Lacroix Fedelta

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Sc Catt 136 (2008) 377-396 Xavier Lacroix PERCHÉ PARLARE DELLA DURATA E DELLA FEDELTÀ IN UNA CULTURA DEL PROVVISORIO E DELLA FRAGILITÀ? SOMMARIO: I. QUATTRO BUONE RAGIONI PER VOLER DURARE – II. QUALE FEDELTÀ? – III. QUALI RISORSE?: 1. Le risorse naturali; 2. Le risorse di superamento; 3. Le risorse sopranna- turali Noi viviamo in una società e in una cultura in cui il tempo sembra frammentato, dove regna il “breve termine”, dove i problemi vanno ri- solti molto rapidamente. Il personaggio di un film di Jean-Luc Godard affermava: «Oggi, il tempo si vive a pezzi». Ma questo tempo non è quello che è vissuto in profondità. Questo tempo fatto a pezzi/frammentato è quello della cultura, delle rappre- sentazioni sociali, della tecnica; non è quello della vita. Si ha un bel di- re che oggi tutto accelera; i grandi ritmi, le lente maturazioni, gli inter- valli che scandiscono la vita rimangono. Ci vogliono sempre nove me- si per dare alla luce un bambino, ci vogliono decenni perché sia adul- to. Il tempo della maturazione del desiderio rimane il tempo lungo. Ancora più lungo, quello della maturazione dell’amore. La poetessa Marie Noëlle poteva scrivere: «Amare, non può essere una faccenda da sbrigare in fretta». Nel fondo della loro coscienza, nel loro cuore, i nostri contempora- nei intuiscono questo. Secondo un’inchiesta realizzata in Francia nel 2004, l’80% dei giovani tra i 18 e i 35 anni affermano che è preferibile «che la coppia duri tutta la vita» 1 . Ecco allora il problema: una cosa è desiderare la durata, altra cosa è volerla. Una cosa è augurarsela, altra cosa è proclamare che in essa ci si impegna realmente; in altre parole, che se ne creano le condizioni. 1 C.S.A. per Phosphore, Agosto 2002.

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Lacroix sulla Fedelta

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  • Sc Catt 136 (2008) 377-396Xavier Lacroix

    PERCH PARLARE DELLA DURATA E DELLA FEDELT IN UNA CULTURA DEL PROVVISORIO E DELLA FRAGILIT?

    SOMMARIO: I. QUATTRO BUONE RAGIONI PER VOLER DURARE II. QUALE FEDELT? III. QUALIRISORSE?: 1. Le risorse naturali; 2. Le risorse di superamento; 3. Le risorse sopranna-turali

    Noi viviamo in una societ e in una cultura in cui il tempo sembraframmentato, dove regna il breve termine, dove i problemi vanno ri-solti molto rapidamente. Il personaggio di un film di Jean-Luc Godardaffermava: Oggi, il tempo si vive a pezzi.

    Ma questo tempo non quello che vissuto in profondit. Questotempo fatto a pezzi/frammentato quello della cultura, delle rappre-sentazioni sociali, della tecnica; non quello della vita. Si ha un bel di-re che oggi tutto accelera; i grandi ritmi, le lente maturazioni, gli inter-valli che scandiscono la vita rimangono. Ci vogliono sempre nove me-si per dare alla luce un bambino, ci vogliono decenni perch sia adul-to. Il tempo della maturazione del desiderio rimane il tempo lungo.Ancora pi lungo, quello della maturazione dellamore.

    La poetessa Marie Nolle poteva scrivere: Amare, non pu essereuna faccenda da sbrigare in fretta.

    Nel fondo della loro coscienza, nel loro cuore, i nostri contempora-nei intuiscono questo. Secondo uninchiesta realizzata in Francia nel2004, l80% dei giovani tra i 18 e i 35 anni affermano che preferibileche la coppia duri tutta la vita1.

    Ecco allora il problema: una cosa desiderare la durata, altra cosa volerla. Una cosa augurarsela, altra cosa proclamare che in essa cisi impegna realmente; in altre parole, che se ne creano le condizioni.

    1 C.S.A. per Phosphore, Agosto 2002.

  • Per di pi, di fronte a tale prospettiva, i nostri contemporanei sonoambivalenti.

    Da un lato, continuano ad ammirare la durata e, dunque, anche adesiderarla. Intuiscono che si tratta di una delle pi grandi avventureumane che ci siano, una traversata a confronto della quale le traversa-te del deserto o del mare sono niente.

    Ma, daltra parte, temono la durata. Una tale avventura pu farpaura. Sono sensibili agli ostacoli, alle scogliere, ai possibili naufragi.Hanno visto coppie disfarsi, in qualche caso quella dei loro genitori.Ne hanno viste alcune dilaniarsi, altre apparentemente annoiarsi; han-no visto mariti o mogli dominati dal loro coniuge.

    Molti dei nostri contemporanei si trovano cos posti di fronte ad unacontraddizione: da una parte, il desiderio di un amore forte, di un pro-gresso verso il vero incontro, sempre in avanti; daltra parte, la ricercadi immagini di felicit compresa come una somma di gratificazioni, do-ve il legame deve anzitutto portare soddisfazioni.

    Perch dunque impegnarsi per la vita? Perch invece non impe-gnarsi sotto condizione, con elasticit, per prova? Siamo sulla terraper essere felici; vogliamo privilegiare il presente, il piacere, la felicit[panouissement] di ogni ego. Se abbiamo la sensazione di aver esau-rito le risorse della nostra coppia, o di non aver scelto il partner che ciconsente la felicit [panouissement] che ci aspettavamo, ci separiamosenza fare drammi. Vogliamo unirci per il meglio, non per il peggio.Nel corso degli anni, necessariamente cambieremo. Le nostre attese ei nostri bisogni non saranno pi gli stessi. Chi sa se saremo ancora fe-lici insieme tra venti o trentanni?

    Una delle domande pi serie che si pongono oggi la seguente:Come essere fedeli allaltro restando fedeli a se stessi? Ci furono

    tempi e culture in cui la ricerca della felicit [panouissement] perso-nale era meno preponderante. I fini del matrimonio si trovavano chia-ramente altrove: continuare la stirpe, dare cittadini alla nazione e cre-denti alla Chiesa, realizzare insieme unopera Ai nostri giorni, i pa-rametri individuali giocano un ruolo ben pi decisivo e, pertanto, la vi-ta della coppia nella lunga durata domanda risorse e unarte specifiche.

    Secondo un terapeuta, le relazioni di coppia sono senza dubbiopi ricche di una volta; ma, come contropartita, esse domandano unmaggior numero di competenze2.

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    2 Claude Hraud, dellAFCCC (Association Franaise des Centres de ConsultationConjugale), intervista con Christine Legrand, La Croix, 27 febbraio 1998.

  • Per chiarire questi nodi [enjeux], vi propongo di rispondere a tredomande:

    1. Perch volere la durata? In altri termini: ragionevole voler du-rare?

    2. Quale concezione della fedelt?3. Su quali risorse alimentare la relazione?

    I. QUATTRO BUONE RAGIONI PER VOLER DURARE

    1. La prima ragione per impegnarsi nella durata che ci vuole deltempo per incontrare veramente laltro.

    Quanto tempo ci vuole per scoprire laltro? Il cammino senza fi-ne, senza termine. La folgorazione degli inizi rivela una verit: chelaltro bello, che unico. Ma questo riconoscimento chieder di es-sere ripreso3, ricominciato nel corso dei giorni, integrando il princi-pio di realt, cio laccoglienza dellaltro nella sua totalit.

    Durante linnamoramento, laltro si presenta soprattutto nei suoiaspetti migliori. Sono soprattutto le sue qualit che apprezzo. Anchedi me stesso, rivelo il volto migliore. Attraverso la durata, il suo va-lore e la sua bellezza saranno zavorrati con altri pesi. Si incarneran-no in tutto ci che egli .

    Se mi ami per le mie qualit, davvero me che tu ami?, doman-da Blaise Pascal. Se io amo laltro solo per le sue qualit, davverolui o lei che io amo? Di queste qualit io sono il beneficiario. Possodunque cercare il mio interesse attraverso di esse. La durata sar laprova della verit dellamore. Attraverso di essa, lamore si decen-trer. Accettare i limiti dellaltro, i suoi difetti, significa accettare con-cretamente la sua alterit.

    2. Grazie a Dio, il tempo mi rivela non solo i difetti o i limiti delconiuge, ma anche le sue ricchezze! Ecco la seconda ragione del-limpegno: attraverso il finito si rivela un infinito. La scommessa fon-damentale della volont di durata sta nel fatto che nellaltro c un in-finito. Ma attenzione: linfinito non lillimitato, limmaginario senzalimiti. Linfinito non si d che nel finito. Le sponde sono la fortunadel fiume. In-finito significa mai finito. Laltro colui che non avrmai finito di scoprire, avvicinare, accogliere, sostenere, aiutare, al-

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    3 Categoria centrale per pensare lamore coniugale in Kierkegaard. Soprattuto in Lareprise (1843), trad. fr. Garnier-Flammarion, 1990 (Les mirages de lamour, 207).

  • lietare. C in lui, in lei una sorgente di vita invisibile e misteriosa chefa s che egli non si esaurisca in alcuno dei suoi profili, n possa es-sere definito da alcuno dei tratti che io ho gi percepito. Dopo lamorte di suo marito Boris, la grande psicanalista Franoise Dolto hapotuto confidare: Se lho sempre amato, perch non ho mai avu-to la sensazione di averlo conosciuto una volta per tutte. Anche ab-bracciando lessere amato, io sperimento che egli mi sfugge, che sempre al di l, sempre futuro. La fedelt allaltro fedelt al futuroche in lui.

    3. Questa accoglienza non senza prezzo. Ecco la terza ragioneper impegnarsi. Amare significa essere convocato ad un lavoro su dis e sulla relazione. Per legarsi, bisogna slegarsi, accettare di esseretrasformato, staccarsi da certi legami, superare certi inciampi. Per-tanto, nel corso del tempo, tutto il passato sar rivisitato.

    Ci che impedisce di amare precisamente ci che impedisce diessere libero. Dico talvolta che una relazione coniugale vissuta conunesigenza di verit nella lunga durata pu essere lequivalente diuna cura di psicanalisi!

    proprio quando diventa esigente, quando dei distacchi o delleliberazioni sono temuti come costosi che alcuni preferiscono andar-sene. Essi fuggono il legame per non dover effettuare il lavoro su dis che metterebbe in questione limmagine che si fanno di se stessio i compromessi nei quali si sono sistemati. Passano di relazione inrelazione per restare alla superficie del legame e, cos, alla superficiedi se stessi. Per consentire a questo lavoro su di s che in fondo liberatore, perch mi libera dai primi dei miei freni, quelli che sonodentro di me ci vuole del tempo e, per assumere il prezzo di que-sto tempo, ci vuole una ferma determinazione. Altrimenti la tenta-zione di andarsene avr la meglio. Secondo la felice formula di Ch-ristiane Singer, il matrimonio la sola relazione che metta davveroal lavoro4.

    4. Fin qui ho parlato solo in termini di coppia. Il matrimonio, poi-ch di questo che si tratta, ha unaltra finalit. In quanto tale, non solo la fondazione di una coppia, ma di una famiglia. Pertanto, visono implicati dei figli: Davanti al volto dei propri figli, difficile ab-bandonare il proprio coniuge, mi diceva recentemente un amico.

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    4 C. SINGER, Eloge du mariage, de lengagement et autres folies, Albin Michel, Paris2000, 30.

  • Ecco la quarta ragione per impegnarsi nella durata e fare tutto il pos-sibile perch il legame sia solido e vivo: che i figli possano contaresulla solidit del legame che unisce i loro genitori. Da qualche annofa parte del bon ton prendere le distanze dallidea di durare per il be-ne dei figli. Lidea di sacrificarsi per i figli senza dubbio pericolo-sa. vero che se il legame troppo doloroso, se la madre o il padresono troppo infelici, il figlio stesso ne soffrir. Bisogna che il legamesia sufficientemente buono perch esso sia sorgente di vita. Ma pro-prio avere la preoccupazione di renderlo tale, vivo e felice un do-vere dei genitori verso i loro figli.

    II. QUALE FEDELT?

    La fedelt un valore riconosciuto quasi da tutti. Ma ci che si in-tende con questo termine pu variare. C in particolare una diffe-renza tra ci che chiamerei la fedelt risultato [rsultat] e la fedeltdecisa [rsolue]. La prima risulta dal buon funzionamento della cop-pia, dalle gratificazioni che ciascuno pu trarre dalla relazione e, inultima analisi, dallinterazione tra due psichismi. Una fedelt speri-mentale, in qualche modo.

    La seconda forma di fedelt loggetto di un volere. Non sololeffetto di cause, ma voluta, cio perseguita come fine. alloriz-zonte di una promessa, si realizza come una costruzione. Osa dirsi,prendere la forma di una parola.

    La parola d forma ai nostri affetti, cos naturalmente anarchici,divaganti. Lamour est enfant de bohme canta Carmen nellope-ra di Bizet. Prendendo la forma della promessa, la parola introduceun principio di coerenza. Essa unifica la nostra esistenza. Nei mo-menti chiave della nostra vita inizi, passaggi o svolte noi pro-nunciamo una parola e in seguito manteniamo questa parola. cosche ci costruiamo. cos che diventiamo affidabili, cio degni di fe-de. Nel prosieguo della storia della coppia, la memoria della paroladata sar un riferimento, un punto fisso. Al momento delle tempeste e non c vita di coppia senza tempesta5 ci sar una differenza traavere come soli riferimenti [balises] degli stati affettivi fluttuanti eavere come riferimento la memoria di un duplice s, esplicito, di

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    5 Tutte le coppie sono scampate alla tempesta: Olivier Abel, secondo un replica delfilm His girl Friday, citata in Le mariage a-t-il encore un avenir?, Bayard, Paris 2005,73.

  • fronte a dei testimoni. La parola data offre un quadro, un punto dap-poggio, diventa un punto di riferimento. Secondo la bella formula diFrance Qur, se noi manteniamo la parola, la parola manterr noi6.

    Unaltra distinzione viene a rinforzare la precedente: quella tra lafedelt condizionata e la fedelt incondizionata. Nella prima, ci si im-pegna sotto condizione. A condizione che il legame mi procuri ab-bastanza gratificazioni, che laltro risponda alle mie attese, che mirenda o io lo renda felice. A condizione che lui o lei mi dia dei figli,che lui o lei abbia verso di me gesti di attenzione Tutto ci de-siderabile, ben inteso; ma capita che condizioni di questo tipo sianodei limiti posti, coscientemente o inconsciamente, allimpegno. In ul-tima istanza, la logica del calcolo dinteresse pu restare preponde-rante. Pertanto, se un giorno uno dei due membri della coppia ha lasensazione che la bilancia vantaggi-svantaggi si stabilizzi a suo sfa-vore, egli penser a mettere fine al legame o, almeno, alla comunitdi vita.

    Limpegno incondizionato risponde a unaltra logica. Non si trat-ta di impegnarsi a qualsiasi condizione, bens al di l di ogni condi-zione.

    Non siamo nellincondizionato assoluto; si sa che lo scacco pos-sibile, che alcune cose sarebbero inaccettabili, che la comunit di vi-ta devessere degna di questo nome. Ma queste condizioni non di-pendono dal vantaggio previsto, dal calcolo dinteresse. Ci che si hadi mira non questa o quella immagine della felicit, bens il lega-me stesso, laccoglienza totale dellaltro. In altre parole, lamoreche incondizionato.

    Anche in seno alla nostra cultura, noi sappiamo cos un amoreincondizionato. Lesempio pi chiaro quello dellamore dei genito-ri per loro figlio. Costui amato per se stesso, cos com, quali chesiano i suoi atti o i suoi comportamenti. Un tale amore non dipendedalle qualit o dai difetti del figlio, il suo essere stesso che ama-to. La stessa cosa vale per lamore coniugale.

    Una delle domande pi serie che si pongono ai nostri contempo-ranei la seguente: possibile che lamore tra due esseri che si sonoscelti sia incondizionato come lamore dei genitori per loro figlio?

    Nellipotesi in cui la risposta fosse negativa, si tratterebbe di unacattiva notizia. Ci significherebbe che solo i legami di sangue sonosuscettibili di essere il luogo di unaccoglienza totale dellaltro. Che

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    6 F. QUR, Lamour, le couple, Centurion, Paris 1992, 75.

  • ne sarebbe allora della libert e della parola? Al contrario, affermareche lamore tra due esseri che si sono scelti pu essere cos forte, co-s resistente alle prove come lamore dei genitori una buona noti-zia per la vita dello spirito. Ci significa che la libert e la parola pos-sono essere creatrici, possono dar vita a qualcosa di reale, cio a unlegame pi consistente dei rischi della soggettivit, a una roccia pisolida delle tempeste dellesistenza.

    Infine limpegno condizionato assimilabile a un contratto. Uncontratto un impegno limitato, in proporzione agli interessi di cia-scuno. un atto razionale, frutto della volont; o, secondo ladagiodel diritto romano, ci che la volont ha fatto, la volont pu disfa-re. Una durata indeterminata: n si fissano dei termini, n si parla discelta definitiva: si resta nellindefinito. Il contratto prevede in gene-rale le clausole della propria dissoluzione, in modo che ciascunopossa riprendere la propria indipendenza, con il minor numero diperdite possibili.

    Altra la logica dellimpegno incondizionato, che non solo as-sociazione, ma alleanza. Per dire un impegno reciproco, la lingualatina distingueva pactum, semplice convenzione, e foedus, trattatodi alleanza. Il carattere solenne del secondo era segnato dalloffertadi un sacrificio agli dei. Lalleanza accompagnata da un sacrificio.In ebraico si usa lespressione tagliare unalleanza: il verbo evoca ledue parti di un animale sacrificato, tra le quali passavano le due par-ti (cf lo strano racconto del sogno di Abramo in Gen 15). Il signifi-cato era: che mi capiti la stessa cosa se rompo il patto!

    Fare alleanza significa rischiare la propria vita. sacrificare unal-tra vita possibile tagliando i ponti dietro di s. Io mi impegno a talpunto nella solidariet che un punto di non ritorno stato raggiun-to. Pi nulla sar come prima. Accetto di essere modificato dalla re-lazione, impegnandovi la mia stessa identit. Lalleanza come talecomporta qualcosa di irreversibile, anche se ci si separa. A motivodellintimit, delle confidenze, delle rinunce, ormai ci sar qualcosadi te in me e qualcosa di me in te. E questo, qualsiasi cosa capiti.Lalleanza pu anche essere definita come lentrata di due storie lu-na nellaltra. Grazie al consenso, grazie al duplice s, la tua storiaentra nella mia storia, come la mia storia entra nella tua storia. Noinon mettiamo in comune solo ci che abbiamo (patrimoni, compe-tenze, qualit), ma ci che noi siamo. Fare alleanza significa con-sentire a impegnare il proprio essere anche nella relazione.

    Cos definito, il concetto di alleanza si distingue da altre due no-zioni: quella di fusione e quella di associazione. Il sogno di fusione

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  • sarebbe quello di fare uno solo invece di due7, come due met chesi ritrovano e si fondono luna nellaltra. Lidea razionale di associa-zione sarebbe quella di restare due, solo due, come due sfere este-riori luna allaltra. Limmagine corrispondente allalleanza quelladellintersezione fra due anelli. Noi realizziamo il prodigio di essereuno pur restando due. Io resto io, tu resti tu ma, allintersezionedelle nostre due esistenze, fra noi, nasce una terza vita, una vita rea-le e realmente terza, che il frutto della messa in comune di cui si detto sopra, dellingresso in una nuova dinamica, irriducibile alla lo-gica dei due ego presi separatamente.

    vero che il carattere irreversibile del legame pu essere pi omeno cosciente e, con ci, prendere pi o meno consistenza. Altrielementi (odi, rancori, speranze di una nuova partenza) possono ac-cedere pi fortemente alla coscienza e alla parola. anche vero che,senza laiuto di una cultura, di un linguaggio, di una tradizione, diuna comunit, queste intuizioni possono essere ben fragili.

    Alcuni riconosceranno spontaneamente ci che precede, cio ladifferenza essenziale fra associazione e alleanza; altri saranno porta-ti dalle immagini dellambiente.

    qui che lappartenenza ad una comunit confessante giocherun ruolo determinante, particolarmente in un contesto cristiano. Lafede cristiana fa qui varcare una soglia decisiva, confermando, so-stenendo e radicalizzando i nodi [enjeux] in questione. Tutto accadecome se un terzo anello venisse ad incrociare gli anelli intrecciatidellalleanza. Il legame non solo intersoggettivo o sociale: esso di-viene legge.

    la legge dellindissolubilit, che si appoggia su un duplice fonda-mento: una parola e unazione. Parola di Ges che vieta il ripudio e ilsecondo matrimonio8, rinviando a sua volta alla parola efficace delCreatore: Ci che Dio ha unito, luomo non lo separi9. Questa parolae questo agire costituiscono il terzo anello attraverso il quale, agli oc-

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    7 Termini di Aristofane nel suo racconto del mito detto degli androgini, secondoPlatone, in Le Banquet, 189d-193d. Per lanalisi critica di questo mito, rinvio al cap.I dei Mirages de lamour.8 Questo divieto attestato cinque volte nel Nuovo Testamento: 1 Cor 7,10-16; Mt19,3-12; Mt 5,31-32; Mc 10,1-12; Lc 16,18.9 Luomo abbandoner suo padre e sua madre e si unir a sua moglie e i due sa-ranno una sola carne (Gen 2,24). Per un commento della citazione di questa paro-la da parte di Ges, cf il capitolo La parole inscrite dans la chair in X. LACROIX (ed.),Oser dire le mariage indissoluble, Cerf, Paris 2001.

  • chi della fede, il legame innestato su una realt primordiale, quelladella Vita assoluta che si rivela nel mistero dellamore per sempre.

    III. QUALI RISORSE?

    Ma un patto cos radicale, un legame cos forte sono a misuraduomo? Se ci che abbiamo appena enunciato desiderabile, esso realizzabile? In effetti, non basta parlare delle ragioni, dei fini. Que-sti, certo, sono necessari ed meglio chiarirli perch, secondo lada-gio di Seneca, non c alcun buon vento per chi non sa dove va.Tuttavia la questione anche quella dei mezzi, delle risorse per du-rare. Durare, attraversare insieme gli anni, chiede attitudini e capa-cit ben determinate, tanto un savoir faire quanto una volont, tan-to una sana regolazione dei fenomeni psicoaffettivi quanto lacco-glienza di sorgenti denergia pi profonde.

    Propongo di distinguere tre tipi di risorse:1. Le risorse naturali sono derivate dalla vita spontanea, dallo

    slancio del desiderio e della tenerezza cui il sentimento amoroso hadato vita, dallordinaria messa in opera dei movimenti e degli atti ri-chiesti quando la relazione sembra andare da s.

    2. Chiamerei risorse di superamento quelle che sono necessarieproprio quando le cose non vanno da s; nei momenti in cui il sem-plice funzionamento della vita psichica non basta, quando un supe-ramento, un passo avanti necessario. Poich il superamento ilproprio dello spirito, chiamer spirituali queste risorse.

    3. Chiamo infine risorse sopra-naturali quelle che dipendono dalmistero, da una realt sconosciuta, da una sorgente nascosta. In ulti-ma analisi, c un impossibile nellunione delluomo e della donna equesto impossibile rinvia ad un sovra-umano.

    1. Le risorse naturali

    Le due forze nascoste [ressorts] pi spontanee dellamore coniu-gale, cio del legame vissuto felicemente, sono il desiderio e la te-nerezza. Il desiderio lo slancio verso lunit, verso lincontro o ver-so il possesso. Quanto alla tenerezza, come dice il nome, essa in-tenerimento, risonanza fra due fragilit, consenso alla vulnerabilit.Questi due movimenti non sono esattamente sullo stesso registro,non sempre coincideranno.

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  • Nel momento iniziale della coppia, quello della sua costituzione,in cui il sentimento amoroso la molla principale, essi sono intrec-ciati, arricchendosi lun laltro.

    Ci saranno poi altri momenti, nei quali il sentimento e il desideriosaranno meno vivi, meno determinanti. Non che lamore sia scompar-so: dovr trasformarsi. Il desiderio e la tenerezza prenderanno altreforme. Lo stesso sentimento amoroso non destinato a scomparire:esso ritorner, almeno a ondate, ma, in ogni caso, dovr trasformarsi.

    Il desiderio pu assumere forme diverse. Spesso oggi il termine inteso anzitutto nel suo senso sessuale. Esso ha tuttavia un senso piampio, molto ampio: desiderio di essere insieme, di dialogare, di sco-prire insieme cose belle, di portare frutto luno per laltro.

    Tuttavia, il desiderio sessuale una delle principali energie di avvi-cinamento della coppia. la maniera pi sensibile, pi incarnata diaspirare al tu in me e io in te che lessenza dellamore.

    Se esso ha potentemente contribuito a creare lunit della coppia aisuoi inizi, potr poi avere i suoi guasti, le sue crisi. Alcuni interpreta-no troppo rapidamente le difficolt sessuali come il segno di uno scac-co della coppia. vero che i guasti del desiderio sono sempre signifi-cativi e che, quando manca il piacere carnale, un radicamento prin-cipale dellunit che viene a mancare.

    Ma, nel contempo, tre cose meritano di essere ricordate:- da una parte il desiderio e il piacere possono trovare altre forme

    di espressione, di prossimit, di connivenza. Ad ogni coppia tocca in-ventare la propria forma di armonia carnale. Non c un canone diriuscita sessuale, che dovrebbe essere realizzato ad ogni costo, penail fallimento.

    - In secondo luogo, le crisi in questione possono corrispondere aicambiamenti dequilibrio della coppia che sono stati evocati sopra.Dopo un periodo di stasi, il desiderio potr ritornare e potr averluogo la scoperta di nuove forme di piacere e di intimit: Si spes-so visto riaccendersi il fuoco di un antico vulcano, ritenuto ormaitroppo vecchio. Anche su questo registro, ci sono sempre sco-perte da fare in una coppia!

    - In terzo luogo, qui che la distinzione fra la corrente desiderio(eros) e la corrente tenerezza potr essere operativa. Alcune coppiesono talvolta vittime di una rappresentazione idealizzata della ses-sualit, frutto sia delle emozioni dellinnamoramento, sia di unedu-cazione che non parla della sessualit se non in termini damore10. In

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    10 Cf A. VERGOTE, Eclairage psychologique sur le mariage damour et ses conditionsde russite, INTAMS Review 3/2 (1997) 178.

  • realt, la logica delleros ben specifica. Essa non coincide con le-spressione della tenerezza. Esiste unarte erotica, che veramenteunarte, cio un savoir-faire, che passa attraverso la conoscenza delcorpo dellaltro, attraverso lesplorazione di ci che suscita il deside-rio e il piacere, nellaltro come in s. Arte di lottare contro lassuefa-zione, arte di innovare, di esplorare.

    Un secondo vantaggio di questa non confusione sar di indicarebene che il cuore dellamore coniugale, la sua sostanza pi decisiva nella tenerezza. la tenerezza, pi che non il desiderio, che con-duce allessere dellaltro, alla sua propria vita, rendendo sensibili al-la sua esistenza. attraverso la tenerezza che il cuore di pietra di-venta cuore di carne. La carne non solo ci che desiderabile; es-sa fragilit, ci che suscettibile di patire e di morire. Nella tene-rezza, sono due debolezze che entrano in risonanza. Si percepiscequi la non-coincidenza col desiderio, che si caratterizza piuttosto co-me forza11. Da un certo punto di vista, si pu anche meravigliarsi peril matrimonio di queste due correnti. Ma, daltro lato, lemozione cidice che questa sinergia [alliage] un bene umano fondamentale. Lariunione della forza e della debolezza luogo in cui affiora una ve-rit dellessere, della persona.

    Il desiderio e la tenerezza non nascono solo dai sensi. Nasconoanche, e forse anzitutto, dalla parola. Anche se lo choc amoroso hapotuto aver luogo in un sguardo, grazie alla parola che gli amantisi sono riconosciuti ed la circolazione della parola che, in seguito,manterr vivo il loro legame. Il terapeuta di coppia Jean Lemaire sot-tolinea che, nel contesto di una societ che mette in evidenza questadimensione, le coppie la cui cultura non offre un aiuto allespressio-ne dei propri sentimenti sono pi sguarnite di fronte alle difficoltrelazionali12.

    Ci sono i momenti di parola forte, fondatrice o rifondatrice e tut-te queste parole della vita ordinaria, cose da nulla che si condividonoe intessono la trama dellalleanza nel quotidiano. Secondo Jean-Clau-de Sagne, psicologo e teologo, le quattro parole fondatrici della cop-pia sono: la riconoscenza, la promessa, la confessione, il perdono13.

    Ma la comunicazione non passa solo attraverso le grandi questionio i grandi momenti: essa passa pi essenzialmente attraverso quei mil-

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    11 Eros viene, in greco, dal verbo eroin che significa uscire, fuoriuscire con forza.12 J.-G. LEMAIRE, Les mots du couple, Payot, Paris 1998.13 J.-C. SAGNE, Lhomme et la femme dans le champ de la parole, DDB, Paris 1995, 38-40.

  • le messaggi che sono il volto umile, discreto, incarnato del legame. Se-condo il poeta Ren Char, lamore va dal pi grande al pi piccolo.

    La parola ha anche bisogno di catalizzatori. Tra questi, in prima li-nea, figurano i terzi, cio tutti coloro coi quali i coniugi sono in re-lazione: Non bastano due persone per fare una coppia felice! Menointegrate socialmente di quanto non fossero nelle civilt tradizionali,le coppie hanno oggi la tendenza a ripiegarsi sulla loro intimit. An-che se apparentemente incontrano molta gente, esse puntano quasiesclusivamente sullo scambio a due per ci che determinante nel-la loro relazione.

    vero che nel faccia a faccia c qualcosa di irriducibile; anchevero che nelle situazioni di crisi, nessuno pu rispondere al postodei coniugi. Tuttavia, ci che ci pi intimo, la sostanza stessa di ciche ci lega non dipende dalla nostra sola intersoggettivit, non pro-pria solo a noi due. E se, al cuore del legame, si trovassero non unasomma di piccoli segreti esclusivi, ma dei beni condivisi con altri?Propongo almeno di formulare lipotesi.

    Praticamente, si vedono spesso i coniugi condividere sia il meglioche il peggio, sia le gioie che le sofferenze, formularle fra loro gra-zie alla presenza di terzi.

    Che dei veri amici vi circondino detto nel rituale cattolico delmatrimonio.

    Al di l delle amicizie elettive, la condivisione con esseri non scel-ti potr aver luogo nel quadro comunitario. Chiamo comunit ungruppo o rete di persone riunite da opzioni fondamentali comuni.Ho distinto pi sopra lidea di comunit da quella di comunitarismo.La comunit vivificante aperta. Essa vive di un respiro, di unalter-nanza di raccoglimento e di apertura, di raduno e di invio. Apportaalle coppie una dimensione specifica, al punto che, in proposito, sipu parlare di salto qualitativo. Con lindebolimento del legame so-ciale e la disgregazione dei riferimenti comuni, essa mi pare semprepi vitale per gli sposi e le famiglie. La ritroveremo, parlando delladimensione religiosa del legame.

    Ci sono momenti nei quali il terzo dovr essere pi specializzato,in un quadro funzionale. Se gli ostacoli alla parola sono di ordinepsicologico, il ricorso a una persona competente in questo campopotr permettere di sciogliere, slegare, riannodare, unire ci chedevessere sciolto, slegato, riannodato, unito. Questo processo, che gi in se stesso lespressione di una volont di progredire e dunquerappresenta un passo in avanti, potr aver luogo sia individualmen-te sia in coppia. Esso troppo spesso ignorato.

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  • Non ho ancora parlato dei figli, centrando la prospettiva sulla vi-ta della coppia. Ma sono proprio loro i primi terzi! Perch non ci sisposa se non per amarsi. Si fa alleanza per portare frutto insieme: lafecondit in prima fila tra le finalit del legame. Lamore non fi-ne a se stesso. Se esso dono, la fecondit lincarnazione del do-no, la sua manifestazione esteriore, il suo prolungamento verso lav-venire.

    Vedendo crescere i figli, vedendoli diventare adolescenti, poiadulti, poi genitori a loro volta, i coniugi vedono trasformarsi ancheil loro legame. Larrivo dei nipoti porta una nuova giovinezza nelmomento in cui ci si ritrova faccia a faccia, un nuovo inizio nel mo-mento in cui si potrebbe credere che il meglio appartenga al passa-to. anche possibile scandire i momenti della vita della coppia apartire dalle fasi della crescita e del divenire dei figli14. E ciascuna diqueste fasi rinvia i genitori alla loro propria storia, al modo in cui es-si stessi lhanno attraversata. La relazione coi figli, essa pure, implicail lavoro su di s di cui abbiamo parlato pi sopra.

    2. Le risorse di superamento

    Ci che precede ha gi portato al di l delle risorse spontanee. Cisono dunque momenti in cui lo slancio naturale del desiderio e del-la vita psichica non basta pi, momenti che implicano un supera-mento, cio uno sforzo, una decisione, un soffio. Che nome dare al-la sorgente di questo sforzo, allorch n il desiderio, n la tenerezzasembrano operare, mentre la parola diventa difficile e il ricorso aiterzi richiede un supplemento di energia? Indicher quattro terminiper caratterizzarla.

    2.1. Questa energia anzitutto quella della volont. Il termine non molto amato oggi; gli si preferisce quello pi consensuale di desi-derio. Si teme il volontarismo. Ma la volont non il volontarismo,cio un irrigidimento sul si deve, lobbedienza alla sola legge deldovere.

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    14 Jean-Claude Sagne distingue quattro momenti nella vita della coppia: 1. la costi-tuzione, tempo della fondazione, 2. la realizzazione, tempo dellaccoglienza dei fi-gli e dellintegrazione delle mediazioni, 3. la maturit, tempo delladolescenza deifigli e del lutto delle costruzioni immaginarie, 4. la risoluzione, dopo la partenza deifigli e la vita professionale, momento di una nuova accoglienza della vita. In Lhom-me et la femme dans le champ de la parole, 40-67.

  • Ordinariamente, la volont alimentata dal desiderio, al punto cheha potuto essere definita il desiderio assunto dal soggetto cosciente eparlante. Volere pi che desiderare, anche decidere, determinarsi.Ora, in molte situazioni della vita coniugale e familiare, non basta de-siderare. Senza la volont, non si far niente. Quando un bambinopiange nel cuore della notte, chi dei due si alzer? Se si aspetta di de-siderarlo, ci sono buone possibilit che sia laltro! Dopo un litigio o unperiodo di mutismo, per prendere di nuovo la parola, riaprire il dialo-go, fare il primo passo che costa, bisogna volerlo.

    S, la volont al cuore della vita coniugale, come essa al cuo-re dellamore. Amare significa voler amare, diceva il filosofo Alain,nella linea di Aristotele per il quale lamore damicizia consiste nelvoler bene a qualcuno.

    Bisogna allora porre la questione radicale: cosa permetter allavolont di tenere se lo slancio spontaneo del desiderio viene a man-care? La questione pressante, perch numerose coppie si separanoappena sperimentano questa assenza, durante un periodo che a lo-ro sembra lungo, ma che pu non raggiungere i sei mesi.

    Quelle che tengono attingono nondimeno a unaltra forza, anco-ra pi intima del desiderio. La risposta che al cuore della volontnon si trova solo il desiderio, la sua spinta [ressort] ordinaria, ma lafede, la sua spinta [ressort] per tempi di crisi ed anche, tutto som-mato, per i tempi felici. Per volere veramente, bisogna credere.

    2.2. Fede la traduzione di una parola latina valorizzata da santA-gostino, fides, che si traduce ugualmente con fiducia e con fedelt.In realt, queste tre virt non ne formano che una sola: la fedeltchiede la fiducia, la fiducia chiede la fede, la fede si traduce nella fe-delt. La fiducia lanima della fedelt. Ma, allorch ho fiducia nel-laltro, qual loggetto della mia fiducia? Io so che laltro fragile,che vulnerabile, che lui o lei ha dei limiti, che possono farmi sof-frire. So anche che il nostro legame ha i suoi limiti. Noi non formia-mo la coppia ideale. La nostra relazione segnata dalle ferite e dal-le imperfezioni di ciascuno. Ogni coppia ha le sue ricchezze, ma an-che le sue povert. La fiducia nellaltro acquista tutta la sua forza seio credo che in lui, in lei c una sorgente di vita pi profonda e pireale di tutte le fluttuazioni della sua vita psicologica.

    La stessa cosa vale per la fiducia in me stesso, essa pure necessa-ria. Ma questa fiducia di fondo non si basa sulle mie sole qualit na-turali, di cui conosco fin troppo bene i limiti. Ho fiducia nella pre-senza in me come nellaltro, tra noi, nel legame, abitante il legame

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  • di una sorgente denergia pi primordiale e pi costante degli altie bassi del nostro sentimento, pi permanente delle fluttuazioni delnostro desiderio spontaneo, pi profonda anche della nostra vo-lont. Una fonte di rinnovamento, di nuove partenze, di scoperte chesono ancora davanti a noi.

    La fede vittoria sulla paura. La paura senza dubbio il princi-pale nemico delle coppie. Essa prende forme diverse. Ci che ter-ribile che, secondo la formula del grande psicanalista Victor Frankl,la paura realizza ci che teme15. Le paure hanno un lato affasci-nante. Pi esse sono forti, pi si presentano come ineluttabili. Sem-bra che manchi il terreno sotto i piedi. Noi percepiamo allora una ve-rit, cio che lo scacco possibile. Che non c garanzia. Nessunacoppia assolutamente al riparo dalla tempesta e dal naufragio.

    Se punta su risorse diverse dal desiderio e dal sentimento, la fedenon dipende da un sapere obiettivo. Secondo Kierkegaard, essa certezza soggettiva al cuore dellincertezza oggettiva. Oggettiva-mente siamo minacciati; io non posso pretendere di sapere, di scien-za positiva, che sar ancora con mia moglie tra dieci o ventanni. Masoggettivamente, sono certo di ci che io voglio, di ci su cui abbia-mo puntato la nostra esistenza. Ho fede che, allorch io pongo gli at-ti del dono, del perdono e della ri-creazione, sono sulla buona stra-da, quella che costruisce la mia esistenza.

    2.3. Una delle forme pi concrete che potr assumere la fede sar ilperdono. Non c relazione stretta fra due esseri che, nel corso deltempo, non richieda il perdono [].

    Il perdono insieme un dono e un lavoro. Ma perch il lavoroabbia luogo, ancora una volta, ci vuole del tempo.

    2.4. Si profila qui una quarta risorsa di superamento, una virtpoco spesso evocata ma che tuttavia al cuore della durata: la virtdella pazienza.

    Nella pazienza, noi accettiamo di non essere solo attori, attivi, ef-ficaci, ma anche di portare, sopportare, resistere. Sono i due versan-ti dellesistenza; e laccettazione del secondo assolutamente neces-saria ad una visione non mutilata della vita.

    Non di tratta di costruirsi un guscio, in una sorta di insensibilitstoica. Al contrario, nella pazienza possiamo soffrire, ma tranquilla-mente, senza voler cambiare laltro o accelerare i tempi. Il consenso

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    15 V. FRANKL, La psychothrapie et son image de lhomme, Riesma, Paris 1976.

  • alla parte di debolezza dellaltro (e di se stesso!) non prova di in-sensibilit; al contrario, si tratta di una sensibilit superiore, accetta-ta, integrata, vissuta come apertura e non come irrigidimento (comeaccade invece nellimpazienza). Secondo Caterina da Siena, la pa-zienza il midollo del vero amore.

    Il tempo coniugale quello della lentezza. Lentezza delle matura-zioni, lentezza del quotidiano, soprattutto in assenza di figli, lentez-za degli addomesticamenti e degli apprendistati, lentezza dei cam-biamenti. Un coniuge mi diceva che gli ci sono voluti dieci anni persuperare un difetto, piccolo in se stesso, ma che dava ai nervi a suamoglie.

    Un buon esempio del lavoro della pazienza dato dalla lavora-zione delle rive del mare. Guardate una costa selvaggia, il taglio tita-nico della dura roccia, e pensate che questo lavoro stato compiu-to dallacqua; dal flusso e riflusso di questo elemento fluido chescorre tra le vostre dita! Il ritorno costante e instancabile di un vole-re, apparentemente debole in rapporto agli ostacoli da superare, puoperare prodigi. Limpazienza, al contrario, la principale causa de-gli irrigidimenti, dei blocchi, dei combattimenti sterili.

    La pazienza ottiene tutto16. Affermando questo, Teresa dAvilanon considera solo un tratto caratteriale ma una disposizione fonda-mentale, una virt spirituale.

    3. Le risorse soprannaturali

    Col termine soprannaturali intendo le risorse che non si riduco-no n al buon funzionamento dello psichismo, n alle potenzialit diuna volont autonoma.

    Non si tratta di realt straordinarie o extra-naturali, ma dellin-gresso in un dinamismo di vita che, superando ci che un sapereobiettivo o un sistema chiuso pu percepire, non pu che compren-dersi in termini di mistero.

    Secondo il suo senso biblico, il mistero non il luogo in cui ces-sa ogni comprensione, ma linizio di una nuova comprensione.

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    16 Que rien ne te trouble / Que rien ne teffraie / Tout passe / Dieu ne change pas/ La patience obtient tout / Celui qui a Dieu ne manque de rien / Dieu seul suffit:Posies, in uvres compltes, Cerf, Paris 1995, 1242.

  • Indicher qui tre porte daccesso al mistero.

    3.1. La prima porta daccesso sar il riconoscimento dellamorecome grazia. Lamore creatore, quello che crea realmente un legamecapace di resistere alla durata, non dipende solo da ci che si sente;esso atto, atto reale di uscita da s. Il nome pi centrale di questoatto quello di dono. Dono della propria parola, della propria fidu-cia, del proprio tempo, del proprio corpo, della propria attenzione,della propria dedizione, dono dellatto di donare17, dono anche del-laccoglienza, perch nellamore dare e ricevere non fanno che unacosa sola. La vita coniugale un lungo apprendistato del dono: siimpara che la vita (nel) dono, cosa che, allinizio, ben lungi dal-landare da s!

    Il dono autentico si distingue dallo scambio commerciale. Esso gratuito, nel senso che non calcola un guadagno in cambio. Ci nonsignifica che esso non riceva, poich fondamentalmente acco-glienza: ma ci che si riceve un dono, un frutto, un di pi accol-to nella gratitudine e non uno scopo, un obiettivo calcolato. Cuna differenza tra lidea di frutto e quella di scopo.

    Alcuni dubitano che la gratuit sia possibile o reale. In altre paro-le, dubitano della differenza tra il dono autentico e lo scambio com-merciale. Questo scetticismo spesso presente tra gli psicologi, chesono particolarmente attenti ai determinismi della vita affettiva, in cuila parte di ricerca dei propri interessi da parte dellio tuttaltro chetrascurabile! C forse un fondo di egoismo irriducibile nella vita psi-chica.

    La questione della gratuit, della sua possibilit e della sua realt dunque una vera questione che ci pone di fronte a unalternativafondamentale:

    - o le relazioni umane sono mosse solo dal calcolo dinteresse esono, in ultima analisi, egocentriche,

    - oppure un superamento di questa logica possibile, reale, me-diante lingresso in unaltra logica, un altro dinamismo, un ordinenuovo, che Blaise Pascal ha chiamato lordine della carit.

    In questo ordine lamore dono in un duplice senso: in sensoattivo (che consiste nel donare), ma anche in senso passivo (dono

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    17 Le don nest pas le dplacement dun avoir au profit de lautre, mais louverturede notre tre la prsence de lautre pour le rendre acteur de sa propre vie: J. C.SAGNE, La loi du don, PUL, Lyon 1997, 171.

  • donato). Questo il segreto: noi riceviamo il movimento attraversoil quale noi doniamo. Il dono donato. Ora, in latino, dono si dicegratia, che si traduce grazia. Agnostico, il filosofo Vladimir Jankl-vitch ha potuto scrivere che la carit figlia della grazia18. I noncredenti stessi, in effetti, possono avere la sensazione, anzi la certez-za di entrare in unaltra dimensione della vita allorch entrano, gioio-samente, nel dinamismo del dono generoso. Il proprio dei credenti di dare un nome a questa sorgente e di riconoscerla, in rapportocon una comunit, come soggetto. Soggetto di una parola che essi ri-cevono da una Scrittura e dal silenzio interiore in cui questa risuona.

    3.2. Da qui il secondo termine col quale caratterizzer le risorseche posso ora chiamare teologiche, quello della dinamica pasquale.In ebraico, pasqua (pessah) vuol dire passaggio. La vita coniugalepu comprendersi come un passaggio o come una traversata19. I giu-dei si compiacciono di citare un adagio del Talmud secondo cui lu-nione delluomo e della donna un miracolo ancor pi grande diquello del passaggio del Mar Rosso! Nella prospettiva cristiana, la tra-versata in questione compresa non solo come un passaggio dallaschiavit verso la libert ma come passaggio dalla morte alla vita.

    Nella storia di una coppia, molteplici sono i passaggi attraverso lamorte, piccoli o grandi che siano. Per entrare nella dinamica della vi-ta comune, a fortiori quella del dono reciproco, necessario mori-re a tutto ci che ad essa contrario! Bisogna lasciare molte coseper fare alleanza, slegarsi da molti vincoli. Per avanzare insieme sulcammino comune, ogni giorno saranno necessari i superamenti, lerinunce e, bisogna ben dirlo, i sacrifici. Cosa sar unalleanza per laquale non si disposti a sacrificare nulla?

    In molti modi, fare alleanza significa rischiare la propria vita. Lasperanza soffia allorch tutte queste morti, volontarie o involontarie,possono sfociare su una vita pi grande e pi vera. La grande scom-messa della vita coniugale che la vita alla quale si accede in cop-pia, in modo solidale, consentendo reciprocamente allaltro, supe-riore, pi vera e pi bella di quella che avremmo conosciuto restan-do indipendenti, al servizio esclusivamente del proprio ego20. La ve-

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    18 V. JANKLVITCH, Les vertus et lamour (1970), Champs Flammarion, 1986, vol. II, 238.19 Cf X. LACROIX, La traverse de limpossible, Vie chrtienne (2001), dove sviluppomaggiormente questo tema.20 Questa osservazione non in alcun modo una svalutazione del celibato perch,in un modo o in un altro, ogni persona, ogni vita chiamata a fare alleanza.

  • ra vita nella circolazione del dono. Bisogna perdersi per trovarsi.Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se in-vece muore, produce molto frutto (Gv 12,24). Questa verit evange-lica pu essere percepita da ogni coscienza. Il proprio del credente di riceverla e viverla passando attraverso mediazioni specifiche, es-sendo innestato su una vita pi ampia della sua.

    3.3. Nella prospettiva cristiana, la Vita si dona attraverso la parte-cipazione ad unalleanza pi ampia, lalleanza fraterna. La coppia cri-stiana non isolata. Fondamentalmente, ci che lega i coniugi non solo soggettivo, intersoggettivo, intimo, ma si immerge nella parte-cipazione a una dimensione della vita condivisa con altri. Approfon-dendosi, contemporaneamente lamore si allarga.

    In fondo, ultimamente, ci che ci unisce anche ci che ci lega eci unisce ad altri, a tutti coloro che vivono dello stesso mistero. Co-municando con altri al corpo dato e al sangue versato, gli sposi cre-denti comunicano non solo alla sorgente di ci che li fa vivere, macon dei fratelli e sorelle che vivono dello stesso mistero. Essi parte-cipano alla vita di un corpo pi grande pi grande dei loro corpiindividuali e del corpo familiare. Si dice spesso che la famiglia lacellula di base della societ; ma cosa sarebbe la vita di una cellulache non appartenesse ad alcun corpo?

    S, nel deserto spirituale in cui gli individui sono abbandonati aun tragico isolamento, partecipare alla vita di una comunit spiritua-le e incarnata una grande possibilit, che i credenti dovrebberomaggiormente cogliere.

    In definitiva, per i cristiani, questa la chiave di tutto: la nostraunit non solo in noi stessi, essa non si gioca solo tra noi. Essa partecipazione ad una unit pi originaria, pi alta, pi profonda einsieme pi ampia. Unit che non statica o monolitica, ma che circolazione di vita. Circolazione della vita che unisce i figli di Dio e,pi misteriosamente ancora, circolazione della vita trinitaria.

    accanto alla sorgente che ci ritroviamo. Nella fede, cio nellapreghiera, gli sposi cristiani sentono lultima preghiera di Ges se-condo san Giovanni:

    Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano an-chessi in noi una cosa sola (Gv 17,21)

    Fermandosi a lungo su questa parola, cio meditandola, il lettoreentra in un movimento. Egli passa da un paragone (come noi) ad

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  • una partecipazione reale, unimplicazione dellessere stesso nellu-nit divina (siano una cosa sola). In definitiva, la chiave della vitaconiugale la vita filiale: per essere in verit una cosa sola non cniente di meglio che diventare insieme figlio e figlia di Dio. Vivereun grande amore ha qualcosa in comune con lesperienza mistica.

    Ci che descritto qui non un ideale, ma un essenziale. Nonamo la parola ideale, perch rinvia ad una perfezione per defini-zione inaccessibile. Al cuore di queste imperfezione, viviamo co-munque lessenziale. Lessenziale non sta sulle nuvole ma al cuoredel cuore, nella nostra intenzione pi profonda. il filo rosso, unobiettivo, una visione. Noi viviamo il puro nel cuore dellimpuro21,il dono in mezzo ai nostri egoismi, la pi forte solidariet nel cuoredelle nostre solitudini, la gioia unita alla sofferenza.

    La vita coniugale vissuta come avventura spirituale non sopprimele nostre fragilit; essa ci conduce ad abitarle in un altro modo.

    XAVIER LACROIXINDIRIZZO?

    Venegono Inferiore, 2 maggio 2008

    SOMMARIOStarting from the ambivalence of our contemporaries, who at the same timedesire and fear the lasting of couple ties. this paper tries to enlighten threesteps. First of all, why it is important the desire of lasting ties; in second in-stance, a concept of faithfulness which does not depends only on the goodmenage of a couple, but depends on decision and unconditionalcharacter;in third place the resources which can feed a relationship. These are of th-ree kinds: natural resources, resulting from desire and tenderness; over-coming resources, which are necessary when the simple functioning ofpsychic life in not enough; supernatural resources, in which is revealedthe super-human source of the union of man and woman.

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    21 V. JANKLVITCH, Les vertus et lamour, 354.