La Zincatura a Caldo

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CORROSIONE E PROTEZIONE DEI MATERIALI METALLICI I materiali metallici a contatto con ambienti vari subiscono un decadimento per passaggio di loro elementi costitutivi allo stato di combinazione con sostanze ambientali; a questo decadimento si dà il nome di corrosione. La corrosione è detta anche antimetallurgia. I processi di corrosione tendono a riportare spontaneamente i materiali metallici al loro stato termodinamicamente più stabile, che è quello di combinazione con sostanze ambientali, in particolare con l’ossigeno, stato dal quale erano stati sollevati nei processi metallurgici di estrazione e di raffinazione mediante somministrazione di lavoro elettrico o chimico o di calore. Un’idea dell’importanza e dell’estensione dei fenomeni di corrosione si ricava da una valutazione dell’entità dei danni causati dalla corrosione: stime recenti fanno ritenere che questi raggiungano nei paesi industrializzati il 3.5 % del prodotto nazionale lordo. Naturalmente, in questa valutazione dei danni, non si tiene conto solo del valore intrinseco dei materiali metallici da rimpiazzare e del costo della manodopera che comporta l’operazione di rimpiazzo, cioè dei danni causati dai fenomeni corrosivi attraverso arresti di esercizio, cattivo funzionamento degli impianti, inquinamento e perdita di prodotti, ma anche di cedimenti improvvisi di parti di impianti o di strutture, con tutti i pericoli conseguenti per le persone, danni che si possono definire indiretti e che, anche se di difficile valutazione quantitativa, superano comunque di gran lunga per entità i danni diretti. I fenomeni corrosivi si possono produrre alla superficie dei materiali metallici in modo diffuso o localizzato. Si ha corrosione diffusa o generalizzata quando è interessata all’attacco tutta la superficie del materiale metallico, in particolare, se l’attacco si produce in modo uniforme, si parla di corrosione uniforme. Si ha corrosione localizzata, invece, quando i processi corrosivi hanno luogo preferibilmente in corrispondenza ad alcune porzioni della superficie del materiale metallico, con aspetti morfologici particolari. La corrosione localizzata può procedere ad esempio in forma di fenditure o di cricche normalmente alla superficie del materiale metallico. In un processo corrosivo, qualunque sia la morfologia dell’attacco, il materiale metallico subisce in ogni caso una perdita di massa. Consideriamo separatamente le condizioni in cui l’attacco sia uniforme od invece localizzato. In condizioni di attacco uniformemente distribuito sulla superficie del materiale metallico, la velocità di perdita di massa per unità di superficie esposta all’ambiente aggressivo misura nel tempo l’entità del danno provocato dall’attacco stesso ed è esprimibile come: vm = (1/A x t) |m| dove |m| è la perdita di massa che si verifica nel tempo t ed A l’area della superficie esposta. Se |m| è espressa in mg, A in dm2, t in giorni, si ha l’unità pratica mdd che è pari a 1 mg/dm2 giorno. La velocità di perdita di massa risulta immediatamente significativa qualora interessi conoscere la quantità di metallo che va ad inquinare in un certo periodo un determinato ambiente. In condizioni di attacco localizzato, la velocità di perdita di massa non forniscono sempre una misura del danno provocato dal fenomeno corrosivo, in quanto in corrispondenza alle zone corrose

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CORROSIONE E PROTEZIONE DEI MATERIALI METALLICI

I materiali metallici a contatto con ambienti vari subiscono un decadimento per passaggio di loro elementi costitutivi allo stato di combinazione con sostanze ambientali; a questo decadimento si dà il nome di corrosione. La corrosione è detta anche antimetallurgia. I processi di corrosione tendono a riportare spontaneamente i materiali metallici al loro stato termodinamicamente più stabile, che è quello di combinazione con sostanze ambientali, in particolare con l’ossigeno, stato dal quale erano stati sollevati nei processi metallurgici di estrazione e di raffinazione mediante somministrazione di lavoro elettrico o chimico o di calore. Un’idea dell’importanza e dell’estensione dei fenomeni di corrosione si ricava da una valutazione dell’entità dei danni causati dalla corrosione: stime recenti fanno ritenere che questi raggiungano nei paesi industrializzati il 3.5 % del prodotto nazionale lordo. Naturalmente, in questa valutazione dei danni, non si tiene conto solo del valore intrinseco dei materiali metallici da rimpiazzare e del costo della manodopera che comporta l’operazione di rimpiazzo, cioè dei danni causati dai fenomeni corrosivi attraverso arresti di esercizio, cattivo funzionamento degli impianti, inquinamento e perdita di prodotti, ma anche di cedimenti improvvisi di parti di impianti o di strutture, con tutti i pericoli conseguenti per le persone, danni che si possono definire indiretti e che, anche se di difficile valutazione quantitativa, superano comunque di gran lunga per entità i danni diretti.

I fenomeni corrosivi si possono produrre alla superficie dei materiali metallici in modo diffuso o localizzato. Si ha corrosione diffusa o generalizzata quando è interessata all’attacco tutta la superficie del materiale metallico, in particolare, se l’attacco si produce in modo uniforme, si parla di corrosione uniforme. Si ha corrosione localizzata, invece, quando i processi corrosivi hanno luogo preferibilmente in corrispondenza ad alcune porzioni della superficie del materiale metallico, con aspetti morfologici particolari. La corrosione localizzata può procedere ad esempio in forma di fenditure o di cricche normalmente alla superficie del materiale metallico.

In un processo corrosivo, qualunque sia la morfologia dell’attacco, il materiale metallico subisce in ogni caso una perdita di massa. Consideriamo separatamente le condizioni in cui l’attacco sia uniforme od invece localizzato. In condizioni di attacco uniformemente distribuito sulla superficie del materiale metallico, la velocità di perdita di massa per unità di superficie esposta all’ambiente aggressivo misura nel tempo l’entità del danno provocato dall’attacco stesso ed è esprimibile come:

vm = (1/A x t) |∆m|

dove |∆m| è la perdita di massa che si verifica nel tempo t ed A l’area della superficie esposta. Se |∆m| è espressa in mg, A in dm2, t in giorni, si ha l’unità pratica mdd che è pari a 1 mg/dm2 giorno. La velocità di perdita di massa risulta immediatamente significativa qualora interessi conoscere la quantità di metallo che va ad inquinare in un certo periodo un determinato ambiente. In condizioni di attacco localizzato, la velocità di perdita di massa non forniscono sempre una misura del danno provocato dal fenomeno corrosivo, in quanto in corrispondenza alle zone corrose

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la localizzazione dell’attacco porta a penetrazioni di gran lunga superiori. In certi casi, per valutare il danno provocato, ad esempio per definire la velocità di perdita di efficienza di un’apparecchiatura, può essere molto più espressiva la velocità di penetrazione misurata nel punto di massimo attacco. E’ chiaro infatti che un serbatoio od una tubazione perdono la loro efficienza non quando siano stati completamenti corrosi, ma nel momento in cui la penetrazione dell’attacco, eventualmente anche in un solo punto, sia giunta ad interessare l’intero spessore degli stessi. Viceversa, nei casi in cui il danno provocato sia legato alla quantità di metallo attaccato che va ad inquinare un certo ambiente, anche in presenza di una corrosione non uniforme, la misura di questo danno è sempre data dalla perdita di massa. E’ il caso, ad esempio, dell’attacco che in certe condizioni può prodursi sullo stagno che ricopre le pareti dei contenitori di sostanze alimentari. Potremo pertanto definire due grandezze, rispettivamente velocità ed intensità di attacco, la prima intesa a dare una misura della massima penetrazione dell’attacco, la seconda, della quantità totale di materiale metallico disciolto, in termini di penetrazione media.

La corrosione dei materiali metallici può essere principalmente di due tipi: ad umido e a secco. Si ha corrosione a umido quando il materiale metallico è a contatto con un ambiente contenente acqua; la corrosione a secco si ha invece quando l’ambiente è costituito da atmosfera gassosa, di solito a temperatura elevata. Ci sono altri ambienti, quali i sali e i metalli fusi, le soluzioni non acquose, la cui azione aggressiva non si può far rientrare né nella corrosione a umido, né in quella a secco. In questi casi i fenomeni corrosivi possono assumere tuttavia aspetti caratteristici sia della corrosione a secco che di quella ad umido.

La corrosione atmosferica è un fenomeno di grande importanza pratica in quanto interessa non solo tutte le strutture metalliche esposte direttamente all’atmosfera esterna quali ponti, impianti industriali, edifici, automobili, treni, ecc.., ma anche tutti i manufatti metallici che non siano completamenti sottratti al contatto con l’aria e quindi le parti non lubrificate di macchinari, pezzi immagazzinati, ecc… La corrosione atmosferica non si produce in generale per reazione diretta (chimica) del metallo con la specie presente nell’atmosfera, cioè ossigeno, anidride solforosa, anidride carbonica, ossidi di azoto, ecc.. Infatti, le misure sperimentali mostrano che salvo rare eccezioni, quali il rame o l’argento in presenza di acido solfidrico, la velocità di ossidazione chimica a temperatura ambiente è estremamente bassa e porta per lo più alla formazione di strati sottili e compatti che, ad esempio sul ferro sono invisibili e ben lontani come composizione, struttura ed aspetto, dalla ruggine, che invece costituisce il prodotto di corrosione riscontrato in pratica. Il meccanismo della corrosione atmosferica è invece di tipo elettrochimico; perché una reazione possa procedere è necessaria la presenza di un elettrolita, ovvero di una fase liquida. Nel nostro caso, tale fase liquida è ben evidente qualora la superficie metallica sia battuta dalla pioggia o sia ricoperta da uno strato visibile di condensa. E’ opportuno ora precisare come sia possibile la condensazione dell’umidità atmosferica sulla superficie dei metalli.

La condensazione dell’acqua sulla superficie di un solido può essere dovuta a fenomeni chimico-fisici diversi, in particolare possiamo distinguere alcuni meccanismi secondo i quali l’umidità

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atmosferica può condensare su una superficie metallica. La condensazione fisica per variazione di temperatura è la più ovvia e consiste nel passaggio dell’acqua dalla fase vapore, come umidità presente nell’aria, alla fase liquida, come condensa o rugiada che si forma sulla superficie di un solido a seguito di un abbassamento della temperatura ambientale oppure perché il solido ha una temperatura inferiore a quella dell’ambiente. In questo caso lo strato liquido è visibile e può giungere a spessori dell’ordine del millimetro: questo costituisce la ben nota condensa che si trova all’alba sugli oggetti al suolo. E’ importante osservare che affinché l’umidità dell’aria possa condensare una volta raggiunta la saturazione, è necessaria la presenza di una parte solida che fornisca dei centri di enucleazione eterogenea delle gocce d’acqua. La condensazione per assorbimento è un fenomeno puramente fisico causato da forze di attrazione fra il metallo e le molecole d’acqua all’interfaccia metallo-vapore. Misure sperimentali condotte su superfici piane accuratamente lucidate di ferro hanno dimostrato che tale fenomeno può causare la condensazione di circa 15 strati molecolari con umidità relativa del 55 % fino ad un centinaio di strati con umidità relativa prossima al 100 %. Risultati analoghi hanno fornito prove su rame e zinco. La condensazione per assorbimento è l’unica ipotizzabile nel caso di un materiale metallico accuratamente lucidato, quindi senza patine né scabrosità superficiali, posto in ambiente di aria pura e con umidità relativa inferiore al 100 %. In tal caso però, come è verificato dall’esperienza, l’esiguità dello spessore della condensa e la sua notevole purezza rendono estremamente elevata la resistenza elettrica dell’elettrolita e fanno in modo che la corrosione non possa avanzare con velocità apprezzabile. La condensazione chimica può invece portare alla formazione di composti idrati o di soluzioni alcaline altamente concentrate, è molto pericolosa perché può avvenire a umidità relative assai basse, soprattutto in presenza di sali (cloruri) molto frequenti nelle zone marine e di composti dell’ammonio, molto frequenti nelle zone industriali.

Le principali proprietà atte a caratterizzare l’ambiente da un punto di vista della corrosione sono quelle legate alla composizione chimica nelle regioni a contatto col materiale metallico. La composizione chimica è infatti decisiva nel definire sia la natura e quindi la nobiltà dei processi elettronici termodinamicamente possibili, sia i fattori cinetici che determinano la velocità con cui tali processi si producono. Fra i fattori relativi all’ambiente sono da mettere in particolare rilievo l’umidità relativa, la natura e il tenore d’inquinanti (CO2, SO2, NO, HCl, NH3), la presenza di particelle solide sospese, fattori metereologici quali pioggia, vento e temperatura.

I lavori di Vernon intorno agli anni 1920 – 30 ponevano in risalto l’importanza fondamentale dell’umidità relativa ambientale nella corrosione atmosferica. L’intensità del processo corrosivo, in presenza di prodotti di corrosione sulla superficie del materiale, è infatti correlabile all’umidità relativa dell’ambiente, a parità di ogni altro fattore, mediante una legge del tipo mostrato in figura e già lo stesso Vernon introduceva il concetto di umidità critica, ovvero un valore di umidità di soglia al di sotto del quale la velocità di corrosione è pressoché nulla e sopra il quale cresce rapidamente. Tale umidità critica non è costante di un materiale, ma dipende essenzialmente dalla composizione e dalla struttura del suo strato o patina superficiale. L’umidità critica è quindi l’umidità alla quale incomincia ad instaurarsi sulla superficie del materiale un film di elettrolita sufficientemente spesso e continuo da permettere lo sviluppo del processo

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corrosivo. La quantità e la conducibilità dello strato di umidità condensata dipendono dalle caratteristiche chimiche e fisiche della patina di prodotti di corrosione che ricoprono il materiale e dal tipo di atmosfera. E’ stato infatti verificato che in presenza di cloruri o di composti ammoniacali, l’umidità critica scende sotto al valore di 60 – 70 % fissato dal Vernon e raggiunge valori anche del 30 – 40 %. Un dato climatico assai importante, ma di difficile valutazione, legato all’umidità relativa di una data località, è il cosiddetto tempo di bagnamento, ovvero il tempo totale nel quale un certo materiale permane in condizioni superiori a quelle critiche. Tale parametro, che interviene in relazioni di tipo statistico che permettono di correlare la velocità di corrosione e quindi la durata di esercizio di un manufatto ai parametri ambientali più significativi, non è immediatamente correlabile all’umidità media ambientale in quanto in generale una superficie metallica è in condizioni di temperatura diverse da quelle dell’aria circostante. Ad esempio, se la superficie metallica è esposta all’irraggiamento solare, è più calda dell’ambiente e anche se l’umidità relativa è del 100 % , non è possibile alcuna condensa, mentre al contrario, di notte essa è più fredda ed è assai probabile la formazione di condensa anche se la superficie è perfettamente pulita e lucida e l’umidità relativa ambientale è minore del 100 %.

Il tempo di bagnamento varia secondo il tipo di materiale, secondo la sua giacitura, la sua forma, ecc.., in quanto queste possono facilitare od ostacolare la ritenzione di acqua condensata, secondo il tenore di inquinanti che possono favorire la formazione di condense. Inquinanti atmosferici L’effetto negativo dell’umidità relativa è poi modificato dalla presenza di inquinanti atmosferici sia in senso peggiorativo (SO2 , HCl) sia talvolta migliorativo (CO2, sul ferro). Fra gli inquinanti atmosferici più pericolosi dal punto di vista della corrosione atmosferica c’è sicuramente l’anidride solforosa, sia perché accelera fortemente i processi corrosivi nei metalli più comuni, sia perché sono presenti in larga quantità in tutti gli scarichi urbani ed industriali. Si deve osservare che l’anidride solforosa viene ossidata ad anidride solforica dall’ossigeno dell’aria soprattutto quando siano presenti ioni ferro, rame e manganese; possiamo pertanto ritenere che negli strati elettrolitici di condensa ci si trovi in presenza essenzialmente di anidride solforica. L’effetto negativo dell’anidride solforica sulla corrosione dei metalli può essere spiegato come una somma di fattori che pesano in modo diverso per i diversi metalli; nella fase iniziale, quando la superficie metallica è ancora pulita, le anidridi solforosa e solforica favoriscono la condensazione con umidità relative minori del 100 %. La corrosione è più rapida se l’acciaio è stato esposto nella stagione invernale quando il tenore di SO2nell’atmosfera è più elevato, mentre se la prima esposizione avviene in estate, la corrosione procede più lentamente in quanto inizialmente ha modo di formarsi una patina più sottile, compatta, meno ricca di solfati e quindi più protettiva. Anche acido cloridrico e cloro mostrano una notevole aggressività nei confronti dei metalli esposti ad atmosfere che li contengono.

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Per quanto riguarda i fattori che ne determinano l’effetto negativo, vale in linea generale ciò che che si è detto a proposito delle anidridi solforosa e solforica. E’ da sottolineare invece la possibilità di attacco localizzato dovuto a questi gas soprattutto su alcuni materiali quali gli acciai inossidabili. In particolari condizioni di sollecitazione meccanica unita alla possibilità di ristagno di condense fortemente acide per HCl, è anche possibile che l’attacco localizzato porti al completo cedimento meccanico del materiale. La presenza contemporanea nell’atmosfera di SO2 ed HCl o Cl2 porta ad una esaltazione dell’attacco corrosivo per effetto sinergico. L’acido solfidrico non è in generale particolarmente pericoloso per quanto riguarda la corrosione generalizzata; i materiali meno sensibili sono cromo, zinco e alluminio, mentre fra i più sensibili si hanno rame e leghe di ferro. Gli effetti sono la corrosione a secco di argento, rame e leghe che anche in assenza di umidità e quindi a maggior ragione quando è presente, vengono ricoperti rapidamente da uno strato di solfuro, fenomeno che può presentare gravi inconvenienti nel caso di contatti elettrici, che vengono quindi argentati per prevenirne l’ossidazione. L’effetto più significativo dell’ammoniaca e dei suoi composti si ha sul rame e leghe, provocando una forma di corrosione sotto sforzo nota come cedimento stagionale degli ottoni. Nell’aria è sospesa una certa quantità di particelle solide di provenienza diversa che influenzano i processi corrosivi, accelerandoli. Tali particelle possono essere.

polveri inorganiche di origine vegetale sollevate dal suolo dagli agenti atmosferici, ad esempio sabbie silicee;

particelle organiche di origine vegetale, microrganismi ed altre sostanze organiche; residui di combustione, fumi carboniosi e ceneri;

emissioni solide entro i fumi industriali: ossidi, sali, polveri metalliche. Il numero e le dimensioni delle particelle per unità di volume d’aria e la loro composizione sono estremamente variabili raggiungendo i massimi valori in prossimità di impianti industriali ( 1.2 - 1.4 Kg / m2 anno di polveri depositate in un distretto industriale inglese). Depositandosi sulla superficie dei metalli possono accelerare i fenomeni di corrosione in molti modi:

se sono porose o formano schermi e interstizi facilitano la condensazione capillare; favoriscono la condensazione chimica quando sono igroscopiche (ad esempio NaCl, sali

d’ammonio, nitrati emessi dagli scarichi industriali); se sono conduttori elettronici come il carbonio o molti ossidi possono provocare forme locali di

attacco per contatto galvanico; possono assorbire selettivamente agenti inquinanti (come SO2 su carbone) rendendo più

corrosive le condense; pur essendo inerti e non porose (ad esempio silice) depositandosi sulla superficie di un metallo

passivato esercitano un’azione di schermo che porta all’indebolimento del film passivo sottostante con attacco del metallo;

costituiscono centri di enucleazione per la condensazione dell’umidità. I fattori metereologici mostrano effetti diversi e contrastanti agendo sia in senso positivo che in senso negativo e la predominanza di un effetto sull’altro è legata alla particolare situazione e quindi non generalizzabile. La pioggia ha un effetto positivo poiché dilava le superfici metalliche dai sali più igroscopici, dalle polveri e da depositi organici; ha invece un effetto negativo se, per un cattivo disegno della struttura si raccoglie con i prodotti dilavati in zone limitate nelle quali rimane a lungo con gravi effetti localizzati. Effetto sicuramente negativo ha invece la nebbia che bagna le superfici senza dilavarle. Anche il vento ha un effetto positivo facilitando l’evaporazione delle condense ed uno negativo in quanto può trasportare particelle solide. Quest’ultimo fatto è particolarmente grave in vicinanza del mare dove il vento trasporta uno spray di soluzione marina: il risultato è mostrato nella figura che segue:

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Per quanto riguarda la temperatura, infine, alti valori da un lato accelerano la cinetica delle reazioni chimiche, ovvero del processo corrosivo nel suo complesso, dall’altro favoriscono l’essiccamento della superficie. Sono senza dubbio dannose invece rilevanti escursioni termiche durante la giornata in quanto causano formazione di condense nei periodi freddi. Ogni località geografica presenta caratteristiche peculiari rispetto a tutti i fattori fin qui elencati, è però possibile raccogliere i numerosi diversi ambienti sotto alcuni tipi caratterizzati da talune condizioni comuni e da analoga aggressività media. Nella tabella sono riportati vari tipi di atmosfera con un indice relativo della loro aggressività valutata rispetto ad un acciaio al carbonio.

Gli acciai al carbonio e quelli per usi generali, senza elementi di lega a specifica funzione anticorrosiva, hanno velocità di corrosione basse (50 micron/anno) e uniformi solo in ambienti rurali non inquinati; in presenza di SO2, HCl, H2S ed altri inquinanti tale velocità aumenta fino a valori di qualche millimetro per anno mostrando anche forme di attacco localizzato. In sede di progettazione, fissati il tempo di vita previsto per la struttura (ordine di qualche decina d’anni) e la massima profondità ammissibile d’attacco (ordine di qualche millimetro), il progettista sceglie il materiale, soddisfatte le esigenze meccaniche, con il seguente criterio: acciai al carbonio non rivestiti quando la loro velocità di corrosione è compatibile con i limiti fissati nel modo anzidetto (ad esempio minore di 50 micron l’anno); acciai al carbonio rivestito per ambienti mediamente aggressivi che diano sull’acciaio al carbonio velocità di corrosione tra 50 e 200 micron/anno con presenza di attacchi localizzati; acciai al carbonio rivestiti nel caso di ambienti particolarmente aggressivi. Il comportamento degli acciai al carbonio può essere migliorato dall’aggiunta in piccoli tenori di cromo, nichel, molibdeno, che peraltro vengono aggiunti negli acciai speciali per migliorare le caratteristiche meccaniche. L’effetto di questi elementi non è però molto rilevante per questo motivo e per il loro costo gli acciai speciali non possono essere usati non rivestiti in atmosfere aggressive. Se il tenore di cromo negli acciai raggiunge il 12 %, si ottengono acciai con elevata resistenza alla corrosione, i cosiddetti acciai inossidabili, che hanno costi 4 volte superiori a quelli normali; Tali acciai, che non mostrano perdite di peso apprezzabili anche dopo anni di esposizione ad atmosfere non contenenti cloruri, se sottoposti a periodici lavaggi che asportano le particelle solide che si depositano sulla loro superficie, mantengono a lungo nel tempo il loro aspetto originale e

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sono pertanto usati anche in edilizia a scopo decorativo, mentre il loro alto costo ne sconsiglia l’uso quale materiale strutturale se non in condizioni di esercizio particolarmente critiche.

Lo zinco, metallo dal caratteristico colore grigio azzurrognolo, non è direttamente usato quale materiale strutturale ma piuttosto come rivestimento per altri materiali, tipicamente gli acciai, ai quali offre una buona protezione per i seguenti motivi: velocità di corrosione relativamente bassa ed uniforme (6 – 8 micron/anno di penetrazione in atmosfere industriali, 2 micron/anno in atmosfere marine); forma prodotti di corrosione assai meno voluminosi di quelli del ferro, che hanno volume 4 volte superiore a quelle del metallo dal quale si formano. Quest’ultimo fatto è assai importante poiché può far insorgere sforzi notevoli quando i prodotti di corrosione si formino in zone occluse o schermate, in corrispondenza ad esempio di chiodature, saldature, nelle armature di calcestruzzi, ecc… In Italia, giacimenti di minerali di zinco sfruttati industrialmente si hanno in Sardegna, nella provincia di Bergamo e nell’Alto Adige; in campo mondiale, nazioni ricche di tale minerale sono gli Stati Uniti, la Germania, l’Australia, il Canada, il Messico e la Russia. Lo zinco fonde a una temperatura di 419,45 °C ; a temperatura ambiente è poco duttile e poco malleabile, ma lo diviene al di sopra dei 100 °C. Gli acidi diluiti attaccano facilmente lo zinco con sviluppo di idrogeno; la presenza di impurezze nel metallo ne accelera l’attacco, mentre il metallo purissimo è assai resistente. Come si è detto, caratteristica principale dello zinco è la sua buona resistenza alla corrosione atmosferica determinata dalla formazione di uno strato protettivo di carbonato basico, (la cui formula, per coloro che amano la chimica, è ZnCO3 3Zn(OH)2 ) per azione sullo zinco dell’umidità atmosferica e dell’anidride carbonica. Le applicazioni dello zinco investono campi diversi e fra questi ha particolare importanza, in quanto assorbe circa un terzo della produzione, la zincatura, che è un rivestimento protettivo che si effettua generalmente su lamiere, tubi, fili in acciaio, per proteggerli appunto dalla corrosione atmosferica e dall’acqua. La protezione che lo zinco esercita sull’acciaio è dovuta al fatto che, essendo meno nobile dell’acciaio, esso viene in certe condizioni attaccato prima che si manifesti azione corrosiva sull’acciaio, anche in presenza di porosità e di ampie zone scoperte; in altre condizioni invece l’interazione con l’ambiente comporta la formazione di uno strato passivo che protegge lo zinco sottostante e di conseguenza la base dell’acciaio. La durata dello strato di zinco dipende, a parità di spessore, dall’aggressività dell’ambiente: per esempio, uno strato di 20 micron (1 micron = 1/1000 di millimetro) può durare circa vent’anni in atmosfera rurale, dieci anni circa in atmosfera marina e circa quattro in atmosfera industriale! I composti solubili dello zinco (solfati, cloruri, nitrati ) sono poco tossici: minime quantità sono anzi indispensabili a tutti gli organismi viventi perché entrano nella costituzione di alcuni enzimi; negli organismi animali lo zinco è un costituente dell’insulina e inoltre dell’enzima che trasporta il biossido di carbonio nei globuli rossi (questa nota è ovviamente riservata agli appassionati di medicina !).

Per la sua buona resistenza alla corrosione è assai usato per impieghi atmosferici, basti infatti ricordare la sua larga applicazione in edilizia. La resistenza alla corrosione atmosferica dell’alluminio, pur buona nel metallo non rivestito, è notevolmente aumentata se il metallo viene ricoperto di uno strato di ossido. E’ largamente applicato, sia solo, sia sotto forma delle numerose sue leghe, nella costruzione di mezzi di trasporto (aeroplani, automobili), di utensili per uso domestico, di apparecchi vari; è usato pure nell’industria elettrica per la fabbricazione di cavi, di motori, di condensatori. Dopo l’ossigeno e il silicio, l’alluminio è l’elemento più diffuso in natura (costituisce circa l’8 % della

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crosta terrestre). All’aria è stabile perché si ricopre di un sottile strato di ossido, di formula Al2O3 (allumina), che lo protegge da ogni ulteriore attacco.

La protezione contro la corrosione atmosferica può essere eseguita in tempi e con modalità diverse, infatti, nel caso di strutture che devono essere esposte per tutta la vita all’azione atmosferica, si ricorre a metodi di protezione che garantiscano la loro efficienza per tempi pari alla vita prevista del manufatto (rivestimenti metallici, ossidi superficiali) oppure che possano essere periodicamente rinnovati con costi limitati (pitture). In altri casi si adottano invece metodi di protezione temporanei che garantiscono l’immunità dalla corrosione solo per un limitato periodo della vita del manufatto, ad esempio durante il suo trasporto o l’immagazzinamento prima che venga montato e fatto funzionare in ambiente diverso da quello atmosferico nel quale dovrà poi essere diversamente protetto. La protezione per breve periodo di un pezzo metallico può essere effettuata mediante il condizionamento dell’ambiente entro il quale è posto operando nei seguenti modi:

controllo dell’umidità relativa, mantenuta al di sotto del 50 %; controllo della composizione atmosferica; completa sostituzione dell’aria con un gas inerte (azoto).

I rivestimenti utilizzati possono essere quindi suddivisi in: metallici (zinco, nichel, cromo, piombo); non metallici organici (vernici, pitture); non metallici inorganici (ceramiche, smalti); per reazione chimica (fosfati, cromati).

Se il materiale metallico non è sottoposto a sforzi meccanici, è sufficiente ricorrere a uno strato di vernice, se invece il materiale è a contatto con l’acqua, è necessario l’impiego di rivestimenti metallici e non. I principali fattori che influenzano i processi corrosivi possono essere così riassunti:

materiale metallico; natura e composizione; impurezze; caratteristiche superficiali; proprietà strutturali; presenza di fessure; ambiente; tipo di acidità; ossigeno; presenza di microorganismi; pressione, umidità.

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LO ZINCO

E’ un elemento metallico di colore bianco - bluastro, simbolo chimico Zn e numero atomico 30; è uno degli elementi di transizione della tavola periodica e costituisce lo 0.02% della litosfera. Lo zinco puro è un metallo cristallino, insolubile in acqua e solubile in alcol, in acidi e in sostanze alcaline. Inerte all'aria secca, all'aria umida si ossida e si ricopre di uno strato di carbonato che lo protegge dalla corrosione.

Il primo passaggio del processo metallurgico di estrazione consiste nella trasformazione dei minerali in ossido di zinco tramite calcinazione. Gli ossidi ottenuti vengono poi ridotti dal carbone in una fornace elettrica; lo zinco viene raccolto liquido, scaldato fino all'ebollizione e distillato in storte di refrattario. Lo zinco ottenuto per distillazione contiene impurezze di ferro, arsenico,

cadmio e piombo e viene definito zinco termico; è zinco puro al 98,5%. In alternativa, i minerali calcinati vengono trattati con acido solforico, si ottiene una soluzione di solfato di zinco che, purificata da tutti gli altri metalli, viene elettrolizzata. Lo zinco elettrolitico è puro al 99,99% e presenta proprietà molto ricercate: è quello utilizzato nella zincatura a caldo. Il più antico oggetto di zinco conosciuto è un antico idolo che ne contiene l'87%, trovato in Transilvania. A Rodi è stato trovato un braccialetto in argento con finiture in zinco datato 500 a.c. I romani lo usavano in leghe per fare monete, erano infatti i maggiori utilizzatori di ottone, prodotto con rame e carbonato di zinco (calamina) e lavorato in particolar modo nella Gallia settentrionale, e di bronzo, contenente essenzialmente rame, stagno e zinco, elaborato direttamente per miscuglio dei minerali metallici. Già Aristotele parlava di rame bianco brillante non ricavato dalla fusione del rame con lo stagno ma con l'aggiunta di “una specie di terra”. Nel 1742 fu avviata a Bristol la prima fabbrica di estrazione dello zinco per distillazione a partire dalla calamina. Il primo documento della zincatura a caldo risale al 1742 a cura del chimico francese Melouin, nel 1787 esistevano in Francia utensili zincati a caldo. Craufurd in Inghilterra e Sorel in Francia ottennero brevetti per la zincatura a caldo nel 1837, si deve a Sorel la denominazione del processo “galvanizzazione”, con riferimento alla nota cella galvanica, infatti, fino al 1830, lo zinco era conosciuto ed universalmente utilizzato per produrre corrente galvanica; il nome dato da Sorel alla zincatura a caldo rese quest'ultimo immediatamente popolare. Il processo della zincatura a caldo è rimasto immutato nei principi fondamentali dopo oltre 150 anni. Lo zinco muove tutt'oggi diversi mercati internazionali. Minerali di zinco sono estratti principalmente in Canada, Australia e in molti altri paesi come: USA, Messico Irlanda, Polonia, Russia, Spagna Svezia, ex Jugolslavia, Corea del Nord, Cina Giappone e Zaire. La produzione ha luogo negli stessi paesi di estrazione (a parte l'Irlanda che esporta tutto il minerale estratto) ed anche in altri che non producono minerali di zinco.

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LA ZINCATURA A CALDO

La zincatura a caldo è uno dei metodi più diffusi per la protezione dei manufatti in acciaio dall’ambiente esterno. La garanzia che il “ferro” non arrugginisca è data dalla protezione catodica offerta dallo strato di zinco, che in presenza di una scalfitura o di una zona non protetta superficialmente, avendo potenziale minore, si ossida al posto dell'acciaio. Le norme tedesche (DIN 50975, pt. 2) definiscono questo processo come:“ il procedimento di ricopertura con zinco, per mezzo della immersione dei pezzi lavorati nello zinco fuso, cosicché tra il pezzo e lo strato di zinco si possono formare degli strati di lega ”. Questa è la sostanziale differenza con gli altri tipi di zincatura, che consistono in una pura deposizione meccanica (metallizzazione) o elettrolitica di zinco sulla superficie, sistemi che però non assicurano una resistenza nell'ambiente normale o negli ambienti ostili alla pari della zincatura a caldo: la vita del manufatto è direttamente proporzionale allo spessore del rivestimento e dipende dalle condizioni esterne dell'ambiente.

Durante la zincatura a caldo di un materiale metallico, essendo praticamente questo un processo metallurgico, la composizione superficiale cambia e si ha luogo alla formazione di una lega intercristallina tra il ferro dell’acciaio e lo zinco dello strato superficiale. Il suo spessore è dipendente dal tipo di materiale, il tempo di immersione e la temperatura del bagno di zincatura. E' proprio questa zona di pochi micrometri (millesimi di millimetro) di spessore il segreto della resistenza della zincatura a caldo: la lega funge da vero e proprio legante tra lo strato protettivo di zinco puro e il substrato ferroso da proteggere. I rivestimenti che si ottengono per zincatura a caldo sono costituiti da più strati di leghe di zinco e ferro, fondamentalmente 3 che vengono chiamati “gamma”, “delta” e “zeta” ed uno strato esterno di zinco praticamente puro (strato “eta”) che conferisce al rivestimento il caratteristico aspetto metallico brillante. Lo strato gamma ha uno spessore di circa 1 µm ed è costituito da una lega di acciaio e zinco che contiene circa il 25% di zinco. Lo strato seguente, denominato strato delta, contiene il 10% di ferro. Lo strato spesso, in cui sono visibili i cristalli che si dirigono verso l'alto, è lo strato zeta, con il 6% di ferro; infine, sulla superficie si forma un rivestimento di zinco quasi puro

Sulla superficie del pezzo, a contatto con l'ambiente esterno, si forma un film protettivo di ossidi, carbonati e idrati di zinco che si ancorano allo strato sottostante isolando così l'acciaio dagli agenti corrosivi. Se il film di “ossidi” viene rovinato (ad esempio per dilavamento o abrasione) si riformano i composti sopra citati che garantiscono la protezione. I rivestimenti galvanici offrono una tripla protezione all'acciaio sottostante:

protezione per effetto barriera: il rivestimento isola l'acciaio dall'ambiente corrosivo esterno protezione catodica o di sacrificio: lo zinco viene a costituire la parte anodica nella pila di corrosione e si

corrode lentamente proteggendo così l'acciaio: finché vi sarà zinco in superficie l'acciaio non subirà alcuna corrosione.

sigillatura delle zone scoperte: i prodotti di corrosione dello zinco, che sono insolubili, compatti ed aderenti, vanno a sigillare le zone dell'acciaio che, per una qualsiasi ragione (urti, graffi ecc.), vanno a

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trovarsi accidentalmente a contatto con l'ambiente La durata della protezione che offrono i rivestimenti galvanici di fronte alla corrosione atmosferica è molto elevata e dipende, oltre che dallo spessore del rivestimento, dalle condizioni climatiche del luogo e dalla presenza più o meno spinta di agenti aggressivi nell'atmosfera, come ossido di azoto (che si origina per attività urbane ed industriali) e cloruri (normalmente presenti nelle zone costiere).

categorie di corrosione

ambiente perdita media annuale dello spessore di zinco

(µm)

C1 (molto bassa) interni: secchi 0,1

C2 (bassa) interni: condensazioni occasionali da 0,1 a 0,7

C3 (media)

interni: umidità elevata e talune contaminazioni dell'aria

esterni: urbano non marittimo e marittimo a bassa salinità

da 0,7 a 2,1

C4 (alta) interni: piscine, impianti chimici ecc..esterni: industriale non marittimo e

urbano marittimo da 2,1 a 4,2

C5 (molto alta) esterni: industriale molto umido o con

elevato tasso di salinità da 4,2 a 8,4

La ruggine la conoscono tutti: almeno una volta si è visto una struttura, un chiodo o magari il cancello di una vecchia villa corrosi (bucati) da questa “malattia” che affligge tutti i manufatti ferrosi. La corrosione è molto pericolosa: quando ci si accorge può essere ormai troppo tardi e la resistenza meccanica-strutturale può essere compromessa: perché rischiare per risparmiare qualche soldo? Il grafico sfata la diceria che la zincatura sia più costosa della verniciatura...

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Nel grafico che segue, in ascissa è riportata la copertura minima di zinco in grammi a metro quadro di superficie del manufatto (si tenga conto che nei manufatti tubolari si deve considerare anche la superficie interna del tubo). Le seguenti tabelle (fonte ASTM A-123) servono per fare dei calcoli approssimativi della durata del proprio manufatto.

categoria/spessore acciaio < 1,6 1,6÷3,2 3,2÷4,8 4,8÷6,4 > 6,4

profilati 45 65 85 85 100

piatti 45 65 75 85 100

tubi ... ... 75 75 85

fili 45 45 65 65 75

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µm 35 45 55 65 75 85 100

g/m2 250 320 390 460 515 605 710

La zincatura è un processo unico perché produce un rivestimento con una gamma di proprietà di durezza e resistenza. Gli acciai dolci hanno, in genere, una durezza di 160 Vickers (Hv) circa. Gli strati di lega sono più duri e raggiungono una durezza approssimativa di 240 Hv, mentre lo zinco più superficiale risulta più morbido dell'acciaio o della lega.

Lo zinco è alquanto malleabile e assorbe i colpi; se la zincatura viene colpita duramente, essendo gli strati di lega più duri dell'acciaio stesso, il danno può non raggiungere l'acciaio sottostante. Se il danno è veramente grave, apparentemente la zincatura sembra completamente rimossa, ma la rimozione totale è molto difficile, la parte sottile sul fondo dello strato di lega è saldata all'acciaio atomo per atomo, e anche se tutto quanto il rivestimento fosse completamente danneggiato e scrostato, lo strato inferiore rimarrebbe intatto e fornirebbe la protezione elettrochimica.

Se viene rimosso in piccola parte lo strato di zinco (ad esempio graffi o piccole lavorazioni meccaniche) lo zinco circostante e quello legato in lega proteggono l'acciaio elettrochimicamente: lo zinco ha un potenziale di riduzione standard più basso del ferro, cosicché si ossida prima, proteggendo fino al suo esaurimento l'acciaio del nostro manufatto. Se due metalli entrano in contatto, appare tra di loro una piccola differenza di potenziale: quando passa la corrente, uno dei metalli si corrode in preferenza rispetto all'altro. Questo comportamento è dovuto ad alcune proprietà atomiche dei metalli, e si può calcolare con assoluta certezza quale metallo proteggerà l'altro. Il nostro obiettivo è proteggere l'acciaio, che è composto per lo più da ferro; i metalli che proteggono il ferro elettrochimicamente sono il magnesio, l'alluminio, il cadmio e lo zinco e, fra questi, lo zinco è il più pratico per la protezione tramite l'immersione a caldo. Altri metalli o leghe, come il nichel, il rame e l'ottone, sembrano svolgere la stessa funzione, perché è possibile vederli utilizzati per le placcatura su oggetti di uso quotidiano, se la placcatura viene danneggiata, questi metalli preferiscono salvare se stessi piuttosto che l'acciaio sottostante, e in genere il rivestimento non può essere riparato in alcun modo. Allo stesso modo, i comuni rivestimenti ottenuti con vernici non esercitano alcun effetto elettrochimico sull'acciaio, se la vernice è danneggiata, non è applicata correttamente o diventa permeabile durante l'uso, l'acciaio si corrode sotto la vernice. A volte la protezione elettrochimica prende il nome di protezione di sacrificio in quanto lo zinco si sacrifica per proteggere l'acciaio a cui è legato e continuerà a proteggerlo fino all'ultimo atomo. Se c'è un rivestimento galvanico, anche se si trova in pessime condizioni dopo molti anni senza manutenzione, l'acciaio sottostante mantiene la sua integrità strutturale, nessun altro rivestimento tradizionale senza lo zinco può fare altrettanto

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! La protezione rimane attiva su una piccola area anche se il rivestimento non è più uniforme, perché l'influsso della protezione elettromagnetica funziona anche a una certa distanza; può anche capitare che i residui della corrosione dello zinco siano duri e tenaci. Le scalfiture del rivestimento vengono in genere riempite da ossidi e carbonati di zinco, che rallentano l'avanzamento del processo corrosivo.

I difetti della zincatura possono essere dovuti a difetti del materiale, del processo di trattamento e zincatura o a un cattivo stoccaggio del materiale zincato. Vediamo alcuni tra i più comuni difetti riscontrabili sulla zincatura a caldo. La superficie si presenta molto ruvida e irregolare:

Il pezzo era ruvido già prima della zincatura (n.b.: la zincatura non copre i difetti di lavorazione, ma li rende più visibili);

l'acciaio contiene grande percentuale di fosforo (P) o di silicio; lo strato di zinco è molto spesso.

Questo rivestimento assolve comunque alla protezione del manufatto e quindi non costituisce motivo per scartare il pezzo.

Se sulla superficie di una buona zincatura si presentano piccoli nodi duri, sono dovuti con molta probabilità all'agitazione delle scorie sul fondo della vasca durante la zincatura. Questo rivestimento, dato che il sottostante strato è ottimale, assolve alla protezione del manufatto e quindi non è motivo per scartare il pezzo. L'eventuale problema estetico o funzionale (ad es. corrimani), può essere risolto con limatura o levigatura dei noduli

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Se ci sono ampie macchie bianche o grigie sulla superficie del manufatto, sono principalmente ossidi e idrati zinco formatisi in eccesso per condizioni di troppa umidità durante il trasporto o lo stoccaggio. Grosse macchie di ruggine bianca vanno eliminati mediante spazzolatura, perché essi favoriscono la formazione di carbonati di zinco che diminuiscono la vita del manufatto, specialmente se è posto in ambienti umidi, altrimenti, la ruggine bianca si dissolve naturalmente con l'esposizione nell'ambiente e non compromette la funzione della zincatura. Le più recenti normative di collaudo della zincatura in tema di corrosione riportano quanto segue:“ L’eventuale formazione di macchie da ritenzione di umidità formatisi

durante il magazzinaggio in ambienti umidi dopo la zincatura non sono causa di non accettabilità del materiale”

Uno dei requisiti indispensabili per ottenere una perfetta zincatura è la pulizia del manufatto. Il materiale non deve presentare macchie di colore, olio, vernice, grasso o scorie di saldatura. Tali sostanze non vengono eliminate nemmeno con il decapaggio, compromettendo la buona riuscita della zincatura. E' quindi necessario:

eliminare anche la minima traccia di colore; eseguire la pulizia mediante bruciatura delle parti laccate; eliminare l'olio e il grasso dalle superfici; la presenza di grasso sviluppa gas durante la zincatura

impedendo così l'adesione dello zinco e può provocare la deformazione o scoppio delle parti unite. Si consiglia inoltre di asportare le scorie di saldatura con sabbiatura e scalpellatura poiché resistono all'acido e non consentono una perfetta ed omogenea zincatura. Per proteggere filettature, forature o raccordi filettati presenti nei vostri manufatti si può adottare un semplice accorgimento: avvolgere intorno alle parti del nastro isolante in tela (tipo telato, 2-3 strati strettamente avvolti). A zincatura avvenuta, il nastro potrà essere facilmente rimosso con una spazzola metallica.

Nella costruzione di carpenteria formata da pezzi saldati insieme si raccomandano saldature solide e continue; questo accorgimento è necessario sia per la sicurezza dello zincatore che per la garanzia di una zincatura perfetta ed omogenea.

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Manufatti con saldature a tratti o a punti possono subire delle infiltrazioni di acido di decapaggio e lo zinco fuso non può penetrare nei punti difettosi: di conseguenza ,anche dopo un meticoloso processo di immersione, la zona non ricoperta in modo omogeneo verrà successivamente attaccata dalla ruggine. Pezzi fra loro sovrapposti devono essere uniti da una saldatura continua e ben ripulita dalle scorie con l'aggiunta di un foro passante su una sola delle superfici per consentire lo sfiato degli eventuali gas, onde evitare deformazioni.

L'acciaio usato per la costruzione dei manufatti sottoposti al processo di zincatura a caldo dovrà essere adatto e di buona qualità, in quanto la composizione chimica del metallo ha un'influenza diretta sul risultato qualitativo ed estetico finale. Quest'ultimo è influenzato notevolmente dalla presenza nell'acciaio di differenti percentuali di elementi come il silicio (Si), il carbonio (C), il fosforo (P): questi elementi tendono ad aumentare lo spessore dello strato di lega Fe-Zn, con il risultato di ottenere superfici più o meno brillanti. La superficie dei manufatti formati da pezzi di acciaio di diversa composizione può apparire differente anche se i tempi di permanenza del bagno di zinco sono stati gli stessi; questa differenza si può riscontrare anche tra acciai prodotti con diversi metodi (laminazione, estrusione, fusione, ecc.) o tra materiali con diversa rugosità della superficie. Si consiglia quindi al cliente di effettuare, eventualmente, delle prove con alcuni campioni, ricordando comunque che il diverso aspetto della superficie non ha alcuna influenza sulla qualità e la durata della zincatura stessa. E' preferibile unire acciai particolari o ghisa con laminati normali solamente dopo la zincatura. Questo perché mentre i pezzi in ghisa non richiedono una lunga permanenza in bagno di decapaggio, l'acciaio necessita di tempi più lunghi. Quindi se i pezzi fossero uniti sin dall'inizio il getto di ghisa subirebbe un eccessivo decapaggio e verrebbe corroso dall'acido troppo in profondità, mentre il particolare in acciaio verrebbe decapato solo parzialmente.

Per facilitare la manipolazione degli articoli in zincheria è necessario consegnare in manufatti seguendo particolari indicazioni:

praticare un foro su tutti i pezzi (almeno di 4 mm), anche su quelli di piccola dimensione. I manufatti devono essere provvisti di fori per permettere l'agganciamento del pezzo ad un filo di ferro durante l'immersione nel bagno di zinco;

per zincare manufatti di grandi dimensioni (es. caldaie, cisterne) è importante saldare sul pezzo alcuni anelli di sollevamento, questo faciliterà oltre che la zincatura anche il carico, lo scarico e il trasporto;

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consegnare in zincheria il materiale riunito in legacci o pacchi suddivisi per tipologia; non inviare materiale sciolto o alla rinfusa, ma inserirlo in contenitori o bancali a rendere, che devono essere preventivamente tarati. Per consentire un rapido scarico con un comune carrello elevatore è indispensabile frapporre tra il pianale dell'automezzo ed il materiale dei travetti di sezione minima di 120 x 120 mm. Il peso di ciascun pacco non deve superare i 6000 kg (6 t). Per evitare che materiali minuti (ad esempio ferma cancelli, serrature, cardini, rosette) appartenenti ad un unico manufatto vengano smarriti o scambiati con particolari simili è preferibile assicurarli fra loro con un robusto filo di ferro. Gli articoli zincati dovranno essere maneggiati con funi di canapa o imbracature di cotone, per evitare danneggiamenti al rivestimento; da evitare funi di acciaio e catene. Per evitare una anomala ossidazione e la formazione di carbonato basico di zinco (ruggine bianca), il materiale deve essere conservato in ambienti asciutti e bene aerati, occorre evitare inoltre il contatto tra i pezzi, distanziandoli con l’ausilio di legni puliti e non resinosi.

Il materiale non deve venire a contato con polveri di ferro, molature, schegge e proiezioni da smeriglio e ossitaglio, in quanto questi elementi, depositandosi sulla superficie zincata, possono produrre ruggine e rovinare l’aspetto estetico del manufatto zincato.

La tabella ci indica i grandi pregi che la zincatura a caldo può vantare nei confronti di molti altri tipi di rivestimento:

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zincatura a caldo altri rivestimenti metallici vernici

ben legata all'acciaio non si legano all'acciaio rivestimento separato

lunghissima durata durata variabile durata variabile

protegge elettrochimicamente senza protezione

elettrochimica senza protezione

elettrochimica

eccellente resistenza ai danni buona resistenza ai danni scarsa resistenza ai danni

eccellente resistenza alle abrasioni

buona resistenza alle abrasioni

scarsa resistenza alle abrasioni

facilissima da ispezionare a volte difficili da

ispezionare abbastanza facili da

ispezionare

molto economica non sempre economici abbastanza economiche

non tossica possono essere tossici possono essere tossiche

Andiamo ora a confrontare il processo di zincatura a caldo con la zincatura elettrolitica, cosa che ci permette di trarre alcune interessanti valutazioni. Dal punto di vista economico, a prima vista, sembrerebbe avvantaggiato il processo elettrolitico a causa del minor consumo di zinco rispetto al processo termico, man mano però che il tempo passa, la zincatura a caldo riesce ad ammortizzare molto bene il disavanzo iniziale grazie a costi di manutenzione quasi trascurabili. La zincatura a caldo da inoltre una protezione molto più sicura grazie a diversi aspetti:

gli spessori del rivestimento sono molto maggiori, possono infatti superare anche i 150 micron, mentre il processo elettrolitico riesce a dare al massimo alcune decine di micron);

in secondo luogo, la zincatura a caldo è in grado di dare, grazie alla natura del processo, una continuità pressoché assoluta (sia sulle superfici interne che esterne), mentre il processo elettrochimico, come la maggior parte degli altri processi, non è in grado di darla;

la zincatura a caldo da vita ad un rivestimento che è legato metallurgicamente al substrato garantendo così ottime proprietà di resistenza agli urti e all'abrasione, cosa che il processo elettrochimico non è in grado di fornire.

Nel processo di zincatura a caldo si utilizza zinco fuso a circa 450 °C; tale procedimento può essere pericoloso, gli zincatori conoscono tali rischi ed istruiscono il personale sulle misure di sicurezza da adottare, non possono tuttavia verificare la progettazione dei lavorati in acciaio consegnati loro dai clienti e, dunque, ispezionano attentamente tali oggetti per assicurarsi che sia possibile zincarli senza correre rischi. Tuttavia, è preferibile pensare alla sicurezza già in fase di progettazione piuttosto che al momento dell'ispezione. I progettisti ed i costruttori hanno la responsabilità di pensare alla sicurezza dei loro colleghi zincatori. Le misure di sicurezza da adottare sono le seguenti:

applicare sempre i fori di sfiato e di scarico; non trattare mai sezioni cave senza sfiati; consultare lo zincatore in caso di dubbio; considerare le misure di sicurezza già in fase di progettazione; ricordare che le esplosioni in un impianto di zincatura possono causare lesioni mortali.

Il prodotto zincato viene ispezionato presso la zincheria; molti impianti di zincatura sono certificati UNI EN ISO 9001 e rimuovono le sbavature e le sporgenze affilate riscontrate durante l'ispezione. Rispetto ad altri

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metalli, lo zinco è relativamente morbido, possono comunque formarsi sbavature o sporgenze affilate che possono causare ferite anche gravi.

Le misure di sicurezza da adottare quando si maneggia l'acciaio zincato sono le seguenti: non toccare mai l'acciaio appena zincato a mani nude; indossare guanti da lavoro di buona qualità per maneggiare l'acciaio appena zincato; ispezionare l'acciaio per verificare che non vi siano sbavature o sporgenze affilate prima di procedere

ulteriormente; rimuovere le sbavature e le sporgenze affilate con una lima a grana grossa.

E’ possibile tagliare e saldare l'acciaio zincato in modo sicuro, seguendo le normali precauzioni adottate per queste operazioni. La precauzione più importante è quella di non inalare i fumi di zinco che si formano quando si taglia a fiamma o si salda ad arco l'acciaio zincato. Non è necessario prendere ulteriori precauzioni oltre a quelle che generalmente sono previste per l'aerazione del luogo di lavoro e per evitare di inalare i fumi di saldatura. Le misure di sicurezza riguardo al taglio e alla saldatura dell’acciaio zincato sono le seguenti:

rimuovere il fumo dal luogo di saldatura; aerare accuratamente il luogo di lavoro; non inalare mai il fumo che si crea sopra il taglio o la saldatura; consultare il medico nel caso sia stato inalato troppo fumo.

La zincatura a caldo consiste in un rivestimento di zinco legato alla superficie dell'acciaio. Lo zinco, tuttavia, si scioglie ad una temperatura piuttosto bassa, a circa 420 °C e giunge ad ebollizione a 907 °C; tali temperature sono molto inferiori rispetto a quelle della fiamma ossidrica o del punto di saldatura, pertanto lo zinco evapora, così come avviene per l'acqua a 100 °C. C'è però una differenza sostanziale tra lo zinco e l'acqua, perché, quando l'acqua evapora, il vapore si condensa di nuovo in acqua, mentre quando evapora lo zinco, reagisce velocemente con l'aria e si forma l'ossido di zinco, che è precisamente il denso vapore bianco visibile.

Lo zinco assorbito dall'apparato circolatorio viene espulso rapidamente attraverso le urine, possono tuttavia riscontrarsi sintomi influenzali acuti per circa 24 ore prima che il corpo si liberi dello zinco in eccesso, la cosiddetta “febbre da zinco”; il recupero dai sintomi della fase acuta avviene comunque velocemente. Numerose ricerche di tipo scientifico e medico dimostrano che lo zinco è un elemento fondamentale per la salute e che, in generale, i rischi sono maggiori in caso di carenza piuttosto che di eccesso. E' risaputo che lo zinco svolge un ruolo importante in alcuni aspetti dell'attività cerebrale e del trasferimento genetico. La dose di zinco che si consiglia di assumere giornalmente alle persone adulte in buona salute attraverso gli alimenti è compresa tra 8 e 17 mg in funzione del peso e del sesso. Effettuando, ad esempio, una saldatura lunga un metro e distruggendo il rivestimento di zinco per un larghezza di 15 mm, lo zinco evaporato sarà pari a circa 20 grammi. Naturalmente, non è possibile inalare il 100% del fumo di zinco, ma l'esposizione potenziale inalando soltanto una piccola quantità supera di gran lunga l'assunzione giornaliera consigliata, che, inoltre, viene immessa nell'organismo nel modo sbagliato. E’ meglio non correre rischi !

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IL PROCESSO DI ZINCATURA A CALDO

Il processo di zincatura a caldo consiste nel rivestire manufatti in ferro o acciaio con uno strato di zinco immergendoli in un bagno di zinco fuso. Costituisce il procedimento più antico, semplice e diffuso di rivestimento di zinco su ferro.

Esso ha avuto una grande evoluzione in questi ultimi anni soprattutto grazie all' invenzione dell' ingegnere polacco Sendzimir (1937) riguardante la zincatura continua dell'acciaio laminato in nastro, metodo oggi universalmente adottato. La maggior parte delle lamiere zincate provengono da questi enormi impianti direttamente collegati con le ferrerie; la prima zincheria in Italia è sorta nel 1883 ad opera di Luigi Origoni di Milano. Il rivestimento di zinco si salda alla superficie dell'acciaio creando una lega tra zinco e acciaio, si forma in tal modo un rivestimento tenace, resistente e durevole che protegge l'acciaio tramite un'eccezionale difesa elettrochimica. I rivestimenti che si ottengono per zincatura a caldo sono costituiti da più strati di leghe di zinco e ferro, fondamentalmente 3 che vengono chiamati “gamma”, “delta” e “zeta” ed uno strato esterno di zinco praticamente puro (strato “eta”) che conferisce al rivestimento il caratteristico aspetto metallico brillante. Lo strato gamma ha uno spessore di circa 1 µm ed è costituito da una lega di acciaio e zinco che contiene circa il 25% di zinco. Lo strato seguente, denominato strato delta, contiene il 10% di ferro. Lo strato spesso, in cui sono visibili i cristalli che si dirigono verso l'alto, è lo strato zeta, con il 6% di ferro; infine, sulla superficie si forma un rivestimento di zinco quasi puro.

Data la natura del processo, si ottiene un rivestimento di un'eccezionale continuità che va a proteggere gli articoli di acciaio in tutta la loro integrità, ricoprendo tanto le superfici esterne che quelle interne: tale risultato è in molti casi improponibile per altri metodi di protezione, ad esempio con la verniciatura. La galvanizzazione prende il nome da Galvani, uno dei primi scienziati ad interessarsi dei fenomeni elettrici, nella galvanizzazione infatti, lo zinco e l'acciaio, quando entrano in reciproco contatto, creano una differenza di potenziale elettrico, se viene scalfito il resistente rivestimento di zinco, questa differenza di potenziale fa in modo che sia il rivestimento di zinco a corrodersi, risparmiando la struttura dell'acciaio. Il processo di

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zincatura a caldo si può riassumere sinteticamente nelle seguenti fasi:

I manufatti in ferro, dopo essere stati agganciati a telai che ne permettono il successivo spostamento all'interno dell'impianto per mezzo di fili di ferro, ganci o catene, prima di essere zincati devono subire un trattamento di sgrassaggio; serve ad eliminare grasso, vernici e scorie di saldatura che i pezzi possono portarsi dietro dalle precedenti lavorazioni.

Dopo la fase di sgrassaggio, i manufatti vengono decapati in acido cloridrico (la soluzione ha densità pari a 10 °Bé). Il tempo di decapaggio deve essere sufficientemente lungo in modo che gli ossidi di ferro vengano completamente trasformati in cloruro di ferro, facilmente solubile: si eliminano così tracce di ruggine eventualmente presenti sui pezzi ottenendo quindi superfici di acciaio puro.

Terminato il decapaggio, i manufatti in ferro vengono immersi in acqua per eliminare i residui di acido dalla

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superficie.

Prima di venire a contatto con lo zinco, i manufatti di ferro vengono immersi nella vasca di flussaggio costituita da sale doppio di zinco e ammonio (ZnCl2.NH4Cl2.H2O). Esso ha una duplice funzione: eliminare ogni impurità presente sul ferro (ad esempio i cloruri di ferro rimasti dopo il decapaggio) ed evitare che lo zinco sottostante si ossidi. In tal modo, la superficie del materiale ferroso è pronta a legarsi con lo zinco.

L’essiccazione e il preriscaldamento avvengono in un locale riscaldato con i fumi del forno (circa 100° C ). Questa fase è importante per eliminare qualsiasi traccia di liquido dai pezzi: i vapori che si sviluppano durante la zincatura per la presenza di un ristagno di liquido possono provocare delle vere e proprie esplosioni, pericolose per l'uomo e i manufatti.

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La zincatura avviene per immersione in zinco fuso, puro al 99,995 % (norma UNI EN ISO 1179) a circa 450°C per qualche minuto a seconda del tipo di materiale e dello spessore di rivestimento desiderato. Il tempo di immersione, la sua velocità di discesa e salita, la purezza del bagno e la compatibilità del materiale con lo zinco sono alcuni dei fattori determinanti per la buona riuscita della zincatura. La reazione Fe-Zn continuerà anche dopo l'estrazione fino a che la temperatura dei pezzi zincati si manterrà tanto elevata da permettere i fenomeni di diffusione.

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Il ciclo terminerà immediatamente dopo l'estrazione, con il raffreddamento dei pezzi ad aria naturale o in una vasca con acqua appositamente dedicata. Seguono poi lo sgancio del materiale, la pulitura, i controlli e il collaudo finale.

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10 MOTIVI PER ZINCARE

Per molte applicazioni, il costo della zincatura a caldo è minore rispetto a quello di molti altri rivestimenti, la ragione è semplice: le alternative, soprattutto la verniciatura, sono molto più laboriose rispetto alla zincatura a caldo che è altamente automatizzata tramite un processo strettamente controllato.

Il basso costo iniziale e durante la vita utile del manufatto zincato fanno della galvanizzazione il metodo più versatile ed economico per progetti a lungo termine, ciò deriva dalla non necessità di opere di manutenzione (e, se presenti, molto rare): ciò offre sensibili vantaggi in caso di presenza di aree difficilmente raggiungibili, in presenza di terreni difficili o di costruzioni strettamente ravvicinate tra loro ed anche in presenza di restrittive ragioni di sicurezza (ad esempio i piloni dell'elettricità).

Anni di esperienza ben documentati hanno provato i benefici della zincatura a caldo: manufatti così ottenuti durano 20-40 anni in ambienti industriali o marini, 50-100 anni in atmosfere meno aggressive.

I rivestimenti galvanizzati proteggono l'acciaio in tre modi. In primo luogo, il rivestimento si corrode molto lentamente dando al manufatto una vita lunga e prevedibile. Secondo, il rivestimento si corrode preferenzialmente per proteggere catodicamente (sacrificalmente) ogni piccola area di acciaio esposta all'ambiente a causa di trapanature, tagli o qualsiasi danno accidentale: tali aree sono sigillate dai prodotti di corrosione dello zinco stesso. In terzo luogo, se l'area danneggiata si fa più grande, la protezione catodica previene il dilagare della ruggine sotto la verniciatura.

Un rivestimento di protezione totale costituito da 4 strati di vernice può essere applicato in una settimana, d’altra parte, la zincatura a caldo non dipende dalle condizioni atmosferiche.

L'acciaio galvanizzato facilita l'ispezione della protezione finale, la natura del processo è tale che se il rivestimento appare continuo e solido, lo è anche nella realtà. Gli spessori (i pesi) sono semplicemente specificati attraverso la norma UNI ENISO 1461. Gli standard nazionali della galvanizzazione possono essere facilmente verificati con una prova magnetica o attraverso altri semplici test non distruttivi.

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Il processo è relativamente semplice e strettamente controllato. Gli spessori dei rivestimenti formati sono tra le proprietà che possono essere completamente ed esaurientemente definite dalla norma UNI EN ISO 1461, dalla norma ASTM A123, ecc...

L'acciaio galvanizzato è pronto per l'uso, non sono necessari altri stadi di preparazione superficiale, verniciatura o ispezione. Una volta messo in opera, l'acciaio galvanizzato è pronto e ciò accelera di molto i programmi di costruzione.

La galvanizzazione è un processo unico, infatti, tale processo produce un rivestimento legato metallurgicamente all'acciaio, nessun altro processo è in grado di ottenere tale risultato. Come conseguenza, l'acciaio galvanizzato presenta la più grande resistenza ai danni meccanici durante il trasporto, l'immagazzinamento e la messa in opera: tale proprietà è importante, dato che i lavori in acciaio sono continuamente trasportati in tutto il mondo.

Poichè tale rivestimento è ottenuto immergendo l'acciaio nello zinco fuso, ne deriva che tutta la superficie dell'acciaio è interamente rivestita: rivestire interno, esterno, angoli scomodi e buchi molto stretti potrebbe risultare estremamente difficile con altri processi protettivi.

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DESIGN

La progettazione e la costruzione per la zincatura sono interconnesse, sono poche le regole che devono essere seguite. Si cercherà, con l'ausilio di alcune semplici figure, di mostrare alcuni dettagli che permettono di ottimizzare la zincatura. Esistono due gruppi di regole:

con il primo gruppo si è sicuri di ottenere il massimo beneficio dalla zincatura a caldo, progettando cioè la struttura in modo che la zincatura possa raggiungere tutte le superfici senza avere zone dove possano rimanere intrappolati acidi e residui di flusso;

il secondo gruppo di regole garantisce la sicurezza degli operatori nell'impianto di zincatura. I volumi interni completamente sigillati sono particolarmente pericolosi per gli operatori perché possono esplodere e lo zinco fuso può fuoriuscire dalla vasca di zincatura: se ciò accade, gli operatori potrebbero rimanere seriamente infortunati.

Recipienti e sezioni chiuse, incluse quelle tubolari con piccoli diametri, devono essere aperte per la sicurezza del personale adibito alla zincatura e per prevenire possibili danni all'articolo. Alle temperature di galvanizzazione, infatti, l'umidità intrappolata si converte rapidamente in vapore surriscaldato generando pressioni tanto elevate da poter dare esplosioni. Quando devono essere galvanizzate sia la superficie esterna che quella interna, deve essere previsto almeno un foro per il riempimento ed il successivo drenaggio: un'apertura diagonalmente opposta permette la fuoriuscita dell'aria durante l'immersione. I fori dovrebbero avere un diametro di almeno 50 mm per ogni 0,5 metri cubi di volume. Solitamente, i contenitori chiusi per i quali non si desidera la zincatura interna (perché necessita di lavorazioni o trattamenti non compatibili con lo zinco, ad esempio le bombole per il gas) o che per disegno impedirebbero lo sfiato e lo scarico dello zinco (ad esempio serpentine e fasci tubieri di scambiatori di calore) non possono essere zincati a caldo perché il manufatto galleggerebbe sul bagno di zinco.

Lo zinco ha infatti una densità pari a circa 7 volte quella dell'acqua e quindi, se è già difficile immergere qualsiasi serbatoio vuoto in acqua, è 7 volte più difficile farlo nello zinco ! E’ tuttavia possibile, con attrezzature speciali, permettere l'affondamento dei manufatti “chiusi”.

Non devono mai essere presenti sezioni chiuse. Le sezioni dovrebbero essere interconnesse usando giunture aperte ad angolo come mostrato in figura A, oppure dovrebbero essere posti dei fori di interconnessione prima della saldature, come mostrato nella figura B. Alternativamente possono essere posizionati dei fori esterni come illustrato in C: tale metodo è spesso quello preferito dallo zincatore poiché una veloce ispezione visiva mostra se il manufatto è adatto per la zincatura oppure se è pericoloso. Le superfici finali dei tubi dovrebbero essere lasciate aperte oppure adattate con dei tappi removibili.

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Spesso, per rinforzare una struttura, si usa accoppiare in piano delle piastre. Per evitare che le inclusioni di acido durante il decapaggio o la presenza di grassi formino delle sacche di gas tra le superfici accoppiate e per facilitare il drenaggio durante il ritiro dalle vasche di acido cloridrico, dalla vasca di risciacquo e dal bagno di zincatura, è indispensabile munire gli stessi rinforzi di opportune aperture verso l'esterno (ad esempio fori, tranciatura degli angoli).

In tal modo, si eviteranno deformazioni da rigonfiamento dovute alla pressione che si può produrre tra le due superfici chiuse: nell'uso di accoppiamenti fra piastre, è sempre consigliabile rivolgersi preventivamente alle zincherie per valutare il disegno delle stesse.

A:angolo comunicante B: foro per comunicazione a “T”.Il diametro del foro deve essere

½ di quello del tubo

Per favorire la perfetta circolazione dell'acido cloridrico e dello zinco all'interno dei tubi durante il decapaggio e la zincatura è necessario controllare che:

ci sia sempre un canale di sfiato e scarico verso l'esterno; ogni elemento intermedio possa comunicare direttamente con l'esterno (sfiato e scarico) o sia in

comunicazione con altri tubi provvisti di aperture;

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non vi siano residui di lavorazione, stracci, dime, legni, trucioli, ecc… all'interno dei tubi.

Bisogna evitare spazi ristretti tra le superfici, superfici sovrapposte ed angoli e scanalature appoggiate. Quando piccole sovrapposizioni sono inevitabili, è necessario sigillare i margini mediante saldatura, infatti, se si lasciano aperte piccole fessure, l’acido può penetrare e successivamente fuoriuscire danneggiando il materiale.

Nelle superfici finali bisogna realizzare fori di almeno 13 mm di diametro per permettere l'accesso dello zinco fuso nel bagno di zincatura ed il drenaggio durante il ritiro.

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Filettature interne e dadi che subiranno la zincatura a caldo devono essere sovradimensionati per accomodare lo spessore di rivestimento sul bullone e sulla filettatura. Il rivestimento galvanizzato sul bullone provvede alla protezione contro la corrosione per la filettatura interna.

La norma australiana 1214 specifica i seguenti sovradimensionamenti di sicurezza:

diametro nominale della filettatura interna

sovradimensionamento

fino a M22 0,40 mm

fino a M24 0,45 mm

fino a M27 0,50 mm

fino a M30 0,55 mm

fino a M36 0,60 mm

M36-M48 0,80 mm

M48-M64 1,00 mm

Nelle costruzioni di qualsiasi dimensione è importante utilizzare profili o sagomati sempre con identico spessore per evitare possibili deformazioni o allungamenti durante il processo di zincatura a caldo, oppure prevedere l'assemblaggio dei diversi spessori dopo il trattamento. Una lamiera sottile saldata ad un telaio ed immersa nel bagno di zinco (450°C circa) si dilata e si raffredda più velocemente rispetto al profilato che, avendo uno spessore maggiore, si contrae molto lentamente: la deformazione è inevitabile.

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Una grande differenza di spessore tra i componenti di un manufatto può causare deformazioni e conseguenti lesioni interne dopo il raffreddamento;

per evitare esplosioni durante la zincatura, è necessario forare gli elementi tubolari e scatolati senza sfiati di sfogo e precisamente:

diametro interno (mm) diametro foro (mm)

< 13 5 - 6

13 - 25 6 - 8

25 - 40 8 - 10

40 - 50 10 - 15

> 50 > 15

In casi speciali, per esempio nei radiatori, può essere necessario zincare i sistemi a canne soltanto all’esterno, operazione costosa rispetto alla zincatura esterna perché il risparmio di zinco non compensa i costi legati a questo tipo di operazione. Queste strutture devono essere chiuse ermeticamente in modo tale che nessun liquido possa penetrare all’interno; per la chiusura devono essere utilizzate flange cieche con guarnizioni in grado di resistere sia agli acidi che allo zinco fuso e per evitare l’alta pressione interna che si forma in un sistema a canne chiuso: simili strutture devono essere provviste di condotta di sfiato;

i collegamenti tra superfici ortogonali vanno saldati in continuo; bisogna usare una cura particolare nella pulizia della saldatura dalle scorie mediante molatura o

sabbiatura; bisogna evitare l’invio alla zincheria di pezzi in acciaio arrugginito e acciaio in buone condizioni senza aver

operato una opportuna distinzione, il loro accoppiamento creerebbe problemi nel decapaggio; non bisogna depositare i materiali zincati sui terreni umidi: è consigliato deporli su travi e pezzi in legno; bisogna evitare l’invio alla zincheria di manufatti con tracce di vernice, olio, grasso, gesso, inchiostro; durante la zincatura a caldo è necessario che parti filettate di tubi, bulloni, non vengano ricoperti dallo

zinco; per soddisfare tale esigenza, poiché l’operazione di zincatura prevede l’immersione completa dei manufatti nello zinco fuso, le parti interessate vanno protette prima della zincatura. Per proteggere parti cilindriche con filetti esterni, ad esempio bulloni filettati, tappi, si consiglia si avvolgere saldamente le zone in questione con più giri di nastro in tessuto che risulta facilmente eliminabile mediante spazzolatura dopo la zincatura. Filettature interne possono essere protette riempiendole con plastiline oppure avvitando viti adatte con i filetti lubrificati opportunamente, i residui andranno rimossi mediante spazzolatura dopo la zincatura, mentre le viti verranno liberate con una fiamma leggera sciogliendo parzialmente lo zinco;

durante la molatura si possono provocare notevoli danni indiretti, infatti, le scintille incandescenti vengono sparate sulla superficie zincata a caldo e penetrano nel rivestimento di zinco: prestare pertanto massima attenzione!;

deve essere evitato il contatto delle superfici appena zincate con pioggia o condensa di vapore acqueo

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durante il magazzinaggio e il trasporto. I materiali lasciati in depositi esterni vanno disposti in modo tale che l’acqua possa scorrere via facilmente dalle superfici, i prodotti di corrosione eventualmente formatisi si possono rimuovere spazzolando oppure con lavaggio in soluzione di acido acetico seguito da risciacquo in acqua.

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LA NORMATIVA

Tutti coloro che lavorano l'acciaio sono abituati a rispettare le norme nazionali, che però, a volte, sono diverse nei vari paesi. Le norme nazionali sulla zincatura a caldo sono state sostituite in molti paesi europei dalle norme europee EN (Europaische Norm), che garantiscono la sicurezza della fornitura in qualsiasi luogo dell'Europa. Esiste un accordo internazionale che garantisce quanto più possibile l'armonizzazione delle norme ISO ed EN, che sono state equiparate e sono quindi perfettamente identiche. I paesi membri del Comitato Europeo per la normazione (CEN) sono tenuti ad applicare la norma recepita come UNI EN ISO 1461, per questo motivo non si fa più riferimento alle norme nazionali in vigore prima del 1999. I paesi membri del CEN sono: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia e Svizzera. Dal punto di vista del consumatore non c'è alcuna differenza effettiva tra le norme EN e le norme nazionali; nella maggior parte dei paesi europei, gli zincatori membri dell'associazione nazionale devono superare un'ispezione per comprovare che il procedimento da essi utilizzato è conforme alla normativa.Le norme stabiliscono i seguenti parametri:

definiscono cos’è la zincatura: ”La zincatura a caldo è la formazione di un rivestimento di zinco e/o di una lega di zinco e ferro su oggetti di ferro e di acciaio, ottenuta immergendo l'acciaio o la ghisa nello zinco fuso”;

definiscono lo spessore del rivestimento sui normali oggetti in acciaio, in base alla seguente tabella:

spessore dell'acciaio (mm)minimo spessore

locale del rivestimento (micron)

minimo spessore medio del rivestimento

(micron)

acciaio > 6 mm 70 85

3 mm < acciaio < 6 mm 55 70

1,5 mm < acciaio < 3 mm 45 55

acciaio < 1,5 mm 35 45

fusioni >= 6 mm 70 80

fusioni < 6 mm 60 70

definiscono una procedura di campionatura e di verifica in modo da poter controllare i dati riportati

nelle suddette tabelle. E' possibile effettuare tale verifica utilizzando un misuratore di flusso magnetico che misura lo spessore del rivestimento, oppure fare un test chimico che misura il peso del rivestimento. La zona campione deve essere rappresentativa del prodotto nel suo insieme, non è possibile, quindi, selezionare come campioni tutti gli angoli per ottenere una stima superiore alla media, né il centro dell'anima di una trave per ottenere una media bassa;

definiscono il numero dei campioni da esaminare in base alla seguente tabella:

dimensioni dell'articolo

area totale (mq) numero delle aree

campione numero dei campioni

per ogni area area

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grande (> 2 mq) 3 5

medio (da 0,01 a 2 mq) 1 5

medio (da 0,001 a 0,01 mq) 1 5

piccolo (<0,001 mq) 1 5

definiscono il numero di articoli il cui spessore di rivestimento deve essere ispezionato e misurato in base alle dimensioni del lotto inviato per la zincatura. Le presenti indicazioni servono in realtà per le specie di pezzi piccoli, come dadi e bulloni, ganci, supporti angolari e così via. I requisiti di campionatura sono i seguenti:

numero di pezzi zincati del lotto numero da testare

1-3 tutti

4 -500 3

501- 1200 5

1201 - 3200 8

3201 - 10000 13

più di 10000 20

definiscono l'aspetto e le caratteristiche della zincatura; all'esame visivo, il rivestimento non dovrebbe presentare bolle, punte, aree scoperte, ruvidità, e non dovrebbero esservi residui del flussante; è molto difficile zincare alcuni manufatti ed ottenere una superficie pulita e liscia in ogni punto, è possibile che piccole quantità di cenere o qualche goccia di zinco vengano trattenute negli angoli. Lo zinco o la cenere di zinco, ove presente, non devono trovarsi in posizioni che interferiscono con l'utilizzo previsto del manufatto.

definiscono la qualità dello zinco usato per il rivestimento; lo zinco nel bagno deve essere conforme alla norma UNI EN ISO 1179, ovvero il bagno non deve contenere più dell'1,5% di impurità totali, che non siano ferro o stagno.

limitano la zona che lo zincatore può ritoccare; anche nei migliori e più regolamentati impianti di zincatura a caldo, può capitare che si debba ritoccare una zona scoperta molto piccola. Il motivo, in genere, per cui in certe piccole zone il rivestimento non ”attacca”, è dovuto a qualche sostanza sull'acciaio che il decapaggio non ha potuto eliminare. La zona ritoccata viene limitata allo 0,5% della superficie totale dell'acciaio ed ogni singolo ritocco non deve superare i 10 centimetri quadrati.

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FAQ

Certamente ! La tecnica di zincatura a caldo + verniciatura è detta in termine tecnico ”DUPLEX”. In tal modo, la durata del manufatto aumenta di molto ! Essa non richiede cure particolarmente diverse da una verniciatura normale e può essere effettuata con quasi tutte le tecniche odierne; particolare attenzione richiedono la pulitura del pezzo e la scelta delle vernici. La prima pulitura va effettuata qualora il pezzo zincato abbia già cominciato la fase di ossidazione superficiale: la leggera patina chiara che ricopre lo strato di zinco potrebbe impedire l'adesione della vernice. Si può procedere con una pulitura meccanica (con carta abrasiva molto fine) o chimica (lavaggio con un acido molto blando e successivo risciacquo). Infine, bisogna essere certi che il pezzo sia asciutto al momento della verniciatura, altrimenti sacche di umidità intrappolate sotto la vernice provocherebbero la rapida ossidazione dello zinco che, con considerevole aumento del volume, solleverebbe lo strato appena deposto. Per quanto riguarda le vernici, esistono normalmente in commercio primer, vernici e smalti appositamente studiati per superfici zincate: seguite le indicazioni del fabbricante.

Il silicio (Si) e il fosforo (P) sono elementi comunemente aggiunti all'acciaio per ottenere particolari caratteristiche meccaniche. Questi elementi, però, modificano il comportamento dell'acciaio quando è sottoposto al processo di zincatura a caldo aumentando la sua reattività: si ottengono mediamente rivestimenti più spessi del normale, con aumento della vita del manufatto, ma con conseguente fragilità dello strato protettivo. Altri elementi che danno gli stessi effetti sono ad esempio lo zolfo (S), il manganese (Mn), il cromo (Cr), il nichel (Ni), il niobio (Nb), il titanio (Ti), il vanadio (V); le basse percentuali di questi elementi negli acciai comuni non creano comunque molti problemi. Per il silicio e il fosforo invece sono stati condotti studi che hanno portato alla classificazione degli acciai in base alla loro reattività. (Il contenuto di Si e P è espresso in percentuale %)

Possiamo presupporre che mettendo a contatto tali tipologie di acciai si possano verificare fenomeni deleteri per la durata e la resistenza alla corrosione del manufatto zincato. Infatti, considerando l'alto contenuto di rame dell'acciaio Corten e la grande superficie catodica esposta agli agenti atmosferici che esso costituisce, si potrebbero generare alte correnti di corrosione, soprattutto nel caso in cui il manufatto zincato da accoppiare sia di superficie ridotta (ad esempio bulloneria, staffe, basi di parapetti, ecc.), che porterebbero ad un rapido consumo del rivestimento di zinco, vanificandone l'utilità. La soluzione migliore in questo caso, è quella di interporre tra i due acciai un mezzo atto a isolare elettricamente i materiali (per esempio manicotti plastici attorno ai bulloni, fogli plastici tra le zone di appoggio): in questo modo si interrompe il circuito elettrico responsabile della corrosione sfruttando al meglio le proprietà dell'acciaio Corten e degli accessori zincati.

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La zincatura a caldo viene effettuata in bagni di zinco quasi puro, ma, come negli acciai, si mettono altri elementi (alluminio, piombo, nichel, rame, stagno, bismuto, ecc...) che ne modificano alcune caratteristiche chimico-fisiche. Molti studi accademici e l'esperienza dello zincatore portano all'uso di diverse miscele per ottenere maggiore brillantezza del rivestimento, maggiore scorrevolezza dello zinco fuso, maggiore ”indifferenza” al contenuto di silicio nell'acciaio.

Oggetti di tali dimensioni sono quasi impossibili da zincare a caldo, sia per le loro dimensioni e la tendenza al galleggiamento, sia per le deformazioni che le lamiere subirebbero per la dilatazione termica. L'alternativa della zincatura con pistola a spruzzo consiste in speciali pistole che proiettano gocce di zinco fuso contro il materiale sfruttando un getto di gas caldi; questa tecnica è diffusa nella protezione contro la corrosione di grandi strutture quali ponti, torri e per la manutenzione di manufatti zincati a caldo con rivestimento rovinato per deformazioni o lavorazioni (ad esempio saldature in sede di montaggio). La capacità di protezione di tale metodo non raggiunge quella della zincatura a caldo ma supera quella di vernici e zincature elettrolitiche; la protezione di uno scafo con strato di zinco potrebbe però provocare alcuni problemi: la fascia vicino al galleggiamento (bagnasciuga) è sottoposta a maggior corrosione e lo zinco circostante non riuscirebbe a contrastarla completamente, comunque, una discreta protezione anticorrosiva è offerta dalle vernici ad alto contenuto di zinco.

La zincatura a caldo non ha differenziazioni di colori: la sua tonalità varia dal grigio-azzurro brillante al grigio scuro opaco a seconda del materiale di base, la composizione del bagno e lo spessore del rivestimento. Le zincature ”colorate” citate sopra sono trattamenti di deposizione galvanica per via elettrochimica e le colorazioni diverse sono dovute in questo caso alla soluzione elettrolitica usata e al processo di lavorazione.

Prendiamo in considerazione un impianto idrico sanitario di un edificio per abitazione civile con la rete fatta con tubi in acciaio zincato e rame, dopo alcuni anni si presenteranno sicuramente punti di ossidazione (corrosione a pustole) con formazione di fori. La connessione elettrica tra metalli con potenziale elettrochimico diverso (ad esempio zinco e rame) genera corrosione galvanica (il cosiddetto ”effetto pila”) in presenza di un elettrolita che trasporti le cariche, in questo caso l'acqua. Un altro tipo di corrosione che di frequente si incontra in questo genere di installazioni è un fenomeno detto ”stress corrosion”: l'uso di tubi di rame di scarsa qualità non ricotti accelera il processo di corrosione nelle zone con tensioni di lavorazione residue. In ogni caso, se la corrosione fosse dovuta al collegamento con tubi zincati, avverrebbe vicino alla giunzione dei due, se ci fosse la necessità di collegare acciaio zincato con altri metalli (rame, alluminio, ottone) è consigliabile separare elettricamente le parti con fogli o boccole di materiale isolante (plastica, ceramica) facendo attenzione che eventuali rivetti, chiodi o viti metalliche non creino continuità elettrica.

Sono in corso di validità la norma UNI EN ISO 1461 e la norma CEI 7-6 del 1997 in quanto la prima è di interesse nella zincatura di carattere generale, mentre la norma CEI riguarda le specifiche per prodotti destinati all'ambito dell'energia elettrica.

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norma UNI EN ISO 1461 (30/09/1999): rivestimenti di zincatura per immersione a caldo su prodotti finiti ferrosi e articoli di acciaio. Specificazioni e metodi di prova;

norma CEI 7-6 (1997): norme per il controllo della zincatura a caldo per immersione su elementi di materiale ferroso destinati a linee e impianti elettrici. Ciò significa che la norma CEI è ancora applicabile nell'ambito proprio (definito nella norma), mentre per la zincatura generale, se non esistono altre norme specifiche, ci si deve attenere alle specifiche della UNI EN ISO 1461. Si ricorda che le norme EN sono valide negli stati membri del Comitato Europeo per la normazione (CEN), i quali sono tenuti a recepire le norme europee.

Questo è un dato importante da tenere in considerazione in fase di progettazione, tuttavia è difficile dare dei valori precisi: si può però far riferimento allo spessore del rivestimento richiesto, dopodiché si può sfruttare la relazione tra spessore del rivestimento e peso al metro quadro di superficie del manufatto; nel caso di manufatti cavi (ad esempio i tubi), si deve considerare anche tutta la superficie interna. Se non vengono predisposti i necessari fori di scarico nei manufatti cavi, ci potrebbero essere depositi di zinco che andrebbero ad aumentare sensibilmente il peso dei pezzi. Generalmente, il peso di un oggetto dopo la zincatura aumenta del 5%.

Bisogna fare considerazioni di ordine tecnico ed economico: innanzitutto, in questo tipo di acciai, ci sono problemi di adesione del rivestimento al metallo base (dovuto agli alleganti) tali da rendere impraticabile la zincatura di manufatti in acciaio inox. Inoltre, bisogna considerare che questo tipo di acciai si trova in uno ”stato passivo” che gli conferisce intrinsecamente resistenza alla corrosione: è chiaro quindi che sarebbe del tutto superflua la protezione tramite zincatura a caldo.

La ruggine bianca si manifesta se il materiale appena zincato (o carteggiato) viene stoccato in ambienti umidi e poco aerati oppure rivestiti con cartone o pellicole aderenti: si formano ossidi e carbonati in quantità eccessiva. La protezione dalla corrosione è comunque assicurata, ma se l'aspetto estetico ne risente, si può tentare di disciogliere tali prodotti di corrosione con un acido debole. Si può provare con una soluzione diluita di acido citrico (ad esempio succo di limone), ma bisogna considerare che il colore della superficie trattata sarà diverso dalla zona circostante (tendenzialmente più scuro). Bisogna considerare oltretutto che tolto il ”bianco”, rimarrà nella zona una superficie un po' più ruvida dei dintorni dovuta alla rugosità derivante dalla corrosione; esistono altri metodi che usano prodotti lucidanti, ma sono più difficili e costosi. Si consiglia comunque di fare una prova in un punto non in vista in modo da valutare l'entità della differenza di colorazione, ricordando comunque che le macchie di ruggine bianca tendono a sparire con il tempo, qualora il manufatto sia esposto agli agenti atmosferici (pioggia, vento, sole).

La zincatura ”a caldo” viene effettuata con immersione nello zinco fuso; questo innesca dei processi diffusivi, per cui lo zinco penetra nell'acciaio formando una lega con un'alta capacità di adesione, mentre lo zinco ulteriore crea uno strato puro di protezione catodica. Gli spessori di rivestimento possono variare da qualche decina di micron a 150-200 micron. Nel processo elettrolitico, i manufatti vengono immersi in soluzioni acquose di sali di zinco. ”Iniettando” un'opportuna corrente elettrica nel bagno, gli atomi (ioni) di zinco vengono attirati dal metallo su cui si attaccano, formando uno strato superficiale. Tale metodo non implica diffusione,

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quindi non c'è lega tra l'acciaio e lo zinco: lo strato protettivo di zinco puro aderisce al manufatto ”aggrappandosi” nelle rugosità dell'acciaio e il suo spessore non supera qualche micron.

Si può utilizzare un micrometro magnetico che rileva lo spessore fra un supporto magnetico (ferro, acciaio) ed un rivestimento (zinco, vernice, plastica). Ne esistono di vari tipi:

elettronico; a bilancia (con molla); a penna (con molla).

Tutti i modelli citati danno un valore sufficientemente accurato dello spessore con una differente praticità d'uso.

La zincatura a caldo può essere sottoposta ad ambienti solo blandamente alcalini (con PH non superiore a 8 - 9) in quanto, essendo lo zinco un metallo anfotero, a PH superiore si avrebbe la dissoluzione del rivestimento ad opera della base (si provi ad esempio ad immergere un pezzo di zinco in acqua ed aggiungere progressivamente soda caustica...).

E' un difetto dovuto all'inclusione di scorie (matte) che gli inglesi chiamano ”dross protrusions”. Premettendo che tale difetto non pregiudica la qualità protettiva del rivestimento, bisogna dire che è un difetto che a tutt’oggi è oggetto di profondi studi per la sua soluzione. Si tratta di particelle alto fondenti (per lo più ferro) inglobate nello zinco che, rimanendo in sospensione nel bagno, si ”appiccicano” allo strato protettivo. La loro esistenza, dimensione e distribuzione dipende da molti fattori (temperatura, composizione del bagno e dell'acciaio, pulizia del fondo vasca) e le loro correlazioni non sono state ancora del tutto chiarite. Il difetto si può manifestare in tutti i tipi di manufatto e se crea problemi estetici o di sicurezza, (ad esempio sui corrimani) può essere rimosso tramite carteggiatura o limatura lieve delle sole sporgenze, senza compromettere la durata del rivestimento.