L’ABUSIVISMO EDILIZIO, LA SANATORIA E LA RELATIVA … · a seguito di ricorso amministrativo,...

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L’ABUSIVISMO EDILIZIO, LA SANATORIA E LA RELATIVA DISCIPLINA SANZIONATORIA L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1 (“Norme per il governo del territorio”) D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”) D.Lgs. 2.7.210, n. 104 (“Codice del nuovo processo amministrativo”) Relatore: Avv. Guido Giovannelli

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L’ABUSIVISMO EDILIZIO, LA SANATORIA E LA RELATIVA

DISCIPLINA SANZIONATORIA

L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1 (“Norme per il governo del territorio”)

D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari

in materia edilizia”)

D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”)

D.Lgs. 2.7.210, n. 104 (“Codice del nuovo processo amministrativo”)

Relatore: Avv. Guido Giovannelli

L’ANNULLAMENTO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE

art. 138 L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1

“In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile la

rimozione di vizi riscontrati, il comune applica una sanzione pari al valore

venale delle opere abusivamente eseguite valutato dall'ufficio tecnico comunale, e

comunque non inferiore ad euro 516,00, salvo che con provvedimento motivato

dichiari che l'opera contrasta con rilevanti interessi pubblici, disponendo la

restituzione in pristino in quanto possibile. La valutazione dell'ufficio tecnico è

notificata alla parte dal comune e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi

effetti del permesso di costruire.

Qualora sia disposta la restituzione in pristino, è dovuta la restituzione dei

contributi già versati al comune per le corrispondenti opere”.

La norma soprariportata, in caso di annullamento del permesso di costruire,

identifica nella sanzione pecuniaria (pari al valore venale delle opere abusivamente

eseguite) lo strumento sanzionatorio principale e prevede l’ipotesi di restituzione in

pristino nei casi in cui il Comune dichiari con provvedimento motivato che l’opera

contrasta con “rilevanti” interessi pubblici e la demolizione dell’opera si dimostri

oggettivamente possibile.

E' una norma che tutela l'affidamento del soggetto che ha costruito, nella

presunzione di legittimità del titolo edilizio.

La norma opera tanto in casi di annullamento giurisdizionale (da parte del G.A.) o

a seguito di ricorso amministrativo, quanto in quelli di annullamento d'ufficio (art.

21 nonies L. 241/1990) o da parte della Regione (art. 39 D.P.R. 380/2001). In tal

senso, cfr., T.A.R. Sardegna, 1169/2004 e T.A.R. Puglia, 329/1995).

E' applicabile in caso di D.I.A.? Sì, si veda l'art. 38, comma 2 bis, del D.P.R.

380/2001 (“Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi

edilizi di cui all'art. 22, comma 3, in caso di accertamento dell'inesistenza dei

presupposti per la formazione del titolo”).

Si applica all'annullamento del permesso di costruire a sanatoria? A mio avviso, no

(ratio diversa).

segue

PROCEDIMENTO

PRELIMINARE VALUTAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DI RIMUOVERE I VIZI

RISCONTRATI

Preliminarmente, la norma impone al necessità di valutare la possibilità di rimuovere

i vizi che hanno eventualmente determinato l’illegittimità del titolo rilasciato.

A quali vizi si riferisce l'art. 138 della L.R. 1/2005?Nonostante la disposizione in

questione sia diversa dall'art. 38 del D.P.R. 380/2001, il quale (mutuando dall'art. 11

della L. 47/1985) fa espresso riferimento ai soli vizi “delle procedure amministrative”, la

giurisprudenza del T.A.R. Toscana ritiene che si possano rimuovere solo i vizi di natura

formale-procedurale (così, T.A.R. Toscana, Sez. III, 17.3.2008, n. 374, che recita: “La

procedura delineata dall’art. 138, sulle orme di quanto già previsto dall’art. 11 della

legge n.47/85, può essere avviata ove non sia possibile la rimozione dei vizi riscontrati

e che tale espressione, pur essendo scomparso il riferimento alla natura formale-

procedurale dei vizi rilevanti, non può che essere interpretata in senso preclusivo

dell’ipotesi alternativa (sanzione pecuniaria) ove i vizi abbiano natura sostanziale”).

Ciò nel solco della giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale: “In caso di

annullamento giurisdizionale di una concessione edilizia illegittima per un vizio

sostanziale l'amministrazione non può emettere un nuovo provvedimento concessorio

in applicazione dell'art. 11 l. 28 febbraio 1985 n. 47, trattandosi di norma che consente

la rimozione solo di vizi procedurali” (Cons. Stato, 2960/2006).

RIMOZIONE DEI VIZI PROCEDURALI

“In sede di riemanazione conseguente all'annullamento giurisdizionale di una

concessione edilizia per vizi formali, l'art. 11 comma 1 l. 28 febbraio 1985 n. 47

stabilisce che il comune debba valutare l'originaria istanza proposta dal privato per

l'intervento costruttivo da realizzare, accertando ora per allora (sulla base, cioè, del

regime urbanistico esistente al tempo della concessione annullata) se e in qual misura

sia possibile rimuovere i vizi procedurali censurati e, in caso positivo, reiterare la

concessione ” (così, Cons. Stato, 1255/1996).

Vi è quindi una deroga al principio secondo occorre valutare la compatibilità

dell'intervento al regime urbanistico vigente alla data del rilascio del titolo edilzio.

segue

RAFFRONTO TRA L’INTERESSE PUBBLICO E QUELLO PRIVATO

Ove sia riscontrata l’impossibilità di rimuovere i vizi formali, ovvero nel caso di vizi

sostanziali per i quali non sia possibile la restituzione in pristino (ma non incidenti su

diritti di terzi), il Comune deve procedere ad un preventivo raffronto tra l’interesse

pubblico alla demolizione dell’opera e quello privato al suo mantenimento (così,

T.A.R. Toscana, Sez. III, 14.12.2007, n. 4821: “Ad avviso del Collegio l’applicazione

della misura sanzionatoria, nella costruzione di tale norma, presuppone “naturalmente”

un preventivo raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato, al fine di escludere

l’applicazione della più grave sanzione edilizia (la riduzione in pristino) rispetto alla

quale, in altri termini, la sanzione pecuniaria irrogata rappresenta un’alternativa che, in

assenza di elementi di pubblico interesse, consente di preservare proprio l’interesse del

cittadino alla conservazione della struttura successivamente privata del titolo edilizio )”.

SANZIONE PECUNIARIA

Laddove non siano ravvisati elementi di pubblico interesse, l’Amministrazione procederà

ad irrogare la sanzione pecuniaria la cui integrale corresponsione produce ex lege i

medesimi effetti del permesso di costruire, sortendo così l’effetto di preservare

l’interesse del cittadino alla conservazione della struttura successivamente privata del

titolo edilizio.

segue

INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE

Nell’ipotesi in cui sia riscontrato il contrasto dell’opera con rilevanti interessi pubblici e la

concreta ed oggettiva possibilità di riduzione in pristino della medesima, il Comune ne

dà atto con provvedimento motivato disponendone la demolizione.

“È illegittima l'irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo della demolizione dell'opera

abusiva qualora quest'ultima, sebbene costosa, non sia tecnicamente impossibile” (così,

Cons. Stato, n. 1325/2007).

segue

SANZIONI IN CASO DI ABUSI IN ZONA PAESAGGISTICA

Art. 167 D.Lgs. 22.1.2004, n. 42

1. “In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte

terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese,

fatto salvo quanto previsto al comma 4.

2. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per

provvedere.

3. In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela

paesaggistica provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota

delle spese. Laddove l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non

provveda d’ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima

autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento

dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei

successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio

tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall'articolo 41 del

decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita

convenzione che può essere stipulata d'intesa tra il Ministero e il Ministero della

difesa.

4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica,

secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica,

che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero

aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o

straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6

giugno 2001, n. 380.

5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell’area

interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità

preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità

paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla

domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante

della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.

Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al

pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il

profitto conseguito mediante la trasgressione.

segue

L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di

rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La

domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi

dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli

effetti di cui al presente comma.

6. Le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5, nonché per effetto

dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308,

sono utilizzate, oltre che per l’esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma

1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori

paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati

dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche

le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall’amministrazione per

l’esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre

somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti”.

segue

INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE

In caso di violazione delle norme del Codice inerenti la tutela e la valorizzazione

dei beni paesaggistici, l’art. 167 prevede al comma primo che il trasgressore sia

sempre tenuto alla remissione in pristino a proprie spese.

La norma trova applicazione generale, senza distinguere tra violazioni

sostanziali – ossia produttive di un concreto danno ambientale per l’effettivo

contrasto dell’intervento con i valori paesistici della zona – ed illeciti meramente

formali, consistenti cioè nella mera inosservanza di obblighi come l’omessa

acquisizione del prescritto nulla osta, e quindi non prevede come presupposto

per l’irrogazione delle sanzioni l’esistenza di un vulnus materiale al

paesaggio (così, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 18.4.2008, n. 388; T.A.R.

Campania, Napoli, Sez. IV, 11.11.2004, n. 16752; T.A.R. Liguria, Sez. I, 20.2.2004,

n. 181)

La finalità della previsione è chiaramente quella di costituire un più solido

deterrente contro gli abusi dei privati.

Contestualmente all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi è assegnato al

trasgressore un termine per provvedere.

In caso di inerzia, si prevede che l’autorità amministrativa preposta alla tutela

paesaggistica disponga d’ufficio la rimessione in pristino.

In mancanza, il direttore regionale competente, su richiesta dell’autorità

amministrativa preposta alla tutela paesaggistica ovvero decorsi centottanta giorni

dall’accertamento dell’illecito, procede alla demolizione, previa diffida a tale autorità

a provvedervi nei successivi trenta giorni.

segue

ECCEZIONALE ACCERTAMENTO POSTUMO DELLA COMPATIBILITÀ

PAESAGGISTICA DELL’INTERVENTO

IPOTESI

La categoricità della previsione di cui al comma primo e la conseguente esclusività

della sanzione demolitoria risultano peraltro temperate dai commi quarto e quinto

del medesimo art. 167, che eccezionalmente consentono l’accertamento postumo

della compatibilità paesaggistica dell’intervento nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica,

che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento

di quelli legittimamente realizzati (cfr. Circolare Min. B.C.A. n. 33 del 26.6.2009:

per superfici utili si intende “qualsiasi superficie, qualunque sia la sua destinazione.

Sono ammesse le logge e i balconi nonché i portici, collegati al fabbricato, aperti

su tre lati contenuti entro il 25% dell'area di sedime del fabbricato stesso”; per

volumi si intende “qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergente dal

terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente indipendentemente dalla

destinazione d'uso del manufatto, ad esclusione dei volumi tecnici”

b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o

straordinaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380.

Trattasi di tre ipotesi di rilievo marginale e di carattere sicuramente tassativo (così,

T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 27.3.2009, n. 709; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez.

II, 9.12.2008, n. 5737), delle quali, peraltro, la giurisprudenza amministrativa tenta

talora di ampliare l’ambito di applicazione offrendone una lettura estensiva.

Quanto, in particolare, alla fattispecie sub a), ne è stata proposta una lettura

teleologica, sull’assunto che: “Nonostante l’utilizzo della particella disgiuntiva “o”

nella frase “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi”, il

duplice riferimento alle nuove superfici utili e ai nuovi volumi costituisca una endiadi,

ossia una modalità di esprimere un concetto unitario con due termini coordinati. In

altri termini, la necessità di interpretare le eccezioni al divieto assoluto di rilasciare

l’autorizzazione paesistica in sanatoria (previste dall’articolo 167, comma 4, del

decreto legislativo n. 42/2004) in coerenza con la ratio dell’introduzione di tale

divieto induce il Collegio a ritenere che esulino dalla eccezione prevista dall’articolo

167, comma 4, lettera a), gli interventi che abbiano contestualmente determinato la

realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi e che, di converso, siano

suscettibili di un concreto accertamento della compatibilità paesistica anche i

soppalchi, i volumi interrati ed i volumi tecnici” (così, da ultimo, T.A.R.

Campania, Napoli, Sez. VII, 14.1.2011, n. 176. Nello stesso senso, T.A.R.

Campania, Napoli, Sez. VII, 3.4.2009, n. 1748).

segue

PROCEDIMENTO

Ricorrendo una delle suindicate ipotesi, il proprietario, il possessore o il detentore a

qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati deve presentare apposita domanda

all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità

paesaggistica delle opere eseguite.

L’autorità, acquisito il parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro novanta

giorni, si pronuncia entro il termine perentorio di centottanta giorni.

Nel caso in cui venga accertata la compatibilità paesaggistica dell’intervento, il

trasgressore è tenuto al pagamento di una somma di denaro, determinata tramite

perizia di stima, pari al maggiore importo fra il danno arrecato e il profitto

perseguito mediante la trasgressione (ovvero, in mancanza di un concreto danno

ambientale, commisurata al profitto conseguito con l’esecuzione delle opere

abusive; si veda infra).

In caso di rigetto della domanda di autorizzazione postuma, trova applicazione la

sanzione demolitoria di cui al comma primo.

CALCOLO DELL’INDENNITA’

“Secondo la disciplina statale di cui all’art. 15 della L. 14971939, poi art. 164 del

D.L.gs. N. 4901999 e quindi art. 167 D.Lgs. n. 422004 nonché il DM 26.9.1997 per

la quantificazione della sanzione ambientale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n.

7405/2004 il Comune deve effettuare apposita perizia del danno ambientale nonché

stima del profitto discendente dall’esecuzione dell’opera, determinata dalla

differenza tra il valore dell’opera stessa ed i costi di sua realizzazione (cfr. art. 2 del

DM ed art. 3 per i susseguenti criteri). Trattandosi di sanzione diretta a reprimere

violazioni formali oltre che sostanziali, la stessa, in mancanza di un concreto danno

ambientale, deve essere commisurata al profitto conseguito (cfr. T.A.R. Campania,

Sez. IV, n. 16752/2004)” (così, T.A.R. Toscana, Sez. III, 7.8.2009, n. 1373).

NATURA SANZIONATORIA DELL’INDENNITÀ

L’art. 167 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, va interpretato nel senso che l’indennità

prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce vera e

propria sanzione amministrativa, e non una forma di risarcimento del danno, che,

in quanto tale, prescinde dall’effettiva sussistenza di un danno ambientale (cfr.,

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 25.3.2010, n. 938; Consiglio di Stato, Sez. IV,

12.3.2009, n. 1464; Consiglio di Stato, Sez. VI, 28.7.2006, n. 4690; Consiglio di

Stato, Sez. IV, 15.11.2004, n. 7405; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3.11.2003, n. 7047)

PRESCRIZIONE DELL’INDENNITÀ (QUINQUENNALE)

Il dies iniziale di decorrenza del termine di prescrizione per l’indennità di cui all’art.

167, D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, coincide con la data del rilascio del nulla osta

paesaggistico e cioè con il momento in cui è stata accertata, sia pure in sanatoria,

la compatibilità dell’intervento ai fini paesaggistici (T.A.R. Toscana Sez. II,

18.12.2009, n. 3851; T.A.R. Umbria, Sez. I, 3.4.2009, n. 176; Consiglio di Stato,

Sez. IV, 12.3.2009, n. 1466; Consiglio di Stato, Sez. IV, 11.4.2007, n. 1585).

Una volta ottenuta la concessione in sanatoria, il responsabile dell’abuso null’altro è

tenuto a fare, né può fare, con riferimento alla violazione di natura paesaggistica,

atteso che l’autorità preposta al vincolo ha già compiutamente e definitivamente

espresso il proprio avviso rilasciando il parere di compatibilità che costituisce

presupposto imprescindibile per il condono delle opere abusive eseguite in zona

vincolata. Ne consegue che proprio il momento del rilascio della sanatoria

costituisce il dies a quo della prescrizione della sanzione pecuniaria, ai sensi

dell’art. 28 della L. 24.11.1981, n. 689 (così, Consiglio di Stato, Sez. IV, 12.3.2009,

n. 1476).

IMPIEGO DELLE SOMME RISCOSSE ATTRAVERSO LE IRROGATE SANZIONI

PECUNIARIE

Le somme riscosse per effetto delle irrogate sanzioni pecuniarie (nonché quelle

derivanti dal recupero delle spese sostenute dall’amministrazione per l’esecuzione

d’ufficio delle remissioni in pristino) sono utilizzate, oltre che per porre in essere le

demolizioni in danno dei soggetti obbligati, anche per finalità di salvaguardia e

interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e

delle aree degradati o a loro volta interessati dalle remissioni in pristino.

RIFLESSI DELL’ART. 167 D.LGS. 22.1.2004, N. 42, SULL’AMBITO DI

APPLICAZIONE DEGLI ART. 139 E 140 DELLA L.R.T. 3.1.2005, N. 1

L’art. 167 D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, ha indubbie ripercussioni sull’applicazione del

Titolo VIII della L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1.

In particolare, deve ritenersi che la sanzione pecuniaria di cui al secondo comma

dell’art. 139 della L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1 (da irrogarsi ogniqualvolta la

demolizione degli interventi abusivamente realizzati non possa avvenire senza

pregiudizio della parte eseguita in conformità), possa essere legittimamente

irrogata in relazione ad opere edilizie eseguite in parziale difformità dal permesso di

costruire all’interno di un’area vincolata esclusivamente nelle limitate e tassative

ipotesi di cui all’art. 167, comma quarto, del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42.

L’art. 140 della L.R. Toscana 3.1.2005, n. 1, del pari, ammette espressamente il

conseguimento del permesso di costruire o dell’attestazione di conformità in sanatoria

per le opere eseguite in contrasto con il vincolo paesaggistico soltanto in seguito

all’erogazione delle sanzioni previste dall’art. 167 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42.

L’applicabilità dell’art. 140, comma ottavo, della L.R. Toscana 3.1.2005, n. 3, in aree

gravate da vincolo paesaggistico deve dunque ritenersi limitata alle sole (residuali)

ipotesi in cui, ricorrendo una delle condizioni di cui all’art. 167, comma quarto, D.Lgs.

22.1.2004, n. 42, l’Amministrazione competente provveda a rilasciare in via postuma

l’autorizzazione paesaggistica irrogando al trasgressore una sanzione pecuniaria.

segue

CASI DI POSSIBILE SUPERAMENTO DELLA SANZIONE RIPRISTINATORIA (IN

PRESENZA DI COMPATIBILITA’ PAESAGGISTICA DELL'INTERVENTO)

1) SANATORIA GIURISPRUDENZIALE PAESAGGISTICA?

Qualche pronuncia pare legittimare l’accertamento di compatibilità paesaggistica

giurisprudenziale, mutuato dall’analogo istituto affermatosi in materia edilizia: “se dalle

opere abusive non può derivare alcun danno collaterale all’ambiente, l’ordine di

demolire, quale condizione necessaria per poi ottenere l’autorizzazione di opere

identiche, è illegittimo perché irragionevole e perché impone al privato un

sacrifico non conforme al principio di proporzionalità” (così, T.A.R. Lombardia,

Brescia, 19.3.2008, n. 317).

2) PER GLI INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE IN ZONA DI VINCOLO:

VALORIZZAZIONE DELL'ART. 134, TERZO COMMA, L.R. 1/2005

Tale norma prevede che “Qualora le opere siano state eseguite su immobili vincolati ai

sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e incidano sui beni oggetto di tutela,

l'autorità competente alla tutela del vincolo, salva l'applicazione delle altre misure e

sanzioni previste dalle norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese del

responsabile dell'abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l'originario

organismo edilzio, ed irroga una sanzione pecuniaria da euro 1.033,00 a 10.329,00”.

Codice beni culturali e paesaggioopera B – stato precedente

Codice beni culturali e paesaggioopera B – stato attuale

Rialzamento torretta e copertura lato sinistro. Modifica della falda della tettoia della cappella

RIMEDI GIURISDIZIONALI OFFERTI AVVERSO LE SANZIONI EDILIZIE, ANCHE

ALLA LUCE DEL D. LGS. 2.7.2010, N. 104 (“CODICE DEL NUOVO PROCESSO

AMMINISTRATIVO”)

RIPARTO DI GIURISDIZIONE FRA GIUDICE AMMINISTRATIVO E GIUDICEORDINARIO

Nessun problema si pone per le sanzioni ripristinatorie, che costituiscono

provvedimenti amministrativi di carattere autoritativo a fronte dei quali la posizione

del privato è di interesse legittimo.

Per impugnare tali sanzioni occorre adire il Giudice Amministrativo, nella cui

giurisdizione rientrano, quindi, tutte le controversie relative all’applicazione di

sanzioni quali la demolizione o il ripristino stato dei luoghi (così, ex multis,

T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 10.9.2009, n. 4644; T.A.R. Veneto, Sez. II,

18.1.2007, n. 129; T.A.R. Lombardia, Brescia, 21.6.2004, n. 35).

Per quanto riguarda, invece, le sanzioni esclusivamente pecuniarie esiste una prima

tesi (Cassazione Civile, Sez. Un., 6.3.2009, n. 5455; Cassazione Civile, Sez. Un.,

2.7.2008, n. 18040; Cassazione Civile, Sez. Un., 4.7.2006, n. 15222) che opina nel

senso della giurisdizione del Giudice Ordinario, in ragione della specialità dell’art. 22 bis

della L. 24.11.1981, n. 689, che attribuirebbe, in linea di principio, a detto giudice la

cognizione dell’intera materia delle sanzioni amministrative, nonché in ragione della

eccezionalità delle disposizioni attributive della giurisdizione esclusiva al Giudice

Amministrativo.

Altra tesi, invero prevalente, valorizzando l’ampiezza della giurisdizione esclusiva del

Giudice Amministrativo in materia di utilizzo del territorio, originariamente affermata

dall’art. 34 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, vi ritiene compresa anche la funzione

sanzionatoria, risultando essa strumentale all’esercizio del potere di vigilanza, atteso

che l’art. 22 bis della L. 24.11.1981, n. 689, nella parte in cui riserva al Tribunale civile la

competenza in materia di opposizione a sanzioni irrogate per violazioni in materia di

urbanistica e di edilizia, fa comunque salve le competenze stabilite da diverse

disposizioni di legge (Cassazione Civile, Sez. Un., 12.3.2008. n. 6525; Cassazione

Civile, Sez. Un., ordinanza 4.7.2006, n.15222).

segue

Detta ultima tesi pare oggi confermata dall’art 134, comma primo, lett. f), del D.Lgs.

2.7.2010, n. 104, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del

Giudice Amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge, “le controversie aventi

ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia

urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e ferme

restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del

Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le

controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in

conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”.

GIURISDIZIONE ESCLUSIVA

Tale disposizione induce, infatti, a ritenere comprese nella giurisdizione del Giudice

Amministrativo tutte le controversie riguardanti la validità o l’efficacia di sanzioni

amministrative pecuniarie concernenti il governo del territorio, per il principio di

specialità e di successione delle leggi nel tempo, non ravvisandosi alcun contrasto

con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale (sentenze 6.7.2004, n. 204;

11.5.2006, n. 191; 5.2.2010, n. 35) in punto di delimitazione della giurisdizione

esclusiva, giacché l’intreccio, nelle questioni sanzionatorie, delle posizioni di diritto

soggettivo e di interesse legittimo giustifica il ruolo del Giudice Amministrativo quale

giudice anche dei diritti (così, da ultimo, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 27.10.2010, n.

3830).

Ad ulteriore conferma di quanto sopra, detta tesi risulta pienamente conforme allo

stesso principio direttivo di “concentrazione” della tutela giurisdizionale espresso dal

legislatore delegato con l’art. 22 bis della L. 18.6.2009, n. 69.

segue

LEGITTIMAZIONE A RICORRERE

Per proporre ricorso occorre avere interesse ad agire (art. 100 c.p.c.).

Nel processo amministrativo possono agire coloro che si ritengono lesi dalprovvedimento amministrativo impugnato.

Nel caso di sanzioni amministrative, dunque, sono legittimati ad impugnarle tutti isoggetti destinatari, e quindi anche il progettista e direttore dei lavori, ancheautonomamente rispetto al proprietario committente e/o all'impresa esecutrice deilavori.

AZIONI ESPERIBILI

Le azioni esperibili di fronte al Giudice Amministrativo avverso i provvedimentisanzionatori risultano dunque di due tipi:

1)Azione di annullamento, per violazione di legge, incompetenza ed eccesso dipotere, da proporsi nel termine di decadenza di 60 giorni decorrente dallanotificazione, comunicazione o comunque piena conoscenza del provvedimento(D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, art. 29). Tale azione rimane esperibile anche mediantericorso straordinario al Presidente della Repubblica, nel termine di 120 giorni (si trattadi un ricorso amministrativo e non giurisdizionale, ma alternativo al ricorso al T.A.R.).

2)Azione di condanna, proponibile contestualmente ad altra azione, ovvero, nei casidi giurisdizione esclusiva, anche in via autonoma, con cui può essere richiesto ilrisarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attivitàamministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria (D.Lgs. 2.7.2010, n. 104,art. 30). Attraverso tale tipologia di azione è possibile, in particolare, chiedere chesiano disposte misure di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. nonchédomandare la condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro,ovvero all’adozione di misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettivadedotta in giudizio (D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, art. 34, comma primo, lett. c).

Ne deriva che dinanzi al Giudice Amministrativo potranno proporsi:

a) avverso sanzioni amministrative di carattere ripristinatorio:

1. azione di annullamento;

2. contestuale e/o separata azione di condanna:

• al risarcimento del danno per equivalente; ovvero

• all’adozione di misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva

dedotta in giudizio (ad esempio, previo accertamento del correlativo diritto in capo

al ricorrente, all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella

demolitoria).

segue

b) avverso sanzioni amministrative di carattere pecuniario:

1. azione di annullamento;

2.contestuale e/o separata azione di condanna alla restituzione delle somme

indebitamente percepite dall’Amministrazione nelle more del giudizio, oltre interessi

legali.

E' prospettabile la possibilità di far determinare al Giudice Amministrativo l'entità della

sanzione pecuniaria?

L'art. 34, quanto comma, del c.p.a. stabilisce che “in nessun caso il giudice può

pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Tuttavia attraverso la richiesta della condanna del Comune “all'adozione delle misure

idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio”, si potrebbe quantomeno

arrivare a far stabilire dal G.A. i criteri attraverso cui far determinare la sanzione

pecuniaria.

segue

ARTICOLAZIONE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Il processo amministrativo si articola (generalmente) in una sola udienza pubblica,all'esito della quale la causa è decisa con sentenza.

I tempi medi di fronte al nostro T.A.R. Toscana per giungere ad una sentenza dimerito per un ricorso in materia edilizia (che è una materia c.d. ordinaria, nonsoggetta al rito speciale accelerato a cui sono invece sottoposte alcune specifichematerie, come quelle degli appalti pubblici o delle espropriazioni) sono circa 5 anni.

La semplice proposizione del ricorso non sospende l'efficacia del provvedimentoimpugnato (anche se è vero che in caso di esistenza di un contenzioso la P.A. èassai più cauta nel dare esecuzione al provvedimento impugnato).

Per ottenere la sospensione del provvedimento impugnato occorre chiedere (edottenere) la c.d. sospensiva (cioè formulare un'istanza cautelare in generecontestualmente al ricorso, ma anche separatamente). Perché sia concessa occorredimostrare sia il fumus boni iuris (cioè elementi di fondatezza del ricorso), che ilpericulum in mora (cioè un danno grave ed irreparabile derivante dall'esecuzione delprovvedimento impugnato nelle more del giudizio). In materia di sanzioni edilizie èdifficilissimo ottenerla, quasi impossibile per le sanzioni pecuniarie. In caso dipresentazione di istanza cautelare, il TA.R. si pronuncia con un'ordinanza resaall'esito dell'udienza di camera di consiglio che viene fissata nel giro di un mese dallapresentazione del ricorso.

NUOVA ISTRUTTORIA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Il c.p.a. ha rafforzato i poteri istruttori del Giudice.

Non è più un processo meramente documentale.

Può essere ammessa la prova testimoniale, seppur in forma scritta (esempio perdatazione abusi).

Inoltre, l'art. 63, coma quarto, del c.p.a. prevede che, quando sia necessario acquisirevalutazioni di particolare competenza tecnica, il Giudice può ordinare unaverificazione, oppure “se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica”. Taleistituto potrebbe essere particolarmente utile per qualificare un intervento abusivo e,ancor più, per capite come l'Amministrazione è giunta alla quantificazione di unasanzione pecuniaria.

GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

E' quel particolare giudizio funzionale a dare esecuzione alle sentenze di merito (siadel G.A. che del G.O.), anche se non ancora passate in giudicato, a fronte dellainerzia o della elusione delle stesse da parte della P.A. soccombente.

Il Giudice Amministrativo in tale giudizio è dotato di poteri di merito, cioè, neldecidere, prescrive alla P.A. le concrete modalità di ottemperanza “anche mediante ladeterminazione del contenuto del provvedimento amministrativo ol'emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione” (art, 114 c.p.a.),nominando ove occorra un commissario ad acta. Può essere anche disposto ilrisarcimento del danno a carico della P.A..

Il procedimento del giudizio di ottemperanza è più rapito, perché si svolge nelle formedel rito camerale ed è definito con sentenza in forma semplificata.

SANZIONI PENALI

PRINCIPALI PROBLEMATICHE SANZIONATORIE PENALI EDILIZIE EDURBANISTICHE

ART. 44 D.P.R. 6.6.2001, n. 380

1. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative,

si applica:

a) l'ammenda fino a 20658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e

modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai

regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10328 a 103290 euro nei casi di

esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di

prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di

lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma

dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle

zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale,

in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione

abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere

abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e

gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione.

La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi

suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22,

comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa” (cioè la D.I.A.

alternativa al permesso di costruire, prevista dal Testo Unico statale per

ristrutturazione edilizia pesante ed interventi di nuova costruzione attuativi di piani

esecutivi).

Segue art. 44 D.P.R. 380/2001

La norma individua diverse e distinte fattispecie penali dotate di un autonomo valore

offensivo:

1. difformità parziale e variazione essenziale (art. 44, lett. a);

2. esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire (art. 44, lett. b);

3. esecuzione di lavori in totale difformità dal permesso di costruire (art. 44,

lett. b);

4. prosecuzione di lavori nonostante l’ordine di sospensione (art. 44, lett. b);

5. lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio (art. 44, lett. c, prima parte);

6. interventi abusivi nelle zone vincolate (art. 44, lett. c, seconda parte).

segue

DIFFORMITÀ PARZIALE, TOTALE E VARIAZIONE ESSENZIALE (ART. 44,

LETT. A)

Trattasi di reato di natura contravvenzionale sanzionato, salvo che il fatto costituisca

più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, con l’ammenda fino ad €

20.658,00.

La fattispecie, assai generica, è integrata dall’inosservanza delle norme, prescrizioni

e modalità esecutive previste dal Titolo IV del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, dai

regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici, dal permesso di costruire.

Essa costituisce dunque un tipico esempio di “norma penale in bianco”, la

formulazione delle quali si risolve nell’indicazione delle fonti la cui inosservanza

determina la venuta in essere del reato senza individuazione dei soggetti attivi e

della condotta.

Ai fini della corretta identificazione dell’ambito di applicazione di tale norma, la

giurisprudenza intende per “variazione essenziale” dal permesso di costruire “una

tipologia di abuso intermedia tra la difformità totale e la difformità parziale del

permesso di costruire” (così, Cassazione penale, Sez. III 25.1.2005, n. 8316)

ESECUZIONE DI LAVORI IN ASSENZA O IN TOTALE DIFFORMITÀ DAL

PERMESSO DI COSTRUIRE E PROSECUZIONE DI LAVORI NONOSTANTE

L’ORDINE DI SOSPENSIONE (ART. 44, LETT. B)

Trattasi anch’esso di reato di natura contravvenzionale sanzionato con l’arresto fino a

due anni e l’ammenda da € 51.645,00 a € 103.290,00.

La fattispecie è essenzialmente diretta a sanzionare l’esecuzione di lavori in assenza

del permesso di costruire o in totale difformità ogniqualvolta esso sia da considerarsi

necessario.

Ai fini della corretta individuazione dell’ambito di applicazione di tale norma, si precisa

che ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380: “Sono interventi eseguiti in totale

difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un

organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche,

planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero

l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un

organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente

utilizzabile”.

La giurisprudenza equipara inoltre l’assenza del permesso di costruire all’ipotesi in

cui l’opera sia ultimata dopo che ne sia trascorso il termine di validità (così,

Cassazione penale, Sez. III, 8.4.2010, n. 17971; Cassazione penale, Sez. III,

21.2.2007, n. 12316).

L’ulteriore ipotesi di reato prevista dall’art. 44, lett. b), del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, è

diretta a sanzionare la prosecuzione dei lavori nonostante l’ordine di sospensione

emesso dall’autorità amministrativa nell’esercizio della propria attività di vigilanza.

La giurisprudenza tende a ritenere configurabile detta tipologia di reato anche nel

caso in cui l’attività edilizia oggetto dell’ordinanza di sospensione non necessiti del

previo rilascio del permesso di costruire, assumendo che la norma sanzionatoria miri

a punire il comportamento di chiunque contrasti l’intervento cautelare della Pubblica

Amministrazione (così, Cassazione penale, Sez. III, 3.7.2007, n. 37320).

segue

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA DI TERRENI A SCOPO EDILIZIO ED INTERVENTI

ABUSIVI NELLE ZONE VINCOLATE (ART. 44, LETT. C)

Trattasi di ipotesi di reato sanzionate con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da €

30.986,00 a € 103.290,00.

La prima parte della lett. c) si riferisce all’illecito costituito dalla cd. “lottizzazione abusiva

di terreni a scopo edilizio”, che, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, si

configura allorché:

a) siano iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei

terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o,

comunque, stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione (cd.

“lottizzazione materiale”);

b) tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o

atti equivalenti, di terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in

relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti

urbanistici, il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed

in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la

destinazione a scopo edificatorio (cd. “lottizzazione negoziale o giuridica”). La

fattispecie è stata invocata anche proposito delle R.T.A. trasformate in civile

abitazione (fattispecie discutibile in assenza di vendite frazionate delle unità

immobiliari). In caso di sentenza definitiva, c'è la pena accessoria della confisca.

La seconda parte della lett. c) si riferisce, invece, all’illecito costituito dall’esecuzione di

interventi edilizi in zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico,

ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

La ratio della norma è evidentemente quella di apprestare una maggiore tutela a beni

ritenuti di valore ambientale e culturale.

La giurisprudenza ha precisato che l’elenco dei vincoli contenuto nella norma, data la

natura penale della relativa sanzione, deve ritenersi tassativo e non meramente

esemplificativo (così, Cassazione penale, Sez., III, 24.9.2009, n. 43731).

È stato altresì affermato che ai fini della configurabilità del reato è sufficiente che l’attività

abusiva venga posta in essere in una delle zone indicate dalla norma, senza che sia

necessaria una lesione materiale del vincolo né un preventivo accertamento in ordine

alla violazione del bene protetto, giacché la lesione dell’interesse tutelato è da

considerarsi “in re ipsa” (così, Cassazione penale, Sez. III, 3.9.1999, n. 10502).

segue

PROBLEMATICHE SANZIONATORIE PENALI EDILIZIE ED URBANISTICHE LOCALIZZATE SUL TERRITORIO.

ATTIVITÀ DI REPRESSIONE DELLE MODIFICHE DI DESTINAZIONE DI USO

REALIZZATE SINE TITULO

Dette modifiche, qualificate come interventi di cd. “ristrutturazione pesante” ed in quanto

tali assoggettabili a permesso di costruire, integrano la fattispecie di cui all’art. 44, lett.

b), del D.P.R. 6.6.2001, n. 380. Ogni qualvolta non vi sia identità fra esecutore

dell’abuso e proprietario dell’immobile, la Procura della Repubblica di Prato è solita

estendere in malam partem il relativo reato anche nei confronti di quest’ultimo, sul quale

grava un obbligo di controllo. Recentemente la Procura sembra peraltro aver aderito ad

una tesi intermedia, considerando correo il proprietario soltanto qualora risulti già

recidivo dal punto di vista amministrativo (ovvero già colpito da precedenti

provvedimenti amministrativi sanzionatori o ripristinatori). Diversamente, le sentenze di

merito del Tribunale di Prato sono orientate ad escludere la responsabilità del

proprietario, salvo sia provata la sussistenza del concorso nella realizzazione del

reato.

SANZIONI SOSTITUTIVE

Di fatto a partire dall’agosto del 2009 le sanzioni sostitutive sono passate da €

38,00 ad € 250,00 al giorno, cosicché le pene per i reati edilizi convertite da

arresto in ammenda sono diventate di entità assai rilevante (si pensi che per

oblare le ipotesi più lievi oggi occorrono ben € 6.666,66).

TRASFORMAZIONE DI TERRENI AD USO AGRICOLO IN DEPOSITI

FINALIZZATI ALLO STOCCAGGIO DI MATERIALE EDILE CON

CONTESTUALE ABUSIVA REALIZZAZIONE DI MANUFATTI

Anche in questi casi, qualora non vi sia identità fra esecutore dell’abuso e

proprietario dell’immobile, su quest’ultimo grava un obbligo di vigilanza. In tali

casi, è consigliabile rivolgersi a tecnici affinché predispongano in loco controlli

ricorrenti per evitare le modifiche alla destinazione d’uso.

segue