LA VOE DELLA OMUNITA’ N° 47/B - DICEMBRE 2013distrusse la prigione, lasciando intatta la parete...
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LA VOCE DELLA COMUNITA’ N° 47/B - DICEMBRE 2013
“Qui dalla Vergine Maria è nato Cristo Gesù”
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Sommario
- Errata corrige: ci scusiamo con i lettori per l’errata numerazione progressiva
dell’ultimo Bollettino. Avendo saltato il n° 46 la presente pubblicazione
viene catalogata N° 47/b.
- In copertina - Betlemme: Grotta della Natività
visita Superiore generale in Perù 3
don Gréa e la festa della Natività 5
preghiera e penitenza 6
papa Francesco e i religiosi 7
dedicazione della chiesa di Borgosotto 11
presentazione del libro 3° centenario della chiesa 12
parrocchia Regina Pacis 13
avvicendamenti e saluti 14
parrocchia S. Giulio 17
Volta Mantovana e la beata Paola 20
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VISITA DEL SUPERIORE GENERALE IN PERÙ Man mano che si avvicinava la data di partenza, cresceva nel cuore l’attesa dell’incontro con i
confratelli peruviani. Incontrarli, condividere la vita comune con loro per alcuni giorni, affrontare insieme le
difficoltà, darci una mano a risolvere eventuali problemi, orientare il cammino comunitario: questo è
quanto mi aspetta nei vari viaggi che accompagnano il mio servizio alla comunità … e devo riconoscere che,
nonostante le difficoltà, è bella questa condivisione, spesso arricchente. Non è turismo, come può apparire
ai non addetti ai lavori, ma inserimento per qualche giorno nella vita quotidiana dei confratelli. La gioia
dell’incontro fa scordare, o almeno relativizza, la fatica delle ore d’aereo e delle attese, talvolta troppo
lunghe, negli aeroporti.
In questo viaggio, oltre a quanto suddetto, due situazioni particolari mi attendevano: l’ordinazione
diaconale di fr. Rediberto Lazo e la visita a p. Juan Atarama, da una quindicina di giorni convalescente dopo
l’asportazione di un rene. Eventi al centro della prima conversazione con p. Ulises Perez che ma attendeva
all’aeroporto Chavez di Lima, nel pomeriggio del 22 ottobre u.s.. Attraverso un traffico caotico, abbiamo
raggiunto la casa di Lima dove ci siamo trattenuti per due giorni. Qui ho avuto modo di incontrare il
vescovo ausiliare Mons. Raul Chau.
Nostro Signore de los Milagros. Nella seconda quindicina di ottobre si celebra questa festa che coinvolge i
Peruviani in tutto il paese, dalle grandi città ai più piccoli centri. Per chi non lo sa, ecco l’origine della festa
come è descritta in una guida del Perù. Il Signore de los
Milagros è una pittura di Cristo crocifisso dipinta su una
parete da uno schiavo negro nel sec. XVII. Un terremoto
distrusse la prigione, lasciando intatta la parete con il
crocifisso, il Cristo Morado cioè violaceo. La devozione si
diffuse in tutto il Perù e viene celebrata oggi con
processioni affollatissime: il quadro del Cristo Morado
sfila per le strade tra canti e preghiere in un clima di
grande festa popolare. La processione di Lima mobilita
più di 2 milioni di persone che arrivano da tutte le parti
del paese e si ripropone per vari giorni, per raggiungere
ospedali, scuole e anche barrios più lontani dal centro
città. È un avvenimento nazionale nel quale non possono mancare le autorità politiche. Il Presidente della
repubblica ed il Sindaco di Lima accompagnano l’Arcivescovo nelle celebrazioni ufficiali. Personalmente ho
visto gente in preghiera che riempiva la chiesa del Signore de los Milagros a Lima e una grande folla che
fuori attendeva l’inizio della processione. A Piura ho partecipato per circa un’ora ad un tratto di
processione, letteralmente schiacciato tra la folla, mentre a Tamarindo, un piccolo paesino, ho visto
un’edicola con il Cristo Morado, allestita in una viuzza dove la gente si radunava per incontrarsi e per una
preghiera. Una curiosità: per le strade in questi giorni si incontrano adulti, adolescenti e anche bambini
piccoli con il saio nero dei portatori del quadro del Cristo Morado… è proprio una tradizione cara al popolo
e non si vuole dimenticare.
Incontro con i confratelli. A Lima ho incontrato p. César Schwarz e ho avuto modo di parlare a lungo della
sua salute malferma e del suo lavoro. A Piura, dove sono giunto il 24 sera, mi hanno accolto con gioia e
tanto calore i confratelli della casa di formazione San Augustìn: p. Gerardo Dubé, p. Juan Atarama, i
professi fr. Rediberto Lazo e Victor Cruz e i tre aspiranti. Subito la mattina seguente abbiamo avuto un
incontro tra tutti i Padri, raggiunti anche da p. Alvaro Carpio e da p. Luis Enrique Serra. Questi sono
sempre momenti belli della nostra vita comunitaria, di conoscenza e di condivisione di quelli che sono gli
impegni e le prospettive della vita comunitaria e parrocchiale. Prima poi della mia partenza ci siamo rivisti
tutti insieme per ribadire la nostra volontà e riprendere il cammino con umiltà, speranza e impegno. Che il
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Signore sostenga i nostri propositi e la nostra volontà. Tra le attese, vivo è il desiderio di una nuova
parrocchia che S. Ecc. Mons. Eguren, Arcivescovo di Piura e Tumbes, ci ha promesso, possibilmente vicino
alla nostra casa, così il servizio pastorale dei Padri potrà essere supportato anche dalla collaborazione dei
nostri studenti. Oltre a questi incontri, una visita veloce a p. Alvaro e p. Luis Enrique, nelle parrocchie di
Tamarindo – Amotape – Vichayal –
Miramar dove esso svolgono il loro
ministero.
L’ordinazione diaconale di fr. Rediberto
Lazo. Dopo vari anni di attesa
finalmente ecco una nuova ordinazione:
è un momento importante e di grande
speranza nella comunità cric peruviana.
Il lavoro vocazionale, sempre difficile,
porta i suoi frutti. Il 1 novembre alle ore
18.30 ci siamo riuniti nella chiesa
parrocchiale di Nostra Signora di Fatima
in Piura, in un clima veramente
familiare, con una buona partecipazione
di fedeli che attorniavano i genitori e i
numerosi familiari di fr. Rediberto, giunti
da Talara. Tra i concelebranti, oltre a tutti noi cric e il parroco, presenti anche alcuni professori del
seminario di Chulucanas, dove fr. Rediberto compie i suoi studi teologici e vari diaconi suoi amici. Mons.
Eguren poi con parole semplici, ma profonde, ha evidenziato il
senso della presenza e le responsabilità del diacono nella
comunità ecclesiale. Devo apprezzare la preparazione della
celebrazione da parte della parrocchia, la devota partecipazione
dei fedeli, i bei canti: insomma, una più che degna celebrazione.
È quasi superfluo, ma voglio evidenziare la commozione dei
genitori, fratelli e familiari tutti di fr. Radiberto, soprattutto del
papà che mi ha confidato la sua gioia e l’attesa che nel
prossimo anno sia proprio il figlio a celebrare i suoi 50 anni di
matrimonio. Dopo la celebrazione un momento conviviale per
tutti in parrocchia e poi per familiari e amici più stretti nella
nostra casa una cena preparata con cura e tanta fatica dalla signora Rosa, la cuoca di casa. Ad multos
annos, caro diacono Redy!.
La salute di p. Juan. In mezzo a tanta festa non è mancato il momento triste, mi riferisco alle condizioni di
salute di p. Juan. Ho ricordato sopra che era convalescente da una seria operazione chirurgica, ma ha
voluto ugualmente condividere i momenti comunitari della casa: lasciava la sua camera per unirsi alla
nostra preghiera e ai pasti. Con la gioia che potete immaginarvi ha preso parte all’ordinazione diaconale,
ma certamente si è stancato, troppo, ed il suo fisico indebolito ne ha pagato le conseguenze. La notte
seguente ci ha fatto prendere una grande paura: ha avuto una grossa crisi ed abbiamo dovuto portarlo di
urgenza in ospedale; stava veramente male.
Con il cuore carico di tutte queste situazioni, il giorno 6 novembre ho dovuto l’aereo per Roma. Ora
posso dirvi che p. Juan ha lasciato l’ospedale, è ritornato a casa e gli auguriamo di cuore che pian piano si
rimetta.
p. Riccardo Belleri, Sup. Gen. Cric
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DOM GREA E LA FESTA DELLA NATIVITÀ
L’8 settembre 1871 i primi Cinque Canonici Regolari:Dom Gréa, Dom Constant Brenier, Dom Louis Ferrey, Dom Modest Jeunet, Dom Leon Dunoyer, fecero professione con voti perpetui nella cappella della casa Saint Claude, nelle mani del vescovo di Saint Claude che approvò la loro regola. La memoria di questo avvenimento illuminò l’esistenza di Dom Gréa. Questo giorno (dell’8 settembre) “è giorno doppio e triplo nel mio povero vecchio cuore” scriverà trentasette anni più tardi. “So che oltreoceano le vostre anime fanno festa con me. Festa di nostra Madre, festa del suo piccolo servitore, che il Santo Martire Adriano adorna della sua porpora di una rosa rossa che brilla tra i fiori del giardino celeste che Maria Immacolata ha fatto risplendere: Hortus conclusus Domini. Anniversario della fondazione definitiva della nostra Congregazione con la prima professione perpetua dei suoi religiosi” A pensarci bene, nulla avviene mai per caso. E questa data all’origine della congregazione mi dà speranza e mi sorprende a sognare anche i Canonici Regolari nel libro delle generazioni di Gesù che sono non solo generazioni biologiche, ma veri atti creativi di Dio. E vedo passare le varie generazioni a partire da quell’8 settembre 1871 e molti ancora sono vivi, palpitanti nella loro fede, nella loro carità, nella speranza di un Promessa fatta ad Abramo, fatta a Davide, fatta a tutti coloro che credono in lui. L’8 aprile 1876 Pio IX donava alla nuova fondazione il decreto di Lode. L’8 aprile 2000 una chiesa è consacrata dal card. Ruini dedicata a Dio e in onore della Natività della Beata Vergine Maria. E non a caso è stato scelto il titolo della Natività di Maria per la nostra parrocchia anche noi, in virtù della fede, annoverati nella stessa storia della salvezza. Maria ci ha guidato con lo stesso stile. Scrive Ignazio di Antiochia alla Chiesa di Efeso: “Al principe di questo mondo rimase celata la verginità di Maria, il suo parto e la morte del Signore, i tre misteri compiuti nel silenzio di Dio. Nel compiersi di questi tre misteri, Maria è presente come la Donna e la Madre ed è sempre presente nel silenzio anche lei come Dio (XIX,1). Il silenzio di Maria è l’eco del silenzio di Dio. E’ così che, all’improvviso, dopo averle provate tutte, la Madre del silenzio fece conoscere a tutti e per primi a noi Canonici Regolari dell’Immacolata e fedeli della parrocchia della Natività che noi dobbiamo soltanto contemplare il suo itinerario di fede, la sua fede, la sua carità. Maria ci ha fatto conoscere il dovere dell’umiltà. “Vedete il suo piede verginale ha calpestato il demonio e l’ha vinto con la sua umiltà “Respexit humilitate ancillae suae. Siamo umili, abbiamo mille motivi di essere umili, motivi che non esistono in Maria e tuttavia Maria aveva ragione di essere umile perché ogni creatura deve esserlo , perché tutto ciò lo ha ricevuto da Dio e Maria ha ricevuto tutto da Dio.
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“Fecit magna qui potens est”. Queste grandi cose non sono io ad averle fatte: è l’Onnipotente che le ha fatte in me (cfr Dom Grea 9 settembre 1894, Saint Antoine, “La voix du Père” p.p. 92.93). Quando la comunità parrocchiale si è resa conto della sua incapacità, quando più nessuno poteva vantarsi di aver fatto lui qualcosa, la chiesa e altro ancora, lei la Madre del Signore ci fece toccare con mano che nulla è impossibile a Dio.
Padre Lorenzo Rossi
Preghiera e Penitenza
Nei suoi scritti e nelle sue conferenze Dom Gréa, fondatore dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione, insiste molto sulla necessità di non separare l’attività di pastorale dalla vita interiore, molto più che sull’attività pastorale stessa. Uno dei pensieri che cita e commenta frequentemente è quello del suo amico Mgs Mermillod “sulla febbre delle opere”, “l’eresia delle opere”, “l’eresia del nostro tempo”. Si semina molto e si raccoglie
poco. Perchè? Perché non si fondano le opere sulla preghiera e sulla penitenza. La Chiesa soffre di un male e questo male non è l’assenza di attività, è invece la diminuzione dello spirito di penitenza e di preghiera. Ecco perché Dom Adriano Gréa ha in alta considerazione lo studio e non vuole “che la necessità o il gusto dei lavori manuali diminuisca il gusto e lo zelo del lavoro intellettuale”. E,nella stessa misura non vuole che, con la scusa di fare del ministero pastorale, i religiosi preti trascurino il servizio e la lode divina. Servizio di Dio e servizio delle anime, doppio ministero: i fratelli sono amati e serviti per portarli alla lode divina come al fine più bello e il primo di ogni natura.
Padre Lorenzo Rossi (Progetto di Fede 1999)
--------------------------------------------------------------------------------------------- Questo articolo è tratto dal nuovo sito
dell’Associazione Culturale Dom Adriano Gréa,
che potete trovare al seguente indirizzo:
http://www.associazionedomadrianogrea.com/riflessioni/
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PAPA FRANCESCO AI RELIGIOSI
a cura di padre Stefano Liberti
L’attenzione che il nostro Papa Francesco sta riscuotendo ad ogni livello ci stimola a meditare quanto, in questi primi mesi di pontificato, ha già potuto comunicare ai religiosi. Proviamo ad offrire una carrellata di interventi che, riteniamo, possono risultare comunque interessanti anche per chi, amico della nostra Comunità, collabora con noi.
6 luglio 2013, INCONTRO CON I SEMINARISTI
Il 6 luglio, nell’Aula Paolo VI, Papa Francesco ha incontrato 6.000 seminaristi, novizi e novizie e giovani in cammino vocazionale, che hanno celebrato una vera festa in occasione dell’Anno della Fede. Fra sentite testimonianze, musica, e una atmosfera gioiosa, i giovani hanno atteso l’arrivo del Santo Padre che è stato accolto da uno scroscio di applausi.
Cultura del provvisorio
“Voi adesso applaudite, fate festa, perché è tempo di nozze… Ma quando finisce la luna di miele, che cosa succede? (…) Tutti noi, anche noi più vecchi, siamo sotto la pressione di questa cultura del provvisorio; e questo è pericoloso, perché uno non gioca la vita una volta per sempre. Io mi sposo fino a che dura l’amore; io mi faccio suora, ma per ‘un po’ di tempo’, e poi vedrò; io mi faccio seminarista per farmi prete, ma non so come finirà la storia. Questo non va con Gesù! (…) Una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la
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vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio”.
La gioia
Il Santo Padre ha poi ricordato ai presenti che: “Sempre, dove sono i consacrati, i seminaristi, le religiose e i religiosi, i giovani, c’è gioia. (…) Ma dove nasce la gioia? – si è chiesto il Papa –(…) Alcuni diranno: la gioia nasce dalle cose che si hanno, e allora ecco la ricerca dell’ultimo modello di smartphone, lo scooter più veloce, l’auto che si fa notare…a me fa male quando vedo un prete o una suora con la macchina ultimo modello. (…) Io credo che la macchina sia necessaria, (…) ma prendetene una più umile! E se ti piace quella bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame”.
“La vera gioia – ha proseguito il Pontefice – non viene dalle cose, dall’avere, no! Nasce dall’incontro, dalla relazione con gli altri, nasce dal sentirsi accettati, compresi, amati e dall’accettare, dal comprendere e dall’amare; e questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro, l’altra è una persona. La gioia nasce dalla gratuità di un incontro! È il sentirsi dire: ‘Tu sei importante per me’, non necessariamente a parole. Questo è bello… Ed è proprio questo che Dio ci fa capire”
La tristezza
“E la gioia, quella vera, è contagiosa; contagia… fa andare avanti. Invece, quando tu ti trovi con un seminarista troppo serio, troppo triste, o con una novizia così, tu pensi: ma qualcosa qui non va! Manca la gioia del Signore (…). Non c’è santità nella tristezza, non c’è! Santa Teresa (…) diceva: ‘Un santo triste è un triste santo!’ E’ poca cosa. (…) Ma per favore: mai suore, mai preti con la faccia di ‘peperoncino in aceto’, mai!”
A volte alla base della insoddisfazione ci sono problemi psichiatrici, ma la radice della tristezza – ha ribadito Papa Francesco – è nel “problema di celibato. Vi spiego. Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù, e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti… Una strada che matura verso la paternità pastorale, verso la maternità pastorale, e quando un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. Questo è il problema. Per questo io dico a voi: la radice della tristezza nella vita pastorale sta proprio nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che invece ci deve portare alla fecondità. Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi(…).
La coerenza
“Per essere testimoni gioiosi del Vangelo – ha proseguito il Pontefice – bisogna essere autentici, coerenti. E questa è un’altra parola che voglio dirvi: autenticità. Gesù bastonava tanto contro gli ipocriti: ipocriti, quelli che pensano di sotto; quelli che hanno – per dirlo chiaramente – doppia faccia. (…) Questa è una responsabilità prima di tutto degli adulti, dei formatori. È di voi formatori che siete qui: dare un esempio di coerenza ai più giovani. Vogliamo giovani coerenti? Siamo noi coerenti! Al contrario, il Signore ci dirà quello che diceva dei farisei al popolo di Dio: ‘Fate quello che dicono, ma non quello che fanno!’. Coerenza e autenticità!”. Io dico sempre quello che affermava san Francesco d’Assisi: “Annunciate il Vangelo sempre. E, se fosse necessario, con le parole”. Cosa vuol dire questo? Annunziare il Vangelo con l’autenticità di vita, con la coerenza di vita. Ma in questo mondo a cui le ricchezze fanno tanto male, è necessario che noi preti, che noi suore, che tutti noi, siamo coerenti con la nostra povertà! Ma quando tu trovi che il primo interesse di una istituzione educativa o parrocchiale o qualsiasi è il denaro, questo non fa bene. Non fa bene! E’ una incoerenza! Dobbiamo essere coerenti, autentici. Per questa strada, facciamo quello che dice san Francesco: predichiamo il Vangelo con l’esempio, poi con le parole! Ma prima di tutto è nella nostra vita che gli altri devono poter leggere il Vangelo! Anche qui senza timore, con i nostri difetti che cerchiamo di correggere, con i nostri limiti che il Signore conosce, ma anche con la nostra generosità nel lasciare che Lui agisca in noi. I difetti, i limiti e - io aggiungo un po’ di più - con i peccati. (… )
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Il Santo Padre ha esortato i giovani “a dire sempre la verità al confessore (…). Dire la verità, senza nascondere, senza mezze parole, perché stai parlando con Gesù nella persona del confessore. E Gesù sa la verità. Soltanto lui ti perdona sempre!”.
La formazione e la fraternità
Papa Francesco non ha mancato di sottolineare che nella formazione alla vita religiosa ci sono quattro pilastri fondamentali, vita spirituale, vita intellettuale, vita apostolica e vita comunitaria (con “relazioni di amicizia e di fraternità che fanno parte integrante di questa formazione”). E qui il Santo Padre ha individuato il problema che nasce nella vita comunitaria: le chiacchiere. “Dietro le chiacchiere, sotto le chiacchiere ci sono le invidie, le gelosie, le ambizioni”. Non parlare mai male degli altri. “Questa è una bella, una bella strada alla santità!” ha ribadito Papa Francesco ed ha raccomandato l’importanza di “un’amicizia e una fraternità che mi aiuti a non cadere né nell’isolamento né nella dissipazione. (…) Un sacerdote, un religioso, una religiosa non può mai essere un’isola, ma una persona sempre disponibile all’incontro”.
La missionarietà e la lamentela
“Io vorrei una Chiesa più missionaria, non tanto tranquilla. – ha detto ancora il Santo Padre – Non imparate da noi, da noi, che non siamo più giovanissimi; non imparate da noi quello sport che noi, i vecchi, abbiamo spesso: lo sport del lamento! Non imparate da noi il culto della ‘dea lamentela’. (…) Ma siate positivi, coltivate la vita spirituale e, nello stesso tempo, andate, siate capaci di incontrare le persone, specialmente quelle più disprezzate e svantaggiate. Non abbiate paura di uscire e andare controcorrente. Siate contemplativi e missionari. Tenete sempre la Madonna con voi, pregate il Rosario, per favore… Non lasciatelo! Tenete sempre la Madonna con voi nella vostra casa, come la teneva l’Apostolo Giovanni. Lei sempre vi accompagni e vi protegga. E pregate anche per me, perché anche io ho bisogno di preghiere, perché sono un povero peccatore, però andiamo avanti”.
28 agosto 2013, alla Basilica di Sant’Agostino in campo Marzio (Roma) S.Messa per l’inizio del capitolo generale degli AGOSTINIANI
Il 28 agosto 2013 Papa Francesco ha celebrato la Messa per l'apertura del Capitolo Generale degli Agostiniani, proponendo loro un'ampia riflessione sul tema dell’inquietudine.
« Ci sono certamente inquietudini che non fanno bene, ma quali inquietudini invece sant'Agostino c'invita ad accogliere e coltivare? «Ne propongo tre - ha risposto il Papa -:l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio, l’inquietudine dell’amore».
La prima: l’inquietudine della ricerca spirituale. «Agostino - ricorda il Pontefice - vive un’esperienza abbastanza comune al giorno d’oggi: viene educato dalla mamma Monica nella fede cristiana, anche se non riceve il Battesimo, ma crescendo se ne allontana, non trova in essa la risposta alle sue domande, ai desideri del suo cuore, e viene attirato da altre proposte». S'interessa al manicheismo, ma si dà anche al «divertimento spensierato», agli spettacoli, alle donne, alla carriera della corte imperiale. «Agostino è un uomo “arrivato”, ha tutto, ma nel suo cuore rimane l’inquietudine della ricerca del senso profondo della vita».
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Agostino ha almeno il merito di rimanere inquieto. «Certo commette errori, prende anche vie sbagliate, pecca, è un peccatore; ma non perde l’inquietudine della ricerca spirituale. E in questo modo scopre che Dio lo aspettava, anzi, che non aveva mai smesso di cercarlo per primo». In questo c'è una grande lezione per noi, una lezione attualissima. «Vorrei dire - ha esclamato Papa Francesco - a chi si sente indifferente verso Dio, verso la fede, a chi è lontano dalla Chiesa o l’ha abbandonata, anche a noi, con le nostre “lontananze” e i nostri “abbandoni” verso la Chiesa: guarda nel profondo del tuo cuore, guarda nell’intimo di te stesso, e domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di grande o addormentato dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che cosa rispondi?».
Ecco dunque la seconda inquietudine: quella della ricerca di Dio. «In Agostino è proprio questa inquietudine del cuore che lo porta all’incontro personale con Cristo, lo porta a capire che quel Dio che cercava lontano da sé, è il Dio vicino ad ogni essere umano, il Dio vicino al nostro cuore, più intimo a noi di noi stessi». È però importante, ha aggiunto il Papa, riflettere sul fatto che dopo avere trovato Dio «Agostino non si ferma, non si adagia, non si chiude in se stesso come chi è già arrivato, ma continua il cammino. L’inquietudine della ricerca della verità, della ricerca di Dio, diventa l’inquietudine di conoscerlo sempre di più e di uscire da se stesso per farlo conoscere agli altri». È un tema tipico del Magistero di Francesco, ma il Pontefice lo ritrova già in Agostino, che «si lascia inquietare da Dio, non si stanca di annunciarlo, di evangelizzare con coraggio». Avrebbe preferito una vita di studio: la Chiesa lo chiama invece a diventare vescovo in una situazione difficilissima, mentre infuria la guerra. «Il tesoro di Agostino è proprio questo atteggiamento: uscire sempre verso Dio, uscire sempre verso il gregge… non “privatizzare” l’amore… sempre in cammino! Sempre inquieto!».
C'è, afferma il Papa, una vera «pace dell’inquietudine». «Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Mi sono per così dire “accomodato” nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad “andare fuori”, verso gli altri?».
Infine, l'ultima inquietudine: l’inquietudine dell’amore. Il Papa, che aveva confidato di essere un grande devoto di santa Monica, è tornato sulla figura della madre di sant'Agostino. «Quante lacrime ha versato quella santa donna per la conversione del figlio! E quante mamme anche oggi versano lacrime perché i propri figli tornino a Cristo e alla Chiesa! Non perdete la speranza nella grazia di Dio!». A Monica un vescovo disse: «Non è possibile che un figlio di tante lacrime perisca». «Donna inquieta, questa donna! - commenta Francesco -. E Agostino è erede di Monica, da lei riceve il seme dell’inquietudine. Ecco, allora, l’inquietudine dell’amore: cercare sempre, senza sosta, il bene dell’altro, della persona amata, con quella intensità che porta anche alle lacrime». Lacrime che ricordano quelle di Maria, di Gesù per l'amico morto Lazzaro, di Pietro dopo il tradimento.
E noi? «Come siamo con l’inquietudine dell’amore? Crediamo nell’amore a Dio e agli altri? Non in modo astratto, non solo le parole»! Troppo spesso forse «rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte è per noi “comunità-comodità». Parlando a religiosi, il Pontefice ha fatto cenno «ai consacrati che non sono fecondi, che sono “zitelloni”», un'espressione simile a quella che aveva usato tempo fa per le suore. Chiediamo dunque a Dio, ha concluso Francesco, che ci dia la grazia dell'inquietudine, che «conservi nel nostro cuore l’inquietudine spirituale di ricercarlo sempre, l’inquietudine di annunciarlo con coraggio, l’inquietudine dell’amore».
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DEDICAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI BORGOSOTTO
ALLA BEATA VERGINE DI LORETO
Con il seguente pensiero rinnovo il mio sentito e cordiale ringraziamento a S. E. Mons. Luciano Monari, Vescovo della Diocesi di Brescia, per aver accolto volentieri l’invito a presiedere il solenne Rito della Dedicazione della chiesa di Borgosotto alla Beata Vergine
di Loreto, che quest’anno ricorda i 300 anni della sua costruzione (4 marzo 1713 la prima pietra – 6 ottobre 2013 la Dedicazione). La solenne celebrazione si è svolta alla presenza dei sacerdoti concelebranti (con un ricordo speciale ai tre parroci predecessori: don Andrea Ferronato, primo parroco, don Giuseppe Zamboni e padre Fausto Gregorini), delle autorità civili e militari e in particolar modo del Gruppo dell’Aeronautica “Le ali per la vita”, da sempre devoto alla Vergine lauretana, e di numerosi fedeli accorsi per l’occasione.
Questo evento dell’Anno Giubilare, come più volte abbiamo già ricordato, ci evoca necessariamente il
messaggio legato alla Santa Casa di Nazareth, dove Maria “è probabilmente nata, cresciuta, ha condiviso la vita nascosta del Figlio Gesù insieme allo sposo Giuseppe, avvolta dall’ombra dell’Altissimo e del suo Spirito, in quella Casa del “Sì” dove ha condiviso i problemi, le preoccupazioni e le sofferenze di tutti”.
La Santa Casa di Nazareth alla quale, anche se da lontano, si ispira ed è legata la nostra chiesa di Borgosotto, la prima settimana di settembre di quest’anno è stata méta di pellegrinaggio per un gruppo di parrocchiani che ha voluto sottolineare questa sintonia spirituale con un cero portato direttamente dalla Basilica dell’Annunciazione e che è stato acceso durante il Rito dell’illuminazione. Mentre dal luogo del Santo Sepolcro hanno portato alcuni grani di incenso utilizzato per il Rito dell’incensazione delle pareti della chiesa. Sono stati gesti semplici che danno significato alla nostra vicinanza sempre più forte alla vita di Gesù, attraverso l’intercessione di Maria. Avere una chiesa che ricorda tutti questi fatti e scene di vita quotidiana, e che domenica è stata purificata con l’acqua benedetta, unta con il crisma,
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incensata e illuminata dal Cristo risorto, vuol essere un motivo ancor più forte nel configurarci alla Sacra Famiglia di Nazareth, portando nella nostra “Chiesa domestica” di oggi i suoi stessi valori umani e cristiani e la sua disponibilità a compiere la volontà di Dio e a innalzare a Dio un culto di lode che sia sincero e devoto. Ogni volta che varcheremo la porta di questa chiesa dedicata alla Beata Vergine di Loreto, vuol dire chiedere a Maria la Grazia di intercedere per noi affinché il Signore “aumenti la nostra fede” e viviamo la nostra vita con la stessa fede di Maria.
Padre Rinaldo PRESENTAZIONE DEL LIBRO
sul terzo centenario della chiesa
A coronamento di questo Anno Giubilare ci sembrava importante e doveroso vivere una serata con l’ascolto di canti che trasmettono sentimenti e valori che partono dal cuore dell’uomo e ci aiutano ad elevare l’animo a pensieri che toccano il divino. Un grazie di cuore, dunque, alla Corale Polifonica di Carpenedolo “Ars Nova” diretta dal maestro Mario Tononi e al Coro “Acanthus” diretto dalla maestra Michela Tononi, perché ci hanno fatto gustare brani percorrendo l’anno liturgico nei suoi momenti essenziali, aiutandoci a rivivere la vita di Gesù alla luce della vita
di Maria. Ha iniziato la serata il Coro Acanthus, composto da giovani coristi, che formano una sorta di cordone ombelicale con la Corale Ars Nova, riscuotendo grandi applausi di consensi e apprezzamento.
Nell’intervallo abbiamo presentato una nuova pubblicazione sulla chiesa di Borgosotto e il suo contesto storico e artistico. L’idea del libro è nata pensando alle varie iniziative da programmare durante quest’anno Giubilare e si era partiti con l’intenzione di pubblicare un opuscolo esclusivamente su alcune opere d’arte presenti in questa chiesa e di recente restaurate, venendo così ad aggiornare e completare il precedente primo libro in occasione del 25° della parrocchia. Ma poi è sorta la necessità di parlare anche della devozione alla Madonna di Loreto diffusa nel bresciano e anche nel nostro Borgo di sotto che addirittura ha voluto la costruzione di un nuovo Tempio. E così grazie al consulto e alla collaborazione di alcune persone valide e competenti, ne è scaturito addirittura un libro, arricchito da testi di approfondimento e splendide immagini fotografiche . A tutti l’augurio che questa “Memoria Giubilare” della nostra chiesa di Borgosotto trovi una risposta adeguata per rendere più viva e consapevole la nostra vita di comunità cristiana. Chi desidera avere una copia del libro può rivolgersi in parrocchia a Borgosotto.
Il parroco
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PARROCCHIA REGINA PACIS
FESTA PATRONALE 2013 MARIA, MADRE E SORELLA NELLA FEDE
Abbiamo chiuso proprio in questi giorni l’Anno della Fede,
fortemente voluto dal Papa Benedetto 16°, e saremmo
tentati di chiederci che cosa abbia significato per noi e per la
nostra crescita spirituale. Certamente, noi che viviamo a
due passi dal Vaticano, abbiamo visto tanta gente venire a
Roma per dire la propria Fede sulla tomba di Pietro. E poi,
con questo Papa Francesco, l’entusiasmo è proprio
contagioso e mai come in questi mesi siamo stati testimoni
di piazze gremite all’inverosimile.
Ma a noi, personalmente, cosa ha lasciato?
E’ stato di sicuro un anno di non facili proposte. Chiedetelo
ad esempio al Gruppo delle Giovani Famiglie: nei loro incontri mensili hanno affrontato il tema del
Credo, l’hanno approfondito nelle sue varie tematiche, hanno tentato di legarlo alla vita… ma alla
fine si sono accorti che è stato un cammino a singhiozzo e non sempre facile.
Anche i ragazzi delle medie hanno affrontato il tema nel loro campo scuola a Temù: essere credenti
come i grandi personaggi della Bibbia. Da Abramo a Maria, la Fede chiede sempre e a tutti di
uscire dalle proprie certezze e accogliere il dono di un Dio che ti viene a cercare.
Proprio per questo la Fede è difficile e allo stesso tempo affascinante.
Lo sanno i nostri catechisti quanta pazienza costa accompagnare il cammino di chi è piccolo e si
apre alla vita della Grazia e incontra per la prima volta la proposta di Gesù. Lo sperimentano i
genitori nelle loro case quando vogliono essere buoni educatori e sanno che non bastano le
raccomandazioni, ma vale di più la credibilità del loro esempio.
La vera conclusione allora è che l’Anno della Fede per noi non è ancora terminato, anzi ricomincia
ogni volta che abbiamo il coraggio di inginocchiarci di fronte al mistero di Dio e ci poniamo in
ascolto delle sue proposte. Lo vedo tante volte al giorno nelle persone che entrano in chiesa anche
per una visita veloce: è come riaccendere un piccolo lume nel grigiore della vita, perché ritorni un
po’ di speranza e di luce. Lo intuisco nel cuore di chi si
ferma in adorazione davanti all’Eucarestia: un momento
di silenzio che equivale ad un forte grido, che scaturisce
dal profondo del cuore e che parla di noi al Signore e di
come gira la nostra vita. Lo sperimentiamo in ogni nostra
Messa, quella gioiosa e un po’ chiassosa dei nostri
ragazzi, come quella più raccolta dei devoti: noi siamo la
Comunità che cerca il Signore e nella fatica non si stanca
nemmeno di fronte ai propri limiti.
Nella nostra chiesa, dedicata a Maria, noi torniamo con
fiducia ad alzare gli occhi al grande mosaico che ci rappresenta la Regina della Pace.
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A Lei oggi vorremmo dire la fatica che tanti incontrano nell’esprimere la Fede, ma anche l’impegno
che molti ci mettono per essere ancora testimoni credibili.
Sulle sue ginocchia, accanto al piccolo Gesù, vogliamo porre ogni bambino della nostra Comunità
che viene accolto nel battesimo, perché cresca come suo figlio. Sotto la sua protezione affidiamo
tutta la nostra gente, quella sempre presente e quella che fa fatica a venire, perché una madre i suoi
figli li ama tutti, qualche volta col sorriso stampato sul volto, altre volte col volto segnato da
lacrime. Ma questi sono dettagli che sorprendono solo la nostra curiosità e non certo la tenerezza
del cuore di una madre.
Maria, Regina della Pace, accompagnaci sempre nel cammino di Fede che ci porta a incontrare
Gesù.
P. Livio
AVVICENDAMENTI… SALUTI E RINGRAZIAMENTI
nella comunità Cric italiana
PIUBEGA: DEDICATO AI PADRI CRIC
Da qualche tempo, ormai, aleggiavano nell’aria alcune voci che però, ognuno di noi non avrebbe voluto sentire... si sperava di avere male inteso o ci si illudeva che fossero le solite chiacchiere di paese… ma, purtroppo la notizia ufficiale è arrivata inesorabile: “Il mandato dei Padri Cric a Piubega, termina il 31 agosto”. Per noi si chiude un capitolo importante, un pezzo di storia durato 22 anni dove, ognuno di noi, direttamente o indirettamente ha goduto del servizio che i Padri hanno reso, con tanta passione, alla nostra comunità.
Questo loro servizio ebbe inizio nel 1991 quando, Don Lino Migliari, parroco di Piubega da oltre quarant’anni, chiese la loro collaborazione. La sua richiesta venne accolta dalla congregazione Cric la quale diede l’incarico a Padre Italo Sorsoli che, successivamente, veniva affiancato da Padre Livio Rozzini. Dopo qualche anno, nel 1994, Padre Italo lasciò Piubega per accettare un incarico importante che lo vide a Roma per 12 anni. La sua partenza fù, da un lato, fonte di smarrimento e preoccupazione , dall’altro lato c’era la consapevolezza che, Padre Livio, sarebbe rimasto con noi ed era imminente l’arrivo di un altro Padre in suo aiuto. Terminato il suo mandato Padre Italo tornò di nuovo a Piubega.
Dal 1991 ad oggi, abbiamo vissuto molti cambiamenti. Il cambiamento lo vivi…lo senti… Molte volte ne hai timore e ti chiedi:”e adesso che si fa?” I Padri, questo nostro stato d’animo l’hanno sempre capito benissimo e per questo hanno sempre cercato di fare il meglio per noi garantendo sempre la loro presenza.
Ingresso di padre Italo e saluto a
padre Livio nel settembre 2006
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Oltre Italo e Livio sono stati con noi anche P. Dario Frattini, P. Bruno Rapis, P. Salvatore Pintossi, P.Giuseppe Beffa. Tante personalità, tanti carismi diversi, ma con un obbiettivo comune: mettere a disposizione le loro risorse per tutto ciò che era necessario alla comunità. Pensiamo alla catechesi dei bambini, le attività in oratorio, le iniziative rivolte ai giovani, l’animazione della liturgia, la visita agli ammalati e agli anziani….e non da meno la costruzione del nuovo oratorio come luogo sicuro e fondamentale per tutti. Con la comunità, hanno sempre cercato di condividere progetti, proposte e responsabilità educative. Non sempre tutto è stato facile. Hanno dovuto superare prove difficili e accettare critiche poco costruttive. Ma si sa che quest’ultime, spesso,lasciano il tempo che trovano. Certamente, in questo arco di tempo vissuto insieme, hanno lasciato un ricordo indelebile, legato al loro spirito di servizio e di testimonianza silenziosa.
Siamo convinti che, nella vita, tutto abbia un inizio, un percorso e un termine. Il nostro pezzo di storia con i Cric è iniziato con l’arrivo di Padre Italo e Padre Livio e, per uno strano scherzo del destino, termina proprio con colui che l’ha iniziato: Padre Italo. Questa volta affiancato, da Padre Giuseppe. E così, Domenica 1 settembre la comunità è chiamata a salutare i suoi amati Padri. Saluto carico di gratitudine, riconoscenza e tanta commozione. Durante la celebrazione Padre Italo e Padre Giuseppe si sono rivolti a noi esortandoci a continuare il nostro commino di fede illuminato dal ricordo e dalla preghiera reciproca. Vogliamo concludere come si fa tra amici, senza frasi ad effetto, ma dicendo loro in modo semplice: “Grazie!”
Il gruppo di volontarie delle pulizie della chiesa.
Padre Dario Padre Giuseppe Padre Bruno
Mentre padre Giuseppe Beffa si è inserito nella parrocchia di Volta Mantovana per seguire la pastorale giovanile e scolastica, insieme a padre Agostino Panelli e padre Giorgio Ongaro, padre Italo Sorsoli, da Piubega, è tornato all’Istituto di Montichiari per dare sostegno all’attività pastorale svolta dai padri nella zona, in collaborazione alle richieste e proposte di aiuto alle parrocchie limitrofe e per rendere più viva la vita comunitaria nello stesso Istituto. Anche noi, come comunità Cric, siamo riconoscenti verso tutti i parrocchiani di Piubega per la collaborazione, l’amicizia e la preghiera che ci ha unito in questi anni trascorsi nell’annunciare e nel vivere il vangelo di Gesù con tante iniziative scaturite e sostenute dalla grande disponibilità e generosità di tutti. Vi ricorderemo sempre nella preghiera e nell’amicizia.
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PARROCCHIA NATIVITA’ DI MARIA
Il saluto a p. Luigi
domenica 22 settembre
Caro Padre Luigi: questa comunità si è riunita oggi attorno a te per celebrare il giorno del Signore e per ringraziarti del dono di tutti questi anni che sei rimasto con noi. All’ annuncio del tuo trasferimento siamo rimasti tutti sbalorditi, increduli, smarriti, dispiaciuti e pieni di rabbia nei confronti di una decisione che era stata presa senza aver ascoltato il nostro parere di comunità. Abbiamo ritrovato i medesimi sentimenti nei volti delle persone alle quali Padre Luigi ha annunciato la “triste novella”, durante le celebrazioni liturgiche dei giorni successivi. Abbiamo visto giovani, anziani, adulti piangere e qualcuno sperava ancora in un intervento “miracoloso” che potesse far ritornare le cose al loro posto. Con dignità, contenimento e discrezione, abbiamo vissuto, come comunità, il dolore per il tuo trasferimento presso un’altra parrocchia, rassegnati e obbedienti come tu hai voluto che fossimo.
E così oggi ti diciamo addio, anzi arrivederci, dopo tanti anni di lavoro fatto insieme. Tu andrai via portando con te solo poche cose, ma lascerai a noi tutti un enorme ricchezza. Caro Gigi ognuno di noi conserverà di te un ricordo tutto suo, particolare, unico, personale, così come particolare, unico e personale è stato il tuo rapporto con noi. Cercheremo di portare avanti i tuoi progetti, saremo esigenti come tu ci chiedi, consapevoli che questo è un
modo per crescere.
Ogni singolo componente della nostra parrocchia vorrebbe esternarti un tuo ricordo o sentimento esclusivo e ciò che li accomuna è l’amore verso di te maestro e guida in questo lungo viaggio durato circa vent’anni, e la profonda riconoscenza per tutto ciò, che grazie a te è stato realizzato. Il Signore ti sostenga sempre nel tuo ministero sacerdotale ovunque sarai. Grazie padre Luigi.
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PARROCCHIA DI S. GIULIO
martedì 8 ottobre 2013 A San Giulio inaugurata una tela di Rodolfo Papa su san Francesco
http://www.zenit.org/it/articles/arte-per-la-contemplazione
"Arte per la contemplazione" Il cardinale Canizares benedice la nuova opera pittorica di Rodolfo Papa: "San Francesco in estasi" Venerdì 4 ottobre 2013 il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha presieduto una solenne concelebrazione nella parrocchia di san Giulio a Roma, entro la quale ha benedetto una nuova tela dipinta da Rodolfo Papa per la chiesa di San Giulio, rappresentante L’estasi di San Francesco, opera che il Cardinale ha definito di “identità cristiana” per la sua bellezza e il suo realismo pittorico.
Erano presenti Padre Riccardo Belleri, Generale dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione, congregazione a cui è affidata la parrocchia, il parroco padre Dario Frattini ed altri Padri CRIC. Era presente anche Madre Maria de Anima Christi, Superiora Generale del ramo femminile della Famiglia del Verbo Incarnato, le Serve del Signore e della Vergine di Matarà, il cui coro “Santa Cecilia” ha animato la liturgia. Durante l’omelia il Cardinale ha ricordato la figura di San Francesco, nella cui vita è testimoniato “il segreto dell’amore”, nella conformazione a Gesù Cristo “alla sua vita delle beatitudini, alla sua croce e anche con le sue piaghe”. Infine ha invitato a pregare per Papa Francesco: “Non possiamo dimenticare papa Francesco, i gesti e le parole di oggi ad Assisi. Che Dio lo aiuti e lo protegga sempre. Il Santo Padre ha scelto questo nome di Francesco: che sia un vero Francesco tra noi per il rinnovamento della Chiesa e del mondo, per la pace e l’unità, per dire a tutti che solo Dio e la sua misericordia possono salvarci”.
DOMENICA 29 SETTEMBRE:
padre Francesco Tomasoni ha fatto il suo
ingresso come nuovo parroco nella
parrocchia della Natività a Roma. Ad
affiancarlo nel lavoro pastorale da padre
Lorenzo Rossi, rimasto come confratello
collaboratore e da padre Angelo Segneri. A
tutta la comunità un grande e sincero
augurio per un proficuo ministero
pastorale.
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L’opera pittorica di Rodolfo Papa è stata posta al lato destro dell’altare, andando a costituire complemento simmetrico con l’altra tela da lui dipinta, dedicata a San Giulio I papa e collocata nella Chiesa alcuni mesi fa durante una solenne celebrazione presieduta da Sua Ecc.za Mons. Matteo Zuppi. La tela dedicata a San Francesco in estasi, come ha scritto lo storico dell’arte Tommaso Evangelista “rispettando l’iconografia, anzi arricchendola con diversi spunti, e ponendosi nel solco della tradizione, ovvero della storia dell’arte sacra cristiana, dimostra ancora una volta come sia possibile proporre un’arte figurativa e allo stesso tempo non anacronistica, ovvero non fatta esclusivamente di citazioni e riferimenti al passato ma capace di offrire spunti nuovi”. Benedicendo la tela, il cardinal Cañizares ha definito Rodolfo Papa “un uomo di fede, un artista, un pittore veramente cristiano” ed ha aggiunto che “questa identità cristiana si riflette anche nella sua arte. Un’arte che sempre mostra il fatto dell’Incarnazione. Con il suo realismo, dipingendo la realtà così come è, così dipinge e mostra la bellezza della creazione dell’umanità creata e voluta da Dio, l’uomo e la creazione e l’opera della redenzione. L’arte di Rodolfo Papa è un’arte per aiutare la contemplazione, per aiutare la preghiera. Così dobbiamo guardare questo suo San Francesco: per contemplare, pregare e imitare la sua vita opera di Dio”. Ed ha così concluso: “Davanti a questa pittura così bella, soltanto una parola: guardate e contemplate”.
Montichiari: Festa dei Santi Canonici Mentre a Roma i nostri confratelli Cric si sono incontrati con i Canonici Regolari
Lateranensi per festeggiare i Santi Canonici, così anche a Montichiari i Padri
dell’Istituto hanno celebrato i vespri e la s. messa della Solennità dei Santi Canonici
insieme ai padri di Volta Mantovana e agi Amici Cric.
Abbiamo celebrato la festa di tutti i santi, una schiera immensa che
nessuno può contare. Tra di loro ci sono anche i santi canonici regolari
che oggi vogliamo ricordare in modo particolare. E’ una festa di
famiglia, la famiglia allargata della chiesa celeste. Vogliamo, come
suggeriva il Siracide, fare l’elogio degli uomini illustri, di tanti fratelli,
vescovi, sacerdoti, religiosi che nei secoli passati hanno vissuto la loro
vocazione in modo esemplare. Sono stati fondatori di comunità,
sacerdoti e religiosi che sull’esempio di S. Agostino hanno vissuto
comunitariamente la loro vita e la loro missione di pastori. Uomini ricchi
di spiritualità, sapienti, capaci di saggi insegnamenti e di testimonianza
eroica fino al martirio; uomini semplici, umili, caritatevoli, distaccati dai
beni materiali, capaci di vivere la comunione fraterna, obbedienti, casti.
Hanno ricercato e voluto realizzare comunità fraterne, in cui si potesse
dire: Oh quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme.
Alla base della loro vita c’è stato l’ideale proposto dagli Atti degli
Apostoli: una vita comune e fraterna di coloro che credevano in Gesù
risorto, una vita ricca di condivisione dei beni materiali e spirituali.
Ricordarli, celebrare la loro festa vuole essere per noi ammonimento,
incoraggiamento, stimolo, sostegno perché anche noi sappiamo vivere
la nostra vocazione religiosa nello spirito dei Canonici regolari.
Nella società di oggi che tende all’individualismo, al soggettivismo,
vogliamo impegnarci a vivere e testimoniare che è possibile vivere in
comunità, nelle quali si condivide un ideale, dei progetti, la pastorale
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nella quale si è impegnati, la comunione dei beni, sforzandosi di vivere fraternamente e gioiosamente.
E’ la presenza di Gesù risorto che riconosciamo presente tra noi che ci rende capaci di superare i nostri
egoismi e le nostre chiusure. Solo se siamo
capaci di fare riferimento a Lui sappiamo
superare quelle difficoltà che potrebbero
portarci ad adeguarci alla mentalità del
mondo.
I santi Canonici intercedono, pregano per
noi perchè possiamo vivere
generosamente la nostra offerta a Cristo e
alla Chiesa. Chiediamo anche la vostra
preghiera, cari amici cric, perché ci
sostenga nel nostro cammino quotidiano e
possiamo essere così capaci di amore.
Padre Giambruno
50 anni di vita religiosa
In clima di preghiera e comunità abbiamo ricordato i 50 anni di
professione religiosa di padre Agostino Panelli e padre Bruno
Boventi. Giovedì 17 ottobre 2013 hanno accompagnato la
celebrazione alcuni confratelli di Roma, delle parrocchie vicine a noi
e alcuni parenti di Polaveno. Il Padre Generale ha presieduto la
concelebrazione nella Cappellina dell’Istituto Maria Immacolata che
ci accolse ragazzi fin dal 1956. Nell’omelia, ispirandosi all’immagine
dell’Immacolata e di rimpetto di S. Agostino con le braccia allargate
e il cuore infuocato, ha ricordato di quest’ultimo la sete di Dio e la
continua ricerca della verità che l’ha portato fino al Battesimo,
all’Episcopato e a ricopiare coi suoi chierici la vita di Gesù e degli
Apostoli. Il dono della vocazione religiosa nei Canonici Regolari sullo
stile di vita degli Apostoli, di Sant’Agostino, con i voti religiosi di
povertà, castità e obbedienza per vivere in modo radicale, pubblico e
comunitario il dono del Battesimo.
Non c’è che da lodare Dio per avere dato questo dono alla Chiesa
anche se riservato solo ad alcuni.
Nell’Eucaristia concelebrata l’abbiamo lodato, unendo il ricordo di quanti vivi o defunti ci hanno
accompagnato con il sacrificio, l’esempio e la preghiera. Accogliamo l’entusiasmo di S. Agostino nell’amore
unanime di Dio. Così come avevamo pensato questa giornata di preghiera e fraternità tutto è continuato
nel pranzo in Istituto.
Un vivo ringraziamento a tutti quelli che ci hanno accompagnato in questo giorno.
Padre Bruno Boventi
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VOLTA MANTOVANA
Volta “riabbraccia” la Beata Paola 1813-2013: 200 anni.
Era ieri ed è già oggi. La memoria, la devozione, l’amore sciolgono il tempo e mettono davanti agli occhi e al cuore avvenimenti passati che ritornano intatti, come appena accaduti. Da 200 anni la nostra chiesa parrocchiale custodisce nello scrigno d’arte che è la Cappella della Madonna del Rosario il corpo incorrotto della Beata Paola. Era il 26 settembre del 1813 quando il popolo voltese ha visto con i propri occhi l’avverarsi del desiderio tanto accarezzato e domandato di “riportare a casa” la Beata Paola dopo la soppressione dell’ultimo convento che ne custodiva il corpo. Ma meglio di ogni altra parola è quanto venne dettagliatamente narrato da chi andò a Mantova ad accogliere quella “reliquia” e l’accompagnò passo passo fino al trionfale ingresso a Volta. Dalla documentazione, conservata in archivio parrocchiale, descritta con dovizia di particolari da don Giulio Maltini, curato di Volta, che insieme con don Cesare Boselli ha accompagnato la sacra spoglia, ricostruiamo quanto è avvenuto.
Soppresso il monastero di San Vincenzo, i Voltesi nel 1813 chiesero di poter accogliere nella loro chiesa il corpo incorrotto della concittadina Paola Montaldi. Ottenuto per le vie regolari il sacro corpo della Beata, noi Giulio Maltini curato e Cesare Boselli sacerdote, delegati dall’arciprete di Volta Bartolomeo Candrina, e dal Comune di Volta per la traslazione della nostra Beata Paola Montaldi, il giorno 25 settembre 1813 ci
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recammo alla città di Mantova e ci presentammo a monsignor Girolamo Trenti, arciprete di quella Cattedrale e vicario capitolare, il quale subito diede ordine al cappellano don Masini di consegnarla nelle nostre mani. Una gran quantità di gente d’ogni sesso e d’ogni condizione ci accompagnò assai devotamente e ci seguì sino fuori dalle mura della città. Giunti nelle vicinanze di Marmirolo, il signor arciprete don Sabadini ci venne incontro e ci pregò di riporre per un poco questa beata salma nella sua chiesa. Vestì cotta e stola ed il nostro orecchio fu ben presto assordato dal suono delle campane; gli abitanti giulivi accorsero tutti e, cantando degli inni di gloria, l’accompagnarono fin nella chiesa, in un momento ripiena. Usciti da questo paese, abbiamo veduto con stupore meraviglioso gli abitanti di quelle foreste venir in folla attraverso i campi, i prati, le folte siepi, i ruscelletti per onorare il passaggio della Beata Paola. Tre miglia circa distanti da Marmirolo, abbiamo incominciato a vedere la gente di Goito, che veniva incontro, la quale dimostrò più di tutti una particolar devozione per onorare questa terra del Signore. Giunti sul ponte, che attraversa il Mincio, si presentò il parroco, unitamente a tutto il suo clero, che processionalmente ci condussero nella chiesa parrocchiale. Ivi fu venerata fino verso la mezzanotte, accorrendovi sempre nuovo popolo, che portava rosari, fazzoletti, camicie da benedire colla reliquia della nostra Beata. Alle ore sei del mattino del giorno 26 partimmo da Goito, preceduti da una lunga e devota processione, che in un modo assai edificante ci accompagnò sino ai confini della nostra parrocchia di Volta. Indescrivibile il giubilo e il religioso trasporto del popolo della Volta, che, vedendoci venire stando sulle alture dei monti, discese ad incontrarci!”.
Questo richiamo storico ci dice del coinvolgimento spontaneo e gioioso delle comunità parrocchiali e civili verso la Beata Paola. La Comunità di Volta Mantovana ha voluto “riabbracciare” con immutata venerazione la Beata Paola rievocando domenica 29 settembre la traslazione del suo corpo con una solenne celebrazione che si è svolta in chiesa a causa del tempo piovigginoso e incerto, in sostituzione della prevista processione che doveva partire dal Cimitero nel ricordo di coloro che ci hanno preceduto nella devozione alla Beata Paola e ce l’hanno tramandata. Questo “rivivere” l’arrivo del corpo incorrotto della Beata Paola accolta dalla Comunità di allora e rinnovata dalla Comunità di oggi ha dato inizio all’Anno Giubilare che ci porterà a celebrare i 500 anni della nascita al cielo della Beata - avvenuta il 18 agosto 1514 a Mantova - domenica 28 settembre 2014 perché è tradizione a Volta solennizzare la nostra beata concittadina l’ultima domenica del mese di settembre. Momenti di preghiera, di riflessioni, iniziative culturali, giornate a tema e ci auguriamo il completamento del restauro della Cappella della Madonna del Rosario che “custodisce” il corpo della Beata, ci accompagneranno nei mesi di questo Anno Giubilare in onore della Beata Paola. Venerare in modo solenne la Beata Paola vuol essere per noi, in questa ricorrenza dell’Anno Giubilare, un risvegliare la fede, un guardare, per seguirne l’esempio, a chi ha vissuto la propria vita nella donazione a Cristo e inscindibilmente ai fratelli, e tra questi i più bisognosi di attenzione, di solidarietà, di carità. È la festa di un popolo che vuole “fare memoria della storia della propria fede” e percepisce questa fede non come qualcosa di inconsistente e quindi marginale, ma come forza di vita, radice robusta di un albero che ha prodotto e continua a produrre splendidi fiori di serena convivenza e frutti saporiti che nutrono e rallegrano la vita di tutti.
Padre Agostino
Volta Mantovana: Il vescovo di Mantova, mons. Roberto
Busti, durante la celebrazione del 29 settembre 2013
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IN MEMORIA DI…
Via i piedi dalla corda Decimo anniversario della scomparsa di Padre Giorgio Chiarini
Il 5 ottobre è stata celebrata una s. messa in San Giulio a Roma per commemorare il decimo anniversario della morte di Padre Giorgio Chiarini, della congregazione dei CRIC. Ordinato sacerdote nel 1978, ha svolto il suo ministero pastorale sempre a Roma, nella parrocchia “Natività di Maria” a Bravetta e nella parrocchia di San Giulio zona Monteverde. Proprio da San Giulio, con il parroco Padre Dario, è partita l’iniziativa per ricordare organizzano una santa messa e un momento di amicizia e convivialità. Erano presenti i fratelli di padre Giorgio, per l’occasione era in Italia anche Padre Giuseppe dal Brasile, diversi amici da Bravetta, da Foligno, dalla Sardegna e da San Giulio. Organizzatori impeccabili. Per l’occasione, i fratelli hanno distribuito il calendario 2014 con le fotografie prese dalla sua inseparabile Pentax, in segno di ringraziamento a tutti quelli che hanno partecipato all’avvenimento.
Sono stati momenti bellissimi e commoventi, perché si sono incontrati amici che, nonostante siano passati 10 anni, ricordano ancora “come fosse ieri” i momenti trascorsi insieme.
Ci sarebbero 1000 e forse più episodi da scrivere per ricordare la figura di Padre Giorgio. 10 anni fa, nel ricordare il suo 25° di sacerdozio (9 dicembre 1978), sono stati raccolti in un fascicolo alcuni brani scritti dai “suoi ragazzi” (amici, parenti e confratelli), eccone uno che racchiude in se la figura di PI.GI.
“Via i piedi dalla corda”. Non so più quante volte ho sentito echeggiare questa frase... Era una specie di beneaugurante inizio di una nuova scalata, di una nuova ascesa a qualche cima. Magari di un'altra Presanella insieme
(la quarta? quinta?), un Castelletto, un altro giro sulle Bocchette. Giorgio... con la sua voce bassa e un po' burbera... lì a riprendere il solito che inavvertitamente camminava sulla corda con il rischio di rovinarla. Conosco Giorgio da 18 anni, da una delle prime uscite a Ciampino per arrampicare un po'. Ricordo ancora lo stupore e la gioia per il mio primo "rifugio dolomitico". Ricordo ancora quella sua stretta di mano sulla porta del Tuckett, lì ad aspettarci e a congratularsi per essere arrivati fin lì, per esserci arrivati insieme. Sono immagini che erano sfilate via e che in questi giorni riaffiorano e riprendono forza. E ne tornano a centinaia... E' difficile spiegare le sensazioni provate, è difficile raccontare Giorgio... è difficile vederlo partire quest'ultima volta senza il suo zaino. Mi piace pensare che il suo zaino è rimasto qui per noi: sappiamo come usarlo, sappiamo come riempirlo. Ce lo ha insegnato lui in anni di incontri, attività, lavori, servizio, preghiera... in anni di parrocchia "vissuta" senza fronzoli! Sta a noi adesso prendere lo zaino e metterselo in spalla, per continuare a portarlo dove serve. Per dare un senso a quanto ci ha insegnato... per non deluderlo. Ricordandoci di mettere dentro acqua (quel vangelo che Giorgio non ha mai lasciato), una maglia pulita (perché non ci vedano con i panni
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sudati per il servizio svolto: perché non è una bandiera, perché sia fatto con umiltà) e la corda (quella fraternità che Giorgio ci ha insegnato e che ancora oggi viviamo). E allora forza... la strada è davanti a noi. Zaino in spalla, leghiamoci e... via i piedi dalla corda!!!
Marino Chiarini
IN MEMORIA DI GIUSEPPINA FILIPPINI, cognata di padre Tino Treccani Abitava a Ghedi. Era stata quasi un mese in Brasile, un po' nella casa di suo figlio Manuel che si é sposato a Brazabrantes e un po' da padre Tino. Si trovava bene e si sentiva bene. Ma al rientro in Italia, due emorragie cerebrali sono state fatali. Riportiamo un pensiero scritto da padre Tino per questa triste circostanza: “E’ un momento di profonda fede che ci chiede luce dall'alto. Crediamo che la morte sia il passaggio per la vita definitiva in Dio e che, allo stesso tempo, ci faccia sentire, noi familiari, sempre più uniti. Io personalmente non me la sono sentita di fare un viaggio lungo e presiedere il funerale, per causa della stanchezza e dei numerosi impegni qui in parrocchia di Goianira. Tuttavia mi sento vicino a mio fratello Lorenzo, ai miei nipoti Gualtiero e Manuel ed alle rispettive spose, Waléria e Jossiene, nonché al nipotino, Francesco. A nome loro e delle famiglie delle mie sorelle Rita e Loredana, ringrazio quanti ci sono stati vicini in questo momento, con la loro preghiera e la loro presenza amica. Pe. Tino Treccani – cric”.
Anche noi a nome dei lettori e della redazione del bollettino Cric ci uniamo al lutto della famiglia e esprimiamo il nostro più sentito cordoglio con preghiere di suffragio.
Sacerdoti Cric
sepolti al cimitero
del Verano,
a Roma
BUON NATALE
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A TUTTI!!!