Laboratorio specialistico L. 328/2000 : I P IANI DI Z ONA. C ONTRIBUTO PROF. D ANIELA T EAGNO Testi...

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Laboratorio specialistico L. 328/2000 : I PIANI DI ZONA. CONTRIBUTO PROF. DANIELA TEAGNO Testi di riferimento: Rei D., Sociologia e welfare, Gruppo Editoriale Esselibri, Napoli, II edizione, 2008 Ferrera M. , Le politiche sociali, Il Mulino, Manuali, Bologna, 2006 Battistella A., De Ambrogio U., Ranci Ortigosa E., Il Piano di zona. Costruzione, gestione, valutazione, Carocci Faber, Roma, 2004 (3^ ristampa 2007) Maggian R., Il sistema integrato dell’assistenza. Guida alla L.328/2000, Carocci, Roma, 2ª ristampa maggio 2002 1 Lezione 11 maggio 2009

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  • Laboratorio specialistico L. 328/2000 : I P IANI DI Z ONA. C ONTRIBUTO PROF. D ANIELA T EAGNO Testi di riferimento: Rei D., Sociologia e welfare, Gruppo Editoriale Esselibri, Napoli, II edizione, 2008 Ferrera M., Le politiche sociali, Il Mulino, Manuali, Bologna, 2006 Battistella A., De Ambrogio U., Ranci Ortigosa E., Il Piano di zona. Costruzione, gestione, valutazione, Carocci Faber, Roma, 2004 (3^ ristampa 2007) Maggian R., Il sistema integrato dellassistenza. Guida alla L.328/2000, Carocci, Roma, 2 ristampa maggio 2002 1 Lezione 11 maggio 2009
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  • Lanalisi delle politiche pubbliche/sociali Lanalisi delle politiche pubbliche lo studio del come, perch e con quali effetti i diversi sistemi politici (in particolare i governi) perseguono certi corsi di azione per risolvere problemi di rilevanza collettiva. Lanalisi delle politiche sociali allora lo studio di un sotto-insieme di corsi di azioni, volti a risolvere problemi e a raggiungere obiettivi di natura sociale, che cio hanno a che fare, in senso lato, col benessere (welfare) dei cittadini.
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  • Le politiche sociali sono un tipo di politica pubblica e si distinguono per: contenuto: sono politiche relative a previdenza, sanit, assistenza, cio riguardano direttamente il comparto della protezione sociale. A cui sono connesse le politiche del lavoro, quelle fiscali, per la casa, listruzione, la formazione, lambiente funzione: sono politiche a carattere distributivo, cio forniscono ai destinatari benefici, attraverso un ventaglio di prestazioni (dai trasferimenti di ordine monetario, ai beni in natura e servizi), per accrescere il loro benessere.
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  • si tratta di un sistema sociale (connesso al processo di modernizzazione) basato sulla assunzione da parte di uno stato politico di responsabilit primarie per il benessere sociale e individuale di ogni cittadino, attraverso la legislazione e lattivazione di specifiche politiche sociali realizzate tramite uffici e agenzie governative, ossia da istituzioni pubbliche. Il welfare state Il tradizionale stato di diritto fondato sulle libert individuali e sulle istituzioni di democrazia rappresentativa, lo stato sociale offre qualcosa in pi ai suoi cittadini, ovvero si impegna a fornire tutela e protezione contro rischi e bisogni che costituiscono per le condizioni di vita degli individui.
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  • Il welfare in Italia Il modello di welfare italiano pu essere definito in vari modi: da un punto di vista costituzionale LAVORISTA (artt. 1, 4 Cost.), SOLIDARISTA (art.2 Cost.) e OCCUPAZIONALE (art. 38 Cost.). Meglio sarebbe dire OCCUPAZIONALE MISTO A TRATTI DI UNIVERSALSMO, perch il S.S.N. dal 1978 garantisce pari prestazioni sanitarie a tutti i cittadini; in base alle caratteristiche tipiche del welfare dellEuropa mediterranea, FAMILISTA (Ferrera); da un punto di vista politico PARTICOLARISTA e CLIENTELARE (Paci, Ascoli).
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  • Entrate/uscite per la protezione sociale (%) previdenzasanitassistenza Stato21,955,874,7 Regioni/enti locali ----39.418,3 Enti previdenziali 1,7----6,8 Imprese51,92,2---- Lavoratori dipendenti 14,2---- Lavoratori autonomi 8,4---- Famiglie0,50,2---- Rei, 2008 (dati 2003) 2/32 Uscite: + 2/3 Previdenza il 25% Sanit il 7% Assistenza (di cui il 5,2% per prestazioni in denaro) Sul totale spesa: 74% trasferimenti; 26% beni e servizi
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  • distorsione distributiva La doppia distorsione del welfare state italiano distorsione funzionale Vecchiaia e superstitiAltri rischi Garantiti+++++++ Semigarantiti+++ Non garantiti+-
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  • Cause e conseguenze della distorsione Le peculiarit italiana si pu collegare alla logica politica della Prima Repubblica (1948-1992) che ha fatto del welfare state un nuovo sistema di potere, consolidatosi intorno a una vera e propria partitocrazia distributiva, che per catturare il consenso ha utilizzato modalit particolaristico-clientelari. Tra le conseguenze: - i problemi di efficacia/efficienza, nonch di equit, non solo allinterno delle generazioni ma anche tra le diverse generazioni; - il rafforzamento dello status quo e lostilit verso il cambiamento istituzionale; - limpatto pi violento, rispetto agli altri paesi europei, della crisi iniziata negli anni Settanta. A partire dal 1992, inizia una nuova fase di ricalibratura del welfare state italiano, caratterizzata da importanti riforme in quasi tutti i comparti di spesa. Perch? -Tangentopoli, Mani Pulite => 2 Repubblica -Transizione verso lUEM europea
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  • Verso la riforma dellassistenza sociale La riforma dello stato sociale si impose come grande priorit nazionale nel 1996 con il primo governo di centro sinistra della Seconda repubblica, guidato da Romano Prodi e con Livia Turco (DS) a capo del ministero per la solidariet sociale. Nel 1997 una commissione di esperti, presieduta da Paolo Onofri,ebbe il compito di elaborare una riflessione generale sugli scenari e le opportunit in materia di riforma del welfare state nel suo complesso, che sfoci in una serie di raccomandazioni. Nella legge finanziaria per il 1998 il governo Prodi cerc di inserire molte delle raccomandazioni della commissione Onofri e i principali interventi che seguirono furono: lISE/ISEE, lassegno per i nuclei con almeno 3 figli minori, lassegno di maternit per le madri sprovviste di altra copertura assicurativa,la sperimentazione del RMI [+sostegno locazione, ministero lavori pubblici] Sempre nel 1998, Prodi present un disegno di legge intitolato Disposizioni per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali, che giunse in parlamento insieme a tante altre proposte sullo stesso tema, andando a costituire la base per la riforma dellassistenza sociale approvata due anni dopo.
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  • Legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali* Essa consta di: 1. Principi e finalit (artt. 1-5) 2.Assetto istituzionale/organizzativo (artt. 6-13) 3.Particolari interventi di integrazione e sostegno sociale (artt. 14-17) 4.Pianificazione (artt. 18-21) 5.Quadro degli interventi, servizi e trasferimenti economici (artt.22-26) 6.Norme finali (artt. 27-30) * (art. 128 dlgs 112/98)
  • Slide 11 Si passa cio da un concetto negativo e statico come lassistenzialismo ad una lettura positiva dellassistenza erogatrice di servizi sociali in senso lato, e soprattutto come processo dinamico ed evolutivo.">
  • Il D.Lgs. 112/98 Ai sensi del decreto legislativo n.112/98, per "servizi sociali art. 128, comma 2 si intendono tutte le attivit relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficolt che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonch quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia. => Si passa cio da un concetto negativo e statico come lassistenzialismo ad una lettura positiva dellassistenza erogatrice di servizi sociali in senso lato, e soprattutto come processo dinamico ed evolutivo.
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  • Le finalit del sistema integrato di interventi e servizi sociali => Prevenire, eliminare, ridurre le condizioni di disabilit, bisogno, disagio individuale e familiare, derivanti dalle seguenti cause ( problematiche multidimensionali) : A. inadeguatezza di reddito, difficolt sociali, condizioni di non autonomia => Promuovere interventi per garantire: B. la qualit della vita/benessere, C. pari opportunit, non discriminazione, diritti di cittadinanza nonch D. il diritto di scelta dei cittadini E. la partecipazione attiva dei cittadini e delle organizzazione degli interessi e la solidariet sociale
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  • A. assistenza a B. benessere C. diritto e eguaglianza D. libert di scelta E. solidariet e partecipazione F. Copertura finanziaria Slide N. Negri
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  • Copertura finanziaria e patrimoniale (328,art.1, comma 3) Gli interventi si avvalgono delle risorse assegnate dal Fondo nazionale per le politiche sociali (lart. 4 comma 2 potenzia listituto introdotto con Legge 499/97, art. 59; lentit del finanziamento deciso dalla finanziaria), nonch degli autonomi stanziamenti delle Regioni e degli Enti Locali. La copertura finanziaria un vincolo (328,art.22 comma 2) Le prestazioni sociali sono erogabili nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie gi destinate dagli enti locali alla spesa sociale. Condizioni dellerogazione degli interventi e fornitura dei servizi
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  • I soggetti attuatori a cui la legge quadro assegna il compito di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali: soggetti pubblici*: Stato, Conferenza Stato-regioni, Enti pubblici nazionali (Istat, Cnr, Inps, Inpdap, Inail, Istituto superiore di sanit, Irccs), Regioni, Province, Comuni, altri Enti Locali (Ipab, Asl/Aso, Aziende speciali e le istituzioni, Comunit montane, Consorzi fra enti locali, Unioni di comuni, Istituti autonomi per le case popolari) soggetti economici del mercato (imprese, liberi professionisti, societ, cooperative) organismi del terzo settore (associazioni, fondazioni, onlus, coop. sociali, enti di patronato, organizzazioni di volontariato, enti religiosi riconosciuti) famiglie (nuclei familiari e singoli individui) *Enti locali, regioni e stato concorrono - si detto - al finanziamento del sistema secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci. Rimane in realt la tradizionale separatezza fra risorse che finanziano i trasferimenti monetari assistenziali (erogati dal centro) e risorse locali che sostengono soprattutto la produzione di servizi.
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  • Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalit. Sono destinatari degli interventi: Le famiglie Le singole persone La comunit I destinatari sono distinti, in relazione alla cittadinanza, in: Cittadini italiani Cittadini appartenenti allUE Stranieri I destinatari degli interventi
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  • I destinatari con priorit La presenza di vincoli di bilancio implica la gerarchizzazione dei beneficiari => Accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni i soggetti in condizione di povert o con limitato reddito o con incapacit totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilit di ordine fisico e psichico, con difficolt di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonch i soggetti sottoposti a provvedimenti dellautorit giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali. Qualora sia richiesta la verifica della condizione economica del richiedente per accedere ai servizi disciplinati dalla 328, laccertamento viene effettuato art. 25 - secondo le disposizioni previste dal DLgs 109/1998 (Ise).
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  • L. 328: le prestazioni (1) Capo III disposizioni per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale (artt. 14-17): Progetti individuali per le persone disabili Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti Valorizzazione e sostegno delle responsabilit familiari (politiche di conciliazione lavoro-famiglia, servizi per la prima infanzia, assegni di cura, affidamento, servizi di tregua, prestiti donore, agevolazioni fiscali e tariffarie comunali) Titoli per lacquisto di servizi sociali
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  • L. 328: le prestazioni (2) Gli interventi di livello essenziale (art.22, com. 2) riguardano il campo del: Contrasto alla povert economica (22.2,a; 23*) Tutela e cura dei minori/famiglie/donne (art.22c,d,e) Sostegno e cura handicap/vecchiaia (art.22.2 f,g) Lotta contro le dipendenze (art.22.2,h) Informazione/consulenza per fruizione servizi e promozione auto-aiuto (art.22.2,i) Per ogni ambito territoriale (di zona), tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, sono previste come necessarie le seguenti attivit: servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione/consulenza, pronto intervento per emergenze personali e familiari, assistenza domiciliare, strutture protette residenziali e semiresidenziali (per soggetti con fragilit sociali), centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. *Lart. 23 prevede espressamente lestensione del RMI, come misura generale di contrasto alla povert, a cui ricondurre anche gli altri interventi di sostegno al reddito, quali gli assegni e le pensioni sociali. Si prevede anche (art. 24) una delega al Governo per il riordino degli assegni e delle indennit derivanti da invalidit civile, cecit e sordomutismo.
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  • Il sistema integrato di interventi e servizi sociali richiede inoltre: di integrare gli interventi e le prestazioni socio- assistenziali con politiche nel campo (art.3 comma 2a; art. 6, comma 3b; art 8 comma 3b; art. 18 comma 6): sanitario dellistruzione della formazione professionale del lavoro Integrazione fra settori di policies
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  • Assetto dei poteri istituzionali Schema multilivello sviluppato in un assetto a 4 termini tre decentrati, di cui due relativamente forti: il comune a diretto contatto con la popolazione da servire la regione quale snodo di decisione politica e organizzativa del sistema territoriale; uno ausiliario la provincia svolge funzioni di supporto ai comuni; uno nazionale lo stato un regolatore di ultima istanza, garante dellomogeneit dei diritti sociali sul territorio nazionale. si rafforza la tendenza a un welfare municipale: le ps sono ridefinite come un prerequisito di sviluppo locale (costruzione capitale sociale, rete integrata, cambiamenti intenzionali e attesi)
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  • I livelli e gli strumenti della programmazione ComunePiano di zona Provincia (Piano sociale provinciale) Regione Piano sociale regionale Stato Piano sociale nazionale Posta lesigenza di integrazione degli interventi e delle politiche nonch la presenza di vincoli di bilancio Enti Locali, Regioni e Stato devono: adottare il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse (328, art.3 comma 1). Pianificazione e programmazione vengono di solito usati come sinonimi: indicano un processo attraverso cui un soggetto, sulla base dei propri valori, formula una scala di priorit degli obiettivi da raggiungere in un determinato periodo di tempo, specifica le modalit con le quali intende raggiungere gli obiettivi, precisando gli strumenti e le risorse (umane e finanziarie) necessarie. Loutput del processo programmatorio costituito da documenti variamenti denominati: PIANI (obiettivi ultimi, a lungo e medio termine), PROGRAMMI (obiettivi a medio e breve termine, attuativi del piano), PROGETTI (valenza pi operativa, allinterno di un piano/programma che fa da cornice di riferimento)
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  • A livello statale stato approvato, per ora, solo il Piano nazionale 2001-2003, che individua quali obiettivi di priorit sociale: 1. Valorizzare e sostenere le responsabilit familiari 1.1. Promuovere e sostenere la libera assunzione di responsabilit 1.2. Sostenere e valorizzare le capacit genitoriali 1.3. Sostenere le pari opportunit e la condivisone delle responsabilit tra uomini e donne 1.4. Promuovere una visione positiva della persona anziana 2. Rafforzare i diritti dei minori 2.1 Consolidare e qualificare le risposte per linfanzia e ladolescenza 3. Potenziare gli interventi a contrasto della povert 4. Sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare gli anziani e le disabilit gravi) 5. Altri obiettivi di particolare rilevanza sociale. Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali
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  • La modifica del titolo V della Costituzione ad opera della legge costituzionale 3/2001 ha fatto ricadere nell'ambito di competenza esclusiva delle Regioni la materia dell'assistenza; in capo allo Stato resta comunque la responsabilit di determinare i livelli essenziali delle prestazioni atte a garantire l'affermazione e tutela dei diritti civili e sociali dei cittadini su tutto il territorio nazionale (Costituzione, art.117, comma 2, lettera m). Le Regioni hanno seguito percorsi di programmazione diversi ed eterogenei: alcune hanno predisposto un piano sociale regionale, altre hanno scelto di realizzare piani socio-sanitari, altre ancora hanno emanato leggi per la costruzione del sistema integrato di servizi e interventi sociali. Piano sociale regionale
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  • Il Piemonte ha emanato la L.R. n.1 del 8/1/2004 per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, non ancora il Piano Sociale Regionale (PSR). => In Piemonte il periodo 2006-2008 coincide con la prima triennalit di adozione dei PdZ La scelta operata dalla Regione Piemonte stata quella di far precedere la costruzione del PSR dalla predisposizione dei PdZ nei diversi ambiti territoriali, intendendo cos promuovere un percorso di programmazione che valorizzasse unelaborazione dal basso (bottom up) e che facesse emergere le specificit e le peculiarit locali. A tal fine la Giunta regionale con propria delibera (n. 51-13234 del 3 agosto 2004) ha approvato le linee guida per la predisposizione dei PdZ, definendo attori, ruoli e funzioni, contenuti, strumenti, modalit di concertazione e modelli di iter formativi. in Piemonte
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  • Valorizzare il ruolo della famiglia quale prima aggregazione a livello sociale Valorizzare e sostenere le responsabilit familiari e le capacit genitoriali Rafforzare i diritti dei minori assicurandone lesigibilit anche tramite lattivazione di servizi ed iniziative allinterno di una progettazione di pi ampie politiche del territorio Sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare gli anziani e le disabilit gravi) Potenziare gli interventi a contrasto di ogni forma di povert Assumere una logica sperimentale in cui metodologia, percorsi, strategie, risorse disponibili vengono valutati, selezionati e ridefiniti al fine di migliorare continuamente la risposta ai bisogni della popolazione. Gli obiettivi dei PdZ come articolazioni territoriali di quelli regionali
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  • Piani di Zona: investitura dei Comuni quali primi attori istituzionali delle politiche sociali Lart. 17 della L.R. 1/04 piemontese - richiamando l'art. 19 della 328/2000 - definisce il PdZ come lo strumento fondamentale e obbligatorio per la definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali del territorio di competenza dei comuni singoli od associati. Nelle linee guida il PdZ viene definito come lo strumento attraverso il quale i Comuni, secondo gli assetti territoriali adottati per la gestione dei servizi sociali, con il concorso di tutti i soggetti attiva nella progettazione, disegnano il sistema integrato di interventi e servizi sociali, con riferimento agli obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare. tradizione regionale favorire con incentivi lesercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali che di norma si delineano come coincidenti con i distretti sanitari.
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  • I contenuti dei Piani di Zona Sono, come declinati nelle Linee guida piemontesi: la rilevazione dei bisogni e delle risorse locali; le strategie e priorit di intervento locali; gli obiettivi gestionali rispetto alle priorit definite; i progetti, i programmi e le modalit organizzative; le modalit di integrazione fra gli attori del sistema; le risorse finanziarie, strutturali e professionali; il sistema informativo utilizzato; la definizione del sistema di valutazione del piano, dei servizi e degli interventi; i metodi e gli strumenti di comunicazione sociale; la formazione di base e permanente.
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  • Come previsto nelle Linee guida piemontesi : i Comuni: sono i titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e provvedono, d'intesa con tutti gli attori della programmazione locale, all'attivazione, predisposizione e realizzazione del PdZ; sono i Sindaci che forniscono le indicazioni politico strategiche generali, definiscono le priorit di intervento e le risorse, verificano i risultati; l'Azienda Sanitaria Locale: partecipa alla definizione dei PdZ per gli aspetti relativi alla tutela della salute del territorio e della popolazione di riferimento e, in particolare, per l'integrazione dei servizi a carattere socio-sanitario (che si attua nel distretto); la Provincia; le IPAB e le aziende pubbliche di servizi alla persona; il Terzo Settore. Gli attori dei Piani di Zona
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  • Gli strumenti di piano Le Linee guida individuano: la Conferenza di Piano: vi partecipano tutti gli attori pubblici e privati, istituzionale e non, che abbiano una competenza sulla progettazione, attivazione ed erogazione di prestazioni e servizi sul territorio e ad essa competono funzioni consultive e decisorie; prevista dal D.lgs 267/2000, convocata dall'ente gestore quale atto di informazione, partecipazione e coordinamento; i Tavoli di concertazione: sono la sede in cui si attua la programmazione partecipata e l'elaborazione progettuale ed effettiva dei piani di zona e possono essere articolati in gruppi tematici; l'Accordo di Programma: l'atto finale in cui si formalizzano le decisioni assunte nel processo di programmazione del PdZ la cui stipula avvia la fase attuativa.
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  • Gli organismi dei Piani di Zona Le indicazioni metodologiche fornite dalle Linee guida individuano due organismi da attivare per favorire un rapporto sinergico fra le responsabilit politico-strategiche e le competenze tecnico-gestionali: il Tavolo di coordinamento politico istituzionale: l'organismo politico, formato dai Sindaci dei Comuni del territorio o da una loro rappresentanza, determina e verifica tutto l'iter procedurale del PdZ; l'Ufficio di Piano: l'organismo tecnico a cui compete la rilevazione del contesto e dei bisogni, l'attivazione dei tavoli di concertazione per la definizione dei programmi e delle azioni per singole aree e la stesura definitiva del documento di Piano, previa verifica ed approvazione da parte del Tavolo di coordinamento politico istituzionale.
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  • Iter formativo del Piano di Zona 1.Avvio iter istituzionale con delibera del Comitato/Assemblea dei Sindaci, che istituisce tavolo politico e ufficio di piano 2.convocazione della Conferenza di piano Sindaci dei comuni 3. attivazione della Conferenza di piano Attori competenti coinvolti 4. rilevazione contesto e bisognoUfficio di Piano 5. definizione priorit/obiettivi strategici e individuazione risorse Tavolo politico 6. Tavoli di concertazione per definizione azioni Ufficio di Piano + soggetti interessati 7. Verifica azioni concertate rispetto priorit/obiettiviTavolo politico 8. Stesura documentoUfficio di Piano 9. Approvazione tramite accordo di programma Attori che investono risorse
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  • Il primo ciclo di programmazione dei Piani di Zona in Piemonte Sono 58 (pi il comune capoluogo) i soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali in Piemonte (anno 2005). A ogni ente gestore afferisce un PdZ; fanno eccezione alcuni casi sovrazonali, nel senso che enti gestori diversi hanno prodotto un unico piano. Sono tre i piani sovrazonali piemontesi: uno tra i distretti dellalta provincia di Novara, uno tra i distretti della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e uno tra i distretti della provincia di Cuneo. Nei PdZ esaminati si sono potute rilevare pi di due mila interventi/attivit, classificati secondo le modalit di mantenimento, potenziamento, innovazione.
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  • I PdZ come strumenti per la programmazione locale I documenti di piano contengono la descrizione delle diverse attivit che ogni zona intende predisporre per realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali a livello territoriale. Area dellinnovazione: attivit per realizzare servizi e/o modalit di lavoro professionale non ancora presenti sul territorio, e dunque di nuova istituzione. Area del mantenimento: attivit per mantenere in vita servizi e/o modalit di lavoro professionale gi presenti sul territorio Area del potenziamento: attivit per migliorare/ampliare servizi e/o modalit di lavoro professionale gi presenti sul territorio
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  • Soggetti responsabili degli interventi di potenziamento/innovazione LAsl coinvolta nel 45% degli interventi Il settore nonprofit coinvolto nel 49% degli interventi In ogni caso, i PdZ si sono presentati come una nuova opportunit di programmazione delle politiche e dei servizi sociali che ha visto coinvolti nella realizzazione delle azioni un numero rilevante di attori.