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Liceo statale Galileo Galilei Caravaggio | Anno 18 NR. 2 LA VITA OLTRE IL MURO IL TRENO DI FERRO www.liceogalilei.it/Underground.html Giornata della Memoria 2010 1989: l’anno che cambiò l’Europa

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Liceo statale Galileo GalileiCaravaggio | Anno 18

NR. 2

LA VITAOLTRE

IL MUROIL TRENO DI FERRO

www.liceogalilei.it/Underground.html

Giornata della Memoria 2010

1989: l’anno che cambiò l’Europa

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Underground

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31 Recensione/1La lezione di Blanca

33 Recensione/2Vivere da numeri primi senza mai sfiorarsidavvero

35 Recensione/3Jude, il ragazzo che inseguiva i suoi sogni

37 Tra palco e realtàLa musica che ci circonda, ogni giorno, dasempre

38 I Muse: o li ami o li odiNon sono consentite mezze misure con ilgruppo di Matthew BellamyC

LUB

25 PoesieFurente passione

26 Autunno27 Una donna che sogna la

gloria, un guerriero che vorrebbe amareSe Tasso incontra Clorinda

SEGRETE SILLABE

3 Quale posto per lascienza?La frontiera senza fineNoi, bambini cresciuti

8 Earth Day 2010Un pianeta da non fare apezzi

10 CalcioMessi, piccolo grandecampione

ATTUALITÀ

12 Il treno di ferroLa Giornata della Memoria 2010

14 Wir sind ein VolkLa vita in Germania prima e dopo ilcrollo del muro di Berlino

16 Tutti i colori del LiceoL’Italia e il razzismo visti dai ragazzistranieri che frequentano la nostrascuola

23 NiceAn Old, Multi-Ethnic and Modern CityWhere You Can Have Fun and StudyIL

LIC

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SOMMARIOANNOXVIII NUMERO 2

LICEO STATALE GALILEO GALILEI CARAVAGGIO 2010

3ATTUALITÀ

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Nel corso della storia la vocazionedella scienza è stata spesso quelladi andare contro natura. La suadiffusione, talvolta, fu consideratapericolosa per il bene di molti, dai

pubblici poteri (come la Chiesa,talvolta anche lo Stato), perché peresempio minava la fede in essi.«Un greco … andò lontano,solo,/di là dalle fiammanti barrieredell’universo/e tutto l’immenso at-

traversò con la mente/ illesa, e anoi vittorioso ritorna e ci svela/ilsegreto dei corpi che nascono. ...Così la religione fu calpestata…”,così scriveva Lucrezio nel DeRerum Natura.Nell’ultimo mezzo secolo la medi-

La frontiera senzaFINE

«Ogni scienza chiude in fondo a séil dubbio»

Émile Verhaeren«La scienza è sempre imperfetta»

George Bernard Shaw«La scienza non ha promesso la fe-licità, ma la verità»

Émile Zola«La scienza è un cimitero di ideemorte, anche se ne può uscire lavita»

Miguel de Unamuno«La scienza è il grande antidoto alveleno dell'entusiasmo e della su-perstizione»

Adam Smith

di Fabio Orsini5a C

SPECIALE40 Diary from Valencia

I Love VLCEnjoy ValenciaV As In ValenciaChicos Just Want To HaveFun

42 Diario desde Valencia¡Qué viva Valencia!Disfrutando Valencia

Quale posto per la

Noi, bambini cresciuti

Ognuno di noi è stato bambino, e da bambino ha guar-dato il mondo e l’ha visto colorato, nuovo, sorpren-dente in ogni dettaglio, a volte nemico. Ognuno di noisi è chiesto il perchè di molte cose: perchè il cielo èazzurro? Dove va a finire la pioggia? Da dove arrivala neve? Cosa c’è al di là del mare? Dove cade l’arco-

di Sara Rozzoni5a C

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in questo mondo. Esso «non ha al-cuno scopo o significato all’infuoridi quello che vi introduciamo noi»,scrive Reichenbach ne La nascitadella filosofia scientifica. Non solocambia da persona a persona, maanche da momento a momento:cresce con noi,cambia col no-stro umore. Lascienza nonpuò, ma nondeve neanche,dare un sensoalla vita umana.Ognuno se lotrova da sè. Chisiamo, da doveveniamo, dove andiamo, sono do-mande spontanee e naturali, per-sonali. Una cosa è la verità scienti-

la definì «operante in vista del be-nessere dell’uomo e diretta a pro-

durre, in ultimaanalisi, ritrovatiche rendesseropiù facile la vita

dell’uomo sulla terra».Oggi emerge sempre più, comeera già accaduto in molti dei pas-

freddi; ma forse è difficile, perchénon la si insegna con mezzi ade-guati. Manca una consistenteopera di divulgazione. E soprat-tutto non si comprende come unteorema matematico, o un esperi-mento scientifico, possa avere unabellezza paragonabile a quella di

un capolavorodi Leonardo o aun romanzo diTolstoj.Così, il vero si-gnificato dellascienza è oscu-rato da paure,più o meno radi-cate. E pensareche già il filo-sofo ingleseFrancis Bacon,

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cina, ad esempio, ha fatto pro-gressi che sembravano impossibili.Le utopie di ieri, oggi si acquistanoin farmacia.È vero che in questo secolol’uomo, in campo scientifico e tec-nologico, ha compiutoun gran numero di sco-perte che hanno contri-buito ad aumentare ilbenessere e la qualitàdella vita, però scienza etecnologia hanno ancheprodotto mostri comeHiroshima, Seveso oChernobyl. Come lemalattie del lavoro o ladegradazione dell’am-biente naturale.Mentre la scienza varcava limiti ri-tenuti fino a pochi decenni primainsuperabili, iniziavano a sorgereanche le prime riflessioni etico-morali, che col passare del temposi sono sempre più radicate nellasocietà. Alcuni filosofi, principalmentequelli facenti capo alla Scuola diFrancoforte (Adorno,Horkheimer, Mar-cuse, Fromm),che continuanoad avere seguitoin Italia, vedononella scienza,nella tecnica enell ' industria,nel tipo di intel-ligenza stru-mentale che esse richiedono, unpericolo per l'umanità, un pericolodi guerre, distruzioni, asservi-mento degli individui. Pur non negando il fascino di que-

sti pensatori e la necessità, ormaidivenuto un nostro habitus men-tale, di mantenere vivo lo spiritocritico, dobbiamo riconoscere che,al contrario, proprio in quei Paesidove scienza e tecnica hanno rag-giunto uno sviluppo maturo, lar-ghe fasce della popolazione go-

dono di un benessere mai cono-sciuto prima.

Un’altra obiezione è di affermareche la scienza è arida e difficile.Non sarò certo io a negarlo, datoche davanti a un volume di mate-matica vengo preso dai sudori

Ô

Il vero significatodella scienza èoscurato da paure,più o meno radicate

baleno? Da piccola mi piacevapensare che i temporali non fos-sero altro che partite di bocce gio-cate da angioletti: ognuno sulla suanuvoletta, si divertivano così;quando poi due bocce si scontra-

vano, ecco iltuono. Mai avreipensato a ipotesicome lo sposta-mento di ariacalda, onded’urto e cose si-

mili. Oggi, un po’ cresciuta, so chenon c’è alcun tipo di torneo lassù.E gli angioletti, almeno loro esi-stono? La scienza risponde a molte delledomande che ci poniamo fin da

piccoli, le stesse che tormentavanoanche gli uomini primitivi, i filo-sofi greci, i cavalieri medievali, iletterati rinascimentali, e così via

fino a oggi. Dà molterisposte, ma non

tutte. Lasciaspazio ai senti-menti, alleemozioni, alle

sensazionipiù belle e

vere e lontanedal mecca-n i c i s m oscientifico.

Grazie a questi noi capiamo ilsenso della vita, la nostra missione

Quale posto per la

fica, sperimentata e riconosciuta alivello internazionale; una cosa èciò che per noi è il vero: è una que-stione di pelle, di sesto senso, qual-cosa che non si può misurare nèspiegare. «L’intelligenza umana vaoltre il misurabile e l’enumerabile»,scrive Politi in C’è un disegno nell’uni-verso. È così che nasce la metafi-sica, quel ramo della filosofia chevuole spiegare la realtà prescin-dendo dai dati sensibili. Per questoultimo motivo Kant la condanna,la definisce un castello senza unfondamento conoscitivo, ma, am-mette, è una disposizione naturaledell’uomo. È qualcosa che va oltre,che prescinde dalla matematica e

dalle equazioni; è un po’ come lapresenza di un Dio. Dio esiste?Non lo sappiamo; ma lo stessoKant risponde: è una ragionevolesperanza. Lasciatemi credere, al-lora, che gli angioletti, almeno loro,esistano.

Lasciatemi dare un senso alla miavita, capire da sola chi sono e chivoglio essere. La matematica quinon serve: non sono vive le equa-zioni, non danno risposte ai per-ché. «La sfera dei valori sta al difuori della scienza. La scienza,come ricerca del potere, non deveostacolare la sfera dei valori, e latecnica scientifica, se vuole arric-chire la vita umana, non deve su-perare i fini a cui dovrebbe ser-vire». Sono le parole che B. Russelscrive ne La visione scientifica delmondo. Egli aggiunge: «Rinunciamoal mondo come amanti, possiamoconquistarlo da tecnici». Questo èla scienza. Porsi dei limiti, ricono-scere di non poter scoprire tutto,ma contemporaneamente rispon-dere a quel poco che le compete.Lo scienziato è quel bambino cre-sciuto, che si chiede il perchè diogni cosa. La differenza è che loscienziato non ha il papà che ri-sponde: egli chiede e risponde, o

La frontiera senza

FINE

Noi, bambini cresciuti

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La scienza risponde amolte delle domandeche ci poniamo fin dapiccoli. Ma non a tutte

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almeno ci prova, da solo. Ammetteche ciò che sa è sempre «troppopoco» e che la conoscenza totale,la verità assoluta è e resta metaasintotica. Socraticamente, loscienziato «sa di non sapere». Daun’altra prospettiva, le «poche» co-noscenze matematiche e scientifi-

che sono co-munque nume-rose e sorpren-denti. È sbalor-ditiva la perfe-zione delle for-

mule matematiche, il modo in cuitutto torna, in cui i fenomeni ri-spondono ad esse. Sono prive divita, sì, ma anche loro a voltesanno lasciare a bocca aperta.

La matematicaè la chiave perconoscere lastruttura diogni cosatranne, forse,quella del no-stro cuore. Perquella c’è soloil cuore stesso.

Questo testo ètratto daun’esercitazioneper la primaprova scritta diItalianodell’Esame diStato.

gresso complessivo del genereumano. Chi frena il primo frenaanche il secondo». Ecco perché lascienza continuerà a progredirefino a quando esisterà l’umanità. Dovremmo essere noi ad avvici-narci a essa e smetterla di esserecosì cinici e «allargare i nostri oriz-zonti».«Il dominio dell’uomo consistesolo nella conoscenza: l’uomotanto può quanto sa; nessuna forzapuò spezzare la catena delle causenaturali; la natura infatti non sivince se non ubbidendole».

Questo testo è tratto da un’esercitazioneper la prima prova scritta di Italianodell’Esame di Stato.

contemporaneo, Hans Jonas: «Ladifficoltà è questa: non soloquando la scienza è malvagia, valea dire quando se ne fa un uso in-debito per scopi cattivi, ma anchequando è impiegata con buona vo-lontà per i suoi scopi veri e pro-fondamente legittimi ha in sé unlato minaccioso, che a lungo ter-mine potrebbe avere l’ultima pa-rola». Il rischio del «troppo» è sem-pre presente, per il fatto che ilgerme innato del «male», ovvero diciò che è dannoso, è alimentato eportato a maturazione proprio dalprocedere del «bene», ovverodell’utile.C’è maggior pericolo nel successoche nel fallimento, e tuttavia, sottola spinta dei bisogni dell’uomo, ilsuccesso è necessario.Ad ogni modo, è troppo tardi perporsi la questione, che avrebbe po-tuto emergere già con Prometeo,se il potere della scienza non siatroppo grande per l’uomo, per ilgrado della sua affidabilità e sag-gezza. Forse è troppo grandeanche per la dimensione del nostropianeta e della sua vulnerabile bio-sfera.La storia ci insegna che l’uomonon ha mai smesso la sua avanzatatecnologico-scientifica. Anzi «sipensa a ogni periodo nei terminidella tecnologia dominante, risa-lendo fino alla storia primitivadell’uomo», scrive A. Pacey nel suolibro Vivere con la tecnologia. Così«noi ci vediamo vivere nell’era delcomputer o nell’era nucleare, suc-cedute all’era del vapore del XIXsecolo».Il filosofo romantico Fichte disseche «dal progresso delle scienzedipende in modo diretto il pro-

scientifica fosse relativa e invece idogmi della morale fossero asso-luti e atemporali e che, quindi, po-tessero giudicare lo sviluppo dellascienza da una prospettiva che noncambiava mai. La scienza è un sistema che ha

trovato al suo interno delle re-gole, non soltanto per con-

trollare la veridicità, l’effi-cacia e la funzionalità dideterminate proposi-zioni e asserzioni, maanche per capire qualidevono essere i limitiche non vanno varcati.

Da questo punto di vistala scienza può essere con-

siderata un si-stema autorego-lato, autorganiz-zante. Senza dubbio èpericoloso inter-

venired a l -

l’esterno in questo sistema. Infattise noi, a questi criteri di selezioneinterna, sovrapponiamo interventi

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saggi delicati nella recente storiadell’umanità, la grande responsa-bilità degli scienziati, il cuicontributo sarà im-portante nonsolo nella de-finizione dileggi e re-g o l a -m e n t iadeguatiin mate-ria, maanche nel-l’interpreta-zione culturaledei fatti e delle scoperte,premessa necessaria per una valu-tazione etica. «Non si tratta di fareil processo alla scienza», ha ricor-dato il premio Nobel Rita LeviMontalcini, «perché la scienza è undiritto dell’uomo e risponde allasua naturale curiosità. Si tratta, an-cora una volta, di mettere sotto ac-cusa le sue applicazioni che pos-sono diventare aberranti». L’uomo, secondo alcuni, sta espu-gnando se stesso, sta sfigurando ilsuo proprio profilo, strappandolodalla cornice del cosmo e della suasapiente bellezza. La sua «fab-brica» della vita assomiglia semprepiù a una decomposizione dellavita stessa.Infatti i tentativi di controllare lascienza in base a valori esterni allascienza stessa, imposti dalla societào dalla morale, si sono mostratipoco funzionali, non solo allo svi-luppo della conoscenza scientifica,ma anche allo stesso sviluppodell’umanità. E si è dimostrata sba-gliata l’idea che la conoscenza Ug

Nessuno può sentirsia proprio agio se nonha un’idea di cosafaccia la scienza

dall’esterno e ammettiamo incur-sioni del potere politico nel camposcientifico, consentendo, ad esem-pio, che sia un politico a dare il suoverdetto tra due teorie scientificherivali e a stabilire qual è la migliore,certamente abbiamo una distor-sione, o quanto meno un’invasionedi campo.Eppure la scienza è dentro ognunodi noi, dentro le nostre case, den-tro il nostro spirito. La scienza è ilmondo che ci circonda. Il fisico te-desco Albert Einstein aveva dav-vero ragione quando affermava:«Vi sono due modi secondo cui lascienza influisce sulla vita del-l’uomo. Il primo è familiare atutti… la scienza produce stru-menti che hanno completamentetrasformato l’esistenza umana. Ilsecondo è per sua natura educa-tivo, agendo sullo spirito. Perquanto possa apparire meno evi-dente a un esame frettoloso, que-sta seconda modalità non è menoefficiente della prima. L’effettopratico più appariscente dellascienza è il fatto che essa rendepossibile l’invenzione di cose chearricchiscono la vita, anche se nelcontempo la complicano».Le nuove scoperte scientifiche e leloro applicazioni pratiche aprononuove frontiere che a volte inquie-tano il cittadino comune. Tra-pianti, cibi transgenici e clonazionesono parole che aprono nuoveprospettive, ma inducono ancheangoscia, in ciascuno di noi, ma lamodernità è questa: fatta di sfidecontinue, da affrontare con fidu-cia, sapendo di poter contare sullumicino della razionalità. E so-prattutto, da affrontare informati. Se in questo momento c’è una cre-

scente diffidenza dell’opinionepubblica nei confronti dello svi-luppo della scienza e delle possibi-lità della stessa, delle strade cheapre, motivata dalla paura che nonvi sia un limite alle scoperte scien-tifiche, la causa è l’ignoranza dellamaggior parte di noi in ambitoscientifico. Nei giornali molto spesso si parladei pericoli che lo sviluppo scien-tifico può provocare; si parlamolto meno dei pericoli che lascienza ha sventato o che contri-buisce a sventare tutt’oggi: pen-siamo al razzismo, all’ignoranza,alle forme varie di intolleranza traindividui e popoli.Nel suo New Guide to Science, IsaacAsimov disse che la ragione percercare di spiegare la storia dellascienza ai non scienziati è che nes-suno può sentirsi veramente a pro-prio agio nel mondo moderno evalutare la natura dei suoi pro-blemi - e le possibili soluzioni deglistessi - se non ha un’idea esatta dicosa faccia la scienza. Solo in questo modo le nostrepaure saranno rimpiazzate da unagiusta visione critica della scienza.Visione che potrà essere sia nega-tiva che positiva, ma che non saràpiù condizionata da suggestioniderivanti dall’ignoranza.Così il problema dell’uso morale oimmorale dei poteri della scienza,delle sue applicazioni, non è piùfatto di distinzioni qualitative diper sé evidenti, e neppure è unaquestione di intenzioni, bensì siperde nel labirinto delle ipotesiquantitative sulle conseguenze ul-time e deve far dipendere la sua ri-sposta dalla loro approssimazione. Scrisse il filosofo tedesco, a noi

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Questo è la scienza.Porsi dei limiti,riconoscere di nonpoter sapere tutto

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Bibliografia:

Lucrezio, De Rerum Natura;J. Gribbin, L’avventura della scienza moderna;N. Abbagnano, Dizionario di Filosofia;A. Einstein, Pensieri degli anni difficili;H. Jonas, Tecnica, medicina e etica;V. Bush, Scienza, la frontiera senza fine; A. Smith, La ricchezza delle nazioni;L. Pasteur, Discorsi;Citazioni di: É. Verhaeren, G. B. Shaw, É. Zola, M.de Unamuno, A. Smith, J. G. Fichte; G. Bedeschi, La Scuola di Francoforte.

La frontiera senzaFINE

Noi, bambini cresciuti

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struzione degli ecosistemi, scom-parsa di specie animali e vegetali,consumo delle risorse non rinno-vabili.Numerose sono state le campagnepromosse in occasione del40esimo anniversario, così comegli eventi organizzati. Internet e social network hannodato un grande contributo: sul sitoufficiale della campagna è stata te-nuta traccia di tutti gli avvenimenti.In particolare si è sottolineato l’in-vito a firmare una petizione persollecitare il Congresso degli StatiUniti ad elaborare un disegno dilegge per contenere l’emissione digas serra e per promuovere lo svi-luppo di una legislazione globale. In molti hanno accolto l’appellodiffuso in un video su You Tubedi Al Gore, ex vicepresidente degliStati Uniti e premio Nobel per lapace: ognuno ha cercato e conti-nua a contribuire come può. Chi usa borse di stoffa al posto disacchetti di plastica, chi accantonala moto per spostarsi in bicicletta,chi promuove l’uso dell’energia so-lare e chi si ricorda di fare la rac-colta differenziata. A quanto pare,la gente comune è realmente pre-occupata per la salute del nostro

pianeta, come dimostrato dal con-tatore di «azioni verdi» (che ha ol-trepassato i 30 milioni) relativo allacampagna «Billion Acts ofGreen», organizzata dall'EarthDay Network che ha coordinatol’intera manifestazione, che com-plessivamente si è svolta dal 17 al24 aprile (Earth Week).Rabat, capitale del Marocco, è statauna delle sei città che hanno gui-dato la Giornata della Terra. È laprima volta che una città africanaviene scelta per ricoprire un simileruolo. In questa occasione, il go-verno marocchino ha inauguratoben dieci progetti focalizzati sullasalvaguardia dell’ambiente. Questihanno compreso campagne dieducazione «ambientale» nellescuole, lotta alla desertificazione,incremento della raccolta differen-ziata. Il Marocco conta inoltre di

riuscire a pro-durre il 20%d e l l ’ e n e r g i aelettrica entro il2020 grazie al-l’utilizzo di pan-nelli solari.In altre città delmondo, la mu-sica è stata il

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«Tutti, senzad i s t i n -zione dir a z z a ,sesso, gua-

dagno o nazionalità, hanno il di-ritto morale ad un ambiente sanoe sostenibile»: è questo il principiofondante dell’Earth Day, la Gior-nata della Terra.

Iniz ia lmentecreata comem o v i m e n t ouniversitario,

questa iniziativa è stata celebrata alivello nazionale per la prima voltail 22 aprile 1970 da 20 milioni di

A m e r i c a n i ,grazie all'operadel senatoredemocrat icoGaylord Nel-son. Da alloraquesta manife-stazione haprog ress iva-mente rag-

giunto un carattere mondiale: at-tualmente vi partecipano circa 190Paesi.Grazie a questa celebrazione, sonostate elaborate diverse soluzioni aproblemi quali inquinamento, di-

mezzo principale per favorire lasensibilizzazione alla causa delladifesa dell’ambiente: in America siè tenuto un imponente concertopresso il National Mall a Washin-gton, proprio per sollecitare ilCongresso. Inoltre, sono state pro-mosse diverse iniziative in tutti gliStati Uniti, dalla costa pacifica aquella atlantica.Anche l’Italia ha partecipato al-l’evento con un concerto gratuitoorganizzato a Roma, presso il circoMassimo, rigorosamente a «im-patto zero». Certo, non si può direche nella nostra penisola sia statadata grande importanza all'EarthDay (fortuna-tamente Goo-gle ha solleci-tato la nostraattenzione conun grande logoverde in homepage), ma conun po’ di otti-mismo si puòsperare in un miglioramento, ma-gari seguendo l’esempio del Ma-rocco, e in una maggiore consape-volezza della necessità di prendersicura dell’ambiente della nostra pe-nisola.

Un pianeta da non fare a pezzi

di Sofia Zonari1a A

«Tutti hanno ildiritto morale ad unambiente sano esostenibile»: èquesto il principiodell’Earth Day

Rabat, capitale delMarocco, è statauna delle sei cittàche hanno guidatola Giornata dellaTerra

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di Sara Scotti5a C

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Se lo chiami«Pulce» si gira e tirisponde, se glichiedi un goalsarai acconten-

tato, se gli fai un complimento ab-bassa gli occhi imbarazzato: èLionel Messi, il campione argen-tino del Barcellona, un giovanis-simo talento in crescita, in tuttii sensi. Lionel Messi nasce a Rosario,in Argentina, il 24 giugno 1987da una famiglia molto povera.

Ha una grandissima passioneper il calcio e gioca fin da

campione

bambino nella squadra del suopaese. A un certo punto della suainfanzia però l’ormone della cre-scita si blocca: tutti gli amici cre-scono e lui rimane piccolo. È af-fetto da nanismo. L’unica cosa che cresceva costan-temente in lui era la passione peril calcio anche se le speranze dipoter diventare un vero campionerestavano proporzionali alla suastatura. Quel piccoletto però avevaun talento unico e se ne accorgeanche un osservatore del Barcel-lona, Carles Rexach, l’uomo che sipuò dire abbia cambiato le sortidella pulce argentina. Dopo averlovisto giocare solo una volta, Re-xach crede profondamente in lui,firma un contratto improvvisatocon i suoi genitori, in un bar, su untovagliolo di carta, e se lo porta a

Barcellona. Lì si fa carico di costo-sissime (e dolorose) cure ormonaliper Lionel che sarebbero servite afarlo crescere di qualche centime-tro in modo che la violenza fisicadel calcio europeo non lo travol-gesse ad ogni scontro con l’avver-sario. La famiglia Messi da quelmomento fonda il suo futuro uni-camente sul piccolo campione e luicapisce che se non dovesse riuscirenell’impresa, la vita dei suoi geni-tori sarebbe totalmente rovinata. Ilresto della favola lo conosciamo:Messi comincia a giocare nellaprima squadra del Barça giovanis-simo, nel 2009 è eletto miglior at-taccante e miglior giocatore dellaChampions League, il 1° dicembrevince il Pallone d’oro 2009 con undistacco record sul secondo classi-ficato. Insomma: diventa un gi-gante dello sport! Ciò che piace di Messi inoltre,oltre al suo grandissimo gioco, è ilcarattere. Leo non è come tutti glialtri giocatori: non è sicuro di sé,si fa rosso e fissa i piedi, o si mettea rosicchiare le unghie quando nonsa che dire e sta pensando, e poigioca con il cuore. L’ha fatto per lasua famiglia e ora lo fa per dimo-strare a tutti che niente è impossi-bile e che tutti i sogni si possonorealizzare. È sempre modestoMessi, timido e gentile, non sivanta, neanche quando gli vienedetto che gioca meglio di Mara-dona: Messidona, lo chiamano.

Lionel è amico di Diego Armandoe tra i due c’è una grande stima.Maradona stesso ha diciarato: «Ilpallone gli resta incollato al piede;ho visto grandi giocatori nella miavita, ma nessuno con un controllodi palla come quello di Messi». Èproprio vero: con il suo baricentrobasso Messi non cade mai, non si-mula falli e tiene sempre il con-trollo della palla.Il personaggio Messi è diventatoun po’ il simbolo, oltre che di uncalcio sublime, anche di umanità eforza d’animo. Lo racconta moltobene lo scrittore napoletano Ro-berto Saviano, accomunato aMessi dall’essere cresciuto nelmito di Maradona. Saviano ha vo-luto incontrare Lionel, colpitodalla sua personalità e dal suo co-raggio, che rispecchia un po’ ciòche lo scrittore propone nei suoilibri per la lotta alla mafia. Quelle

Ca

lc

io

di Saviano e di Messi sono due vitedifficili, segnate da problemi lon-tani, unite dalle cieca credenzanella possibilità di ribaltare il de-stino con la sola forza di un pal-lone o di una penna. È questo cheli rende forti. Saviano infine cisvela il segreto di Messi e ci dice:“La storia di Lionel Messi è comela leggenda del calabrone. Si diceche il calabrone non potrebbe vo-lare perché il peso del suo corpo èsproporzionato alla portanza dellesue ali. Ma il calabrone non lo sa evola. Messi con quel suo corpi-cino, con quei suoi piedi piccoli,quelle gambette, il piccolo busto,tutti i suoi problemi di crescita,non potrebbe giocare nel calciomoderno tutto muscoli, massa epotenza. Solo che Messi non lo sa.Ed è per questo che è il più grandedi tutti.”

Anche se dovesse crescere qualche centimetro inpiù - questo è il ragionamento - nel calciomoderno ormai senza un fisico possente non si èpiù nulla. La pulce resterà schiacciata da unadifesa massiccia, la pulce non potrà segnare gol ditesta, la pulce non reggerà agli sforzi anaerobicirichiesti ai centravanti di oggi. Ma Lionel Messicontinua a giocare lo stesso nella sua squadra. Sadi doverlo fare come se avesse dieci piedi, correrepiù veloce di un puledro, essere imbattibile palla aterra, se vuole sperare di diventare un calciatorevero, un professionista.

Roberto Saviano

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In alto, Messicon l’allenatoredel Barcellona,Pep Guardiola.Sotto, Messi eRobertoSaviano

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ANNO XVIII NUMERO 2IL LICEO

Ventisette gennaio 1945. I soldati dell’armata rossa, sfondando i cancellidi Auschwitz, liberano i pochi sopravvissuti rimasti nel campo, in mag-gioranza malati ed invalidi che non sono riusciti a partire per la grandemarcia tedesca in ritirata. Un esercito di fantasmi, denutriti ed esausti, dicui solo una minima percentualeriuscirà a vedere la fine dellaguerra. Disperati che hanno cono-

di Mara Bugini2a F

sciuto il reale significato dei ter-mini «fame», «freddo», «dispera-

zione», «abbandono». Cosa è acca-duto al mondo in quei sei anni digenocida follia?Il mondo erudito e civilizzato èstato in grado di creare una gigan-tesca macchina sterminatrice, dovela vita è nelle mani del solo Fato.

Un errore, anche solo essere di-versi, segna il proprio destino.Nascono così terribili mezzi concui annientare decine, centinaia divite in pochi attimi. Non soloEbrei, ma qualsiasi soggetto con-siderato «diverso» è temuto e,quindi, rinchiuso nei campi. Uncolore, una «colpa» : giallo, nero,rosa, verde, rosso, quasi una sfi-lata, queste stelle colorate, cheporta dritto allo sterminio. CosìEbrei, zingari, disabili, omoses-suali, asociali e prigionieri politicisono destinati a strazianti soffe-renze per una caratteristica fisicao mentale. Il verdetto: sempre lostesso. Camere a gas, forche mul-tiple, mitragliatrici.Sfruttamento: chi destinato a co-struire nuovi armi di distruzionenelle fabbriche, chi segregatocome cavia umana nei laboratori.Quanto terrore vedono gli occhidi un bambino deportato? Strap-pato alla madre, già destinato almacello e perciò lasciato morirecome un animale? Questo abbiamo permesso e que-sto ora non c’è permesso dimen-ticare.È stata la follia a spingere unuomo a paragonarsi a Dio, aprendere antichi simboli risalential neolitico e stravolgerne il signi-ficato e quando più nessuno po-teva credere nei suoi di-scorsi sconnessi,suicidarsi inu n

bunker pur di non risponderedelle sue azioni.Non possiamo dimenticare i no-stri nonni, genitori o fratelli chehanno dato la vita combattendocontro la Repubblica di Salò. Ringraziamo chi, dall’America edall’Europa, è giunto per salvarcidai nostri stessi errori.Ora visitiamo Auschwitz-Birke-nau, Bergen Belsen, Buchenwalde le vicine risiere di San Sabba eci commuove pensare a ciò che èstato. Un giorno porteremo i no-stri figli, e loro faranno altret-tanto.Leggendo il «Diario» di AnneFrank o «Se questo è un uomo» diPrimo Levi, penso che tutto ciònon è affatto finito, non sono ces-sati i conflitti armati nel mondo,ma altre stragi, altri genocidi sonotuttora in corso in molte partidella terra. Rwanda, Cambogia,Russia, Turchia.Quanto male nellastoria moderna. Non sapremomai il reale nu-mero di mortinella storia acausa di diversaetnia, reli-g i o n e ,

politica o cultura. Dalla notte deitempi, siamo testimoni della finedi grandi civiltà, di persecuzioni aicristiani, ai musulmani e di unprofondo e radicato antisemiti-smo. Per questo Dio non può esserecon noi, finché massacreremo inostri fratelli, senza permettereloro di redimersi, finché giudiche-remo l’ignoto senza riflettere e

finché crede-remo nella no-stra superio-rità.Fino alloraDio non potràfare altro che

voltarci le spalle e piangere, per-ché vedrà l’inciviltà dei suoi figliprendere il sopravvento sul-l’amore.Ma noi siamo il futuro. Non pos-siamo permettere che tutto que-sto continui ad accadere. Agireora significa permettere alle fu-ture generazioni di crescere in unmondo tollerante e integro. Sal-

vare le minoranze dal-l’estinzione e compren-

dere l’importanza diuna loro integrazione

e accettazione è vitaleperché continui a funzionare

quell’enorme sistema di cui fac-ciamo parte: l’ umanità.

Gio

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Me

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Quanto terrorevedono gli occhi diun bambinodeportato?

Secondo il senso comune, l’uomo minacciato,resiste o fugge; ma molte minacce di allora,che oggi ci sembrano evidenti, a quel tempoerano velate dall’incredulità voluta, dalla ri-mozione, dalle verità consolatorie generosa-mente scambiate ed autocatalitiche.Al futuro siamo ciechi, non meno dei nostripadri.

Ug

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Le vite degli altri (Germania, 2006), di FlorianHenckel von Donnersmarck. Premio Oscar per il miglior film straniero.Nella Berlino Est dell’anno 1984, il capitano della Stasi, Gerd Wiesler, vieneincaricato di spiare Georg Dreyman, scrittore di teatro famoso e fedeleal regime. Lui stesso ritiene che sia utile tenere d’occhio l’artista, ma nonsospetta che il ministro della Cultura Bruno Hempf incoraggi il suo pro-posito con lo scopo di mettere da parte Dreyman, di cui vuole avere a

tutti i costi la compagna, l’attrice Christa-Maria Sieland.

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I l Muro di Berlino ha tracciatonon solo un confine all’in-terno di una città, ma ancheun vero e proprio sentieronella storia, un sentiero che il

mondo, dopo vent’anni dalla sua ca-duta, la «Mauerfalls» , ricorda ancora.Noi, nel nostro piccolo, abbiamo ri-

Wir sind ein Volk

cordato questo evento il 16 gen-naio 2010 assistendo, presso il no-stro liceo, alla conferenza tenuta daAndrea Rota, docente di Storia Te-desca del Novecento presso l’Uni-versità di Bergamo.Grazie a quest’incontro abbiamoanche compreso i differenti puntidi vista che si diffusero a Est e aOvest nei confronti del muro.È il 13 agosto 1961 quando il go-

verno comunista della Germaniadell’Est dà inizio alla costruzionedel Berliner Mauer denominatodalla propaganda «muro di prote-zione antifascista».150 km di cemento dividono lacittà di Berlino e l’intera Germaniain due parti: Ddr e Bdr. Duemondi, due stili di vita diversi, mauno stesso popolo vittima di deci-sioni non sue . La Germania di-

viene il campo da gioco di duegrandi potenze : da una parte i so-cialisti alleati con la potenza sovie-tica, dall’altra gli occidentali ap-poggiati dagli Americani.È la Germania dell’Est a pagarnele conseguenze: la Ddr, infatti, sifa carico di innumerevoli debiti diguerra nei confronti della sua al-leata: l’Unione Sovietica. Questocomporta un aumento dei turni la-vorativi con diminuzione dei red-diti. Inoltre ogni cittadino dell’Estè sottoposto allo scrupoloso con-trollo della propria vita da partedella Stasi. Tutti devono seguire lalinea di pensiero del governo e chinon si attiene viene punito dal Po-tere. Si crea addirittura un giro vi-zioso di spionaggio tra vicini dicasa o famigliari. In caso di accusela Stasi ha il permesso di depor-tare, di torturare e persino di fuci-lare un uomo.La Bdr, invece, gode di un sistemadi vita migliore: nessun debito dapagare e una mentalità volta a of-frire i massimi servizi ai propri cit-tadini usufruendo anche del pianoMarshall.Solo tra gli anni ’60 e ’70 la Ddrcomincia a svilupparsi economica-mente.Il 9 novembre 1989 il muro vieneabbattuto.Il popolo acclama «Wir sind das

Volk» (noi siamo il popolo) chesuccessivamente diventerà «Wirsind ein Volk» (noi siamo un po-polo). Dal 1990 possiamo parlaredi unificazione, il cancelliere Kohlpropone 10 punti per la svolta, manon tutto è così semplice benchéil peggio sia passato.L’Est, da un giorno all’altro, cessadi esistere: nonostante abbia do-vuto sottostare a un governo co-ercitivo, ciascun cittadino si ècreato una famiglia e una profes-sione; quando la Bdr ingloba laDdr, perché così di fatto avviene,gli abitanti dell’Est, professionistie lavoratori dipendenti, si trovanosenza un’occupazione e molti ve-dono svanire il valore non solodelle loro capacità creative, maanche dei loro titoli di studio.Gli abitanti dell’ex Ovest discrimi-nano queste persone, quasi comese fossero loro la causa di tutto ciòche è stato. Bisogna davvero ripar-

tire da zero.Ancora oggi la Germania, o me-

glio il popolo te-desco, sta cer-cando di affron-tare le immenseconseguenze de-rivanti da questiscontri.

Ricordare questo pezzo di storiache è costato vite umane è richia-mare alla memoria dell’uomo qualisono i suoi diritti, è urlare al cieloFreiheit (libertà), quella libertà divivere con la propria famiglia in ununico Paese: il mondo.Raccontare di generazione in ge-nerazione la caduta del muro è ri-conoscere l’inutilità delle divisioni,è riportare alla luce il valore del-l’unità.è educare alla cittadinanza, quellavera, frutto delle relazioni con glialtri.

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Raccontare lacaduta del muro èriconoscerel’inutilità delledivisioni

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C i sono compagni con cognomi chefatichiamo a pronunciare. Ci sonostudenti che hanno visto, sentito,provato cose che neanche riusci-remmo ad immaginare. Ci sonoamici che hanno storie da raccon-tare. Ecco quelli che hanno volutocondividere le proprie esperienze.

CATALINA MORARASU, 18 anni.Rumena di nascita.Quando e perché sei venuta inItalia?Sono venuta 8 anni fa perchéhanno offerto a mia mamma unlavoro come infermiera professio-nale più pagato rispetto a quelloche aveva in Romania.Ti senti più italiana o rumena?Perché?Italiana perché è tantissimo chenon vado nel mio Paese d’originee ormai vivo da troppi anni qua.Perciò se dovessi tornare in Roma-nia mi sembrerebbe tutto moltopiù strano.Religione? Hai problemi a prati-carla dove abiti?Cristiana ortodossa. Non ho pro-blemi, vado nelle normali chiesecattoliche perché la differenza nonè grande e perché penso che seuna persona ha fede può benis-simo praticarla dove si trova,

anche se comunque qui le chieseortodosse non mancano.Credi che si possa trovare unasoluzione al razzismo o è soloquestione di tempo?Sì, ma solo se gli immigrati noncommettono più crimini. Se siamo

malvisti è per colpa delle personeche vengono qui solo per spac-ciare droga e uccidere. Quando siparla di stranieri, ormai, si fa pocoriferimento alle loro azioni posi-tive.Come e dove ti vedi nel futuro?

Sempre qui e spero di diventaremedico per aiutare la gente in dif-ficoltà

NICOLE AYANGMA, 16 anni.Camerunese da parte di padre,nata in Italia.

Credi che si possa trovare unasoluzione al razzismo o è soloquestione di tempo?Il razzismo in verità è, per me,quasi inesistente (posso conside-rare razzismo ad esempio laShoah). Si tratta più di paura del

diverso, xenofobia e tanta igno-ranza. Il tempo di sicuro aiuterà amigliorare la situazione, ma ci saràsempre, è nella natura dell'uomoavere paura.

CATERINA GRITTI, 19 anniNata in Bolivia e arrivata in Italiacon il fratello gemello ad appena 6mesi per adozione. Vorresti andare a vivere nel tuoPaese d'origine? Perché? Ci sono ritornata 10 anni fa perconoscere i posti delle mie origini,ma la mia impressione non è statarealmente positiva, anche perchéero una bambina. Non mi piace-rebbe ritornare nemmeno ora chedi anni ne ho 19 per rimanere a vi-vere in Bolivia e probabilmenteneanche come soggiorno turisticoperché ciò che ho visto non corri-sponde al tipo di vita che conducoora e non sarei di certo in grado diabituarmi, dato che le mie abitu-dini sono totalmente differenti.Grazie a quell’esperienza però hocapito quanto sono stata fortunata.Hai mai subìto episodi di razzi-smo? Veri e propri episodi di razzismofortunatamente no, ma solo qual-che sporadica battuta sul coloredella mia pelle da «grandi e pic-cini», di certo non piacevole da su-bire.Cosa pensi di certe afferma-zioni o�gesti di politici?Ritengo che al giorno d’oggi

TUUTTI I COLORI DEL LLICEOdi Chiara Tadolti

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alcuni politici stiano dando unaprospettiva sbagliata degli immi-grati, figurandoli come persone«cattive», che non si fanno scrupolia rubare, uccidere o spacciaredroga. Puntano molto su questi ar-gomenti per cercare di ottenereconsensi, favoriti dalle cronache.Uno dei problemi è che moltagente crede fortemente a quelloche le viene detto e nel momentoin cui comincia a crederci inizia acomportarsi da razzista, pensandoper esempio che l’Italia stia an-dando in malora solo ed esclusiva-mente per colpa degli immigrati.Ci si dimentica spesso che propriogli immigrati sono il motore del-l’Italia. Se vuoi aggiungere altro...Una «canzone» che ha scritto miofratello sul razzismo.

GAGANJOT KAUR, 17 anniIndiana di nascita, è arrivata in Ita-lia 9 anni fa. Suo papà in India la-vorava come maestro in unascuola elementare, ma lo stipendioera esiguo e quindi insufficienteper la famiglia, con i suoi 5 com-ponenti. Per questo motivo suopadre si è trasferito in Italia nel ’95e quando è riuscito a comprareuna casa ha voluto con sé la sua fa-miglia.Ti senti più italiana o indiana?Perché?Non so esattamente cosa si in-tenda per «sentirsi italiana o in-diana», però io credo di sentirmipiù indiana perché sono molto le-gata alla cultura e alle tradizioni in-diane. Sono cresciuta qui, ma tuttoil «mondo» indiano mi affascinamoltissimo.Hai mai subìto episodi di razzi-smo?Fortunatamente ho imparato pre-sto a ignorare certa gente, quindinon mi è mai capitato niente di piùdelle solite battutine sul coloredella mia pelle, anche se le parolea volte possono ferire più dei fatti,ma non tutti riescono a capirlo. Credi che si possa trovare unasoluzione al razzismo o è soloquestione di tempo?Nessuna delle due secondo me,perché il razzismo non finirà mai:è difficile integrarsi con qualcosadi, anche apparentemente, «di-verso». E nella nostra scuola, con i tuoicompagni?I miei compagni sono i migliori inassoluto! Nessuno mi ha mai fattopesare il fatto di essere straniera.

NAMRA HAYAT, 14 anni

Pakistana di nascita. Venuta in Ita-lia quasi undici anni fa, quandoaveva appena 4 anni. Suo padre siera trasferito in Italia da parecchianni per lavoro e ha voluto con séanche lei, sua madre e i suoi fra-telli.Ti senti più italiana o paki-stana? Perché?Non mi sento italiana, ma non misento nemmeno un’esclusa inmezzo agli italiani perché, essendoqui da tanti anni, mi sono inte-grata.Religione? Hai problemi a prati-carla dove abiti?La mia religione è l’Islam, moltodiversa da quella praticata dallamaggior parte degli italiani, co-munque non ho mai avuto pro-blemi a praticarla. Per di più in-dosso il velo anche a scuola.Trovi che gli italiani siano unpopolo particolarmente razzi-sta?Non ho visitato altre nazioni peròposso dire che io non ho mai vistorazzismo negli italiani, anzi sonotutti piuttosto amichevoli. Ne hoanche le prove: le signore del pa-lazzo in cui abbiamo vissuto il no-stro primo anno in Italia eranogentilissime con noi, quasi dellenonne per noi bambini.Come e dove ti vedi nel futuro?Gli stranieri della nostra scuola, unistituto di alto livello certamente,sono un esempio per gli italiani. Sequesti ragazzi un giorno arrive-ranno a ricoprire «cariche» impor-tanti, questo influenzerà il futurodella nazione in cui loro hannostudiato, che li ha fatti arrivare inalto. È tra loro che vorrei essere.

IQRA HAYAT, 16 anni.TU

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Un giorno come un altro mentre sfogliavo [un giornale

Mi è capitato di leggere strane paroleParole di razzismo, di discriminazioneContro la gente diversa, contro la gente

[di coloreE allora ho pensato di scrivere una canzoneChe non parli dell’odio, ma parli dell’amoreUna canzone che possa accompagnare ogni

[creaturaChe allontani ogni singola forma di pauraUna canzone che sia speranza, una canzone che

[sia pazienzaUn messaggio che educhi solo all’uguaglianza

Una canzone che sia vittima e giustiziereChe però insegni il valore e sia sempre nel beneUna canzone che dia un impulso a tutte le

[persone E a quel punto ho trovato La mia canzone di colore

Una canzone che possa dare un messaggio [giusto,

una canzone diversa che possa cambiare il mondo una canzone per tutti e una canzone per

[nessunouna canzone per chi spera e prega guardando il

[cielouna canzone contro il discriminatore e finalmente ho trovato la mia canzone di colore

Questo messaggio è dedicato a tutte le persone

Canzone di ColorePietro Gritti

Che come me appoggiano questa canzone di [colore

Non vi sto parlando perché non ho niente da fareAl contrario queste rime ci insegnano a pensareChe come dicono i giornali non è solo bullismoMa è un’ideologia, ormai un fanatismoChe la persona bianca si creda superioreRispetto a una persona di un altro coloreTu non sai cosa vuol dire essere sfruttato per

[ore e orePerché forse nella vita sei anche tu uno

[sfruttatoreEssere trattati come bestie, come animaliRicorda che nel mondo siamo tutti essere umaniL’unica cosa che ci farebbe stare bene Sarebbe vedere bianchi e neri tutti assiemeUniti nell’amore, uniti sotto il sole, uniti dalla miaCanzone di colore ›

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Pakistana di nascita.Ti senti più italiana o paki-stana?Beh, mi sento un po’ italiana e unpo’ pakistana: italiana perchéavendo trascorso quasi tutta la miavita qui credo di essermi inseritabene nella società italiana (parlobene l’italiano, vado a scuola, hotutti i diritti e doveri che hanno glialtri, non mi sento né superiore néinferiore a loro). Mi sento anchepakistana perché, pur vivendo qui,mi piace ancora seguire le tradi-zioni del mio Paese d’origine.Cosa pensi di certe afferma-zioni o�gesti di politici?Un’affermazione che ho trovatoinsensata e che mi ha fatto arrab-biare è stata quella del presidentedel Consiglio riferita a Obama,quando ha detto che lo conside-rava abbronzato. Insensata e fuoriluogo.Come e dove ti vedi nel futuro? In futuro vorrei continuare a vi-vere in Italia, proseguire qui glistudi, laurearmi e trovare un buonlavoro sempre in questo Paese.

JUNAID MUSHTAQ, 17 anni.Pakistano di nascita. Venuto in Ita-lia 11 anni fa con un regolare vistodi immigrazione per motivi fami-liari, come è scritto anche sul suopermesso di soggiorno. Suo padreabitava qui già da dieci anniquando ha pensato che i suoi figliavrebbero avuto un’ istruzione mi-gliore in Italia.Ti senti più italiano o paki-stano? Domanda difficile, ci pensospesso. Essendo cresciuto quidall’età di 6 anni non conoscomolto bene la realtà del Pakistan e

ormai penso che i miei ideali si ri-specchino molto di più in quellioccidentali che in quelli orientali.Nonostante ciò c’è sempre unasorta di patriottismo che fa partedi me (che di solito emerge du-rante le partite di cricket della na-zionale) e che penso continuerà adesserci anche se dovessi vivere inItalia per il resto della mia vita.Credi che si possa trovare unasoluzione al razzismo?L’unica soluzione penso che sial’istruzione. Non sono disposto acredere che una persona abba-stanza acculturata possa tenerecomportamenti razzisti. Di certonon ci accoglieranno tutti a braccia

aperte, e non penso che questosuccederà mai, ma saranno tolle-ranti. Il razzismo è solo ignoranza.Cosa pensi di certe afferma-zioni e gesti di politici?Posso solo esprimere il mio piùprofondo disgusto verso certi par-titi che hanno trovato nel razzismouno strumento per ottenere voti.Credi che immigrati e stranieriabbiano, in Italia, abbastanzaoccasioni per dire la loro?No, non ne hanno. E ti ringraziodi avermi fatto queste domande.Cosa pensi della vicenda Balo-telli? Io stimo profondamente Balotelli- nonostante io sia milanista - per-

ché da solo ha mostrato il coraggiodi affrontare migliaia di ignorantiche non hanno niente di meglio dafare che andare allo stadio ad in-sultare un povero ragazzo, conl’unica colpa di avere un carattereforte come tanti altri calciatori.Purtroppo loro possono tenerequesto comportamento perchésono bianchi, lui no perché è nero.Quindi, giustamente per qualcuno,viene multato per aver detto di ta-cere a dei tifosi che lo hanno insul-tato per novanta minuti. Se è que-sta giustizia...

NICOLAS EL MAKIZ, 18 anniHa origini marocchine da parte di

padre, sua madre invece è italiana.Nato in Italia, ha nazionalità ita-liana.Ti senti più italiano o maroc-chino? Non ho mai pensato seriamente semi sento più italiano o maroc-chino. Innanzitutto devo dire chepurtroppo non conosco l’arabo enemmeno da vicino la cultura delMarocco, perciò non posso dire disentirmi pienamente marocchino.Tuttavia, a parte le difficoltà nellacomunicazione, mi sento a mioagio in Marocco e penso che po-trei adattarmi bene.Vorresti andare a vivere nel tuoPaese d’origine?

Sì, potrei andare ad abitare in Ma-rocco, come potrei andare in unaltro Paese, non ho un particolareattaccamento all’Italia.Religione? Io sono cristiano cattolico, ho ri-cevuto i sacramenti. Non praticopiù, non a causa delle mie origini,ma per scelta, come la maggiorparte dei miei coetanei. Dovreiperò avvicinarmi all’Islam, almenoper conoscerlo e poter scegliere see quale religione praticare. Se do-vessi un giorno diventare musul-mano non credo che avrei pro-blemi in questo Paese.Credi che immigrati e stranieriabbiano abbastanza occasioniper dire la loro?Molti di loro possono votare e al-l’inizio del mese di marzo è statoanche organizzato uno sciopero.Questo è un segnale molto impor-tante da parte degli immigrati per-ché hanno fatto capire che ci sonoanche loro e che sono una forza la-voro fondamentale per l’Italia.Cosa pensi della vittoria delrom Ferdi al Grande Fratello?Gli italiani sono stati aperti con luiperché hanno avuto modo di ve-derlo da vicino, senza il velo delpregiudizio, poi la sua storia strap-palacrime ha fatto il resto.

CHRISTOFER WIDYASMARA,17 anniI suoi genitori sono indonesiani,ma lui è nato a Varese. Nonostanteciò è ancora di cittadinanza indo-nesiana.Torneresti a vivere in Indone-sia? Tornerei, ma non per viverci,ormai sono abituato a questoritmo, là sarebbe tutto di- ›

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verso.Hai mai subìto episodi di razzi-smo?Non so se si sia trattato di razzi-smo o meno, ma una volta stavochiedendo informazioni, ho fer-mato un signore italiano che, ap-pena mi ha visto, si è allontanatovelocemente dicendo che era difretta. Eppure era a passeggio colcane.Credi che ci sia un modo perfermare il razzismo?Ah ah, non finirà mai. In Italia,però, penso che siano le genera-zioni più vecchie ad essere partico-larmente razziste.

VICTOR MARCU, 18 anniNato a Bucarest, è di cittadinanzaromena.Arrivato 7 anni fa per seguire ilresto della famiglia, spinta oltre iconfini della Romania dalla spe-ranza di una vita migliore.Ti senti più italiano o romeno?Né italiano né romeno, anche sepotrebbe sembrare un nonsense. Ilfatto è che non vedo il fonda-mento di un qualsiasi pensiero na-zionalista, che porta, nella maggiorparte dei casi, ad un orgoglio stu-pido e vuoto. Ammiro profonda-mente, comunque, entrambe leculture, ma non vorrei mai sce-gliere fra le due.Hai mai subìto episodi di razzi-smo?Accade spesso, ma bisogna impa-rare a difendersi. In questo casol’arma che trovo più efficace, in ri-sposta a simili frutti dell’ignoranza,è l’indifferenza, sicuramente mi-gliore rispetto a qualsiasi atto vio-lento.Trovi che gli italiani siano un

popolo particolarmente razzi-sta?Non penso che un popolo possadefinirsi razzista e nemmeno «distupratori» o «di delinquenti»,come erroneamente ci voglionofar credere in televisione mostran-doci delitti commessi da romeni,albanesi e persone di qualsiasi altranazionalità. Il male non ha Paese,ma neanche il bene, del resto.

SEYNABOU NDIONE LAYESARR, 17 anniNata a Dakar, in Senegal, è venutain Italia nell’ottobre del 2009 perricongiungersi con suo padre e percontinuare gli studi.Vorresti tornare in Senegal?Sicuramente durante le vacanze,ma anche per studiare e per rive-dere i miei amici e familiari.Credi che si possa arrivare aduna soluzione per estirpare ilrazzismo o pensi che il temposistemerà tutto?

Penso si tratti solo di rendersiconto che siamo tutti umani, condue gambe e due braccia. Aspet-tare che il tempo faccia il suocorso, a mio avviso, potrebbe ren-dere le cose ancora più gravi.Pensi che quello italiano sia unpopolo razzista, paragonato adaltre nazioni?Mi riferisco soprattutto ai giovani:come sempre, ci sono i razzisti, maci sono anche le persone disponi-bili. So, però, che i francesi sonopiù aperti verso gli immigrati afri-cani.Come e dove ti vedi nel futuro? Solo Dio sa cosa ci riserva il fu-turo, ma vorrei continuare gli studie avere un buon lavoro.Ti senti sola qui?Mi sento più che sola.

Un grazie di cuore a tutti i ragazziche si sono resi disponibili perquest’intervista.

Ug

di Ileana Paris e Chiara Camiciottoli2a F

From 21st to 27thof March myschool friends andme went to Nice tohave a study holiday

which is useful to improveFrench, one of the languagesthat I we study at school . Thisjourney wasn’t a holiday but away to get involved in differentsituations in another country, it isalso helpful to learn new wordsand expressions.

Our TravelThat Sunday we left for Franceby coach with two of our tea-chers: Mr Venturelli and Mrs Pa-gani. We met in front of theschool in Caravaggio in the after-noon and, after the departure, we

NICEAn Old, Multi-Ethnic and Modern City

Where You Can Have Fun and Study

travelled for about five hours. We arrived in Nice at about six o’clock p.m. After that we reachedthe school we would have atten-ded the following days, where wemet Mr Gerth, the person incharge to our visit. At the sametime, the first host families star-ted to arrive to drive us home.

Our Host Familyand The HouseOur host family lived in a quietarea of the city. Mrs Anne-Marieand her husband ( masters of thehouse) had a rather big apar-tment with a big dining-room, akitchen, a bathroom and threebedrooms: the first one wasAnne-Marie and her husband’s,in the second one there were two

boys ( aC h i n e s es t u d e n tn a m e dD e n n i sand a Me-xican stu-d e n tn a m e dRoberto)

and the third bedroom was forus. Our bedroom was cute andcomfortable. It had green wallsand there, there were two beds, abig wardrobe, a small TV and atable with two chairs. Everythingwas perfect ! The following dayAnne-Marie and her husbandwent on holiday and so, for thisreason, arrived Christine, Anne-Marie’ s best friend.Christine was an English womanwho moved to France thirty yearsago. She was a very good person,very nice, funny, open-mindedand dynamic. The woman coo-ked us a lot of delicious plates (Italian food, Chinese food, Ame-rican food and others).Every day, in the evening, at din-ner time, we all used to speakabout different arguments likethe life in Italy, our hobbies, theactivities done during the day…It was really pleasant but alsovery important and useful topractice our French.

School: A New WorldThe school in France is very ›

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25SEGRETE SILLABE

Mi afferro a te, mio angelo. Impotente di fronte al mondo e al suo combattermi.Sul bordo di un dirupo, attendevo il tuo arrivo.E con esso, la mia fine?Ora sogno la vita e lo scorrere del tempo. Debole anima, fuggi dalla tentazione di lasciarti cadere nel vuotoormai sei segnata da un principio di peccato.

Passione furentedivora le mie carniora, conosciuto il tuo bacio mortale,ne voglio perire.

Se spiegassi le mie candide alipotrei raggiungerti, ma ho scordato ogni tecnica di volo. Ho rinchiuso il tipico ragionare della mente umana. Abbandonando il cuore prepostomi, mi offro a te,come ultimo mio gesto. Non sono immortale. Se credo in te, non sono immortale.

Presto, stanco, te ne andrai, lasciando sbiadire il mio ricordonelle nebbie del passato.

Lande deserte in infiniti attimi custodiranno il mio gelido corpo. E niente allora potrà più cambiare, senza il tuo caldo alito vitale. P

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sie

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different and we think it’s bet-ter even if, sometimes, it can bevery hard and difficult. In Franceschool starts at eight a.m. and it fi-nishes at one p.m. then the stu-dents have lunch at the school re-fectory. After a short break, les-sons begin again until five p.m.;after that, students go home andthey must do their homework. Luckily we didn’t attend a similarschool, as matter of fact we wentin a French school where therewere people of different ages: ac-tually in the school where we wentthere was a nursery, an elementaryschool, a secondary school and ahigh school. In that school therewere a lot French students, but wehad particular lessons: we were di-vided in two groups and we wentto school from nine a.m. to halfpast twelve p.m. Classes weren’t boring. OurFrench teacher, Beréngère, wasyoung and she knew what youngpeople like doing so, she tried toteach us French grammar playinggames, joking and singing too. Theonly thing that we haven’t under-stood yet is why French studentsare always walking around theschool ?! What a mystery !

A Picture of NiceThe Greeks founded Nice in the5th century before Christ andthen, in the 1st century beforeChrist Romans conquered it. Fi-nally, the county of Nice was an-nexed to France in 1860. Nice is in a good position: as amatter of fact, it is situated bet-ween hills which protect it fromwind and clouds. But Nice is also

near the sea: it is one of the mostimportant tourist and economicseaports and the second airport ofFrance. Nice is a very big city, 400000 per-sons live in it. It is also a very par-ticular city: it is divided in twosides: in the east side there is theold cityand theharbor; in-stead inthe we-stern sidethere is them o d e r ncity. This wonderful townlies in Provence-Alpes-Coted’Azur of which is the “pre-fecture”. The weather is usually mild.Actually winters and au-tumns are cool; on the contrarysprings and summers are hot anddry. Nice is also called “The town offlowers”: as a matter of fact thereare a lot of local markets whichsell beautiful and perfumed flo-wers.

Excursions: A Real AdventureIn Nice, our schoolmates and usvisited most of the city; we wentto three museums: Matisse’s mu-seum, Chagall’s museum andMamac museum ( a modern artmuseum).One day, we passed the entire af-ternoon on the beach. The sea waswonderful but the water wasn’thot. The last day, on Friday, we wentshopping in famous shopping cen-

ters like : Nice Etoile, Galeries La-fayette, Virgin Megastore andothers. We used the tram to movethrough the city.

During theweek, wealso visitedCannes andMonaco. We reachedthe city of

Cannes travelling by train. Whenwe arrived there, we saw the Palace

of theFestival,T h eC r o i -s e t t eand allt h es t a r s ’h a n -

dprints. We could admire luxury hotels andthe famous and expensive bouti-ques. Another day we visited Monaco.Unfortunately that day the wea-ther was bad and so we couldn’tsee a lot of things. We visited thecathedral where there are GraceKelly’s and Prince Ranieri’s tombs,the royal palace and Grace Kelly’sbeautiful garden. I could see theF1 circuit, too. We loved this new experience verymuch. France is a beautiful coun-try where there is more freedomthan in Italy. We love France alsobecause it has a lot of beautiful ci-ties, people are polite and sensitiveand besides we had a fantastic ex-perience. We will never forget this long tripto Nice and we’ll hope we’ll re-turn to France in the future.

Ug

From top: theharbour ofNice; theCasino ofMonaco andCannes

Furente passione

alcun segno resterà della mia effimera essenza. Mi abbandono in te, mio angelo. Confidando nella tua mortifera natura, prendi il mio sussistere e blocca il mio respiro.

Abbandonata a tecontinuerò a conoscere il sublime tormentoche lega un’anima al suo corpo.

Mara Moot

LICEO STATALE GALILEO GALILEI CARAVAGGIO 2010

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SEGRETE SILLABE

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ANNO XVIII NUMERO 2

E ra una notte calma e tranquilla. Laluna illuminava pallidamente lacittà di Ferrara; la sua morbida lucerisaliva i muri delle case fino adentrare in una camera da letto edilluminarne il cupo inquilino.

Torquato Tasso non aveva mai ri-posato tranquillamente, nemmenoper una notte: ombre e spettri siaffollavano ogni sera nella sua

mente; al calare delle palpebreli salutava, come amici sgraditi.Nelle notti più tormentateoscuravano il volto di unagiovane donna, che si al-lontanava sempre più dalui, scomparendo nell’oblio.

Quella sera sembrava in predaal peggiore degli incubi: ansi-mava, sudava, si agitava conscatti veloci e violenti, quasi

cercando di graffiare quelleombre, che solo lui, nella sua

mente, poteva vedere. Ad un trattopensò di cadere; anzi, fu certo diavvertire le vertigini di una caduta,come di un uomo che cade da unatorre. Colpì il suolo con forza, bat-tendo la testa; per un po’, tutto fuannebbiato. Dopo qualche minutopoté rialzarsi; capì allora di esseresul balcone di un magnifico pa-lazzo, costruito in stile orientale:in un primo momento, Tassopensò di essere finito a Troia, nellamagnifica reggia di Priamo;

Una donna che sogna la gloria,

di Daniele Tomasoni4a D

Autunno

Di rosse foglie si agghindano le fronde della mia vita,

comprendo quale terribile invernosta lentamente crescendo nel mio cuore.

Di candida neve si adorneranno le mie fredde spoglie. Il mio tempo è ormai agli sgoccioli,

lontana è la primavera che mi generò.

Dico addio ai sublimi colori che mi ricoprirono di onori,

la mia fiera maestosità congeda la terra.

Segnata, sto inesorabilmente decadendoormai palese è il corso degli eventi

che mi condurranno all' autodistruzione.

Io non mi salverò,tu non mi salverai...

Mara Moot

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un guerriero che vorrebbe amare

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ANNO XVIII NUMERO 2

spondi! Stai con i cristiani?!»sbottò.«...Certamente» rispose Tasso. Glipareva una domanda innaturale,scontata.«Allora non c’è motivo per cui do-vresti essere ancora in vita, qui,dentro le mura di Gerusalemme»,disse lei, brandendo la lancia: sem-brava una belva pronta ad attac-care.«Aspetta!» disse lui, difendendosicon le mani. Era tutto troppostrano e realistico per essere unnormale incubo. Decise di guada-gnare tempo con la guerriera: forseraccontando il passato di Clorindaavrebbe ottenuto qualcosa? «E seti dicessi», proseguì, «che conoscola tua storia? Che so dove sei nata,che potrei raccontarti le tue ori-gini?»«Risponderei che arrivi tardi. Ilvecchio Arsete mi ha già raccon-tato il mio passato, per distogliereil mio pensiero da ciò che vogliofare, ma né tu, né lui, né le vostrepatetiche storie sulla mia vita po-tranno fermarmi» disse con fero-cia.«E qual è il tuo progetto, Clo-rinda?» disse allora Torquato, consguardo serio. Non ricordava diaver scritto nulla del genere: que-sto non faceva parte del suopoema.«Dovrei raccontarlo a te?! Per poivedere il mio sogno di gloria an-dare in fumo?!» sbottò lei; strin-geva ancora pericolosamente lalancia in mano.«È qualcosa che riguarda Tan-credi?»La domanda colpì Clorinda comeun sasso. Ma lei non arrossì, nonmostrò il minimo segno di imba-

razzo: a colpirla era stata la banalitàdi quella frase. «Tu pensi davveroche io sia una donna timida ed in-difesa?» disse, alzando gradual-mente la voce, «Un essere fragile,che non pensa ad altro che ai sen-timenti? Per chi mi hai preso, unapatetica principessa?! Io sono uncavaliere!» ormai gridava; aveva la-sciato cadere la lancia, e gesticolavavicino al volto di Tasso. «Le miefrecce hanno ferito Goffredo, ilcampione dei cristiani, e tu pensiche io stia cercando Tancredi!». Larabbia ormai dominava Clorinda.«Sta a vedere: compirò un gestoglorioso, un’impresa notturna cheporterà la gloria a me e la vittoriaai miei alleati! Così dimostrerò ate, ad Arsete, e a tutti, saraceni ocristiani, chi è veramente Clo-rinda!». Ruggiva, come la tigre cheportava sull’elmo; e la tigre stessasembrava ruggire, adirata, terro-rizzando il poeta.«Sciocca! Cosa vorresti dimo-strare? Di essere una guerriera?!Sei solo una donna!»; anche Tassoera furioso: per qualche motivo, latestardaggine della guerriera lo in-fastidiva.Stavolta Clorinda sembrò spiaz-zata: non si aspettava una reazionedel genere da quell’uomo.«Io... Io non sono di certo l’unicadonna guerriera della storia: Pen-tesilea, Camilla, Bradamante eMarfisa hannogià dimostrato illoro valore inguerra; ed ionon sarò dicerto da meno.Che voleva,q u e l l ’ u o m o ,pensò? Ma era

tardi: fece per andarsene, maquando ormai gli dava le spalle,quello disse: «E tu credi veramentedi essere simile a loro?».Ormai aveva capito che quel-l’uomo sapeva molto più del suonome. Certo, molte volte si eraposta questa domanda; da sola, nelbuio della sua stanza, sapeva chele mancava qualcosa per essere uncavaliere simile alle donne cheaveva citato: per questo aveva de-ciso di tentare una sortita nelcampo dei cristiani, quella notte,per bruciarne le macchine d’asse-dio e dare così una possibilità divittoria ai saraceni. Una grandeazione per apparire, più ai suoistessi occhi che a quelli degli altri,un degno cavaliere.«Pensi davvero», ricominciò lui,«di poter diventare un cavaliere?Debole o forte, tu rimani sempreuna donna, e come tale, devi ri-manere al tuo posto».«Chi sei tu per dirmi qual è il mioposto!», urlò ancora Clorinda; mastavolta non era per l’orgoglio fe-rito: la tigre ruggiva per difendersi.«Mi credi così stupida da non sa-pere cosa voglio?!».«È così palese: tu sei più confusadi me, Clorinda! Sei una contrad-dizione che cammina: una donnache sogna la gloria, un guerrieroche vorrebbe amare!».Torquato sbuffò; da tempo pen-sava queste cose: inconsciamente,aveva elaborato un personaggio ametà tra Tancredi ed Erminia, masapeva che, prima o poi, avrebbedovuto fare i conti con le sue am-biguità. «Ancora poco, vedrai» ag-giunse, «e dovrai fare i conti conla tua natura: sei una chimera chenon può sopravvivere».

solo osservando meglio sirese conto di essere a Gerusa-lemme, la sua Gerusalemme, comel’aveva immaginata scrivendo ilpoema a cui lavorava da ormai unavita. Era il crepuscolo: il sole scen-deva verso l’infinito orizzonte.D’un tratto avvertì il clangore diun’armatura; un leggero rumoredi passi si avvicinava sempre più,tanto che Torquato non poté na-scondersi in tempo, quando un ca-valiere dall’armatura argentea uscìdal palazzo, apparendo proprio difronte a lui. Il guerriero gridò:«Fermo!», disse a Torquato, che ri-mase come paralizzato a quelle pa-role: non per la paura, ma per lostupore. La voce diquel cavaliere eracosì leggera, cosìdolce, da sembrarequella di una donna,per giunta familiare.Scrutò l’armaturadel guerriero: unatigre troneggiavacome cimiero sulsuo elmo, fiera e tanto realisticada incutere terrore; scrutava loscrittore, gli mostrava le fauci. Or-mai ogni dubbio era scomparso.Con un soffio di voce, il poetasussurrò: «Clorinda...». Non eravero, non era possibile: il suo per-sonaggio gli stava di fronte. Leisembrò sorpresa di sentir pronun-ciare il suo nome da quello sco-nosciuto; lo scrutò, indecisa se uc-ciderlo all’istante o prima scoprirechi fosse. Decise di aspettare: «Dache parte stai?» gli domandò bru-scamente. Tasso, ancora sbalor-dito, non capiva: quale parte? Clo-rinda però iniziava ad innervosirsi,stringendo la lancia: «Insomma, ri-

Se

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Torquato non poténascondersi intempo, quando uncavalieredall’armaturaargentea uscì dalpalazzo

Tu pensi davveroche io sia unadonna timida edindifesa? Un esserefragile, che nonpensa ad altro cheai sentimenti?

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di Mara Bugini2a F

Ogni riga, ogni pagina di romanzo vengono scritte

con l’unico scopo di emozionarci, creare in noi

lettori una sensazione di appartenenza, di

completa immedesimazione nei perso-

naggi. Provocare sorrisi, rabbia, pianto.

Ma non solo: anche permetterci di meglio comprendere

noi stessi e il mondo che ci circonda. L’ultimo libro che

ho letto è speciale. Narra una favola per bambini, ma che

ha tanto da rivelare agli adulti. Parla di cambiamenti, di

scoperte, di riflessioni, di dolore e di speranza. Questo

piccolo volume verde riporta solo una semplice scritta

sulla copertina: «la pianta Blanca». Scritto da una mia in-

segnante delle elementari, il libro racconta di come un

piccolo semino, ingenuo e curioso, crescendo, si tra-

sformerà, grazie alla sua umiltà e al ri-

spetto, in Blanca, maestosa

pianta piena di

sogni

e pro-

getti.

B lanca

insegna

ad amare,

ad avere

un cuore

grande, ad

essere sem-

plici, anche se

r i v e s t i a m o

ruoli impor-

tanti. Un libro,

quindi, carico di

insegnamenti e

frasi stupende,

riflessioni di

una pianta

che cresce.

«Non rinun-

ciare a nulla,

gustarsi tutto:

il bello, il

brutto, il tri-

ste e il no-

ioso. Vivere

è questo:

n o n

La lezionedi Blanca

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CLUB

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stino brancolando alla cieca; quellaspedizione era solo una scusa persfidare la sorte. Ora, però, rivol-geva una supplica a quello scono-sciuto, che le pareva così familiare.Torquato capì immediatamentecosa doveva fare. «Ti prometto», ledisse, «che alla fine di questa nottesarai in pace».«Da una parte o dall’altra?»Torquato abbassò lo sguardo, pensie-

roso. Non erauna scelta facile.«Qualunque siail tuo potere,amico mio»,disse Clorinda,r i m e t t e n d o s il’elmo, «conce-dimi il tuo aiuto:è difficile essere

un cavaliere in un mondo di dame;ed è altrettanto difficileessere una donna in unmondo di uomini. Iosono entrambe le cose;forse, solo la morte potràdar pace alla mia anima».Tasso sapeva che, sottol’elmo, la bella Clorindastava sorridendo. Lo sa-peva perchè quella era lasua Clorinda; guardan-dola rientrare nel palazzoed uscire dalla città, versoil suo destino, si sentìprofondamente legato alei.Gerusalemme svaniva,avvolta da una luce inna-turale. Mentre, nel sogno,sulla Città Santa ormairegnava la notte, nella re-altà, a Ferrara sorgeva ilsole.

Clorinda si appoggiò al bal-cone, spiazzata. Tolse l’elmo congesti lenti e calmi: le sue chiomedorate ricaddero sull’armatura, eTasso riuscì ad intravedere il collodi una veste, bianca come le cimeinnevate delle montagne. «Tu...»«Bradamante e Marfisa erano solomeri stereotipi. Tu sei molto dipiù», disse Torquato con serietà.

«Mi puoi aiutare?»,disse allora lei.Non una lacrima le ba-gnava gli occhi: forse

non ne aveva più, labella Clorinda. De-

cisa, aveva af-frontato il suo

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Torquato capìimmediatamentecosa doveva fare.«Ti prometto», ledisse, «che alla finedi questa notte saraiin pace»

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7 anni, o un ragazzino che vendela sua gemella alla morte per sal-varsi dalla derisione dei suoi com-pagni.Ognuno infatti si trova costretto arassegnarsi già dopo i primi capi-toli alla scontata passività delle vitedi entrambi i primi personaggi:l’una che si lascia deperire nel-l’anoressia e l’altro incapace diprendere decisioni. Le scelte di en-trambi non sono certamente det-tate dalla loro coscienza, né tanto-meno da un destino premeditato:sono piuttosto cambiamenti rela-zionati al lento e incompleto scor-rere delle loro vite, da un «vorreima non posso» condizionato dalsenso di colpa e dalla sofferenza.Un circolo vizioso che nessunosembra poter e voler spezzare.Una storia che fa venir voglia diurlare: «Alzati e vivi!» ad un uomoche prova felicità solo sangui-nando e a una donna che ro-

Solitudine e negazione dell’amore. Di ogni sfumatura del-l’amore: quello della famiglia, quello degli amici, quello di unfidanzamento e perfino quello per se stessi. È questo ciò dicui parla «La solitudine dei numeri primi», primo romanzo,da cui prossimamente verrà tratto un film, di Paolo Gior-

dano, scrittore torinese. Un romanzo le cui gravi note malinconiche siprotraggono per tutta - o quasi - la durata delle vite dei protagonisti,Alice e Mattia. Due esistenze se-gnate dal senso di colpa e dalla de-pressione, dall’odio verso una so-cietà superficiale e da una sensibi-lità che va ben oltre la sempliceemotività. È la solitudine infattil’ingrediente principale del loroparticolare rapporto, se così si puòdefinire: ciò che narra la penna diGiordano non è altro che il lentoe inesorabile declino di due esi-stenze sull’orlo della follia chefanno conto l’una sull’altra, senzaperò mai aiutarsi concretamente,

per tirare avanti anche a migliaia dichilometri di distanza, quando è ilsolo silenzio a regnare.È come se centinaia di parole sicomponessero da sole per descri-vere due vite in realtà passive, unracconto a tratti prevedibile e atratti sorprendente. In realtà, l’in-credulità del lettore nasce solo difronte ad episodi moralmente edemotivamente toccanti - come unabambina che a causa di uno sportimposto dal padre diventa zoppa a

avere intenzione alcuna di rinunciare alle emozioni chela vita sa donarci». Quanta ragione hai, Blanca, tu che maipotrai muoverti a causa delle tue radici, sai trasmettere gioia,voglia di vivere e affrontare il mondo, forza che a molti dinoi, inconsapevoli delle nostre fortune, manca.Cercando solo la felicità e la bellezza, dimentichiamo quantoanche ogni altra emozione sia necessaria per poterci real-mente affermare «vivi». Non si può credereche la vita sia solo «bella» o «brutta», inmezzo si collocano una moltitudinedi esperienze straordinarie e risultacosì arduo persino cercare un ter-mine adatto a definire l’esistenza.Semplicemente basterebbe la-sciare che ogni sentimento ci at-traversi, ci emozioni e, una voltapassato, ci abbia in qualche modoarricchiti. E quando non riusciamoin alcun modo ad accettare ciò chela vita ci ha posto di fronte, stiamosoffrendo troppo e vorremmo solofuggire dalla realtà, dobbiamo ricordaredi... «dire sempre la verità, meglio unacattiva verità che una dolce falsità». Inu-tile nascondersi dietro a menzogne, bugiebianche o nere il cui unico scopo è alteraree nascondere ciò che un giorno dovremoinevitabilmente affrontare, poiché ciò che orapuò richiedere sacrificio, ci offre, in realtà, una via per cre-scere, per imparare ad accettare la vita in ogni suo aspetto,dal più dolce al più aspro, senza privarci

di alcuna esperienza. Come è scritto ne «Il cacciatoredi aquiloni», «il peggior peccato è rubare e mentire è

rubare la verità agli altri e a noistessi..».Cresciuta tra i libri, dai classicialla narrativa attuale, nonposso che definirmiun’amante delle parole. Ognivolta che un nuovo libro ca-pita tra le mie mani, temo chequesto possa deludermi, manon succede mai, perchécome Pennac scrive: « Tutticerchiamo libri a noi più con-soni, perché non scorrano viacome pioggia, ma riescano inqualche ignoto modo ad insi-nuarsi nella nostra mente, farcisognare, arricchire il nostrobagaglio di conoscenze».Amare i libri non è da tutti edi rado si diventa grandi scrit-tori, narratori, oratori. Quella

con le parole è una relazione che si instaura lenta-mente, con il tempo. Crescendo i gusti cambiano,

ma di certo esisterà sempre il libro giusto per noi.

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LICEO STATALE GALILEO GALILEI CARAVAGGIO 2010

INTESTAZIONE

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ANNO XVIII NUMERO 2

di Sara Proverbio2a I

Vivere da numeri primi,senza mai sfiorarsi davvero

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INTESTAZIONECLUB

Giulia LorenziLa pianta BlancaPascal editrice

Il libro

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Non rinunciare anulla, gustarsi tutto:il bello, il brutto, iltriste e il noioso.Vivere è questo

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Il ragazzo cheinseguiva i suoi sogni

L’ambizione prin-cipale della no-stra vita o il“sogno nel cas-setto” è quel

sogno per cui vale veramente lapena lottare, vivere controcor-rente…. Jude, il protagonistadel film di Michael Winterbot-tom, tratto dal romanzo diThomas Hardy, «Jude The Ob-scure», aveva un sogno: andare

all’università.Siamo nella seconda metà del1800, Jude è un ragazzo ingleseche vive in una piccola cittadinarurale. Sin dalla fanciullezza hauna dedizione allo studio; leggee impara a memoria testi di la-tino e greco. Nell’età adulta in-contra Arabella, figlia di un al-levatore di maiali, con la qualesi sposa. Il loro matrimonioperò finisce presto, e i dueR

ec

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di Elena Pititto2a I

CLUB

vina la sua vita a causa diuna malformazione. Che sia questo ciò che vuole in-segnare l'autore? Il romanzo in-fatti, composto con uno stile con-sapevole, semplice e ragionato, ciintroduce una realtà spesso intra-vista nella vita di tutti noi, ma mairealmente approfondita. Una sto-ria che ci dona infine una speranzadopo una caduta durata trent'anni,ma che ci lascia anche quel sensodi vuoto e incompletezza di unamore maiconsumato, diun ' amic iz i aplatonica e didue esistenzetrascorse pa-rallelamente emai davvero

Durante il primo anno si erano scritti. Aveva co-minciato Alice, come in ogni altra cosa che li

avesse riguardati. Gli aveva inviato la foto di unatorta con la scritta un po’ sbilenca Buon Comple-

anno, fatta di fragole tagliate a metà. Dietroaveva firmato solamente A puntato e non aveva

aggiunto nulla. La torta l’aveva fatta lei, per ilcompleanno di Mattia, e poi l’aveva gettata nel-

l’immondizia tutta intera. Mattia aveva rispostocon una lettera di quattro pagine fitte, in cui le

raccontava come fosse difficile ricominciare in unposto nuovo, senza conoscere la lingua, e in cui siscusava di essere partito. O almeno così era sem-brato ad Alice. Non le aveva chiesto nulla riguaro

a Fabio, né in quella né nelle lettere successive e leinon gliene aveva parlato. Entrambi, tuttavia, ne

avvertivano la presenza estranea e minacciosa, appena più in là del margine del

foglio. Anche per questo avevano presto iniziato a rispondersi

freddamente e a lasciar passare ogni volta più tempo, finché la loro corrispondenza non si era

estinta del tutto.

Paolo GiordanoLa solitudine dei numeri primiMondadori1a edizione: 2008pp. 304

Il libro

È come se centinaiadi parole sicomponessero dasole per descriveredue vite in realtàpassive

incontratesi: la vita di due personenarrata con una metafora matema-tica. Due primi gemelli: numerirari, misteriosi e preziosi proprio acausa della loro unicità. «Soli e per-duti, vicini ma non abbastanza persfiorarsi davvero».

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ANNO XVIII NUMERO 2

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mevano le varie emozioni in modo pieno mettendoinsieme le note giuste. Il fatto stesso che sapesseroesternare ciò che sentivano dentro, utilizzando solostrumenti, senza parole, può far capire quanto pos-sano essere stati grandi e perché si ha memoria di loroanche adesso che sono trascorsi tanti secoli dal giornodella loro scomparsa.La vera musica non perde mai la sua bellezza nem-meno dopo decenni di avversità vissute dal mondo.Chi la recepisce realmente, sa cogliere ogni minimasfumatura che il compositore le ha voluto donare. Avolte la sa abbinare a determinati momenti della pro-pria vita rendendola un po’ sua, proprio come se fossela colonna sonora del proprio cammino.Le vere composizioni, quindi, non passano mai dimoda.Io amo la musica che mi sappia trasmettere ogni tipodi emozione, che mi sappia ispirare la fantasia e mifaccia immergere in un mondo tutto mio. Adoro quelgenere di musica che mi coinvolga appieno, facen-domi sentire ciò che l’autore ha messo dentro quellesemplici note e parole. Anzi, con le note uno statod’animo si affina fino alla perfezione.Non riuscirei a vivere senza musica. Perché, in fondo,la musica è come la vita, un battito da cui inizia iltutto.

Ogni mattina prendo il mio i-pod e,andando a scuola, ascolto musicadurante tutto il tragitto. Mi fa starebene. Ho sempre voglia di ascoltarebrani diversi, a seconda dell’umore,

dei pensieri che in quel momento mi tengono occu-pato. Il genere di musica che preferisco è senza dub-bio il rock. In questo tipo di musica molte volte lavoce viene omessa per dare libero sfogo agli stru-menti, facendo così capire quanto il solo ausilio diquesti possa rafforzare il significato del testo di unacanzone.Ogni tanto mi diletto ad ascoltare la musica classica,seppur più raramente. Essa aiuta a rilassarti, oppurepuò essere la compagna per una buona lettura.La musica è ovunque, per strada, in macchina, sul pul-lman, nelle feste e nei riti religiosi: la musica ci seguesempre. Il suo suono ti trascina, qualunque esso sia, anche setu non lo vuoi. In ogni canzone è racchiuso uno statod’animo e, bello o brutto che sia, quando la sentirai tiricorderai e proverai emozioni.I testi, in particolare, possono diventare tracce da se-guire nella vita o tracce che ti consolano e ti ralle-grano.La musica non è solo una delle tante forme d’arte cheaiutano l’artista a esprimere i propri pensieri, le pro-prie emozioni. La musica è tutto o nulla. È quello chechi l’ascolta vuole che sia.Un tempo per sentire l’esecuzione di questo genered’arte bisognava andare ai teatri, e chi vi andava eracolui, o colei, che l'amava e l’apprezzava pienamente.I compositori di allora erano persone che sapevanoandare oltre ogni apparenza, possedevano una fanta-sia in grado di superare quella di chiunque altro, espri-

di Fabio Orsini

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e realtà

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prendono strade diverse.Jude si trasferisce per un pe-riodo di tempo a Chri-stminster, sedeuniversitaria,dove tenta piùvolte (appog-giato dalla cu-gina Sue e dalex insegnanteRichard) di es-sere ammesso.Jude, innamo-rato della cu-g i n a ,riesce ac o -s t r u i r euna rela-zione conlei, anchese moltoostacolatoda una seriedi circostanzee dalla menta-lità della so-cietà. Proprioquando la vitadei giovani sem-bra avere unasvolta positiva,un evento do-loroso e dram-matico li se-para definitiva-mente. Judepiù volte tentadi riavvicinarsi a Sue, ma in-vano.La vicenda si conclude il giornodi Natale del 1889, quando…Jude è un ragazzo molto ambi-zioso, perseverante. Non si ar-rende mai, neanche di fronteagli ostacoli più difficili. Il suo

CLUB

Il filmJudedrammaticoregia di MichaelWinterbottomInghilterra, 1996con ChristopherEcclestone, Kate Winslet,Rachel Griffiths

› sogno di frequentare l’univer-sità e l’amore per Sue lo por-tano spesso a vivere una vita

difficile, drammatica e soprat-tutto lo emarginano dalla so-cietà.Sue, nella prima parte del film,è spensierata, piena di brio e

convinta dei suoi ideali, dellesue idee. Il suo rapporto

con lafede cri-s t i a n a ,d a p -p r i m a

poco importante; si consolidanei momenti più difficili e di so-litudine, convincendola che ciòche accade nella vita dell’uomoe in particolare della sua vita,avviene per volontà di Dio. Inquesta parte della vicenda, inol-tre, si chiude in sé stessa, si di-stacca dal mondo, vive aggrap-pandosi alle ultime speranzeper vivere un’esistenza migliore.La storia di Jude è significativa,dimostra come a volte la societàpossa influenzare profonda-mente l’esistenza di qualcuno,talvolta portando anche a ri-

nunciare ai propri sogni.Da sempre la società

erroneamente nonammette coloro che

sono «diversi», discrimi-nandoli.

Il film «Jude», girato daMichael Winterbottom, è

adeguato alla vi-cenda, ma noncoinvolge piena-mente il pubblico,tranne per il fi-nale: inaspettato edrammatico.

Jude non si arrendemai, nemmeno difronte agli ostacolipiù difficili

Sue, nella prima partedel film, è spensieratae convinta delle sueidee

Il libroThomas HardyGiuda l’oscuroBur Rizzolipp. 481 Ug

ANNO XVIII NUMERO 2

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INTESTAZIONE

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ANNO XVIII NUMERO 2CLUB

Con i Muse non sono consentitemezze misure. Come già accaddecon i Queen, un gruppo un tempo«imbarazzante» e oggi consideratoun classico – e una pesante pietradi paragone per il trio di Tei-gnmouth, nel Devon – i Muse siamano o si odiano. Del restoquando si intitola un album «BlackHoles and Revelations», non sipossono pretendere sconti. «Buchineri e rivelazioni»: si può essere piùpretenziosi? La musica dei tre gio-vani inglesi è altrettanto grandiosao kitsch, a seconda delle opinioni,e lo stesso leader, il cantante-chi-tarrista-pianista Matthew Bellamy,usa spesso espressioni come «esa-gerata» o «over the top» per defi-nirla. «Black Holes and Revela-tions» è un pasto completo, anzi,un vero banchetto di nozze. C’è unpo’ di tutto, spesso nell’arco di unastessa canzone. Pezzi rock appas-sionati e lirici come «Take a Bow»e «Demonocracy» si alternano a un

singolo sorprendente come «Su-permassive Black Hole», un funkyscippato a Prince con tanto di fal-setto vocale, mentre una sempliceninnananna come «A Soldier’sPoem» è controbilanciata dagliechi di Africa e Oriente nell’orche-strazione di «City of Delusion» (laKashmir dei Muse?), e la conclu-siva «Knights of Cydonia», trahard rock e Morricone, è un pic-colo film a se stante. I Muse, inquesto album del 2006, non sifanno mancare proprio niente. Sela musica è grandiosa, altrettantofaraonica è la cornice in cui vienepresentata. I Muse, quasi incuranti di tantosplendore, sembrano esclusiva-mente innamorati di ciò che sannofere meglio: la musica. Come peralcuni grandi e ambiziosi gruppiprima di loro (Beatles, Led Zeppe-lin, Queen, U2, Radiohead, tantoper far qualche nome) con il suc-cesso è arrivata anche la volontà di

sperimentare i propri limiti, e ma-gari superarli. Se «Black Holes andRevelations» non ha forse la qua-lità o le dimensioni di un albumcome «Physical Graffiti», «WhiteAlbum» o «London Calling», dicerto condivide l’ambizione onni-comprensiva. Sostiene infattiDom, l’esile e aggraziato batteristache però picchia duro come unfabbro: «Prendi un pezzo come“City of Illusions”. Ogni strofa èuguale, ma diviene esigua in mododiverso. Si passa da un suono lati-neggiante nella prima, al rock allaWhite Stripes della seconda, allapotenza ritmica della terza. Cer-chiamo di suonare una canzone intanti modi diversi, e di capire cosasarà meglio per lei. Radiohead,Kraftwerk, Morricone, tutti in-sieme: perché no?».Del resto i Muse non sono maistati un gruppo confinato al rockpuro e semplice. Le influenze clas-siche sono sempre molto presenti.

O LI AMI O LI ODI

Questi sono i

di Fabio Orsini5a C

Supermassive black holeOoh, baby, don't you know I suffer? Ooh, baby, can you hear me mourn?

You caught me under false pretences How long before you let me go?

Ooh ooh ahh, you set my soul alight Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked into the supermasssive

(Ooh ooh ahh, you set my soul alight) Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked in so...(Ooh ooh ahh, you set my soul...)

I thought I was a fool for no one But ooh, baby, I'm a fool for you

You're the queen of the superficial But how long before you tell the truth?

Ooh ooh ahh, you set my soul alight Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked into the supermasssive

(Ooh ooh ahh, you set my soul alight) Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked in so...(Ooh ooh ahh, you set my soul...)

Supermassive black hole Supermassive black hole Supermassive black hole Supermassive black hole

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked into the supermasssive

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked into the supermassive

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked into the supermasssive

(Ooh ooh ahh, you set my soul alight) Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked in so...(Ooh ooh ahh, you set my soul...)

Supermassive black hole Supermassive black hole Supermassive black hole Supermassive black hole

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ANNO XVIII NUMERO 2SPECIALE

Have you everbeen to Va-

lencia? If your answer is "no", youmust go there immediately! In thisbeautiful city you can find everythingyou need: you can have a lot of fun,but you can also learn Spanish. I went there a few weeks ago withmy class and I really enjoyed thisschool trip. We visited a lot of mu-seums, churches and cathedrals, wewent to the seaside, we did a lot ofshopping, we ate typical food like pa-ella and churros (delicious!) and wedrank horchata. At school, during the lessons, we le-

arnt a lot.The tea-

chers were really nice and funny, butwe also learnt Spanish grammar andvocabulary. Finally, on the last day,we had a party at the school: it was aprize our teachers gave us! In conclusion, my stay in Valenciawas really fantastic. I recommend asimilar experience to all students, butalso to their parents. Valencia is ab-solutely the best city I have visitedup to now, so what are you waitingfor? Go there and have a wonderfulholiday!

Martina Baruffi

DIARY FROM VALENCIA

✒✒

Have you ever thought ofspending a week in a won-

derful Spanish city? If you like theidea and want to practise your

Spanish, youcan do it. Take,for example,my experience.

I went on a school trip to Valen-cia. It was a wonderful holiday!We stayed with a Spanish host fa-mily and we attended a course aswell. Every morning we went to schoolfor four hours. You might think:“What a bore! Lessons also on aschool trip!”. Before this expe-rience I thought so, too, but youmust trust me: I had a lot of funduring the lessons!!In the afternoon we went sightse-eing around the city. Valencia iswonderful! We went to the Cityof Arts and Sciences and the

Aquarium. We visited the cathe-dral and we went to the top of thebell-tower called Miguelete. Wealso visited the Mercado deColón, which is a big buildingwhere there is a market everymorning. It was very interestingand it was not boring at all, be-cause every student had to explainone of the sights we visited. The weather was very good everyday. On a sunny and windy day wewent to the beach. It was a won-derful day! We also dipped ourfeet in the sea! We ate typical Spa-nish food like paella and choco-late with churros. It was a wonderful experience topractise our Spanish and to visitthe city. I recommend a similartrip to everybody. We had a lot offun and now we can speak Spa-nish much better.

Marianna Nisoli

✒✒

School, stress, bad weather. Would you like to have arest? Go to Valencia! You will have the opportunity

to meet new people, practise your Spanish, go sightse-eing and relax having a great time.

I have been there on aschool trip recently and itwas a wonderful expe-

rience! Staying with a host family is a very good way toimprove your Spanish and in addition, you can totallyimmerse yourself in Spanish culture. Valencia is also thethird most important city in Spain, people are friendly

and very kind and there are a lot of sights to visit. Let's imagine you have the opportunity to be in this fan-tastic city for just one week. Buses will take you where-ver you want, so you can visit all the most importanttourist attractions. Shops are open until 9.00 p.m. everyday, so you can go shopping whenever you like. Thereare a lot of schools for foreign students situated in thecentre of the city, so it is easy to reach them. Would I recommend this experience? Of course, Iwould.

Chiara Resmini

✒✒

Have you ever thought ofleaving your

school for a week andattending a Spanishschool? If the answer is yes, youshould pack your suitcase and flyto Valencia as I did a few weeksago with my classmates.Imagine being in a place whereyou can practise your Spanish andhave fun at the same time. Ima-gine being at the seaside, but alsoin a modern and sunny city, fullof culture.First of all, we visited the town ingeneral and I enjoyed it verymuch. Secondly, we saw the Cityof Arts and Sciences, where youcan find the biggest aquarium inEurope, called the Oceanografic.We also visited the towers thatwere part of the ancient wall, thebell-tower called Miguelete, andthe cathedral where there is thefamous and legendary Holy Grail.Personally, I believe that everyoneshould go on a trip like this. As amatter of fact, I strongly recom-mend flying to Valencia to all thestudents.

Giorgia Bonato

✒✒ V AS IN VALENCIA

CHICOS JUST WANTTO HAVE FUN

I LOVE VLC

ENJOY VALENCIA

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SPECIALE

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DIARIO DESDE VALENCIA

Desde el 21 hasta el 26 defebrero fui a Valencia de

excursión escolar. Salimos a las14.45 desde el aeropuerto deBérgamo y llegamos a las 16.30al aeropuerto de Valencia, hacíasol y calor.En España es todo muy diferentecon respecto a Italia. Por ejemplola escuela empieza a las 9.30mientras en Italia a las 8.00.Nuestra escuela en Valencia sellama Españolè y era muy bonita,bastante pequeña pero con cuatropisos y una terraza muy grandedonde algunas veces tuvimosclase. Mis profesoras se llamabanBegoña y María Luisa, ésta últimaera la jefa de la escuela. Lasclases empezaban a las 9.30 yterminaban a la 13.30, el pro-grama estaba bien organizado,para explicar algo la profesorautilizaba también canciones. ConEspañolè yo he aprendido sobretodo nuevas palabras y un pocode historia de España, pero tu-vimos que hablar sólo en españoly estudiábamos sólo gramáticaespañola.Mi familia valenciana era muy

hospitalaria y amable. Mi «madrevalencia-na» sel l a m aLola y mi «padre» José, ellos tie-nen dos hijos: Alejandro, 23 añosy Adrián 19 años; Lola y Joséhablaban mucho con Mariannay conmigo, pero Adrián y Ale-jandro no mucho porque siemprejugaban con su consola o usabanel ordenador. En España se cenamás tarde que en Italia, los espa-ñoles y sobre todo mi familiavalenciana, comen a las9.30/10.00 de la noche. Lola co-cinaba carne, patatas fritas y en-salada con tomates, ¡Estaba todomuy rico! La comida que megustó más fue la paella y el postremás rico, los churros con cho-colate. Las bebidas típicas deValencia son la «horchata» y el«agua de Valencia» que es alco-hólica. Los bares y los restau-rantes abrían a las 8.00 de la no-che porque en España la vida espor la noche. Es muy difíciladaptarse a las horarios de losespañoles pero es también unacosa muy original.

La visita a la ciudad me gustó mu-cho, hay muchísimos monumentosen Valencia y lo que me gustó máses el «Miguelete» el campanario dela Catedral. Visitamos también elMercado Central y el de Colón, lastorres de Serranos, de Quart y laLonja de la seda, el Palacio delmarqués de dos Aguas y la Iglesiade los Santos Juanes. Las personaseran muy amables y simpáticas, lared de transporte era bien organi-zada y fácil de aprender, pero algunasveces había demasiadas personasen el autobús.Valencia me gustó mucho y aprendímuchas cosas en español como to-dos mis compañeros y nos diverti-mos mucho paseando por las calles

y sacando fotos.

Marta Frigerio

¡QUÉ VIVA VALENCIA!

✒✒ La escuela donde estudiábamos Españolé, eramuy bonita y todos los profesores eran amables

y alegres. El edificio era bastante pequeño perotenía 3 pisos y una terraza, donde el último día tu-

vimos clase y también celebramosuna fiesta donde nuestras profesoras:Amparo y María Luisa, nos entre-garon un diploma. Todos los días

llegábamos al colegio a las 9.30, después teníamos4 horas de clase y un recreo de 15 minutos. Todoera muy divertido y los profesores simpáticos, lasclases eran muy interesantes y aprendí muchascosas (no hay comparación con las clases enItalia)... me sirvió mucho.Mi madre adoptiva se llamaba Carmen Contreras,era una mujer sobre los 60 que vivía sola en elséptimo piso de un edificio en calle Zapadores 3.Era una señora muy muy muy amable y acogedoraque cuando era joven amaba viajar por el mundo ypor eso ahora aloja a los estudiantes que soncomo ella. Además me ha preparado un pastel dechocolate para celebrar mi cumpleaños y esto mehizo mucha ilusión, era muy simpática y sobre

todo afable conmigo.Valencia es sin duda una ciudad preciosa. No muybulliciosa, pero tampoco aburrida! Me gustó sobretodo ir de compras y relajarme con mis amigos enlos jardines del Turia. Los valencianos son muygentiles con los extranjeros y si no entienden loque dices te ayudan (casi) siempre, especialmenteen el autobús que es el medio de transporte máscómodo para recorrer la ciudad y es más prácticoque en Italia, por eso veía muchos ancianos atodas las horas del día. Valencia está llena degente. me gustaría mucho vivir allí!Yo probé muchas cosas, para empezar la «Horchata»,una bebida típica valenciana, en la Horchateríamás antigua de la ciudad; después comí el «Fuet»,un salchichón muy pequeño; tomé «Tapas» queson pequeñas porciones de comida de diferentestipos; y por fin comí la paella típica de la ciudadque es con pollo. Mi única pena es la de no haberpodido probar «Sangría» ya que todos dicen quees muy buena. Me ha llamado la atención el hechode que en España se coma muy tarde: a las 2 la co-mida y a las 9 y media la cena… aquí en Italia se

DISFRUTANDOVALENCIA

come mucho más temprano! Creo que gracias a esta experiencia me uní muchoa mis amigos y conocí mejor a algunos compañeroscon los que antes no hablaba mucho. Probablementedebido al clima, a la ausencia de los padres, de laescuela y de los deberes, no estoy segura, peroestaban casi todos muy contentos y eran simpáti-cos.Este viaje me ha ayudado mucho para mejorar minivel de español, pero también para conocer mejora mis compañeros, descubrir la cultura valenciana

y visitar una ciudad muy bonita.

Ada Favaron

✒✒

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FOGLIO APERIODICO GRATUITO

A CURA DISilvia Ambrosini

GRAFICA E IMPAGINAZIONE:Filippo De Mariano

HANNO SCRITTO SU QUESTO NUMERO:Martina BaruffiGiorgia BonatoMara BuginiChiara Camiciottoli

Ada FavaronMarta FrigerioMarianna NisoliFabio Orsini

Ileana ParisElena PitittoSara ProverbioChiara ResminiSara RozzoniChiara TadoltiDaniele TomasoniSofia Zonari

Se vuoi pubblicare un articolo sul prossimo numero, invialo all’indirizzo e-mail

[email protected]

Un’altra notte. Ciò che va a posto,che viene dal molto sonno e nel sonno,accettalo. una notte ti guarirà.

Non devi piangere.

Ciò che viene dalla molta luce e di giorno,però non devi piangere,anche se viene tutti i giorni,cerca di conoscerlo, vuole guarire.

Ingeborg Bachmann, «Essere a posto»,Non conosco mondo migliore, Guanda