La#consapevolezza#della#propria# disabilità - Assi Gulliver · *...
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«A chi ha il piede fuori dalla sventura riesce facile dare consigli a chi soffre»
Eschilo
“DIVENTARE DIVERSO…COME TUTTI”, Accompagnare la persona con disabilità nel processo verso l’inclusione -‐ Ercolano, 10 Ottobre 2015
* Nel 900 la rivoluzione della farmacologia e i progressi delle conoscenze e delle tecnologie pongono all’attenzione del medico la MALATTIA intesa come alterazione di variabili oggettivamente misurabili, la sua connessione ad altre malattie e la sua cura, tralasciando le dimensioni SOCIALI e PSICOLOGICHE, difficilmente quantificabili, che rischiano di inficiare l’oggettività della disciplina. * La malattia viene monitorata attraverso esami sempre più
specialistici e la PERSONA nella sua complessa interezza finisce sullo sfondo. * L’attenzione all’INDIVIDUO, che era caratteristica della
medicina antica, diventa sempre più rarefatta.
Ars Medica
“DIVENTARE DIVERSO…COME TUTTI”, Accompagnare la persona con disabilità nel processo verso l’inclusione -‐ Ercolano, 10 Ottobre 2015
* Il riflesso di una medicina impegnata a curare le malattie e non le persone ha contribuito al disgregarsi del rapporto di fiducia tra medico e paziente. * Le critiche al modello medico hanno portato nel corso degli
ultimi 30 anni a sviluppare un modello di medicina più SINTONICO con le mutate esigenze dei pazienti (partecipazione attiva). * Al medico è necessaria una comprensione delle dinamiche
emotive, delle ripercussioni delle emozioni del paziente sull’evoluzione della malattia ma è anche importante che egli sviluppi consapevolezza di sé e delle proprie motivazioni.
Ars Medica
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* Solo facendo attenzione agli aspetti comunicativi e relazionali tra medico e paziente si può avere una medicina centrata sul paziente cioè sulla PERSONA. * La maggior considerazione dei vissuti del paziente sposta
l’obiettivo dalla cura della malattia alla cura della persona. Dal TO CURE tipico della medicina centrata sulla malattia
DISEASE-‐CENTRED o EVIDENCE-‐BASED-‐MEDICINE ⇓
Al TO CARE che è la medicina centrata sul malato, sulla persona, PATIENT-‐CENTRED MEDICINE
Ars Medica
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* Una conseguenza importante del cambiamento vs una medicina centrata sul paziente è il passaggio dall’uso del termine COMPLIANCE (paziente che «obbedisce», segue, aderisce in modo rigoroso alle prescrizioni mediche) a quello di CONCORDANCE (condivisione della conoscenza, delle decisioni col medico riconoscendo al paziente il fatto di essere l’ESPERTO della propria situazione di malattia e della propria reazione al trattamento) attraverso una PARTNERSHIP.
Ars Medica
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* Il nuovo ruolo attribuito al paziente e alla sua prospettiva sulla malattia introduce il concetto di AGENDA DEL PAZIENTE (dove l’agenda del medico corrisponde a ciò che lui pianifica, dalla raccolta di informazioni, agli esami strumentali, agli interventi terapeutici) che va considerata come parte integrante della consultazione: * I sentimenti del pz sulla malattia o sulle cure * Le interpretazioni che dà sulla propria condizione * Le aspettative o i desideri rispetto a ciò che vorrebbe ottenere * Un’analisi del contesto familiare e sociale all’interno del quale il pz si muove e vive.
Ars Medica
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* Per sviluppare un atteggiamento concretamente centrato sul paziente l’attenzione degli studiosi si è rivolta al considerare le emozioni del professionista della cura e alle conseguenze che queste hanno nel rapporto con il paziente (SELF AWARENESS) * Si tratta cioè di capire quali sono i processi e i meccanismi che
sono alla base della consapevolezza di sé e dei propri stati affettivi oltre che dei propri stati mentali e cognitivi, dei vissuti personali legati alle proprie emozioni in ambito lavorativo e alle rappresentazioni che le determinano (alcune emozioni che possono emergere durante un colloquio potrebbero avere ripercussioni importanti sull’andamento dell’incontro e condizionare il modo in cui ci si prende cura dei propri pazienti spesso senza che ci sia un processo di consapevolezza).
Ars Medica
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* Le EMOZIONI forniscono il colorito soggettivo alle varie esperienze vissute e danno forma ad ogni contenuto di conoscenza con un ruolo adattativo fondamentale. * Compaiono molto precocemente e già durante la vita intrauterina il feto esprime reazioni a stimoli perturbanti * Sono osservabili dopo la nascita nelle loro espressioni di base (basic emotions) e progressivamente sono inserite in schemi emozionali sempre più complessi e integrati (emotional schemata).
Lo sviluppo emozionale
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* Entro il 2° anno di vita il soggetto acquisisce la capacità di riconoscersi allo specchio e accanto alle attivazioni emotive di base (GIOIA, RABBIA, TRISTEZZA, PAURA, DISGUSTO) emergono le prime emozioni autocoscienti (x es. VERGOGNA) che implicano la capacità di iniziare a valutare il proprio comportamento in riferimento alle richieste esterne.
Lo sviluppo emozionale
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* Il bambino sviluppa diverse forme di ATTACCAMENTO alle figure significative (genitori o caregivers) e nell’interazione reciproca selezionerà specifiche tonalità di attivazione emozionale e di lettura cognitiva dell’esperienza: * I sogg. con attaccamento EVITANTE privilegiano il canale cognitivo: appaiono inibiti o indifferenti; si prendono cura dei genitori; si adeguano alle loro richieste; si responsabilizzano e imparano a gestirsi da soli precocemente;
Emozioni e costruzione del sè
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* Al contrario i sogg. con attaccamento COERCITIVO sperimentano che di fronte alla imprevedibilità nella relazione con i genitori, l’utilizzo preferenziale dei segnali emotivi e affettivi gli consente di rendere più stabili e affidabili le figure accudenti: piangono, protestano, fanno capricci, appaiono fragili e bisognosi di conforto, ricercano affetto con atteggiamenti accattivanti e «seduttivi»; * I soggetti con modalità più SICURE di attaccamento riescono ad armonizzare bene le espressioni sia di tipo emozionale che cognitivo nei confronti delle figure accudenti che appaiono equilibrate, empatiche, sensibili e responsive. Cosa che non riesce affatto nelle forme più insicure e DISORGANIZZATE.
Emozioni e costruzione del sè
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* La possibilità di stabilire RAPPORTI SIGNIFICATIVI con le figure accudenti, sulla base di una relazione di
RECIPROCITA’, non solo è necessaria alla sopravvivenza individuale ma anche allo sviluppo di tutte quelle
caratteristiche peculiari che consentono di percepirsi in maniera globale e unitaria , sia rispetto all’ambiente
esterno, sia rispetto ai cambiamenti temporali ⇓
Costruzione del sé (accettazione o rifiuto, alta o bassa amabilità, valore o indegnità)
Emozioni e costruzione del sè
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* L’evento della disabilità può essere considerato uno «spartiacque» all’interno del ciclo vitale della famiglia
* Con una modalità dirompente e casuale fa il suo ingresso all’interno del nucleo provocando una frattura, una profonda lacerazione, un momento di cambiamento
cruciale nella storia familiare * L’impatto emotivo e la reazione di tutto il gruppo familiare
all’evento disabilità sarà diverso a seconda dell’epoca di vita del paziente corrispondente ad una specifica fase del
ciclo vitale familiare.
Impatto emotivo della disabilità nella famiglia
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* La nascita di un bambino è sempre un evento atteso con gioia dalla famiglia che accoglie il neonato. L’attesa è carica di felicità, ma questa atmosfera gioiosa viene incrinata quando si scopre la presenza di una patologia. Un problema che interessa un neonato, infatti, ha una forte risonanza emotiva che richiede una presa in carico interdisciplinare.
* La reazione dei genitori di fronte alla sorpresa della malattia del figlio è principalmente un vissuto di inadeguatezza, un senso di responsabilità, un vissuto di “lutto” per aver generato un figlio “incompleto”, ed il relativo senso di impotenza per non poter in alcun modo sopperire a tale incompletezza. La reazione dei genitori sul piano emotivo è fisiologica, ossia, è la normale reazione davanti ad una situazioni di stress, tuttavia, questa non può restare unicamente sul piano emotivo, ma deve incanalarsi verso la ricerca operativa di un miglioramento della condizione del figlio.
Impatto emotivo della disabilità nella famiglia
“DIVENTARE DIVERSO…COME TUTTI”, Accompagnare la persona con disabilità nel processo verso l’inclusione -‐ Ercolano, 10 Ottobre 2015
* La famiglia che affronta una patologia rara vive un forte stress generato da: * Paura di ciò che non conosce e che tuttavia è presente attraverso la manifestazione di
sintomi che mutano il normale corso della vita; * Fretta di comprendere quale è il problema e di conoscerne la gravità; * Solitudine dovuta al non trovare comprensione, al sentirsi impotenti, inadeguati e privi
di ogni protezione; * Rabbia che si traduce nelle terribili domande “Perché proprio a noi? Perché al nostro
bambino?”; * Senso di diversità e di sfortuna perché la vita non è più quella di prima e ci si sente traditi
dal destino che sembra aver estratto a sorte, in un gioco perverso e crudele, proprio noi e il nostro bambino;
* Ansia per la spasmodica ricerca di una soluzione e per il timore di non riuscire a compiere la scelta giusta;
* Preoccupazioni finanziarie per le spese di oggi e per quelle non quantificabili di domani e tutto questo si ripercuote sulla situazione di coppia mettendone a dura prova la stabilità.
Impatto emotivo della disabilità nella famiglia
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* Le malattie rare a differenza di altre situazioni sono ancora poco conosciute sia dai medici che dal tessuto sociale, per cui la maggior parte delle famiglie affrontano grandi difficoltà nell’individuare un centro idoneo a fornire la diagnosi e l’inquadramento più opportuno anche dal punto di vista del protocollo terapeutico. Questo ci fa riflettere su come la prima azione “terapeutica” sia: dare informazione.
* Per bambini e genitori si palesano, così, molte visite prima di arrivare ad incontrare il personale più competente, la cosa porta i genitori a doversi confrontare con sentimenti di impotenza, sconforto, incertezza, un profondo vissuto di solitudine e a vivere queste visite come invasive e violente.
Impatto emotivo della disabilità nella famiglia
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* In presenza di malattie rare l’avere un punto di riferimento è utile sia sul piano delle informazioni sia sul piano psicologico: da la possibilità di non sentirsi gli unici a vivere una situazione simile e oltre a consentire di proiettarsi nel futuro confrontandosi con quanto capitato ad altri
* Confrontare la propria esperienza con quella altrui, infatti può rappresentare una risorsa se vengono ben controllate le variabili in gioco (età, sintomi precisi, tipologia malformazione, ecc.), ma anche diventare una fonte di ansia e di grave depressione, poiché una ricerca grossolana può portare ad imbattersi in casi particolarmente gravi o in articoli molto tecnici: cose non utili né sul piano della conoscenza e né su quello della gestione emotiva della propria situazione.
Impatto emotivo della disabilità nella famiglia
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* E’ pertanto importante che la famiglia possa afferire, oltre che ad un Centro di riferimento, ad un insieme di Strutture dedicate in “rete” tra di loro. A completamento di questa rete assistenziale specifica, è fondamentale che il medico sia a conoscenza e informi sulla eventuale presenza sul territorio di Associazioni di famiglie, per garantire un ulteriore e specifico punto di riferimento: questo perchè nessun medico può spiegare nel dettaglio come vivere la quotidianità, come superare tanti grandi e piccoli problemi e come e quanto cambiano i rapporti all’interno e all’esterno della famiglia dopo la diagnosi di malattia rara.
Rete Assistenziale Specifica
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* Tutte le sindromi o malformazioni, hanno un profondo impatto psicologico indipendentemente dalle conseguenze funzionali, estetiche o dalla gravità e vastità del problema. Anche una problematica minore e di relativa facile soluzione rappresenta una fonte di dolore tanto quanto situazioni più gravi e complesse.
* Le emozioni, il rifiuto o l’accettazione della situazione e del bambino, sono sentimenti che accompagnano i genitori e che connotano profondamente il loro relazionarsi con il figlio e con coloro che possono migliorare la condizione del bambino stesso, il chirurgo, il fisioterapista, ecc.
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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* Il bambino, anche molto piccolo, percepisce le emozioni dei genitori e, di conseguenza, può esserne influenzato nel modo di affrontare il proprio problema, ma prima ancora nella possibilità di sviluppare una personalità armonica ed equilibrata.
* La consapevolezza dell’impatto emotivo delle sindromi infantili ha portato a pensare al lavoro in équipe interdisciplinare come modalità elettiva di prendersi cura del bambino e dei suoi genitori.
* Questa metodologia, ancora relativamente poco diffusa, riconosce i bisogni di supporto psicologico della famiglia e di conseguenza prevede lo psicologo come una costante del protocollo di intervento.
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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* Un supporto psicologico per la famiglia è, infatti, importante il più precocemente possibile, questo fin dai primi giorni di vita del bambino e, comunque, non appena si venga a conoscenza dalla patologia, anche quando la diagnosi sia prenatale. Tuttavia, la difficoltà sul piano psicologico affrontata dai genitori non è sempre rilevata, questo per la poca conoscenza di quanto sollevato dalla malattie rare, ma anche per un contesto culturale italiano che vede ancora troppo spesso considerare come un traguardo il farcela da soli ed un’ammissione di debolezza e fragilità chiedere aiuto.
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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* Un reale obiettivo da perseguire dovrebbe, invece, essere l’elaborazione e l’accettazione della malattia. Trovare uno spazio in cui poter iniziare un percorso di elaborazione ed accettazione dei grandi cambiamenti portati dalla patologia, implica riconoscere come l’evento patologico coinvolga tutti i componenti della famiglia. La pervasività della patologia, infatti va a modificare tutto il sistema famigliare ed i suoi sottosistemi: genitori, coppia, fratelli.
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
“DIVENTARE DIVERSO…COME TUTTI”, Accompagnare la persona con disabilità nel processo verso l’inclusione -‐ Ercolano, 10 Ottobre 2015
* Quando la malattia del bambino porta con sé segni visibili i genitori si devono confrontare con lo sguardo “degli altri” fin dai primi giorni di vita del bambino. Lo sguardo degli estranei spinge molte madri e padri a proteggere il figlio da “occhi tanto intrusivi”. Per molti genitori dover uscire di casa con il proprio figlio, diventa un momento caratterizzato da forte ansia, tanto che molti cercano in tutti i modi di evitare di portare il figlio fuori casa o, in alternativa, prima di uscire coprono come possibile il bambino. Questo atteggiamento protettivo, volto a proteggere se stessi e gli altri, tende però a portare la coppia ad isolarsi; infatti, molti genitori di bambini malformati evitano di incontrare persone nuove e talvolta arrivano anche ad isolarsi completamente anche dagli amici che frequentavano abitualmente prima che nascesse il figlio.
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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«Mi ricordo quando ero bambina che passeggiavo con i miei genitori, la cosa che mi feriva di più erano gli occhi degli altri su di me, non per il mio handicap, sentivo invece il disagio dei miei genitori e io, che in fondo ero la diretta interessata, non stavo male perché ero in carrozzina, ma stavo male per la loro mortificazione, allora ero io ad abbassare lo sguardo. Con il tempo mi sono costruita una barriera tutta mia, da una certa età in poi, gli altri non li vedevo, ne come si rivolgevano a me, ne come mi guardavano, per me non esistevano. Per molti anni qualsiasi persona io incontrassi per strada, non la vedevo, non la riconoscevo, ho riscontrato in molti disabili questo comportamento, che io riconosco come un meccanismo di difesa. Questo mi ha fortificato molto, è come se avessi voluto non subire la barriera messa da altri, il loro sguardo, ma decidere io di costruire una mia personalissima barriera, chi mi voleva veramente conoscere avrebbe dovuto volerla abbattere, prima la sua e poi la mia, facevo inconsciamente una selezione naturale degli sguardi, in fondo selezionavo i miei rapporti umani. E’ molto difficile convivere con gli sguardi degli altri, così ho imparato a leggere e a intuire attraverso il loro sguardo, senza farmene accorgere, cosa passa a loro per la mente quando si rivolgono a me o ad un altro disabile. Ho sviluppato negli anni una capacità di osservazione a tal punto da diventare intuito, strumento di conoscenza, utile ora anche nel mio lavoro di psicologa». Santina
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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* E' difficile generalizzare per stabilire a quale età avvenga la conoscenza e la consapevolezza della propria disabilità, non essendoci nessuna indicazione: né in libri psicologici che si occupano del tema , né in testimonianze raccolte dai familiari e dagli stessi disabili sull’argomento. Il motivo credo sia la resistenza a ricordare momenti dolorosi come la scoperta e in seguito la conoscenza dei propri limiti, ed anche spesso il sentimento d’impotenza nell’affrontarli e la dipendenza esistenziale da essi.
* L'età in cui si prende coscienza del proprio handicap può dipendere da alcune variabili: * tal tipo di handicap: congenito, ereditario e/o da trauma * quando si manifesta: se nel l'infanzia o in età adulta * dalla sua evoluzione * da come la propria disabilità si riflette negli occhi degli altri
Consapevolezza della disabilità: lo sguardo degli altri
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Figli Disabili, la famiglia di fronte all’handicap – Anna Maria Sorrentino – Raffaello Cortina Editore Ti racconto il mio ospedale, esprimere e comprendere il vissuto della malattia – Federico Bianchi di Castelbianco, Michele Capurso, Magda Di Renzo – Edizioni Magi Psicoterapia Cognitiva dell’Età Evolutiva – a cura di Furio Lambruschi – Bollati Boringhieri Psicoterapia cognitiva post-‐razionalista, una ricognizione dalla teoria alla clinica – Vittorio F. Guidano – FrancoAngeli Il sè nel suo divenire – Vittorio F. Guidano – Bollati Boringhieri La complessità del sè – Vittorio F. Guidano – Bollati Boringhieri Una base sicura – John Bowlby – Raffaello Cortina Editore Le opere della coscienza, Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-‐evoluzionista – G. Liotti – Raffaello Cortina Editore Discovery of an insicure-‐disorganizated/disoriented attachment pattern – M. Main, J. Solomon, (1986) Psicosi e misconoscimento della realtà. In Terapia Familiare, 41, pp. 45-‐46 – Selvini M. (1993) Lavorare con le emozioni nell’approccio costruttivista – a cura di G. Rezzonico e I. De Marco – Bollato Boringhieri La famiglia di fronte alla disabilità – M. Zanobini, M. Manetti e M. C. Usai – Erickson La disabilita’ negli occhi di tutti -‐ Santina Portelli Supporto psicologico alla famiglia -‐ PKUInfo
Bibliografia
“DIVENTARE DIVERSO…COME TUTTI”, Accompagnare la persona con disabilità nel processo verso l’inclusione -‐ Ercolano, 10 Ottobre 2015
Presidente ANGELI NOONAN ONLUS Associazione Italiana Sindrome di Noonan
Contatti Antonella ESPOSITO
Psicologa psicoterapeuta presso Sportello Malattie Rare
Policlinico Umberto I Roma
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