L’alleanza con il paziente nel trattamento della psicosiuna famiglia erano gestite dal buon senso...

12
July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 121 Review L’alleanza con il paziente nel trattamento della psicosi Facciamo la puntura: storie, storia e riflessioni sull’uso della siringa Storie Il ricordo risale a un tempo ab- bastanza lontano, agli inizi degli anni sessanta. “Vai dalla signora di sotto e dil- le che c’è bisogno di fare la pun- tura”. Era la disposizione che mia madre mi impartiva per at- tivare il rito similsanitario che si concludeva con un gluteo buca- to. C’era sempre qualcuno che in famiglia o fra le persone ad essa vicina possedeva l’arte di fare la puntura e di solito non aveva niente nella propria storia che avesse a che fare con le pro- fessioni sanitarie. D’altro canto, a quell’epoca e forse ancora ora, molte delle pratiche sanitarie di una famiglia erano gestite dal buon senso e dalle abitudini, in casa mia da mia madre, appun- to. La signora arrivava con tutto quanto serviva per consumare il rito: una scatola di alluminio di forma ovale con un coperchio tenuto fermamente chiuso da un manico lungo quanto la scatola e che, ripiegato su se stesso e sul coperchio, faceva sì che l’ope- razione di sterilizzazione avve- nisse efficacemente. La siringa era composta da un cilindro di vetro trasparente con le tacche nere , uno stantuffo, anch’esso di vetro ma opaco e un ago, nel mio ricordo di dimensioni im- proponibili, che andava inserito sulla siringa. Tutto veniva ripo- sto nella scatoletta di alluminio riempita di acqua e messa sul fuoco per la sterilizzazione. I pochi minuti che servivano per questa operazione si consuma- vano in chiacchiere fra le due donne al cui cospetto stavo piut- tosto preoccupato per quanto da lì a poco mi sarebbe accadu- to con inevitabile dolore. Che si trattasse di soluzioni ricostituen- ti piuttosto che del più impegna- tivo antibiotico, il fatto che si Minervino A. The alliance with the patient in the treatment of psycho- sis. Give a shot: stories, story and thinking on the use of the syringe. Trends Med 2012; 12(3):121-131. ©2012 Pharma Project Group srl. ISSN: 1594-2848 Antonino Minervino Dipartimento di Salute Mentale Azienda “Istituti Ospedalieri” Cremona e-mail: [email protected] Key words: injection syringe psychosis Figura 1. Bollitore in alluminio con siringa ed ago.

Transcript of L’alleanza con il paziente nel trattamento della psicosiuna famiglia erano gestite dal buon senso...

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 121

    Review

    L’alleanza con il paziente nel trattamentodella psicosi

    Facciamo la puntura: storie, storia e riflessioni sull’uso della siringa

    Storie

    Il ricordo risale a un tempo ab-bastanza lontano, agli inizi deglianni sessanta.“Vai dalla signora di sotto e dil-le che c’è bisogno di fare la pun-tura”. Era la disposizione chemia madre mi impartiva per at-tivare il rito similsanitario che siconcludeva con un gluteo buca-to. C’era sempre qualcuno chein famiglia o fra le persone adessa vicina possedeva l’arte di

    fare la puntura e di solito nonaveva niente nella propria storiache avesse a che fare con le pro-fessioni sanitarie. D’altro canto,a quell’epoca e forse ancora ora,molte delle pratiche sanitarie diuna famiglia erano gestite dalbuon senso e dalle abitudini, incasa mia da mia madre, appun-to.La signora arrivava con tuttoquanto serviva per consumareil rito: una scatola di alluminiodi forma ovale con un coperchiotenuto fermamente chiuso da unmanico lungo quanto la scatolae che, ripiegato su se stesso e sulcoperchio, faceva sì che l’ope-razione di sterilizzazione avve-nisse efficacemente. La siringa

    era composta da un cilindro divetro trasparente con le tacchenere , uno stantuffo, anch’essodi vetro ma opaco e un ago, nelmio ricordo di dimensioni im-proponibili, che andava inseritosulla siringa. Tutto veniva ripo-sto nella scatoletta di alluminioriempita di acqua e messa sulfuoco per la sterilizzazione.I pochi minuti che servivano perquesta operazione si consuma-vano in chiacchiere fra le duedonne al cui cospetto stavo piut-tosto preoccupato per quantoda lì a poco mi sarebbe accadu-to con inevitabile dolore. Che sitrattasse di soluzioni ricostituen-ti piuttosto che del più impegna-tivo antibiotico, il fatto che si

    Minervino A. The alliance with thepatient in the treatment of psycho-sis. Give a shot: stories, story andthinking on the use of the syringe.Trends Med 2012; 12(3):121-131.©2012 Pharma Project Group srl.

    ISSN: 1594-2848

    Antonino MinervinoDipartimento di Salute MentaleAzienda “Istituti Ospedalieri”Cremonae-mail: [email protected]

    Key words:injectionsyringepsychosis

    Figura 1. Bollitore in alluminio con siringa ed ago.

  • 122 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3

    A. Minervino

    imponesse la necessità di fareuna puntura per ricevere quellamedicina rendeva tutto moltopiù serio e tanto più era neces-sario usare rimedi e mezzi ade-guati per riconquistare la salute,tanto più si giustificava il ricor-so alla puntura con il sacrificiodi sentire paura e dolore.“ Tutto pronto, mettiti sul lettoe stai tranquillo”. Era il segnaleche gli eventi stavano per preci-pitare. Mia madre mi accompa-gnava in camera, mi faceva sten-dere sul bordo del letto lato glu-teo sacrificale, e mi riempiva dirassicurazioni. Avrei dovuto inquella condizione di paura tro-vare il modo di rilassare il mu-scolo vittima dell’imminenteaggressione per rendere l’ope-razione meno dolorosa, o, in unabugia piena d’affetto, per nientedolorosa.Tant’è, partiva lo strofinamen-to con il batuffolo di cotone in-triso d’alcol, lo schiaffetto sulgluteo e un istante dopo mi ri-trovavo trafitto, iniettato e mas-

    saggiato sullaparte doloran-te.Me la ricordobrava quellasignora, conbei modi, dol-ce e rilassata,ma risolutacome convie-ne quando ilgesto nondeve patiretentennamen-ti. In più conmia madreche si faceva garante con la suapresenza e con l’amicizia che lalegava alla detentrice dell’arteche tutto sarebbe avvenuto nelmigliore dei modi.La puntura è puntura, c’è pocoda fare! Ma come cambia tuttose la fai in una condizione piut-tosto che in un’altra, se l’aggres-sione al gluteo tramite strumen-to atto a pungere la ricevi in unabuona relazione piuttosto cheno.

    Storia

    E’ piuttosto nota a tutti la pub-blicità di una siringa di una notamarca di prodotti sanitari chefaceva dire ad una bambina, in-quadrata solo sul viso mai attra-versato da una smorfia di dolo-re, “Già fatto?”.Esorcizzare il dolore di una pra-tica come quella della puntura èstato per quel pubblicitario l’ar-chitrave dell’idea, vincente e fun-zionate sul piano dell’efficaciacomunicativa e, presumo, anchesu quello del marketing.Le siringhe che siamo abituati avedere ed usare oggi, tanto inambienti domestici quanto inambienti professionali, sonooggetti molto diversi dalle sirin-ghe che hanno dato vita alla pra-tica dell’iniezione. E, come sem-pre, la storia della medicina aiu-ta a capire meglio il presente.La storia della siringa parte damolto lontano e forse da cosìlontano che coincide con unmito o una leggenda.“Ai bordi del Nilo, vive un uc-cello di media grandezza; ha leali corte, il piumaggio dorsalescuro e quello del ventre bian-co; le zampe sono rosse, il bec-co è lungo sette pollici, il colloun piede. Questo animale, quan-do il bisogno lo spinge, quandol’istinto l’avvisa, riempie d’acquail becco, l’introduce nell’oppo-

    “La storia della siringa che aveva paura”1

    C’era una volta una siringa che lavorava in Ospedale, dovec’erano tanti bambini malati.Questa siringa prima era un po’ cattiva e andava sempre ingiro a spaventare i bambini. Si nascondeva, e quando li ve-deva gli saltava addosso e gli faceva male.Poi un giorno la prese un bambino e la buttò nel cestino ela siringa gli domandò:

    Siringa: Perché mi hai buttato nel cestino ?

    Bambino: Perché tu mi fai i dispetti e mi fai male.

    Siringa: Scusa, io non lo sapevo che ti mettevo paura. Mihanno costretto a fare questo.

    Bambino: Io sento dolore però so che mi fai bene e allorami trattengo e non grido.

    Adesso che la siringa sa che cosa provano i bambini quan-do lei li punge, gli è venuta un po’ di paura e allora quandosi avvicina ai bambini lo fa piano piano, come se gli volessefare delle carezze.Ora i bambini e la siringa sono diventati amici.

    Figura 2. La bambina della pubblicità.

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 123

    The alliance with the patient in the treatment of psychosis

    sto orifizio, e si procura da séciò che chiamiamo un clistere, oun lavativo.L’uomo, sempre disgustato daquanto possiede, e desideroso diquanto non ha, invidiò un orga-no così acconcio, e cercò a lun-go i mezzi per supplirvi.” (“Elo-gio burlesco della siringa”, Pub-blicato a metà del settecento frale carte dell’ “Accademia di Nan-cy”).La siringa compare dunquecome strumento per fare i cli-steri, pratica che si perde nellanotte dei tempi.La parola siringa deriva dal gre-co antico “syrinx” e vuol diretubo.Erone d’Alessandria visse circa100 anni prima della nascita diCristo e fu un geniale invento-re. Sono sue alcune invenzioniche anticipavano di molti secoliquelle che poi furono degli stru-menti che rivoluzionarono lavita dell’uomo. A lui si attribui-sce anche la creazione di una si-ringa in grado si controllare ilpassaggio di aria o liquidi, forsel’antesignana della siringa deigiorni nostri (figura 4).Intorno all’anno 1000 visse co-lui che è considerato il padrefondatore della chirurgia moder-na, il medico chirurgo araboispano Albucasis. La sua opera,Al Tasrif, tradotta in latino nelXII secolo da Gerardo da Cre-

    posto importante nella storia dellafarmacia.”Le fonti storiche paiono essereconcordi nell’attribuire la pater-nità dell’invenzione della sirin-ga così come è conosciuta oggia due medici dell’800: lo scoz-zese Alexander Wood (1817 -1884) e il francese Charles Ga-briel Pravaz (1791 - 1853). Ilprimo la usava per l’iniezione dimorfina sottocute nel tratta-mento delle nevralgie croniche,il secondo nel trattamento dellesacche aneurismatiche tramitel’iniezione di percloruro di fer-ro.E’ quindi intorno al 1850 chepossiamo far risalire l’uso dellasiringa come strumento periniettare farmaci. Una metodo-logia che prende rapidamentepiede nella pratica medica, si dif-fonde e si evolve sia nello stru-mento che nella metodologia.All’inizio è piuttosto sottovalu-tata la possibilità che si creinoinconvenienti tanto da leggere“...nessun atto preliminare è assolu-tamente necessario. Non occorre nélavare la pelle se sporca, né ungerla.Neppure occorre che l’ago venga unto...la medicazione della ferita si fa più

    mona, contiene la descrizione disiringhe, anche se non ne riven-dica l’invenzione.Lo cita anche R. Console in“Marco Gatinara e la storia del-la siringa”2. In questo scritto sidiscute dell’attribuzione al me-dico Marco Gatinara di Vercellidella seconda metà del quindi-cesimo secolo l’invenzione del-la siringa (si parla ancora di si-ringhe ad uso di clisteri o di la-vaggi vescicali) per arrivare aconcludere che non gli può es-sere attribuita tale invenzione.Ad onor del vero tale conclu-sione non è del tutto condivisaed altri autori tendono invece ariconoscere al Gatinara un ruo-lo nell’invenzione di questo stru-mento.Il lavoro di Console si concludecosì: “Tra la fine del diciannovesimosecolo e i primi decenni del ventesimoi nuovi enteroclismi a gravità e le pe-rette di gomma soppiantarono tutte lesiringhe per la somministrazione deiclisteri; ma la siringa, tornata ad es-sere molto più piccola come ai tempidi Albucasis e munita di un ago cavo,si è diffusa enormemente per la som-ministrazione di medicinali attraver-so la cute e quindi occupa di nuovo unFigura 3. Ibis sacro del nilo.

    Figura 4. La siringa di Albucasis in un manoscritto arabo medioeva-le - On Surgery and Istruments (con traduzione inglese e commentariodi M.S. Spink e G.L. Lewis). The Wellcome Institute of the History ofMedicine, Londra, 1973.

    Figura 5. Siringa di Pravaz.

  • 124 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3

    A. Minervino

    per prudenza che per altro. Vi si poneun pezzetto di cerotto o di taffetas”3.Una interessante ed efficace rap-presentazione dello sviluppodell’uso della siringa si trova in“La siringa: dalla “medicazioneipodermica” al prelievo di san-gue”, di G. dall’Olio e R.M.Dorizzi5.La siringa di Pravaz rappresen-ta il prototipo dello strumentoper iniezioni su cui si apporta-no di volta in volta modificheche la portano verso lo strumen-to che noi conosciamo e usia-mo: Leiter nel 1864, Luer nel1886 per citare i primi4.Si arriva all’inizio del ‘900 conl’utilizzo di siringhe di vetro gra-duate con aghi metallici. Nel1908 la “via iniettabile” è inseri-ta nel codice dei farmacisti e puòessere utilizzata per la sommi-nistrazione di farmaci.L’ultima rivoluzione è l’arrivointorno agli anni ’70 della sirin-ga in plastica con aghi monou-so. Dagli anni ’80 si impone vi-sti gli enormi vantaggi che assi-cura in termini di sterilità e pra-ticità, a fronte di costi moltocontenuti.

    Oggi

    Da tanti anni a questa parte l’usodella siringa per l’iniezione in-tradermica e sottocutanea difarmaci è sostanzialmente unapratica infermieristica. Rappre-senta forse il gesto medico piùreplicato in ambiente non sani-tario, soprattutto in ambito do-mestico, dove, come un tempoe come ricordato prima, è spes-so chiesto a qualcuno della fa-miglia di imparare l’arte di farela puntura.Ma come pratica professionaleinfermieristica è oggetto di pro-tocolli operativi precisi ed ag-giornati che hanno come scopouna corretta pratica che eviti glieffetti indesiderati e cerchi di li-

    Figura 6. P. Schivardi “ La medicazione ipodermica”, 1871.

    Figura 7. Siringa di Luer e astuccio.

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 125

    The alliance with the patient in the treatment of psychosis

    mitare l’inevitabile dolore dovu-to alla sollecitazione dei recet-tori algici posti nel derma.Sono protocolli che si basanosulla Evidence based Nursing(EbN) e grazie ai quali le quoti-diane azioni professionali pos-sono poggiare su prove d’effi-cacia piuttosto che su abitudiniconsolidate che spesso conten-gono il rischio di rinunciare arevisioni critiche di ciò che si fa5.Un’interessante indagine multi-centrica6 dimostra come, su uncampione di circa 150 infermieriprofessionali che hanno rispo-sto ad un questionario di 30domande (25 aperte e 5 chiuse)riguardanti la somministrazionedi farmaci per via intramusco-lare e sottocutanea, le conoscen-ze su quel che si fa non sonosempre del tutto adeguate a quelche si dovrebbe sapere. “La rac-colta e l’elaborazione dei dati hannoconfermato che la conoscenza degliinfermieri rispetto all’argomento trat-tato è ancora lontana da quello che leevidenze scientifiche enunciano.”Fra tutti gli items del questiona-rio riporto solo quello sulla sededell’iniezione: “Dall’analisi dei datiè emerso che l’82% degli infermiericonsidera la sede dorsoglutea come seded’elezione e solo il 9,5% ha indicatola sede ventro-glutea...”Quest’ultima è indicata in lette-ratura come la sede più sicura,di facile accesso e meno dolo-rosa7,8.L’interesse per questa indaginemulticentrica è legato semplice-mente al fatto che dimostracome prevalgano, nell’agire pro-fessionale quotidiano, le abitu-dini e che queste spesso non si-ano così vicine ai comportamen-ti ottimali indicati dalle cono-scenze più aggiornate. Non èuna critica ad una categoria diprofessionisti, anzi! Dimostrapiuttosto la capacità di introdur-re nella propria pratica profes-sionale un punto di vista capace

    di avere come solo obiettivoquello del miglioramento conti-nuo in virtù della capacità di ri-conoscere quello che di miglio-rabile c’è nelle nostre azioni pro-fessionali, anche e soprattuttoquando sono considerate con-solidate e acquisite.Un punto di vista simile è quel-lo che regge tutte le proceduredi miglioramento della qualità edi accreditamento all’eccellenzacome, per esempio, quella diJoint Commission Internatio-nal9.In un’esperienza diretta fattacon l’accreditamento all’eccel-lenza con Joint CommissionInternational ho potuto costa-tare quanto spazio di migliora-mento ci fosse nel nostro agirequotidiano a dispetto della co-stante attenzione alla qualità chepure avevamo avuto nel tempo.E dunque per fare in manieracorretta una iniezione bisognatener presente una sequenza diazioni descritte in protocolli chemotivano ognuna delle azionistesse: dalla scelta della sede disomministrazione ( muscolodeltoide, sede ventro gluteale,ecc.) alla tecnica per introdurrel’ago, solo per citarne alcune. Inalcuni protocolli le azioni checostituiscono la procedura sono16 e sono riportate di seguito:

    1. Controllare la prescrizionedel farmaco, la scadenza, ildosaggio e la via di sommi-nistrazione con un altro in-fermiere.

    2. Usare un ago con filtro o unago di calibro 23 o minoreper aspirare il farmaco.

    3. Cambiare l’ago dopo la pre-parazione.

    4. Per somministrare l’IM,usare un ago di lunghezzaappropriata per assicurareche il farmaco si depositi al-l’interno del muscolo.

    5. Non adottare la tecnica del-

    la bolla d’aria per inocularetutto il farmaco

    6. Usare la sede ventroglutea-le come sede di scelta, salvocontroindicazioni.

    7. Aiutare il paziente ad assu-mere la posizione idoneaper facilitare l’iniezione nellasede scelta.

    8. Detergere la parte con so-luzione alcolica prima del-l’iniezione.

    9. Usare la tecnica del trattozeta per eseguire tutte leiniezioni.

    10. Inserire velocemente l’agonella cute a 90 gradi lascian-do un terzo dell’ago espo-sto.

    11. Aspirare per verificare pre-senza di sangue. Se è presen-te rinunciare e ripetere tuttala procedura.

    12. Iniettare senza superare lavelocità 1 ml ogni 10 secon-di.

    13. Estrarre rapidamente, pre-mere se vi è perdita di san-gue.

    14. Non massaggiare la zona.15. Riporre i taglienti in modo

    sicuro e documentare laprocedura.

    16. Osservare la zona 2-4 oredopo l’iniezione per identi-ficare e monitorare ogni ef-fetto locale7.

    Riflessione prima

    Introdurre in una zona del cor-po uno strumento a punta cheinietti sostanze estranee è, fra letante cose, un gesto con carat-teristiche aggressive.Lesiona l’integrità del corpo,provoca dolore tanto nell’atto insé quanto nell’introdurre le so-stanze che possono avere deter-minate caratteristiche che ren-dono più o meno intensa l’espe-rienza dolorosa e tutto ciò facapire quanto sia necessario fi-darsi di chi fa l’iniezione. L’ele-

  • 126 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3

    A. Minervino

    mento della fiducia rimanda al-l’importanza della relazione frapaziente e operatore sanitario,medico o infermiere che sia, allaqualità della relazione e alla“competenza relazionale”10.Se poi pensiamo che la maggiorparte delle iniezioni è fatta sulgluteo, da dietro, indipendente-mente da tutte le ragioni tecni-che che giustificano e rendonolegittima la scelta di tale sede,resta evidente che, almeno daun punto di vista psicologico erelazionale, si pone un ulterio-re elemento di criticità: devisottoporti ad un gesto aggres-sivo e doloroso da parte di altrida dietro, alle spalle e sul glu-teo!Se usciamo per un attimo dallaconsuetudine dove siamo solitiosservare tale scena e la astra-iamo guardandola come se gra-zie a un effetto di dissolvenzatutti gli elementi di contestosparissero, per opera di un bra-vo regista, potremmo rimanerecolpiti dall’effetto che ne risultae la fiducia e la relazione quindisi renderebbero ancora più evi-denti nella loro importanza.

    Il paziente grave

    La cura e l’assistenza al pazien-te grave sono uno dei nodi della

    complessità del lavorare in psi-chiatria11.Certamente uno dei più impor-tanti e, naturalmente, coinvolgetutti gli operatori, tutte le pro-fessioni.Ma quando parliamo di pazien-te grave ci riferiamo ad una ca-tegoria diagnostica, qualunquesia il sistema diagnostico che disolito viene usato in quel conte-sto? O preferiamo rivolgerci al-l’emergenza di certi comporta-menti? Oppure scegliamo crite-ri che si rivolgono al tipo di trat-tamento che prescriviamo e ri-spetto al quale il paziente è “re-sistente”? Oppure teniamo con-to di una percezione soggettivadi grande difficoltà a occuparcidi quella persona?12. E così via,con altre possibili domande,fino magari a concludere chepuò essere la somma, l’incrociodi tutti questi criteri a darci unorientamento in questo non fa-cile problema della definizionedi paziente grave.Sono però sicuro di non bana-lizzare la questione se fra i pa-zienti gravi di cui ci si occupa inpsichiatria, nella psichiatria deiServizi Psichiatrici pubblici inprimis, indico quelli affetti dapsicosi.Sarebbe forse meglio dire pa-zienti gravosi, nel senso del

    grande impegno che ci chiedo-no nel prenderci cura di loro, omeglio nel fare cura con loro.Pazienti impegnativi, quindi,perché impegnano in una rela-zione che può occupare pocotempo (per esempio il pazienteacuto), o che può protrarsi permolto, moltissimo tempo.Mettere insieme il concetto dipaziente grave e impegnativocon il concetto di relazionecome strumento professionaleirrinunciabile, in ogni professio-ne sanitaria, in ogni professio-ne d’aiuto, pone il problema del-la formazione.Mi limito a sottolineare come laformazione in generale e quellarelazionale nello specifico, rap-presenti un investimento strate-gico che merita lo sforzo di ri-cercare le risorse necessarie dadedicare ad essa.Ciò soprattutto se ci si prefiggel’obiettivo di erogare nelle pro-prie strutture interventi efficacie di qualità, a beneficio ovvia-mente dei pazienti, ma che ten-gano conto anche del “costo”in termini di salute e benesseredegli operatori sempre più espo-sti al rischio stress derivato dallavoro13.

    Competenzarelazionale e burn out

    Il lavoro delle varie figure pro-fessionali operanti nel Diparti-mento di Salute Mentale ha unrischio di burn-out condivisocon quello di altre categorie pro-fessionali ed un rischio specifi-co legato alle peculiarità dellacura e dell’assistenza ai pazientipsichiatrici.Gli operatori dei DSM sonoparticolarmente sensibili a que-sta tematica per la consapevo-lezza crescente che buona partedel benessere personale e pro-fessionale dipende dalla capaci-tà personale e dell’organizzazio-

    Figura 8. Vignetta.

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 127

    The alliance with the patient in the treatment of psychosis

    ne che li contiene di affrontaree prevenire il rischio di burn-out14,15.Tutte le categorie professionaliche operano nei Servizi di Salu-te Mentale sono esposte a spe-cifici fattori di rischio quali:• la specificità della sofferenza

    psichica;• il carico emotivo che deriva

    dall’occuparsi di pazienti gra-vi e con disturbi cronici;

    • la responsabilità che deriva dadiversi atti professionali;

    • la mancanza diffusa di stru-menti di “scarico” delle ten-sioni;

    • il rischio di aumento di erroriprofessionali derivanti dastress lavorativo.

    Uno degli aspetti più significa-tivi del problema del burn-out èrappresentato dalla componen-te relazionale: ogni operatore siconfronta quotidianamente conla relazione con i pazienti, la re-lazione con i colleghi, la relazio-ne con i familiari dei pazienti(per citare le più significative).Risulta quindi evidente come la“competenza relazionale” siauna componente importantedell’agire professionale e cheandrebbe acquisita con un per-corso formativo. Il Gruppo Ba-lint è uno specifico e collaudatostrumento formativo utile all’ac-quisizione di tale competenza16.Il lavoro del Gruppo Balint17 sistruttura a partire dal “raccon-to” di un caso professionaleportato in discussione da partedi un partecipante. Terminata lapresentazione gli altri membridel gruppo che lo desideranopossono intervenire ponendodomande, formulando ipotesi,esprimendo pareri e considera-zioni. La discussione del casodura di solito 90’.Il lavoro delgruppo è guidato dal condutto-re il quale, attento alle interazionitra i partecipanti e tra lui ed il

    gruppo stesso, svolge la funzio-ne di centrare il lavoro sulla re-lazione. La frequenza degli in-contri è preferibilmente settima-nale o quindicinale e la duratanel tempo dell’esperienza è dialmeno un paio di anni. Perse-gue l’obiettivo della formazionepsicologica e dell’addestramen-to al rapporto professionale colpaziente sul piano della relazio-ne. Poiché il lavoro del gruppoè articolato attraverso una seriedi incontri scaglionati nel tem-po con periodicità prefissata, ilGB fa parte dei gruppi di tipo“continuo”, evidenziando conciò la struttura processuale enon occasionale del lavoro e, peril lavoro sul caso, fa parte dei“gruppi eterocentrati” 18.

    Riflessione seconda

    La somministrazione delle tera-pie è, fra tutti gli atti professio-nali dell’attività degli infermieriin ambito psichiatrico, uno fra ipiù delicati. Un gesto professio-nale di grande rilevanza, spessobanalizzato, che trova in unabuona relazione un valore tera-peutico aggiuntivo e nella suaassenza un elemento di grandecriticità.In quest’ambito, la terapia iniet-tiva ha delle ulteriori peculiaritàche ci riportano al nostro discor-so sulle iniezioni.Cominciamo con qualche rifles-sione sulla relazione con il pa-ziente psicotico: relazione impe-gnativa, coinvolgente, faticosa,gratificante, frustrante, arric-chente.Il paziente psicotico è una per-sona che entra in relazione at-traverso espressioni di sé diffi-cili, come difficili sono un lin-guaggio non comune, l’espres-sione di un senso non semprecondivisibile, la messa in atto dicomportamenti di non chiaralettura, la manifestazione di per-

    cezioni soggettive, il confrontocon realtà molto personali, co-struite ed evidenti per loro mainesistenti per noi, oppure dicomune esperienza ma di diver-sa interpretazione.Proviamo solo a pensare quan-to nella vita personale una soladi queste espressioni dell’altro cimetterebbe in difficoltà: un ami-co che ti dice con molta parte-cipazione qualcosa di sé e chenon riesci a capire, un figlio chesi comporta in un modo diver-so da come ti aspetti, una com-pagna che si chiude nel suomondo cui non hai accesso, opiù semplicemente quando difronte ad un evento tu capisciuna cosa molto diversa di quel-lo che ha capito il tuo interlocu-tore. Quanto diventa difficile,anche solo per pochi momenti,stare insieme.Proviamo ora a pensare a quan-do sperimentiamo tutto ciò nelmondo professionale, con mol-ta intensità, e ci rendiamo con-to, anche solo intuitivamente,della peculiarità dell’impegnorelazionale con il paziente psi-cotico.E’ una sollecitazione a un con-fronto non facile, dove per istin-to la prima cosa che viene da fareè delegittimare l’interlocutore eridurlo solo a espressione di fol-lia.Molto più impegnativo è cerca-re il senso, non per noi che noncapiamo, ma per chi lo produ-ce, per il paziente.Ancora più impegnativo è saperstare con lui rinunciando a unacondivisione di senso e motiva-ti a cercarlo insieme e se non sitrova riuscire comunque a stareinsieme.Chi si impegna in una relazioneprofessionale che si caratterizzaper quanto detto fin qui è sot-toposto ad un carico emotivoche può essere risorsa o peso.Ma che sia l’uno o l’altra cosa,

  • 128 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3

    A. Minervino

    resta una variabile importanteper l’esito dell’agire professiona-le e per la qualità della vita pro-fessionale.In tutto ciò gli infermieri sonofortemente impegnati.Un esempio per tutti: un’èquipepsichiatrica addestrata e forma-ta sul piano della relazione ha inciò uno strumento formidabileper il contenimento ed il con-trollo degli agiti aggressivi19,20.

    Somministrare farmaci

    La somministrazione delle tera-pie nel trattamento di un pazien-te psicotico, soprattutto in fasedi scompenso, è un momentodifficile e delicato sia per il pa-ziente che per l’infermiere.Impegna nella ricerca dell’accet-tazione e dell’adesione al tratta-mento, vissuto spesso all’inizioin molti modi, magari addirittu-ra come una minaccia. Moltevolte l’obiettivo iniziale è far sìche la terapia diventi una risor-sa per il paziente, obiettivo dif-ficile ed irrinunciabile.E’ noto, tra l’altro, che il pro-blema dell’accettazione e del-l’adesione ai trattamenti è comu-ne a tutti gli ambiti della medi-cina e costituisce un vero osta-colo per l’efficacia dei tratta-menti.Introdurre farmaci nel propriocorpo ,introdurre sostanze chi-miche, rappresenta un gesto ap-parentemente banale, ma riccodi implicazioni psicologiche chespesso sfuggono pur rappresen-tando una variabile fondamen-tale nei trattamenti.Facciamo qualche esempio.L’ansia e l’angoscia che provo-ca l’assunzione di un farmacovissuto come sostanza estraneaal corpo e che ne viola l’integri-tà, tanto quanto il male che do-vrebbe combattere: da qui labassa tolleranza a effetti colla-terali minimi e transitori con la

    relativa sospensione immediatadella terapia o la non adesionealle modalità prescritte per l’usocorretto della terapia. O l’inca-pacità a tollerare qualunque for-ma di disagio o di sofferenza ,anche minima, con un ricorsoimmediato al farmaco o, in casodi malattia, un’ansia continuasulla cura, sulla sua capacità diessere efficace21.In psichiatria, quando compaio-no, questi fenomeni sono am-plificati e se la terapia deve es-sere assunta per via iniettiva sicarica ulteriormente di valenzepsicologiche perché, come det-to prima, l’ineizione è l’iniezio-ne! Nel bene e nel male.

    Antipsicotici atipici:una nuova epoca?

    La disponibilità di farmaci nuo-vi ha modificato in modo signi-ficativo il trattamento farmaco-logico per molte patologie inambito psichiatrico22.Un esempio importante è quel-lo degli antipsicotici atipici, pri-mo fra tutti il risperidone, chehanno di fatto soppiantato l’usodei neurolettici creando nuoviscenari nel trattamento dei di-sturbi psicotici. Seppure con ladovuta attenzione agli effetticollaterali tipici di questi farma-ci, di sicuro è aumentata la sicu-rezza e l’efficacia dei trattamen-ti in patologie così impegnative.Quello che a mio avviso hamolto cambiato le cose nellapratica quotidiana è stato che ifarmaci antipsicotici atipici han-no consentito un approccio altrattamento farmacologico sce-vro da quella preoccupazioneper gli effetti collaterali inevita-bili che i neurolettici provoca-vano.Una collateralità grave sul pia-no neurologico, cognitivo, affet-tivo, metabolico che, per l’ine-vitabile compromissione della

    tollerabilità e della sicurezza,comportava una discreta ap-prensione nella prescrizione eduna “indesiderabilità” della curada parte del paziente. Non bi-sogna trascurare che molti diquegli effetti collaterali provo-cavano vissuti così intensi nelpaziente da generare una sindro-me iatrogena che si andava asommare al disturbo di parten-za. Un vero e proprio rebus te-rapeutico. Un grande problemasia per l’approccio e l’accessoalle cure sia per l’adesione ai trat-tamenti e un problema di gran-de impatto relazionale.Letteratura ed iconografia sonoricche di testimonianze diun’epoca che non può essereconsiderata del tutto superata.Certamente anche i farmaci an-tipsicotici atipici hanno bisognodi un’attenta gestione del tratta-mento e di una continua sorve-glianza sugli effetti collaterali,ma lo scenario è cambiato inmeglio a favore di un più facileapproccio alle cure che le rendepiù accessibili ed accettate dalpaziente.Da quando sono disponibili far-maci antipsicotici atipici per viainiettiva, sia in forma pronta chea rilascio prolungato, si è aggiun-ta un’ulteriore possibilità, poten-do rinunciare ai neurolettici cheper tanto tempo sono stati gliunici cui poter ricorrere quan-do si rendeva necessaria la viainiettiva.Infine un accenno alla formula-zione depot e a lento rilascio.Nella pratica psichiatrica l’usodei farmaci neurolettici depot siimpose nel tentativo di risolve-re il problema della mancata oscarsa adesione al trattamento.La disponibilità di antipsicoticiatipici per via iniettiva e a rila-scio prolungato (come peresempio il risperidone e il pali-peridone palmitato) ha aperto anuove strategie di trattamento

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 129

    The alliance with the patient in the treatment of psychosis

    centrate sull’utilizzo di tale viadi somministrazione e tali for-mulazioni farmacologiche.Acquisita l’adesione al tratta-mento da parte del paziente,consolidata la sua motivazionealla cura, sperimentata la tolle-rabilità e la sicurezza del farma-co su quel paziente, la possibili-tà di sottrarsi all’assunzionequotidiana può diventare unarisorsa per il paziente, opportu-nità da inserire in una strategiache nasce da un’alleanza tera-peutica consolidata dalla fiduciae dalla collaborazione.Queste nuove opportunità con-sentono al paziente di acquisirequel potere contrattuale, quellapartecipazione ai modi della curache certo non erano frequentinell’epoca dei neurolettici.E’ ora possibile che i membridell’èquipe curante si liberinopiù facilmente della funzioneprescrittiva e di controllo checosì pesantemente gravano sulloro ruolo, anche se per certiversi ed in una certa misura pos-sono essere ritenute ineludibili,per favorire il consolidamentodel ruolo terapeutico che più glicompete.A sostegno di quanto detto finqui sull’uso dei nuovi farmaci,sull’uso della terapia iniettiva esull’aumento della partecipazio-ne dei pazienti alla scelta dellemodalità di cura si trovano nel-la letteratura più recente argo-menti interessanti.Un sondaggio condotto su pa-zienti schizofrenici circa il loroparere sul trattamento farmaco-logico ricevuto ha evidenziato illoro parere positivo sui farmaciricevuti (antipsicotici atipici) eun’altra indagine ha messo inevidenza la preferenza, per lametà dei pazienti coinvolti, perla terapia iniettiva. Un’indaginefatta in Francia23 e finalizzata araccogliere il parere dei pazienticirca la possibilità di scegliere il

    sito dell’iniezione ha dimostra-to per il 75% del campione (281pazienti schizofrenici) la perce-zione ampiamente positiva deltrattamento iniettabile accom-pagnata dall’indicazione di sen-tirsi meglio, per il 70% l’impor-tanza di poter scegliere il sitodell’iniezione, per il 56% la le-gittimità della possibilità di sceltacome aspetto significativo dipartecipazione al trattamento eper il 53% il miglioramento si-gnificativo nel rapporto con ilmedico e con l’infermiere. Perchi aveva già sperimentato sia lavia di somministrazione sul glu-teo e sia quella sul deltoide, lapreferenza andava al muscolodeltoide. Significativa la conclu-sione del lavoro che riporta i datiprecedenti: “L’indagine qui presen-tata potrebbe contribuire a convinceregli operatori sanitari a proporre lascelta per i pazienti tra i due siti diiniezione, al fine di migliorare la lorocompliance al trattamento”.Possiamo considerare superatal’epoca in cui il trattamento pervia iniettiva di un farmaco anti-psicotico a rilascio prolungatoera una scelta che s’imponevaper superare la difficoltà di trat-tare un paziente senza motiva-zione alla cura, il più delle volteperché senza consapevolezza dimalattia. L’esperienza condottanei servizi di salute mentale, so-prattutto in Italia in virtù dellariforma dell’assistenza psichia-trica, ha prodotto modificazio-ni importanti.Il concetto e le pratiche di curasono sempre più improntati alcoinvolgimento dei pazienti edei loro familiari e da parte del-le figure professionali l’interes-se e la sensibilità agli aspetti re-lazionali sono diventati parteintegrante del lavoro.Fare l’iniezione indicava unamodalità di cura che privilegia-va la via di somministrazione peresigenze di controllo. Ora l’evo-

    luzione della farmacoterapia neltrattamento dei disturbi psico-tici e la disponibilità di antipsi-cotici atipici hanno profonda-mente modificato il quadro del-la cura: hanno migliorato gli esi-ti, la sicurezza e l’adesione. Que-sto vuol dire che la via iniettivaè restituita alla sua naturale fun-zione di modalità di sommini-strazione di un farmaco e chequando il farmaco ha una for-mulazione a rilascio prolungatocostituisce una strategia di curache paziente ed èquipe posso-no scegliere insieme, in modo damettere la parte farmacologicadella cura al servizio del proget-to terapeutico.Decidere insieme, paziente ecurante, di passare da una tera-pia farmacologica da assumerequotidianamente ad una terapiafarmacologica basata sulla som-ministrazione di un farmaco arilascio prolungato, può essereun punto strategico del proget-to terapeutico che consente didedicare tempo ed energia agliaspetti psicologici e riabilitativie di sottrarsi allo stress legati allaassunzione una o più volte algiorno del farmaco con tutto ciòche questo implica.

    Considerazione terza econclusiva

    E’ una grande conquista poterpensare ai nostri pazienti comeprotagonisti attivi della loro curae come persone coinvolte nellagestione della loro terapia.E’ una grande conquista poterpensare di essere professionistiil cui ruolo terapeutico prevalesugli altri aspetti.Ciò può solo accadere nella mi-sura in cui cresce la partecipa-zione dei nostri pazienti allacura, cresce il loro ruolo di per-sone attive e responsabili. Poterscegliere è un’azione propria-mente legata all’essere attivi e

  • 130 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3

    A. Minervino

    responsabili e consente alla re-lazione di essere terapeutica.Il ruolo delle terapie iniettivenei trattamenti psichiatrici è digrande rilievo e avere nuove op-portunità in questo campo econ caratteristiche innovative èuna risorsa al servizio dell’evo-luzione delle cure.Fare una terapia iniettiva nelmuscolo deltoide, come vieneindicato per almeno le primedue iniezioni del trattamentocon paliperidone palmitato a ri-lascio prolungato, risponde adesigenze farmacocinetiche.Avere la possibilità di fare unaterapia iniettiva in una situazio-ne delicata come il trattamentofarmacologico dei disturbi psi-cotici è, come abbiamo visto, unsicuro vantaggio. Poterlo fare“vis a vis”, guardandosi, standoin una relazione frontale e aper-

    ta piuttosto che “alle spalle” èun ulteriore vantaggio, per nien-te trascurabile e banalizzabileper il grande impatto positivoche ha sulla relazione. E poterrestituire al paziente la possibi-lità di scegliere è un atto tera-peutico.

    E la paura della puntura e deldolore che fine hanno fatto?Forse sarà meglio riprenderleper un attimo, visto che sonodue aspetti forti della terapiainiettiva e che sono quelli chelasciano una traccia nella nostramemoria.Accomuna piccoli e grandi, ma-schi e femmine, insomma ...nonguarda in faccia a nessuno!Invece è stato di recente dimo-strato che guardare in faccia faeffetto a proposito di paura edolore della puntura.

    Uno studio italiano ed inglesecondotto presso la UniversityCollege di Londra e pubblicatolo scorso ha dimostrato cheguardare mentre si riceveun’iniezione ha un effetto anal-gesico, riduce in maniera signi-ficativa l’esperienza del dolore24.Lo studio, pubblicato su“Psyclogical Science” sottoli-nea l’importanza della vista inrelazione agli altri sistemi per-cettivi nel ridurre la percezionedel dolore e sottolinea l’impor-tanza del contesto in cui si ri-ceve l’iniezione.Stare davanti nel somministra-re una terapia iniettiva piutto-sto che stare dietro, stare in unabuona relazione, avere la pos-sibilità di aumentare il ruolodella vista sono quindi ingre-dienti per una buona praticainiettiva.

    Bibliografia

    1. Portale Sanitario Pediatrico, Ospe-

    dale Pediatrico Bambino Gesù,

    Roma

    2. Console R. In “Marco Gatinara e

    la storia della siringa” in

    chifar.unipv.it/museo/Console/

    gatt.htm

    3. Schivardi P. La medicazione ipo-

    dermica. Esposizione teorico pra-

    tica. Fratelli Rechiedei, Milano 1871

    4. h t tp ://www.ambe r- ambr e -

    inclusions.info

    5. Dall’Olio G, Dorizzi RM. La si-

    ringa: dalla “medicazione ipodermi-

    ca” al prelievo di sangue”. Riv Med

    Lab - JLM 2003; vol 4, n. 3-4.

    6. Sola T. Iniezione intramuscolare e

    sottocutanea: i risultati di un’inda-

    gine multicentrica su prove di effi-

    cacia e pratica assistenziale. Nursing

    Oggi 2005; 3.

    7. Mosci D. Iniezioni intramuscola-

    ri: tutte le raccomandazioni. Assi-

    stenza anziani, gen-feb 2005.

    8. Rodger AM, King L. Drawing up

    and administering intramuscular

    injections: a review of the literatu-

    TiM

    re. J Adv Nurs 2000; 31:574-582.

    9. jointcommissioninternational.org

    10. Minervino A, Parietti P, I Grup-

    pi Balint. Consensus Statement su

    Medicina Psicosomatica e Forma-

    zione Psicologica del medico. Ed

    Seu, Roma 1997.

    11. Attanasio L, Di Gennaro A. Il

    paziente grave, ed Armando, Roma

    2012.

    12. Nivoli GC. La Patologia mentale

    del terapeuta e la patologia menta-

    le del paziente: incontri e scontri,

    2001.

    13. Di Mattei V, Prunas A, Sarno L.

    Il burn out negli operatori della

    salute mentale: quali interventi?, in

    psicologia della salute, F. Angeli ed,

    2004; 2.

    14. Lasalvia A, Tansella M. Stress

    lavorativo e burnout in salute men-

    tale, Epidemiology and Psychiatric

    Sciences 2011; 20:279-285

    15. Scarnera P, Bosco A, Soleti E, et

    al. Preventing Burnout in Mental

    Health Workers at Interpersonal

    Level: an Italian Pilot Study. Com-

    munity Mental Health Journal”,

    Dicembre 2008.

    16. Minervino A. Competenze e stru-

    menti per la formazione, in Psichia-

    tria e Medicina Dialoghi e Confini,

    CiC ed, Roma 2003.

    17. Balint M. Medico Paziente e ma-

    lattia, ed it. Feltrinelli, Milano 1961.

    18. Minervino A, Giannetti F. Il

    Gruppo Balint, in “Pregiudizio e

    terapie”, a cura di A. Minervino,

    Alpes ed, Roma 2012.

    19. Documento del Gruppo di Appro-

    fondimento Tecnico (GAT) regio-

    nale sul ruolo del Servizio Psichia-

    trico di Diagnosi e Cura (SPDC)

    nell’ambito delle attività del Dipar-

    timento di salute Mentale, del trat-

    tamento dell’acuzie e dell’emergen-

    za urgenza psichiatrica, in Docu-

    menti della Direzione Generale

    Sanità della Regione Lombardia,

    2011

    20. Rocca P, Villari V, Bogetto F.

    Managing the aggressive and vio-

    lent patient in the psychiatric emer-

    gency. Progress in Neuro-

    Psychopharmacology & Biological

    Psychiatry 2006; 30:586-598.

  • July 2012 Volume 12 Number 3 Trends in Medicine 131

    The alliance with the patient in the treatment of psychosis

    21. Giradi P, Minervino A, et al.

    Ansia comprendere per curare. Fio-

    riti ed, Roma 2003.

    22. Brugnoli R, Girardi P. Manuale

    di farmacoterapia psichiatrica, ed

    Pacini, Roma 2011

    23. Millet B, Gourevitch R, Levoyer

    D, et al. Study on how schizophre-

    nic patients perceive treatment with

    injections in the deltoid muscle.

    Encephale 2012; 38: 97-103.

    24. Mancini F. Visual Distortion of

    Body Size Modulates Pain Percep-

    tion. Psychological Science 2011;

    22:325-330.

  • 132 Trends in Medicine July 2012 Volume 12 Number 3