LA VITA DEGLI UOMINI E’ PIENA DI PASSIONI · Ci sono PASSIONI ECCELLENTI come la passione per la...

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Chi ha più “Passione” del Dio crocifisso?

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Chi ha più “Passione”

del Dio crocifisso?

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Carissimi,

vi raggiungo in questo periodo di Quaresima-Pasqua, non

solo per il tradizionale ma sentito augurio, ma anche per

riscoprire, se ce ne fosse ancora bisogno, la “passione” di Gesù

per noi.

Dio non ci ama per finta, Gesù ci ama talmente che morì e

risorse per noi, non perché eravamo bravi, ma mentre eravamo

peccatori.

Se a Natale con gli auguri vi ho offerto alcune storie per

riflettere, lo scritto di questa Pasqua è un po’ più impegnativo

sia per la riflessione che per la preghiera, ma spero faccia

fremere il nostro cuore per rispondere anche noi con “passione”

al Suo Amore,

don Franco

LA VITA DEGLI UOMINI E’ PIENA DI PASSIONI

PASSIONE: questa parola deve farci riflettere. Proviamo ad esaminare

il termine e i suoi derivati..

Noi diciamo che una cosa, un film, un romanzo sono appassionanti, se

ci tengono legati, con il fiato sospeso. Appassionato è colui che si

prende a cuore una cosa fino quasi a non veder più altro. Un amore

appassionato è quello in cui la passione, il desiderio, la corporeità sono

un tutt’uno per l’altro.

Il termine passione poi deriva dal verbo passare: la moda passa, il

tempo passa, noi passiamo da un’età all’altra, noi passiamo da questo

mondo ad un altro… Anche il termine paziente o impaziente hanno la

medesima radice e indicano il nostro accettare o non accettare una

realtà difficile. I medici chiamano paziente il malato che deve

sopportare il male e qualche volta anche le cure.

Ma tutto questo richiama anche quello che noi chiamiamo le passioni al

plurale, le nostre passioni.

Ci sono PASSIONI ECCELLENTI come la passione per la giustizia, per la

pace, per essere a servizio degli altri…

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Ma ci sono anche delle PASSIONI TERRIBILI come quella del denaro,

dell’alcool, del sesso, del gioco, del potere, la passione della gelosia,

della vendetta, del sangue, della vanità…

Queste passioni le incontriamo ogni giorno nel mondo ma spesso anche

in noi stessi.

I giornali e le televisioni ne sono pieni ed esse sfociano spesso nella

violenza, nell’odio, nel razzismo, nel disprezzo della persona e della

vita; esse sono semi di discordia, di guerra, esse portano alla morte.

L’uomo che si lascia sopraffare da queste passioni violente perde poco

per volta le qualità che lo rendono uomo. E’ dominato dalla passione. E’

posseduto da essa. Non è più lo stesso. Diventa alienato.

Ora, se ci pensiamo bene, a gradi diversi siamo tutti più o meno

animati dalle passioni.

Ed è proprio perché noi siamo schiavi delle nostre passioni che c’è LA

PASSIONE DI GESÙ.

Attraverso la passione di Gesù noi recuperiamo il senso pieno delle

parole che abbiamo esaminato all’ inizio

Attraverso la sua passione Gesù è passato da questo mondo al

Padre. Ecco allora il senso della Pasqua, il passaggio.

Gesù torturato sulla croce che accetta di donare la vita per noi ci

ha fatto vedere in pieno il senso della pazienza e dell’essere

pazienti.

Gesù accetta la croce perché è appassionato del nostro vero

bene.

La storia di Gesù e della sua morte e risurrezione, se la

comprendiamo bene, ci appassiona più di un film o di un

romanzo soprattutto perché è una storia che ci riguarda.

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LA PASSIONE DI DIO E’ L’AMORE

Amore è una parola talmente usata, e tante volte impropriamente e

malamente usata, che ci si chiede se la si possa ancora usare per

parlare di Dio.

Quando Egli ci parla attraverso i suoi profeti viene usato il termine

“carità”. Ma noi abbiamo usato impropriamente anche questo termine

riducendolo a sinonimo di elemosina, il dono di una moneta o di un

biglietto di banca. L’amore di Dio è un’altra cosa.

DIO AMA COME UN PADRE

Egli ama meglio di qualunque padre noi conosciamo. Che cosa vuol

dire? Principalmente questo: Egli ci ama prima ancora che noi siamo

amabili. E’ sempre Lui il primo che inventa, che prende l’iniziativa in

tutto quello che ci riguarda. Ci ama gratuitamente e il suo amore ci

rende vivi. Per amore ci ha pensati fin dall’eternità, ci ha creati,

chiamati per nome, per amore Egli ci salva.

DIO AMA COME UN PASTORE

Per noi forse l’immagine del pastore è un po’ sbiadita: oggi non

vediamo quasi più pastori. Ma Dio ha usato questo paragone per della

gente che aveva dei greggi e che in massima parte viveva di pastorizia.

Dio si presenta come il pastore che guida il suo gregge di pascolo in

pascolo, portando le sue pecore a sorgenti di acqua fresca. Dio sa dove

condurci. Egli veglia su di noi, il suo amore è previdente; Egli per noi è

Provvidenza.

DIO CI AMA COME UN AMICO

Chi avrebbe osato dire che Dio è un amico per l’uomo? Egli è così

diverso, trascendente, distante da noi; ma, guardiamo bene: Abramo è

chiamato “l’amico di Dio”. Di Mosè la Bibbia ci dice che parlava con Dio

“come un amico col suo amico”; e quando Gesù è venuto a vivere su

questa terra Egli ha condiviso tutto cominciando dalla mensa come si fa

tra amici. Ed è proprio in questa convivialità che ha detto: “Io non vi

chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone, ma vi

chiamo amici perché ciò che io appreso dal Padre mio ve l’ho fatto

conoscere”. Così è l’amicizia di Gesù per noi che ci fa parte dei suoi

segreti. Così è l’amicizia di Dio per noi che ci introduce nella sua vita

divina.

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DIO AMA COME UN FIDANZATO

E’ nell’amore di un fidanzato per la sua fidanzata, di uno sposo per la

sua sposa che l’amore giunge al massimo. Questo amore sorpassa tutti

gli altri perché più di tutti gli altri è totale e gratuito. Dio stesso lo ha

proclamato quando ha detto: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre

per unirsi alla sua sposa”. Questo amore rivela libertà perché

conseguenza di una scelta. Anche Dio ci vuole amare così.

Noi non avremmo mai usato un paragone così se non fosse stato Dio

stesso ad usarlo a più riprese, pensiamo ad esempio a quando dice al

suo popolo: “Io ti fidanzerò a me per sempre, io ti fidanzerò con

tenerezza e amore”.

Nel Vangelo Gesù ci dice che è Lui il fidanzato, lo sposo. San Paolo dice

che “Gesù ha amato la Chiesa come uno sposo ama la sua sposa”. Per

Dio ognuno di noi è unico e irripetibile e amato di amore particolare da

Lui.

L’AMORE DI DIO E’ UN AMORE PERSONALE

Gli uomini sono talmente tanti che noi ci chiediamo stupefatti: “Come

potrà Dio amare ciascuno personalmente, differentemente dagli altri

come se egli fosse unico?”

Stupidi che siamo! Possiamo forse noi misurare la grandezza di Dio?

Sì, Dio conosce e ama ciascuno personalmente nell’intimo più profondo

della sua personalità. Personalmente conosce e ama ciascuno.

Personalmente vuol dire che Egli va al di là delle apparenze, del volto,

delle parole, dei gesti. Egli arriva al nostro cuore e se noi siamo aperti

a Lui inizia con ciascuno un dialogo di amore particolare.

L’AMORE DI DIO E’ UN AMORE CHE SALVA

Più di ogni altra cosa è questo che Dio ha cercato di farci capire. La sua

passione è salvare. Egli ce lo ha fatto capire con tutta la storia della

salvezza, lo ha detto e ridetto attraverso la voce dei profeti e lo ha

realizzato in Cristo per ciascuno di noi. Gesù ha inventato delle

indimenticabili parabole per descrivere questo amore che perdona, che

riabilita, che ridà tutto ciò che si era perso; Egli si è chinato sulle

sofferenze ed ha guarito, ha trattato i peccatori della sua epoca come

amici, ha preso le parti dei poveri.

Prima di Lui c’era il peccato e la morte lontano da Dio; ormai ci sono

ancora la sofferenza e la morte ma esse si trasformano in risurrezione

e vita con Dio, per sempre.

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QUESTA E’ LA PASSIONE DI DIO CHE SI MANIFESTA

ATTRAVERSO LA PASSIONE DI GESU’

Tutto il male di tutte le nostre passioni cattive si è coalizzato contro

Gesù e lo condanna e uccide.

Ma l’amore di Dio per noi, proprio in quel momento con Gesù crocifigge

il male. Se noi ci uniamo a Lui questo amore ci libera e ci salva.

IL DRAMMA DELLA PASSIONE DI GESU’ ERA

STATO ANNUNCIATO DALLA BIBBIA

Dopo la sua Risurrezione Gesù, a più riprese, dice

che la sua Passione, Morte e Risurrezione sono state

annunciate dalla Bibbia: “ Bisognava che si

adempisse tutto ciò che era stato scritto su di me

nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.

La legge di Mosè

Nell’ insieme dei libri che vanno sotto questo nome (il

Pentateuco) si trova il racconto della Pasqua, la descrizione della

Cena pasquale, la conclusione dell’alleanza.

I profeti

Essi hanno cantato l’amore di Dio per il suo popolo. Essi hanno

detto la sofferenza degli inviati di Dio, in modo particolare hanno

descritto la sorte del Servo di Dio.

I Salmi

Molti salmi hanno parlato delle sofferenze del giusto. Il più

commovente è il Salmo 21, quello di cui Gesù stesso ha citato i

primi versetti proprio sulla croce: “ Dio mio, Dio mio, perché mi

hai abbandonato?”

ECCO QUELLO CHE POTREMO DEFINIRE IL QUINTO VANGELO

DELLA PASSIONE DI GESU’

Circa sei secoli prima di Cristo in quattro riprese, il libro di Isaia

descrive un misterioso “Servo di Dio” nel quale gli apostoli e tutta la

Chiesa hanno riconosciuto Gesù Cristo.

Ben in altro modo che essere descritto come un re potente e vittorioso

al modo di Davide e della discendenza a lui promessa da Dio, il servo ci

appare come un innocente perseguitato e messo a morte, ma Egli,

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attraverso questa morte diventa il Salvatore che il popolo attendeva. La

gloria gli è promessa ma dopo l,a sua sofferenza e a causa di questa

sofferenza accettata e offerta.

Isaia capitolo 53

[1]Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? A chi sarebbe stato

manifestato il braccio del Signore? [2]E` cresciuto come un virgulto

davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né

bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui

diletto. [3]Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben

conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era

disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. [4]Eppure egli si è

caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo

giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. [5]Egli è stato

trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo

che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo

stati guariti. [6]Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno

di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità

di noi tutti. [7]Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca;

era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai

suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. [8]Con oppressione e ingiusta

sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu

eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu

percosso a morte. [9]Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu

il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse

inganno nella sua bocca. [10]Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con

dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza,

vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.

[11]Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua

conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà

la loro iniquità. [12]Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei

potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte

ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di

molti e intercedeva per i peccatori.

NELLA PASSIONE DI GESÙ LA SALVEZZA

DELL’UMANITÀ’

Nella stagione primaverile probabilmente dell’anno

Trenta, in occasione della Pasqua, Gesù discese

con i suoi discepoli dalla Galilea a Gerusalemme.

Nell’atmosfera della grande festa ebraica, annuale

memoriale della prodigiosa liberazione dall’Egitto

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(Esodo 12,1-14), Gesù tenne con i suoi discepoli la sua ultima Cena.

Durante quel pasto, ardentemente desiderato (Luca 22,15), egli

anticipò misteriosamente la sua morte cruenta e offrì la propria vita in

un atto d’amore.

Prendendo le mosse dall’antico rituale pasquale ebraico, che

prevedeva, tra l’altro, la consumazione di pani azzimi e l’assunzione per

quattro volte del vino nella coppa, egli, spezzando il pane e

distribuendolo tra i discepoli, disse: “Questo è il mio corpo, che è dato

per voi”; poi, offrendo loro il calice del vino, disse ancora: “Questo

calice è la nuova alleanza nel mio sangue che viene versato per voi”

(Luca 22,19-20). In questo modo egli di fatto creò un nuovo e

misterioso memoriale, da rinnovare nel tempo fino al suo ritorno Al

memoriale antico della liberazione di Israele dall’Egitto veniva così a

sostituirsi il memoriale nuovo della redenzione dell’umanità nel sangue

di Cristo (“Fate questo in memoria di me”: Luca 22,19; vedi 1Corinzi

11,23-25). L’antica liberazione di Israele dall’oppressione egiziana

assumeva l’aspetto di un evento simbolico e profetico. La liberazione

mostrava ora il suo vero volto, quello del riscatto dell’umanità

dall’oppressione oscura e amara del peccato: il sangue di Cristo sarà

infatti versato per la remissione dei peccati (Matteo 26,28; vedi Marco

10,45). Ebbene, proprio nella remissione dei peccati o nella redenzione

dal peccato si deve ricercare, in buona parte, il senso della passione di

Cristo. Di questo, appunto, trattano i racconti evangelici, quando

descrivono gli avvenimenti che seguirono l’ultima Cena di Gesù.

Prima, però, è bene ricordare due cose. Anzitutto, che Gesù stesso

parlò ai suoi discepoli di quanto sarebbe avvenuto a Gerusalemme. Il

vangelo di Luca, ma anche quelli di Matteo e di Marco, riferiscono che,

presa la decisione di incamminarsi verso la città santa (Luca 9,51),

Gesù per tre volte mise sull’avviso i suoi discepoli, preparandoli al suo

destino di sofferenza e di gloria. Il terzo di questi annunci è il più

eloquente: “Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu

scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compirà. Sarà

consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi, e, dopo

averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà” (Luca

18,31-33). Non va poi dimenticato che il destino di Gesù è presentato

in questi annunci, ma anche altrove nel racconto evangelico, come

l’attuazione della parola dei profeti, fissata nelle Scritture. Potremmo

dire: così è avvenuto perché così era scritto. Ci si imbatte dunque in

una sorta di misteriosa necessità, che rinvia all’intenzione divina.

Consideriamo, dunque, in questa prospettiva gli avvenimenti che

seguirono l’ultima Cena di Gesù, in rapida carrellata. Da notare che,

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salvo rare eccezioni, ogni atto narrato dai vangeli nella passione si

presenta come colpevole, ingiusto e crudele. Tutti coloro che

intervengono nei confronti di Gesù si comportano da malvagi, o, per

meglio dire, da peccatori. Si delinea una grande verità: consegnandosi

mite e benevolo nelle mani di uomini che faranno di lui quello che

vorranno, l’Agnello di Dio ha preso su di sé e ha tolto il peccato del

mondo (vedi Giovanni 1,29).

Ed ecco allora la sequenza impressionante dei peccati degli uomini

contro Gesù nel corso della sua passione. Anzitutto, il tradimento di

Giuda: egli vende il suo maestro e lo tradisce con un bacio (Luca 22,1-

6.47-48). Segue l’arresto di notte e il processo giudaico, costruito ad

arte su accuse pretestuose e ispirato dall’odio e dalla gelosia (Luca

22,66-71; vedi Marco 14,53-59; 15,10). Il sinedrio, riunito di fretta in

assemblea, pronuncia la sentenza di morte. Ma essa non può essere

eseguita: la legislazione vigente a Gerusalemme non consentiva alle

autorità ebraiche di mettere a morte nessuno (vedi Giovanni 18,31).

Dovendo sottoporre il caso al giudizio del governatore romano, si

impone la necessità di formulare un’accusa. Si dirà allora al

governatore che costui si è proclamato re dei Giudei e ha quindi

commesso un delitto di lesa maestà nei confronti dell’imperatore (Luca

23,1-2). È un’accusa palesemente infondata e contraddittoria. Pilato, il

governatore romano della Giudea, ne riconosce l’inconsistenza, ma alla

fine, per ragioni di convenienza, acconsente alla richiesta delle autorità

giudaiche. Emerge così la sua colpevole viltà, motivata, ultimamente,

dal suo attaccamento al potere (Luca 23,13-25; vedi Matteo 27,24-26).

Sulla scena compare anche il re Erode, figura fatua e gaudente.

Anch’egli è consapevole dell’innocenza di Gesù: potrebbe liberarlo,

trovandosi Gesù sotto la sua giurisdizione. Se ne prende invece gioco e

lo rimanda al governatore (Luca 23,8-12). L’epilogo diviene così

inevitabile e si procede al macabro rituale della crocifissione. Gesù è

consegnato ai soldati di Pilato, che, con astuzia feroce, ne fanno un re

da burla, ponendogli sul capo una lacerante corona di spine (Marco

15,16-20). Caricano poi il legno della croce sulle sue spalle, già

straziate da una devastante flagellazione (Marco 15,15). Giunti al

Golgota, lo crocifiggono: tortura orribile e atroce, che conduce Gesù ad

una morte tra tormenti (Marco 15,24.33-37). E, sino all’ultimo

momento, insulti e offese (Marco 15,29-32).

Che Gesù non meritasse tutto questo è il minimo che si possa dire.

Colui che era santo e giusto (vedi Atti degli Apostoli 3,14) fu trattato

come un malfattore, inchiodato al legno tra due briganti. Ora, come ha

potuto tutto ciò rientrare in un disegno divino? Come ha potuto Dio

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accettare una simile ingiustizia e una tale crudeltà nei confronti del suo

Messia? Secondo quanto riferito dall’evangelista Luca, Gesù stesso

aveva dichiarato ai discepoli durante la sua ultima Cena: “Deve

compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i

malfattori” (Luca 22,37). Una parola che getta luce sul destino

enigmatico del Figlio di Dio e che conferma quanto già abbiamo cercato

di precisare. Il passo qui ricordato è quello di Isaia 53,12, ultimo

versetto del quarto carme del Servo di JHWH (52,13-53,12), figura

profetica e misteriosa, mite e sofferente, che si fa carico delle colpe del

suo popolo in atteggiamento di ammirevole condiscendenza. Ma il

passo che Gesù richiama è più ampio e va letto per intero: quel che

non viene citato e va considerato sottinteso costituisce, per il terzo

evangelista, la vera chiave di lettura della passione del Messia. Si dice

infatti (a parlare è il Signore Dio): “Perciò gli darò in possesso le

moltitudini ed egli distribuirà il bottino insieme ai potenti, perché ha

offerto se stesso alla morte e fu annoverato fra i malfattori. Egli invece

si fece carico del peccato di molti e intercedette per i peccatori”

(53,12). Profeticamente annunciato dalla figura del Servo di JHWH, il

Cristo ha dunque preso su di sé, nella sua passione, il peccato della

moltitudine per diventarne intercessore. La ragione di questa atroce e

ingiusta sofferenza va ricercata quindi nella volontà divina di trionfare

col suo amore mansueto sulla malvagità degli uomini, per poterli

accogliere redenti nella sua casa (vedi Giovanni 14,1-4). La passione di

Cristo ha così fatto di lui il vero e unico sommo sacerdote,

misericordioso e capace di realizzare la salvezza (Ebrei 2,17): offrendo

in sacrificio la propria vita, egli ha davvero rimesso i peccati,

spalancando all’umanità le porte della santa dimora di Dio (vedi Ebrei

9,11-12).

Rielaborato da un articolo di Pierantonio Tremolada

LA PASSIONE SECONDO LA SCIENZA E LA

MEDICINA

Con ogni probabilità la croce di Gesù era alta soltanto

un due metri ed aveva la forma come un T.

Nonostante l’idea che noi abbiamo e che è stata

manifestata dalla maggioranza dei pittori non bisogna immaginarsi

Gesù che parte dal Pretorio di Pilato portando la croce tutta intera.

Tutti i documenti di epoca romana ci mostrano che il condannato

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portava dal luogo della condanna fino a quello del supplizio soltanto il

braccio trasversale della croce infatti l’ordine della condanna era

formulato con questi termini: “Metti il legno sullo schiavo”. Costui

riceveva il legno dietro la nuca, sulle spalle. Le sue braccia e le sue

mani venivano legate al legno ed egli doveva camminare così per le

strade fino al luogo della esecuzione. Il peso di questa trave era di circa

50 chili.

Naturalmente se il condannato perdeva l’equilibrio non aveva la

possibilità di proteggere la caduta con le mani, quindi andava faccia a

terra schiacciato dal peso del legno. C’erano fuori della città dei luoghi

abitualmente usati per l’esecuzioni. Lì erano già normalmente piantati i

pali verticali delle croci.

Arrivati sul posto non restava che alzare il legno trasversale con il

condannato legato (o inchiodato) e incastrarlo in una particolare

fenditura creata precedentemente in punta la legno verticale.. Gesù

oltre che essere legato al braccio orizzontale fu inchiodato per i polsi ad

esso. I suoi piedi furono inchiodati su quello verticale. I pittori hanno

rappresentato il crocifisso che appoggiava i piedi su una soletta di

legno inchiodata al palo verticale. Storicamente non ci sono

testimonianze di questo.

Per quanto fossero atroci le sofferenze (pugni, flagellazione, cadute,

ferite dei chiodi che avevano trapassato i nervi della braccia e delle

gambe, coronazione di spine…), non furono queste le cause dirette

della morte di Gesù. Egli morì di una lenta asfissia. Questa stessa

asfissia provocò in Lui una progressiva contrazione di tutti i muscoli

come capita nel caso di un crampo ma soprattutto del tetano.

L’asfissia ha come causa e come conseguenza l’impossibilità di

respirare sufficientemente e nel crocifisso è dovuta al fatto di essere

appeso per le mani. In questa posizione il petto non riesce a sollevarsi

e al inspirare se non poggiando sul chiodo dei piedi, tirandosi su e

facendo leva sui chiodi delle mani per alleviare la tensione e il peso che

grava sui polmoni, e questo ogni volta che il condannato vuol fare un

minimo di provvista di ossigeno. Questo supplizio dura almeno tre ore.

L’insufficienza di ossigeno eleva il tasso di anidride carbonica nel

sangue e questo sangue avvelenato provoca la contrazione dei muscoli

che bloccano poco per volta braccia, gambe e torso. La cassa toracica è

sempre più bloccata riducendo ancora di più la capacità respiratoria

fino alla morte.

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LA PASSIONE DI GESU' SECONDO MARCO

Proviamo a seguire il filo del racconto di Marco (14,32 - 15,41).

1. Al Getsemani (14,32-42) Questo episodio può essere definito come

“la passione interiore” del Messia, dove ci è rivelato ciò che egli ha

provato nel suo animo. La scena è di una intensità drammatica: Gesù è

spaventato e disorientato, barcolla sfinito e cade più volte al suolo.

Mentre i racconti paralleli di Matteo e di Luca addolciscono la brutalità

del momento, presentandoci Gesù in atteggiamento di adorazione,

prostrato con la faccia a terra (Matteo 26,39) o in ginocchio (Luca

22,41), Marco, con dure espressioni, accentua il contrasto del mistero

di Cristo: Figlio di Dio, eppure abbandonato alla sofferenza. L’ora è

giunta: Gesù vorrebbe vederla passare senza dover assaporare il calice

amaro del dolore, ma si rimette alla volontà del Padre. Rivolgendosi a

lui con estrema confidenza, lo chiama “Abbà”, un termine che solo

Marco, tra gli evangelisti, ci riporta nell’originale aramaico e che veniva

usato nel linguaggio familiare da bambini e adulti per rivolgersi al padre

terreno: “papà”. Abbandonato dai discepoli, in particolare da Simone,

Gesù supera la prova e, con fiducia rinnovata nel suo Dio-Abbà, va

incontro al traditore.

2. L’arresto (14,43-52) Anche in questo brano Marco ci presenta i fatti

in modo scarno, con estrema sobrietà. Dietro le frasi si sente quasi il

ritmo incalzante degli eventi: “E subito arrivò Giuda, uno dei Dodici, e

con lui una folla con spade e bastoni”. Giuda bacia Gesù: è il segnale.

Gesù viene preso. Non dice nulla a Giuda, come pure rimane per lo più

silenzioso per tutta la vicenda. Questo silenzio di Gesù è altrove

esplicitamente rimarcato dall’evangelista (Marco 14,61;15,5); nel resto

del racconto Gesù parlerà solo tre volte: alle guardie, al sommo

sacerdote, a Pilato (Marco 14,48-49.62;15,2). L’ultima parola sarà il

grido al Padre (Marco 15,34).

3. Il processo giudaico (14,53-72)La narrazione dell’evangelista è

attraversata da forti contrasti: l’istruttoria, tesa a stabilire la

colpevolezza dell’imputato, rivela la mancanza di obiettività nel

processo; Gesù viene giudicato e condannato, ma in realtà sarà lui a

giudicare gli uomini nel regno di Dio; mentre confessa coraggiosamente

di essere il Messia, viene malmenato e trattato come un profeta da

burla, e il più ardente dei discepoli lo rinnega.

4. Il processo romano (15,1-20) Sotto l’amministrazione romana, il

sinedrio, supremo tribunale giudaico, aveva il potere di trattare le

cause capitali, ma non di eseguire la sentenza. Solo il procuratore

poteva farlo. Finora a Gesù sono state mosse solo accuse di ordine

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religioso: opposizione al tempio, pretesa di rivestire il ruolo di giudice

universale riservato solo a Dio. Ora, davanti a Pilato, le autorità

giudaiche presentano Gesù come il pretendente al titolo di re dei

Giudei, cioè come uno dei tanti rivoluzionari che miravano a scatenare

la lotta di liberazione dai romani. Al centro del processo sta la regalità

di Gesù. Il “re dei Giudei”, – un titolo che in Marco incontriamo soltanto

qui e sulla croce (Marco 15,26) – è rifiutato dalla folla, sobillata dai capi

dei sacerdoti, che gli preferisce un omicida, mentre è trattato dai

Romani come un re da commedia. Ma per i credenti, che riconoscono

nel Nazareno, percosso e schernito, il servo umile del Signore cantato

da Isaia (Isaia 50,6), è lui il vero re del mondo.

5. Il Calvario (15,21-41)Il dramma della croce viene scandito in tre

tempi, secondo le tre ore della preghiera giudaica: le nove,

mezzogiorno, le tre del pomeriggio. Anche sulla croce Gesù prega e

invoca il Padre, ma tutto sembra accentuare l’impressione della sua

solitudine: egli è nel più totale abbandono. Le sue pretese risultano

completamente smentite: come fa a dichiararsi capace di edificare un

nuovo tempio e a presentarsi come Messia, se ora non riesce a salvare

se stesso dalla morte imminente? Le tenebre si fanno più dense; viene

il giorno del Signore, annunciato dai profeti (Amos 8,9; Gioele 2,10),

ma non è il giorno della liberazione e della vittoria. Per Gesù è l’ora

della fine. Ma proprio nel momento del buio più fitto si squarcia

finalmente il mistero della sua straordinaria vicenda: dalle tenebre

scaturisce la luce. Quella che sembrava la disfatta più completa, si

rivela come l’inizio di una storia nuova. La testimoniano i due segni

presentati dall’evangelista. Il primo è quello del velo del tempio: si

tratta della tenda del santuario, che segnava l’ultima barriera di fronte

al “santo dei santi”, la parte più intima del tempio, dove poteva entrare

solo il sommo sacerdote una volta all’anno, nel giorno dell’Espiazione.

Questo velo è lacerato: ormai, con la morte di Gesù, l’accesso a Dio è

aperto a tutti, anche ai pagani, come risulta dal secondo segno, quello

della professione di fede del centurione romano. L’ufficiale avrebbe

avuto più di altri motivo di scandalizzarsi della morte di questo re dei

Giudei; in realtà egli è il primo a riconoscere nel crocifisso il “Figlio di

Dio”, e questo proprio perché lo ha visto morire “in quel modo”. Proprio

perché ha rifiutato di salvare se stesso, Gesù ha salvato tutti. Con

questa professione di fede siamo già orientati alla scoperta del mattino

di Pasqua: la storia di Gesù non resta chiusa nel sepolcro scavato nella

roccia, ma è aperta sulla nostra storia.

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LA PASSIONE NELLA VITA DEI CRISTIANI

Il male, la sofferenza… che senso hanno?

Luigi è malato. Egli soffre di una malattia misteriosa davanti alla

quale i medici sono impotenti. Vivrà ancora per qualche anno

ma non conoscerà più la serenità di una buona salute. E’

condannato ad una lunga, estenuante, progressiva malattia.

Che senso può avere ancora la sua vita?

Lucia è madre di due bambini: Erick che ha tre anni e Francesca

che ha diciotto mesi. Viveva felice con il marito e i figli quando

per un incidente stradale le morì il marito. Lucia è disperata. Le

manca tanto suo marito, non ha altri parenti. La sua pena è

immensa, la sua solitudine senza nome. Anche lei cerca il senso

della sua vita.

Andrea ha trentacinque anni; è un operaio coscienzioso ma è

stato licenziato dall’ impresa dove lavorava per aver preso le

parti di alcuni suoi compagni di lavoro che erano state vittime di

una ingiustizia. Eccolo disoccupato, con poche prospettive di

lavoro, con tre figli a carico, vittima della sua passione per la

giustizia.

Maddalena era sposata da dieci anni. Aveva sempre amato il

proprio sposo nonostante alcune sue infedeltà. Ora però la sua

disperazione è completa: colui che amava e che ama ancora l’ha

abbandonata andandosene. Dovrà rimanere sola. E’ un colpo

molto duro per lei.

La malattia, la morte, la separazione, la solitudine, l’ingiustizia, il

degrado morale… quante sofferenze, quanti mali nella storia degli

uomini e nostra!

Ma, tutto questo ha un senso? Tutto questo serve a qualcosa?

Quelli che non credono in Dio rispondono: “No! Tutto questo è assurdo”

oppure: “ E’ la fatalità, il destino… non c’è niente da fare!”

Il Cristo nella sua passione soffre i peggiori tormenti che l’uomo possa

conoscere nel suo corpo e nella sua anima, ma ci dà un’altra risposta.

E’ vero che ai nostri occhi la sofferenza è inumana, ingiusta,

assurda.

La passione di Gesù è la più ingiusta di tutte le sofferenze

perché colpisce colui che è senza peccato e fa morire colui che ci

porta la vita.

15

Ma la passione di Gesù si completa nella sua risurrezione.

Questa morte è sorgente di vita per Gesù stesso e per tutti gli

uomini.

Ormai ogni sofferenza fisica e morale è illuminata dalla

passione, morte e risurrezione di Gesù. Ogni sofferenza umana

per quanto ingiusta o assurda che essa sia, non sfocia nella

morte se non per attraversarla e giungere alla risurrezione. “Se

soffrite e morite con Cristo – dice San Paolo – voi risusciterete

con Lui”.

Ogni cristiano che soffre unisce la propria sofferenza a quella di

Cristo e la offre come una preghiera realizzando quanto ancora

Paolo ci dice: “Io completo nella mia carne ciò che manca alla

sofferenza di Cristo.

IL SEGNO DI CROCE

Tutti i cristiani si segnano con il segno della croce

anche più volte al giorno. Ma che cosa significa?

LE PAROLE

Forse dai nostri genitori o al catechismo abbiamo

imparato a dire: “Nel nome del Padre e del Figlio e

Dello Spirito Santo”. E’ l’affermazione della nostra fede. Dio, il Dio di

Gesù, il nostro Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo e nello stesso tempo

unico Dio. C’è in Dio una vita di famiglia in cui siamo per grazia inseriti

anche noi. I Filosofi che ci hanno parlato di Dio ci hanno detto che non

potevamo saper niente di Lui, che Egli per noi sarebbe stato per

sempre uno sconosciuto. Ma Gesù ci ha fatto conoscere Dio, ci ha fatto

entrare nel suo mistero di vita interiore dove Padre, Figlio e Spirito

Santo stanno talmente bene in pienezza tra loro che non avrebbero

bisogno d’altro. Eppure Dio ha creato i mondi perché ha voluto per

amore comunicare la sua gioia agli angeli e agli uomini.

Dire che Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo è affermare la bellezza e la

bontà di Dio e il suo amore per noi. Ed è per questo che siamo stati

battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

IL GESTO

Ecco però che mentre dico queste parole di gioia il gesto che compio

sembra contraddirle.

16

La croce è un terribile strumenti di tortura inventato dalla cattiveria di

uomini per far soffrire altri uomini. Dunque io traccio sul mio corpo

questo segno di morte. E’ quasi come dire che io sono votato alla

sofferenza, che io accetto ogni sofferenza.

Attenzione però: anche Gesù non ha amato la croce per se stessa ma

l’ha accettata come mezzo per manifestarci il suo amore, per

crocifiggere su di essa le nostre passioni di male. Quindi il cristiano,

segnandosi con la croce, non cerca le croci, non esalta la croce in se

stessa ma riconosce che la croce di Gesù è quella che ci ha aperto alla

conoscenza piena e vitale di Dio. Ormai ogni cristiano è segnato da

questo doppio segno di sofferenza e di grazia, di morte e di vita, di

passione e di risurrezione.

Questo segno ci accompagna nel cammino della vita dal battesimo fino

alla morte e anche oltre se il risorto porta nel paradiso il suo corpo

glorioso con i segni visibile della passione.

Lasciarsi abbracciare dal segno della croce significa mettere tutta la

nostra vita nelle mani di Dio, consegnarci a Lui, fidarci di Lui nella

prova, non lasciar morire la speranza, fare anche noi il “passaggio”, la

Pasqua, dalla croce alla risurrezione.

DOMANDE SULLA PASSIONE

PERCHÉ GESÙ, PER ANNUNCIARE LA SUA MORTE,

SCEGLIE LA PASQUA, LA PIÙ LIETA DELLE FESTE

EBRAICHE?

Ritroviamo qui una costante volontà di Gesù: quella di

utilizzare le feste e le costumanze del suo paese per

rinnovarne il significato. Gesù ha scelto poi la Pasqua perché questa è

una festa di liberazione, con cui gli Ebrei celebrano l'evento gioioso

sopra tutti: la loro uscita dall'Egitto. Gesù coglie l'occasione anche per

manifestare la suprema libertà che è in lui. La sua morte sarà certo

dolorosa - ed egli non lo nasconde ma sarà anche positiva, "bella",

perché non conduce a un vicolo cieco, ma al contrario spalanca per

l'uomo la via della libertà. Questa sua morte è un "mettere al mondo

qualcosa", e colui che la subisce seminerà qualcosa per l'umanità. Ecco

ciò che Gesù vuole manifestare al mondo, scegliendo la Pasqua per

consumare il suo sacrificio.

AL GETSEMANI VEDIAMO UN GESÙ INSOLITO:

SOLO, INCERTO, ANGOSCIATO...

È un aspetto rilevato da Marco e Matteo, che sottolinea la passività

17

degli apostoli. Gesù li trova tre volte addormentati: il fatto, decifrato,

significa che essi lo abbandonano, o perlomeno non partecipano alla

sua angoscia. Si può ben comprendere il dolore di Gesù. Arrivato al

termine della missione - un termine tragico - vede venirgli meno gli

uomini che ha scelto: uno di essi lo sta già tradendo, gli altri dormono.

È ormai solo, abbandonato da tutti i suoi.

Luca sottolinea invece un altro aspetto: posti in secondo piano gli

apostoli, ci mostra in primo piano Gesù, in preghiera. Cioè nell'atto di

realizzare il proprio essere, e di scoprire la presenza piena di Dio in

questo momento di crollo. E così egli indica pure ai cristiani

l'atteggiamento da prendere nei momenti di angoscia.

Giovanni, il quarto evangelista, va più oltre nella direzione abbozzata

da Luca. L'agonia al Monte degli Ulivi - il più umiliante momento della

vita di Gesù, immerso totalmente nella condizione umana - diventa

anche il momento della sua gloria più grande. E corrisponde alla scena

della Trasfigurazione nei Vangeli sinottici.

C’ERA BISOGNO DI FALSI TESTIMONI AL PROCESSO DI GESU’

CHE ERA ORMAI DECISO?

Se era già deciso che Gesù morisse perché si era presentato Messia e

perché era un potenziale “bestemmiatore” facendosi Dio, vengono però

cercate “false testimonianze su un fatto concreto perché la legge

giudaica prevedeva che una condanna legale fosse valida solo se due

testimoni deponevano concordemente sulla stessa cosa contro

l’accusato. In questo caso i testi furono d’accordo su una falsificazione

delle parole realmente pronunciate da Gesù. Egli infatti non ha mai

parlato di distruggere lui il Tempio e di ricostruirlo in tre giorni. Ha

detto in sostanza ben altro: “Se voi distruggerete il Tempio, ebbene, io

lo ricostruirò”. E noi dobbiamo intendere secondo tutto il suo

insegnamento: “Lo ricostruirò in altro modo”. Questo nuovo Tempio

infatti non sarà fatto da mani di uomo. Gesù vuol sottolineare la

presenza di Dio nel mondo, una presenza eterna, indistruttibile,

incancellabile. Erano davvero necessari dei testimoni falsi per truccare

questo messaggio così squisitamente spirituale.

COME MAI GESU’ NON SI DIFENDE MAI DURANTE IL PROCESSO?

Nei processi moderni, l’accusato viene considerato innocente fino alla

prova della sua colpevolezza formulata da chi lo accusa. Al tempo di

Gesù toccava invece all’accusato di difendersi e provare la propria

innocenza. Gesù invece rifiuta di difendersi. Egli sa che non c’è più

niente da fare. Le lunghe discussioni sono gia avvenute tra lui e

18

l’autorità ebraica durante la vita pubblica. Con quale risultato? Che essi

non hanno voluto capire. Ormai siamo in una via senza uscita: ciò che

conta non sono le peripezie della battaglia, ma la padronanza sugli

avvenimenti. E Gesù con il suo atteggiamento domina perfettamente la

situazione. Gesù con il suo silenzio è quasi come dicesse ai giudici:

“Non volete conoscere la verità? E allora andate avanti fino in fondo.

Ma alla fine vi condannerete da soli perché io sono innocente”.

GLI EBREI SAPEVANO DI CHIEDERE LA MORTE DEL FIGLIO DI DIO?

Con ogni probabilità no. D’altra parte anche Gesù dirà : “Non sanno

quello che fanno. La natura divina può essere stata avvertita da

qualcuno intorno a lui, ma si manifesterà veramente solo dopo la sua

morte e risurrezione.

NON TUTTI GLI EVANGELISTI

RIFERISCONO L'EPISODIO DI SIMONE CIRENEO...

Ogni evangelista si ispira nel racconto alla propria sensibilità e secondo

l'insegnamento che vuole dare ai destinatari dell'opera. Marco, per

esempio, insiste sui limiti umani di Gesù. La sua resistenza al dolore

fisico non è illimitata; egli viene meno, e perciò si fa portare il legno a

Simone. Non solo: Gesù stesso dev'essere sostenuto fino al Calvario.

Luca, invece, vuole sottolineare in Simone l'immagine del discepolo

ideale: «Chi vuole essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi

segua». Non si può assistere al cammino di Gesù verso la croce senza

parteciparvi, portando la propria parte di fardello.

Nel Vangelo di Giovanni, invece, Simone di Cirene non c'è. Gesù porta

egli stesso la croce, assumendo fino in fondo la condizione umana.

Giovanni vuole in questo modo rispondere a certe opinioni che già si

diffondevano al suo tempo, secondo le quali Gesù non avrebbe

realmente sofferto, alla maniera umana.

Gli evangelisti, d'altra parte, ignorano tutti gli episodi che una

tradizione posteriore ha aggiunto al racconto della Passione: e cioè le

cadute successive di Gesù, l'incontro con Maria durante il cammino e il

gesto di una donna (chiamata poi Veronica) che avrebbe asciugato il

volto di Gesù con un panno, ricevendo ne miracolosamente l'impronta.

CHE COSA SI PUÒ DIRE DELL'ASSENZA QUASI TOTALE

(TRANNE GIOVANNI) DEGLI APOSTOLI DAL CALVARIO?

Noi non abbiamo un bel nulla da dire. L'importante, l'ha detto Gesù

stesso. Dopo la resurrezione, egli si è mostrato a loro. Anzi, « è andato

a cercarli ». E Maria, la Madre, si è unita ad essi; era in loro compagnia

19

anche alla Pentecoste.

Questo significa che la loro umana paura è stata compresa e subito

perdonata da Gesù.

Da un punto di vista umano, poi, c'è da aggiungere che le donne

presenti sul Calvario non avevano da temere come gli uomini; non

erano "compromesse" nell'attività pubblica di Gesù: anzi, erano

considerate giuridicamente "incapaci" di attività pubblica. Tutt'altra

cosa sarebbe stata per gli apostoli; in mezzo alla folla che assisteva al

passaggio di Gesù sarebbero stati sicuramente riconosciuti come suoi

principalissimi seguaci; e forse Giovanni era un po' meno esposto per la

sua giovane età. (O anche per le conoscenze che aveva nell'alto mondo

sacerdotale, di cui si ha un'indicazione nella sua facilità di andare e

venire nel palazzo del Sommo Sacerdote).

Resta un fatto positivo, tuttavia: la presenza delle donne lungo il

cammino e sul Calvario viene sottolineata e valorizzata da Gesù stesso.

Questa consistente presenza femminile, pone fine alla segregazione

della donna, inaugura la sua "presenza" in forma attiva, a pieno titolo,

nell'umanità riscattata. Le donne, nell'ultimo atto della vita umana di

Gesù, sono anche "interlocutrici valide" di lui; egli parla alla Madre

affidandole Giovanni, e parla alle soccorritrici. Una promozione, di cui

purtroppo non si è voluto tenere il giusto conto, anche nel mondo

cristiano, nei tempi immediatamente successivi.

IL CENTURIONE SI È CONVERTITO, È DIVENTATO CRISTIANO?

Storicamente, non ne sappiamo nulla. Secondo Luca, egli ha detto: «

Veramente quest'uomo è un giusto». Cioè, ha reso omaggio non solo

all'innocenza di Gesù circa il reato specifico che gli attribuivano, ma

anche alla sua superiore qualità d'uomo. Insomma, un'alta

testimonianza di rispetto e di ammirazione, peraltro non interpretabile

come adesione alla sua fede.

Secondo Matteo e Marco, invece, il centurione ha chiamato Gesù« Figlio

di Dio». E qui c'è evidentemente qualcosa di più, molto di più.

Attenzione, poi. Il Vangelo di Matteo era destinato principalmente agli

Ebrei. E forse sottolineava le parole del centurione per far comprendere

che persino un estraneo, un non-Ebreo di nascita, riconosceva la

filiazione divina di Gesù. Quello di Marco, destinato ai Romani, nel

riferire quella frase intendeva forse far comprendere che Gesù si era

rivelato Figlio di Dio, subito lì sul Calvario, anche ai non-Ebrei,

rappresentati dall'ufficiale; intendeva forse far comprendere ai Romani

che essi non erano i "sopravvenuti" nel mondo di Gesù, ma i presenti

20

della prima ora.

QUANDO GESÙ MORÌ CI FURONO CATACLISMI?

Matteo, e solo Matteo (27,51-53) racconta che il venerdì santo ci

furono dei segni particolari. Enuncia cinque segni:

Ci furono tenebre a mezzogiorno

Tremò la terra

Le rocce si spezzarono

Le tombe si aprirono

I corpi di santi morti si alzarono e apparvero a molti.

Ora ad esempio le eclissi di sole sono possibili ma gli astronomi dicono

che non è possibile che questo avvenga in tempo di luna piena e Gesù

morì nel plenilunio di Pasqua. Altri dicono: “Dio può tutto” ed è vero,

ma Mattea afferma che l’oscuramento avvenne in tutta la terra e non ci

è giunta alcuna notizia da altri che questo sia capitato. In quanto ai

santi che uscirono dalle tombe al venerdì santo, sempre secondo

Matteo non si fecero vedere fino a “dopo la risurrezione”, e che cosa

avrebbero fatto nel frattempo?

La soluzione del problema non va cercata in questo modo. Matteo

scrive a degli ebrei che conoscono bene la bibbia. Ecco quali sono le

sue fonti.

750 anni prima di Gesù in una situazione di disuguaglianze sociali e di

perversione religiosa venne il profeta Amos che annunciò un intervento

di Dio per sanare questa situazione. Quel “giorno” sarà annunziato da

un segno: “In quel giorno farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò

la terra in pieno giorno”

Pochi anni dopo anche il profeta Isaia annuncia il “giorno di Jahveh” e

ne indica il segno con il fatto che “Dio si alzerà a scuotere la terra”

Nel 300 avanti Cristo una altro profeta Zaccaria dice che la liberazione

di Dio avverrà con il segno delle pietre spezzate, specialmente quelle

del monte degli ulivi a Gerusalemme.

Mentre Ezechiele tre secoli prima aveva già detto “Ecco io apro i vostri

sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe e vi riconduco al paese di

Gerusalemme” (Ez. 37,12).

L’ultimo segno ce lo da Daniele che dice: “Molti di quelli che dormono

nella polvere della terra si risveglieranno” (Dan 12,2).

21

Quando Matteo scrisse il suo Vangelo comprese che con la morte e

risurrezione di Gesù Dio aveva già giudicato il mondo e aveva

inaugurato un tempo nuovo. Quando scrive della morte di Gesù, per far

capire questo ai suoi lettori ebrei indica i segni che essi conoscevano

come propri del “giorno del Signore”

Matteo dunque nel descrivere i cinque fenomeni che accompagnavano

la passione di Cristo non intese non pretese di per sé di scrivere fatti

realmente accaduti, semplicemente affermò una verità teologica

mediante immagini attinte dalla Bibbia.

MEDITIAMO LE SETTE PAROLE DI GESU’ IN CROCE

Sette sono le parole dette da Gesù con estremo sforzo

dalla croce e che gli evangelisti hanno raccolto. Tanti

sono i modi di leggerle, partendo da Gesù o da noi. Qui

c’è una traccia ma qualunque sia la nostra meditazione

l’importante è che queste parole facciano risuonare nel

cuore la sua passione per noi.

“Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34)

E’ difficile perdonare. Il dolore, l’orgoglio, la propria dignità, quando è

violata, grida chiedendo “giustizia”, cercando “la riparazione”, esigendo

“vendetta” … ma, perdono?

Mi sorprendi, Dio buono, in quella croce … perché sei capace di

continuare a vedere umanità in quelli che ti hanno giustiziato. Perché

sei capace di continuare a credere che c’è speranza per chi inchioda

nella croce un suo simile. Perché, questa parola di perdono, detta da un

tronco di legno, è soprattutto una dichiarazione eterna: l’uomo, ogni

uomo e ogni donna, ogni essere umano, perfino quello che è capace

delle azioni più abiette, continua ad avere un germe d’umanità che

permette ci sia una speranza per lui.

E avere il coraggio di vederlo è bello.

Ho perdonato qualche volta?

Sono stato perdonato?

Fino a che punto credo che la gente possa sbagliarsi e

continuare ad essere degna di fiducia?

22

Dio continua a perdonarmi anche oggi, per cose che nella mia vita

distruggono, rompono, feriscono gli altri, il mio mondo … per il mio

peccato.

“Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43)

Una promessa che molte genti devono sentire oggi. In croci ingiuste, in

croci pesanti; in realtà attraversate dal dolore, nella solitudine,

tormentati dal dubbio, nell’incomprensione o nel pianto… che suono

avranno queste parole, dette dalla fiducia di chi non ha nessun motivo

di mentire? “Oggi sarai con me in paradiso”.

Oggi, perché i cambiamenti, la nuova creazione, l’umanità riconciliata,

non deve aspettare più. OGGI, adesso, già… forse se non arriva quel

giorno è a causa di tanta gente che non decide, non sceglie, aspetta

seduta…

Con te… Con te? Devo conoscerti meglio, giacché quel “con me” mi

sembra una promessa e sveglia l’eco di una pienezza che non riesco a

comprendere pienamente.

Nel paradiso… che non è un mitico eden, ma quel luogo nel quale non

ci saranno più pianti, nel quale le lance saranno falci, il bambino e il

leone giocheranno insieme, ci sarà la pace…

Chi è quel Gesù che mi invita a “stare con lui?

Come essere oggi con Gesù nel mondo?

Oggi? Quale è il mio OGGI in chiave cristiana?

“Ecco il tuo Figlio: ecco la tua madre.” (Gv 19, 26)

E’ il dono di Qualcuno per essere al tuo fianco nelle ore difficili.

Qualcuno che ti abbracci adesso che piangi ai miei piedi. Qualcuno che

ti dia sostegno in questi momenti tragici. Qualcuno che condivida la tua

perdita…

E che ci sarà anche nelle ore migliori, che arriveranno. Qualcuno che

abbia cura di te e di chi tu abbia cura.

Non siamo soli, nemmeno nelle ore più buie. Amici, madri, figli, coppie,

colleghi.

E come credenti abbiamo più persone ai piedi della stessa croce,

innumerevoli uomini e donne di Chiesa che sono stati e sono compagni

di strada, di sforzi, di lotta, di errori, di ricerca e di amore.

Ti senti solo nel tuo percorrere il cammino di Gesù?

23

Che posto ha Maria nella tua vita?

Chi senti che sono “i tuoi”?

Chi può contare su di te?

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46)

Chi è che non ha momenti di notte buia? Di depressione, d’insicurezza,

di assoluta incertezza… quei momenti in cui ti sembra che tutte le tue

scelte sono state sbagliate, che ogni decisione ti ha portato ad un

sentiero sbagliato. Quei momenti in cui ti morde la solitudine, il

fallimento, la miseria propria e altrui. Chi è che non ha momenti di

scetticismo, di senza senso, di amarezza? Chi è che non si chiede,

anche per un fugace istante ma pungente, dove è Dio ora?

Il dubbio non è inumano, ne l’arrabbiarsi, ne la paura… La scommessa

sta nel non cedere, nel non credere che tutto è stato una bugia. La

sfida è non abbandonare, non arrendersi, non capitolare in quei

momenti. Dopo tutto, il salmo 22, che inizia con il pianto del giusto:

“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, finisce cantando la presenza

del Signore nei tempi futuri: “Si parlerà del Signore alla generazione

che viene;annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà

diranno: Ecco l`opera del Signore!".

Qualche volta senti che agisci per impulsi, e a momenti di euforia

seguono altri di dubbio? Ti senti solo in questo percorrere il

cammino di Gesù?

Accetti il fatto che ci possano essere momenti in cui “non senti” Dio,

e tuttavia, hai il coraggio di proseguire con progetti, impegni e

sforzi in nome suo?

“Ho sete…” (Gv 19, 28)

Grida l’uomo con la gola secca. “Voglio giustizia”, grida la giovane

utilizzata nelle case di prostituzione del mondo. “Pane”, chiede il

bambino con la pancia gonfia d’aria e di fame. “Pace”, esclama il

testimone di atrocità senza fine. “Amore”, chiede il ragazzo solitario.

“Casa”, sogna il mendicante che dorme su una panchina. “Lavoro”,

sospira una giovane che si sente fallire. “Libertà”, scrive il preso nei

suoi poemi. “Salute”, recita il malato dal suo letto… Voci di dispiacere,

di pianto, voci che riflettono i dolori del mondo. Ci sono grida di dolore,

e anche sussurri, tutti carichi di dispiacere.

La tua voce nella croce raccoglie tutte queste grida dell’umanità

spezzata.

24

E’ meglio essere sordo? O avere il coraggio di ascoltare?

Che grida ascolti tu? Vicine? Lontane? Cosa fare?

“Tutto è compiuto.” (Gv19, 30)

Che fortuna andare a dormire ogni giorno e poter guardare indietro e

dire: “e’ andato tutto bene”. Che gioia quando sentiamo che abbiamo

fatto ciò che dovevamo fare” Si, domani comincerà di nuovo lo sforzo

quotidiano… ma almeno per ora è fatto. Almeno per ora posso

distendermi in silenzio, e sento che ho potuto…

Hai compiuto già qualche sogno? Hai raggiunto qualche meta? Hai

percorso e coperto tappe, sapendo che la strada prosegue ma che

le tue impronte restano dietro?

Con chi senti che vuoi “compiere”? Liberamente, per convinzione,

per amore, perché così è la vita… altre persone? Dio?

“Nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46)

Non soltanto il giorno della morte, ma anche ogni giorno. In questo

mondo che cerca certezze ovunque, In questo mondo che mi invita ad

avere sempre le spalle coperte…

Voglio rischiare, scommettere per te e il tuo progetto e il tuo Regno.

Voglio sapere che ho fiducia, attraversare tempeste o spazi sereni,

sentendo che sono protetto nelle tue mani. Che le tue mani hanno

cura, accarezzano, sanano, sostengono, ferme e tenere allo stesso

tempo.

Cosa è compiuta nella tua vita?

Che impronte hai lasciato nei cuori dei tuoi?

Cosa stai costruendo?

Ti porta qualche volta la tua fede a correre dei rischi?

25

VIA CRUCIS

(Il testo della presente via crucis e tratto da quella scritta e usata per anni nella parrocchia di S. Ermenegildo)

I STAZIONE “GESU’ VIENE CONDANNATO A MORTE”

Dal Vangelo secondo Luca 23,20—21 .23—25

“In quel tempo Pilato voleva liberare Gesù. Perciò lo disse ai presenti. Ma essi gridavano: “in croce! in croce!...” Le loro grida diventavano sempre più forti. Alla fine Pilato decise di fare come volevano. Avevano chiesto la liberazione di Barabba, quello che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio, e Pilato lo liberò, invece consegnò Gesù alla folla perchè ne facessero quello che volevano.

Pochi giorni prima la folla gridava “Osanna”, ora grida “a morte”. E

Gesù, il giusto, tace davanti alle ingiuste accuse e condanne degli

uomini. Egli ama e viene accusato perché dà fastidio, è un ingombro ai

loro progetti. Oggi succede ancora così: Gesù ci va bene fino a quando

risponde alle nostre richieste, ma quando non è più secondo i nostri

progetti, quando diventa esigente, lo escludiamo. Anche i poveri ci

vanno bene quando gratificano, quando attraverso loro ci sentiamo

buoni, ma quando ci toccano nel nostro comodo è meglio farli fuori.

Tu taci, o Gesù, e accetti l’ingiusta condanna per noi, il tuo silenzio

diventa la più grande parola d’amore.

PREGHIAMO

Dio Onnipotente e Misericordioso, che hai accettato che il tuo Figlio

Gesù sia messo a morte per la salvezza dell’umanità, perdona i peccati

contro la tua bontà e contro ad ogni fratello, e guidaci nella tua volontà

ad amare senza limiti. Per Cristo nostro Signore.

Amen

II STAZIONE : “GESU’ VIENE CARICATO DELLA CROCE”

Dal Vangelo secondo Matteo 27,24—26

“Pilato fece portare dell‟acqua, si lavò le mani davanti alla folla e disse:“Io non sono responsabile della morte di quest‟uomo”Tutta la gente rispose: “Il

26

suo sangue ricadrà su noi e sui nostri figli”.Allora Pilato fece flagellare Gesù e poi lo consegnò ai soldati per farlo crocifiggere”.

Chi ha il potere se ne lava le mani e sulle spalle di Gesù cala il peso di

una croce. Egli è venuto per questo: per essere l’uomo della croce,

l’uomo dei dolori.

Gesù è solidale con tutti coloro che in mille modi diversi portano la

croce.

La croce non piace a nessuno. Le nostre spalle si scorticano, il nostro

cuore a volte si ribella. Pur soffrendo Gesù, accetta la croce e la porta

perché le nostre croci siano confortate dalla sua.

PREGHIAMO

Guarda con bontà, o Padre, i tuoi figli radunati accanto al Cristo

sofferente e mostra alla tua Chiesa la via della fedeltà, della giustizia,

della verità. Per Cristo nostro Signore. Amen.

III STAZIONE GESU’ CADE LA PRIMA VOLTA

Dal Vangelo secondo Matteo 27,27—31

“I soldati portarono Gesù del palazzo del governatore e chiamarono il resto della truppa. Gli misero addosso una veste rossa, prepararono una corona di spine e gliela misero sul capo... Con un bastone gli davano colpi sulla testa, gli sputavano

addosso e si mettevano in ginocchio per schernirlo ... poi lo portarono fuori per crocifiggerlo”.

Il peso è grande, le forze vengono meno: Gesù cade.

E’ il legno della croce che pesa, ma pesa ancor di più l’abbandono,

l’amore incompreso, il tradimento...

Ma Gesù si rialza e va avanti verso la volontà di Dio anche se c’è buio,

sudore, sangue, dolore.

Penso che la forza per rialzarsi sia venuta a Gesù dalla sua fiducia in

Dio ma anche dal pensare a quanti cadono sotto le croci del dolore,

della malattia, della solitudine, dell’incomprensione, del buio.

Alzati Gesù e vai avanti per noi!

PREGHIAMO

Padre onnipotente e misericordioso, guarda all’umanità provata dalla

sua debolezza e offrile il tuo sostegno di guida e liberazione, perché

forte della tua santità, sappia seguire il tuo Figlio Gesù nella strada

27

della redenzione. Egli è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

IV STAZIONE GESU’ INCONTRA LA SUA MADRE

Dal Vangelo secondo Giovanni 19,25—27

“Presso la croce di Gesù stava sua madre, la sorella di sua madre, Maria moglie di Cleofa e Maria di Magdala. Vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, Gesù disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio” e al discepolo “Ecco tua Madre”. Da quel momento il discepolo l‟accolse in casa sua”.

Due misteri si incontrano. Il dolore di una madre

e il dolore di un figlio. Ma anche due persone che vedono con gli occhi

della volontà di Dio.

Il loro sguardo si incontra carico del dolore umano ma anche solidale e

confortante a vicenda. E il dolore di Maria diventa corredentore con

quello di Gesù.

Quante mamme piangono per e con i propri figli.

Maria, fa che queste lacrime diventino redenzione, salvezza, forza1

solidarietà, speranza per chi è nel dolore.

PREGHIAMO

Dio, pieno di ogni misericordia, tu hai donato al tuo Figlio una madre

fedele e coraggiosa. Fa che guardando alla Vergine Maria, a Gesù vicina

nell’ora della sua passione e morte, sappiamo guidare i nostri passi

sulle strade della fedeltà quotidiana al tuo Vangelo. Egli è Dio e vive e

regna nei secoli dei secoli. Amen.

V STAZIONE GESU’ VIENE AIUTATO DAL CIRENEO

Dal Vangelo secondo Luca 23,26

“Lungo la strada, fermarono un certo Simone, nativo di Cirene, che tornava dai campi. Gli caricarono sulle spalle la croce e lo costrinsero a portarla dietro a Gesù”.

Il Cireneo non era uno interessato a quanto

avveniva. Non è un teologo, neppure è una

persona devota. E’ un semplice passante requisito

dai soldati per impedire ad un condannato di

morire prima dell’esecuzione. Ma aldilà di chi era,

28

di che cosa avrà pensato è uno che ha “recato sollievo” a Gesù.

Quante occasioni quotidiane per “recar sollievo” a chi porta la croce.

Signore, cancella dal mio vocabolario l’espressione “io non c’entro”.

Quando si tratta della croce di un fratello, io c’entro sempre dal

momento che c’entri “Tu”.

PREGHIAMO

O Dio, Padre di tutti gli uomini, fa che in Cristo ci riconosciamo come

una sola famiglia e promuoviamo con ogni mezzo la solidarietà, lo

sviluppo e la condivisione in tutti gli aspetti della vita. Per Cristo nostro

Signore. Amen.

VI STAZIONE GESU’ E’ SOCCORSO DALLA VERONICA

Dal Vangelo secondo Matteo 10,32

“In quel tempo Gesù disse: “Tutti quelli che dichiareranno pubblicamente di essere miei discepoli, anch‟io dichiarerò che sono miei, davanti al Padre mio che è in cielo”.

Anche se nel Vangelo non è raccontato questo

fatto, la tradizione ci presenta questo gesto di

affetto e compassione: asciugare il volto di Gesù.

E’ il gesto della carità cristiana che a volte e

impotente nel risolvere i problemi dell’altro ma può essere condividere,

compatire, farsi prossimo.

Ci sarà facile allora vedere il volto di Cristo nei sofferenti, nei poveri,

negli emarginati; sentiremo in noi le sue sofferenze ma il suo volto pur

doloroso brillerà sempre ai nostri occhi.

PREGHIAMO

Padre, fonte di ogni bene, fa che il nostro cuore sia sempre pieno della

sincera gratitudine per tutti i beni che riceviamo e, consapevoli dei tuoi

doni, ci rendiamo disponibili al servizio dei fratelli. Per Cristo nostro

Signore. Amen.

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VII STAZIONE GESU’ CADE LA SECONDA VOLTA

Dal Vangelo secondo Giovanni 12,23—25

“E‟ giunta l‟ora. Il Figlio dell‟uomo sta per essere innalzato. Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

Questo dover baciare ancora la terra, ricorda le

parole di Gesù: “Se il chicco di frumento non cade

nella terra e muore non rinascerà”. Gesù è venuto per questo, questa è

la sua vera incarnazione per noi: tutt’uno con la terra che ama ma

anche lo uccide, per fecondarla con il suo sangue perché noi abbiamo la

vita.

PREGHIAMO

Padre Santo, fedele al tuo amore fino al punto da accettare la morte

del tuo Unigenito per noi, mostraci il tuo volto di misericordia senza

limiti e fa che dalla caduta del nostro egoismo risaliamo ad una vita di

servizio umile e fedele. Per Cristo nostro Signore. Amen.

VIII STAZIONE GESU’ INCONTRA ALCUNE DONNE PIANGENTI

Dal Vangelo secondo Luca 23,27—28.31

“Molti erano coloro che seguivano Gesù: una gran folla di popolo e un gruppo di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Gesù si voltò verso di loro e disse: „Donne, non piangete per me. Piangete piuttosto per voi e per i vostri figli... perché se si tratta così il legno verde, che cosa ne sarà di quello secco?”

Si può piangere per commozione, per dolore,

per le ingiustizie. Possono esserci lacrime vere

e ipocrisia. Gesù aiuta a trasformare le nostre lacrime in conversione

vera. Non basta piangere per le ingiustizie del mondo se poi non faccio

niente per cambiare io e per far cambiare con me anche un po’ il

mondo.

PREGHIAMO

Padre paziente, benedici i tuoi figli peccatori, che il tuo Cristo ha amato

mentre essi erano lontani da te e riempi la tua Chiesa con i doni del tuo

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Spirito Santo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

IX STAZIONE GESU’ CADE PER LA TERZA VOLTA

Dal Vangelo secondo Matteo 26,41—42

“E Gesù disse loro: “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. Poi tornò a pregare, per la seconda volta dicendo: “Padre mio, se è possibile passi da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà, non la mia”.

Cadere non vuoi dire niente se poi ci si

rialza. E Gesù si rialza, va fino in fondo. Ci sono tante cadute nella

nostra vita, alcune accidentali, altre volute. Ci aiuti Gesù a non perdere

la speranza di rialzarci, di andare avanti verso la volontà del Padre che

a volte ci è nascosta, dolorosa, ma che è anche sempre una volontà di

amore e salvezza per ciascuno di noi.

PREGHIAMO

Signore, concedici di sperare sempre nel tuoperdono e di credere nella

tua forza redentrice, cosi che anche le nostre cadute possano venire

trasformate in strumento di salvezza. Per Cristo nostro Signore. Amen.

X STAZIONE GESU’ VIENE SPOGLIATO DELLE SUE VESTI

Dal Vangelo secondo Giovanni 19,23—24

I soldati presero i vestiti di Gesù e ne fecero quattro parti, una per ciascuno. Poi presero la sua tunica, che era tessuto d‟un solo pezzo da cima a fondo e dissero; “Non dividiamola! Tiriamo a sorte per vedere a chi tocca!”

Gesù è nudo come il più povero di questa terra. Lui

l’Onnipotente, rinuncia a difendersi, lui il pacifico

rinuncia a morire in pace, lui il vivente rinuncia alla

vita, rinuncia al vestito, lui, che veste i gigli del

campo e ogni erba del prato. E’ spogliato di tutto

perchè è il Povero, l’uomo senza diritti. Il figlio di

Dio veramente “spogliò se stesso per regalarci

tutto se stesso”.

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PREGHIAMO

Padre clementissimo, fortifica la nostra debolezza e pota i rami secchi

della nostra vita spirituale, così che il nostro cammino verso la libertà

sia più spedito e pronto ai tuoi comandi. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

XI STAZIONE GESU’ VIENE INCHIODATO ALLA CROCE

Dal Vangelo secondo Luca 23,33.. .43

“Giunto al posto detto “Luogo del Cranio”, prima crocifissero Gesù e poi due malfattori: uno a destra e l‟altro a sinistra... La gente stava a guardare. I capi del popolo, invece, si facevano beffe di Gesù... Anche i soldati lo schernivano. Uno dei malfattori disse: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno” E Gesù gli rispose: “In verità oggi sarai con me in paradiso”

Gli hanno inchiodato le mani e i piedi

perché non potesse più dar noia a nessuno. I nemici di Gesù credono di

averlo fermato per sempre, di averlo definitivamente ridotto

all’impotenza. Quanta illusione!

La verità non potrà mai essere crocifissa, la giustizia non potrà mai

essere fermata, la libertà non potrà mai essere imprigionata e

soprattutto l’amore mentre viene crocifisso, trionfa.

PREGHIAMO

Redentore nostro, che hai steso le braccia sulla croce per stringere a te

tutto il genere umano nel tuo amore indistruttibile, raccogli tutti noi

attorno all’albero della vita, perché guardando al legno che ci ha

salvato sappiamo proseguire nel mondo la tua opera di salvezza.

Tu sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

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XII STAZIONE

GESU’ MUORE SULLA CROCE

Dal Vangelo secondo Matteo 27,45—50

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre Gesù diede un forte grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!” Alcuni dei presenti dissero: “Lui chiama Elia” e uno corse a prendere una spugna inzuppata d‟aceto e postala su di una canna gli diede da bere... Ma Gesù, dopo aver dato di nuovo un forte grido, spiro

Le tue mani inchiodate sono aperte, o

Gesù, nel gesto dell’accoglienza e formano

il primo anello della fraternità umana, nata nel Cenacolo e diventata

adulta al Calvario. Di lassù, o Signore, vedi e abbracci ogni dolore

umano. Ogni lacrima è tua. Tua ogni miseria come ogni malattia. Tu

hai fame e sete, sei malato, senza casa e lavoro, oppresso e angariato,

licenziato e sfrattato, morente. Là dove tutto è finito comincia la vita.

PREGHIAMO

Per la passione e morte del tuo Figlio, donaci, o Padre, di irradiare nel

mondo la feconda testimonianza della tua santità e di annunciare con i

fatti della vita quotidiana il tuo amore per ogni creatura, nel rispetto del

tuo universo. Egli è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

XIII STAZIONE GESU’ E’ DEPOSTO DALLA CROCE

Dal Vangelo secondo Giovanni 19,31—37

“I Giudei — dato che era il giorno della Preparazione chiesero a Pilato che venissero spezzate le gambe ai crocifissi e che fossero portati via i cadaveri. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo, poi all‟altro che era stato crocifisso con Gesù. Giunti a Gesù, vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli trafisse il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua.”

Quante volte questa triste liturgia di morte si è

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riproposta anche nella nostra vita: un corpo amato, freddo, rimosso dal

letto di morte, bagnato da qualche lacrima, rivestito dalla pietà... e poi

più nulla...

Signore, donaci la speranza che la vita è più forte della morte, tra le

lacrime e la paura donaci di ricordarci che siamo chiamati non al tempo

che passa ma all’eternità.

PREGHIAMO

O Padre, che hai accolto il tuo Figlio Gesù nell’abbraccio silenzioso della

sua morte in croce, concedi a tutti noi di essere sempre pronti ad unirci

a Lui per partecipare alla gloria della sua vita eterna. Egli è Dio e vive e

regna nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli Amen.

XIV STAZIONE GESU’ VIENE DEPOSTO IN UN SEPOLCRO

Dal Vangelo secondo Matteo 27,57—60

“Giunta la sera Giuseppe di Arimatea andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. E Pilato ordinò di lasciarglielo prendere. Allora Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo mise nella sua tomba che da poco si era fatto scavare per se nella roccia. Poi fece rotolare una grossa pietra davanti alla porta del sepolcro.”

Il Signore della vita è morto. “Speravamo fosse Lui il Messia, ma ormai

son tre giorni che è nella tomba” diranno sconsolati i discepoli di

Emmaus, mentre se ne vanno delusi da Gerusalemme. C’è per tutti il

momento del buio, della delusione, della tomba. E quella pietra sembra

aver sigillato non solo un corpo amato ma una speranza.

Signore, perdona la nostra poca fede: abbiamo tutti i segni

dell’imminente risurrezione ma la delusione ci fa celebrare le tristi

liturgie della morte. Eppure basterebbe credere in Dio che è Padre

buono per scrivere sulla tua tomba e sulle nostre tombe non il “caro

defunto” ma “il vivente”.

PREGHIAMO

Signore, insegnaci a tacere per ascoltarti, a vivere la tua presenza per

amarti, a pregare per essere uniti a Te, ad amarti per amare i fratelli,

perchè la tua vita sia infusa nella nostra esistenza e faccia germogliare

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il seme della resurrezione.

Tu sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

XV STAZIONE GESU RISORTO E’ IL VIVENTE

Dal Vangelo secondo Luca 24,1—6

Il primo giorno dopo il sabato, le donne di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sè gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro, ma entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra essi dissero loro: “Perchè cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”.

Abbiamo seguito il tuo cammino di dolore, o

Gesù, ma non possiamo terminare senza

celebrare la tua e la nostra Pasqua.

Tu, Agnello di Dio, sei stato immolato per noi.

Il tuo sangue ha lavato le nostre colpe.

La vita ha vinto la morte.

Ci hai fatto passare dal dominio del peccato alla grazia di Dio.

Non possiamo più essere “morti” o vivere da morti nel nostro egoismo.

Gesù risorto, sei la nostra meta, la mano tesa definitivamente dal

Padre, colui che ci chiama a compiere opere di vita per i nostri fratelli.

PREGHIERA FINALE

Signore, il tuo amore per noi conta ancora.

Ti ringraziamo di averci fatto percorrere il cammino della tua croce

verso la tua risurrezione.

Perdona il male che ti abbiamo fatto, perdonaci se ancora la tua

passione continua nel mondo per colpa nostra e degli uomini.

Fa che celebrare la tua “Via Crucis” e la “via crucis” di tanti sofferenti

che incontriamo ogni giorno ci renda sensibili a quello che ci hai

insegnato: “Non c’è amore più grande che dare la propria vita per

coloro che si amano”.

Ti chiediamo di intercedere per noi presso il Padre nel quale vivi con lo

Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. AMEN.

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Pro manuscrpto – fotocopiato in proprio