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ANNO 3° NUMERO 6 Anche se in forma ridotta, faremo in modo che questo artigianissimo giornalino sia pronto per salutare la chiusura dell’anno accademico 2009- 2010 Ritrovarsi ad ogni lezione è stato bellissimo ed emozionantissimo. C’è una sintonia d’inteti e condivisione, tale da contagiare anche chi è arrivato da poco. Invito altre persone, per il prossimo anno, ad iscriversi da noi perchè non saranno deluse. L’accoglienza è totale ed avvolgente, tanto che si sentiranno subito coinvolti in una atmosfera di amicizia di poesia, di sentimenti buoni al di fuori della realtà. Come ripeto nella presentazione del libretto verde, per due ore , lasciamo il mondo che ci circonda e ci immergiamo in un’altra dimensione prova ne sono gli scritti degli amici che la frequentano come di seguito dicono: da Rinaldo Ambrosia Ciao Maria, ti invio lo scritto che ho letto la scorsa lezione. Sto notando che tutti noi del corso, ma proprio tutti!, stiamo variando notevolmente il nostro scrivere. Credo che il confronto porti a ciò... se così è: bene, molto bene! Ed ecco un suo brano sullo scrivere Sullo scrivere... frammenti Volevo dirtelo, cara amica, che le parole sono passi... che compaiono o scompaiono come fogli sparsi nel vocabolario dell'anima. Segni trasposti sulla carta, che prendono vita, staccandosi dall'inchiostro scuro, librando leggeri sopra la pagina. Sono sussurri, generati nella notte, brezza che scuote le foglie degli alberi; soldati immobili sotto la luna, mentre le stelle fanno l'occhiolino ai sassi sui bordi della strada; mentre la tua ombra si perde dissolvendosi nel sentiero che porta nella notte. Parole, ancora segni che mappano il percorso dei pensieri, che invadono i tuoi trascorsi, che frammentano le tue lacrime... Tutti i tuoi ieri sfumati come nubi che si infrangono contro gli scogli della mente... spazzati via nel vortice del presente. Sogni interrotti tra lenzuola stropicciate, tra respiri pacati, tra rumori ovattati. Storie che tardano a venire, pallidi intrecci che si sfilacciano, che impazziscono lividi come maionese dal sapore agro. C'è un vuoto, un eterno presente che ti stordisce, in attesa di eventi che non si manifestano, di trame che sfuggono e si nascondono frusciando nella tua mente. Senti il rumore della loro presenza, ti accorgi che sono lì a pochi passi dai tuoi pensieri, mentre un muro invalicabile te le allontana, s'infrangono, e la marea spinge a riva i loro frammenti. Rinaldo Ambrosia Unitre Laboratorio di scrittura R I V O L I informazioni riflessioni racconti poesie Pubblicazione a circolazione interna “ Laboratorio di scrittura “

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ANNO 3° NUMERO 6

Anche se in forma ridotta, faremo inmodo che questo artigianissimogiornalino sia pronto per salutare lachiusura dell’anno accademico 2009-2010 Ritrovarsi ad ogni lezione è statobellissimo ed emozionantissimo. C’è unasintonia d’inteti e condivisione, tale dacontagiare anche chi è arrivato da poco. Invito altre persone, per il prossimoanno, ad iscriversi da noi perchè nonsaranno deluse. L’accoglienza è totale edavvolgente, tanto che si sentiranno subitocoinvolti in una atmosfera di amicizia dipoesia, di sentimenti buoni al di fuoridella realtà. Come ripeto nellapresentazione del libretto verde, per dueore , lasciamo il mondo che ci circonda eci immergiamo in un’altra dimensioneprova ne sono gli scritti degli amici che lafrequentano come di seguito dicono: da Rinaldo Ambrosia

Ciao Maria,ti invio lo scritto che ho letto la scorsalezione.Sto notando che tutti noi del corso, maproprio tutti!, stiamo variandonotevolmente il nostro scrivere.Credo che il confronto porti a ciò... se cosìè: bene, molto bene! Ed ecco un suo brano sullo scrivere

Sullo scrivere... frammenti

Volevo dirtelo, cara amica, che le parole sonopassi... che compaiono o scompaiono come foglisparsi nel vocabolario dell'anima.Segni trasposti sulla carta, che prendono vita,staccandosi dall'inchiostro scuro, librando leggerisopra la pagina. Sono sussurri, generati nellanotte, brezza che scuote le foglie degli alberi;soldati immobili sotto la luna, mentre le stellefanno l'occhiolino ai sassi sui bordi della strada;mentre la tua ombra si perde dissolvendosi nelsentiero che porta nella notte.Parole, ancora segni che mappano il percorso deipensieri, che invadono i tuoi trascorsi, cheframmentano le tue lacrime... Tutti i tuoi ierisfumati come nubi che si infrangono contro gliscogli della mente... spazzati via nel vortice delpresente.Sogni interrotti tra lenzuola stropicciate, tra respiripacati, tra rumori ovattati.Storie che tardano a venire, pallidi intrecci che sisfilacciano, che impazziscono lividi comemaionese dal sapore agro.C'è un vuoto, un eterno presente che ti stordisce,in attesa di eventi che non si manifestano, di trameche sfuggono e si nascondono frusciando nella tuamente.Senti il rumore della loro presenza, ti accorgi chesono lì a pochi passi dai tuoi pensieri, mentre unmuro invalicabile te le allontana, s'infrangono, e lamarea spinge a riva i loro frammenti.

Rinaldo Ambrosia

UnitreLaboratorio di scrittura

R I V O L Iinformazioni riflessioni racconti poesie

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Due parole della Dottoressa Corlando perillustrarci le attività della ACCADEMIA ESTIVA:

“Tempus fugit" e ci troviamo di nuovo allafine dell'anno accademico. Noi siamointenti a progettare, lavorare, cercarequalcosa di stimolante da proporvi. Lasfida è questa, realizzare qualcosa dibello, interessante, che possa riempire levostre giornate e la vostra anima,regalandovi molti momenti piacevoli.Appuntamento all'accademia estiva,Istituto Musicale,ore 16,30-18,00. Grazie a tutti e....apresto. Danila Corlando

Accademia Estiva 2010Ore 16,30_18,00

Martedì 15 Giugno :“Polemica sul Risorgimento.”Michele Ruggiero.

Giovedì 17 Giugno :”Labanalità del male: il male nellasocietà contemporanea.”Cesare Bertone.

Martedì 22 Giugno: “Consigliper gli acquisti,( regole peruna sana alimentazione)”.Laura Crivello.

Giovedì 24 Giugno:”Rivoli:immagini e ricordi delpassato”. Pietro Paradiso.

Martedì 29 Giugno : “Ilmondo è uno specchio”.giochied immagini alchemiche sulmeccanismo psicologico dellaproiezione. MaurizioD’Agostino.

Giovedì 1 Luglio:”L’inettitudine di un malatosano”,brani tratti da “Lacoscienza di Zeno di ItaloSvevo. Piero Leonardi.

Martedì 6 Luglio : “Ricordi diviaggio”.Andrea Bourlot.

Giovedì 8 Luglio : “ Eclissi inCina”. Francesco Distefano.

La festa di chiusura siterrà il giornoLunedì 17 Mggioal Collegio San Giuseppe ore 15,00

Una poesia di Danila:

In fondo al cuore

In fondo al cuorei tuoi occhi .

Scorrono i giornidistesi nel tuo sguardo,puro.

Mio oro.Mia preziosa,perla di vita.

Tumi inondi.,imbrattaanime.

Sono ormai colorata,canterina sognante,come piace a te.

Ed è nel buioche sento più fortela tua lucedi gemma..

Danila Corlando

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ILLABORATORIO DI SCRITTURA

INTERVISTA ILNOSTRO OSPITE:

:

Maria Dulbecco

Maria siede di fronte a me in punta aldivano, quasi a voler annullare la forzadi gravità. Inizia a estrarre fogli dallapiccola cartella al suo fianco. In unattimo, il tavolino che ci separa sicopre di appunti, bozze, scritti vergati amano, stampati. Sono idee, proposte,progetti e memorie. Con fare concitatoMaria ribadisce, commenta con ampigesti le pagine di un cammino iniziatomolti anni fa.

Maria, tu che tieni un corso di scritturapresso l'UNITRE di Rivoli, mi vuoiparlare un po' di questa tuaesperienza? Come è nata?

E' nata per caso. Mi ero iscritta ad uncorso dell'UNITRE di Torino nel '82, sichiamava: “Laboratorio Letterario”. Ladocente era la madre di uno deifondatori dell'UNITRE di Torino.Aveva scritto un libro. E da subito mihanno chiesto di partecipare.Ho preparato con loro una raccolta diracconti degli allievi che poi abbiamopubblicato con un libretto raccolta.

Questa collaborazione è durata tre annied ho dovuto abbandonare per altriimpegni.

E' stata un'esperienza positiva e sonostata felice di ripeterla a Rivoli.

La scrittura, nella tua vita, che ruoloha?

Scrivere è una gran fatica! Ci vuolecostanza. Sembra tutto semplice quandoinizi, poi, però, quando devi metteresulla carta quello che vuoi dire ci vuolecostanza e sacrificio. La scrittura nella mia vita ha occupatosempre il primo posto. Dopo aver fatto icompiti avevo sempre un quaderno aparte dove scrivevo i miei pensieri, edire che allora i quaderniscarseggiavano proprio! Ma non nepotevo fare a meno anche senascondevo questi quaderni e frmavo ilavori con uno pseudonimo. Ho sempreavuto una forma di pudore - che hotuttora - a far leggere i miei scritti.

Pensi che oggi sia più facile scrivererispetto al passato?

Si, grazie al computer che aiuta molto.Si scrive il primo pensiero a mano (digetto) e poi si elabora con il computer,basta cominciare poi la mano scorreveloce sulla tastiera trasmettendo ilpensiero sulla carta.

Se tu dovessi dare un consiglio a chioggi si accinge a scrivere, cosavorresti dirgli?

Forse direi troppe cose, maprincipalmente di metterci impegno evolontà, imponendosi delle regolecome ad esempio: scrivere tutti i giorniqualcosa anche se a volte lavora per ilcestino.

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Parliamo ora dell'altra faccia dellascrittura, la lettura. A che età haiiniziato a leggere?

Ho cominciato a leggere non appena neho avuto conoscenza, a cinque anni,prima di andare a scuola. Avevo degli zii che venivano daTorino e mi regalavano libri. Io, allora,abitavo in un piccolo paese, lontanodai grossi centri, e lì non c'erano nescuole superiori ne libri in vendita.Inesistenti le biblioteche e i pochifortunati a continuare una istruzione lodovevano ai maestri elementari che neipomeriggi, liberi dalle lezioni inclasse, si dedicavano ad impartire (apagamento) lezioni private di culturagenerale e preparazioni per farsostenere esami di ammissione allemedie (come usava allora) o esamiscolastici da sostenere nel paese piùvicino fornito di scuole superiori. Ilprimo libro che ho letto è stato: “Ilpiccolo Robinson Crusoe”, unaparodia del celebre romanzo di DanielDefoe.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Non ho degli autori preferiti, perchého letto quello che, di volta in volta,mi si presentava. Non potevo sceglierema sono stata fortunata. Ho letto ditutto. A volte mi meraviglio di coseche so, e non so come ho fatto aimpararle. Sono vissuta, dall'età disette anni, con la radio a fianco.Allora, la radio, era una fonte, oltreche di informazione, di istruzione. Hopassato la vita a seguire per radio letrasmissioni dei premi letterari. Miripromettevo sempre di leggere tuttiquegli autori. Ma raramente sonoriuscita ad averli.Non è esatto il non aver prefarenzepoichè da che li ho conosciuti non hopiù abbandonato tre poeti: GiacomoLeopardi, Giovanni Pascoli e GabrieleD’Annunzio

Che cosa cerchi nella lettura?

Leggo affannosamente tutto, semprealla ricerca di qualcosa di non bendefinito. Sento il bisogno di ritrovarmiin quello che lo scrittore racconta.Cerco, nelle sue parole, tutto quelloche io provo e non riesco atrasmettere. Mi immergo nellesituazioni e nai luoghi dipingendo conla fantasia.Amo la letteratura in tutte le suesfaccettature e tutto mi interessaancora oggi alla mia età. L’unicorimpianto è di non aver potuto leggeretutto quello che avrei voluto e i mieimomenti più belli sono quelli cheposso dedicare ai miei amati quadernicon una penna in mano ora sostituitadal computer.Non ho fatto fatica a passare dallapenna al pc e ne apprezzo tutti ivantaggi.Fortunato che sa rifugiarsi nellascrittura e nella lettura, non sisentirà mai solo.

Intervista fatta da RinaldoAmbrosia

Scrivere è liberare i nostri pensieri.

Trasmetterli su un foglio bianco prontoad accoglierli e gratificarci di vederlistampati per poterli ricordare quandolo desideriamo

Coraggio, liberate la vostra fantasia escrivete tutto ciò che vi ispira senzapensare di essere giudicati perchè nonè lo scopo del corso.

Maria Mastrocola Dulbecco

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UNA LEZIONE AFFOLLATA

19 marzo, Venerdì, S.Giuseppe, Festa delPapà.Giornata serena, freddo pungente;si èancora in pieno inverno. Il solstizio diPrimavera, che avverràtra due giorni, sembra molto lontano.Nella piccola aula in cui si radunano ipartecipanti del Laboratorio di scritturanessuno ha avuto il coraggio di togliere igiacconi imbottiti e le grosse sciarpeannodate intorno al collo. Qualchesignora mantiene anche il suo caldocopricapo. Dalla finestra si intravedono imucchi di neve caduta recentementeammassati ai lati della strada; imarciapiedi celano delle insidiose lastredi ghiaccio che terrorizzano i pedoni,specialmente gli anziani. Ho sentito direin qualche negozio che il Pronto Soccorsodell’Ospedale non sa più dove ospitare levittime di innumerevoli rovinose cadute,.causate dal ghiaccio che non si scioglie eche non sempre si riesce a notare. Lamamma di un mio ex-allievo miraccomanda, scusandosi, di stare in casa edi non avventurarmi per le strade gelate.Mi chiede se non mi sono offesa; capisceche implicitamente mi ha, con ragione,aggregata al foltoesercito dei vecchi che procedono incertiper le strade di questo spietato, lungo,crudele inverno.La rassicuro, perché so benissimo che lasua premura è dettata dall’affetto, e soanche benissimo che sono vecchia. Sonostata per un attimo incerta se scrivereaddirittura molto vecchia. Ho 84 anni,quando ero giovane io, chi raggiungevaquesta “venerabile” età era consideratoquasi un dinosauro sopravvissuto all’eraglaciale;se partecipo a qualsiasi riunionesono sempre la più vecchia; l’anno scorsoho seguito un corso di computer e lagiornalista di Luna Nuova che venne adintervistarci mi indicò sul suo giornalecon l’appellativo di “nonnacibernetica,”sembrava strano che alla miaetà mi cimentassi in una simile impresa.Ma ho deciso di non scrivere

molto vecchia, perché non mi sento tale,anche se l’involucro, la carrozzeria e ilfunzionamento nel complesso lascianopiuttosto a desiderare. Desidero precisareche all’omissione di quel molto hacontribuito parecchio e continua acontribuire il nostro corso di scrittura, ilritrovarsi tra amici, il conoscere personenuove, tutte gentili, che mi fanno sentirequasi della loro età, accettata econsiderata quasi come una lorocoetanea. Il cielo li benedica tutti.

Ma torniamo alla lezione del 19 marzo.Avevo deciso di parteciparvi nonostantela difficoltà oggettiva causatadall’inclemenza del clima. Quando entrainell’aula fui salutata da esclamazioni esaluti gioiosi che non mi aspettavo,sembravano contenti di vedermi, Renatomi venne persino incontro e mi stampòun bacione sulla guancia, e tutti mi fecerofesta. Forse avevano pensato che nonosassi sfidare il freddo, la paura dellemalattie, le strade sdrucciolevoli. E’normale che lo credessero, per unavecchietta come me. Ma io temevo di piùil pensiero di non stare in mezzo aloro,che mi danno tanto,e che, penso, miabbiano adottata come una nonna chepuò ancora offrire qualcosa delle sueantiche capacità.La lezione – se così si può chiamare ilpacato, piacevole procedere dei nostridiscorsi – iniziò con la lettura dei lavoridegli studenti. Non eravamo in molti,quel giorno. Rinaldo come sempre prestòla sua voce a chi non si sentiva di leggerepersonalmente il proprio lavoro, ( anch’iotra questi). Qualcuno invece preferìleggere da sè. Ascoltavo attentamente,contenta di constatare l’armonia dellostile, la scelta dei vocaboli, la vivacitàdelle idee, e nello stesso tempo lanaturalezza e la semplicitàdell’esposizione. Forse queste frasi saranno lette in classe,e desidero quindi far notare ai miei amiciche con questi apprezzamenti non voglioatteggiarmi a giudice delle loro capacità,

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ma che li invito a considerare il fatto cheho insegnato per circa 50 anni e chequindi, per deformazione professionale,non posso fare a meno di valutare quello acui presto attenzione. Una valutazione inquesto caso eccellente.Sembrava che i miei amici si fosseromessi d’accordo. Era la Festa del Papà Molti parlarono del loro padre .Semprecon affetto, con tristezza, concommozione. Li guardavo, commossaanch’io, li ascoltavo, partecipando alleloro emozioni.Alcuni, benché con i capelli grigi, sirappresentavano come piccoli bimbi sulleginocchia di un padre grande, forte, comeloro lo sentivano, che li abbracciava e liproteggeva. Altri lo ricordavano quando,giovanetti, li guidava con autorità e conuna severità che ora benedivano. Poco apoco, nella mia immaginazione, la piccolaaula del nostro Laboratorio si riempì deitanti Papà ricordati, molti già scomparsi,altri ancora viventi, e tutti stavano allespalle dei loro figli e delle loro figlie etenevano le mani sulle loro spalle, liproteggevano, li consigliavano, liaiutavano con i mezzi che avevano adisposizione, materiali e non, ed eranocontenti di essere ricordati con tantoaffetto, di essere presentati agli amici delLaboratorio con tanta tenerezza e tantorimpianto, e questi loro figli forseparlavano delle loro intime emozioni perla prima volta nella loro vita.E così io vedevo la piccola aula piena dipersone amate, che non scomparirannomai dai nostri cuori e che sempresapranno consigliarci e guidarci nellanostra vita come hanno sempre fatto conle loro parole e con il loro esempio.

Dimmi, cara Maria – la nostra docente –li hai visti anche tu, come li ho visti io?Credo di si, perché anche tu eri commossaed avevi gli occhi lucenti di lacrimetrattenute

Maria Luisa Agnisetta Prodon

Ed ecco una delle poesie dedicata alpadre, letta in questa lezione affollata:

A MIO PADRE

Là nell’altrove dove seidipingi un arcobaleno felicedove io possa, con sottile ironia,correrti incontro.

Tu seme dal colore vermiglioTu scoglio dove io mi sostengoTu cielo ormai dove corrono i miei occhiTu ombra nella canicola d’agosto.

O Padre, rivestimi di gloriaperch’io risuoni la trombadella mia mestizia e ascolti la tuavoce notturna, che pietosa parlaalla mia anima errabonda.

O Padre, giunga alfine al mio cuore stancola tua tarda manoperché ricopra il viso e l’asciughiil tuo calore immortale.

Lucia Giongrandi

RICORDO Suona la debole brezzafra le palme di quel vialebattuto dai nostri piedi stanchi.Suonava la campana del conventodove in un biondo mattinoondeggiavo tra canne d'organo.Onde di cielo solcano, o amore,i nostri placidi cuori che pigririncorrono gli ultimi raggi.

Lucia Giongrandi

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PRIMAVERA

Non andrò questa sera al cimitero.Non è forse spuntata sull’ederaUna cimetta chiara, allegra, guizzante,com’erano i tuoi occhi quando scherzavi?La piantammo insieme quest’ederaaccanto al muro del giardino.E io ti senti qui, in questo verde-chiaro.non sotto quel sasso scuro.L’opaca-scintillante polvere del cosmoche tutto ha formatol’ha certo presa anche dal tuo cuorela forza che sospinge quelle foglie.Non ci andrò, questa sera;io li ho qui, i tuoi ricordi:le foglie nuove del nostro giardino,gli occhi d’oro del cane volti al cancello,( lui non conosce le parole “mai più”)le tue carte disordinateun biglietto con tre parole.Io non andrò più al cimitero.Perderei quel po’ di speranza che mirimanedi poter vivere ancorae morirei anch’io.

Maria L. Agnisetta Prodon

Il mio primo anno al“ Laboratorio di scrittura”

Ho potuto conoscere il Laboratorio discrittura soltanto verso la fine del corso,aderendo al cortese invito di Lucia adaggregarmi al gruppo di frequentatori,dopo la conclusione di un altro ciclo diincontri all’Unitre.Il Laboratorio di scrittura è un’esperienzada vivere, un’oasi rassicurante in cuiMaria Dulbecco, l’infaticabile docente dalsorriso contagioso, riesce a creare quellaparticolare atmosfera di condivisione incui ciascuno ha la libertà di esprimersi edè disposto ad ascoltare.Durante gli incontri le parole danzanonell’aria, suscitano emozioni, evocanoricordi, talvolta persino profumi e saporidimenticati. È come camminare su unprato a piedi nudi, sfiori l’erba ed è unacarezza per il cuore. Il tempo vola, nonresta mai spazio per l’intervallo, sispezzerebbe quel filo sottile che unisce ilgruppo in perfetta armonia.Grazie, Maria, per la tua generosità.

Carla Caimo

Pubblichiamo un pensiero di una nuovaiscritta.

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Rìvole Dal Castel ch'at fà da ciòssaìt varde lontan e 't sente na Sgnora,Turin a l'è lì... a doi pass.Dedlà del Po, ant le neuit sclint-e esilensiose,Superga a te sghicia j'eujper arcordé ansema le vòstre sabaudenobiltà.A le toe spale, dedla dij laghla Sacra, coma na sentinela,a vijà dzora ai destin dle nòstre tère.Le ca sota al Castel, arciamo a la mentij bei temp andàit, quand el Cont Verdcon soa cort a passava tra la toa gentch' a stasija ambajà a verdé.Adess contrà Maestra soagnà con soe belegiojere,a fà da sfond a le spasgiade dij tò sitadin,da cita borgà it ses fate na bela sitàma at resta sèmpe la nobiltà dij temppassà. Giuseppe Vasco

Rivoli

Dal Castello che ti fa da chiocciatu guardi lontano e ti senti una Signora,Torino è in basso, una volta distante,adesso è lì... a due passi.Oltre il Po, nelle notti limpide esilenziose,Superga ti fa l'occhiolinoper ricordare insieme le vostre Sabaudenobiltà.Alle tue spalle, oltre i laghi,la Sacra, come una sentinella,veglia sopra il destino delle nostre terre.Le case sotto al Castello, richiamano allalmentei bei tempi andati, quando il Conte Verdecon la sua corte passava tra la tua genteche stava meravigliata a guardare.Adesso via Maestra, elegante con le suebelle vetrine,fa da sfondo alle passeggiate dei tuoicittadini,da piccola borgata ti sei fatta una bellaCittàma ti resta sempre la nobiltà dei tempipassati. Giuseppe Vasco

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VORREI INCONTRARTI FRACENT'ANNI

Nevica.Rincaso dopo una lunga e bellapasseggiata, svogliatamente accendo la tv.Stanno intervistando Ron che poi cantauna canzone: “vorrei incontrarti fracent'anni”.Mi ritrovo sommerso da una valanga dipensieri.Quale e quanto Amore in questa frase.Mi vien voglia di scoprire la sequenza disentimenti che ha generato un talpensiero.Non riesco, non trovo il bandolo dellamatassa. Sono convinto che non si trattidi un'espressione buttata lì, con lacomplicità della fantasia. Non è una fraseda “effetti speciali” per films.C'è della sostanza, c'è un sentimentospesso. C'è vita.Inevitabilmente la mente va nel suopassato.Un deserto piatto. Qualche cespugliettoqua e là, il vento che fa rotolare grossibatufoli di sterpaglie e sbatacchia lesuperstiti persiane di casupoleabbandonate, in un paesino fantasma,ormai abitato solo da scorpioni eserpentelli.Ossa di qualche animale morto chissà daquanto tempo, si consumano a sole.Il confronto scatta inevitabile. I riflettoripuntano contro me.Sono nudo, al centro della scena, mentrevelocissimamente rivedo tutta la mia vita.Comincio a capire, perchè non capisco.

Ho iniziato la mia vita svogliatamente.Negli studi ero una frana, poi hocontinuato ancora così.Me ne sono andato solo per il mondopoco più che ventenne, ho vissutosuperficialmente.Amici, veri, pochi.Poi è arrivata mia moglie. Il mio piùgrande errore.Intendo la persona, non il concetto.Poi un figlio.Ma non voglio ricordare.

E poi, altri anni vissuti ancoravacuamente.Ancora amici, di quelli veri forsequalcuno in più.

Oggi, quei pochi degni di questo nome sene sono andati, uno alla volta scivolandopiano piano senza fare rumore,portandosi via una grande parte di me;quelli rimasti riescono a darmi solograndi quantità di nulla.Parenti, pochi e distanti.Quando cominciò la desertificazione nonricordo, forse non me ne sono neancheaccorto.Come mi sento adesso? Solo!Nemmeno la consolazione di potersognare, di incontrarti fra cent'anni,perché non sò chi sei,dove sei, se ci sei.

Lucio Dalla canta: “Quale allegria, se ti hocercato per una vita senza trovarti, senzanemmeno la soddisfazione di averti, pervederti andare via ...”

Ma la colpa in gran parte è mia.Sentimentalmente ho vissuto come unacicala e adesso che l'inverno s'avvicina ......Ormai non mi rimane neanche più lasperanza, di poter vivere un'esperienzadel genere.

La mia Compagna oggi.Mi ci stò abituando.Ho imparato a convivere, tanto non è persempre.Spesso la sento molto vicina estranamente questo mi rasserena. Riescoa non averne paura.Forse è blasfemo; la sua vicinanza mi fapiacere.Lei non mi aiuta mai, è distante e muta, ilsuo sguardo è freddo.Seduta in riva al fiume sembra aspettareche passi qualcosa, o qualcuno.E' sempre vestita di nero e porta unagrande falce.Forse aspetta me. “fregugia” in genovese vuol dire : briciola

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Su nuvole rosa.

Su nuvole rosa volava questo amorevolava alto, verso l’altosull’onda del sole,era amore di alta societàad alta voce lo chiamavo,si è poi infrantol’altimetro dell’amoree dall’alto cadde,cadde per alto tradimentoe dall’ora ha lasciatoil mio cuore chiuso malesbatte porte e finestrecome un giorno invernalecon nubi grigiegrigie e nere.

renato finotti.

fammi giocare. quando vado al parcogioco con gomezgli lancio lontanoun bastone,di scatto corre veloceprendendolo al volocosì gioca feliceper ore.stanco riposasopra i miei piedie lo accarezzodalla testa alla coda.nel silenzio dei faggiti penso mia musa,fammi giocarecon i tuoi capellicome fa il vento,fatti disfarela frangetta ribelle,inventa giochi d'amore.lancia un bastoneio sarò gomez. renato finotti.

Passeggiata colorata.

Dove vai caraIl prossimo weekendHo un’idea :Vieni con me sull’arcobaleno?Il percorso l’ho ben studiatoPiù difficile è il primo trattoL’arco poi si fa più dolcePer non perdersi nei coloriSaliremo mano a manoPer godere il panoramaDi la su tutto è belloSi rispecchian mari e colliNei tuoi occhi belli belliCara la su ti farai baciare?La nessuno ci potrà vedereLa c’è il sole luna stelleA loro piace l’amoreNon temerePoi felici scenderemoA scivolone come bambiniVieni cara con me sull’arcobaleno?So che a te piace i colori.Non mi dire che son mattoMa di te innamorato pazzo.

renato finotti.

Aforisma:

L'amour 'est une invention trèsfine, très spirituelle, un cadeau dela part de Dieu à l'humanité –Blixen -' un'invenzione molto fine, moltospirituale, un regalo da Dio all'umanità

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I L M A R E D I C O U R M A Y E U R

Mi sono appena svegliata e sonofelicissima.Ho voglia di correre, giocare; oggi saràuna giornata fantastica.Vicino a me c'è mamma che mi parladolcemente, mi accarezza, mi coccola.E' il solito splendido risveglio.Mondo, aspettami che sto arrivando.Ecco, ora mi prende in braccio, mi portain cucina; trovo le mie deliziose fettebiscottate, con quella buonissimamarmellata che solo lei sa preparare.La mia mamma, è così dolce.Comincio a mangiare con avidità.Ma a un certo punto arriva il kiwi, tuttobello sbucciato e affettato .Non mi piace il kiwi!Mentre tento di allontanarlo, mi scivoladalle mani la fetta biscottata appenaimmarmellata.Mamma Marinka guizza come ilpesciolino rosso quando vuole uscire dallasua boccia di vetro, ma manca la presa eancora integra, la fetta, finisce la suacorsa sul pavimento, appoggiandosiproprio sul lato appena spalmato.Una certa agitazione comincia asvolazzare per la cucina, come fanno gliuccellini nella foresta quando arriva unpericolo.Ma di marmellata ce n'è tantissima. Perdomani ce ne sarà ancora. E poi, se nepuò fare dell'altra.

Ma la fortuna è dalla mia parteArrivano nonna Cina e nonno Nen. Quelliche dovrebbero portarmi al mare. Unsacco di moine, bacetti, abbracci, ecc ...Nonna entra in cucina, vede la situazione,intuisce lo stato d'animo di sua figlia,raccoglie la colazione finita per terra. Poiinvita la mia mamma ad avere piùpazienza, e le racconta di quanta nehanno avuta con lei, quando aveva la miaetà.Con ciò, tutto passa nel dimenticatoio.Questa nonna, è così brava!

Nei discorsi dei grandi però, comincio asentire la parola “montagna”.

Un attimo e ricordo. Ieri sera qualcuno,nel torpore della prenanna, mi haconvinto a dire di sì al cambiamento didestinazione, da mare a montagna.Mi salta la mosca al naso e come unfulmine a ciel sereno urlo: “voglio andareal mare!”.Allarmatissimi arrivano anche gli altridue nonni, Dulla e Lin.Uno sgomento mega, scende a cupola suipresenti, compresa la vicina di casa che,chissà perchè, è sempre presente con lasua cagnolina Geppy, quando in famigliasuccede qualcosa di interessante.Silenzio.Tutti si guardano in faccia,smarriti.La faccenda dello scambio maremontagna, non mi va proprio giù.Tutto intorno sento dire; com'è bella lamontagna , la neve, i ruscelletti, ci sono lemarmotte, ...“Voglio andare al mare”, urlo e ripetoalcune volte.Qualcuno cerca di ricordarmi che ieri seraavevo detto che la montagna andava bene.

Qui mi sa che ci stanno riprovando.Senza pensarci su troppo, do' il meglio dime stessa e pianto su un casino; ilmigliore che mi sia mai riuscito. Viassicuro che so' sempre superarmi.Ecco che la scena è subito tutta mia. Neapprofitto, lascio cadere anche duelacrimoni.Aiutano sempre.

Nonno Lin con un tempismo perfetto,ricorda che c'è sempre da effettuare lospostamento del seggiolino omologato,dalla macchina di mamma Marinka aquella di nonno Nen.Con questo diversivo il gruppo si rianimae molti volontari si fanno intorno alle duemacchine.Intanto la curiosità mi assale, la cosainteressa anche me. Quando i grandifanno assembramento per giocare, vogliopartecipare anch'io.A questo punto, entra in azione nonnaDulla, che con aria distratta mi ficca inbocca il “silenziatore”, ovvero il ciuccio, emi prende fra le sue braccia.

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Hai voglia tu, dei giochi dei grandi!Guardo da distante, ormai un po'trasognata, sotto l'effetto della “dose”appena assunta.Provo. Allungo le braccia nella direzionedel seggiolino ma, niente da fare. NonnaDulla la conosco, non si commuovefacilmente. Rinuncio, però continuo aguardare.Questa nonna, è proprio super.Il divertimento dei grandi è al massimo.Tutti danno consigli, ma nessuno sa comefare.E a questo punto, papà Peo, decide diintervenire. Si immette nel crocchio chesta smanettando senza risultato. Tutti glifanno largo, e in men che non si dica,l'aggeggio è pronto.Il mio papà, è così bravo.

Ma la testa del babbo non è ancora uscitadall'abitacolo dell'auto di nonno che miaccorgo di essermi distratta. Il punto è:voglio andare al mare. Riprendo apiangere, questa volta senza strilli, con lafaccia di chi ha subito un torto immenso.Guardo mamma, e si sa, la mamma èmamma. Impietosita mi prende dallebraccia di nonna, guarda gli astanti e dicecon aria candida che la bambina nonvuole andare, è il caso di forzarla?Mi stringo forte forte a lei e sussurroall'orecchio che non mi piace lamontagna, mentre un paio di caldilacrimoni scendono sul suo collo.Com'è dolce, la mia mamma.

Io non capisco queste cose dei grandi.S'è detto di andare al mare, a me piace ilmare, sono sempre stati contenti tutti divedermi al mare, fanno a gara perpromettermi che quanto prima miporteranno al mare, la zia Amalia dicesempre che non vede l'ora che mi portinoda lei al mare. Voglio andare al mare.Non è molto importante il nome dellalocalità, ma che sia al mare.Per inciso va giustamente detto chenonna Cina e nonno Nen, avevanoveramente preso l'appuntamento con ziaAmalia a Cogoleto ma, alla poveretta,qualche virus di passaggio aveva scippato

la salute e da ieri sera si stava dimenandoa letto, febbricitante.

Ma torniamo a noi.Dopo l'intervento di mamma lo sgomentoè generale.Fa eccezione, la già citata vicina di casa, sìquella con la cagnolina Geppy, che muoredalla curiosità di vedere come la famigliase la caverà. Caso veramenteinteressante!

Nonna Cina, che guarda caso ha fatto lamaestra fino all'anno scorso, è quella chefra tutti si riprende più velocemente.Prende la situazione in mano dicendo adalta voce che non c'è problema, andremoal mare.

Finalmente qualcuno che mi da ascolto!

Ma gli astanti deglutiscono sconcertati.Tutti parlottano sommessamente, perchèsanno che quando ieri sera l'Amalia hadato forfait, s'è preso appuntamento conla Gabry e l'Emilio, a Courmayeur.Il più in bambola di tutti è nonno Nen,ma nonna Cina che intuisce il suo statod'animo, gli fà un imperioso cenno diintesa e avvia le procedure di imbarco.Lui, lo si vede benissimo,non riesce acapire niente e non condivide il raggiroche aleggia nell'aria e pensa che alla fine,quando la bimba indispettita si accorgeràd'esser stata turlupinata, ad ascoltare cisarà anche lui.

Alla fine si parte. Come sono contenta.

Non abbiamo ancora oltrepassato ilcancello che nonno Lin, e con questointervento si guadagna una citazionespeciale nel Guinnes dei primati, per glieffetti speciali dell'ultimo secondo, urla “ilborsone, il borsone con le palette e isecchielli”.Tutto fermo un'altra volta!Nonno sparisce, e ricompare dopo pochisecondi ansimante, col già citatocontenitore in mano. Certo che questigrandi sono proprio una frana; se laprendono sempre con me perchè non

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ricordo ora una cosa ora un'altra, maloro? Sembrano dei bambini.Comunque è andata proprio bene.Sarebbe stato drammatico il mare senzapaletta, rastrello e via dicendo.

Ora che ci penso, si sono dimenticatianche del mio “babaccio” preferito. Sì,Cucciolo. Senza di lui me lo dite voi, comefarei a far giocare nonna Cina durante ilviaggio!? La sola alternativa validasarebbe quella di cantare, ma il miosistema nervoso non reggerebbe.E ancora una volta nonno Lin scompare ericompare, più ansimante di prima, con lasoluzione del problema in mano.Cucciolo.Però questo nonno, niente male eh!

Si riparte. Speriamo che sia la voltabuona.Non sono stati ancora percorsi i primicento metri , che con discorsi astrusi, pernon farsi intendere da me, arriva laspiegazione del piano di nonna Cina, pernonno Nen.

In sostanza, una volta a Courmayeur, sichiederà subito a Gabry ed Emilio di farsivenire in mente dov'è il laghetto piùvicino, ce ne sono sempre, e poi si partiràper quello.Nonno non sembra molto convinto, ma ilviaggio continua.

Comunque, adesso c'è da guidare e devostare attenta a un sacco di cose, quindilascio perdere.

Tralascio il lungo elenco di fiabe,filastrocche, nenie, cantilene, tiritere ecanzoncine varie, alle quali ho dovutosottostare per far felice nonna Cina. Neiviaggi in macchina è sempre così. Iodormirei anche un pò, ma via una l'altra,si fa tutto il repertorio. E quando è finito,state tranquilli, si ricomincia da capo.Il viaggio sembra non finire mai, la miasopportazione è al punto di rottura, maproprio quando sto caricando i polmoniper un acuto terribile, s'arriva dalla Gabrye l'Emilio.

Saluti, baci, abbracci.

Anche qui, ci sarebbero cose dacommentare sui grandi. Tutte questeeffusioni, eh che sarà mai!. Non avete maivisto una bambina bella come mè?C'è da dire però, che la Gabry è statamolto gentile e mi ha regalato un belpupazzetto che sembra un pulcino. Misono quasi commossa e me la sonobaciata.

Sento i loro parlottamenti, mugolii,sorrisini.Finalmente, la parola: mare! Si riparte.Comincio a sentirmi felice.Pochi minuti di macchina e scendiamo inun posto pieno di alberi altissimi.Mi pare di averene già visti, ma nonricordo dove.Forse in riva al mare?Spinta dalle grosse dosi di adrenalina chemi si stanno riversando nel sangue, voglioportare io stessa il “necessaire” per laspiaggia: il già citato borsone strapieno diformine, secchielli, rastrelli, setacci, pallee palline, mulini a sabbia, retine e altro.Per la verità è molto pesante, ma qui silamentano sempre che hanno un sacco dicose da fare, che sono stanchi, che devonofare tutto loro, con che cuore chiedo aqualcuno di aiutarmi.Camminiamo ancora un po'. Comincio asentire rumor d'acqua. La cosa mi esalta.Però, non mi si accende nella fantasial'immagine delle onde. Forse, non ne homemorizzato bene il rumore. Anche l'ariaè diversa, manca qualcosa.Avanziamo un altro po' e con un corale“ecco il mare” ,“ma che bel mare”,cifermiamo vicini a un rigagnolo che siallarga formando un laghetto poco piùgrande del tappeto colorato che ho nellastanza dei giochi a casa mia comescendiletto.

Loro no, ma io sento un tonfo tremendo.Il mio cuore è cascato sui miei piedi.Non sorrido più, a stento trattengo ilacrimoni.Allora tutti si danno da fare. Chi prende lapaletta, chi il secchiello, chi comincia a

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scavare. Ma non c'è sabbia. Vorrei entrarecoi piedini in mare ma, l'acqua è gelida eme lo proibiscono.Vorrei sederemi, ma l'erba è umida e ilterreno freddo.Allora provano a farmi sorrideremettendo in acqua una improvvisatabarchetta di carta.

Povero Emilio. Io ho visto, ha strappatouna pagina dalla Gazzette dello Sport, ches'era portata da leggere mentre io, luipensava, avrei fatto il bagno in mare.Quindi s'è perso tutta una serie di notizie.Speriamo almeno che la pagina inquestione non sia quella che parla giustogiusto, della sua squadra del cuore.Anche lui è tanto buono, me lo bacerei.Ma è un uomo e una signorina di un certolivello quale sono io, non può prenderecerte iniziative. Poi sua moglie sarebbegelosa.

Intanto guardo la barchetta. Che bella, simuove sospinta da una lieve mulinellantearietta, fresca, forse quasi freddina. Simuove un po' in tutte le direzioni, sembradisorientata, forse sta cercando qualcosa?In compenso non ci sono le onde che larovescino.

Già, mancano le onde!

Vuoi vedere che si sono sbagliati e questonon è il mare!?E adesso, come faccio a dirglielo,finiranno per restarci male.O forse, anche questo è mare.Però, se questo è mare la prossima voltabisogna specificare bene.Comunque al mare di Courmayeur non civoglio più tornare.

Stefano Franco Sardi

che ha voluto scrivere al femminile

Dedicata alla sua nipotina :

A CHIARA

Pelle di luna,aggraziata e leggera,ti muovicome schiuma bianca.Gli occhi profondi, la voce tenue einfantile,il passo severodi chi va drittoper una strada,sotto la pioggia,senza fermarsi.Mia piccola donna,anima forte,cuore delicato,sapore di miele,profumo d’aria,ombrosa e chiaracome il tuo nome,che la vita ti siauna luce abbagliante.

Danila Corlando

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Non può certo mancare un pensiero peril gatto INDI e gli scritti di Ivana:

IL SAPEREQuando si va all’UNITRE si va perimparare molte materie: quando ero aTorino all’UNITRE una persona anzianami disse ‘’ Che peccato dover morire, ècosì bello imparare il sapere, questo miaiuta a vivere e capire sia noi stessi sia glialtri’’Il sapere , la sapienza, l’esperienza,l’intelligenza di ogni persona è unaricchezza sia per gli allievi che per gliinsegnanti : nella vita non si finisce maid’imparare dal prossimo!Se avessi studiato all’Università avreiscelto tante materie, perché ogni materiaha il suo sapere ma in quale mi sareilaureata? Se avessi scelto Lettere mi sareispecializzata in Giornalismo, forse sareidiventata un bravo avvocato o un famosonotaio; certo non avrei potuto iscrivermi aMedicina perché mi manca un po’ dicoraggio.Il sapere è infinito,certo, io mi accontento delmio piccolo sapere che anche se piccolo ,perme è un grande dono e poi in fondo , cresceràsempre più perché non mi stanco mai difrequentare la più bella Università che c’è :l’UNITRE !

Ivana Candellero

PERCHE' SCRIVO Finalmente posso scrivere il diario, iracconti ed imparare. Per me scrivere èun libero sfogo in particolare quandoracconto il mio diario.Da piccola non potevo esprimere i mieipensieri perchè i miei genitori me loimpedivano, ora grazie a Maria Dulbeccoe al nostro gruppo di laboratorio discrittura riesco a liberare il mio cuore.Quando ero piccola non potevo esternareciò che avevo dentro e per questo eromolto aggressiva, adesso grazie all'Unitrequesta aggressività si è calmata e sonoritornata a vivere. Per me la scrittura, da quando abito aRivoli è tutta la mia vita.

Ivana Candellero

Voi che potete dar sfogo allascrittura in piena libertà, non potetecapire quanto Ivana ha sofferto perquesto divieto a lei imposto dallapersone più care. Qualunque nefosse stata la ragione, è stata unacrudeltà e lei, appena rimasta sola,ha cercato di recuperare tuttoquanto poteva ed ora con noi sisfoga a scrivere su tutto. Legge molto,si documenta e spesso ci sorprendecon le sue riflessioni.

LATINO E LINGUE ANTICHE

Il Latino e la matematica sono duematerie indigeste per gli studenti, epensare che le lingue antiche sono allabase della nostra civiltà, come l'ebraicoantico, l'aramaico, il greco.Dal Latino sono derivate molte lingueeuropee come il Francese, lo Spagnolo,l'Italiano. Se vogliamo trovare il Latinodegli antichi romani bisogna andare inRomania che essendo stata colonia

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Romana sotto Traiano la lingua Latina èrimasta intatta.Dalle lingue sono derivati i dialetti, infattiin Calabria il dialetto ha molte parolederivate dal Greco. Molti dialetti derivanodall'Arabo che era la lingua degli invasori.L'Ebraico era la lingua dei notabili epersone di alto rango l'Aramaico inveceera la lingua del popolo. In Medio Orienteoltre a queste lingue si parlava il Greco eil Latino.Il Latino e le Lingue Antiche dovrebberoritornare nelle scuole compresa l'Unitreperché studiandole si conoscono letradizioni e gli usi e costumi dei popoliantichi e anche moderni. Ivana Candellero

LA DONNA

L'8 marzo è la festa della donna,considerata molto spesso nei secolil'Angelo del focolare.E' stata Musa ispiratrice di DanteAlighieri, di Petrarca e di molti altriPoeti. La donna ha un dono meraviglioso,dà la vita ad un'altra persona, questo perme è il lato più bello. Purtroppo lungo isecoli a volte è stata maltrattata daicompagni, dai genitori e anche dai datoridi lavoro perché debole e fragile. Perfortuna nel nostro secolo questasituazione negativa è stata quasi vintaperchè adesso vi è più coraggio didenunciare, ma speriamo che questoscompaia del tutto e ci sia più rispettoverso la donna.Vedendo l'ultimo Festival di San Remo ladonna è stata considerata arte figurativacome un quadro. Se non esistesse ladonna non ci sarebbe civiltà e neanche lavita che continua nel futuro.

Ivana Candellero

Aforisma:

On ne badine pas avec l'amour - deMusset-Non si scherza con l'amore

RICORDO DI TORINO CON INDI

Quando abitavo a Torino e avevo Indi incasa fuori nevicava e lei si metteva adormire in poltrona. Io la coprivo con lecoperte per timore che avesse freddo.Dormiva tutto il giorno e si svegliava soloper mangiare e bere e alla sera giocavaoppure andava sul terrazzo a prenderearia. Tutte le mattine la sveglia dalle trealle cinque con i suoi miagolii.Ora sento molto la sua mancanza, per meera la compagna di giochi e parlavo moltocon lei.Questo ricordo mi è rimasto nel cuore, masono contenta perché Indi adesso stameglio è più libera e così anch'io sonocontenta perché lì dov'è tutti le voglionobene. Allora non rimpiango la mia Indianche se vorrei vederla tutti i giorni perevitare che mi dimentichi.

Ivana Candellero

Aforisma :

Sull'AMORE: in francese:L'amour est un enfant, il n'a jamaisconnu de lois –L'amore è come un bambino, nonha mai conosciuto delle leggi .- nel libretto della Carmen di Bizet.

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STORIA ACCATTIVANTE CHE FARIFLETTERE

>Una ragazza stava aspettando il suo voloin una sala d'attesa di un>grande aeroporto.>Siccome avrebbe dovuto aspettare permolto tempo, decise di comprare un>libro per ammazzare il tempo.>>Comprò anche un pacchetto di biscotti.Si sedette nella sala VIP per>stare piu tranquilla.>>Accanto a lei c'era la sedia con i biscottie dall'altro lato un>signore che stava leggendo il giornale.>>Quando lei cominciò a prendere il primobiscotto, anche l'uomo ne prese>uno, lei si sentì indignata ma non dissenulla e continuò a leggere il suo libro.>>Tra sé pensò:>ma tu guarda, se solo avessi un po più dicoraggio gli avrei già dato>un pugno...'>>Così ogni volta che lei prendeva unbiscotto, l'uomo accanto a lei,>senza fare un minimo cenno neprendeva uno anche lui.>>Continuarono fino a che non rimase soloun biscotto e la donna pensò:>'ah, adesso voglio proprio vedere cosami dice quando saranno finiti>tutti!!'>>L'uomo prese l'ultimo biscotto e lodivise a metà! 'Ah!, questo è>troppo pensò e cominciò a sbuffareindignata, si prese le sue cose, il>libro, la sua borsa e si incamminò versol'uscita della sala d'attesa.>>Quando si sentì un po' meglio e la rabbiaera passata, si sedette in

>una sedia lungo il corridoio per nonattirare troppo l'attenzione ed>evitare altri dispiaceri.>>Chiuse il libro e aprì la borsa perinfilarlo dentro quando nell'aprire>la borsa vide che il pacchetto di biscottiera ancora tutto intero nel>suo interno.>>Sentì tanta vergogna e capì solo allorache il pacchetto di biscotti>uguale al suo era di quell'uomo sedutoaccanto a lei che però aveva>diviso i suoi biscotti con lei senzasentirsi indignato, nervoso o>superiore, al contrario di lei che avevasbuffato e addirittura si sentiva feritanell'orgoglio.>>LA MORALE:>>Quante volte nella nostra vitamangeremo o avremo mangiato i biscotti>di un altro senza saperlo?>Prima di arrivare ad una conclusioneaffrettata e prima di pensare male>delle persone, GUARDA attentamente lecose, molto spesso non sono come>sembrano!!!!>Esistono almeno 4 cose nella vita chenon si RECUPERANO:>Una pietra dopo averla lanciata.>Un'opportunità dopo averla persa.>Il tempo dopo esser passato.>L'amore per chi non lotta.>>Ora puoi fare due cose: Cancellarequesta email, oppure mandarla alle>persone a cui tieni veramente (compresochi te l'ha inviata). Spero che>tu scelga la seconda opzione!>Qualcuno una volta ha detto:>Lavora come se non avessi bisogno deisoldi. Ama come se nessuno ti>abbia mai fatto soffrire.>Balla come se nessuno ti stesseguardando.>Canta come se nessuno ti stessesentendo.>Vivi come se il Paradiso fosse sullaTerra.

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Marina Conrotto

Scrivere: perché?

Scrivere per sognare, scriverei sogni, anche i sogni aiutano a scrivere,danno forma e colore alle nostreemozioni. Ma qual è la spinta, l’urgenza dimettere insiemeparole, frasi, pagine, o versi, rime, ritmianche un po’ zoppicanti?Il nostro gruppo ha risposto con grandesincerità a questo interrogativo, haaccolto, direi quasi con sollievo, questostimolo a guardarsi dentro a porsidomande non banali: scrivo percontrollare la tristezza, per sondare nelprofondo il mio io insondabile, ma già iltentativo mi consola, scrivo per” stendereal sole le mie radici ”.

Scrivo per rielaborare e sistemare il miovissuto entro la cornice di un quadro chestenta a trovare i contorni. La burrasca èpassata, ma le onde incalzano e ilnaufrago non riesce ancora a riposaresulla battigia. Si affida alla pagina perguarire nell’anima.Scrivo perconoscermi , per dare forma ai mieipensieri, per scoprire se so scrivere, per ilpiacere di dire a me stessa “Lo so fare, hotrovato le parole per dirlo”. Racconto lamia storia per dare un senso alla vita, percurare il dolore, ma anche per fermaremomenti di intensa felicità.Scrivo per lasciare traccia di me ai mieicari, ma soprattutto per usare la mente inun esercizio così stimolante, fatto diascolto di me e degli altri. Scrivere vuoldire prima di tutto saper ascoltare,fermarsi a guardare,raccogliere pezzi divita dentro e fuori di noi per costruire unmosaico di tessere multicolori.Scrivo per comunicareemozioni forti, ne sento la necessità; temodi dimenticare pensieri,volti,sensazioni. Scrivo perché da piccolame lo hanno impedito, loscrivere mi fa compagnia.

Scrivere di sé è come denudarsi, è liberareenergia emotiva e scoprire che non si èsoli. Il pudore e la iniziale riservatezzapossono aprirsi e creare nuove ispirazionie relazioni.

Pigiando i tasti del computer o usando illapis sulla pagina bianca o fermando su diun foglietto volante una subitaneaispirazione scriviamo, e lo facciamo pertutti questi motivi e perché amiamoscrivere e raccontare… Grazie a MariaDulbecco, guida attenta e discreta delgruppo, tutto questo è stato ed è possibile.

Maria Tomatis

PERCHE' SCRIVO

E' come prendersi una rivincita sullaquotidianità.Siamo quasi sempre costretti,condizionati, limitati, questa vita con lesue regole ci tarpa le ali.Spesso non possiamo amare comevogliamo, chi vogliamo, non possiamodire ciò che vogliamo a chi vogliamo, nonpossiamo volare, avere, dare, vedere....

Quante cose non possiamo.

Scrivendo invece, tutto possiamo.La bacchetta magica è nelle mani dellanostra fantasia, la razionalità è soloospite.E così ci muoviamo nell'infinito,possediamo l'impossibile, e con unminimo di coraggio, peccando un po' dipresunzione, possiamo anche sostituirci aDio.

Franco Stefano Sardi

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IL TEMPORALE

Un avvenimento che portava unmovimento particolare. Il suo arrivofaceva correre Eugenio (il sacrestano) asuonare le campane per allontanarequesta iattura capace di distruggere unraccolto frutto del lavoro per un annointero. In particolare io ricordo che alprimo accenno, Donna Elvira sarebbearrivata a casa nostra per superare lapaura. Io attendevo quei momenti perchèla signora, per distrarsi cominciava araccontare storie passate delle famigliedel paese. Misteri che lei conosceva e cheio letteralmente bevevo. In questeincursioni, a volte, mi insegnavafilastrocche da lei apprese nella suafanciulleza, Tra queste:

La pigrizia andò al mercatoed un cavolo comprò.Mezzigiorno era suonato quando a casa ella tornò.Cercò l'acqua, accese il fuocosi sedette e riposò.Ed intanto poco a pocoanche il sole tramontò.Così persa ormai la lenasola al buio ella restòed a letto senza cenala meschina se ne andò.

Credo di averla ricordata bene ma sequalcuno la conosce e ho saltato qualcosa,mi fa piacere saperlo.

Altra, credo più conosciuta:

Cera una volta un reseduto su un canapèe disse alla sua servaraccontami una storiae la serva cominciò:

C'era una volta un reseduto su un canapèe disse alla sua servaraccontami una storiasela serva cominciò...

.Continuava così a ripetermi la stessafrase all'infinito fino a che la fermavo perstanchezza nell'ascoltarla Cessato iltemporale la sua serva,Francesca, tornava a riprenderla.

Maria Mastrocola Dulbecco

FAVILLE .

Faville: quando ero piccola vivevo in unacasa dove al riscaldamento provvedeva unfocolare sempre con i legni accesi. Uno odue più grandi a formare la base e poialtri che si aggiungevano man mano.Quando tornavo da scuola correvo adaccucciarmi nell'angolino di destraaccanto a questo fuoco per ammirare lelingue di fuoco che si rincorrevano versol'alto in uno scenario fiabesco e peralimentare di più la mia fantasia,prendevo un ferro (attizzatoio) e lobattevo contro il legno incandescenteprovocando tantissime scintille, appuntole FAVILLE, che si rincorrevano insiemealle lingue di fuoco provovando unaspecie di effetto fuochi artificiali ed erocapace di incantarmi per ore di fronte adun simile spettacolo!!! Una volta peròaccadde che il mio cappottino prese fuocoappunto sulla destra e l'intervento dellanonna ha evitato il peggio ma la mammadovette confezionarmi un nuovocappottino.

Maria Mastrocola Dulbecco

“L'uomo vuole essere felice, evuole soltanto essere felice, e nonpuò non voler essere tale.”

(PASCAL)

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DUE CAVALLI

C’è un posto, in campagna, dove, in unprato, ci sono due cavalli.

Da lontano, un cavallo sembra ugualeall’altro. Ma se fermate la macchina evi avvicinate a piedi noterete che c’èqualcosa di sorprendente

Guardando negli occhi di uno dei duecavalli scoprirete che è cieco.

Il suo proprietario non volle sopprimerloma gli offrì una buona dimora.

E anche questo ci stupì.

Se state vicino a loro ed ascoltate,sentirete il suono di una campanella. Se cercate la sorgente di quel suono,scoprirete che proviene dal più piccolo deidue cavalli nel campo.

Attaccata alla cavezza del cavallo c’è unapiccola campanella.

Essa permette all’amico cieco di saperedov’è l’altro cavallo,di scoprirlo e dipoterlo seguire.

Se vi fermate ad osservare i due amicivedrete che il cavallo con la campanellacontrolla sempre il cavallo cieco e chequando quello cieco sente la campanellasi avvicina lentamente all’altro, fiduciosod’esser guidato e di non smarrirsi.

Quando il cavallo con la campanellaritorna al rifugio del granaio, ognisera,egli di tanto in tanto si ferma e siguarda indietro, per essere sicuro che ilcavallo cieco non sia troppo lontano perpoter sentire la sua campanella, se gli èpossibile sentirla

***********************

Come il proprietario di questi due cavalli,Dio non ci trascura perché non siamoperfetti o perché abbiamo difficoltà oprove da superare.Egli veglia su di noi e porta sempre il suoaiuto nella nostra vita quando ne abbiamobisognoQualche volta siamo come il cavallo ciecoe siamo guidati dalla campanella che Dio.mette nella nostra vita.Altre volte siamo come il cavallo cheguida ed aiutiamo gli altri a trovare la lorostrada.Questi sono i veri amici. Non semprepossiamo vederli, ma sappiamo che sonosempre vicini.

VI PREGO, sentite la mia campanella, e iosentirò la vostra.

RICORDATE: siate sempre gentili, più diquanto sia necessario.

Tutti quelli che incontrerete hannostanno combattendo la loro battaglia. Ditutti i generi.

VIVETE SEMPLICEMENTEAMATE GENEROSAMENTETPRENDETEVI CURA DEGLI ALTRI,SERIAMENTEPARLATE CON GENTILEZZA

E LASCIATE FARE ILRESTO A DIO

Traduzione diMaria Luisa Agnisetta Prodon

Questo racconto è stato imviato a MariaLuisa da una amica americana

“La felicità è la condizione di un essere

razionale nel mondo al quale,

nell'intero corso della sua vita, tutto

avvenga secondo il suo desiderio e la

sua volontà.” (KANT)

“La felicità è la condizione di un essere

razionale nel mondo al quale,

nell'intero corso della sua vita, tutto

avvenga secondo il suo desiderio e la

sua volontà.” (KANT)

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Storia di una barca

Ero una giovane barca, 30 anni fa, laccatadi fresco, bianco l’interno ed il bordo, diun caldo marrone la chiglia.

Quanta emozione quando piano piano mifecero dolcemente scivolare nellospecchio di mare scintillante davanti acasa.

Mi riempivano di orgoglio i grandi occhilucidi, le guance rosse dall’eccitazione ditre bimbi adoranti, la soddisfazione dipapà Gigi, la malcelata contentezza dimamma Annamaria, lo stuolo di vicini edi parenti che partecipavano con gioiaall’evento.

E subito giri, tuffi, pesca all’alba, prove diguida con frotte di ragazzini gioiosi edivertiti che facevano a gara peraccaparrarsi un posto a prua e godersi ilvento che spruzzava il viso e scompigliavai capelli.

Quale nome è più adatto per una barcacosì amabile? Non c’è storia: MAROLUSI,le iniziali dei tre adorati figli (MariaRosaria, Luciano e Simonetta)Quante cure, quante carezze, quantecoccole… Quanti timori ai primiacquazzoni!

- Che vento soffia oggi?- Guarda, la barca ha la prua verso

Porto Cesareo, è tramontana…- Oggi è volta a sud, è scirocco, farà

caldo, ci sarà afa…..-

Poi vennero tempi bui. Gigi stava male,nessuno aveva voglia di andare in barca.Ma la tenacia, la forza, il carattere e lecure mediche ebbero il sopravvento. Labarca riprese a solcare lo specchio di marescintillante col suo carico gioioso, adaspettare paziente le gare di tuffi, le

ricerche di conchiglie, le prime provetimorose di nuoto di bimbi ed adultififoni.Che gioia essere di nuovo curata,accarezzata, coccolata!!Con quale orgoglio papà Gigi assistevaalle prove di guida cui i figli crescendo sisapevano dedicare.I complimenti erano rudi consigli, secchicomandi biascicati in dialetto a dentistretti. Ma l’importante è capirsi. Ed io,paziente, mi godevo la ripresa fisica emorale del mio capo. E vibravo fra leonde.

Anche quest’estate è passata. Come unavera donna che ha cura di sé, avrei il lookda rifare. Eh sì, gli anni lasciano il segno.Mi prende un groppo al motore nelvedere che il timone si è un po’arrugginito, che il velo un tempo lisciodella mia vernice si è screpolato.E non scatto più alla prima accensione, eavanzo piano piano. Qualcosa non va. Dagiorni rimango all’ancora presso il molo.A nulla sono valse le revisioni delmeccanico, le sbirciatine sotto la chiglia,fatte sotto lo sguardo vigile del mioadorato capo che ora viene da me a passostrascicato, appoggiandosi al fidobastone. Forse ha subito più bufere lui dime… Ma resiste ed io non lo vorreideludere. Quante cure mi ha dedicato!Ancora un volta sale al comando; oraindossa sempre una maglietta bianca edun cappello con visiera, il sole diretto glifa male; l’aspetto è invecchiato, mal’indole rimane sempre forte e rude.Tocca sapientemente alcune mie partivitali, spera, s’illude. Io tremo, miaffanno… Ma i risultati non sono brillanti.Si inalbera, biascica parole non chiare epoi… salta dal bordo con insolito vigore,senza usare la scaletta. Non sono i mieiguai ad impensierirlo, è la convinzioneche più di tanto non possiamo fare, né ioné lui.È un salto amaro, il suo, è rabbia per iltempo che non è più favorevole. Oh, no!Ha strusciato una gamba sulla fiancataincrostata di salsedine. Io lo adoro, il miocapo, mai avrei voluto lasciargli un

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ricordo così doloroso. Il cielo plumbeo,pronto alla tempesta, aggiunge tristezza aquesto epilogo.Basta! Mi lascerò dondolare inerte. Nonopporrò resistenza ai flutti. Addio Gigi,capo adorato, è stata una splendidaavventura.(20 settembre 2008)

P.S.È passato un anno. Non dondola più lasnella “Marolusi” nella baia di Strea. Nonpassa più sul molo Gigi, il capo branco.Troppe bufere li hanno stroncati. Ma illoro spirito aleggia ancora nella baia!

Silvana Francone Salurso

Considerazioni

Stamane ho deciso di mettere in ordine nelmobile libreria.Sposto, selezioni, catalogo, riordino….Toh! E questa scatola? Foto, foto, foto….Mie, di Erasmo, dei bimbi…..Poche a colori, molte in bianco e nero.Guarda, qui ero sulla sponda del torrente!Avevo 16 anni, il vestito a palloncino,quell’anno, era di moda; per me era l’unico,bello, di quell’estate.Le ballerine dorate, proprio come quelle cheusano ora, i capelli cotonati, che ridere…Ricordo, ricordo…E tu, qui? Giocavi a pallacanestro? Che“figo”!!! Avevi i tuoi bei capelli ondulati, unafolta capigliatura. Una polo bianca, un paio dicalzoni corti, le scarpe da tennis. Non unascritta pubblicitaria, non un marchio.Giocavate su un campetto in terra battuta,senza barriere, senza delimitazioni.Ecco qua i nostri figli. Che bei bimbi.Rossana che regge a fatica il fratellino avvoltonella mantella che avevo sferruzzato durantela gravidanza.Era la prima uscita all’aperto, a fine maggio.E sì, questa foto è a colori. Com’è bruna lei, ecom’è biondo e delicato, lui. Ti ricordi, lochiamavamo “Cicciobello”, biondo occhi

azzurri, allora, bello cicciotto. E lei alta sullegambette tornite nei calzoncini cortissimi.Che arietta frizzante quel pomeriggio, inpiazza Belvedere. Che orgoglio, noi quattro,soddisfatti della nostra famiglia.Alzo la testa, sognante. Le immagini di allorasi stagliano nella mia memoria nitide, neicolori, nei profumi, nelle sensazioni.Lo sguardo intercetta la mia immagine nelvetro dell’anta. Che duro colpo!Un tutto al cuore mi riporta alla realtà.I capelli striati da colpi di sole per camuffare igrigi incipienti, le rughe sulle guance e sulcollo distruggono il mio idillio. Per un attimomi sono sentita la Silvana di 34 anni fa, ilcrollo è forte, ma, come sempre, reagisco,scuoto la confusione che sto provando.No, gli occhi sono ancora limpidi e vivacicome allora. Ora ho più gioie di allora: tantaesperienza in più, tante battaglie vinte, tantaforza d’animo e soprattutto due splendidinipotini che riempiono la vita e mi fannoaffermare: questo è il momento migliore chemi è dato vivere!

Silvana Francone Salurso

Napoli, scuole superioriI ragazzi fanno un chiasso indiavolato,aspettando il professore; saltano suibanchi, gridano, cantano, si stuzzicano…Entra il professore, li richiamainutilmente.Sconsolato esclama: “Non c'è piùreligione!!!”Io capto la frase e urlo felice: “Ragazzi, siesce un’ora prima!!!!!!)(Alessandro Siani, attore comico)

Arsi, piansi, cantai;Piango, ardo e canto;Piangerò, arderò, canteròsempre.(Gaspara Stampa, poetessa XVIsec.)

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Questo è lo scritto che ci ha indotti atrattare l’argomento: CLOCHARD

NIZZA 1994 Quartiere Magnan, c'è un sottopassaggio,raduno dei barboni, sopra passa laferrovia.Ci sono barboni di tutte le età, stannotutto il giorno seduti per terra con i lorocani,davanti un sudicio cappello perl'elemosina e la ciotola dell'acqua perl'animale,uno squallido borsone per il vestiario, nonposseggono altro.Lì sempre al solito posto c'è Gagn, così sichiama un barbone di mezza età, con lasua cagna Eveline, tutti lo conoscono. La sua ciotola è una latta della conservadove i passanti lasciano cadere qualcheFranco.Sciupato in viso, vestito male ma pulito,occhi grigio chiaro che nonostante il suomodo di vivere conservano una bellezzainteriore e una luce di serenarassegnazione.Mi avvicino a lui, mi indica con un sorrisola latta "Madame pour le chien ed un peupour moi".Gli domando:"Come può vivere in quelmodo?".Mi risponde:"Madame, la mia vita è lastrada, jaimè vivere in appartement,jaimè, morirei...Non ho nessuno, amo la gente, la vita, lalibertà, non chiedo che qualche franco pervivere e per nutrire Eveline,presto avrà bisogno di un vétérinaire, cosìavrò anche i cuccioli da mantenere peròavrò molta più compagnia ed io sonotanto felice,e tu madame sei heureux?""Sì, oggi sono felice"."Bonjour madame""Bonjour Gagn".

Luciana Agosti

LETTERA A IVANA Cara Ivana, ti scrivo questa lettera dopo aver riflettutomolto sulle tue parole "mi sento sola...vedi Luciana, tu hai un marito, dei figli enipoti, ti piace dipingere scrivi poesie, haitante soddisfazioni, quindi sei appagata enon provo momenti di solitudine come liprovo io".Cara Ivana, tutti nella vita a volte cisentiamo soli, anche se siamo circondatidalla famiglia, dagli amici e moltiinteressi.Ci sono persone che hanno castelli,parenti, amici e denaro, eppure si sentonomaledettamente soli.Anche a me, camminando perstrada,capita di sentirmi sola, eppuresono in mezzo alla gente, persone chevanno in tutte le direzioni, ti spintonano,non ti degnano di uno sguardo, di unsorriso, una parola, tutti indaffarati, tuttidi corsa, e allora cerco di distrarmi, pensoa chi è più solo di me, guardo le vetrine,sorrido ad un bimbo, accarezzo un cane,osservo il cielo, e se sono a casa dipingoun fiore, leggo un libro, guardo la tv.Cara Ivana, anche tu hai le tue fortune, tipiace scrivere, i tuoi racconti vengonoletti da molte persone che frequentanol'Unitre, in più sei su Internet, e ti parepoco...? Infine ci siamo noi del corso discrittura, seguiti dall'insegnante MariaDulbecco, che ti vogliamo bene e cidivertiamo leggere i nostri racconti a volteilari e a volte entusiasmanti. Ti ricordoche hai un grande amico che è il tuoaffezionatissimo gatto Indi, speciale comelo descrivi tu. Se ti senti sola in certimomenti è perché sei una personasensibile, una sentimentale, unascrittrice, cosa vuoi di più?Ricorda che "Ognuno sta solo sul cuordella terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera". Luciana Agosti

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Una spina nel cuore

Ho tolto una spina dal cuore e hoprovato sollievo.Ho tolto un'altra spina dal cuore e miha lasciato il segno.Ho cercato di togliere l'ultima spinadal cuore, ma non ci sono riuscita,era troppo profonda.

Luciana Agosti

L'ADDIO

Mille luci si riflettono nel mareuna triste melodia mi avvolgeil vento mi scompiglia i capellile nostre mani si stringono fortemente,mentre un brivido mi percorre la schiena.I nostri sguardi si cercano, tremano lenostre labbranel pronunciare la parola Addio. Luciana Agosti

MALINCONIA Afoso pomeriggio d'estateil sole specchiava l'asfaltofilastrocca di bimbi nel cortilericordo annebbiato nel tempoma non del nulla dimenticato. Luciana Agosti

NOTTE INSONNE

La pioggia picchia incessante sullepersiane,non riesco a dormire, mille pensierifrullano nella mente.Affiorano i ricordi da tempo assopiti,penso ai giorniFelici e tristi della mia vita, alle personescomparse,alle insicurezze, cerco la risposta nelladomanda,cresce in me la paura del domani.

E intanto il sonno tarda a venire…

In lontananza mi giunge il fischio deltreno chePassa a gran velocità, per un attimo hol’impressione che entri nella stanza…

Mi giro e rigiro nel letto, le ore nonpassano mai…

Un’ambulanza chiama ripetutamente lastrada,qualcuno sta molto male o sta morendo,un brividomi percorre la schiena, pregointensamente per lui,affondo il viso nel cuscino, e cerco di nonpensare.

Il motore di un autocarro e lo sbattere deicontenitoriAvvicina, sono i netturbini che vengono aritirare la spazzatura.

Inizia un nuovo giorno, ha smesso dipiovere. Luciana Agosti

LABORATORIO DI SCRITTURA

Nell'abisso dei miei pensiericerco l'esistenza, ma non hoalcuna risposta. Luciana Agosti

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IL FILO

Eccolo lì.

Sette e trenta del mattino, sul bus che miporta in ufficio.Ma questa volta, no.Questa volta saprò resistere.

Lui è lì che mi tenta: bianco, sinuoso,lungo una decina di centimetri,appoggiato su un morbidissimo loden blu.

Per la precisione sulla spalla di unmorbidissimo loden blu indossato da undistinto signore brizzolato, longilineo.

Sicuramente un professionista.

Sicuramente sposato, lo dice la fedeall'anulare sinistro.

Che sia un professionista lo rivela lacartella in vero cuoio, firmata “TheBridge”, di certo molto pesante. Lui peròla porta con disinvoltura, come fosse ditela di cotone.

E' chiaro che è uno sportivo. Ha il fisicoasciutto, probabilmente un giocatore ditennis o un nuotatore, vista la dimensionedelle spalle.

E, su quella destra, appoggiato connoncuranza, con andamento flessuoso, c’èla mia ossessione.

Nuovamente i miei occhi lo fissano e lamia mano sta per sollevarsi, peravvicinarsi e toccarlo.

No, l'ho già detto, questa volta no.Resisterò.

In fondo a me cosa importa se quelsignore così distinto, così elegante hasulla spalla destra del suo loden blu unlungo, sinuoso filo bianco?

A lui non da alcun fastidio, neanche se neaccorge.

Non pesa.

Cosa vuoi che sia per uno così, che reggequella cartella, portarsi anche il filobianco addosso? Di certo non è questabanalità a svalutare una figura tantoelegante e fare di quel bell’uomo unapersona trasandata.

Certo, ma a me, da fastidio.

Si, però deve finire questa storia di volertogliere fili, capelli, “pelucchi” daicappotti o dalle maglie degli altri!

Il punto è che, se anche non li vogliovedere, la mia vista da miope corretta liinquadra subito. Direi quasi che i mieiocchi più che vederli, li annusano.

Nessun altro se ne accorgerebbe, nessunodarebbe importanza a quel piccolissimopezzo di filo bianco adagiato lì.

Non è neanche che sono attirata da luiperché appoggiato sulla spalla di unbell’uomo. No, questo non c’entra.

L’ultima volta si trattava di un capellogrigio molto più corto sistemato sulcolletto di una signora anziana dal visocorrucciato. Neppure allora ho resistito,purtroppo.

La signora sentendosi toccare pensò a unladro che voleva rubarle la collana e c’èmancato poco che le sue urla non mifacessero arrestare. Ci son volute moltescuse e l’aiuto di un’altra signora perconvincerla che volevo solo togliere quelcapello dal colletto.

Per questo motivo non voglio ricaderci.

Non sono fatti miei: che la gente si portipure i suoi capelli, fili o “pelucchi” sucolletti e spalle!

A me non interessa. Cioè, non deveinteressare.

Però, accidenti come stona quelserpentello bianco sul cappotto di unsignore così affascinante!

Forse, se alla prima frenata brusca delbus, fingo di rovinargli addosso, riesco aeliminare quel maledetto filo. Già, e se poipensa che voglio derubarlo o magari chesto cercando di fare delle avances? Pensa,che figura!

No, mi è bastata l’ultima volta con lasignora anziana.

In fondo mancano solo due fermate almio ufficio. Non devo resistere ancora permolto. Anzi, mi preparo a scendere cosìgli volto le spalle e me ne dimentico.

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Ops! Ecco la fermata brusca che aspettavoe sono proprio rovinata addosso all'uomo.Gli ho pure pestato un piede e per noncadere mi sono aggrappata alla sua spalla,però quella di sinistra, cioè l’altra.

“Scusi, spero di non averle fatto troppomale”

“No, si immagini! Lei, tutto bene?”

“Si, certo. Grazie”

Ha anche un bel sorriso, oltre al filobianco sulla spalla destra!

Finalmente la prossima è la mia fermata.Ho suonato il campanello e tra non moltosarò scesa, lontana dalla tentazioneappoggiata sul loden.

Accidenti! Anche il signore è di fronte allaporta, alla mia sinistra, per cui la spalladestra con annesso filo quasi mi tocca.

Resisto. Ma quanto dura questosemaforo? Non resisto più. Sollevo lamano. Il mio indice si è avvicinato alpollice per afferrare quella sottileossessione. Ci sono quasi, ormai nonriesco più a controllarmi.

Ecco, una mano si appoggia su quellaspalla, due dita stringono quel filo e logettano in terra.

Il distinto signore in loden blu, prima discendere alla mia stessa fermata,sorridendomi si è liberato del filo bianco.

Marina Conrotto

FORSE PERCHE’…

Forse perché il tempoScorre lento lungoLe rotaie del destinoIo non distinguoIl dolore dalla gioia,ma vado incontroal mio debole futuronell’effimera certezzache tu ci sei, o amore,per indicarmi col tuo sguardoil sentiero lungo il qualefar correre le mie gambe stanche,per andare là dove potròsconfiggere la noia mortale

e risentire insieme a te la gioia,il dolore, l’amore.Svegliare la mia amina spentae adagiarla fra le tue bracciae lentamente correre,senza più cadere,nella calda tana,dove l’invernonon imbiancherà più il giardinodel mio cuore stanco.

Lucia Giongrandi

Viaggio nella Loira

Sotto un turbinio di fiocchi di neve, checancellano la strada nel grigiopaesaggio, silenziosi percorriamo iltragitto quasi a rimarcare, con il nostrosilenzio, l’umore del tempo.

La grandine, a scrosci, si riversa sulparabrezza, si frantuma in numerosicristalli che rotolano sull’asfalto comeperline trasparenti, mentre l’auto ha unbrusco sbandamento. È grandineprimaverile, acqua gelata che il cieloriversa sulle rare automobili chescorrono sul grigio nastro d’asfalto, sucampi e alberi da frutta già ingemmati.

Il freddo si insinua tra le fessure delleportiere e spiffera all’internodell’abitacolo creando spiacevoli lamedi gelo che colpiscono il viso.

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Una sosta. Ed è nuovamente un raggiodi sole, che si fa spazio tra un cielonuvoloso squarciato da un ventoimprovviso, ad illuminare i nostripiatti, a riscaldare i nostri cuori, a dar ilvia ai nostri gesti.

Raccolti nell’esiguo spazio che iltavolino dell’autogrill ci offre, diamofiato alle nostre parole, mentrel’umidità dei nostri panni si dissolvenel calore dell’ambiente.

Siamo in viaggio. In viaggio e invacanza, alla ricerca di spazi e luoghinuovi. Da conoscere, da scoprire.

Ed è il sole del Berry, che ristabilisce,con la sua lieve luminosità, il realerapporto con il tempo d’aprile, mentrebianche e gonfie nubi scorrono nelcielo.

Poi la notte. Il suono incantato di unorgano. La cattedrale di Bourges che sistaglia nel buio. Un albero colpito dauna lama di luce celeste, sembra unfantasma sospeso nel vuoto.

A terra, un percorso luminoso simile apiccoli grani di un rosario, scandisce

un immaginario itinerario attorno alleantiche mura. Voltato l’angolo, lafacciata dell’edificio s’impone con lasua architettura traforata, fatta di pienie vuoti, simile ad un bianco merletto.

I lampioni delle vie evocano il fascinolontano dei dormitori delle colonieestive, quando, cavalcata lamalinconia, si affrontava l’inquietudinedella notte.

Sono le cattedrali a colpirci, per la loromaestosità e per la loro totale assenzadi suono. I pilastri sembrano maestosesequoie che svettano da terraspingendo i rami verso l’alto, in unafiorita foresta di capitelli e archi. Laloro presenza invita l’uomo araccogliersi, e volgere lo sguardo inl’alto, verso la luce, verso Dio.

Appoggio una mano su un pilastro, lapietra è fredda e viva. Dalle policromevetrate una pioggia di colori si riversa

su noi. Sono sospeso tra la terra e ilcielo. Osservo meravigliato l’operadegli antichi costruttori. Una perfettasimmetria d’archi si sviluppa in unafuga architettonica. Un pilastro,leggermente spostato sulla base, rompela simmetria. È la firma dell’uomo: unapiccola e voluta imperfezione a sancireche solo Dio è la perfezione assoluta.

I castelli caratterizzano il paesaggio.Mastodontiche dimore adagiate suverdi superfici manifestano, nelle lorovestigia, l’opulenza e il lento declinodella loro appartenenza.

In un corollario di camere ricche diarredi, tra mobili e drappi, tessuti edipinti, si rimarca una storia generosadi generazioni, che si ripete e sirinnova dai lontani capostipiti, appesialle pareti su dipinti dai colori austeri,alle recenti fotografie che riprendonogli eredi con i loro nipoti.

Al termine della visita, impresso su unfoglio si legge la seguente frase:

I marchesi ringraziano per la visita eaugurano un piacevole soggiorno.

Naturalmente, “noblesse oblige”

Sono le soffitte dei castelli adincuriosirmi maggiormente. Luoghifreddi e scuri, ad un passo dal cielo,anticamente adibiti a stanze per laservitù. Le loro strutture, enormitravature in legno, ricoprono ampivolumi geometrici. Sembrano ossaturedi fantomatiche balene arenatesi percaso su queste dimore, dove,all’esterno, una miriade di piccoletavolette d’ardesia formano l’argenteodisegno di un monocromatico puzzle.

Sono nuovamente i colori acaratterizzare il momento. Il verde deiprati, numerosi ettari di terreno che siperdono all’orizzonte; l’azzurro delcielo, dove le nubi, cacciate a forza daun vento impetuoso, si arrendono adun cielo luminoso e azzurro. Il giallodei campi, che rompe la monotonauniformità del paesaggio. La strada,leggermente in salita, curva attorno ad

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un campo di colza. Per un istante ho lanetta impressione di essere un insettoche si muove ai bordi di una grandemargherita.

Pioggia, pioggia e castelli. Sono loroche appaiono come fantasmi nelpaesaggio, dove l’acqua scende leggerainzuppandoci come foglie.

Attraversiamo le sale del castello diChaumont, all’interno di una bachecaun medaglione in terracotta attira lamia attenzione. È l’immagine diBenjamin Franklin, dove i suoi capellisembrano mossi da un ventoimpetuoso, improvviso.

Nelle scuderie del castello, un bigliettoaffisso al muro indica le modalitàd’invito per una caccia alla volpe.

È nuovamente la dimensione uomo astupirmi. Numerosi e anonimi artigianiche con il loro lavoro hannocontribuito alla realizzazione di questimanieri. Mi soffermo su questopensiero: il castello come una nave.Uomini, equipaggi che contribuiscono,con il loro lavoro, alla conduzione diuna rotta. Corporazioni di mastrimuratori e scalpellini che costruisconocastelli, cattedrali.

Ed è l’ironia di questi sconosciutiartigiani a colpirmi. Sul palazzo diJacques Coeur (1400), sopra il portoned’ingresso, nascosto tra le foglie diverza del cornicione ornamentale, uncontadino inchinato scopre le naticheall’osservatore. Il gesto è eloquente.Sopra di lui (verrà poi spazzato viadalla rivoluzione), un bassorilievo delsovrano accoglieva i viaggiatori.

Osservo il blasone della famiglia diJacques Coeur (primo esempiod’ascesa a nobiltà di un commerciante,caduto poi in disgrazia agli occhi delre), un cuore e una conchiglia. Laconchiglia (di S. Giacomo) che ipellegrini giunti al santuario diCompostela fissavano sui loro cappelli.Penso all’odierno simbolo che ritrovonelle stazioni di servizio, e questo

pensiero mi riporta nuovamente alladimensione del viaggio.

All’imbrunire giungiamo al castello diBeauregard. Una pista sterrata accogliele vetture. Il castello si delinea tra ilcielo e il verde dei prati. All’interno unagalleria di dipinti d’epoca ci accoglie. Ciaggiriamo tra le sale di questa enormepinacoteca.

Sovrappongo, nel mio pensiero, aqueste immagini di personaggidell’epoca famosi, quelle dellefotografie di un rotocalco in voga neglianni Sessanta. Il numero di fine annoche raccoglie i personaggi celebri. Lefoto, rigorosamente a colori, conimmagini tenui, pastello. Immancabili:il Papa, Kennedy e gli astronauti.

Usciamo dal castello, ci incamminiamonel parco verso la cappella in rovina.Sopra una bifora scorgiamo, ancoraleggibile, lo stemma dei crociati, dueconchiglie sormontate da una crocecon la fatidica scritta:

Dio lo vuole!

Il silenzio è totale. I rari rumori delbosco, ovattati, sottolineano il calaredella sera. Uno scoiattolo attraversaincuriosito il prato. Ci spostiamolentamente verso l’auto che ci attendenel parcheggio ormai vuoto.

A Clos-Lucé ci accoglie la dimora diLeonardo da Vinci. Camminiamo tra levarie stanze, mi soffermo per unistante a guardare il panorama allafinestra. In lontananza il profilo delcastello di Amboise si staglia nitidocontro il cielo. A fianco della finestra,una riproduzione di un disegno delmaestro illustra, con pochi tratti benequilibrati, il medesimo panorama.

Nel Sedicesimo secolo, nel medesimopunto, e sicuramente in un momentodi svago, il maestro tratteggiava queldisegno con il profilo del castello. Lostesso castello, dove stamani, su unmuro della cappella, una lapide conalcuni fiori attestava la sua sepoltura.

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Usciamo, attraversiamo il giardino.Raccolgo tra la ghiaia un frammento diselce. Carezzo la lucida e oleosasuperficie mentre penso che con questominerale l’uomo megalitico harealizzato i suoi primi utensili, enuovamente la storia mi fa l’occhiolino.

A Chambord, Caterina de Medici silamentava della vastità delle sale delcastello. C’era da perdersi. Ed è ciò chelentamente facciamo, attraversandogelide stanze spazzate dal vento. Unaselva di torri si eleva attorno ad unascala elicoidale attribuita al geniocostruttore di Leonardo da Vinci.

Un castello: un labirinto che si sviluppain verticale, tra stanze balconate escale, guglie e camini. L’analogia conuna odierna piattaforma petrolifera èuna suggestione molto forte.

Ci ritroviamo immersi in un paesaggiobucolico. Attraversiamo piccoli paesicon case a graticcio. Il nastro d’asfaltos’insinua tra i campi tagliando il loroperimetro. I colori si alternano; zolled’ocra si arrendono a campi coltivati acolza, tra verdi prati dove animalipascolano in assoluta libertà.

Nubi grigie corrono nel cielo comepesanti carri di guerra. Il vento spazzavia le nubi. A tratti, il nastro d’asfalto ècolpito da lame di luce susseguitedall’ombra delle nubi che oscuranotemporaneamente il sole. L’orizzonte siallarga.

Una quinta di alberi interrompe ilpaesaggio, schermando tra la verzuraargentei coni d’ardesia simili a cappellidi fate. Sono i tetti di un castello. Unombroso viale alberato ci accompagnaal portone d’ingresso munito di unponte levatoio. Avanziamo lentamente.Ci sembra di entrare direttamente inuna fiaba.

Al castello d’Ussé un cane si stiracchiapigramente a fianco dell’ingressoprincipale, mentre una lumaca scivolalentamente verso i mughetti addossatiad una pietra d’ardesia, colma

dell’umidità della pioggia. In basso,l’Indre scorre via gonfio d’acqua.

Charles Perrault, ispirato da questocastello scrisse la fiaba “La bellaaddormentata nel bosco”.Accompagnati dalla guida visitiamo ivari saloni, ma è la torre che riservauna vera sorpresa. All’interno di unlabirintico diorama, immobilibambinaie strette nei loro bustiaccudiscono bambini che giocano tracavalli a dondolo, bambole di pezza eminuscoli servizi da caffè. L’immaginedi una austera signora osserva consufficienza la scena.

Le varie stanze della torre, allestita congli episodi della fiaba, si aprono aivisitatori, come numerose pagine dellibro. E il tempo, qui, come nella fiaba,si deposita impalpabile su tutte le cose.

Ed è l’acqua che scende rabbiosa dalcielo, che entra negli abiti, s’infila nelcollo e scende lungo la schiena, giùsino alle scarpe. E’ ancora acqua,quella dell’Indre, che colmo per lapioggia spinge contro gli argini, comequella del cielo che generoso riversasulle nostre teste. Mentre il profilo delcastello d’Azay-le-Rideau sembradissolversi come un aquerello troppodiluito.

Un ultimo castello, una scolaresca invisita ad una abbazia, poi, lasciata lastoria alle spalle, imbocchiamo la viadel ritorno.

Rinaldo Ambrosia

aprile 2001

amor platonico passavo davantia un negozio del centro,mi ha colpito una modellain vetrina,

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era dolce,era bionda,era bella,come Claudia Schiffer lei era.ogni giorno indossavavestiti griffatiall'ultima moda,era una graziasembrava una donna vera.più volte vestiva da sposa,indossava come una poesia,io le sussurravo frasi d'amorecosì la sentivo più mia,fissando i suoi occhiera un parlare d'amore.il bello che ieri passandoera svestita era nuda in vetrina,sono rimasto di sasso,lo guardata di fisso,per lei sono arrossito,non l’ho perdonata,tutto l'incanto il sognarenel nulla è svanito. renato finotti.

STO CERCANDO L’ANIMA MIA Si dice: chi cerca trova.Ho trovato le chiavidi casa psiche,sono felice:La prima stanzache ho apertogrande spaventoc’era acqua stagnantecoccodrilli impazziticon corazza di scudicoda robustatesta depressala bocca armata di denti.Orribile scenapensavo di trovareanime quiete.Brr...brivido freddogrande sconfortoveder quelle anime in pena.Chiusi la porta veloce.D’improvviso ho ricordatoche al corso di psiche mi disse:attento attento Renatoad aprir quelle stanze

ci sono ogni tipodi anime sparseconsiglio prudenza prudenzariprova non arrenderti maiapri le stanzele chiavi le hai.Aprirò quelle stanzetroverò l’anima miae tante anime ancoracome AfroditeDea dell’amoreanima pura. Renato Finotti

Ricordi della guerra

Spesso tra le notizie che il telegiornale cipropone apprendiamo che in, zone diguerra, sono stati bombardati civili pererrore. Non posso non ricordare di avervissuto una situazione simile. Seconda guerra mondiale 1943. Dopoil famoso armistiszio dell’8 settembre glialleati vennero su per la nostra Italia dallaSicilia su per la Calabria, Puglie e il primofronte organizzato dai tedeschi perfermare l’avanzata è stato sul Trigno alconfine con l’Abruzzo proprio nel miopaese San Salvo. Nell’imminenza delloscontro i tedeschi ci hanno fatto evacuareda San Savo verso nord. Noi siamo andatia Cupello dove mia madre aveva deiparenti. Di questo troverò dei foglietti ene racconterò quando li trovo. Quello chevolevo dire ora è che noi eravamo sfollatia Cupello per non essere sulla linea delfronte ma da lì si assisteva e si sentiva i

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cannoggiamenti e spesso si assisteva aduelli aerei tra i due contendenti. Una mattina tutti assistemmo alsorvolamento di due aerei da ricognizioneche si abbassavano sul paese e poirialzandosi si allontanavano. Al mattino dopo ci accorgemmo che itedeschi erano spariti. Nessuno più nellecucine che erano di fianco a noi, nessunopiù nel palazzo dove c’era il comandotedesco e ci era sembrato un buon segnopensando che erano in arrivo gli alleati. Ed invece verso le 10 o 11 arrivaronoformazioni di bombardieri che avevamovisto passare precedentemente disposti aV. Questa volta però non erano dipassaggio, si abbassarono ebombardarono proprio sopra di noi. Tuttiabbiamo trovato un riparo di fortuna, noiin 19 persone sotto un sottoscala che haresistito alle esplosioni salvando le nostrevite mentre attorno tutto era crollato. Era accaduto che gli aerei daricognizione del giorno precedenteavevano fotografato le postazionitedesche e quindi loro i bombardierierano sicuri di colpire quei tedeschi cheavevano capito ed erano fuggiti.Morirono tutti i civili ignari e fùveramente una strage. Famiglie interescomparse sotto quri bombardamenti , lamia famiglia, avevo 9 anni,tutta salva e sodi aver raccontato di questi avvenimenti eli trascriverò appena mi imbatterò in queifogliett. Ora volevo solo raccontare cosa vuoldire morire per un errore come spessoapprendiamo.

Maria Mastrocola Dulbecco

Una lettera scritta al proprio figlio :

Caro Marco,tu sei stato un figlio molto desiderato,atteso ed amato. Sia papà che io avremmovoluto per te una vita il più possibileserena, senza grandi dolori e difficoltà.Ricordo le parole soddisfatte di papà"abbiamo lavorato bene".Hai dimostrato coraggio e forza sufficientiper affrontare la vita. Non lasciarti

avvilire e non pensare mai che non ci siamodo di uscire dai problemi che la vita tipone.Sempre si può ricominciare perché sia nellavoro che nell'allenamento dellapallavolo dimostri capacità organizzative,idee chiare sempre alla ricerca delmiglioramento in tutto quello che svolgi.Certo i momenti di stanchezza ci sono,devi cercare di trovare nel tuo "Io" unangolino dove ti puoi ritirare rilassandotie ricaricandoti.Anche i libri ti possono aiutare in questo.Non trascurare la tua salute perché nonne hai una di ricambio, tratta bene testesso. Devi volerti bene.Nella vita tutto è in movimento, nulla èsicuro, sta a noi riuscire a renderlavivibile il più possibile."Non importa cadere 7 volte, l'importanteè rialzarsi 8".Ricordati che la mamma ti accoglie e tiascolta senza giudicare.Con affetto la mamma.

Anna Ottani

Accademia Estiva 2010

ORE 16,30 - 18,00

Martedì 15 Giugno :“Polemica sul Risorgimento.”Michele Ruggiero.

Giovedì 17 Giugno :”Labanalità del male: il male nellasocietà contemporanea.”Cesare Bertone.

Martedì 22 Giugno: “Consigliper gli acquisti,( regole peruna sana alimentazione)”.Laura Crivello.

Giovedì 24 Giugno:”Rivoli:immagini e ricordi delpassato”. Pietro Paradiso.

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Martedì 29 Giugno : “Ilmondo è uno specchio”.giochied immagini alchemiche sulmeccanismo psicologico dellaproiezione. MaurizioD’Agostino.

Giovedì 1 Luglio:”L’inettitudine di un malatosano”,brani tratti da “Lacoscienza di Zeno di ItaloSvevo. Piero Leonardi.

Martedì 6 Luglio : “Ricordi diviaggio”.Andrea Bourlot.

Giovedì 8 Luglio : “ Eclissi inCina”. Francesco Distefano.

La festa di chiusura siterrà il giornoLunedì 17 Mggioal Collegio San Giuseppe ore 15,00

GLI AUTORI DI QUESTO NUMERO

Danila Corlando

Finotti Renato

Lucia Giongrandi

Silvana Francone Salurso

Rinaldo Ambrosia

Ivana Candellero

Marina Conrotto

Luciana Agosti

Stefano Franco Sardi

Anna Ottani

Maria Tomatis

Maria Luisa Agnisetta Prodon

Rosalba

Giuseppe Vasco

Maria Mastrocola Dulbecco

Ringraziamo il sig Vasco per averciinviato la poesia in piemontese einvitiamo tutti gli iscrittiall’UNITRE di Rivoli a partecipare,il prossimo anno, alla stesura deiprossimi numeri . Si accettanoconsigli ed elaborati

Fate pervenire il tutto a questa mail:

[email protected]