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RIVISTA DEL PONTIFICIO SEMINARIO TEOLOGICO “S. PIO X” DI CATANZARO ANNO XII NUMERO I - DICEMBRE 2017 A lla luce della nuova “Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis” (8 dicembre 2016), la nostra comunità si sta confrontando con l’elemento centrale dell’identità del presbitero, che attraversa trasversalmente tutta la sua vita, intesa come formazione permanente: il Pastore dà la vita per le pecore (Gv 10,11). Ogni momento della nostra vita è un ten- tativo sempre ripetuto, perché nuovo e sempre più bello, di configurazione a Colui che ha dato la vita per noi, come Agnello immolato e che è diventato il Pastore eterno del suo gregge: il Sommo ed Eterno Sacerdote. Il Libro dell’Apocalisse ci ricorda appunto che “L’Agnello che sta in mezzo al trono, sarà il loro Pastore” (Ap 7,17). Il nostro desiderio di imitarlo scaturisce dalla sua bontà, che ci chiama ad essere partecipi del suo Servizio per l’umanità intera e ci associa al suo Sacer- dozio per poterlo rendere presente nel sacrificio eucaristico e negli altri sacramenti. Quale Mistero, e quale Dono! Egli ci sceglie nonostante la nostra debolezza, piccolezza e fragilità, perché così appaia la grandezza della sua Misericordia, e così perpetua la sua kenosi proprio in questo connubio. Il Natale, ormai vicino, segna per noi l’inizio di questa grande e formi- dabile Rivelazione… Annunciare questo Mistero, non solo con la parola, ma soprattutto con la vita è l’avventura affascinante a cui siamo chiamati. Il nostro giornalino ci dà l’opportunità, però, di ricordare a tutti la bellezza di questo messaggio che ci viene dal Figlio di Dio. Egli dice a tutti che vale la pena di perdere questa vita, ossia di non considerarla come se fosse assoluta, per guadagnare quella che Lui ci offre: la vita divina, che dura per l’eternità e che costituisce la nostra piena felicità. Ognuno di noi in qualche modo si deve fare agnello del suo gregge, per poter ricevere da Lui-Pastore la sua vita. L’augurio, che vi rivolgiamo da queste pagine, è che tutti possiate speri- mentare questa bellezza che è fonte di gioia e di promozione per la chiesa e per l’umanità. Editorale L’agnello che diventa Pastore (Ap 7,17) Mons. Vincenzo Rocco Scaturchio - Rettore di consacrazione della cappella maggiore

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RIVISTA DEL PONTIFICIO SEMINARIO TEOLOGICO “S. PIO X” DI CATANZARO ANNO XII NUMERO I - DICEMBRE 2017

Alla luce della nuova “Ratio fundamentalis institutionissacerdotalis” (8 dicembre 2016), la nostra comunità sista confrontando con l’elemento centrale dell’identità

del presbitero, che attraversa trasversalmente tutta la sua vita,intesa come formazione permanente: il Pastore dà la vita perle pecore (Gv 10,11). Ogni momento della nostra vita è un ten-tativo sempre ripetuto, perché nuovo e sempre più bello, diconfigurazione a Colui che ha dato la vita per noi, comeAgnello immolato e che è diventato il Pastore eterno del suogregge: il Sommo ed Eterno Sacerdote. Il Libro dell’Apocalisseci ricorda appunto che “L’Agnello che sta in mezzo al trono,sarà il loro Pastore” (Ap 7,17). Il nostro desiderio di imitarloscaturisce dalla sua bontà, che ci chiama ad essere partecipidel suo Servizio per l’umanità intera e ci associa al suo Sacer-dozio per poterlo rendere presente nel sacrificio eucaristicoe negli altri sacramenti. Quale Mistero, e quale Dono! Egli cisceglie nonostante la nostra debolezza, piccolezza e fragilità,

perché così appaia la grandezza della sua Misericordia, e cosìperpetua la sua kenosi proprio in questo connubio. Il Natale,ormai vicino, segna per noi l’inizio di questa grande e formi-dabile Rivelazione… Annunciare questo Mistero, non solo conla parola, ma soprattutto con la vita è l’avventura affascinantea cui siamo chiamati. Il nostro giornalino ci dà l’opportunità,però, di ricordare a tutti la bellezza di questo messaggio checi viene dal Figlio di Dio. Egli dice a tutti che vale la pena diperdere questa vita, ossia di non considerarla come se fosseassoluta, per guadagnare quella che Lui ci offre: la vita divina,che dura per l’eternità e che costituisce la nostra piena felicità.Ognuno di noi in qualche modo si deve fare agnello del suogregge, per poter ricevere da Lui-Pastore la sua vita. L’augurio,che vi rivolgiamo da queste pagine, è che tutti possiate speri-mentare questa bellezza che è fonte di gioia e di promozioneper la chiesa e per l’umanità.

EditoraleL’agnello che diventa Pastore (Ap 7,17)

Mons. Vincenzo Rocco Scaturchio - Rettore

di consacrazionedella cappella maggiore

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Indice

L’agnello che diventa Pastore (Ap 7,17) Mons. Vincenzo Rocco Scaturchio pag. 1“L’Agnello sarà il loro pastore” (Apocalisse 7,17) don Vincenzo Lopasso 3“L’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro Pastore” Carmelitane Scalze di Crotone 4Angelo D’Acri sacerdote cappuccino Fra Piero Sirianni 5 Nel 50° Anniversario della Consacrazione della Cappella Maggiore Stefano Lafranconi 6“Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,3) Card. Salvatore De Giorgi 8Lettera 22 - Un calcio al razzismo Giovanni Rigoli 12“Motivo lieto di riso mi ha dato Dio”. Il Cammino di Santiago Giuseppe Sgambetterra 12L’esperienza estiva degli Esercizi Spirituali Ignaziani Carlo Alberto Piro 14Esercizi Spirituali d’inizio anno Francesco Buccafurri - Mansueto Corrado 14Missioni popolari a Polistena Saverio Menniti 16La formazione intellettuale dei seminaristi Mons. Alessandro Saraco 17Chiesa e famiglia Nello Maruca 18Luce nel nostro cammino Tommaso Calipa 18Don Ignazio Schinella: maestro, pastore e padre don Antonio Bomenuto 19Memorandum 20

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Questa frase si trova allafine del brano di Apoca-lisse sul settimo sigillo

nel quale è racchiuso il misterodel giudizio e della salvezza degliuomini (6, 12-7,17). Vi si descri-vono gli effetti che la redenzionedi Cristo ha prodotto per la sal-vezza del genere umano. Allaprima scena concernente la sal-vezza dei redenti, simbolicamenterappresentati dal numero dei144.000, segue l’altra che ri-guarda l’apparizione di una follaimmensa di salvati vestiti dibianche vesti, sebbene que-ste siano state lavate con ilsangue dell’Agnello, cioènel sangue versato daCristo sulla croce.

Due mi sembrano glielementi da evidenziarenella spiegazione dellafrase citata. Innanzitutto ilsimbolo di Cristo Agnello,presente anche nel vangelo diGiovanni, quando il Battista ad-dita sulle rive del Giordano Gesùcome Agnello di Dio. Tale simboloha certamente un riferimento al-l’agnello pasquale, l’elementocentrale della festa di Pasqua, laquale ogni anno riattualizzaval’evento della liberazione dallaschiavitù egiziana. Nello stessotempo, rimanda alla vicenda delServo sofferente, condotto comeagnello alla macellazione; ed inquesto senso è stato interpretatodagli evangelisti e applicato aGesù condotto al Calvario per es-servi crocifisso. Gesù è il Servosofferente, che redime il mondo

mediante la sofferenza, pren-dendo su di sé il peccato dei“molti”.

Il testo afferma che l’Agnelloguiderà la folla dei salvati. Anchequesto secondo elemento rinviaalla stessa tradizione del QuartoVangelo che sulla base dell’AnticoTestamento identifica Gesù come“Buon Pastore”. Nel cap. 10 Gesùsi definisce tale in quanto prontoa dare la vita

per lepecore, a differenza dei mercenariche quando vedono venire il lupoabbandonano le pecore e fuggonoperché a loro non importa nientedelle pecore. Il pastore, invece, ri-schia la vita e dà se stesso perloro. Gesù è così il pastore auten-tico, verace, colui che esprime neldono della vita il suo essere laguida del gregge. Quanto è di-versa questa immagine da quelladei cattivi pastori stigmatizzatada Ezechiele che si fanno serviree sfruttano il gregge per il loro

guadagno personale! Nella nostra frase sono con-

templati entrambi questi aspetti –l’agnello/servo e il pastore che dàla vita - per veicolare il profondosignificato che Gesù, Pastore, ècolui che è stato immolato, comeagnello, sulla croce. Le folle deibiancovestiti hanno lavato la loroveste nel sangue versato da Gesùsulla croce; mediante la testimo-nianza della vita ed il martiriohanno partecipato alla redenzioneo sono stati associati alla reden-

zione di Cristo. Essi, nel mi-stero della Chiesa, sono un

prolungamento della pas-sione morte e risurrezionedi Cristo per la salvezzadegli uomini.

Per i candidati al sa-cerdozio questo versettodi Apocalisse ha un pro-

fondo significato: esortaalla testimonianza della vita

in un mondo, come quello sup-posto dall’autore biblico, laceratoda ambiguità, privo di senso espesso in atteggiamento di rifiutoo di indifferenza verso la predica-zione evangelica. Compito di tuttiè di assomigliare al Pastore ve-race, lasciarsi trasformare da lui,conoscerne la voce e seguirlo intutto, nella verginità e nella testi-monianza, fino alla fine. Nellostesso tempo, i sacerdoti, guidedel popolo, sappiano che supremodebbono guidare il popolo di Dioa imitazione del Pastore, non pre-tendere di essere serviti, ma diservire dando la vita. Così“l’Agnello sarà loro pastore!”.

“L’Agnello sarà il loro pastore” (Apocalisse 7,17)di don Vincenzo Lopasso – Direttore Istituto Teologico Calabro

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Con parole semplici esuggestive la MadreMaria di San Giuseppe,

la prima delle figlie di Santa Te-resa d’Avila, scrive: “Prendiamo,sorelle, il remo dei nostri poveripiccoli battelli, prendendo la rottadella vita e della morte del nostroRedentore, che è la strada per ar-rivare a Dio”. Invita cioè a con-templare il Signore qualeRedentore che passando per lavalle della sofferenza e dellamorte ha aperto per tutti lastrada della vita e dell’incontrocon Dio. E’ Gesù il Pastore,colui che guida l’uomo allesorgenti della vita vera, là dovel’uomo ritrova pienamente séstesso. Guida e mèta che sup-pongono un percorso, uncammino capace di condurrealla fonte. E se molte possonoessere le strade, una sola è lavia: lo stesso Cristo, l’Agnellodivenuto Pastore con la suaPasqua. Così pure sottolinea lalettera agli Ebrei: “proprio peressere stato messo alla prova eavere sofferto personalmente egliè in grado di venire in aiuto aquelli che subiscono la prova” (cfrEb 2,18). Gesù ha imparato me-diante l’obbedienza a essereuomo. Ha imparato ad obbedireda ciò che ha patito (cfr Eb 5,8).Accogliendo in ogni evento il di-segno di Dio Padre, docile alla re-altà, si è lasciato immolaredall’amore per raggiungere ogniprofondità e colmare ogni lonta-nanza. Non è diverso per noi. Ac-

cettando lo scacco dell’umiltàsiamo introdotti nella stessa dina-mica di salvezza, di morte per larisurrezione, di vita eterna, di ve-rità. Solo chi, in forza della chia-mata, si è “allenato” con la fede el’amore a questo sguardo su di sée sugli altri, ad abitare la dimen-sione pasquale dell’esistenza, è in

grado di aiutare i fratelli ad en-trare nella stessa traiettoria, nellaverità delle cose. E’ guardando aCristo che comprendiamo qualidobbiamo e siamo chiamati a es-sere, quale il percorso più vero perla nostra umanità. Quanto piùuno è autentico in questo lavorosu di sé, in questo cammino di“discesa”, e quanto più nella suaprofondità ha ospitato Cristo la-sciandosi plasmare da lui, tantopiù sarà in grado di comprendere“per esperienza” il cammino degli

altri e a riconoscere l’azione di Dionella vita delle persone. Capire“per esperienza” non solo aiuta ilfratello ad aprirsi e a consegnarsiper quello che è, ma è anche“chiave” per chi accompagna, per-mettendo una lettura e una com-prensione più acuta degli eventi edel vissuto. E’ il valore e la forza

di una relazione che coglietutto dal di dentro. Per diven-tare pastori bisogna diventareveri agnelli, alla scuola di“Colui che patì per noi lascian-doci un esempio perché ne se-guiamo le orme” (cfr 1Pt 2, 21)e capire per esperienza perso-nale che la sicurezza è nell’ob-bedienza, la forza nellamitezza, il coraggio nella spe-ranza, la giustizia nella conse-gna di sé, che l’amore vince,comunque e sempre, soprat-tutto quando è Crocifisso.

“Per salvare il creato il Si-gnore del mondo volentieri di-scese quaggiù. Qual Dio eranostro Pastore, ma volle appa-

rire tra noi come Agnello: conl’umano attraeva gli umani, qualDio l’acclamiamo: Alleluia!” cantal’Inno Akatistos e con l’Alleluia fi-nale ci rimanda alla Pasqua vitto-riosa del Signore che, diventatonostro fratello nella carne, è statoincoronato Kyrios per l’abbassa-mento nella sofferenza, “pastoree custode delle nostre anime” (cfr1Pt 2,25).

“L’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro Pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita” (Ap 7, 17a)a cura delle Carmelitane Scalze di Crotone

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Lo scorso 15 ottobre papaFrancesco ha canonizzato An-gelo d’Acri, sacerdote pro-

fesso dell’Ordine dei Frati MinoriCappuccini (1669-1739); ha proposto,cioè, la sua santità alla Chiesa univer-sale. E questa viene oggi proposta allanostra terra di Calabria. Chi è fra An-gelo d’Acri?

Guardiamo, primariamente, al suocontesto storico.

Siamo nel Meridione d’Italia dellafine del XVII secolo; i principi Sanse-verino governano i nostri territori; coni soprusi e le ingiustizie connesse aquell’esperienza di politica (tra mino-ranze ricchissime e popolazioni nel-l’indigenza). Le fatiche di Angelod’Acri saranno orientate verso la di-fesa della povera gente.

Facciamo un passo indietro ed ar-riviamo alla sua esperienza vocazio-nale: egli desiderava accogliere lavocazione francescano-cappuccina,ma per ben due volte abbandonò lavita conventuale, per fare ritorno adAcri ed alla vita mondana. La sceltadefinitiva, che passa dalla portastretta e dalla via angusta (cfr.: Mt7,13-14), gli incute grande timore;così come avviene oggi per la vita sa-cerdotale, religiosa o matrimoniale. Lagrazia ha vinto sulle passioni. Angelo,col raro permesso del Ministro Gene-rale, rientra in noviziato ed emette ivoti. La sua fede viene rinsaldata. Èchiamato ad una grande missione.Molto è valsa la testimonianza di vitadel predicatore cappuccino Antonioda Olivadi, che predicò proprio in Acriin quel tempo di grande travaglio perl’allora Luca Antonio Falcone, figlio diuna povera fornaia ed orfano dipadre.

Ordinato sacerdote, lo ritroviamodi fronte ad un altro ostacolo, che lomette in ginocchio. Nella sua primapredicazione, il quaresimale a San

Giorgio Albanese (1702), fallisce, di-menticando tutte le parole da dire dalpulpito davanti a tutto il popolo; equesto avvenne per tre sere.

Comprenderà che il suo stile dovràdiventare semplice, lontano dall’am-pollosità dell’oratoria del tempo.

Predicherà, tra missioni popolari equaresimali, in tutta l’Italia Meridio-nale, spingendosi fino a Napoli ed alterritorio dell’abbazia di Montecas-sino; diventando “l’apostolo delle Ca-labrie”.

Alla predicazione si accompagne-ranno quelli che Giovanni chiama i“segni”: la vicinanza di Dio alle neces-sità dei sofferenti; le sue poche cosediventeranno presto reliquie, deside-rate dai fedeli.

La sua predicazione è incentratasulla Passione del Signore Gesù; la suapiù grande devozione, infatti, saràverso il Crocifisso e la sua dolenteMadre. L’immagine tipica di sant’An-gelo lo raffigura, infatti, mentre indicail Crocifisso. Sarà l’autore di un com-ponimento, il “Gesù pijssimo” o “Oro-logio della Passione”: delle stroferitmate che ricordano i vari episodidella Passione del Signore Gesù.

Un altro particolare della vita delnostro santo sacerdote cappuccino cidice che egli era solito piantare unCalvario (costituito da tre croci), leg-germente distante dal centro delpaese, nei luoghi in cui aveva predi-cato.

Gli altri amori saranno: l’Eucaristia,celebrata con grande devozione eadorata fino all’estasi; la MadonnaAddolorata, di cui fece scolpire un’ef-fige lignea per donarla al popoloacrese, per non lasciarlo orfano dopola sua morte. La definirà «Madre deibisogni».

Forte era l’attaccamento di san-t’Angelo alla vita religiosa france-scano-cappuccina. Egli ricoprìnell’Ordine anche incarichi di governo(guardiano, Ministro Provinciale, visi-tatore generale). Ai Frati consegnauno stile di vita santo, che poggia su“cinque gemme”: l’austerità, la sem-plicità, l’esatta osservanza della sera-fica Regola e delle Costituzionicappuccine, l’innocenza di vita e la ca-rità inesauribile.

Ad Acri lavorò instancabilmente edottenne dalla famiglia dei principiSanseverino-Falcone l’edificazione diun monastero di Sorelle Povere disanta Chiara, definite “cappuccinelle”;siamo nel 1726, anno di benedizione.La prima monaca fu proprio la figliadei principi, che prese il nome di suorMariangela del Crocifisso.

Sant’Angelo fu, inoltre, ricercatoconsigliere di governanti, nobili, sa-cerdoti e vescovi del tempo.

Morì ad Acri il 30 ottobre del 1739.Nel 1743 iniziò l’iter processuale

che lo portò alla beatificazione, nel1825, da parte di Leone XII.

Pochi anni fa venne riconosciutoun miracolo di guarigione, attribuitoalla sua preghiera di intercessione,che lo ha portato alla canonizzazione.

Angelo D’Acri sacerdote cappuccino di fra Piero Sirianni - O.F.M. Cap.

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Le Origini La sollecitudine di un Pastore at-

tento e lungimirante, la premura di unPadre maestro e testimone nella fedenon poteva che riverberarsi sulla vo-lontà di un clero sempre più adulto nelsuo credere, formato nelle scienze teo-logiche e sollecito verso il suo gregge.

Da questo ideale di santità nascevanel lontano 1907, ancora solo nel cuoredi papa San Pio X (1903-1914), il pro-getto di vari Seminariche, svincolati dall’ap-partenenza a una chiesaparticolare, abbraccias-sero più realtà for-mando così sacerdotidalle vedute più ampiema soprattutto secondoil cuore di Cristo.

La Conferenza Epi-scopale Calabra, acco-gliendo sin da subitoquesto anelito d’amore,pensò a un Seminarioche al centro della Ca-labria potesse acco-gliere i giovaniseminaristi di questa regione eccle-siale. Fu così che il 17 luglio del 1910venne posta la prima pietra per la co-struzione del nostro Seminario, dedi-cato successivamente a colui che loaveva pensato: San Pio X.

Seppure ancora incompleto, già nelgennaio del 1912 vide la sua aperturasotto la guida del Rettore, Mons. Gior-gio De Lucchi (1911-1913).

La vera e propria inaugurazione fuperò celebrata il 4 giugno del 1914sotto il rettorato di Mons. Giacomo Si-nibaldi (1913-1928), alla presenza delCard. Gaetano De Lai (1907-1928).

Con il progredire degli anni, pro-porzionalmente cresceva anche il nu-mero degli alunni del Seminario,

toccando così anche vette massime di300 seminaristi. Dal 1926 la reggenzadel Seminario fu affidata ai padri Ge-suiti della Provincia napoletana e, conl’abbondanza della benedizione delCielo, furono tanti coloro che giunseroal Sacerdozio passando prima per que-sto Luogo. Ma tra la notte del 21-22settembre del 1941 si sviluppava unterribile incendio che dava inizio alladistruzione del Seminario, completata

pochi anni più tardi da un bombarda-mento aereo tra il 27-28 agosto del1943. Fu così che i seminaristi dovet-tero trasferirsi al Seminario “Pio XI” diReggio Calabria fino al 30 ottobredell’anno 1954, quando, sotto il primoRettore, ex alunno, Mons. GiuseppeFerrante (1954-1958), il Seminario ve-niva riconsegnato ai suoi seminaristi.

Nascita della nuova Cappella Ma al rientro, un’impellente esi-

genza veniva a costituirsi, cioè la ri-cerca di un luogo stabile e duraturoove poter erigere una nuova cappellaper ospitare le liturgie e le preghieredel numero crescente dei seminaristi edei loro formatori. Questo desiderio

cominciò a prendere forma solo nel1957, quando si acquistò il terrenodove edificare il sacro edificio e dove,il 9 gennaio 1966, veniva posta laprima pietra (secondo le fonti, prele-vata dagli scavi del Sepolcro di SanPietro) murata insieme ad alcune mo-nete del tempo, una medaglia del Con-cilio Ecumenico Vaticano II, intorno alpunto su cui sarebbe sorto l’altaremaggiore.

Dalla corrispon-denza tra il RettoreMons. Angelo Criscito(1970-1985) e il Card.Giuseppe Pizzardo(1937-1970) si evinceche in realtà erano duele cappelle da erigere econsacrare: una mag-giore, dedicata ai SantiApostoli Pietro e Paolo,come i mosaici, tuttorapresenti, opera dellascuola Vaticana, in par-ticolare del maestroFortuzzi, ci dimostrano,e una inferiore, dedi-

cata invece a San Pio X. Quest’ultima,sostituita in tempi recenti da un’aula-cappella concessa all’Istituto Teolo-gico. L’ing. Vincenzo Trucillo, allaconsegna, così descriveva in una let-tera l’edificio cultuale: «I motivi archi-tettonici applicati sono quelli classici,pur non perdendo di vista le nuovelinee architettoniche moderne e lenuove esigenze di struttura determi-nate dalle recenti disposizioni liturgi-che del Concilio Ecumenico (…) imattoni impiegati sono stati circa30.000 e le giornate lavorative sonostate 3.500».1

1 Archivio storico Seminario “San Pio X”, Inau-gurazione delle nuove cappelle, raccolta dei do-cumenti, corrispondenze, messaggi e pensieridelle celebrazioni, riguardanti tale evento.

Storia di un progetto d’Amore…

Nel 50° Anniversario della Consacrazione della Cappella Maggiore1 giugno 1967 – 1 giugno 2017di Stefano Lafranconi - Seminarista

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L’1 giugno del 1967, alle ore 17, perle mani di Mons. Armando Fares (1950-1980) veniva consacrata la cappellamaggiore ponendo nell’altare le reliquiedi San Vitaliano, San Innocenzo e SanValentino. Infine, il 3 giugno con la pre-senza del Card. Gabriel-Marie Garrone(1967-1994) e dell’intero EpiscopatoCalabro veniva presieduta la prima Con-celebrazione Eucaristica come apice deifesteggiamenti e delle iniziative variesvoltasi tra l’1 e il 3 giugno.

Il tutto si concludeva con il salutodel Rettore, Mons. Angelo Criscito, che,tra la commozione e la gratitudine, davaspazio a un desiderio che solo nel 2016,per le mani dell’attuale Rettore, Mons.Vincenzo Scaturchio, sarebbe statoesaudito: la presenza di un organo acanne per allietare le celebrazioni.

Oggi…Nel corso degli anni sono stati

molti gli accorgimenti realizzati nel-l’intento di una resa sempre miglioredell’aspetto della cappella, anche se itratti più importanti non sono maistati mutati. Tra i lavori vogliamo ri-cordare il restauro dei primi anni del2000 che ha visto il riadattamento delpresbiterio rendendolo più idoneo pergli atti liturgici.

Vogliamo, inoltre, segnalare alcunielementi che rendono ancora più gra-dita la presenza nella cappella: il mo-saico frontale dell’Eterno Padreaccompagnato da due putti e ultimo,in ordine cronologico, il dipinto dellacolomba, simbolo dello Spirito Santo.

Ancora oggi la cappella maggiorevede la comunità riunita attorno al suoaltare nei momenti ordinari e più im-portanti della vita del Seminario; lastessa sua Patrona, la Mater Boni Con-silii, la cui festa si celebra il sabato pre-

cedente la memoria liturgica della pre-sentazione della Beata Vergine Mariaal Tempio, è ivi custodita e veneratacon singolare culto e devozione.

«Cari Giovani –scriveva nel suo sa-luto il Rettore Mons. Criscito- è finitala chiesa materiale. Continua inces-sante la costruzione di un tempio Spi-rituale» 2. Con l’auspicio di essere sempre pre-senza viva e dimora bella, tutta consa-crata a Dio, grati per il ricordo del50esimo anniversario dell’edificazionedella nostra cappella maggiore, tutti ciponiamo sotto l’intercessione dellaMater Boni Consilii, dei Santi Pietro ePaolo e del nostro fondatore San PioX, per impetrare da Dio abbondanza didivine grazie e favori celesti.

2 Archivio storico del Seminario “San Pio X”, Di-scorso di Saluto di Mons. Dott. Angelo Criscito,3\VI\1967.

PROGRAMMA

Venerdì 17 Novembreore 19.30 - Primi Vespri Solenni presieduti da S. Em.za Rev.ma Sig. Salvatore Card. De Giorgi,Arcivescovo emerito di Palermo.

Sabato 18 Novembreore 8.00 - Lodi Solenni.ore 10.00 - Relazione di S. Em.za Rev.ma Sig. Salvatore Card. De Giorgi sul tema:“I GIOVANI, LA FEDE E IL DISCERNIMENTO

VOCAZIONALE”.ore 11.30 - Solenne Concelebrazione Eucaristica. ore 13.00 - Pranzo.

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1. Venerati confratelli nell’Epi-scopato e nel Presbiterato, carissimiDiaconi e Seminaristi, carissimi so-relle e fratelli amati dal Signore. E’questo l’unico messaggio autenticoche la Madre di Gesù da duemilaanni rivolge all’umanità, indicandonel suo Figlio divino l’unico Reden-tore dell’uomo, l’unico Sal-vatore del mondo. Questamattina lo rivolge anche anoi con la stessa premurosaattenzione materna con laquale lo rivolse ai servi nellenozze di Cana per sottrarrea una brutta figura due gio-vani sposi, come abbiamoascoltato or ora nel Van-gelo. Accogliamolo con lastessa docilità dei servi.Essi, pur non compren-dendo il comando di Gesùdi riempire gli otri di acquamentre era il vino che man-cava, obbedirono senza esi-tazioni, e furono i primitestimoni del primo segnodella divinità di Gesù.

Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv2,3). E’ questo il consiglio più es-senziale e importante, sintesi ditutto il Vangelo, che con la forza diun imperativo di amore materno cirivolge Maria per la nostra serenitàpersonale, familiare e sociale, oggiscossa e compromessa da falsi e in-gannevoli consiglieri in netto con-trasto non solo con quanto dice ilsuo Figlio ma con la stessa sana ra-gione, creando incertezze e confu-sioni sul vero senso della vita. E’ unmessaggio di luce, di fiducia e di

speranza. Ci invita a essere sicuriche lei ci tiene sempre tra le suebraccia e ci guarda come guardaGesù, perché anche noi siamo figlisuoi. Ed è significativo, consolante,stimolante per voi, carissimi semi-naristi, che sullo sfondo dell’absidedi questa vostra Cappella Maggiore,

domini la bellissima icona dellaMadre del Buon Consiglio, aureo-lata dall’affermazione più affet-tuosa della vostra devozione filiale:“Mater Boni Consilii Te vocant tuifilii”.

2. E’ Lei infatti la vergine madredi Gesù, il Consigliere ammirabile,fonte di luce e di gioia nelle oscu-rità della vita, preannunziato dalprofeta Isaia, come abbiamo ascol-tato nella prima lettura. E’ Lei checol fiat dell’Annunciazione ha reso

possibile la realizzazione storicadell’eterno disegno del Padre, faredi Cristo il cuore del mondo, per cuiDante giustamente la invoca “ter-mine fisso di eterno Consiglio”.Sono scaturite da Lei “le sorgentidella vita”, come abbiamo cantatonel salmo responsoriale. Lei è stata

la prima consigliera degliapostoli adunati e concordiin preghiera nel cenacolonell’attesa della Pentecoste,come abbiamo ascoltatonella seconda lettura.

3. Mettiamoci dunquecon fiducia alla sua scuola:ascoltiamo e mettiamo inpratica i suoi consigli. Essicoincidono con quanto ciha detto e ci dice il suo Fi-glio divino. Solo lui è Con-sigliere affidabile, che noninganna, non illude e nondelude, perché solo lui haparole di vita eterna. Lei èstata la prima consigliera diGesù in quanto sua madre.E’ e deve essere anche la

nostra prima consigliera perché èanche nostra madre, affidata a cia-scuno di noi da Gesù sulla crocenella persona dell’Apostolo Gio-vanni. Come Giovanni, anche noidobbiamo prenderla nella casadella nostra vita personale, del Se-minario, della comunità ecclesialeche ci è stata o vi sarà affidata,delle nostre famiglie, facendola at-tenzione continua del nostro af-fetto filiale, della nostra costantepreghiera, dell’umile ma generososforzo nell’imitarla.

“QUALSIASI COSA VI DICA, FATELA” (Gv 2,3)Omelia del Card. Salvatore De Giorgi – Arcivescovo emerito di PalermoSolenne concelebrazione eucaristica in onore della Mater Bonii ConsiliiCappella Maggiore, 18 novembre 2017

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4. L’affetto filiale si esprimenell’abbandono sereno e fiduciosoa Lei, come quello di “un bimbosvezzato in braccio a sua madre”(Sal 130), non semplicemente conil sentimento passeggero dellaemozione, ma con la forza maturadella fede. La certezza di aver Mariaper madre c’inonda di gioia e disperanza, soprattutto nei momentidella prova, della tentazione, delladelusione, dello scoraggiamento,della caduta: è luce nella prova,forza nella tentazione, certezzanella delusione, speranza nello sco-raggiamento, soccorso nelle ca-dute. L’affetto filiale a Maria siesprime di conseguenza nella de-vozione a Lei, memori che il cultomariano non è accessorio ma parteintegrante del vero culto cristiano:gli ha dato inizio Gesù stesso dal-l’alto della Croce. Da qui l’istintivobisogno della preghiera a lei e conlei. In ogni Celebrazione eucaristicaanzitutto: affermiamo infatti di of-frire il memoriale della Pasqua delSignore uniti a Lei. Siamo conse-quenziali a quella affermazione. Enella recita quotidiana del S. Rosa-rio non solo ci rivolgiamo a Lei, maci uniamo anche a Lei nel glorifi-care la SS. Trinità e nel contemplareil volto del Figlio suo con i suoiocchi e con il suo cuore. Non trala-sciamola mai: ce lo ricorda anche ilBambino Gesù che nell’icona dellaMater Boni Consilii contempliamocon la corona del Rosario nellemani.

5. Ma è soprattutto nello sforzodi imitazione che si manifesta il no-stro amore filiale a Maria. Lei non èsolo nostra madre, è anche nostromodello. Modello di santità, Lei, laTuttasanta, ci ricorda la primaria euniversale vocazione alla santità,perché tutti in Cristo col Battesimosiamo figli adottivi di Dio e perciò

partecipi della sua santità. Dob-biamo manifestare perciò nella vita,nella quotidianità delle sue situa-zioni, la santità che abbiamo rice-vuto in dono. A noi sacerdoti poiricorda che con l’Ordinazione ab-biamo ricevuto lo Spirito di santità,per essere ministri della santifica-zione, santi e santificatori, attra-verso l’esercizio limpido, generosoe fedele della carità pastorale nellaquotidianità del nostro ministero.Madre del Buon Consiglio, Lei ri-fulge nella Chiesa come esempiospecchiatissimo di virtù evangeli-che, quali la fede, la speranza, la ca-rità, l’obbedienza, l’umiltà, la pietàverso Dio, la fortezza nell’esilio enel dolore, la povertà dignitosa e fi-dente nella Provvidenza, la purezzaverginale, la fedeltà nel matrimo-nio, la maternità premurosa. Lei nelCenacolo fu il primo segno del-l’unità e della concordia che de-vono caratterizzare la Chiesa inogni tempo e in ogni luogo. Ciesorta tutti a fare delle nostre co-munità, a cominciare dal Semina-rio, autentiche case di comunione,dove si respira il calore dell’amorevicendevole, che il Signore ci ha co-mandato come unica tessera diidentità del cristiano e condizioneper rimanere nel suo amore.

6. Vergine in ascolto, Lei ha cre-duto alla Parola di Dio, l’ha messain pratica e l’ha annunziata comeprima discepola-missionaria delsuo Figlio. Anche noi battezzatisiamo discepoli-missionari di Gesù,secondo l’efficace precisazione diPapa Francesco, ossia ascoltatoriassidui, testimoni coerenti e an-nunziatori entusiasti del Vangeloovunque siamo, viviamo e ope-riamo. Non dimentichiamo, noi sa-cerdoti, che il nostro primoministero pastorale è quello di an-nunziare la parola di Dio che tutti

hanno il diritto di ascoltare dallenostre labbra. Siamo perciò i primiad ascoltarla, leggerla, meditarla,contemplarla, ogni giorno, attra-verso la lectio divina della quale ilSeminario è la prima scuola, cheeduca a incarnarla nella vita. Solocosì possiamo annunziare il Van-gelo a un mondo che cambia con ilfuoco della Pentecoste ricordatacida San Luca, con la forza della te-stimonianza che rende credibilel’annunzio e con l’aggiornamentomaturato nello studio, che ci aiutaa renderlo accessibile a una societàsempre più lontana da Dio.

7. Maestra di meditazione e dipreghiera, la Madonna ci ricordache noi sacerdoti, nati dalla pre-ghiera del suo Figlio nel Cenacolo esulla croce, la dobbiamo prolungarenella Chiesa, per fare delle nostrecomunità, a cominciare dal Semi-nario, case e scuole di preghiera.Ma questo è possibile solo se siamocostantemente alla scuola di Gesùorante, come uomini di Dio, chenella intimità con lui parlano a luiper poter parlare di lui, riscoprendoil valore religioso del silenzio, qualeatmosfera spirituale indispensabileper percepire la presenza di Dio eper lasciarsene conquistare. Il ver-tice della preghiera cristiana è l’Eu-caristia, istituita da Gesù insiemecol sacerdozio ministeriale il primoGiovedì Santo. Maria, “donna euca-ristia con l’intera sua vita” (EdE, 40),ha una relazione unica con l’Euca-ristia, che è il vero corpo di Gesùnato dal suo seno verginale. Maanche noi sacerdoti abbiamo rela-zione singolare con l’Eucaristia, cheè posta nelle nostre mani. Per que-sto deve essere il centro della no-stra vita, la sorgente e il culmine ditutto il nostro ministero.

Maria, che fece sua, con tutta lavita accanto a Gesù, la dimensione

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sacrificale dell’Eucaristia fino ad as-sociarsi a lui nel sacrificio dellaCroce del quale l’Eucaristia è il me-moriale, c’invita a partecipare e acelebrare l’Eucaristia con i senti-menti di fede, di lode e di ringrazia-mento da lei espressi nel Canto delMagnificat, e con l’atteggiamentooblativo da lei manifestato ai piedidella Croce, in modo che tutta lanostra vita diventi un’eucaristia vi-vente attraverso la donazione to-tale a Dio e ai fratelli.

9. “Modello di quell’amore ma-terno, del quale devono essere ani-mati tutti coloro che nella missioneapostolica della Chiesa cooperanoalla rigenerazione degli uomini”(LG, 65), Maria insegna a noi sacer-doti quella delicatezza materna conla quale dobbiamo esercitare il no-stro ministero, quei sentimenti eatteggiamenti concreti di tene-rezza, di amore, di comprensione, dicompassione, di condivisione, diconforto e di speranza, dei quali

siamo debitori ai nostri fedeli. Essici chiamano padri, ma noi, comeSan Paolo, dobbiamo essere perloro anche madri.

Serva del Signore, che si fa servadegli uomini, come dimostrò nellavisita alla cugina Elisabetta e allenozze di Cana, Maria, vera madre diColui che non è venuto per essereservito ma per servire, indica nelservizio lo stile della vita cristiana esoprattutto del sacerdozio ministe-riale: un servizio di amore che sicurva in modo particolare sui po-veri e gli umili dei quali Maria è larappresentante più nobile e con iquali Gesù ha voluto identificarsi:siano anche i prediletti della nostracarità pastorale.

Madre di misericordia, come lainvochiamo nella “Salve Regina”, ciesorta tutti, tutti poveri peccatori,a non dubitare mai della misericor-dia infinita del Padre, che ci attendesempre, ci perdona tutto, ci vieneincontro, ci abbraccia e fa festa connoi quando torniamo a lui nel sa-

cramento della Riconciliazione, delquale noi sacerdoti siamo i soli mi-nistri, ma soprattutto i primi e piùassidui penitenti.

10. Sorelle e fratelli carissimi,accogliamo con gratitudine di figliquesti consigli che Lei ci ha rivoltocon cuore di madre. Deponiamo ilnostro “sì” tra i doni che fra pocosaranno portati all’altare. E formu-liamo ai nostri seminaristi l’augurioa loro più gradito, perché espressonella loro dolcissima preghiera allaMadre del Buon Consiglio: “Madredi Gesù che noi siamo chiamati aincarnare, donaci i tuoi occhi e iltuo cuore perché possiamo vederee amare il dono grande di cui ilPadre, dono di ogni paternità, ci havoluto colmare: la nostra voca-zione. Facci plasmare da Lui per di-venire luce del mondo a serviziodella gioia dei fratelli ai quali mo-strare il Figlio tuo, che è Via, Veritàe Vita”. Amen

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“Motivo lieto di riso mi ha dato Dio”. Il Cammino di Santiagodi Giuseppe Sgambetterra - Seminarista

Scrivere dell’esperienza delCammino di Santiago forse èla cosa più difficile che mi sia

apprestato a fare, in quanto ancoranon sono riuscito a raccontare nem-meno a me stesso la meraviglia che hovissuto in questa esperienza… E unapaginetta sul giornalino è davveropoco.

Mentre ripenso a quei giorni, in-tensi come un’eternità, mi passano da-vanti agli occhi i volti, le lacrime e isorrisi, i panorami, le fatiche e le gioie,le città, le albe e i tramonti… Mi sem-bra di udire i canti, le risa, le parole diconfidenza, le preghiere… Mi sembradi sentire i brividi del freddo, il solesulla pelle, il vento, la brina sulla fac-

cia… E in tutto questo scorgo losguardo di Dio, un Dio viandante, unDio pellegrino, che batte i piedi sullamia stessa via, sulla via per Santiago,sulla via della mia vita, sulla via dellamia vocazione.

Quella mattina del 30 Luglio nonsapevo ancora chi sarebbero stati imiei compagni di viaggio. Non cono-

In tempi di forte crisi valorialeed economica oltreché relazio-nale, il vuoto dell’esistenza e

delle idee rischia di essere colmato dapaure e timori che non dovrebberominimamente esistere e nemmeno af-fiorare nella mente e nel cuore dell’es-sere umano in quanto tale.

Deve far riflettere il deprecabileepisodio di cui si sono resi protagoni-sti alcuni (pseudo)tifosi di unasquadra di calcio che, per “irri-dere” (!) i propri avversari,hanno creato un fotomontag-gio in cui ANNA FRANK (1929-1945ca) indossava la lorodivisa sociale. Non è un meroepisodio da condannare li-quidandolo come violenzanegli stadi, estremismi che en-trano nelle frange del tifo orga-nizzato o un atto goliardico maqualcosa che deve farci interrogarenel profondo del nostro essere. Nonbisogna essere arrivisti ed indignati del“giorno dopo” ma essere sentinelle chenella quotidianità mirino a preveniretali fenomeni, a partire dalle testimo-nianze vere e concrete fino ad arrivaread iniziative di buona educazione ci-vica che non coinvolga solamente ibambini ma tutti, anche gli adulti.

ANNA FRANK, così come tutte le vit-time della violenza e pulizia etnica,

non dovrebbe far insorgere solamentei nostri fratelli della comunità ebraicadi Roma ma tutti noi. Anna deve es-sere un esempio - insieme a tutte levittime di ogni tipo di violenza - chel’odio e la paura del diverso sono si-nonimo di cru- deltà e ignoranza.

Siamo figli di Dio e, in quanto tali,dobbiamo rispettarci, amarci! Ciò nonsignifica essere buonisti ed accettareogni tipo di scelta libertina, bensì ga-rantire ad ogni uomo e donna la li-bertà e dignità che gli spettanonaturalmente ed ontologicamente inquanto imago Dei. Se un fratello o

una sorella ha un colore di pelle di-verso dal mio, se professa una fede di-versa dalla mia, se dalla propriacultura d’origine trae usi e costumiche sono diversi dai miei, non devopercepirli come una minaccia o addi-rittura dei nemici, bensì come un donoche mi arrichisce nella relazionalità,nel dialogo, nel confronto e nel ri-spetto reciproco.

Il razzismo, in qualsiasi forma oveste si presenti, va sempre com-

battuto e non solo con inizia-tive di grande risonanzamediatica che banalizza ilproblema. Occorre ognigiorno informarsi, conoscere,dialogare e testimoniare. Maè ancor di più necessario pu-

rificare dai veleni della disin-formazione ideologica e

xenofoba le fake news che ormaiinvadono le nostre assuefatte ed

alienate coscienze che spesse volte“condividono” link e post senza verifi-care la fonte. La vera conoscenza dellastoria, delle culture, degli usi e co-stumi e delle figure di martiri dell’odiorazziale diventi il nostro stile di vitaquotidiano, di annunciatori e testi-moni della Verità, della bellezza dellavita, dell’amore di Dio nei confronti ditutti gli uomini.

Lettera 22 Un calcio al razzismodi Giovanni Rigoli - Seminarista

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scevo nessuno, se non Giuseppe, ilcompagno seminarista che è partitocon me. Già a Madrid il segno incon-fondibile della mochila (lo zaino) sullespalle di alcuni ragazzi in attesa allafermata del bus per Astorga mi riempìgli occhi di gioia: il cammino iniziavalì, e non era un cammino in solitaria!Da subito col gruppo di 17 ragazzi,provenienti da tutta Italia, è nato unrapporto di confidenza e complicità,sembrava di conoscerci già tutti dasempre. In fondo era così, conosce-vamo la cosa più importante che ci ac-comunava: il desiderio profondo difare un’esperienza forte di Dio. Questodesiderio lo vedevamo giàesaudito, ed ecco perchétanta confidenza: avevamogià percorso un tratto dicammino insieme, senza sa-perlo, nel sogno che Dioaveva per noi, nel suo pro-getto di metterci sulla stessastrada.

A guidarci, nel senso piùampio del termine, p. MichelePapaluca SJ, P. Andrea PiccoloSJ e Rob Rizzo SJ, dell’Apo-stolato Giovanile Gesuitadella Provincia Euro-Mediter-ranea. Figure che di lì a pocosarebbero diventate semprepiù importanti, guidandocinon solo lungo la strada masoprattutto nel discerni-mento di ciò che Dio volevadirci in quei giorni. Ad ac-compagnarci un altro “pelle-grino” della fede, la figura diAbramo, nel suo cammino verso illuogo che Dio indica… E quale sarebbestato il luogo che indicava a noi? Cre-devamo tutti fosse Santiago de Com-postola. Ma così, alla fine, non fu.

Il cammino iniziava ogni mattina nelbuio e nel silenzio, l’unica voce che rie-cheggiava nella nostra testa e nel no-stro cuore era quella del Salmista checantava i “salmi delle salite” pellegri-nando verso Gerusalemme. Ogni giornoera questo il momento più duro. Il mo-mento del buio fitto e quasi palpabile,il momento della solitudine, del silenzio.Per la strada eri solo, con te stesso, con

i tuoi piedi che gridavano dal profondo,come nel salmo 129, per via delle primevesciche, con le gambe che vacillavano,con l’ansia di trovarsi da soli nelle tene-bre ad un bivio, dove le tue uniche spe-ranze erano trovare la freccia gialla cheindicava la direzione giusta o sperareche qualcuno ti superasse col solito sa-luto: “Buen camino”, e così seguirlolungo la strada. Era la metafora di queimomenti bui della vita, quando cerchila direzione giusta o cerchi qualcunoche ti possa indicare la strada avendotigià preceduto. Fu in una situazionecome questa che compresi quanto Dioè presente nella mia vita. Lo compresi

grazie al mio bastone, il quale è, per unpellegrino, l’unico appoggio, l’unicacosa sulla quale affidarsi e gettare ilproprio peso: “getta nel Signore il tuoaffanno ed egli ti sosterrà” (Sal 54). Nelsilenzio spesso il ticchettare del bastonesull’asfalto o sulle pietre era l’unicosuono che sentivi, ma anche quandonon lo si sentiva, perché il terreno piùlieve ne assorbiva l’impatto, il bastoneera lì, saldo nella mano, a reggerti, a so-stenerti. Come il Signore in ogni mo-mento della vita, anche nei momenti incui non lo sentiamo.

Poi il buio finiva… una mattina sem-

brava non finire più, finché non sentìuna voce dietro a me che diceva: “Giu-seppe, girati! C’è l’alba!”. Fu l’alba piùbella della mia vita. Fu un’alba nella miadebolezza, fu un’alba nella mia solitu-dine. Fu l’alba che mi fece comprenderela vera fraternità, quella che cerca sem-pre di farti vedere la luce nel momentopiù tetro e doloroso.

Il grande insegnamento del cam-mino è stato che si è più forti nel rico-noscersi deboli. Che ci vuole più forza afermarti e comprendere che nella vital’umiltà è ciò che conta, che la vita nonè tagliare traguardi e raggiungeretappe, ma è camminare col proprio

passo! Questo lo capisciquando altri ti portano lozaino, quando devi fermarti,quando altri devono reggertie devono aiutarti a bucare levesciche sotto i piedi. Capisciquanto è importante la co-munità e come in ogni fra-tello ci sia Gesù che si fasamaritano!

Ho compreso la fraternitàche condivide la gioia nelcanto di un canone a 4 voci,nelle canzoni Disney cantatea squarciagola salendo unpendio con 15% di inclina-zione, in un pezzo di ciocco-lata offertomi da un voltoamico.

Vorrei ancora scriveretanto di quegli undici giorniintensi come una vita ma leparole forse sono “poco” perracchiudere tanto, e nem-

meno il numero di battute mi consentedi andare oltre. Non mi consente di rac-contare dell’arrivo a Santiago, delle la-crime vedendo le guglie da lontano,dell’abbraccio all’Apostolo e ai fratelli dicammino… Ma forse meglio così!Ognuno deve vivere il proprio arrivo aSantiago, che non è la meta, ma, comedice un detto dei pellegrini, “LA META ESEL CAMINO”: è quello che vivi, è chi in-contri! La meta, per me, è stata scoprireche “Motivo lieto di riso mi ha dato Dio:chiunque lo saprà sorriderà di me” (Gen21,6)! Gracias amigo Santiago!

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Ogni anno, i Seminaristi sonoinvitati a rendere la pausaestiva un’occasione per

prendere parte ad attività o iniziativeche possano favorire la personale cre-scita umana e, quindi, spirituale. Di so-lito, si tratta di esperienze formativeda concordare di comune accordo colPadre Spirituale e con i Formatori.

Per quanto mi riguarda, sin dalmese di febbraio ho espresso ai Supe-riori il desiderio di poter prendereparte agli Esercizi Spirituali di San-t’Ignazio. Ottenuto il parere favorevoleho contattato la Casa di Spiritualitàprescelta e, con Valerio Prestia, siamopartiti in macchina verso la meta sta-bilita. Aver affrontato in due il viaggiosi è rivelato di grande utilità, in quantoha permesso di affrontare con serenitàun mese che poi sarebbe stato abba-stanza impegnativo.

Ci si può domandare in cosa con-sistano gli Esercizi Spirituali Ignaziani,di cui tanto si sente parlare e chespesso suscitano, accanto ad un’inne-gabile fascino, anche un certo timore,legato alla “paura di non farcela”…

Essi sono, anzitutto, un tempo pri-vilegiato per fare esperienza di Dio,crescendo nella conoscenza di sestessi, sotto la luce dello Spirito.

Gli Esercizi Ignaziani si possonofare per intero, ed allora la durata è di

un mese; possono avere, anche unadurata inferiore, qualora si volesse farel’esperienza di una sola “settimana”per volta.

Ciascuna “tappa” (o “settimana”)

prevede un numero di giorni cheoscilla, più o meno, fra i sette e i dieci.

Nella prima settimana, solitamente,si è invitati a meditare sulla realtà delpeccato, meditando alcuni brani dellaScrittura, che aiutano a prenderne co-scienza: si concludono con il Sacra-mento della Riconciliazione.

La seconda settimana consiste inun accostamento alla vita di Gesù,dalla nascita sino alle porte del suaPassione, imparando a conoscerLo e afrequentarLo, attraverso la medita-

zione e la contemplazione degli avve-nimenti principali riportati nei Vangeli.

Nella terza settimana si contemplala Passione di Amore di Dio per l’Uma-nità, che condurrà il Verbo Incarnato adare la Sua Vita, morendo Crocifisso,in una totale donazione di Sé, per lasalvezza del mondo.

La quarta settimana è quella della“Gloria”: si contempla la Resurrezionedel Crocifisso e la gioia di una vita chesi rinnova, sotto la spinta di quella“forza” di Amore, che Lo ha strappatoalla morte, aprendo anche a noi un“varco” nella Vita Piena, che nessunopotrà mai più chiudere.

Ogni settimana si conclude conuna cosiddetta quies, giorno di riposoe di relax, in cui si interrompe il silen-zio e la preghiera, per prepararsi ad af-frontare la successiva “tappa” delcammino.

Al termine del percorso, siamo tor-nati a casa, colmi di gioia e, soprat-tutto, con una rinnovataconsapevolezza della fedeltà eternadell’amore di Dio, che chiama e so-stiene con la Sua Grazia, quanti umil-mente si pongono in ricerca di Lui.

A questo punto, non resta che farei migliori auguri a quanti si decide-ranno a vivere questa particolare espe-rienza dell’Amore di Dio. Provare per …credere!, “Venite e … vedete!” (Gv 1,39).

L’esperienza estiva degli Esercizi Spirituali Ignazianidi Carlo Alberto Piro - Seminarista

Esercizi Spirituali di inizio annoAlla scuola di Luca,nel tentativo di tratteggiare il Voltodel Maestro nella nostra vita

di Francesco Buccafurri-Seminarista

Come ogni anno, la prima tappadel cammino formativo è caratteriz-

zata dagli esercizi spirituali che i semi-naristi del triennio teologico hannovissuto dal 18 al 23 settembre a Lim-badi (VV), presso una casa di spiritua-lità delle Suore Francescane del BuonPastore, guidati nella meditazionedalle profonde riflessioni di S. E. Mons.Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Ros-sano-Cariati. Gli esercizi sono stati unpercorso di luce attraverso cui giun-

gere a meglio definire noi stessi, in re-lazione all’esistenza di uomini e di figlidi Dio, in un percorso segnato da unascelta ispirata dal Signore: la voca-zione al sacerdozio ordinato. Le rifles-sioni sono state incentrate su diversibrani dell’evangelista Luca, nel tenta-tivo di tratteggiare il Volto del Maestronella vita del discepolo, nella nostravita. C’è stata per tutti l’opportunità di

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assaporare la forza travolgente dellaParola di Dio la quale ci ha esortato, econtinua a farlo ogni giorno, ad unapiù intima sequela del Cristo, versouna conformazione più piena a lui. Ilpresule ha più volte invitato a consi-derare le nostre povertà e le nostrefragilità per raggiungere la beatitu-dine, sull’esempio di Maria. Propria Ellasi è abbandonata in Dio e ha fatto disé e della sua verginità luogo di “fe-condità generativa”. Nell’economia diDio, infatti, la verginità non è sola-mente una condizione fisica ma unostato del cuore. Un cuore, pronto adaccogliere la presenza dell’altro, dellesue dinamiche e dei suoi problemi; uncuore casto, disposto ad amarlo senzapossederlo in alcun modo; un cuoreobbediente, pronto a dare tutto comeCristo sulla croce. Tutto questo ci ponenello stato di povertà: una povertà cheè libertà e leggerezza, capace di nutrirela fede. Molto fruttuosi sono stati imomenti di condivisione nei gruppi incui ciascuno, liberamente, ha potutooffrire all’altro la sua personale medi-tazione. Centrale, infine, è stata l’Ado-razione della Croce, ai cui piediognuno ha potuto riporre la propriapreghiera, affidando così al Crocifissoil nuovo anno appena iniziato.

Vocazione e frater-nità: Il Ritiro di inizio anno per latappa discepolare

di Mansueto Corrado - Seminarista

Nella splendida cornice del Santua-rio della Beata Vergine Maria delleGrazie a Torre di Ruggiero, sulla Sila, siè tenuto dal 18 al 22 settembre 2017un corso di esercizi spirituali, che haintrodotto noi seminaristi della “TappaDiscepolare” nel nuovo anno forma-tivo. Il ritiro è stato dettato da don Pa-squale Galatà, presbitero della Diocesidi Oppido Mamertina – Palmi, sultema, che ci ha visti impegnati già du-rante lo scorso anno formativo: “Il Si-gnore mi ha donato dei fratelli”.

La riflessione è stata incentratasulla consapevolezza che possiamoconsiderarci fratelli, solo se abbiamopiena coscienza della paternità di Dio.Infatti, la fraternità cristiana si basasull’insegnamento di Gesù, che ci hamostrato Dio come Padre e ci guidanella preghiera a rivolgerci al Padre (Lc11, 1-4). Acquisito questo concettofondamentale per la vita cristiana, si èpassati a meditare sulla vocazionedegli Apostoli (Lc 9, 57-62; Lc 10, 1-16). Siamo, infatti, secondo la nuovaRatio Fundamentalis Institutionis Sa-cerdotalis (nn. 61-67) nella Tappa Di-scepolare, in cui da veri e propridiscepoli dobbiamo metterci in ascoltodel Divino Maestro. L’ultima sezionedelle meditazioni ha fatto riferimento

a come si può attentare alla fraternità,ovvero con l’invidia e la volontà di pre-valere (Mc 9, 33-37). Gesù ci insegna,invece, che abbiamo bisogno dell’altro;non a caso, infatti, manda i discepoli adue a due (Mc 6, 7-13) e non a casochiama dodici Apostoli (Mc 3, 13-18).Ricaricati spiritualmente dagli esercizispirituali e istruiti dalla meditazione suquesto tema basilare per la vita cri-stiana prima, sacerdotale dopo, cisiamo immersi nel nuovo anno, con-sapevoli di doverci impegnare a diven-tare una comunità più fraterna e piùunita.

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“Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze” (Mt 22,9)

Missioni popolari a Polistenadi Saverio Menniti - Seminarista

Festa, gioia, opportunità, in-vito gratuito, confronto,preghiera, sono solo alcune

delle grazie che il Signore ci ha vo-luto concedere per mezzo dellaMissione Popolare vissuta nella cit-tadina di Polistena, diocesi di Op-pido Mamertina-Palmi. Divisi nelle3 comunità del territorio: Chiesadel Rosario, Chiesa Matrice e MariaImmacolata, noi seminaristi ancorauna volta siamo stati chiamati aduscire, ad andare incontro a coloroche si trovavano lontani, a coloroche avevano bisogno (come noi) diuna forte esperienza col Signore,caratterizzata giorno per giorno daun’esperienza totalmente originaleed unica. Luce nella Notte: un invitogratuito, fatto col cuore, a prendereparte ad una Adorazione Eucari-stica serale, animata da canti, pre-ghiere, e la possibilità di ammirarela bellezza di Gesù Signore nell’Eu-

carestia. Giochi di Gruppo: per igiovani, che durante la settimanariempita da vari impegni, scuola elavoro, hanno potuto concedersi unpomeriggio di svago, tra giochi,musica, balli, sperimentando la pre-ghiera più intensa e meravigliosa,quella della gioia. Messe di Quar-tiere: un momento di grazia per ipiù lontani, specie per chi ha diffi-coltà a prendere parte alla celebra-zione eucaristica, dove è lacomunità stessa che si è mossa, cheè uscita, che ha offerto una grandetestimonianza ed una vicinanzaparticolare per tutti i fedeli di Poli-stena. Evangelizzazione: la più di-namica delle esperienze, che ci haportato non solo all’interno dellescuole di ogni grado, nelle casedelle comunità, ma soprattutto, ciha portato per strada. Specie du-rante i weekend, dove le serateerano particolarmente vive e popo-

late da numerosi giovani, con iquali abbiamo potuto vivere un belmomento di evangelizzazione fattodi abbracci gratis, piccole “pillole”di vangelo, musica e dialoghi inpiena gioia. Le Missioni, sono untempo di grazia, di crescita, di pre-senza viva e concreta del Signore,sono un’esperienza veramente in-descrivibile, quasi paragonabile allaparabola nel vangelo di Matteo,quella dell’invito a nozze, dove siagli invitati, e sia i messaggeri, sonochiamati a questo grande mo-mento di gioia e beatitudine, vestitidel più suntuoso degli abiti, quellodi Cristo Gesù stesso; il quale èsempre presente in mezzo a noi,pronto a ridonarci in ogni mo-mento della nostra vita quell’invitodi nozze, per condurci così a con-templare e gustare il suo immensoe gratuito Amore.

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La formazione intellettuale dei seminaristi nel recente magistero della ChiesaMons. Alessandro Saraco – Coordinatore della dimensione intellettuale

Nel cammino formativo di pre-parazione al ministero sacer-dotale, per il seminarista è

fondamentale che la dimensione umana,spirituale, intellettuale e pastorale sidebbano armonicamente integrare fraloro essendo esse finalizzate «alla tra-sformazione o assimilazione del cuore adimmagine di Cristo; l’intero processoeducativo in preparazione al sacerdozioministeriale, infatti, ha lo scopo di di-sporre i seminaristi a comunicare allacarità di Cristo, buon Pastore» (Congre-gazione per il Clero, Il dono della voca-zione presbiterale. Ratio FundamentalisInstitutionis Sacerdotalis, n. 89). Infatti,il Decreto Sulla Formazione Sacerdotale“Optatam Totius” (28 ottobre 1965) delConcilio Vaticano II insiste sul principiodella conformazione a Cristo, buon Pa-store, che deve ispirare l’intero camminoformativo al sacerdozio: «Nei seminaritutta l’educazione degli alunni deve ten-dere allo scopo di formare veri pastorid’anime, sull’esempio di Nostro SignoreGesù Cristo Maestro, Sacerdote e Pastore[…] Pertanto, tutti gli aspetti della for-mazione sacerdotale, spirituale, intellet-tuale, disciplinare, siano con pienaarmonia indirizzati a questo fine pasto-rale» (n. 4). A proposito dello studio, ilsummenzionato Decreto esorta glialunni «a percepire il significato deglistudi ecclesiastici, la loro struttura e illoro fine pastorale, e insieme siano aiu-tati a far della fede il fondamento el’anima di tutta la loro vita […] Attinganoaccuratamente la dottrina cattolicadalla divina Rivelazione, la studino pro-fondamente, la rendano alimentodella propria vita spirituale e siano ingrado di annunziarla, esporla e difen-derla nel ministero sacerdotale» (nn.14; 16). Lo studio inteso, quindi, comesolida preparazione per la buona riuscitadell’attività educativa, pastorale e mis-sionaria del futuro presbitero. «Ai nostrigiorni» – avverte il Decreto Sul ministeroe la vita sacerdotale “Presbyterorum

Ordinis” (7 dicembre 1965) – «la culturaumana e le scienze sacre avanzano ad unritmo prima sconosciuto; è bene quindiche i presbiteri si preoccupino di per-fezionare sempre adeguatamente lapropria scienza teologica e la propriacultura, in modo da essere in condizionedi poter sostenere con buoni risultati ildialogo con gli uomini del loro tempo» (n.19). Nel contesto socio-culturale odiernonon bastano più le elementari e basilariconoscenze intellettuali ma è richiestoun livello alto della qualità degli studiecclesiastici che, secondo la Dichiara-zione sull’Educazione Cristiana “Gravis-simum Educationis” (28 ottobre 1965),sono ordinati «in modo che si abbia unacognizione sempre più piena della Rive-lazione Divina, sia meglio esplorato il pa-trimonio della sapienza cristiana,trasmesso dalle generazioni passate, siafavorito il dialogo con i fratelli separati econ i non-cristiani, e si risponda ai pro-blemi emergenti dal progresso culturale»(n. 11). Anche l’Esortazione Apostolicapostsinodale sulla Formazione dei sacer-doti nelle circostanze attuali “Pastoresdabo vobis” (25 marzo 1992), insistesull’ “urgenza attuale” di una accurataformazione intellettuale dei seminaristie dei presbiteri «di fronte alla sfida dellanuova evangelizzazione alla quale il Si-gnore chiama […] I candidati al sacerdo-zio e i presbiteri devono avere diligentecura del valore della formazione intellet-tuale nell’educazione e nell’attività pa-storale, dal momento che per la salvezzadei fratelli e delle sorelle devono cercareuna più profonda conoscenza dei misteridivini […] È la stessa situazione contem-poranea ad esigere sempre più dei maestriche siano veramente all’altezza dellacomplessità dei tempi e siano in grado diaffrontare, con competenza e con chia-rezza e profondità di argomentazioni, ledomande di senso degli uomini d’oggi, allequali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà lapiena e definitiva risposta» (nn. 51; 57).

Perciò, attraverso la seria e motivata

applicazione allo studio delle disciplinefilosofiche e teologiche, il seminaristaacquisisce gradualmente una visionesempre più completa di sé stesso, del-l’uomo, del mondo e di Dio. Infatti, la ci-tata Ratio Fundamentalis InstitutionisSacerdotalis ribadisce che «la dimen-sione intellettuale offre i necessari stru-menti razionali per comprendere i valoripropri dell’essere pastore, per cercared’incarnarli nel vissuto e per trasmettereil contenuto della fede in modo adeguato[…] La formazione intellettuale è finaliz-zata al raggiungimento, da parte dei se-minaristi, di una solida competenza inambito filosofico e teologico, nonchédi una preparazione culturale di ca-rattere generale, tale da permettere lorodi annunciare, in modo credibile e com-prensibile per l’uomo di oggi, il messag-gio evangelico, di porsi proficuamente indialogo con il mondo contemporaneo edi sostenere, con la luce della ragione,la verità della fede, mostrandone labellezza» (nn. 89; 116). Il seminarista,dunque, si applica nell’adempimentodegli obblighi relativi allo studio perchéè spinto dal desiderio di cercare la bel-lezza della Verità. A tal proposito, Bene-detto XVI nella Lettera ai Seminaristidel 18 ottobre 2010 scrisse: «Il tempo inseminario è anche e soprattutto tempodi studio. […] Voi tutti conoscete la paroladi San Pietro, considerata dai teologi me-dioevali la giustificazione per una teolo-gia razionale e scientificamenteelaborata: “Pronti sempre a rispondere achiunque vi domandi ‘ragione’ (logos)della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15).Imparare la capacità di dare tali risposte,è uno dei principali compiti degli anni diseminario. Posso solo pregarvi insisten-temente: Studiate con impegno! Sfrut-tate gli anni dello studio! Non ve nepentirete» (n. 5).

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Chiesa e famiglia. Alla riscoperta del ruolo dellafamiglia nella formazione dei candidati al presbiterato.di Nello Maruca - Seminarista

Il 12 novembre presso il Ponti-ficio Seminario Teologico Re-gionale “San Pio X” di

Catanzaro, si è svolto l’incontro con lefamiglie dei seminaristi della “TappaDiscepolare”. La giornata ha avuto ini-zio alle 09:30 con un breve momentodi accoglienza seguito dall’incontro colrettore mons. Vincenzo Scaturchio. Nelsuo intervento, il rettore ha sottoli-neato l’importanza del ruolo della fa-miglia nella formazione dei futuripresbiteri, alla luce di quanto affer-mato nella Ratio Fundamentalis Insti-tutionis Sacerdotalis del 2016. Ilseminario prospetta un’inclusionemaggiore dei congiunti nel camminoformativo per favorire la maturità af-fettiva di quanti desiderano accedereal secondo grado dell’Ordine Sacro.L’affettività, infatti, è una delle com-ponenti non trascurabili della forma-zione, per favorire relazioni che nonsiano morbose e dunque dannose perl’individuo e per la collettività. Il nucleofamiliare è il luogo più idoneo per que-sto scopo e in cui si educa anche adavere sani rapporti con l’universo fem-minile a causa della presenza dellamamma, della nonna o della sorella. Laparentela è inoltre compartecipe del

discernimento monitorando se nei pe-riodi di riposo la preghiera è costantee se i legami sono liberi da forme di di-pendenza e di sottomissione. La for-mazione del seminarista è parimentiformazione della famiglia, un cam-mino percorso insieme, gioendo deimiglioramenti, dei successi, delle vit-torie e sostenendo i dolori, le regres-sioni e le paure del singolo. I famigliaridiventano soggetti attivi della crescitae non semplici spettatori, caratteriz-zando la vita del ragazzo e connotan-dola indelebilmente. Il crescere insiemeè il punto focale del discorso non scin-dendo la famiglia “acquisita” nel semi-nario da quella biologica mavedendole come un corpo unico, duecomponenti con un’unica radice. I fa-miliari sono stati sollecitati a parteci-pare ai momenti di preghiera delseminario in particolare al vespro delladomenica sera e alle messe ivi cele-brate in particolare nei giorni più so-lenni.Dopo l’intervento del rettore, i presentihanno esposto le loro opinioni da cuiè emersa la contentezza e l’entusiasmoper quanto detto in un clima di appro-vazione generale. Ribadendo però ilgiusto equilibrio tra la libertà del se-

minarista e le aspirazioni parentali perfavorire la serenità e l’indipendenzadella persona.Alle 12:15 ha avuto luogo la celebra-zione eucaristica presieduta dal rettoree concelebrata dai membri dell’equipeformativa. L’omelia è stata innanzi-tutto un invito a riscoprire la dimen-sione ordinaria dell’incontro colSignore avendo un atteggiamentoleale e onesto nei confronti di Dio.L’orgoglio non favorisce questo rap-porto a differenza dell’umiltà, virtù checonduce alla perfezione. E’ stato riaf-fermato che i genitori dei seminaristidevono saper godere della presenza diDio nel grande dono che hanno rice-vuto mediante la vocazione al sacer-dozio del proprio figlio e con luirallegrarsi sempre per la scelta com-piuta, certi del bene che farà allaChiesa.Il tutto si è concluso con il pranzo, rin-graziando per la giornata vissuta eproponendo sempre maggiori e nuoviincontri per una corretta ermeneuticadel sacerdozio nel terzo millennio e perla sua attualizzazione nella societàcontemporanea.

«Il Signore è luce…la luceche illumina il mondo,la vita di ciascuno di

noi. Le sue parole illuminano le nostrescelte di vita , rischiarano le tenebre.Chi si ostina a non lasciare entrare laluce si condanna a vivere nell’oscurità».Queste sono parole tratte da un’omelia

di Mons. Eugenio Aiello, presbiterodell’Arcidiocesi di Crotone - Santa Se-verina, che per oltre un decennio èstato padre spirituale nel nostro Semi-nario “S. Pio X” di Catanzaro. La sua fi-gura nella vita di noi seminaristi èstata proprio come un “faro”, facendosì che in ogni circostanza il nostro

cammino fosse illuminato dalla lucedella Parola di Dio affinchè sia essa aorientare e motivare le nostre scelte divita, abbandonando l’anima chiusanelle tenebre. Nelle consolazioni, nelledesolazioni, nei momenti di sconforto,ma anche nei momenti di gioia donEugenio ha saputo prendere per mano

Luce nel nostro cammino. Il grazie della comunitàa Mons. Aiello e a Don Riganellodi Tommaso Calipa - Seminarista

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ogni suo figlio spirituale aiutandolo aritornare sul retto sentiero che con-duce al Figlio di Dio, ribadendo conti-nuamente l’importanza di viverepienamente in conformità a Cristo, fa-cendo nostre le parole che Paolo ri-volge a Timoteo: «Soffri per il Vangelo»(2 Tm 1, 8). Numerosi sono i santi a cuilui spesso faceva riferimento nella di-rezione spirituale e negli incontri for-mativi, suggerendo di prendereesempio da essi e di saperli guardarecome maestri di vita e di fede, veri imi-tatori di Cristo: Santa Teresa d’Avila,San Giovanni della Croce, Santa Teresadi Lisieux, Santa Caterina da Sienatanto per citarne alcuni. Nel cuore ditutti noi seminaristi resta la spiritualitàdi Mons. Aiello; dire grazie per tuttoquello che ha fatto è poco. Una cosa ècerta: possiamo custodire e fare tesoro

di ogni suo insegnamento facendo inmodo di poter ripetere ogni giorno(come spesso ci ricordava don Eugeniostesso) le parole di S. Francesco d’As-sisi: «Solo Dio…Mio Dio e mio Tutto».Grazie don Eugenio, il Signore bene-dica e custodisca la sua vita e il suoministero sacerdotale.

Per tre anni consecutivi,la cura dei ragazzi delpropedeutico è stata

affidata a don Massimo Riganello, sa-cerdote dell’Arcidiocesi di Crotone -Santa Severina. A meno di un annodall’ordinazione, il Signore ha riservatoper don Massimo un ministero impe-gnativo e delicato al tempo stesso. Conla serenità, la gioia per il servizio,l’amore a Cristo Buon Pastore, donMassimo ha saputo aiutare ogni gio-

vane a discernere la volontà di Dio fa-cendogli capire quanto sia importantela necessità di proseguire il camminoverso il presbiterato. Lo Spirito Santoe l’affidamento alla Vergine Maria, cheorienta la nostra vita verso il Suo Fi-glio, sono state le due “ali” di don Mas-simo in questi tre anni di educatoredella comunità del propedeutico, e noiseminaristi che abbiamo avuto la for-tuna di poterlo conoscere, anche sem-plicemente attraverso un’omelia oqualche incontro formativo, possiamoattestare che don Massimo è un veropastore che ama e serve la Chiesa, cosìcome ha fatto in questi tre anni in se-minario, e in ogni momento sa daresempre e comunque il “massimo” perDio. Grazie don Massimo!

Don Ignazio Schinella: maestro, pastore e padredi Don Antonio Bomenuto - Vicerettore

2novembre 2017, eranoverso le 11.30 del mattino,quando iniziano a giun-

gere sul mio telefono cellulare di-versi messaggi che mi comunicanodell’incidente occorso a mons. Igna-zio Schinella, incidente nel qualeegli ha perso la vita! Non so dire conchiarezza quali sono stati i senti-menti che hanno attraversato la miamente ed il mio cuore! Certamenteall’inizio incredulità, poi doloremisto a rabbia, (non si può morirecosì continuavo a ripetermi…) allafine consapevolezza: la mia vita, laChiesa calabra, l’intera comunitàecclesiale e sociale da oggi sarannopiù povere! Mons. Ignazio Schinella,semplicemente don Ignazio per ipiù, era un uomo di eccelsa culturache riusciva allo stesso tempo arapportarsi con tutti con semplicitàe attenzione. Ha speso la sua vitasacerdotale a servizio della forma-zione dei futuri sacerdoti e dei sa-cerdoti senza mai risparmiarsi

capace anche di pagare di personaper le cose in cui credeva. Il suo mi-nistero presbiterale può essere rias-sunto, a mio avviso, con tre parole:maestro, pastore e padre.

Maestro: ha insegnato per tan-tissimi anni sia presso il nostro Isti-tuto Teologico Calabro che presso laFacoltà Teologica dell’Italia meridio-nale, ma anche presso l’UniversitàMagna Grecia di Catanzaro e inmille altri corsi dove è stato invitato.Dalle sue lezioni si usciva con laconsapevolezza di aver incontratoun uomo che aveva una elevatis-sima cultura, capace di comunicareagli altri le enormi ricchezze di cuidisponeva, stimolandoti a spendertisempre più per lo studio e la cono-scenza.

Pastore: ha svolto il ministero diparroco sia nella comunità di Ma-donna dei cieli in Catanzaro che inuna comunità durante i fine setti-

mana del periodo napoletano. Il suomodo affabile nell’incontrare lagente si intrecciava bene con la suainnovativa capacità pastorale cheaveva nella valorizzazione dei cari-smi dei laici uno dei modi più im-mediati di esprimersi, attuando difatto il dettato conciliare di cui eraconvinto sostenitore.

Ma soprattutto egli è statopadre, sia da rettore che da diret-tore spirituale sono stati centinaia igiovani che si sono formati, con luie grazie a lui, alla vita sacerdotaleapprendendo da lui il grande amorealla chiesa e la capacità di dona-zione per l’evangelizzazione. Credoche chiunque abbia incontrato donIgnazio debba oggi, con sincerità,dire grazie al Signore per aver per-messo di condividere con lui unaparte del proprio cammino. Eccoperché concludo anche io questosuo breve ricordo dicendo semplice-mente: Signore, grazie.

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I l Seminario Teologico Calabro San Pio X, da più di un secolo, provvede alla formazione dei futuri sacerdoti della Calabria perché il loro cuore sia assimilato a quello di Cristo, Maestro e Buon Pastore.

Il cammino formativo dura sette anni durante i quali i seminaristi devono prepararsi, attraverso la cura della vita spirituale e l’approfondimento delle scienze teologiche, ad essere annunciatori e testimoni della Buona Notizia evangelica.

E’ possibile dare il proprio aiuto provvedendo alle seguenti spese per ciascun seminarista:

1. Vitto (3.000 ) e alloggio (5.000 );

2. Tasse Universitarie (1.100 ); 3. Acquisto dei libri scolastici

(500 ); 4. Contributo per arredi sacri e

paramenti liturgici (300 ); 5. Cotta (100 ), abito talare

(300 ); 6. Ss. Messe gregoriane (500 ); 7. Ss. Messe singole (offerta

libera)

Per informazioni: Don Antonio LUPIA Don Salvatore BILOTTA Pontificio Seminario Regionale San Pio X Viale Pio X, 160 – 88100 CATANZARO Tel. 0961 726200 (centralino) Mail: [email protected] Sito internet: www.seminariosanpiox.it

CODICE IBAN: IT23 H033 5901 6001 00000006464 INTESTATO A: Pontificio Seminario “S. Pio X” – Catanzaro CODICE FISCALE: 80007610795 CAUSALE: Offerta Pro Seminario

Sostenere economicamente l’iter formativodi un seminarista significa:contribuire alla diffusione del Vangelonella nostra terra di Calabria.

Ammissione 5 settembre: Pandolfi Domenico Mariadiocesi di San Marco Argentano- Scalea5 ottobre: Castiglione Tommasodiocesi di Crotone - Santa Severina

Lettorato5 ottobre:Prestia Valeriodiocesi di Crotone - Santa Severina12 novembre:Buccafurri Francescodiocesi di Catanzaro - SquillaceGallace Brunellodiocesi di Catanzaro - SquillaceMenniti Saveriodiocesi di Catanzaro - SquillacePilieci Francesco Pasqualediocesi di Catanzaro - Squillace

Pullano Carminediocesi di Catanzaro - SquillaceRivera Sanchez Julio Cesardiocesi di Catanzaro - Squillace

Accolitato10 settembre:Peduto Antoniodiocesi di Locri- Gerace.5 ottobre:Aloi Francescodiocesi di Crotone -Santa SeverinaSquillacioti Pasqualediocesi di Crotone -Santa Severina

Diaconato31 ottobre: Don Roberto Olivadiocesi di San Marco Argentano-Scalea2 dicembre: Don Giuseppe Pilecidiocesi di Mileto-Nicotera-Tropea

Presbiterato20 luglio: Don Gianluca Geracediocesi di Locri-GeraceDon Lorenzo Santorodiocesi di Locri-Gerace30 settembre: Don Antonio Colombinodiocesi di Lamezia TermeDon Giuseppe Gigliottidiocesi di Lamezia Terme Don Luca Gigliottidiocesi di Lamezia Terme21 novembre: Don Domenico Cacciatorediocesi di Oppido Mamertina-PalmiDon Domenico Landodiocesi di Oppido Mamertina-Palmi

Memorandum maggio - dicembre 2017a cura di Valerio Prestia - Seminarista