti, mentre saranno le compagnie di maggiori dimensioni a godere di maggiore

giovamento delle nuove riduzioni legate alla diversificazione.

La normativa di Solvency II rientra, inoltre, nell‟ambito di un più ampio processo di

trasformazione della vigilanza a livello europeo, che mira a far sì che il singolo

intermediario possa essere in grado di “autoregolarsi” nell‟ambito della propria attività,

rendendo di fatto meno rilevanti i poteri attribuiti alle Autorità di vigilanza. Tutto ciò

non esclude, tuttavia, che gli intermediari dovranno comunque intrattenere rapporti di

collaborazione costante e dare vita a flussi d‟informazione continui da ambo le parti.

Il rischio è quello che si commetta lo stesso errore registratosi in ambito bancario con

Basilea 2, dove gli operatori non sono stati in grado di sfruttare in maniera positiva le

libertà concesse loro attraverso la regolamentazione.

Per quanto concerne gli aspetti più tecnici riguardanti il calcolo del requisito,

fondamentale appare la differenza nel livello di approfondimento con cui la solvibilità

aziendale viene valutata: il modello scelto da Solvency II risulta essere molto più vicino

a quello adottato per la valutazione del rischio in ambito bancario, dato che vengono

presi in considerazione la totalità dei rischi relativi all‟attività di un intermediario e non

solo, dunque, i rischi tecnici, come avviene oggi per il calcolo del margine di solvibilità

secondo Solvency I. Quest‟ultimo, inoltre, come detto, si basa essenzialmente sul

volume d‟affari della compagnia, trascurandone in gran parte la rischiosità, che è invece

alla base del calcolo del SCR.

Fondamentale, infine, è anche il fatto che con Solvency II venga presa in considerazione

per la determinazione dei requisiti non solo la composizione del passivo, ma anche

quella dell‟attivo che risulta essenziale per tenere conto, ad esempio, di rischi importanti

- come il rischio di credito e il rischio di mercato - che possono influire anche in misura

sostanziale sul grado di solvibilità della compagnia.

Recentemente115

, però, si è sostenuto che le assunzioni alla base del progetto Solvency

II siano prive di significato scientifico in quanto fanno confusione tra due concetti ben

distinti, quali quello di rischio e di incertezza. Quest‟ultima è profondamente

connaturata nelle azioni umane ed in particolare nell‟attività imprenditoriale da cui

dipende la sopravvivenza o meno di una compagnia.

115

HUERTA DE SOTO J., (2008), Il fatale errore di “Solvency II”, in DIRITTO ED ECONOMIA

DELL‟ASSICURAZIONE n. 4, pag. 809-817

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L‟incertezza, per sua natura, non è assicurabile, né, secondo i critici, è possibile ottenere

distribuzioni di probabilità o scenari su avvenimenti futuri che sono da essa

caratterizzati.

La presenza dei requisiti di solvibilità, inoltre, potrebbe essere vista come un elemento

che deresponsabilizza l‟attività degli assicuratori, i quali - come avviene per il

fenomeno del moral hazard - potrebbero dare vita a comportamenti più rischiosi,

nell‟erronea convinzione di disporre di un meccanismo automatico di sicurezza che li

possa mettere a riparo da qualsiasi errore imprenditoriale.

Si deve, inoltre, tener conto che da quanto risulta dagli ultimi studi d‟impatto, con

esclusione del ramo vita - come emerso anche dal caso pratico che si è analizzato

all‟interno dell‟ultimo capitolo –, sembrerebbe che i requisiti patrimoniali tenderebbero

ad aumentare, rendendo i costi del progetto ancora più elevati, soprattutto per le

compagnie di dimensioni minori, le quali non sarebbero in grado di mettere in piedi un

proprio modello interno.

Si prevede, quindi, che potrebbero essere necessari ulteriori QIS, per tentare di capire i

motivi di tale incremento dei requisiti patrimoniali, allungando di conseguenza i tempi

per l‟entrata in vigore della normativa - come dimostrato anche dai continui rinvii voluti

dagli Organi preposti nell‟ultimo periodo-.

Si ritiene, infine, che, nell‟ottica del processo di convergenza fra le Autorità di vigilanza

di cui si è ampiamente trattato all‟interno della tesi, obiettivo ultimo di tali decisioni sia

quello di far sì che l‟adozione di Solvency II possa coincidere con quella prevista per il

nuovo progetto di regolamentazione del settore bancario, che prenderà il nome di

Basilea 3.

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