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La vita tra le mani Parlare di partigiani e partigiane in Umbria COLLANA STRUMENTI - 9 LABORATORIO SUI DOCUMENTI I I I stituto per la S S S toria dell’ U U U mbria C C C ontemporanea Dino Renato Nardelli E d i t o r i a l e U m b r a

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La vita tra le maniParlare di partigiani e partigiane in Umbria

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Collana Strumenti – 9

1. Dino R. Nardelli, M. Cristina Giuntella (a cura di), Ricerca storica e uso delle fonti

2. Mario Migliucci, L’industria in Umbria. Un percorso didattico

3. A. Maria Bernardini Bozza, Eleonora Bianconi Giansanti, Il Santuario della Madonna delSoccorso. Ricerca storica e didattica

4. Dino R. Nardelli, La valigia dell’emigrante. Prima della didattica interculturale

5. Dino R. Nardelli, Nicoletta Pontati, Nel cuore della storia. Viaggiando con EugenioSilvestrucci e i suoi figli emigrati da Sigillo a Santa Tecla

6. Dino R. Nardelli (a cura di), Dal conflitto alla libertà. Gubbio (1940-1945)

7. Patrizia Benedetti, Roberta Gorietti, Dino R. Nardelli, Dentro i diritti umani e fuori. 27gennaio Giorno della memoria

8. Dino R. Nardelli, Grammatiche della memoria. Il monumento ai caduti di Collecroce (17aprile 1944)

ISBN 88-88802-01-0

© 2006 Editoriale Umbra, FolignoIstituto per la storia dell’Umbria contemporanea

Progetto grafico Fenice Soluzioni Grafiche, Città di Castello PG

Finito di stampare nel mese di Ottobre 2006 da Iriprint, Città di Castello (PG)per conto di Fenice Soluzioni Grafiche

In copertina: Valnerina. Partigiani del Battaglione “Tito” (Fototeca Isuc).

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ISTITUTO PER LA STORIA DELL’UMBRIA CONTEMPORANEA

Dino Renato Nardelli

La vita tra le mani

Parlare di partigiani e partigianein Umbria

LABORATORIO SUI DOCUMENTI PER LA SCUOLA SECONDARIA

Editoriale Umbra

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Questo Quaderno è frutto, oltre che del contributo dell’Autore, della collaborazione fra l’Istitutoper la storia dell’Umbria contemporanea e le facoltà di Scienze della Comunicazione, ScienzePolitiche e Lettere dell’Università degli studi di Perugia, che si è concretizzata attraverso stagesannuali di formazione per laureandi e neolaureati. Si ringraziano pertanto: Luca Bolli, MichelaChiappini, Lorenzo Ciampoli, Brice De Reymaeker, Filomena Lardo, Simone G. Sgobba.

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Sommario

Premessa pag. 7

1. LA VITA TRA LE MANI

Mario Bonfigli “Mefisto” » 8

Una vita spezzata » 12

Notizie biografiche ricavabili dalla testimonianza » 13

Cosa facevano i partigiani » 16

Scrivi » 17

Archivio dei documenti » 18

2. BELLA CIAO

Donne e Resistenza in Umbria » 29

Presentazione » 30

Resistenza: una storia da uomini? » 31

L’orgoglio della scelta » 34

Madri, staffette, fidanzate: voci di donne » 37

Le conseguenze di una scelta » 39

Donne antifasciste » 40

Scrivi » 42

Archivio dei documenti » 43

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Premessa

Parlare della Resistenza oggi, per di più con ragazzi di undici-tredici anni, comporta unaserie di questioni alle quali occorre da subito dare una qualche risposta. A quell’etàtratto importante del carattere è una certa predisposizione manichea a rinunciare aimezzi toni, a dividere il mondo in buoni e cattivi. Eppure la storia è il luogo dellacomplessità, dell’incrocio delle ragioni, della spiegazione plausibile dei fatti. Assecondarequesta tendenza generazionale significa rinunciare a fare storia.Seconda questione, l’uso del testimone. La presunta astrattezza della storia-materiainduce talvolta a pensare che la restituzione di memoria sia la scorciatoia efficace e“facile” per una didattica più concreta. A tal proposito occorre procedere con la massimacautela, ricordando che ogni testimonianza è allestita, ed ogni testimone racconta i fattifiltrandoli con livelli più o meno consapevoli di autorappresentazione.Il primo percorso, La vita tra le mani, utilizza un testimone problematico: il tenentepilota dell’Aviazione italiana Mario Bonfigli diviene partigiano per scelta; la sua storiaesce dalle tipologie tradizionali delle biografie resistenziali che vedono tale scelta comeil naturale approdo operativo di un antifascismo ideologico spesso consolidato da unatradizione familiare o dalla militanza clandestina. E’ inoltre un testimone “ingenuo”, nonabituato alla ritualità dell’incontro con i ragazzi o con l’intervistatore; ciò ha impeditouna sua organizzazione sistematica del racconto.Terza questione, la conoscenza dei fatti. I recenti Programmi per le ultime classi dellascuola primaria hanno espunto la storia del Novecento dal curricolo, proponendo tuttaviauna lista di argomenti radicati in quel secolo, finalizzati all’Educazione alla cittadinanza.E’ da questa chiave di lettura che si può entrare all’interno di fatti resistenziali; ciòimpone di conseguenza una storiografia non legata alle ideologie ma ai valori, in particolarea quelli che stanno a fondamento della Costituzione.Il secondo percorso, Bella ciao. Donne e Resistenza in Umbria, accompagna le studentessee gli studenti ad esplorare le stesse questioni del primo, ma al femminile. Il bisogno diconcretezza della didattica della storia suggerisce di sottrarre al mito le esperienze deltestimone a favore del racconto di una accertata sequenza di azioni: in concreto, cosafacevano i partigiani, per quali motivi di strategia militare, ma soprattutto, per inseguirequali ideali civili e politici? Così procedendo, i ragazzi sono indotti a scoprire chi erano ipartigiani e le partigiane. Porre anche al femminile la questione, non risponde ad unagenerica logica paritaria di genere, serve a marcare il frutto forse più evidentedell’esperienza resistenziale: il voto alle donne. In Italia le donne cominciarono adesercitare il diritto di voto a partire dalle elezioni amministrative che si tennero in tuttala Penisola fra marzo e aprile 1946. Il 2 giugno dello stesso anno si recarono di nuovoalle urne per il referendum monarchia-repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente:quei 14.610.845 di elettrici che esercitarono per la prima volta il diritto di voto costituivacirca il 53% del totale. Lo storico Gabriele De Rosa ha avuto a scrivere che l’antifascismodelle donne nacque dal fatto che nell’Italia della guerra ciascuna ebbe un fratello, unmarito, un figlio, caduto o prigioniero o ferito; su ciò si andò ad innestare l’esperienzapartigiana femminile, restituita alla giusta dimensione da contributi storiografici recenti.Ultimo accorgimento: ogni operazione di memoria va sostenuta da documenti cheinteragiscono con la fonte orale, e anche dall’ancoraggio ai luoghi teatro degli eventi.Una geografia della Resistenza che passi attraverso i luoghi, rafforza le conoscenze edindica un modo nuovo di abitare il proprio territorio, contribuendo a costruire identità.

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La vita tra le mani

Mario Bonfigli “Mefisto”

D. Il 25 luglio 1943, giorno del rovesciamento del regime fascista, una data importante perla storia del nostro paese; dove eri, che cosa facevi e qual è stata la tua reazione?R. Mi trovavo, se ben ricordo, all’aeroporto di Castiglione del Lago, qui in Umbria, perché cipreparavamo ad un trasferimento di tutto il gruppo più a nord per evitare dei bombarda-menti degli aerei anglo-americani. Il 25 luglio fu una sorpresa per tutti, ma praticamentenell’ambiente militare non cambiò niente, tutto seguitò ad andare avanti ugualmente. Noieravamo dei militari, eravamo in stato di guerra e per noi la guerra continuava.

D. Ma tu hai sentito che cadeva il regime fascista oppure, inquadrato nella situazione,non hai dato peso a questo?R. No, gli ho dato molto peso, perché ho capito che la caduta di quel regime avrebbepotuto portare a grandi cambiamenti politici e anche militari nel nostro Paese.

D. La tua famiglia com’era, fascista o antifascista?R. No… la mia famiglia era…praticamente…il babbo era funzionario dello Stato, di conse-guenza doveva per forza di cose essere fascista. Io invece ero così, per mia natura,profondamente contrario al fascismo.

D. La popolazione era sottoposta all’informazione di regime: la radio e i giornali avevanouna sola voce; ascoltare Radio Londra era proibito; e del resto chi era avverso alla democra-zia cercava di impedire il libero scambio delle idee. Dal 25 luglio all’8 settembre finalmentela gente parla, comunica; tu che hai fatto in questi 40 giorni? Hai avuto modo di parlare conqualcuno, o comunque con i tuoi colleghi militari?R. Nel nostro ambiente militare parlavamo spesso di queste cose e ognuno esternava leproprie idee e i propri principi. Purtroppo anche in mezzo a noi c’era qualcuno che fino a quelmomento era stato un fascista sfegatato, con il quale io ho anche avuto scontri pericolosi. Inostri giorni passavano continuamente, tanto più che eravamo in fase di trasferimento, edovevamo preparare gli apparecchi, l’officina, i pezzi di ricambio, i rifornimenti, le munizioniper trasportarli con noi in un altro campo, di cui non conoscevamo ancora l’ubicazione.

D. E i vostri superiori che atteggiamento avevano?R. Devo dire che il comandante dell’aeroporto non era fascista, perché in uno scontro cheio ho avuto proprio con uno di quei colleghi di cui ho accennato prima, lui mi difese e mievitò delle conseguenze anche gravi: questo mio collega fascista si vantava tanto delcomportamento delle camicie nere nella nostra disfatta in Grecia, al chè io mi ribellai egli dissi: “Ti scordi dei bersaglieri, degli alpini che cadono, rimangono feriti e muoionougualmente alle camicie nere”. E questo mi andò ad accusare di antifascismo per averdetto questo e in più perché mi ero rivolto a lui con una parolaccia – “non rompermi i …”.

D. Ma questo avvenne prima del 25 luglio?R. Sì. E in quello scontro il comandante mi chiamò e mi disse: “Tenente, stia attento a

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come parla, altrimenti dovremo prendere provvedimenti nei suoi confronti”. E io risposi:“Comandante, si guardi bene da quello, perché è un essere che non mi piace”. Infattisuccessivamente si scoprì che era una spia dell’OVRA.

D. L’8 settembre, l’armistizio; fuga del re, del suo primo ministro Badoglio, del suo Capodi Stato Maggiore Ambrosio; migliaia di soldati lasciati senza ordini in balìa dei tedeschi,molti di loro catturati e deportati. E tu che cosa hai fatto l’8 settembre?R. Eh, qui c’è stata la svolta proprio decisiva perché l’8 settembre mi sorprese con altricolleghi all’aeroporto di Fano dove c’eravamo trasferiti. Noi eravamo in giro per la cittàquando sentimmo attraverso gli altoparlanti che era stato firmato un armistizio. Certo, lasorpresa fu grande; capimmo che non potevamo noi, di basso grado, conoscere gli avve-nimenti che si svolgevano. Però i comandi avrebbero dovuto sapere cosa stava succe-dendo per darci almeno una indicazione su come comportarci. E invece non ci fu niente.Rientrai rapidamente in aeroporto; con altri colleghi andammo dal comandante […] e glidicemmo che non ci saremmo voluti arrendere e che aspettavamo ordini da qualcheparte che pensavamo sarebbero dovuti pervenirci. E invece non arrivò nessun comunica-to e nessun ordine. Allora, di nostra iniziativa, decidemmo di rifornire gli aerei di benzinae munizioni per partire e andarcene. In caso ci fosse stata qualche azione da fare sarem-mo stati pronti altrimenti a trasferirci direttamente al sud, oltre le linee. Purtroppo dopoche avevamo fatto tutto questo lavoro nella giornata del 9 e del 10, sempre aspettandoeventuali ordini che non arrivarono, la mattina dell’11 avemmo la sorpresa di trovareforze di fanteria italiane intorno all’aeroporto con le mitragliatrici puntate sul campo, conl’ordine di sparare se noi ci fossimo avvicinati ai nostri aerei. Ti puoi figurare come lapresi io.

D. Quindi quelli che comandavano quella fanteria erano fascisti?R. Indubbiamente. Li aveva chiamati il comandante. Allora mi sono guardato intornoperché assolutamente non volevo rimanere così, io volevo seguitare a fare qualche cosa.Vidi un apparecchio in fondo ad un hangar.

D. Quanti anni avevi?R. Beh, eravamo nel ’43, io sono del ’17… fa un po’ i conti… Avevo 25 - 26 anni. Trovai unmotorista, gli chiesi:”Scusa, quell’aereo vola?” E quello disse: “Beh sì, ha volato. Adessonon so in che condizioni possa essere”. E io gli ho detto: “Beh, preparamelo perché iodevo andare via”. E infatti questo ragazzo, giovanissimo, preparò quest’aereo, natural-mente da dentro l’hangar dove si trovava. Quando fu il momento eravamo già arrivatialla mattina dell’11 settembre, io montai in aereo, misi su il mio bravo paracadute e ilcasco.

D. Tu solo?R. Io solo, perché i nostri aerei erano monoposto. Anzi, proprio davanti all’aereo, davantiall’entrata dell’hangar c’era una mitragliatrice, una di quelle tante messe intorno al cam-po. Allora mi avvicinai a questi ragazzi e li invitai a spostarsi perché io dovevo passarecon il mio aereo. E questi naturalmente ubbidirono e si spostarono, senza rendersi contodi quello che stava accadendo. Allora io montai in aereo, cominciai a dare motore peraccelerare i giri e in quel momento un mio collega, Lamberto Olivari, anche lui tenentepilota, mi disse: “Mario, portami con te!” E io dico: “Lamberto, come ti porto, scusa, nonc’è posto qui!” “Ma no no, portami con te, portami con te!” Allora io mi decisi, buttai viail paracadute e me lo misi dietro le spalle avanzandomi sul posto di pilotaggio. Questientrò, per fortuna che era un mingherlino che ci poté entrare. A questo punto dettimanetta, uscii dall’hangar, mi misi in posizione di volo e partii; con quel motore nonsapevo nemmeno se l’aereo si sarebbe staccato da terra. Per mia fortuna l’aereo sistaccò, e ci dirigemmo verso sud […]. Con le ultime gocce di carburante voltai e andai avedere dove potessi scendere e scesi da un contadino. Vidi un campo abbandonato un

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po’ più a nord di Castiglione del Lago, verso Foiano della Chiana, dove ci sono campi unpo’ pianeggianti. Atterrai lì e fortunatamente andò tutto bene con questo atterraggiofuori campo, dopodiché i contadini vennero tutti intorno a chiedere: “Che è successo,che è successo?” Io per prima cosa domandai: “Ci sono tedeschi qui intorno?” perché eropronto a ripartire con quel goccio di benzina per non farmi prendere. Mi dissero: “No,signor tenente”. Allora io spensi il motore e scendemmo.

D. E questi contadini che reazione hanno avuto?R. Questi contadini erano tutti intorno, avevano una reazione proprio di appoggio esimpatia nei nostri confronti. Ma non solo: in tutta la giornata ci aiutarono, a me e al miocollega, a smontare le ali dell’apparecchio, a nasconderle in un pagliaio e a trascinare lafusoliera fra un muro di una villa lì vicino e una siepe. E questa è una cosa importante,perché è forse questo avvenimento che mi portò poi a prendere contatto con la Resisten-za.

D. E com’è avvenuto questo contatto con la Resistenza?R. Dopo che abbiamo abbandonato la zona siamo andati a San Feliciano, sul lago Trasi-meno, perché sapevamo che sull’isola Polvese c’erano due nostri colleghi, anche loroufficiali piloti, che avevano la famiglia lì sull’isola. Allora noi cercammo di prendere con-tatto con loro.

D. Perché? Sapevate che erano antifascisti?R. Si, sapevamo che anche loro erano della nostra idea e avrebbero appoggiato qualun-que nostra iniziativa. E infatti ci portammo sull’isola Polvese di notte, con una imbarca-zione.

D. Una imbarcazione fornita dai pescatori?R. Si, fornita dai pescatori della zona e lì prendemmo contatto con questi amici; stemmolì 2 o 3 giorni e dopo decidemmo di darci alla macchia perché sull’isola naturalmente èfacile che ti prendano, non c’era nessuna possibilità di nascondersi su un’isola così picco-la. E allora partimmo, salimmo sui monti verso Castel Rigone, perché questi nostri amiciavevano dei parenti in quella zona, precisamente nel paesino di Preggio, una frazione diUmbertide. Trovammo un casolare abbandonato dai contadini e ci installammo lì per ilmomento e per qualche tempo facemmo la vita dei fuggiaschi.

D. E come vi procuravate da mangiare?R. Dai contadini intorno: un pollo, un coniglio, la pasta…

D. Ma avevate soldi?R. Beh, qualche soldo in tasca ce l’avevamo, non grosse somme. Ma comunque moltecose ci venivano generosamente offerte dai contadini del posto.

D. E come è avvenuto poi il contatto con la formazione partigiana?R. L’evento preciso che mi portò a contatto con i partigiani fu l’incontro con un sacerdoteche ci venne a trovare e cercava proprio di me, dell’ufficiale pilota che era fuggito dall’ae-roporto e che c’aveva un aeroplano nascosto.

D. Perché la voce era girata nel frattempo, era girata…R. Si. Io come fossero venuti a saperlo non l’ho mai capito. (è il tam-tam della foresta!)E lui mi disse che era stato mandato da certe persone che si trovavano a Umbertide, inlocalità San Faustino e stavano organizzando…

D. Dove si trova San Faustino?R. San Faustino è una località sopra Umbertide. Mi sarei dovuto recare lì per incontrare

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queste persone; il sacerdote mi disse solamente il nome del proprietario della casa diSan Faustino, Bonuccio Bonucci; mi disse: “Cerca di questa persona e prenderà contatto,hanno bisogno di lei”. Poi mi lasciò e io il giorno dopo mi misi in cammino da solo, perchécercavano me. Dovetti attraversare il Tevere a Pierantonio, dove c’è una piccola passe-rella, risalii la Serra dall’altra parte e raggiunsi questa casa chiedendo ai contadini, per-ché io non sapevo dove si trovasse. Con l’indicazione dei contadini raggiunsi questacasa; naturalmente prima di avvicinarla guardai, spiai, sorvegliai per vedere cosa cipoteva essere.

D. Era una villa questa?R. No, era una di queste case patronali, rustiche umbre, con la scala esterna. Alla fine midecisi, mi avvicinai a questa scala e chiamai e uscì fuori un signore magro, alto, che eraBonuccio Bonucci. Mi fece salire, nella casa c’erano diverse altre persone alle quali mipresentò.

D. E chi erano queste altre persone?R. Erano Peano, Guerrizio, Pierangeli, un avvocato di cui adesso non ricordo il nome, uncerto Paciotti e atri civili.

D. In genere erano liberali?R. Antifascisti. Non mi stetti lì a formalizzare, a domandare o a chiedere il loro orienta-mento politico. Mi chiesero subito: “Lei tenente c’ha un aereo…?” E io: “Sì, ce l’ho, stalà…”. Loro dissero: “Noi avremmo procurato della benzina per l’aereo e abbiamo ancheun mezzo – che poi ho saputo l’avevano preso dai tedeschi nella prima operazione chefece questa formazione che si andava costituendo – e vorremmo che lei potesse rimet-terlo in grado di volare, atterrare qui, in questa zona, caricare una persona come hacaricato il suo collega e portarlo al di là delle linee”. Dopo seppi che questa persona erail console americano Orebaugh, il famoso protagonista del libro Il Console. Alchè ioripartii a piedi da lì e mi riportai sulla zona della Chiana dove avevo lasciato l’aereo.Purtroppo trovai che l’aereo era stato trovato dai tedeschi, non c’era più. Ovviamente unaeroplano che scende viene notato e questi probabilmente l’avevano visto quando avevosorvolato Castiglione del Lago. Quindi l’operazione per accompagnare il console fallì. Iotornai a San Faustino e riferii che purtroppo, per quanto riguardava quella operazione,non si poteva far niente.

D. E allora poi cosa hai fatto? Sei entrato comunque all’interno del gruppo?R. Mi chiesero: “Visto che lei è un buon camminatore, potrebbe aiutarci a collegare varigruppi che sappiamo che si stanno formando nella zona”. E io accettai.

DOCUMENTO 1La vita tra le mani, intervista di Mirella Alloisio a Mario Bonfigli, video VHS, Consiglioregionale dell’Umbria, 2004, 61’

Bibliografia

Sui rapporti tra il diplomatico americano di cui si parla nell’intervista e la “Brigata SanFaustino” vedi il libro autobiografico: WALTER W. OREBAUGH, CAROL LANZA JOSE, Il Console, Edizio-ni Nuova Prhomos, Città di Castello, 1994. Tra i personaggi sicuramente più interessantidella Brigata, ci fu il sacerdote don Marino Ceccarelli; sulla sua esperienza resistenziale,vedi: TORQUATO SERGENTI, L’altra Resistenza: testimonianza di un “prete bandito”, EdizioniConfronto, Città di Castello, 1990.

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Una vita spezzata

Bonfigli Silvio, da Luigi e Giulia Zacconi;nato il 5/3/1885 a Ferentino (FR). Nel 1943residente a Bologna. Impiegato.Fu arrestato e sommariamente processa-to a Bologna, insieme ad altri nove patrio-ti, da un tribunale speciale costituitosiespressamente per decidere la rappresa-glia per l’uccisione del segretario federalefascista Eugenio Facchini.Le condanne emesse (9 pene di morte euna a 30 anni di reclusione) furono cosìmotivate: «Per aver dal 25 luglio 1943 inpoi, in territorio del comando militare re-gionale, con scritti e con parole, con par-ticolari atteggiamenti consapevoli e volon-tarie omissioni e con atti idonei ad eccita-re gli animi, alimentato in conseguenzal’atmosfera del disordine e della rivolta edeterminato gli autori materiali dell’omi-cidio a compiere il delitto allo scopo di sop-primere nella persona del Caduto (il federale fascista, ndr.) il difensore della causa che sicombatte per l’indipendenza e l’unità della patria». Venne fucilato il 27/1/1944 al poligo-no di tiro di Bologna insieme ad Alfredo Bartolini , Romeo Bartolini, Alessandro Biancon-cini, Ezio Cesarini, Cesare Budini, Zosimo Marinelli, Francesco D’Agostino. Sante Contolie Luigi Missoni (già condannato a morte) ebbero pene detentive.

NAZARIO SAURO ONOFRI, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-

1945), vol. II Dizionario biografico (A-C), Isrebo, Bologna, 2005, p. 223.La memoria privata del figlio Mario consente di precisare le informazioni contenute nella scheda.A Silvio Bonfigli, in servizio come impiegato presso le Ferrovie dello Stato a Bologna, durante lariorganizzazione della Repubblica di Salò era stata offerta la carica di direttore del sistema ferro-viario in territorio sloveno occupato dagli italiani dall’aprile 1941; egli aveva rifiutato l’incarico,finendo così nelle liste dei disfattisti della Polizia segreta repubblicana. Durante la latitanza delfiglio si era recato più volte a San Faustino, rifornendo i partigiani di viveri e vestiti.Nella foto compare in divisa della Milizia fascista: è stata scattata a metà anni Trenta, durante unraduno di Bersaglieri; nel primo conflitto mondiale era stato capitano dei Bersaglieri (nella foto siriconoscono i gradi di tenente colonnello). Durante il ventennio gli impiegati pubblici avevanol’obbligo di indossare la divisa nelle manifestazioni ufficiali.

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Notizie biografiche ricavabili dalla testimonianza

� Dove era e che compiti svolgeva Mario Bonfigli il 25 luglio 1943, data delrovesciamento del regime fascista?

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� La sua famiglia che linea politica seguiva?........................................................................................................................................................................................................................

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� A tuo parere, l’impegno politico del padre, ebbe una qualche influenza sulle decisionidel figlio? Argomenta.

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Opinioni politiche del testimone

� La scelta che lo spinge a ricercare un aereo e andarsene è motivata da convinzionipolitiche maturate in precedenza?

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� Dal suo atterraggio a Foiano della Chiana fino ai primi contatti con la Resistenzada chi fu aiutato il Tenente? E la solidarietà ricevuta quali convinzioni provocò inlui?

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Ruolo del testimone agli eventi a cui ha partecipato

� Che importante ruolo ricopriva il testimone all’interno della “Brigata S. Faustino”?........................................................................................................................................................................................................................

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Traccia nella cartina dell’Umbria l’itinerario compiuto dal testimone da Foiano, dove atterròcon l’aereo il 10 settembre 1943, fino al primo contatto con la “Brigata S. Faustino”(Carta dell’Umbria, DOCUMENTO 2).

Leggi con attenzione il DOCUMENTO 3 e corredalo di note utilizzando le informazioni in piùche la testimonianza ha offerto rispetto a questa narrazione storiografica.

nota 1

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nota 2

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nota 3

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nota 4

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Album

L’immagine ti mostra il clima di guerra che si respirava nell’aeroporto di Castiglione delLago nei primi mesi del 1943: le piazzole di stazionamento e le piste erano ricolme divelivoli; i piloti erano in continuo stato di allerta. Mario Bonfigli in quei mesi prestavaservizio in questa base come tenente pilota di caccia.

Castiglione del Lago,1943. La palazzina co-mando, con i piazzaliingombri di aerei, in G.ALEGI-P. VARIALE, Ali sulTrasimeno. La SAI e laScuola Caccia di Casti-glione del Lago, ed. LeBalze, Montepulciano(SI), 2001, p. 91.

Nei giorni immediatamente successivi il 25 luglio 1943, data del rovesciamento del regi-me fascista, Mario Bonfigli il suo gruppo si preparavano al trasferimento a Nord, perevitare sempre più probabili bombardamenti anglo americani.Osserva bene la foto: la mancata sostituzione dei fasci cancellati dalle insegne alari edalla coda sta ad indicare anche visivamente il vuoto istituzionale creatosi in quei giorni

Castiglione del Lago,luglio 1943. Aerei in at-tesa di decollo. In G.ALEGI-P. VARIALE, Ali sulTrasimeno. La SAI e laScuola Caccia di Casti-glione del Lago, cit., p.159.

Utilizza le informazioni provenienti dalle immagini per la stesura del Saggio breve.

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Cosa facevano i Partigiani

Nel tuo Archivio trovi il testo della Relazione del Comandante Stelio Pierangeli (nome dibattaglia: Geo Caves) della Brigata Proletaria d’Urto “San Faustino”, che operava nelquadrilatero Umbertide - Gubbio - Città di Castello - Apecchio, a partire dalla fine delsettembre 1943. (DOCUMENTO 4)

Leggi attentamente la Relazione, evidenziando nella carta i luoghi citati (DOCUMENTO 5).

Sei uno dei partigiani della “Brigata San Faustino”. Fra tutte le azioni a cui hai partecipa-to, scegline una e su di essa scrivi una pagina di Diario, ricca di particolari.

Il tuo nome di battaglia è: ....................................................................................................................................................

Dell’azione: .........................................................................................................................................................................................

Diario........................................................................................................................................................................................................................

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scrivi

Saggio breve

Qualsiasi percorso di ricerca si chiude con una forma di comunicazione. Può esseresu supporto cartaceo (come ti si chiede qui), o su supporto informatico (dai mate-riali che hai a disposizione e dalle tue riflessioni potresti, ad esempio, produrre unipertesto, oppure un testo multimediale in Power Point, prolungando l’indagineverso i canti, le musiche, le opere d’arte, la poesia che l’esperienza resistenziale haprodotto, o ancora un articolo ipermediale per il sito della tua scuola).La comunicazione storica serve, oltre che per divulgare quanto si è appreso, permettere la comunità di coloro che si occupano di uno stesso problema, nelle condi-zioni di far crescere la conoscenza attorno ad esso tramite il confronto delle conclu-sioni ed il controllo delle fonti che hanno permesso di giungere alle medesime; inqualsiasi caso devi trovare il modo di esplicitare le fonti che hai usato (nel Saggiobreve, attraverso le note).L’indice di questo Laboratorio sui documenti è fatto per corrispondere specularme-ne alla traccia del Saggio breve; prima di tutto, trova un titolo, ipotizza un destina-tario (chi dovrebbe leggerlo) e una collocazione (dove potrebbe essere pubblicato).

Titolo........................................................................................................................................................................................................

Destinatario

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Collocazione

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Procedi alla stesura, tenendo conto di ciascun passaggio del percorso di ricerca fin quifatto, e delle conclusioni parziali a cui sei giunto attraverso le scritture intermedie.

traccia del saggio

� Definizione del problema attraverso la lettura della Premessa

� Le fonti� Dalla biografia alla storia; Mario Bonfigli: chi era, come pensava, come agì� Cosa facevano i partigiani: gli ideali, le azioni, i rapporti con gli Alleati…� Vicende di guerra e di Resistenza in Umbria� Conclusioni

Ricordati di corredare il tuo scritto dell’apparato di note

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Archivio dei documenti

L’Archivio dei documenti contiene una selezione di fonti che ti permette di ricostruire inmaniera articolata le questioni proposte in Laboratorio.Sei partito da un problema generale, quello di interrogarti su come, attraverso la biogra-fia di Mario Bonfigli, dopo l’8 settembre 1943 parecchi giovani scelsero di schierarsi tra lefile della Resistenza. Il DOCUMENTO 1 è stato quindi pubblicato all’inizio del percorso: sitratta della trascrizione di parte del video La vita tra le mani. Luglio 1943-luglio 1944,intervista di Mirella Alloisio a Mario Bonfigli, Consiglio regionale dell’Umbria, 2004, 61';se con i tuoi insegnanti ritieni utile averlo a disposizione, puoi richiederlo in prestito allavideoteca dell’Isuc.I documenti che seguono in questa sezione servono per consentirti di indagare sulletematizzazioni in cui è stato scomposto il problema generale: quale era la formazionepolitica del testimone? Quale il suo ruolo negli eventi a cui partecipò? Cosa facevano ipartigiani? In quali luoghi dell’Umbria agirono? Quale il contesto della situazione in Um-bria in quei mesi?Sarai protagonista del percorso di ricerca utilizzando le procedure tradizionali dello sto-rico:scegliere: individuare cioè tra tutta la documentazione possibile solo quella che rispondealle domande che ti vai ponendo;interrogare: porre al singolo documento le giuste domande;interpretare: analizzare criticamente la documentazione, incrociando anche le notizieche provengono da altre fonti, per vedere se le risposte che hai trovato sono attendibili;scrivere:comunicare i risultati della tua ricerca.In fondo a questa sezione trovi una Cronologia dei principali eventi della storia resisten-ziale in Umbria che ti consente di orientarti nella ricostruzione.

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DOCUMENTO 2 - Carta regionale dell’ Umbria, 1:200.000

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Attività Partigiana

Prima Brigata Proletaria d’Urto “San Faustino” e gruppi partigiani autonomi

Raffaele Mancini(manoscritto del 1985)

La I Brigata Proletaria d’Urto, o più semplicemente la “San Faustino”, è stata la formazio-ne partigiana più importante, per consistenza numerica e per organizzazione, dell’AltaUmbria.Ebbe origine a San Faustino (da qui il suo nome), uno sperduto borgo montano delcomune di Pietralunga.Ne fu animatore un gruppo di antifascisti, in prevalenza liberali, capeggiato da BonuccioBonucci, di Perugia, allora affittuario della pieve di San Faustino e degli annessi poderidella parrocchia.Ne fecero parte giovani di diversa estrazione sociale, tendenzialmente di sinistra, ostili alfascismo di ritorno, alla guerra, all’occupazione straniera.La diversità di orientamento politico tra gli ufficiali e la truppa, all’inizio, fu spesso causadi incomprensione e di reciproca diffidenza e motivo di qualche difficoltà di carattereoperativo. La formazione partigiana, costituita nel settembre del 1943, avrebbe potutoesercitare una maggiore attrazione tra i giovani, specialmente tra i renitenti alla leva, seavessero potuto scorgere in essa, in maniera più chiara, una valida alternativa al mo-mento di dover operare scelte fondamentali ed irreversibili.Il primo periodo, caratterizzato dall’attendismo, contribuì a ritardare la crescita dellaformazione. E’ vero, però, che il difficile avvio non si può imputare solamente a questo,ma anche alle innumerevoli difficoltà di carattere organizzativo e logistico, all’inesperien-za, alla mancanza di armi e munizioni.La lenta ricettività della Brigata favorì il formarsi di piccoli gruppi autonomi che, dopo,seguitarono ad avere una stentata vita propria e, qualche volta, per insufficienza d’ar-mamento, per carenza organizzativa, per ignoranza delle direttive del CLN, finirono percreare preoccupazioni e problemi ai fini della loro stessa sicurezza e di quella della popo-lazione che li ospitava.Nella seconda metà del mese di settembre 1943, entrarono in funzione i primi gruppioperativi della “San Faustino” nella parte Nord del quadrilatero operativo della brigata,delimitato dalle città di Umbertide – Gubbio – Apecchio – Città di Castello. Sulla dorsaleappenninica, favoriti dal terreno impervio difficilmente raggiungibile per mancanza distrade, coperto in gran parte da vaste boscaglie, i primi gruppi armati iniziarono il lorodifficile compito.

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Vicino a Bonuccio Bonucci, fin dall’inizio, furono:

� Luca Mario Guerrizio Ten. Col. � Mario Bonfigli Ten. � Vittorio Biagiotti Ten. � Livio Della Ragione Ten. � Giuseppe Migliorati Ten. � Don Marino Ceccarelli Parroco di Morena � Gaetano Salciarini Avvocato � Stelio Pierangeli Avvocato

Il primo Comandante della Brigata fu il Ten. Mario Bonfigli (Mefisto). Nell’aprile del 1944il comando passò al Cap. Stelio Pierangeli (Geo Caves) che guidò la San Faustino fino allaliberazione. In aprile il Comando era così composto:

� Cap. Stelio Pierangeli Comandante � Ten. Mario Bonfigli Vice Comandante � Ten. Vittorio Biagiotti � Ten. Giuseppe Bonucci � Dario Taba Commissario Politico

La forza della Brigata, era dislocata nelle seguenti località: Morena – Montebello – Cai-mattei – Cairocchi – Capanne – Capelli.L’organico, alquanto fluttuante, poteva considerarsi sulle 300 unità, con maggiore densi-tà nella parte superiore del quadrilatero.

DOCUMENTO 3MARIO TOSTI, Belli lavori! Informazioni, documenti, testimonianze su fatti di vita e di morteavvenuti nel Comune di Umbertide durante la Seconda Guerra Mondiale, Comune di Umbertide,1995, pp. 141-142.

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Relazione sull’attività della “Brigata San Faustino”scritta dal Comandante avvocato Stelio Pierangeli

17 settembre 1943. Attacco colonna tedesca: 1 camion catturato, feriti 2 tedeschi e 1partigiano.

settembre 1943-gennaio 1944. Sabotaggio metodico linee telefoniche tedesche, distru-zione cartelli indicatori, ripetute azioni contro militi fascisti per procacciarsi armi.

23 febbraio 1944. Assalto deposito tedesco di Cagli: sottratte 3.000 coperte. Nessunaperdita.

13 marzo 1944. Attacco caserma GNR di Scheggia: 1 milite ucciso , cabina telefonicadistrutta, sottratte armi e munizioni. Nessuna perdita.

23 marzo 1944. Grossa battaglia di Serramaggio a copertura reparti operativi 5° Brg.taGaribaldi duramente impegnati: 170 tedeschi morti, 63 feriti. Nessuna perdita forze S.Faustino.

28 marzo 1944. Scontro sulla nazionale di Apecchio: 1 tedesco ucciso, 1 fascista cattura-to. Perdite: 1 partigiano ucciso.

1 aprile 1944. Assalto silos S. Benedetto Vecchio: 1.600 ql. di grano distribuiti alla popo-lazione. Nessuna perdita.

4 aprile 1944. Assalto silos Cagli, con 5° Garibaldi: 4.000 ql. di grano distribuiti popo-lazione. Nessuna perdita.

9 aprile 1944. Attacco e disarmo posto di avvistamento di Bocca Seriola: 1 tedescoucciso. Nessuna perdita.

21 aprile 1944. Assalto caserma GNR di Pietralunga: catturati 11 militi, asportata ingen-te quantità di munizioni, armi. Occupata città, nominati amministratori antifascisti. Nes-suna perdita.

21 aprile 1944. Assaltato treno Arezzo - Fossato in località Mocaiana di Gubbio: 10fascisti catturati e disarmati. Nessuna perdita.

27 aprile 1944. Cattura e disarmo di 4 militi presso Pietralunga. Nessuna perdita.

1 maggio 1944. Primo aviorifornimento di materiale bellico da parte alleata.

6 maggio 1944. Assalto e disarmo caserma GNR di Montone: 13 militi catturati, asportatoarmamento vario e ingente quantità di munizioni; distrutti 3 ponti sulla rotabile Umbertide

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- Montone - Pietralunga - C.Castello e attacco in forze a trasporti nemici: 27 tedeschiuccisi, 42 feriti, 2 camions distrutti. Perdite: 1 ufficiale partigiano ucciso, 1 patriota ferito.

7-21 maggio 1944. Rastrellamento da parte di S.S. tedesche e italiane di tutto il territo-rio controllato dalle formazioni partigiane. Trasferimento delle forze in altre zone. Batta-glia di Scalocchio. Perdite: 14 partigiani.

19 maggio 1944. Combattimento di Citerna-Scalocchio, unitamente alla 5° Garibaldi,contro forze tedesche: 20 tedeschi uccisi, numero imprecisato di feriti. Perdite: 1 parti-giano catturato è passato per le armi.

25 maggio 1944. Secondo disarmo caserma GNR di Pietralunga: 13 militi catturati insie-me ad armi e munizioni. Occupazione della città. Nessuna perdita.

25 maggio-15 giugno 1944. Intensa attività contro colonne tedesche in ritirata sullerotabili Umbertide - Camporeggiano - Montelovesco - Gubbio e Umbertide - Città diCastello - Apecchio: complessivamente distrutti 17 camions, 2 autovetture, 12 ponti, 3cavalcavia. Incerto il numero delle perdite nemiche, ma sicuramente rilevante. Nessunaperdita tra le forze partigiane.

30 maggio 1944. Secondo aviorifornimento di materiale bellico da parte alleata.

1 giugno 1944. Paracadutati n. 3 ufficiali americani di collegamento.

21 giugno 1944. Accostamento alla città di Gubbio. Operazione sospesa per sopraggiun-te ingenti forze tedesche, munite artiglieria. Nessuna perdita.

22 giugno 1944. Primo contatto, a mezzo staffetta, con Comando 8ª armata americana.

27 giugno 1944. Truppe corazzate tedesche rioccupano Pietralunga. In serata, minaccia-te accerchiamento, si ritirano dalla città.

22 giugno-8 luglio 1944. Esplorazione, da parte nostre pattuglie, tutta Alta Umbria evalle Tevere per segnalare Comando Alleato esatta posizione artiglierie tedesche. Nelperiodo: 13 soldati tedeschi catturati. Nessuna perdita

8 luglio 1944. Primi contatti diretti con 10a Divisione Indiana del 10° Corpo d’Armata.

18 luglio 1944. Il Bollettino del Fronte della Resistenza reca: “I partigiani di una Brigataoperante in Umbria (Pietralunga Brigata Urto Cap. Pierangeli) hanno effettuato il con-giungimento delle loro forze con i reparti dell’8a Armata. Fianco a fianco con le truppealleate, hanno combattuto per giorni, infliggendo dure perdite al nemico. In tali azioni13 partigiani sono caduti”.La stessa Brigata, durante la sua attività , ha messo fuori combattimento 300 tedeschicirca, e fatto saltare 18 ponti per ostacolare la ritirata del nemico. Complessivamentesono caduti n. 38 partigiani.

DOCUMENTO 4MARIO TOSTI, Belli lavori! Informazioni, documenti, testimonianze su fatti di vita e di morteavvenuti nel Comune di Umbertide durante la Seconda Guerra Mondiale, cit., pp. 143–144.

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La zona delle operazioni

DOCUMENTO 5SCUOLA MEDIA STATALE “MASTRO GIORGIO” DI GUBBIO, Gli anni ’39-’45 a Gubbio tra storia e cronaca. Ifatti, gli uomini, le testimonianze, Provincia di Perugia, 1995, p. 94.

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Cronologia

Il 25 luglio del 1943 un centinaio di giovani manifesta lungo Corso Vannucci a Perugiaalla notizia della caduta di Mussolini.

L’8 settembre del 1943, le truppe alleate che dalla Sicilia stanno risalendo verso nord,sbarcano altri contingenti a Salerno e Badoglio, capo del governo dopo la caduta diMussolini, negozia un armistizio con gli Alleati: nell’ incertezza del momento l’Esercitoitaliano si sbanda ed i tedeschi trasformano il paese in territorio di occupazione. Migliaiadi soldati italiani vengono deportati nei campi di concentramento tedeschi.Inizia la guerra partigiana, mentre i resti del fascismo si raccolgono intorno alla Repub-blica Sociale Italiana (R.S.I.), la cui capitale è Salò.

Il 10 Settembre del 1943 gli antifascisti manifestano davanti al Distretto militare perchiedere armi, si verificano molti arresti a Perugia.

Il 12 settembre del 1943 le truppe tedesche entrano in Perugia senza incontrare resi-stenza. Il Comitato dei partiti antifascisti continua a lavorare nell’illegalità, si costituiran-no i C.L.N. (Comitati di Liberazione Nazionale).

Dopo l’8 settembre e nel giro di circa un mese, buona parte degli esponenti antifascistilocali, di ispirazione cattolica e liberale, si orientano verso il problema della organizzazio-ne clandestina e della lotta armata. Si tratta di magistrati, professionisti, ufficiali deldisciolto esercito, insegnanti e funzionari dello Stato, che confluiranno nel movimento diGiustizia e Libertà.

Nella seconda settimana del settembre 1943 un gruppo di soldati, ufficiali e civili siriunisce a San Faustino (Pietralunga) per organizzare l’attività partigiana. La Brigata,opera nel quadrilatero compreso fra Città di Castello, Apecchio, Gubbio, Umbertide. Da-gli elementi comunisti la brigata è denominata Proletaria d’Urto e non mancano le pole-miche di carattere politico nel suo ambito. La composizione del comando è prevalente-mente liberale e cattolica e fra gli animatori di questa formazione figurano il Ten. Col. L.M. Guerrizio, Bonuccio Bonucci, Don Marino Ceccarelli, l’avv. Gaetano Salciarini, il Te-nente pilota Mario Bonfigli ed altri. Fra le operazioni più importanti di questa brigata sonoda ricordare: gli assalti alle caserme della Guardia Nazionale Repubblicana in febbraio,marzo, aprile e maggio; gli attacchi alle colonne tedesche ai depositi di rifornimenti ed aitreni; i sabotaggi alle linee telefoniche e l’attività di collegamento e di informazione.

Durante il mese di ottobre del 1943 elementi cattolici e liberali dell’antifascismo peruginoprendono contatti con le organizzazioni e gli elementi antifascisti degli altri centri dellaprovincia per la definizione di un programma di lotta armata al fascismo.

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Fra l’ottobre e il novembre del 1943 decine di slavi detenuti nei campi di concentramentodi Colfiorito e di Campello sul Clitunno evadono a piccoli gruppi e si uniscono ai partigianiitaliani. Alcuni preferiscono organizzare formazioni autonome, altri tentano il passaggiodelle linee tedesche verso sud.

Nel marzo del 1944 iniziano i rastrellamenti tedeschi su vasta scala.

Il 17 aprile del 1944 due divisioni tedesche ed alcuni battaglioni di SS italiani iniziano unvasto rastrellamento che dura fino alla seconda metà di maggio. Gli scontri provocanoperdite anche ai nazi-fascisti, che rastrellano prigionieri fra la popolazione civile e minac-ciano rappresaglie.

Il 25 aprile del 1944 aerei inglesi bombardano Umbertide. Rimangono uccisi 74 civili.

Dopo il rastrellamento di aprile sulle montagne di Foligno, tremila civili vengono deporta-ti dai tedeschi in Germania per rappresaglia. Una specie di tregua viene raggiunta fra itedeschi ed i partigiani, che dura fino al 24 maggio, data in cui riprendono i combatti-menti.

Il 7 maggio del 1944 ha inizio il rastrellamento a Pietralunga, preparato da due ufficialitedeschi che esplorano il territorio travestiti da militari alleati. Quando già il rastrella-mento è iniziato, i due si tradiscono e vengono fucilati dai partigiani.

Nel maggio del 1944 un rastrellamento nella zona di Morena: la chiesa viene incendiata,le case saccheggiate. Negli scontri cadono alcuni partigiani.

Il 12 maggio del 1944 gli Alleati sfondano il fronte tedesco a Cassino: per i nazi-fascistinell’Italia centrale è il principio della fine. I partigiani prendono slancio e le perdite nemi-che si fanno sempre più sensibili.

Il 19 maggio la Brigata “San Faustino”, in collaborazione con il battaglione Stalingradodella V Garibaldi, si scontra con formazioni tedesche a Scalocchio e quest’ultime perdonoventi uomini. Un partigiano è fucilato sul posto. Alla fine del maggio del 1944 la compo-sizione della Brigata “San Faustino” è di 13 ufficiali, 300 uomini, 35 patrioti. I caduti dellaformazione sono 35. Tenuto conto dell’orientamento politico del comando, la Brigata hastabilito ottimi contatti e buona collaborazione con forze alleate, al momento della Libe-razione, avvenuta fra il 22 giugno e l’8 luglio del 1944 da parte della X Divisione Indianadel X Corpo d’Armata inglese.

All’inizio del giugno del 1944 le organizzazioni della R.S.I. lasciano Perugia in corrispon-denza con la Liberazione di Roma avvenuta il 4 giugno.

Il 7 giugno il generale Alexander ordina l’avanzata alleata nella Italia centrale, fino aFirenze: la direttrice dell’VII armata britannica è la zona di Arezzo, Bibbiena, Firenze;quella della V armata U.S.A. è Pistoia, Pisa e Lucca. Tra il 10 ed il 20 giugno la V armataavanza lungo tutta la tutta la costa tirrenica fino a Massa Marittima; l’VIII armata per-corre un territorio più difficile lungo la valle del Tevere e l’Orvietano: tuttavia entro lostesso periodo riesce a liberare Narni, Terni, Spoleto, Foligno, Bastia, Perugia e , lungoun’altra direttrice parallela, Orte, Orvieto, Città della Pieve e il Trasimeno con il XII Corpodi Spedizione.

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Il 20 giugno del 1944 segna la data di liberazione di Perugia dai tedeschi: il C.L.N. faoccupare alcuni edifici e si verificano sparatorie isolate. Il mattino dello stesso giorno leforze alleate entrano in città e gli ultimi soldati tedeschi si ritirano verso Monte Malbe.

Il 5 luglio del 1944 soldati dell’VIII Armata britannica entrano a Umbertide.

L’8 luglio del 1944 primi contatti diretti della Brigata “San Faustino” con la X divisioneIndiana del X Corpo d’Armata.

Da: “Antifascismo e Resistenza nella provincia di Perugia. Rivista mensile dell’amministrazioneprovinciale di Perugia”, anno V, giugno 1975, in SERGIO BOVINI (a cura di), La Resistenza nella

provincia di Perugia, pp. 12-15.

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Bella Ciao

Donne e Resistenza in Umbria

LABORATORIO SUI DOCUMENTI PER LA SCUOLA SECONDARIA

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Presentazione

Ha scritto di recente Tina Anselmi, staffetta partigiana nel 1944, oggi parlamentare:«Noi ragazze che avevamo partecipato alla Resistenza, una volta raggiunta la pace, dopoaver contribuito rischiando la vita ad accelerare la fine della guerra, avremmo potuto nonrenderci conto di quale conquista fosse il diritto di voto alle donne? Peccato che molte dinoi non avessero ancora l’età per votare.Posso ben dire che la lotta armata aveva determinato la nostra dolorosa emancipazionee in molte, qui in Veneto, e non solo da noi, vi avevano partecipato. Fu molto bello,intenso, ritrovarsi insieme, in tempo di pace, a fare le stesse battaglie, condividere glistessi ideali e poi scoprire di aver avuto un passato comune».Non tutte le partigiane si avviarono alla carriera politica; alcune furono protagoniste,moltissime altre rientrarono nell’ombra. Certo è che il coinvolgimento diretto negli eventibellici, prima e dopo l’8 settembre 1943, lasciò una traccia nelle coscienze, per cui nientefu come prima.Per tale motivo il percorso non segue le vicende di grandi personaggi pubblici, come purla Anselmi ha saputo essere nella storia dell’Italia repubblicana; propone storie comunidi gente che spesso suo malgrado si è trovata coinvolta negli avvenimenti. Queste donnehanno maturato atteggiamenti antifascisti e democratici sperimentando sulla loro pellela scoperta dei diritti, dei doveri, della dignità della persona libera.L’intento, in una fase di revisione della Carta costituzionale, è quello di aiutare le ragazzee i ragazzi a interrogarsi su valori fondanti la convivenza civile quali democrazia, parte-cipazione, diritto alle pari opportunità tra donne e uomini. Un tentativo di riaccendere adistanza quel passato comune.I materiali documentari sono prevalentemente di tipo soggettivo, per facilitare meccani-smi empatici che, partendo dal sentire e dal pensare contemporaneo, giungano a ritrosoad attivare conoscenza storica e a formulare giudizi.

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Resistenza: una storia da uomini?

Sottolinea in giallo i passaggi dei testi di storiografia che secondo te rispondono alladomanda.Sottolinea in verde le motivazioni.

STORIOGRAFIA

Storie nell’ombra

“Quando parliamo di donne partigiane evochiamo una massa di ombre; raccogliere,registrare le loro testimonianze significa dare a queste donne un’identità, farle usciredall’ombra.” (AA.VV., I gesti e i sentimenti: Le donne nella Resistenza bresciana. Percorsi

di lettura, Comune di Brescia, Brescia, 1989, p. 167).Eppure le donne furono un grande esercito attivo senza armi, che ha saputo costruireattraverso un fitto intreccio di relazione una salda rete di solidarietà: senza la loro parte-cipazione, quasi mai violenta, non sarebbe stata possibile neppure la resistenza attiva, avolte addirittura la sopravvivenza, di pochi uomini armati.Furono le donne che li aiutarono in vari modi, facendosi carico del destino di molte vite.“Nei mesi successivi all’8 settembre, tanto si moltiplica la schiera degli affamati, deisenza casa, dei fuggitivi, delle vite a rischio, altrettanto crescono la domanda d’aiuto e lacarica salvifica attribuita alla figura femminile” (Donne e uomini nelle guerre mondiali, acura di A. Bravo, Laterza, Bari, 1991, p. 111).Ma la scarsità di documentazioni e un lungo silenzio storiografico hanno reso quasi invi-sibile questa loro presenza forte nella guerra di Liberazione. Il primato di una visionedella Resistenza come di una guerra che si combatte con le armi, ha relegato il contribu-to delle donne, partigiane e non, sullo sfondo.E’ anche vero che spesso sono proprio le donne, come risulta dai loro racconti, chetendono a una sorta di autosvalutazione o semplicemente di banalizzazione delle loroesperienze, forse a causa di un mancato riconoscimento nella tradizione eroica dellaResistenza del fondamentale ruolo da esse svolto. “Tutta qui la mia esperienza partigia-na: niente di speciale, niente di eroico”, così conclude una partigiana il suo racconto.

G COLANGELO, P. PEDRON, N. PONTALTI, Storie nell’ombra, in G. COLANGELO, P. PEDRON, N. PONTALTI,Ora, Fumo, Tempesta e gli altri. Storie di Resistenza trentina e italiana. Proposte a

studenti di scuola media superiore, Trento, Museo del Risorgimento e della lotta per lalibertà, 1994, p. 271.

Una guerra “femminile”?

E’ il fatto che, tranne per periodi relativamente brevi o teatri geografici delimitati, laseconda guerra mondiale non fu nel suo complesso una guerra di fronti fissi, comeinvece era stata quasi sempre la prima. Questa assenza del fronte, che conferisce alla

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guerra stessa un carattere profondamente non militare, corrisponde bene alla natura diun conflitto divenuto fin dall’inizio (o sentito, il che è lo stesso) un conflitto ideologico eaddirittura etico, non più fra eserciti in senso tradizionale e fra stati, bensì addirittura travisioni del mondo.Ma ciò che in questa sede più importa è che la mancanza di fronti militari più o menostabili sul terreno e fissi nel tempo, spezzando la rigidità spaziale della guerra ne spezzòanche, per così dire, l’imputazione sessuale, rigidamente circoscritta agli uomini. Dal1939 al ‘45 la guerra non corrispose ad alcun luogo separato nel quale si affrontasserogruppi contrapposti di maschi, ma fu un evento totale che impregnò da cima a fondo laquotidianità di ciascuno.Da qui principalmente, da questa tendenziale demilitarizzazione del confronto bellico, traeorigine il carattere «femminile» della seconda guerra mondiale. L’assenza di trinceramentie di fronti fissi significò, infatti, l’impossibilità di quella trasformazione dell’esercito com-battente in un virtuale Männerbund (società guerriera in cui sono protagonisti i soli uomini,n.d.r.), che, viceversa, si era realizzata in misura così penetrante tra il ‘ 14 e il ‘18.Proprio il fatto che in quella circostanza l’esercito assumesse, sia da un punto di vistapratico che simbolico, la natura di una vera e propria «casa degli uomini» è una riprovadel carattere oscuramente, primitivo, rivestito dalla prima guerra mondiale e che horicordato sopra.La guerra, infatti, rappresenta certamente la massima espressione di quel nesso tra mag-giore predisposizione fisica dei maschi all’esercizio della violenza, e dunque dell’aggressi-vità, da un lato, e separazione dei ruoli dall’altro, che sembra essere costitutivamentegenetico dell’ordine sociale tipico della specie umana, ordine fondato come nessun altrodel regno animale su una forte differenziazione dei sessi. Tra l’altro proprio l’aggressività/aggressione verso l’esterno sono elementi decisivi per dare origine, con la consapevolezzadell’appartenenza al gruppo, al senso della comunità.Questo carattere è invece assente nella seconda guerra mondiale, assai probabilmentecome conseguenza diretta della sua ricordata demilitarizzazione. Il forte depotenziamentodel connotato maschile è, com’è ovvio, il presupposto necessario per la «femminilizzazio-ne» del conflitto, che però, a mio giudizio, trova in un altro elemento la sua definitivaconferma ed insieme la sua massima causa. Mi riferisco all’elemento rappresentato dallademocrazia. Entrambe le accezioni possibili del termine «democrazia» mi sembrano rile-vanti nel contesto di queste pagine: tanto quella che allude alla generale tendenza del-l’epoca verso la attenuazione delle differenze-diversità (anche di quelle sessuali, dunque),quanto l’accezione del termine democrazia più specificatamente ideologico-politica. Il fattoconcreto, cioè, che la tendenza ora menzionata abbia trovato la sua più coerente espres-sione nell’ideologia di una delle due parti in lotta che alla fine risultò vincitrice.In questa prospettiva una guerra «femminile» vuol dire, dunque, una guerra - quale fuper l’appunto quella combattuta tra il ‘39 e il ‘45 - aperta ad esiti politici ed a configura-zioni simboliche di tipo non gerarchico-sessista, e perciò destinata ad esaltare «ideologi-camente» gli spazi d’azione nei quali una presenza peculiarmente femminile si affermasecondo modalità non sussidiarie né surrogatorie, bensì, per così dire, incarnando lospirito dell’evento. E per l’appunto, gli esiti politici e le configurazioni simboliche di tiponon gerarchico - sessista di cui parlo hanno il proprio ambito elettivo entro quel processodi parificazione socioculturale, accompagnato dall’estensione dei diritti individuali, cheprende nome di democrazia.

E. GALLI DELLA LOGGIA, Una guerra femminile?, in A. BRAVO (a cura di), Donne e uomini nelle guerre

mondiali, Laterza, Roma-Bari, 1995, pp. 5-7.

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Scrivi una breve sintesi di quanto sostengono gli storici, citando i passaggi individuati.

G. COLANGELO, P. PEDRON, N. PONTALTI, Storie nell’ombra, cit., p. 271.

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E. GALLI DELLA LOGGIA, Una guerra femminile?, cit., p.5-7.

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Bibliografia

Letture di carattere generale utili per i Docenti sono: A. BRAVO - A. M. BUZZONE, In guerra

senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari, 1995; E. DONI - M. FUGENZI, Ilsecolo delle donne. L’Italia del Novecento al femminile, Laterza, Roma-Bari, 2001; C. CO-LOMBELLI (a cura di), La guerra non ci da pace. Donne e guerre contemporanee, ed. Seb 27,Torino, 2005; M. DE GIORGIO, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti

sociali, Laterza, Roma-Bari, 2005; L. CAPOBIANCO (a cura di), Donne tra memoria e storia,Liguori, Napoli, 1993. Opere interessanti di carattere locale sono: La “dimensione donna”

nella Resistenza umbra. Primi risultati di una ricerca condotta nella Provincia di Perugia,Regione dell’Umbria, Perugia, 1975; Donne, Resistenza e memoria, a cura del Centro per lepari opportunità tra donna e uomo della regione Umbria, 1994. Un libro singolare, quello diT. ANSELMI, Zia, cos’è la Resistenza? Ed. Manni, S. Cesareo di Lecce, 2003.

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L’ orgoglio della scelta

Dopo l’ 8 settembre 1943 gli eventi imposero agli uomini una scelta: dichiararsi prigio-nieri ai tedeschi, fuggire e nascondersi, arruolarsi sotto la repubblica di Salò o con ipartigiani.Per le donne fu diverso. Osserva la storica Annarita Buttafuoco:

« Non insisto qui sul ruolo delle donne nella guerra di Liberazione: le donne combattentifurono molte e molte di più furono coloro che spinte esclusivamente dalla propria scelta- voglio dire non obbligate, come erano di fatto gli uomini o ad aderire alla repubblica diSalò o a prendere la via della montagna - si impegnarono nelle reti della Resistenzacivile, non imbracciando cioè le armi, ma collocandosi decisamente nella lotta contro ilnazifascismo, attraverso azioni di sabotaggio nelle fabbriche, di assalto ai camion chetrasportavano viveri e materiale bellico per i tedeschi e i fascisti, di liberazione di parti-giani e, soprattutto, di tenuta e salvaguardia della “civiltà dei sentimenti” che per loroaveva la stessa importanza politica della distribuzione di pane o del trasporto di materia-le clandestino».

A. BUTTAFUOCO, Cittadinanza e genere. Riflessioni sul rapporto donne, politica, Stato nel-l’Italia repubblicana, in Ministero della Pubblica Istruzione, Problemi della contempora-

neità, Unità/Autonomie nella storia italiana, s.e., s.l., 1998, p. 78 (Quaderni 22/1).

La fotografia è un documento molto particolare:a) è soggettivo in quanto chi ritrae rappresenta un suo punto di vista sulla realtà;b) è autoreferenziale e celebrativo: chi si fa ritrarre vuole a sua volta dare di sé unapropria immagine, più positiva possibile.

Tenendo presente queste osservazioni, cerca nell’Archivio quattro foto di donne partigia-ne.

Cosa hanno in comune le donne raffigurate nelle foto 1 e 2?

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Quali scopi può avere avuto chi ha scattato le due foto?

Foto 1........................................................................................................................................................................................................................

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Foto 2........................................................................................................................................................................................................................

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Perché nella foto 2 la ragazza avrà accettato di essere fotografata?Formula ipotesi dopo aver osservato il tipo di rapporto che si deduce dalla figura maschi-le immediatamente vicina (sguardi, posizione e direzione del corpo...).........................................................................................................................................................................................................................

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Nella foto 2 la donna è inquadrata centralmente; le due figure centrali sono le uniche anon imbracciare il fucile.Prova a leggere la foto dando senso alle scelte del fotografo.........................................................................................................................................................................................................................

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Le immagini 3 e 4 vedono la presenza di donne di varie età. Nella foto 3 quali compitimostrano di svolgere? Descrivi e spiega.........................................................................................................................................................................................................................

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Nella foto 4 quali compiti pensi abbiano finito di svolgere? Descrivi e spiega.........................................................................................................................................................................................................................

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Prova ad ipotizzare il tipo di relazione tra le tre figure centrali in piedi (solo ad ipotizzare;per essere certi delle congetture occorrerebbe incrociare le foto con altra documentazio-ne).

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Costruisci una storia verosimile a partire dalle due figure centrali della foto 3 che haiindividuato (chi erano, cosa facevano lì, poi cosa accadde, come finì la storia...). Trovaun titolo.

Titolo ..................................................................................................................................................................................................

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Madri, staffette, fidanzate: voci di donne

Nell’Archivio trovi alcune testimonianze femminili. Leggi attentamente e raggruppa leinterviste, secondo gli schemi:a) per ruoli (mogli, madri, fidanzate...)b) per motivazioni (cosa fecero per resistere; perché lo facevano...)

TESTIMONIANZE

1. “Stella”, in: ANPPIA - ANPI FEDERAZIONI PROVINCIALI DI PERUGIA, ISTITUTO PER LA STORIA DELL’UM-BRIA CONTEMPORANEA, La donna umbra nella Resistenza. Antologia delle opere premia-te nella IV edizione del concorso Anppia - Anpi riservato agli studenti della scuola

superiore e della III media. Anno scolastico 1989 - 1990, Regione dell’Umbria,Perugia, 1991, p. 47.

2. Giovanna, in: ANPPIA - ANPI FEDERAZIONI PROVINCIALI DI PERUGIA, ISTITUTO PER LA STORIADELL’UMBRIA CONTEMPORANEA, Il contributo alla Resistenza della società rurale umbra.Antologia delle opere premiate nella VII edizione del concorso Amppia - Ampi riser-

vato agli studenti della scuola media inferiore e superiore. Anno scolastico 1992 -

1993, Regione dell’Umbria, Perugia, 1996, p. 46.

3. Luigina, da: CENTRO PER LE PARI OPPORTUNITÀ TRA DONNA E UOMO DELLA REGIONE DELL’UMBRIA ( a cura del ), Donne, Resistenza e memoria, “Umbria”, n. 36/37, 1994, p. 5.

4. Clara, in: A. BRAVO, A. M. BRUZZONE, In guerra senza armi, cit., p. 134.

Esegui una lettura selettiva di ciascuna intervista, evidenziando i passaggi in cui la testi-mone racconta i suoi ruoli. Segnali con una crocetta nella tabella oppure, se compareuna voce non compresa, trascrivila nella coordinata altro.

Ruolo/Testimone Stella Giovanna Luigina Clara

moglie

fidanzata

madre

staffetta

combattente

altro

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Esegui una lettura selettiva di ciascuna testimonianza evidenziando le motivazioni chespinsero queste donne a partecipare alla resistenza

Testimone Motivazioni

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Luigina.................................................................................................................................................................................................................

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Le conseguenze di una scelta

Rileggi le stesse testimonianze ed elenca, caso per caso, le conseguenze che dovetterosubire le singole protagoniste.

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Luigina........................................................................................................................................................................................................................

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Man mano che leggi i documenti, costruisci un dizionarietto dei termini che non conosci.

sfollati:........................................................................................................................................................................................................................

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disertori:........................................................................................................................................................................................................................

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altro:........................................................................................................................................................................................................................

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Donne antifasciste

Il documento che trovi nell’Archivio elenca tutte le donne schedate dalla polizia ai primidel 1944, perché sospettate di attività antifascista, nella provincia di Perugia; oltre cheessere un monumento alla memoria dell’impegno civile di decine di persone, esso costi-tuisce una fonte per rispondere almeno a quattro domande:

quante donne antifasciste nella provincia?quante le coniugate?in quali fasce d’età si concentravano?in quali Comuni della provincia agivano?

Vuoi compiere la ricerca?

donne antifasciste n. …donne coniugate n. …donne nubili n. …

Fasce d’età(colora un quadratino per ogni donna nata nell’anno scritto in basso)

In quali fasce d’età si concentrano? Commenta brevemente la tabella che hai costruito.........................................................................................................................................................................................................................

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Colora nella cartina dell’Umbria i Comuni di residenza delle donne che dal documentorisultano schedate. Per ogni caso, un cerchietto.

Comuni dell’Umbria

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scrivi

Saggio breve

Qualsiasi percorso di ricerca si chiude con una forma di comunicazione. Può esseresu supporto cartaceo (come ti si chiede qui), o su supporto informatico (dai mate-riali che hai a disposizione e dalle tue riflessioni potresti, ad esempio, produrre unipertesto, oppure un testo multimediale in Power Point, prolungando l’indagine ver-so i canti, le musiche, le opere d’arte, la poesia che l’esperienza resistenziale haprodotto, o ancora un articolo ipermediale per il sito della tua scuola).La comunicazione storica serve, oltre che per divulgare quanto si è appreso, permettere la comunità di coloro che si occupano di uno stesso problema, nelle condi-zioni di far crescere la conoscenza attorno ad esso tramite il confronto delle conclu-sioni ed il controllo delle fonti che hanno permesso di giungere alle medesime; inqualsiasi caso devi trovare il modo di esplicitare le fonti che hai usato (nel Saggiobreve, attraverso le note).L’indice di questo Laboratorio sui documenti è fatto per corrispondere specularmen-te alla traccia; prima di tutto, trova un titolo, ipotizza un destinatario (chi dovrebbeleggere il Saggio breve) ed una collocazione (dove potrebbe essere pubblicato).

Titolo ............................................................................................................................................................................................

Destinatario ............................................................................................................................................................................

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Collocazione ...........................................................................................................................................................................

Poi procedi alla stesura, tenendo conto di ciascun passaggio del percorso di ricercafin qui fatto, e delle conclusioni parziali a cui sei giunto attraverso le scritture inter-medie.

traccia del saggio

� Definizione del problema attraverso la lettura della Presentazione� Le fonti� Resistenza:una storia da uomini?� L’orgoglio della scelta� Madri, staffette, fidanzate: voci di donne� Le conseguenze di una scelta� Conclusioni

Ricordati di corredare il tuo scritto dell’apparato di note.

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Archivio dei documenti

Ermengarda alias « Stella »

« Ci avevamo dei soprannomi, a me, ad esempio, mi chiamavano Stella, non Ermengar-da, io ciavevo n’altro nome ».E’ consuetudine tra i partigiani cambiare i propri nomi di battesimo e chiamarsi con deisoprannomi.Ermengarda, alias Stella, è una ragazza giovane sui ventitrè anni, che vuoi per l’aria cherespira in famiglia, vuoi per degli ideali costruiti sui libri di scuola insieme alle sue amichecoetanee, vuoi per l’incoraggiamento datole dal fidanzato, decide di aiutare i partigianidiventando una di loro.« A casa mia mio padre era antifascista e me ricordo che da piccola quando vedevo ifascisti che passavano io e ‘l mì babbo a sette/otto anni mi mandava a scrivere sui portoni:ABBASSO I FASCISTI E PORCHI , non porci fascisti, col gesso sulle case dei fascisti. Poi sòcresciuta sempre in questo ambiente, me sono fidanzata con questo che ho sposato cheera professore ed insegnante a Gubbio. Molto è la scuola che ha dato; i professori ancheall’interno erano molto organizzati (...). Noi donne io e la Valchiria, le sorelle, eravamotutte prese d’entusiasmo, prese dalla Rivoluzione francese che studiavamo e dalle poveredonne francesi. Leggevamo molto e di tutto. La Valchiria aveva molti libri che ce prestava-mo fra di noi. Se leggeva parecchio sennó non se diventava così partigiane così all’improv-viso perché se rinunciava alla tua vita (...). La mia presa di coscienza del ruolo della donnaè stato merito di mio marito. Io ero solo antifascista ma lui mi ha spiegato molte cose edè per questo che ho fatto la guerra partigiana. Mi si è aperto un orizzonte quando lui mi hadetto più di quello che già sapevo da piccola. Antifascista, a sette/otto anni, ce l’avevo coifascisti a morte. Quando arrivavano nella via mia con le camice nere, con la morte: Allar-me ci sono i fascisti, abbasso i comunisti! Le donne più antifasciste del popolo ci portavanosulle soffitte e da lì ce facevano fa le pernacchie col braccio quando loro cantavano Allar-me ci sono i fascisti e noi brrr. Quanto ci si divertiva! ».Apparentemente Ermengarda può sembrare una studentessa modello, che indossa ca-micie bianche e vestiti. Ma è una spilla a forma di stella che la rende diversa dalle altreragazze, le toglie l’anonimato e la rende « unica ».« Poi io c’avevo sempre dei vestiti e delle camiciette con il colletto bianco e c’era unastella per identificarmi ».Ermengarda ha anche trascorso parte della sua attività come partigiana nella macchiaadeguando così non solo le sue abitudini a situazioni precarie, ma anche il suo abbiglia-mento.« Se dormiva nella stalla anche con gli animali per terra, sulla paglia, mica se dormivasul letto! Se viveva in un’ossessione perché io ero abituata a tenermi pulita, qualchevolta se doveva rinunciare (...). Portavo i pantaloni e gli scarponi ». È fortemente convin-ta di quello che fa, aiutando le bande partigiane si rende conto del rischio che corre, ma

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la fede nei suoi ideali riesce a vincere ogni timore terreno e materiale.« Ho avuto paura, ma era tanto grande l’entusiasmo che se facevano le cose proprioperché se sentivano e se me mettevano al muro avevo già preparato a dire: W STALIN!Non ci importava niente della vita, niente, sennò non se faceva un lavoro del genere. Ilrischio era tutti i giorni, tutti i minuti ».Inizialmente l’attività di Ermengarda consiste nel portare messaggi e armi da una bandaall’altra.« Io più che altro facevo la staffetta tra Gubbio e Umbertide e con il treno portavo learmi. Eravamo un po’ furbi, portavamo valigie molto eleganti dove la gente non potevaaccorgersi che c’erano delle armi. I Tedeschi, a Pietralunga, una volta avevano fermato iltreno perché sapevano che c’erano le armi. Io portavo le armi e se avessero aperto levaligie avrebbero ammazzato un sacco di gente, ma io certo non avrei detto la mia disicuro ».Bisogna mantenere la calma e il sangue freddo quando vengono recapitate le armi: cisono spie ed infiltrati dappertutto.« Una volta ho portato le armi a Umbertide e me ne hanno rese altre. Quando sonotornata a Gubbio c’era il Sindaco, si è avvicinato e sapevo fosse della Repubblica di Salòe mi ha detto: Dammi la valigia! Dico: no, n’te do niente. A stupida io sto con voialtri,mica... Quella volta c’ho avuto veramente paura».Fare la staffetta significa soprattutto mantenere le comunicazioni e i contatti tra le bandedislocate nelle varie zone: recapitare e inviare messaggi segreti in codice.« Un’altra volta sono andata sempre con le armi e poi m’hanno dato un messaggiospeciale dove gli Inglesi avrebbero buttato le armi. Il messaggio speciale diceva: France-sco ride, Raffaele piange. E poi dopo sono stata arrestata ».Ermengarda viene arrestata due volte: la prima volta a Gubbio perché i fascisti sono aconoscenza della sua attività come staffetta per i partigiani ma viene rilasciata la serastessa. La seconda volta viene portata a Perugia perché in possesso di un messaggiospeciale in codice. Intanto i genitori sono preoccupati per la sorte della figlia, poiché ifascisti usano le maniere dure.« Avevano paura perché là ammazzavano, non scherzavano, uomini e donne. Eranocontenti specialmente il babbo, ma avevano paura (...). La sera che sono stata arrestata,la notte a Gubbio, non avevo dormito, si era ribaltata la macchina per venire a Perugia acausa della neve. Mi hanno portato all’interrogatorio, ero infreddolita, non avevo man-giato, poi una paura, la mamma, gli affetti. Intanto stavano interrogando Bindocci, gliemenavano e lui è scappato via, gli hanno sparato e il proiettile m’è passato proprio vicinoalla faccia. Ho avuto paura e quella sera non mi hanno interrogato più. Io me sò sentitamale de pancia, de tutto, proprio una paura, una paura. Poi dopo lì sono stata incorag-giata da tutti, allora le suore ad ogni interrogatorio me davano l’ovo sbattuto, lo zabaio-ne con il liquore, io ero astemia quindi ero tutta euforica. Le suore me lo davano peressere più forte perché, se te facevi vede un agnellino da quelli, era peggio perchéquando te interrogavano te minacciavano con la rivoltella sotto il muso (...). Quando meinterrogavano me portavano le persone e me chiedevano: Questo lo conosce? E lo cono-scevo sì. In Tribunale c’era uno che si chiamava Lavornia e questo sapeva che c’avevo ilmessaggio speciale e ta’ i fascisti gli interessava sto messaggio perché era un riforni-mento di armi da parte degli Inglesi. Mi hanno minacciata, non mi hanno menato perchéero una donna, ma io non ho parlato perché me avevano imparato bene a non parlà. Ame mi hanno rilasciata perché non ho parlato e poi lì c’era il padrone di casa nostra, eraun fascista, stava al carcere a Perugia, ce conoscevamo e con la paura che lui avrebbeavuto delle conseguenze mi ha aiutato ad uscire ».Uscita dal carcere, Ermengarda torna a Gubbio e si dà alla macchia: vive insieme ai

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partigiani e con loro combatte questa lotta di fronte.« Io sono stata alla macchia, ho dormito in casa di contadini, ma c’erano poche donne.‘na cosa è certa: se s’è fatta la Resistenza se deve dire che é stata proprio per i contadinie le contadine, per le case che c’hanno ospitato e dato da mangià. Sennò mica mangia-vamo, come facevamo. Poi loro erano pratici del posto e ce dicevano: I Tedeschi qui, iTedeschi là, potete passare quì e là (...). C’erano anche discussioni. Quando hanno at-taccato a Camporeggiano io non ero d’accordo perché era troppo vicino a dove stava-mo. Era pericoloso per la gente. Invece hanno iniziato a sparare e i nemici hanno illumi-nato la montagna a giorno. Con la ritirata erano potenti perché avevano molte armi ».La figura femminile non è in grado di esprimersi liberamente e indipendentemente, macon il movimento di lotta partigiana anche lei viene ad assumere un ruolo autonomo edecisamente incisivo sulle sorti della guerra.« Senza le donne la guerra partigiana sarebbe stata più lunga di certo. Adesso, nonperché io sono una donna, ma hanno dato un contributo grosso parecchie donne. Se nonc’eravamo noi, loro che facevano? Quando io per esempio ho portato il messaggio spe-ciale a Gubbio, c’era il mio comandante che quando m’ha visto: Ma ce possiamo fidà destà ragazzina? Io ero giovane, ne dimostravo meno, non mi truccavo, loro avevano paurache io parlassi, perché tante parlavano. Ma io non ho parlato ».Le donne come Ermengarda lottano questa battaglia contro il nemico nazi fascista nonsolo per ottenere un periodo di pace e tranquillità e fine di una guerra che oramai hafatto troppe vittime innocenti, ma anche perché intendono conquistare una posizioneparitetica all’uomo. Le donne vogliono avere gli stessi diritti che l’uomo possiede. Ilmovimento di liberazione partigiano ha promosso enormemente questo processo di pa-rificazione di diritti e di doveri. Le donne corrono gli stessi rischi degli uomini e spessoconducono la stessa vita degli uomini, alla macchia, lontano dal calore domestico.«Un fatto positivo è che durante la Resistenza c’è stata la parità fra la donna e l’uomo.Quelli non ti consideravano donna niente. Gli uomini parlavano normali, se dovevanodire delle battute le dicevano e non ci toccavano perché avevamo i fidanzati. Noi abbia-mo fatto la guerra partigiana perché volevamo la libertà, che la donna andasse avantiperché era trattata propria male dal marito, da tutti. Erano pochi gli uomini che conside-ravano le donne. Anche tante tra le donne hanno considerato malamente. La donna devestà a casa, fare la calza e allevare i figli. Io invece a casa non ce sò stata mai, non hofatto la calza neanche dopo sposata. Oggi la donna può fare quello che fà l’uomo. E’importantissimo anche se nelle grandi città per una donna diventa pericoloso uscire lasera. Mi ricordo che quando ero già sposata, non avevo neanche trent’anni, vidi unasignora di Milano a tavolino che beveva la birra. A me piaceva tanto la birra e dicevo:Perché io devo bere un’aranciata se mi piace la birra? E lì una mia amica m’ha detto: Seiuna sfacciata, te pare bere una birra! Questo solo trent’anni fa ».

Giovanna

«Nel 1934 io avevo quattro anni, con la mia famiglia eravamo sfollati a S. Fortunato.Stavamo nella casa di una contadina nostra conoscente, Caterina, che era vedova contre figli maschi, di cui due al fronte e uno a casa con lei perché era piccolo. Lei lavoravail podere e allevava galline e pecore. Noi la aiutavamo nel lavoro dei campi. Lei nascoseun giovane disertore per molto tempo. Vennero i fascisti più volte ma non lo trovarono.Ogni volta che venivano lei aveva molta paura ma si sforzava e cercava di sembrareindifferente. Una volta vennero i tedeschi, chiesero le galline: Tutte e subito, sennò farecaput! Tutte le galline furono prese e consegnate. Poi i contadini vicini per solidarietà

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portavano a Caterina chi una gallina, chi due, secondo le possibilità ».« Un’altra volta vennero i fascisti e uccisero gli agnelli e li appesero ad un grande olmovicino alla casa. Io non ero affatto coraggiosa, anzi avevo molta paura, per la paura noncapivo più niente ed iniziai ad inveire contro i fascisti chiamandoli mascalzoni, dicendoloro di andare via, accusandoli di uccidere molte persone. I miei familiari, spaventati,cercavano di tapparmi la bocca. Penso di essere stata la persona più giovane che siribellò al fascismo!. Fortunatamente non ci furono ripercussioni sulla mia famiglia».« Un giorno passava il fronte a S. Fortunato e noi lasciammo la casa e ci arrampicammosu una montagna dove c’era una specie di grotta nella quale ripararsi. La grotta era acirca metà altezza del monte. Mio padre aveva me sulle spalle e portava anche duefagotti. Si scivolava perché il terreno era bagnato e salire era un problema. lo avevo unvestitino nuovo di stoffa blu felpata a fiorellini. In quei tempi un vestito nuovo era unacosa tanta preziosa quanto rara ed io l’avevo desiderato per molto tempo. Mentre saliva-mo e vedevo che mio padre scivolava, invocavo la Madonna perché ci facesse arrivarealla grotta, vedendo che però si tornava sempre indietro, dissi: Madonnina, non mi im-porta se mi fate morire, ma non mi fate sporcare il vestitino nuovo! Mio padre allora,esasperato, mi posò a terra dicendomi che dovevo raggiungerla da sola la grotta sevolevo andare in Paradiso col vestito pulito. Io mi misi a piangere, poi mi portò fino allagrotta mio fratello più grande. Giunti lì, mio padre mi spiegò che in Paradiso contava lostato dell’anima, e non del vestito».

Luigina Frosone Tiriduzzi

Partigiana della Banda Melis

Per lei che ha conosciuto la lotta partigiana, la parola “Resistenza” che significato ha

oggi? Il 25 aprile è per lei una giornata come un’altra o una data particolare?Io penso che il 25 aprile sia tuttora una data importante, quella della liberazione dalregime fascista, e che il significato della “Resistenza” sia ancora valido perché ci ricordaun passato che non dobbiamo mai dimenticare. Anche se è giusto che la Storia vadaavanti, per noi partigiane quell’esperienza è stata del tutto particolare, ci ha fatto riflet-tere su quanto stava accadendo. Venivamo da una dittatura che ci aveva portato ad unaguerra ed aveva causato lutti e tragedie: questo non dobbiamo mai dimenticarlo.

Come ricorda quel periodo?

Nel ‘43 io avevo solo 16 anni: nel mia paesino, Abeto di Preci, nei pressi di Norcia,abbiamo vissuto con terrore l’esperienza del conflitto. Su quelle montagne dell’Appenni-no umbro-marchigiano operavano le bande partigiane e forte era la presenza dei fascistie dei tedeschi, che facevano rastrellamenti per stanare i tanti ragazzi che si rifugiavanoda noi per sottrarsi alla leva o alla deportazione. C’erano anche partigiani slavi, riuniti inuna banda comandata dal “Toso” e da una donna, “Marta”. Io operavo con la banda diErnesto Melis, che veniva da Spoleto ed era capitano dell’esercito italiano e figlio deldirettore del carcere. Abbiamo vissuto momenti terribili. Noi giovani ci davamo da fare,combattevamo per salvare quei ragazzi, nostri coetanei. Gli anziani invece vivevano nelterrore, chiusi in se stessi. Noi eravamo, al contrario, battaglieri: nascondevamo i parti-giani ed anche le loro armi, ricordo, magari nell’orto di casa. Avevamo dei segnali presta-biliti per avvertire dell’arrivo dei tedeschi. Era una vita pericolosa: le spie non mancava-no. In piazza c`erano i bandi che mettevano taglie sui partigiani. Chi dava loro aiuto edasilo era soggetto a rappresaglie: molte case nei paesini nostri venivano date alle fiam-me o saccheggiate per ritorsione.

Fra tanti episodi, qual è quello che ricorda di aver vissuto con più paura?L’uccisione di Sergio Forti, un ingegnere navale partigiano di Trieste che si nascondeva in

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zona con la famiglia. Fu arrestato con in mano la dinamite per far saltare in aria un pontesopra Norcia allo scopo di ritardare la fuga del tedeschi verso nord. La famiglia volletentare di salvarlo pagando un riscatto in oro. Io partii allora per Norcia, che era presi-diata dai tedeschi, con una ragazza ed un ragazzo partigiano ferito, che era la nostracopertura, con la scusa di una visita all’ospedale. La mia famiglia non voleva che andas-si, ma io ero ormai decisa. Per la strada superammo due posti di blocco ed arrivammo aNorcia, con l’oro. Qui raggiungemmo i nostri amici che ci aspettavano. Ma era troppotardi: un amico aveva raccolto in un fazzoletto la materia cerebrale di Forti, che era statopassato per le armi sul luogo dell’arresto, a Savelli. Un tentativo inutile, dunque, ma peril quale rischiammo tre vite.

Qual era il motivo che spingeva lei e gli altri a una scelta così rischiosa, che poteva

mettere a repentaglio la vita stessa?Tutto nasceva dal vedere la sofferenza di quei nostri coetanei che cadevano giù sfiniti,nella neve di quegli inverni da noi così freddi. Preparavamo dei letti di fortuna per lanotte e la mattina buttavamo all’aria tutto altrettanto in fretta, per cancellare ogni trac-cia del loro passaggio.Di giorno offrivamo loro un punto d’appoggio per lavarsi, rifocillarsi, riposarsi insomma…La mia famiglia era una delle poche del paese che aveva sempre le porte aperte per queipoveretti: le altre avevano troppa paura. Per molti mesi ospitammo anche due sposiebrei austriaci ed un professore di Lione. Anche quando fu affisso in piazza il bando conla taglia sul comandante Melis, lui si trovava proprio in casa mia, con la febbre a quaran-ta. Gli altri partigiani dovettero trasferirlo di notte a Norcia, in casa delle sorelle Marucci,con le quali eravamo in contatto. Ogni giorno io andavo a portargli carne, biscotti oricotta, ché il cibo allora non si trovava facilmente: facevo 12 chilometri all’andata ealtrettanti al ritorno, a piedi, con lo zaino dei viveri sulle spalle. Ogni giorno mia madrepiangeva alla partenza, non sapendo se mi avrebbe rivisto... Eppure era stata proprio leiad insegnare a me e a mia sorella il dovere cristiano di aiutare chi ne aveva bisogno. Noiragazze eravamo guidate dallo stesso spirito che animava lei... ci diceva sempre di averfiducia nella Provvidenza. Ricordo quando ci preparava il pane con le patate, ché la farinanon si trovava... ci spronava sempre ad andare avanti, senza arrenderci mai.

Ricorda com’era allora la vita ed il ruolo delle donne, giovani e meno giovani?Un ruolo essenzialmente di sacrificio. A risentire di più di quel periodo storico è stataproprio la donna. C’era chi aveva perso il marito, chi il figlio, chi il padre o i fratelli,durante la guerra e prima. Nel ventennio fascista poi le donne vivevano completamentesotto il dominio maschile delle famiglie patriarcali, dove le femmine non contavano nien-te e tutte le decisioni erano prese dagli uomini.. E noi che eravamo allora adolescenti,non si può certo dire che abbiamo conosciuto svaghi e divertimenti, tra la guerra, la famee la paura. Sognavamo un bel paio di scarpe femminili, ed avevamo ai piedi soltanto unpaio di pesanti e scomodi scarponi.

Lei pensa che l’esperienza partigiana abbia cambiato il corso della sua esistenza, sia

come donna sia come cittadina?

Direi proprio di sì. Mi ha reso consapevole dell’importanza della solidarietà, rafforzandola mia esperienza di credente cristiana. Con mio marito, maestro elementare, sposatosubito dopo la guerra, abbiamo intrapreso la scelta del volontariato, un impegno moltogravoso per il quale occorre una disponibilità a tempo pieno. Ricordo che con lui, nel ‘45,giravamo per i paesi distrutti, dove la gente aveva bisogno di tutto e regnava la miseriapiù nera. Si era toccato il fondo ed era necessario, senza perder tempo a piangerci

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addosso, rimboccarsi le maniche e ricominciare da zero. C’era però anche tanta voglia direagire, tante speranze per un domani migliore rispetto alte brutture conosciute. Anchenelle donne, con la nascita della Repubblica, c’era una grande voglia di libertà, di riscat-to... Ricorda la nascita dell’Udi e del Cif, al quale io, come donna cattolica, ho partecipa-to. E le conquiste femminili, come quella del voto, prima negato.

Secondo lei, i giovani e gli adolescenti di oggi si rendono conto dell’importanza e dellaportata di quel grande momento di trasformazione che sancì la fine del fascismo e la

nascita della Repubblica democratica antifascista, che oggi è chiamata poi “Ia Repubbli-

ca” per distinguerla dall’avvento della fase attuale?Secondo me no. Anche perché, e me lo conferma mia figlia che è insegnante, i giovani dìquesto periodo sanno poco o niente: nessuno mai spiega loro cosa accadde allora e cosacambiò poi. Sanno soltanto, purtroppo, che la Ia Repubblica, esperienza importantissi-ma, è degenerata in un regime corrotto, quello di Tangentopoli. E questa ovviamentedisorienta i giovani, molti dei quali tendono a “svoltare a destra”, come dimostrano leultime elezioni. Essi conoscono soltanto la società del benessere e non sanno cosa signi-fica rinunciare a qualcosa. Questo è grave, perché dì fronte ad una crisi economica edoccupazionale, i giovani parrebbero essere indotti a scelte pericolose: non a caso assi-stiamo a fenomeni come i naziskin ecc. II vero problema è per loro l’assenza di valori incui credere: primo fra tutti quello della famiglia, quasi completamente disgregata oggi.Io poi, come cristiana, credo che debbano essere rivalutati valori profondi quali l’amore,la fratellanza, la solidarietà, dei quali il Vangelo è portatore. Occupandomi di volontaria-to, devo però dire che fortunatamente ci sono anche molti giovani che portano avantiquesti valori, assistendo con l’associazionismo laico e cattolico gli anziani, i detenuti, itossicodipendenti e gli immigrati. I più deboli, insomma.

Parlando ancora dei valori, lei crede ancora attuali quelli che furono alla base della Resi-stenza? E poi, come ha vissuto la giornata de 25 aprile scorso, quando 200.000 persone

hanno pacificamente “invaso” Milano per ribadire tali valori?

Sinceramente, temevo potesse avvenire qualche incidente o scontro, ma grazie a Dionon è successo nulla di tutto questo. Credo sia importante tutto quello che unisce cosìtanta gente, se parliamo dei valori per me positivi ed irrinunciabili della libertà, dell’unitànazionale, della democrazia e della solidarietà.

La sua è la testimonianza di una donna credente che ha fatto la Resistenza al di fuori

dell’esperienza della sinistra storica. Ha mai più incontrato altre partigiane di idee diver-se dalle sue con le quali scambiare opinioni, parlare insieme, dopo la guerra?

No, anche perché mi sono trasferita a Perugia. Eppure credo, per quanto riguarda leconquiste delle donne nel loro cammino di emancipazione dal dopoguerra, che di frontead un obiettivo comune, ad un ideale comune, queste devono lottare tutte unite, siacristiane che laiche, sia credenti che di sinistra, indipendentemente dai partiti di appar-tenenza. Ad esempio, si sente dire che la Resistenza era partitica e svolta esclusivamen-te da uomini. Io credo che il lavoro di ricerca storica debba andare avanti a dimostrareche anche la donna ha svolto un ruolo importante, talvolta senza colorazioni politiche maallo scopo di rendere un servizio alla causa della libertà e della solidarietà umana. Il miocaso ne è una prova e una testimonianza.

Storia di Clara

«C’era un brigadiere dei carabinieri, e un altro, ho detto: Portatevi le coperte! Perché imiei erano sfollati il posto l’avevo. E difatti m’ha detto: Lei bisognerebbe farle il monu-

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mento. Va bene. Nella casa abitava una tedesca e questa ha fatto tanto male, tanto tantotanto... E un giorno viene una persona e mi dice: Guarda, avrei un amico così e così. Eraun padrone d’officina, insomma, che per le donne s’è mangiato tutto, aveva tre bambinie dovevano dormire sotto i ponti. Dico: Falli venire qua. E un giorno mi suonano ilcampanello e avevo venti tra Muti e Brigate nere, coi mitra così, li aveva mandati questatedesca... E c’era anche mia sorella: Te ti fan pena tutti, te aiuti tutti, hai visto?... Com-binazione questo signore che ho ospitato, uno di questi era un ragazzo che lavoravada lui, e lui fa: Guarda che c’è da farle il monumento, guarda che è da ringraziare perchéio dovevo dormire sotto i ponti, e m’ha ospitata me coi bambini eh... Morale che poi hangirato, hanno perquisito un po’ e se ne sono andati.Poi quando la guerra è finita, viene una a trovarmi, non mi ricordo cosa ha detto esatta-mente di questa tedesca, dico: Beh, io vado a ringraziarla bene bene!. Sono andata, l’hopicchiata, mi creda che proprio ho avuto Dio che m’ha messo una mano su di me perchél’ho presa così, stavo per scaraventarla... pensavo quello che avevo passato per colpa dilei, proprio una mano mi ha fermato, avevo dei capelli in mano, e andiamo in questura.Andiamo in questura e combinazione c’era uno dei due che avevo ospitato e dice: Aquesta c’è da farle il monumento... E volevano che io la denunciassi, che dessi querela.No -dico- mi sono soddisfatta, a me piace sfogarmi io, far pagare con le mie mani,diversamente no. E così l’abbiamo finita. Difatti lei proprio la tedesca ha detto: Voialtrinon avete ragione ma lei ha ragione di farmi del male. Invece io non glielo faccio, holasciato correre così... Ma gliene ho date, gliene ho date... Ero anche ben nervosa eh, seci pensavo, venti tra Muti e Brigate nere... ».

Bibliografia

La memorialistica e le fonti orali in genere, restituiscono solo suggestioni del rapporto traResistenza, donne, cittadinanza e rappresentanza politica durante la guerra e nell’imme-diato secondo dopoguerra: una questione che sarebbe utile approfondire con gli studenti,anche perché crea occasione per riflettere sulla genesi e sui principi fondamentali dellanostra Costituzione. Una vasta letteratura esiste al riguardo, fino ad oggi con scarse media-zioni didattiche; fra le opere più adatte a tale scopo, M. MINARDI (a cura di), Donne, Resisten-

za e cittadinanza politica. Avvenimenti, passioni, emozioni, delusioni, Tipografia Benedetti-na, Parma, s.d.; D. GAGLIANI–M. SALVATI, La sfera pubblica femminile. Percorsi di storia delle

donne in età contemporanea, Clueb, Bologna, 1992; T. ANSELMI–A. VINCi, Storia di una pas-

sione politica, ed. Sperling & Kupfer, Milano, 2006; M. ADDIS SABA, Partigiane. Tutte le donne

della Resistenza, Mursia Editore, 1998; D. GALLIANI–E. GUERRA–L. MARIANI–F. TAROZZI, Donne

della Resistenza, “Italia Contemporanea”, n. 200, 1995. Un percorso didattico è pubblicatonel Quaderno n. 9 de “I viaggi di Erodoto”, La Resistenza italiana dal passato al presente, acura di M. MEDI; di particolare interesse, la seconda parte dal titolo L’esperienza partigiana

come scuola di giustizia e di democrazia. Recentissima è la pubblicazione di M. FUGAZZA–S.CASSAMAGNAGHI, Italia 1946: le donne al voto, Istituto Lombardo di storia contemporanea,Milano, 2006; si tratta di un ricchissimo dossier in cui sono riprodotti articoli, interventiparlamentari, memorie, frammenti di biografie delle donne presenti nell’Assemblea Costi-tuente, immagini, scaricabile dai seguenti siti web: www.italia-liberazione.it/lombardo-milano.html; www.museidelcentro.mi.it; www.unionefemminile.it

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Foto 1.Luciano e Giorgina Formica combattenti della IV Brigata “Garibaldi” (Fototeca Isuc).

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Foto 2Valnerina. Partigiani del Battaglione “Tito” (Fototeca Isuc).

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Foto 3Partigiane modenesi al lago di Montefiorino, ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIO-NE IN ITALIA, Atlante storico della Resistenza italiana, Bruno Mondadori, Milano, 2000, p. 74.

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Foto 4Primi gruppi di partigiani narnesi (Fototeca Isuc).

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ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA, Fondo Questura, anno 1944.

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Istitutoper la Storiadell’UmbriaContemporanea

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telefono: 075.5763053e-mail: [email protected]: isuc.crumbria.it

Sportello scuolaProgetta con i docenti percorsi metodologici di ricerca didattica e gestisce uno sportello di consu-lenza per studenti ed insegnanti su appuntamento.

LaboratorioÈ il luogo in cui si rende concreto l’insegnamento della storia: pacchetti tematici sul Novecento,costituiti da fonti tipologicamente diverse, sono letti e interpretati da gruppi di studenti e classi diogni ordine di scuola. Il laboratorio si effettua su appuntamento, concordato con gli insegnanti.

Centro internazionale di documentazione del libro scolasticoL’Isuc ha di recente acquisito gli oltre 4.000 volumi del Centro: libri di testo, in prevalenza distoria, provenienti da tutto il mondo, non ancora schedati e consultabili solo su appuntamento.

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Parlare della Resistenza oggi, con ragazzi ed adolescenti, non è facile. A que-sta età, tratto importante del carattere è una certa predisposizione manichea arinunciare ai mezzi toni, a dividere il mondo in buoni e cattivi. Eppure la storiaè il luogo della complessità, dell’incrocio delle ragioni, della spiegazione plau-sibile dei fatti. I due percorsi laboratoriali sono percorsi complessi.Il primo, La vita tra le mani, utilizza un testimone problematico: il tenente pilotadell’Aviazione italiana Mario Bonfigli diviene partigiano per scelta; la sua storiaesce dalle tipologie tradizionali delle biografie resistenziali che vedono talescelta come il naturale approdo operativo di un antifascismo ideologico spessoconsolidato da una tradizione familiare o dalla militanza clandestina. E’ inoltreun testimone ingenuo, non abituato alla ritualità dell’incontro con i ragazzi ocon l’intervistatore; ciò ha impedito una sua organizzazione sistematica delracconto, e ciò risulta didatticamente positivo.Il secondo percorso, Bella ciao. Donne e Resistenza in Umbria, accompagnale studentesse e gli studenti ad esplorare le stesse questioni del primo, ma alfemminile. In concreto: chi erano i partigiani? Cosa facevano? Per quali motividi strategia militare, ma soprattutto, per inseguire quali ideali civili e politiciagivano? Porre anche al femminile la questione, non risponde ad una genericalogica paritaria di genere, serve a marcare il frutto forse più evidentedell’esperienza resistenziale: il voto alle donne. In Italia le donne cominciaronoad esercitare il diritto di voto a partire dalle elezioni amministrative che si tenneroin tutta la Penisola fra marzo e aprile 1946. Il 2 giugno dello stesso anno sirecarono di nuovo alle urne per il referendum monarchia-repubblica e l’elezionedell’Assemblea costituente: quei 14.610.845 di elettrici che esercitarono per laprima volta il diritto di voto costituiva circa il 53% del totale.

COLLANA STRUMENTI - 9

E d i t o r i a l e U m b r a

ISBN 88-88802-01-0