L’ASSOCIAZIONISMO FAMILIARE IN UMBRIA · Cristina Montesi è ricercatrice al Dipartimento di...

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L’ASSOCIAZIONISMO FAMILIARE IN UMBRIA Cura, dono ed economia del bene comune a cura di Pierluigi Grasselli Cristina Montesi Prefazione di Stefano Zamagni FrancoAngeli

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Il volume contiene le risultanze di una ricerca, promossa e finan-ziata dall’Assessorato al Welfare ed Istruzione della Regione Um-bria, avente per oggetto l’associazionismo familiare in Umbria. Diquesto sono state analizzate la consistenza, le caratteristiche, le pe-culiarità; le modalità operative; le potenzialità ancora da esprimereed i vincoli corrispondenti; le criticità; le modalità di finanziamento; irapporti con il settore pubblico, con le altre componenti del TerzoSettore, con il settore privato; il protagonismo esercitato nella con-certazione/programmazione/attuazione delle politiche sociali con irelativi punti di forza e di debolezza. Dalla ricognizione sono emerseanche delle indicazioni di policy relative all’individuazione delle con-dizioni e delle modalità per superare le criticità e al diverso ruoloche tali associazioni possono esercitare nel campo della coproget-tazione, insieme al settore pubblico e privato, delle politiche socialiin direzione di forme più evolute di sussidiarietà.

Le politiche di promozione e sostegno dell’associazionismo fami-liare da intraprendere a livello umbro vengono infine inquadrate nel-l’ambito più generale delle politiche nazionali in favore dello stessoe dell’insieme delle politiche per le famiglie del nostro paese.

Pierluigi Grasselli ha insegnato come professore ordinario di Politi-ca Economica nella Facoltà di Economia dell’Università degli Studidi Perugia. Ha pubblicato per i nostri tipi numerosi volumi, tra i piùrecenti: P. Grasselli, C. Montesi (a cura di), Le politiche attive del la-voro nella prospettiva del bene comune (2010); P. Grasselli, L’impre-sa e la sfida del bene comune (2011).

Cristina Montesi è ricercatrice al Dipartimento di Economia, Finan-za e Statistica di Perugia e professore affidatario di Politica Econo-mica alla Facoltà di Economia di Perugia. Ha pubblicato per i nostritipi: P. Grasselli, C. Montesi (a cura di), L’interpretazione dello spiri-to del dono (2008), P. Grasselli, C. Montesi (a cura di), Le politicheattive del lavoro nella prospettiva del bene comune (2010).

L’ASSOCIAZIONISMOFAMILIAREIN UMBRIA

Cura, dono ed economiadel bene comune

a cura diPierluigi GrasselliCristina Montesi

Prefazione diStefano Zamagni

Franco

Angeli

FrancoAngeliLa passione per le conoscenze

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ECONOMIA - Ricerche

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L’ASSOCIAZIONISMOFAMILIAREIN UMBRIA

Cura, dono ed economiadel bene comune

a cura diPierluigi GrasselliCristina Montesi

Prefazione diStefano Zamagni

FrancoAngeli

Gruppo di Lavoro per la realizzazione della ricerca sull’associazionismo familiare in Umbria

Pierluigi Grasselli: professore ordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economiadell’Università degli Studi di Perugia.

Cristina Montesi: ricercatrice confermata presso il Dipartimento di Economia, Finanza e Statisticadell’Università degli Studi di Perugia, professore affidatario di Politica economica presso il corsodi laurea in Economia aziendale di Perugia, professore affidatario di Economia Industriale pressoil corso di laurea in Economia Aziendale di Terni, professore affidatario di Economiadell’Ambiente presso il corso di laurea specialistica in Economia e Direzione aziendale di Terni,professore affidatario di Economia dello sviluppo presso il corso di laurea specialistica inRelazioni internazionali e cooperazione allo sviluppo dell’Università degli Stranieri di Perugia.

Simona Menegon: tecnologa presso l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica).

Tania Mococci: psicologa.

Altri autori del volume

Stefano Zamagni: professore ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economiadell’Università degli Studi di Bologna e presso la John Hopkins University, membro della NewYork Academy of Sciences, direttore tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulle fami-glie e presidente del suo Comitato tecnico-scientifico.

Antonello Scialdone: dirigente Progetto Innovazione Sociale e Amministrrazioni Pubbliche ISFOL.

Carla Casciari: vicepresidente Giunta Regionale, assessore Welfare e Istruzione della RegioneUmbria.

Copyright © 2013 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento incui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e

comunicate sul sito www.francoangeli.it.

A Madre Mercedes, priora del convento delle Carmelitane Scalze di San Giuseppe eSanta Teresa di Terni, perché, richiamando le parole di Santa Teresa d’Avila,

ci fa capire che “se amiamo il prossimo con molta perfezione abbiamo già fattotutto” anche per il nostro Cammino di Perfezione spirituale,

oltreché per il buon vivere con gli altri.(Santa Teresa d’Avila, Il castello interiore, Quinte Mansioni, capitolo 3, paragrafo 9)

Indice

Ringraziamenti

L’Umbria delle famiglie e per le famiglie, di Carla Casciari

Prefazione, di Stefano Zamagni

Introduzione, di Pierluigi Grasselli

1. Ricerca empirica sull’associazionismo familiare e sulle retiinformali familiari in Umbria, di Cristina Montesi1.1. Premessa1.2. Finalità della ricerca1.3. Target della ricerca e metodologia

2. Analisi dei dati, di Cristina Montesi e Simona Menegon2.1. Natura, caratteristiche, evoluzione delle associazioni delle

famiglie in Umbria2.2. Le motivazioni alla base della nascita delle associazioni

delle famiglie in Umbria2.3. Lo start-up delle associazioni delle famiglie in Umbria 2.4. Le risorse delle associazioni delle famiglie in Umbria2.5. Il profilo dell’associato entro l’organizzazione2.6. Le diverse tipologie di associazionismo delle famiglie in

Umbria2.7. Le attività delle associazioni delle famiglie in Umbria2.8. I rapporti delle associazioni delle famiglie con le istituzio-

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2.9. I rapporti delle associazioni delle famiglie con le istitu-zioni private

2.10. I rapporti delle associazioni delle famiglie con il Terzo Settore

2.11. I rapporti delle associazioni delle famiglie con il territorio

3. Un approfondimento di indagine, di Simona Menegon3.1. Un’analisi settoriale3.2. Un’analisi per province3.3. Le reti informali familiari in Umbria

4. Indicazioni di policy, di Cristina Montesi 4.1. Una possibile traccia di lavoro

Bibliografia

5. La famiglia: una risorsa che si rinnova anche grazie aiprogetti, di Tania Mococci5.1. Qualche nota introduttiva5.2. Il senso della famiglia5.3. Famiglie e disabilità fisica5.4. Famiglie e disagio mentale5.5. …E le dipendenze, quale sostegno?5.6. L’educazione ed il reciproco aiuto familiare5.7. Considerazioni conclusiveBibliografia

Appendice 1. Questionario

Appendice 2. Appendice Statistica

6. Di zattere e di approdi possibili. Una riflessione sul con-fronto con i circuiti istituzionali, di Antonello Scialdone6.1. Famiglie in bilico6.2. Contro l’autarchia assistenziale. Fabbisogni e margini per

interventi di sostegno6.3. Le risorse a disposizione dei sistemi di welfare territoriale6.4. Prendere sul serio le raccomandazioni internazionali in

tema di governance dei servizi alle personeBibliografia

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Ringraziamenti

Ringraziamo sentitamente l’assessore al Welfare ed Istruzione della RegioneUmbria Carla Casciari che ha consentito la realizzazione di questa ricerca.

Siamo altresì grati alla dott.ssa Annalisa Doria, coordinatrice dell’areaConoscenza e Welfare (istruzione, università, ricerca, inclusione e politichesociali, infrastrutture tecnologiche) della Regione Umbria ed al suo staff, piùin particolare alla dott.ssa Annalisa Lelli e alla dott.ssa Paola Occhineri, per lacooperazione profusa nel corso di questo lavoro scientifico.

Si ringraziano l’avv. Simone Pillon, presidente del Forum delleAssociazioni Familiari dell’Umbria e il dott. Carlo Biccini portavoce delForum del Terzo Settore umbro per l’aiuto fornitoci per la realizzazione dellaricerca.

Esprimiamo riconoscenza anche ai Ce.S.vol (Centri Servizi per il volonta-riato) di Perugia e Terni per le indicazioni che ci hanno dato in materia.

Ringraziamo tutte le associazione delle famiglie operanti in Umbria per lacollaborazione, la pazienza e la disponibilità dimostrate, senza le quali la ricer-ca non sarebbe potuta venire alla luce.

Dichiariamo il nostro debito speciale nei confronti della dott.ssa AdrianaLombardi, già dirigente del settore Welfare della Regione Umbria, per l’intui-zione mostrata nel corso degli anni in ordine alla portata innovativa del dono,del lavoro di cura e del welfare sussidiario nel sistema dei servizi alla persona.

Siamo onorati dell’attenzione scientifica prestataci dal professor StefanoZamagni, scopritore dell’Economia Civile, già presidente dell’Agenzia per leorganizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), direttore tecnico-scien-tifico dell’Osservatorio nazionale sulle famiglie e presidente del Comitato tec-nico-scientifico del medesimo, che ha voluto donarci la sua prefazione alvolume.

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L’Umbria delle famiglie e per le famiglie

di Carla Casciari1

1. Lo scenario: fra la crisi e prospettive

È del tutto evidente che quando si parla di famiglia si aprono fronti didiscussione molteplici che coinvolgono temi tra loro molto disparati sia per lastruttura sociologica del nostro paese – pure in fase di profondo cambiamento–, sia per il ruolo centrale – spesso di “supplenza” rispetto all’offerta dei ser-vizi sociali – che alla famiglia ha attribuito il modello di welfare adottato inItalia.

Tra i fattori di cambiamento che agiscono in questo periodo sulla famigliace n’è uno, la crisi, che sta incidendo in Umbria, come in Italia, in maniera par-ticolarmente significativa.

L’economia regionale, per certi aspetti in misura superiore alla medianazionale, fa fatica e progressivamente questo si traduce in un impoverimentodei singoli e delle famiglia. Basta guardare ai dati relativi all’andamento delPil per abitante – una delle misure della ricchezza di un territorio – per vede-re come negli ultimi anni l’Umbria stia divergendo dall’Italia e sia sempre piùin difficoltà nel tenere il passo delle economie più ricche e dinamiche delCentro-Nord del paese. Un fenomeno, questo, che si spiega con il forte incre-mento della popolazione residente in Umbria cui non è corrisposto un adegua-to livello di crescita del valore aggiunto prodotto nel nostro territorio. Anzi,settori tradizionalmente centrali per l’economia regionale, come la manifattu-ra, hanno pagato alla crisi un prezzo particolarmente pesante perché essa haamplificato i problemi strutturali di un sistema produttivo che aveva in sé cri-ticità mai del tutto superate.

Resta comunque un clima di fiducia percepita nei confronti delle prospetti-

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1 Vicepresidente Giunta Regionale. Assessore Welfare e Istruzione della Regione Umbria.

ve future in Umbria che si traduce in un indice attestatosi nel 2012 al 27,9%,il terzo valore in Italia, superiore di oltre 3 punti alla media nazionale. Sebbenein calo, resta superiore alla media nazionale anche il numero di persone sod-disfatte molto o abbastanza della propria situazione economica in Umbria: il44,9% nel 2012 contro la media nazionale pari al 42,8%.

Certamente ciò può essere anche attribuito ad un livello di coesione socia-le che in Umbria ha finora mantenuti alti standard di protezione; basti pensarealla presa in carico degli anziani in difficoltà che, nel 2010, era pari al 7,7%del totale degli ultra sessantacinquenni, un dato questo che in una regionecaratterizzata da una popolazione anziana come la nostra assume un rilievoparticolare. Si tratta del secondo valore in Italia dove la media nazionale siattesta al 4,1%; solo l’Emilia Romagna fa meglio dell’Umbria con un indica-tore che si colloca all’11,6%.

Allo stesso modo l’Umbria si caratterizza per un ottimo livello di presa incarico nei servizi per l’infanzia dei bambini fra 0 e 2 anni. Nel 2010, il 27,6%dei bambini umbri frequenta il “nido”, un valore secondo soltanto a quellodell’Emilia Romagna (29,4%) e quasi il doppio rispetto a quello medio nazio-nale (14%). Allo stesso modo è più alta che nel resto del paese la partecipa-zione dei bambini umbri alla scuola d’infanzia: il 93,4% nel 2010/20112 con-tro il 92,5% medio nazionale.

Questi dati sono supportati da un impegno di bilancio regionale e degli entilocali considerevole per l’area famiglia e tutela i minori: l’ultimo dato dispo-nibile dice che nel 2009 il 54,6% della spesa per gli interventi e servizi socia-li dei Comuni era destinato all’area famiglie e minori, il valore più alto fra leregioni italiane e di gran lunga superiore alla media nazionale (39,8%).

A questo si aggiunga che in Umbria c’è una percezione del livello quali-tativo delle relazioni familiari superiore alla media nazionale, 38,3% contro il36,8% del 2012. Un dato che trova conferma nelle evidenze riportate dallaricerca “L’Associazionismo familiare in Umbria”, effettuata dall’Universitàdegli Studi di Perugia per conto della Regione Umbria; lo studio condotto sul-l’associazionismo, che è il primo condotto in Italia su scala regionale, rac-conta di un fenomeno sociale di recente costituzione, intraprendente e in con-tinuo sviluppo e ha evidenziato che è principalmente il “bisogno” a fungereda collante per la nascita di associazioni. Una necessità non generica, ma con-creta e specifica degli associati che si trovano a dover affrontare problemati-che comuni; una rete di soggetti impegnati non solo nella famiglia, ma per lafamiglia.

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2 Dati BES 2013 – Il benessere equo sostenibile in Italia (ISTAT – CNEL).

2. Le politiche per la famiglia: fra conferma dell’impegno pubblico einnovazione dei servizi

Una valutazione delle politiche regionali per la famiglia, e più in generaleper il settore delle politiche sociali, non può prescindere da una visione d’in-sieme delle risorse disponibili.

Da una ricostruzione del quadro delle risorse per l’area del sociale, emergecome la forte contrazione delle risorse nazionali trasferite alla Regione Umbriasia uno dei fattori che maggiormente hanno depotenziato e messo a rischio ilsistema della governance regionale.

Dal 2009, infatti, il Fondo Nazionale Politiche Sociali è sceso dai circa 550milioni del 2009 ai 10 milioni per il 2012, in un contesto sociale sempre piùcritico. Inoltre dal 2010 il Governo ha predisposto micro finanziamenti direttia interventi definiti senza che gli stessi siano integrati in un contesto territo-riale di politiche sociali a favore dei cittadini.

La riduzione della disponibilità finanziaria pesa prima di tutto sulle fami-glie e sui cittadini che, aggravate dall’inasprimento delle condizioni a seguitodella crisi economica, rivolgono ai servizi sempre maggiori richieste.

A fronte delle riduzioni delle fonti di finanziamento nazionale la Regione, inmodo inverso, ha mantenuto quasi stabile la spesa per il sociale portando ilFondo Sociale Regionale ad una cifra superiore ai 10 milioni di euro per il 2012,e nella manovra di bilancio 2011-2013 ha previsto uno stanziamento pari a 33milioni di euro per finanziare le misure a favore della famiglia. La somma andràa finanziare il comparto destinato alla non autosufficienza, il Fondo SocialeRegionale, gli asili nido e i servizi per la prima infanzia, l’abbattimento dellerette come ad esempio, la tassa sui rifiuti o gli stessi asili nido, l’istruzione, leabitazioni in locazione, i contributi per l’associazionismo familiare e gli oratori.

Le ricerche sulla composizione del tessuto sociale della Regione Umbriaevidenziano come la regione si compone di 378.877 famiglie (dati al 1 gennaio2011), e il quadro si connota per un elevato numero di nuclei familiari compo-sti da persone sole (30,6%), circostanza questa dovuta all’alto tasso di invec-chiamento della popolazione regionale, e quindi per una presenza di un’altapercentuale di persone over 60 pari al 57% della popolazione contro il 53,6%del paese. Arricchiscono il contesto la percentuale delle famiglie numerose –con cinque o più componenti – pari a 5,9% ed è significativo anche il numerodelle famiglie composte di più nuclei pari al 6,9%. Questo dato rafforza l’ele-vata propensione della famiglia umbra a fungere da rete di protezione, costi-tuendo una risposta ad alcune problematiche di carattere economico e sociale.D’altro canto il ruolo della famiglia in Umbria sembra godere di ampio con-senso da parte dell’opinione pubblica, compresi i giovani. Alla famiglia vengo-no riconosciuti storicamente funzioni sociali che, in altre aree del paese, ven-

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gono solitamente riconosciute alle Istituzioni, come ad esempio la protezionesociale, ma anche la creazione della ricchezza attraverso l’impresa familiare eil passaggio intergenerazione delle conoscenze e della trasmissione della cultu-ra.

L’impegno della Regione Umbria per sostenere le funzioni sociali tipichedella famiglia è da sempre indirizzato al rafforzamento della rete dei serviziterritoriali per i quali l’amministrazione regionale svolge un ruolo di program-mazione rispetto alla operatività dei servizi e alle prestazioni assicurate daglienti locali in forma singola e associata.

Le scelte strategiche della Regione Umbria hanno concentrato l’attenzione,dato il quadro socio economico, sulla condizione di impoverimento delle fami-glie che rende pertanto necessario rileggere le politiche afferenti a questa spe-cifica area di intervento.

In primo luogo è fondamentale guardare agli interventi in un’ottica di inno-vazione e di intersettorialità, mettendo al centro della programmazione regio-nale, ed anche di quella territoriale, l’integrazione fra settore sociale, sanitario,dell’istruzione, del lavoro, della formazione, della casa, delle infrastrutture edella cultura. Tale approccio è finalizzato ad un piano operativo che prevedeazioni, coordinate e coerenti, in grado di intervenire su ciascun aspetto dellavita quotidiana delle famiglie umbre.

Tale impostazione consente un’ottimizzazione delle risorse evitando, da unlato, la duplicazione degli interventi, dall’altro di intervenire in ambiti finoratrascurati dall’intervento pubblico.

Il primo esempio positivo in questa direzione è stata l’azione di sistemarivolta alla famiglie vulnerabili, infatti come previsto dall’art. 7 della LeggeRegionale n. 13 del 16 febbraio 2010 Disciplina degli interventi e dei serviziin favore della famiglia, la vulnerabilità si è ulteriormente allargata anche aquei nuclei familiari che sembravano al riparo dagli effetti negativi della crisieconomica, determinando uno stato di precarietà, aggravato dalla costanteriduzione di risorse disponibili da impiegare nei servizi e negli interventi tra-dizionalmente garantiti a livello territoriale.

Il “contratto di sostegno” sperimentato dalla Regione Umbria negli scorsimesi ha consentito a oltre 2000 famiglie su tutto il territorio regionale di ottenereun bonus per la copertura delle spese legate comunque alla gestione ordinare delménage famigliare. I costi sostenuti per l’ingresso dei figli nel circuito dell’istru-zione ha rappresentato per il 37% delle domande presentate, la più incisiva situa-zione di vulnerabilità per le famiglie, seguita poi dalla riduzione del reddito dalavoro (29%), la presenza di una persona malata nel nucleo (11%) e la nascita diun figlio (10%). Tutte intorno al 4% le altre possibili situazioni di rischio, ovve-ro l’insorgenza di difficoltà legate all’alloggio, oppure alla scomposizione delnucleo familiare, o alla presenza di una persona non autosufficiente.

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Questo non è stato l’unico fronte di intervento della Regione, infatti, nono-stante la riduzione delle risorse per le politiche pubbliche e il parallelo aumen-to del disagio sociale dei cittadini, si è avuto il coraggio di osare e guardare anuove tipologie di intervento sociale con un’attenzione ai compiti educativi edi cura delle famiglie e in particolare delle donne.

A queste nuove esigenze di è provato a dare risposta ì con un progetto diconciliazione dei tempi di vita e di cura, realizzato attraverso un accordo conil Dipartimento delle Pari Opportunità che ha consentito alla Regione, in col-laborazione con ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e UPI(Unione Province Italiane) di mettere in essere due azioni: i family help e lasperimentazione dei nidi familiari.

Il primo progetto ha visto dapprima la costituzione di un albo regionale deifamily helper, ovvero persone che si rendono disponibili ad offrire servizi dicura e sostegno educativo a famiglie o a madri sole. Debitamente formati attra-verso un corso organizzato dalla Regione, gli iscritti sono stati chiamati a sup-portare i nuclei familiari che hanno fatto richiesta ai propri Comuni, aiutando-li nelle attività legate alla gestione della casa, nella cura e l’educazione deifigli, nella cura degli adulti, ad esclusione delle prestazioni di tipo specialisti-co-infermieristico. A seguito della costituzione dell’albo è stato indetto unavviso pubblico rivolto alle famiglie che, in base a determinati requisiti perl’accesso, hanno ricevuto dei buoni lavoro INPS per il pagamento delle pre-stazioni ricevute dai family helper.

La sperimentazione dei nidi familiari, invece, ha come obiettivo oltre alfavorire la conciliazione tra attività di cura della famiglia e impegno nel lavo-ro attraverso la creazione dei nidi familiari, quello di potenziare la rete dei ser-vizi per la prima infanzia con una ulteriore possibilità e offrendo allo stessotempo un’opportunità di auto-impiego per un numero significativo di donnedisoccupate o inoccupate, adeguatamente formate alla loro gestione. Il proget-to regionale avviato nel 2011 è finalizzato a realizzare servizi di nido familia-re destinati a bambini di età compresa tra 3 mesi e 3 anni anche con riferimentoalle significative esperienze di servizi di tagesmutter anche diversamentedenominati realizzati all’estero e in Italia.

La Giunta Regionale ha ritenuto utile sperimentare l’offerta di questi servizianche per rispondere ai nuovi bisogni delle famiglie e ad una maggiore flessibi-lità dell’offerta di cura rispetto ai servizi tradizionali, potendo rispondere anchead esigenze orarie particolari, dettate dalle nuove forme lavorative emergenti.

Inoltre, la Regione Umbria, con una Legge Regionale n. 13/2010Disciplina degli interventi e dei servizi in favore della famiglia, promuove etutela la famiglia attraverso azioni, interventi e servizi rivolti a diverse fina-lità che vanno dal sostegno alle giovani coppie e alle nuove famiglie, al sup-porto per l’educazione e l’istruzione dei figli con particolare attenzione alle

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famiglie numerose e quelle gravate dai compiti di cura di familiari con disabi-lità o non autosufficienti, al sostegno genitorialità, alla valorizzazione dell’as-sociazionismo familiare e all’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro.

3. Le nuove emergenze

La rilettura dei bisogni delle famiglie, alla luce della prospettata metodolo-gia programmatoria, rende necessario riconsiderare, in collaborazione con leZone sociali, l’insieme d’interventi a loro favore, per superare l’approcciomeramente assistenzialistico, connotato principalmente da misure di naturaeconomica e prevedere, al tempo stesso, l’attivazione di servizi idonei arispondere alla complessità e alla multi problematicità delle diverse situazionifamiliari.

Il rischio povertà è uno dei fattori che emerge con maggior drammaticitàdal perdurare della crisi economica, per vedere questo è sufficiente osservaregli indicatori di povertà in Umbria: l’indice di povertà rilevato nel 2011, cioèla percentuale di popolazione che vive in famiglie sotto la soglia di povertà, èsalito al 11,5 ancora al di sotto della media nazionale (13,5), ma con un peg-gioramento del posizionamento dell’Umbria che – rispetto al 2010 – ha persofra le regioni italiane tre posizioni. L’indice di deprivazione materiale, semprenel 2011, si è attestato al 6,4, un valore quasi doppio rispetto a quello rilevatonel 2011, anche se ancora ben più contenuto rispetto a quello medio naziona-le (11,1). Anche l’indice di rischio di povertà relativa è cresciuto alla fine del2011 arrivando ad un valore pari al 13,3 in ogni caso migliore rispetto al 19,6rilevato mediamente in Italia e comunque migliore rispetto ai valori rilevati nel2008 e nel 2009.

Secondo il quinto rapporto dell’Agenzia Umbria Ricerche sulla povertà3,nel 2011 le famiglie povere in Umbria erano 33.679, l’8,9% del totale (nel2010 erano il 4,9%). Un’incidenza inferiore a quella media nazionale (11,1%),ma di oltre tre punti percentuali rispetto quella di regioni come Marche,Toscana ed Emilia Romagna (5,2%), anche se con una intensità di povertàassolutamente in linea con quella della Toscana e decisamente migliore dellealtre due: insomma, più famiglie povere, ma “meno povere”.

È chiaro quindi che la vulnerabilità delle famiglie umbre in termini dipovertà e di rischio di povertà dipende sia dalla struttura demografica regio-nale, caratterizzata da una forte presenza di anziani e dunque di pensionati, siadall’andamento negativo dell’economia regionale che mette a repentagliomolti posti di lavoro.

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3 Dati Quinto Rapporto sulle povertà in Umbria – AUR Agenzia Umbria Ricerche

Quindi per far fronte a questa nuova emergenza sociale l’impegno dellaGiunta Regionale è quello di dotarsi di un Piano regionale contro le povertàattraverso il quale si vorrà rispondere con azioni mirate alle diverse forme dipovertà, vecchie e nuove, ed al crescente disagio di famiglie e cittadini.

Il Piano, il cui lavoro di stesura verrà avviato a breve e che sarà frutto delcontributo e della partecipazionedi tutti i soggetti interessati, in accordo con leindicazioni provenienti dal mondo del volontariato e del Terzo Settore e conla nuova programmazione europea per le politiche di inclusione sociale e lottaalla povertà, permetterà di unire nel miglior modo possibile l’insieme dellerisorse per il settore derivanti da diverse fonti finanziarie. I tagli del governonazionale hanno inciso pesantemente sulla possibilità delle Regioni di poterrispondere adeguatamente ai crescenti bisogni sociali causati dalla crisi. Pertali ragioni un’attenta ricalibratura delle risorse, dirottandole su azioni struttu-rali e articolate, più rispondenti alle mutate condizioni economico sociali, rap-presenta un passo imprescindibile sulla strada del mantenimento dei buonistandard conseguiti in Umbria. I cambiamenti in atto impongono una visionea lunga prospettiva ed una capacità di anticipare future tendenze e nuoveforme di vulnerabilità sociale. Ed è per questo che, pur confermando la bontàdel modello umbro di welfare, la Regione sarà impegnata ad individuare formedi aiuto e sostegno diversificate che siano efficaci e volte a realizzare servizipiù flessibili, più in particolare per chi soffre di nuove povertà, tra cui le fami-glie giovani con minori. La prospettiva che abbiamo davanti non è quella direalizzare un welfare “monetario”, ma piuttosto un welfare costruito su biso-gni che sono in evoluzione a causa del peggiorare del contesto.

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Prefazione

di Stefano Zamagni1

Un paradosso, tra i tanti, caratterizza la società italiana di questa fase stori-ca. Mentre si va diffondendo la consapevolezza del ruolo decisivo che la fami-glia svolge come soggetto di scelte economiche e come soggetto generatore dicapitale sociale oltre che di capitale umano, non procede allo stesso ritmo lamessa in cantiere di provvedimenti – legislativi e amministrativi – volti all’at-tuazione di una vera e propria politica della famiglia in sostituzione dellaormai obsolete politiche per la famiglia. In altri termini, non procedono allostesso ritmo il riconoscimento e la valorizzazione che la politica “deve” allafamiglia. È per questo che la “Ricerca sull’associazionismo familiare inUmbria”, curata con intelligenza da P. Grasselli, C. Montesi, S. Menegon e T.Mococci, e che ora viene presentata al giudizio del lettore, va salutata confavore e con grande attenzione. È vero che si tratta di una ricerca locale – l’am-bito di riferimento, infatti, è quello dell’Umbria – ma l’impianto della stessa el’intento che muove gli Autori vanno ben al di là dei confini regionali.

Il grande tema attorno al quale ruotano i vari contributi di questo volumecollettaneo è che nel nostro paese la famiglia, in quanto tale, non è un sogget-to che è destinatario in via prioritaria di politiche e dunque di risorse nel nostromodello di welfare. Non solo, ma quasi completamente assente è l’equità oriz-zontale nei confronti delle famiglie con figli a carico e ciò nonostante laCostituzione esplicitamente riconosca la rilevanza sociale ed economica dellefunzioni svolte dalla famiglia. Occorre dunque essere avvertiti del fatto chel’Italia è un paese che, al di là della ben nota retorica di maniera, continua avedere la famiglia solamente come uno degli elementi di costo del bilancio

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1 Professore ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Universitàdegli Studi di Bologna e presso la John Hopkins University, membro della New York Academyof Sciences, direttore tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulle famiglie e presidentedel suo Comitato tecnico-scientifico.