La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei...

31
1 XXVI Convegno SISP – Società Italiana di Scienza Politica Università Roma Tre – Facoltà di Scienze Politiche Dipartimento di Studi Internazionali e Dipartimento di Istituzioni pubbliche, Economia e Società 13-15 settembre 2012 Sezione: DEMOCRAZIE E DEMOCRATIZZAZIONI Section Chairs: Marco Almagisti e Giovanni Carbone Panel: Gli interessi nelle democrazie contemporanee Panel Chairs: Liborio Mattina e Renata Lizzi La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ipotesi di partenza e analisi dei dati di Renata Lizzi e Andrea Pritoni 1. Introduzione Dopo un lungo lasso di tempo in cui lo studio dei gruppi di interesse, tanto nella letteratura internazionale quanto in quella italiana, è rimasto in secondo piano rispetto ad altri e più frequentati ambiti di ricerca, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studiosi che hanno ripreso a confrontarsi con questo affascinante oggetto d’indagine. In aggiunta ai diversi contributi che hanno (ri)cominciato ad apparire sulle più importanti riviste scientifiche, ne sono dimostrazione i recenti numeri monografici di ‘West European Politics’ (n. 6/2008), della ‘Rivista Italiana di Politiche Pubbliche’ (n. 2/2011) e di ‘Party Politics’ (n. 1/2012), nonché la creazione di una rivista interamente dedicata a tale branca della disciplina (‘Interest Groups & Advocacy’) 1 . Questo rinnovato interesse per i gruppi ha però riguardato alcuni temi molto più di altri: nel dettaglio, si sono moltiplicati gli studi sul lobbying, sia in relazione alle sue modalità (Binderkrantz 1 Le ragioni di tale dinamica sono sia teoriche, e cioè legate ad una a lungo persistente confusione concettuale (Beyers et al. 2008), sia metodologiche, e quindi connesse alla differenziazione tra studi europei e studi statunitensi (Mahoney e Baumgartner 2008), sia empiriche, e dunque facenti riferimento alla penuria di data-set internazionali sui gruppi di interesse (Berkhout e Lowery 2008).

Transcript of La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei...

Page 1: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

1

XXVI Convegno SISP – Società Italiana di Scienza Politica

Università Roma Tre – Facoltà di Scienze Politiche

Dipartimento di Studi Internazionali e Dipartimento di Istituzioni pubbliche, Economia e Società

13-15 settembre 2012

Sezione: DEMOCRAZIE E DEMOCRATIZZAZIONI

Section Chairs: Marco Almagisti e Giovanni Carbone

Panel: Gli interessi nelle democrazie contemporanee

Panel Chairs: Liborio Mattina e Renata Lizzi

La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011:

ipotesi di partenza e analisi dei dati

di Renata Lizzi e Andrea Pritoni

1. Introduzione

Dopo un lungo lasso di tempo in cui lo studio dei gruppi di interesse, tanto nella letteratura

internazionale quanto in quella italiana, è rimasto in secondo piano rispetto ad altri e più frequentati

ambiti di ricerca, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studiosi che hanno ripreso a confrontarsi

con questo affascinante oggetto d’indagine. In aggiunta ai diversi contributi che hanno

(ri)cominciato ad apparire sulle più importanti riviste scientifiche, ne sono dimostrazione i recenti

numeri monografici di ‘West European Politics’ (n. 6/2008), della ‘Rivista Italiana di Politiche

Pubbliche’ (n. 2/2011) e di ‘Party Politics’ (n. 1/2012), nonché la creazione di una rivista

interamente dedicata a tale branca della disciplina (‘Interest Groups & Advocacy’)1.

Questo rinnovato interesse per i gruppi ha però riguardato alcuni temi molto più di altri: nel

dettaglio, si sono moltiplicati gli studi sul lobbying, sia in relazione alle sue modalità (Binderkrantz

1 Le ragioni di tale dinamica sono sia teoriche, e cioè legate ad una a lungo persistente confusione concettuale (Beyers

et al. 2008), sia metodologiche, e quindi connesse alla differenziazione tra studi europei e studi statunitensi (Mahoney e Baumgartner 2008), sia empiriche, e dunque facenti riferimento alla penuria di data-set internazionali sui gruppi di interesse (Berkhout e Lowery 2008).

Page 2: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

2

2005; McQuide 2010; Klüver 2012; Binderkrantz e Krøier 2012) che ai suoi risultati (Mahoney

2007; Baumgartner et al. 2009); si è indagato numero e tipo di issues sulle quali i gruppi di interesse

tendono ad attivarsi (Halpin e Binderkrantz 2011); si è riscoperto il complesso rapporto che lega

gruppi di interesse e partiti politici, sia per quanto concerne il sistema partitico europeo (Rasmussen

2012), sia i contesti partitici nazionali (Allern e Bale 2012); infine, sono diversi gli studiosi che

hanno riaperto l’annosa «questione dell’influenza» dei gruppi di interesse, ipotizzando la possibilità

di darne misurazione oggettiva (Potters e Sloof 1996; Dür 2008). Sono ancora relativamente pochi

gli autori che invece si sono soffermati sulla visibilità mediatica dei gruppi2; ciò è piuttosto

sorprendente, se è vero che il rapporto tra media e gruppi è molto stretto (Binderkrantz 2005; Thrall

2006; Binderkrantz e Christiansen 2011).

Vi sono diverse ragioni per le quali tale rapporto andrebbe meglio studiato: in primo luogo, è

difficile negare come il processo politico si sia sempre più mediatizzato negli ultimi decenni. Oggi

più che mai, l’agenda di policy è fortemente condizionata dall’agenda mediatica e l’attore che si

dimostra in grado di imporre un tema all’attenzione dei decision makers ha anche maggiori chances

di incidere fortemente sui provvedimenti normativi che quel tema regoleranno3 (Jones e

Baumgartner 2005). Si tratta però di un processo che si dipana anche in direzione contraria: il

gruppo d’interesse che è in grado di avere ampia visibilità mediatica dispone di una risorsa preziosa

sia per rafforzare la membership, sia per esercitare influenza nel processo decisionale (Binderkrantz

2005; 2012).

Una seconda motivazione per la quale è molto interessante studiare la visibilità mediatica dei

gruppi di interesse attiene al fatto che, così facendo, abbiamo un indicatore preciso circa le

questioni sui quali i gruppi si attivano e abbastanza preciso della fase del processo di policy nella

quale ciò avviene. È vero che molta dell’attività di lobbying viene condotta ‘dietro le quinte’, ma è

altrettanto vero che tale attività, per così dire, nascosta, è più facile che si accompagni, invece che

sostituirsi, a quella più visibile. Diviene allora altrettanto plausibile ipotizzare una contemporaneità

di perseguimento di differenti strategie, piuttosto che una loro attivazione sequenziale.

Inoltre, è attraverso la comunicazione a mezzo stampa che i gruppi d’interesse possono

informare o mobilitare: è dalla stampa e dai siti web che possiamo studiare come i gruppi ‘frame

and package their policy interests’ (DeGregorio 2009, 464).

2 Sul punto, ricordo soprattutto: Andsager (2000); Thrall (2006).3 Questo perché il problema che fronteggia qualunque governante è quello della sovra-informazione e della relativa

impossibilità di dedicare attenzione a tutte le possibili issues sul tappeto: soltanto le issues che avranno la forza di imporsi all’attenzione generale verranno prese in considerazione dai decision makers, mentre per tutti gli altri temi sarà difficile trovare un qualche spazio nella sempre affollata agenda di policy (Austen-Smith 1993; Bouwen 2009; Lohmann 1993).

Page 3: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

3

In quarto luogo, è importante analizzare la relazione tra gruppi di interesse italiani e media

perché ciò non è mai stato fatto in precedenza. L’intento, dunque, è sia esplorativo che comparato:

poiché questa è la prima ricerca sul tema che sia mai stata prodotta in Italia, laddove studi di questo

tipo sono già stati condotti in altri paesi (Binderkrantz e Christiansen 2011; Binderkrantz 2012;

Bernhagen e Trani 2012), diviene oltremodo interessante osservare eventuali analogie e/o differenze

con quanto riscontrato in contesti economici e politico-istituzionali differenti dal nostro.

Infine, ma non meno importante, vi è una ricaduta analitico-descrittiva di questa ricerca: essa

permette di procedere – in modo per ora grossolano4 - a verificare la consistenza numerica dei

gruppi d’interesse rilevanti in Italia negli ultimi 20 anni; ci consente di creare delle categorie che

facilitino l’analisi e la comparazione con studi ed esperienze di altri paesi, nei quali queste

conoscenze sono invece da tempo disponibili; e l’arco temporale considerato permette di cogliere

regolarità di presenza e di attivazione.

Alla luce di quanto sopra, gli obiettivi di questo lavoro sono diversi: il primo è quello di

quantificare la presenza di ciascun gruppo su base annua ed analizzarne l’andamento nel tempo; ciò

ci permetterà di evidenziare la presenza di (eventuali) dinamiche sottostanti tale andamento, e

proporne alcune plausibili interpretazioni. Il secondo obiettivo è invece quello di verificare se vi

siano interessi organizzati nuovi (non economici, né sindacali) che si vanno affiancando a quelli più

tradizionali occupando lo spazio sui media. I quesiti di ricerca cui cominceremo a dare risposta sono

dunque i seguenti: quali gruppi d’interesse settoriali tendono a mantenere/perdere spazio sui media?

Si tratta delle categorie dei gruppi economici e sezionali, in linea con quanto evidenziato da ricerche

svolte in altri paesi? La distinzione analitica in categorie di gruppi d’interesse ci dovrebbe

consentire di rispondere a tali quesiti in modo molto preciso. E ancora: i gruppi d’interesse italiani

definibili come ‘insiders’ godono ancora oggi di un accesso privilegiato alla stampa? Gli ‘outsider

groups’ hanno comunque una copertura mediatica? Se sì, solo sporadicamente o in modo

continuativo?

Poiché, però, il sistema mediatico nazionale è piuttosto frammentato e «partigiano» (Hallin e

Mancini 2004), non ha senso trattarlo come un blocco unico: diviene quindi interessante osservare

se diverse testate offrono differente visibilità a distinti gruppi di interesse. La ricerca che

conduciamo si applica agli archivi storici di quattro quotidiani tra loro abbastanza eterogenei

(Corriere della Sera, la Repubblica, il Sole 24 Ore, Italia Oggi), e non stupirebbe affatto riscontrare

dinamiche discordanti a seconda del quotidiano preso in esame.

Tutto ciò premesso, il lavoro procederà come segue: nel paragrafo 2 presenteremo una

sintetica rassegna della più importante letteratura che, negli ultimi venti anni, ha caratterizzato lo

4 Nel senso che va sottoposto a verifiche e controlli successivi tramite metodiche di ricerca che guardino a epifenomeni differenti da quello mediatico.

Page 4: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

4

studio dei gruppi di interesse; il paragrafo 3 avrà il compito di esplicitare alcune ipotesi preliminari,

operativizzate nel paragrafo 4 e sottoposte a test empirico nel paragrafo 5; nel paragrafo 6, infine,

cercheremo di tirare le fila dell’intero lavoro, proponendo alcune possibili direzioni di ricerca

futura.

2. La letteratura sui gruppi di interesse degli ultimi vent’anni: un’era nuova dopo Baumgartner e Jones (1993)

La pubblicazione del volume di Baumgartner e Jones del 19935 rappresenta un punto di non ritorno

nello studio dei gruppi di interesse: essi sono analizzati entro il contesto in cui si attivano e operano,

sono messi in relazione a natura degli interessi, istituzioni in movimento, questioni di policy;

stabilità e cambiamento si alternano nel tempo; interessi forti e sezionali prevalgono nei periodi in

cui godono di un clima di idee e istituzioni favorevoli (o non avverse) (Smith 2010, 464); altri tipi

di interessi emergono e si affermano invece come esito di trasformazioni e differenziazioni sociali,

di evoluzioni demografiche (si pensi a pensionati e immigrati), ma anche degli assetti istituzionali e

di governance (basti pensare alle associazioni di poteri locali o di società di servizio pubblico),

come portatori di nuovi valori e idee, di visioni di policy alternative (ambientalisti, consumatori,

ecc.). L’ampliarsi dello spettro dei gruppi attivi va di pari passo con un policy-making frammentato,

complesso e settorializzato, con decisori politici e burocratici quotidianamente impegnati a trattare

questioni diverse (per salienza politica, per generalità/specificità del tema). Da parte dei policy

makers la conoscenza delle numerose questioni è limitata, e la domanda di informazioni specifiche

aumenta; i gruppi d’interesse sono gli specialisti che dispongono – spesso meglio di chiunque altro

– di conoscenze esperte e settoriali (Kluwer 2012, 491).Dal volume di Baumgartner e Jones in poi,

analisi e indagini empiriche sui gruppi d’interesse non hanno più potuto ignorare tutto ciò,

impostando quindi lo studio dei gruppi in relazione: alle fasi del processo di policy; ai canali di

accesso; alle diverse questioni di policy sul tappeto.

La recente rassegna di Hojnacki et al. (2012) dà ragione dell’evoluzione di questa letteratura e

ne mette in evidenza alcuni aspetti significativi: dagli anni ’90, gli studiosi dei gruppi d’interesse

mostrano maggiore consapevolezza teorica, evitando però grandi modelli e optando per teorie di

medio raggio (Lowery e Gray 2010); le ricerche sono di portata più ampia rispetto al singolo studio

di caso, tendendo ad essere sempre più comparate; soprattutto – avendo superato il dilemma

olsoniano incentrato sulle logiche dell’azione collettiva – si focalizzano sullo studio dei gruppi in

relazione alle varie dimensioni del policy-making. Ciò significa che le recenti ricerche guardano

anche alle caratteristiche organizzative e alla modalità di attivazione dei gruppi, ma lo fanno in

5 «Agendas and instability in American Politics», Chicago, University of Chicago Press.

Page 5: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

5

relazione al coinvolgimento nelle diverse fasi del processo, all’influenza sulle politiche, alla

combinazione di strategie di lobbying e di mobilitazione - anche mediatica - finalizzata ad ottenere

esiti favorevoli.

Dal punto di vista metodologico, prevale quindi la comparazione e il confronto fra un n

significativo di casi, proprio perché solo in questo modo si tengono sotto controllo le variabili di

contesto e si isolano meglio quelle che determinano il ruolo, le strategie, l’influenza effettiva dei

gruppi in certi momenti e settori di policy6. Dal punto di vista dei contenuti, l’attenzione si focalizza

su networking, strategie e tattiche, disponibilità di risorse, in base agli obiettivi perseguiti e al tipo

di attori con cui i gruppi interagiscono (Binderkrantz 2005).

Faremo riferimento più diretto a una parte di questa recente letteratura, quella che riflette su

natura e consistenza dei gruppi d’interesse vecchi e nuovi, sul loro status, sulle strategie utilizzate e

in particolare su quelle mediatiche. Gli autori principali sono Page (1999), Binderkrantz (2005,

2011, 2012a e 2012b), Mattina (2010), Grant (2010), Schlozman (2010), Wonka, Baumgartner,

Mahoney e Berkhout (2010). L’obiettivo comune è cogliere e confrontare tendenze di cambiamento

del sistema dei gruppi d’interesse, nel medio periodo e in diversi sistemi politico-istituzionali.

Come scrive Schlozman: «nel tempo si nota una considerevole fluidità e un significativo

turnover nella comunità degli interessi organizzati…» (2010, 449). Gruppi molto attivi in certi anni

scompaiono dalla scena politica in quelli successivi: non che si tratti di scomparse definitive e della

creazione di gruppi del tutto nuovi, ma, più semplicemente, di curve di attivismo e mobilitazione in

funzione di contesti favorevoli o di questioni particolarmente importanti7. A rilevare dinamiche di

differenziazione/specializzazione dei gruppi d’interesse, della loro natura e degli obiettivi perseguiti

sono anche studiosi come Binderkrantz 2012; Berkhout e Lowery 2008; Wonka et al. 2010. Le

indagini empiriche ne sottopongono a verifica la rilevanza nel tempo, in riferimento a specifiche

questioni e/o a determinate fasi del processo di policy, ipotizzando che lo spettro degli interessi

coinvolti nel policy-making sia oggi più ampio rispetto al passato e che i gruppi d’interesse – in un

ambiente ora più competitivo – scelgano di volta in volta strategie di attivazione, di mobilitazione e

di lobbying adeguate al contesto, all’obiettivo.

Da questi studi abbiamo ricavato uno schema di analisi, basato su alcune dimensioni

significative, utile per lo studio dei gruppi d’interesse italiani; le dimensioni sono:

6 Si veda, a tal proposito: Gray e Lowery (2010, 488): nel loro studio sui gruppi d’interesse nei 50 stati USA, tali

autori scrivono che il maggior vantaggio di large-n studies è la necessaria attenzione ai fattori di contesto che in small-n studies sono invece ovviamente costanti. Nelle loro parole: «Understanding such contextual forces compel us to turn to develop hypotheses that account for variations across cases.»

7 Scholzman ha come referente empirico il caso americano, sul quale sono disponibili abbondanti banche dati, costruite su fonti dirette e indirette, continuamente aggiornate. L’autore sottolinea: «The story is one of remarkable continuity in the kind of interest that are represented»; e richiamando l’immagine di Schattschneider, Scholzman conclude che seppure il coro degli interessi organizzati sia notevolmente più ampio e numeroso che in passato, in ogni caso il tono e le voci più alte sono quelle di sempre (2010, 449).

Page 6: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

6

i) la natura dei gruppi, vecchi e nuovi, ordinabili entro un numero limitato di categorie

adeguate a specificarne alcune caratteristiche di base;

ii) lo status dei gruppi d’interesse, con riferimento alla nota distinzione di Wyn Grant fra

‘insider e outsider groups’;

iii) le strategie dei gruppi d’interesse – dirette o indirette, spesso un mix di entrambe –

focalizzando l’attenzione sull’utilizzo dei media e della stampa in particolare8.

2.1. Quali e quante categorie per i gruppi di interesse, in relazione a che cosa: natura, scopi,

organizzazione?

Piuttosto che impegnarsi in definizioni assolute dei vari tipi di gruppi, la strada oggi più battuta, e

utile a fini comparati, è quella di differenziare l’oggetto e inserirlo in ‘reasonable categories’

(Binderkrantz 2011, 120). In quanto tali, esse supportano non solo la «conta» e la descrizione dei

gruppi, ma consentono di procedere in analisi correlate alle modalità di azione e alle strategie

privilegiate.

Se, in termini estremamente generali, tutti i gruppi d’interesse operano per ottenere un esito

favorevole in termini di policy, alcuni lo fanno per i propri associati, altri per la singola azienda o

per le aziende del comparto o del settore, altri ancora per la comunità locale, o per la collettività nel

suo insieme. I gruppi possono poi essere formati da membership di vario tipo (individui, aziende

private o pubbliche, istituzioni governative…; possono anche essere privi di membership). Nella

maggioranza dei casi i gruppi perseguono benefici economici (trasferimenti o esenzioni per la

categoria, regole che tutelino le professioni, ecc.), ma in diversi casi essi si organizzano e

mobilitano per cause civili o religiose o contro qualcosa che mette a rischio sicurezza, salute o altro.

Le categorie che troviamo in letteratura servono a distinguere i tipi di gruppi in relazione alla

natura degli interessi rappresentati e agli scopi perseguiti. Le macro-categorie più note sono quelle

di Schattschneider (1960), Salisbury (1975) e Berry (1977), i quali distinguono fra special interest

groups (sezionali, economici), e public interest groups (diffusi), gruppi d’interesse identitari o

ideali (promozionali/per una causa). Tali categorie sono poi state recentemente riprese da Mattina

(2010), Schlozman (2010), Binderkrantz (2011): muovendo da quelle macro-distinzioni, questi

colleghi hanno proposto alcune significative modifiche e specificazioni utili nella ricerca empirica,

8 Ribadiamo ancora che questo punto di partenza e questa fonte è la strada obbligata per il caso italiano quando si

intenda andare oltre il singolo gruppo o lo specifico settore di policy, mancando ogni banca dati, ogni registro ufficiale (e ufficioso) dei gruppi d’interesse attivi, consultati, sentiti, riconosciuti. Nemmeno sui siti di organismi come il CNEL – che a quello, sostanzialmente, dovrebbero servire – è disponibile un elenco di organizzazioni d’interessere riconosciute e accreditate quali membri del Comitato nazionale.

Page 7: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

7

tenuto conto anche della numerosità dei gruppi oggi attivi. Seguendo lo schema più semplice di

Mattina (2010, 15-16), vediamo infatti che: fra i gruppi economici e sezionali rientrano non solo le

imprese, singole e associate, ma anche i gruppi organizzati su base occupazionale (con la novità che

oggi vi sono i lavoratori e i sindacati dei lavoratori pubblici e privati, le professioni come

commercialisti o consulenti, gli insegnanti, i civil servants, i ferrovieri, ecc.). Fra i gruppi

istituzionali rientrano enti locali, chiesa, università9. La categoria dei gruppi per una causa o

promozionali sembra quella più ampia, perché a sua volta si divide in gruppi d’interesse pubblico

(ambientalisti, consumatori), gruppi identitari (etnici, per la parità di genere e anziani) e gruppi

localistici o Nimby (contro i grandi impianti).

In uno studio sul caso americano, sovrabbondante di fonti e dati, Schlozman (2010, 432-440)

muove invece da un elenco di tredici (13) settori tematici dai quali si ramifica il ‘pressure system’

federale, derivandone 6 macro-categorie10 di organizzazioni d’interesse; per ciascuna di esse, infine,

procede ad un’ulteriore scomposizione, arrivando ad individuare novantotto (98) tipi, utili a cogliere

le diversità e la moltitudine di gruppi che, pur con peso e modalità varie, si attivano e si confrontano

per ottenere qualche risultato in termini di policy. Nel dettaglio, Schlozman parte dalla distinzione

fondamentale di Schattschneider fra gruppi più forti portatori di interessi economici sezionali e

gruppi che promuovono interessi diffusi o danno voce a categorie svantaggiate; lo schema

classificatorio elaborato distingue quindi fra gruppi che cercano vantaggi per pochi e gruppi che si

attivano a beneficio di molti: fra i primi vi sono quelli che perseguono vantaggi economici e non

economici, cioè identitari, religiosi etnici e di genere; fra i secondi vi sono quelli che operano per la

tutela dell’ambiente, per una maggior sicurezza pubblica, per la trasparenza negli affari pubblici,

per i poveri e altro ancora. Fra le associazioni dei lavoratori vi sono i sindacati che operano su base

associativa, ma anche associazioni di professionisti (psicologi, architetti, ingegneri).

Un’attenzione analitica così dettagliata si spiega alla luce del fatto che «le organizzazioni

d’interesse sono parte essenziale del processo attraverso il quale i policy makers, nei sistemi

democratici odierni, apprendono le preferenze e i bisogni di cittadini, che altrimenti una serie di

barriere alla partecipazione politica escluderebbero dall’essere rappresentati» (Schlozman 2010,

426). Ciò non significa – l’autore mette giustamente in guardia – che tutti i gruppi abbiano accesso

e voce nelle sedi che contano, né che tante recenti organizzazioni abbiano scalfito il ruolo e

9 Ma anche, secondo Mattina (2010), organizzazioni di agricoltori, operatori finanziari e commerciali.10 Tali sei macro-categorie sono quelle che seguono: economic organizations (comprensive di associazioni

imprenditoriali, imprese, banche, assicurazioni, finanza; ma anche di università, ospedali, case di cura ecc. singole o associate; anche gli agricoltori rientrano in tale categoria); - labor unions e altre associazioni su base occupazionale-rofessionale (sindacati dei lavoratori, professioni, ecc.); - identity groups (religiosi, femministi, etnici, anziani); - public interest groups (ambientalisti, consumatori, per i diritti civili, riformisti, conservatori); - state and local government(municipalità, contee, authorities); - other organizations (governi starnieri, corporations, ecc.).

Page 8: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

8

l’influenza predominante dei gruppi economici: questi rimangono ancora i più numerosi e i più

presenti nelle sedi che contano; anche se è evidente che altri tipi di organizzazioni (non associative,

non economiche, in particolare quelle delle istituzioni locali) sono andate acquisendo spazio e

rilievo.

Dal canto suo, Binderkrantz (2010, 120) parla di ‘reasonable categories’, che in numero

limitato sono adeguate a cogliere gli aspetti distintivi dei vari grupp: a) labour unions; b) business

groups (categorie tradizionali, più toccate dalla minore inclusione dei gruppi d’interesse nel

processo decisionale); c) groups of insititutions and authorities (più recenti e legati ai servizi

pubblici forniti dalle public utilities11); d) other sectional groups; e) public interest groups. Più che

soffermarsi sulle distinzioni interne ad esse, tali categorie sono utilizzate da Binderkrantz per

studiare i gruppi d’interesse guardando alla loro rilevanza relativa sulla scena politica, alla loro

visibilità mediatica, indicatori questi a loro volta di status privilegiato, di risorse e capacità.

Insomma, contare e categorizzare è utile di per sé, ma serve soprattutto a verificare se lo spettro

degli interessi è mutato negli ultimi decenni, se gli interessi forti sono sempre e comunque quelli

economici, se le organizzazioni d’interesse di tipo economico e finanziario sono state affiancate o in

parte sostituite da quelle non economiche.

Le categorie elaborate da Schlozman, Mattina e Binderkantz sono state riprese da diversi altri

studiosi; ciò favorisce indubbiamente cumulabilità e comparazione in questo campo di studio; ed

anche la letteratura sui gruppi d’interesse nel contesto dell’UE ha utilizzato – con qualche

adattamento – quelle stesse categorie, specificando la consistenza di gruppi d’interesse economico-

commerciali, la forte presenza di gruppi d’interesse pubblico, tuttavia sottolineando al contempo

l’assenza di gruppi identitari (Wonka et al. 2010; Kluwer 2012). A conferma di quanto insegnato da

Baumgartner e Jones.

2.2. La distinzione fra insider e outsider interest groups : superata e riproposta

Anche la distinzione, nota e spesso abusata, fra insider e outsider interest groups (Grant 2000) in

relazione allo status dei gruppi stessi, seppure soggetta a critiche e revisioni12, continua a mantenere

il suo valore analitico e a trovare riscontro empirico. L’elemento di differenziazione è il tipo di

relazione con i pubblici poteri: gli insiders godono di accessi privilegiati, scambiano informazioni

con gli attori pubblici (governi o commissioni parlamentari), e cooperano all’implementazione delle

politiche a loro destinate; essi vengono inclusi nel processo decisionale in cambio di informazioni,

affidabilità, disponibilità a negoziare esiti sub-ottimali. Al contrario, gli outsiders – per

11 Musei, teatri, case di cura, Università.12 Critiche soprattutto rivolte alla confusione fra status e strategie.

Page 9: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

9

impossibilità, ma spesso per scelta – non sono coinvolti in tali relazioni di scambio: può trattarsi di

sostenitori di una causa pubblica che fanno appello all’opinione pubblica, gruppi di oppositori, di

riformatori che mirano a cambiamenti dei paradigmi di policy vigenti (Grant 2000, 19). I primi

risultano più influenti e non usano strategie di mobilitazione o protesta, mentre i secondi possono

avere qualche successo in situazioni favorevoli, su temi di elevata salienza, grazie al supporto di

istituzioni pubbliche o alla mobilitazione di tanti cittadini; a tal fine utilizzano strategie di

informazione e protesta anche eclatanti.

La recente letteratura giudica semplicistica e oggi fuorviante questa distinzione: lo status dei

gruppi tende infatti a mutare, in particolare per alcuni ‘gruppi soglia’ come i sindacati dei lavoratori

(sviluppano sistematici contatti con i governi, pur non rinunciando a tattiche da outsiders), oppure

per gruppi che godono dello status di insiders in alcune questioni ma diventano outsiders in

relazione ad altri problemi. Sono i lavori di Maloney et al. (1994), di Page (1999) e infine di

Binderkrantz (2005) che fanno chiarezza analitica e rendono più sofisticata la distinzione,

rendendola più corrispondente ad una realtà fluttuante e popolata da tanti gruppi diversi che hanno a

disposizione risorse e perseguono finalità differenti.

Infatti il macro-insieme degli insiders viene diviso in ‘core’, ‘specialist’ e ‘peripheral’

groups’ a seconda di quale sia lo status loro assegnato dagli attori pubblici. E’ improbabile che a

partecipare effettivamente ad ogni decisione siano tutti i gruppi che fanno parte della mailing list

dei diversi ministeri del governo in carica (Maloney et al. 1994, 27)13. Tuttavia, Page sottolinea

come le evidenze empiriche di diverse ricerche non confermino un accesso privilegiato per pochi: i

dipartimenti ministeriali oggi avviano consultazioni su una molteplicità di questioni, tanto ampie da

sentire una vasta platea di gruppi, quanto ristrette da coinvolgerne a malapena un paio; buona parte

dei gruppi di interesse ritiene comunque di avere un qualche successo nell’influenzare la decisione

finale (ibidem)14.

Del resto, anche se lo stesso Grant riconosce che oggi quella tipologia ha «superato la sua data

di scadenza» (2010, 6), nondimeno essa rimane utile per catturare quelle relazioni quotidiane e

routinarie fra il fronte maggioritario degli insiders e lo Stato, ovvero fra gli stakeholders e i

burocrati di medio livello, più direttamente coinvolti nelle consultazioni. Le osservazioni sul campo

rivelano infatti che «…consultation can be a two way process» all’interno del quale possono mutare

13 Lo stesso concetto viene espresso da Page (1999, 212); nelle sue parole: «Consultation must therefore be an

exercise in courtesy for most, whereas true involvement or negotiation is reserved for the few.»14 Nell’indagine empirica di Page – utilmente applicabile anche in altri casi e paesi, perché foriera di comparazioni –

tre sono le caratteristiche misurate per identificare gli insiders: i) la frequenza dei contatti con i funzionari ministeriali, ii) l’ampiezza (quasi tutte/poche) delle questioni su cui il gruppo viene consultato, iii) la considerazione effettiva in cui le obiezioni dl gruppo vengono tenute in considerazione, con adeguati aggiustamenti di proposte e decisioni in corso. (1999, 207-208).

Page 10: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

10

i punti di vista sia dei decision makers sia degli stakeholders (Grant 2010, 8). Maggiore attenzione

viene riservata ovviamente a quegli insider groups che hanno maggior peso politico in quanto più

visibili e in grado di attrarre l’attenzione dei media (ibidem). Rimane dunque oggetto di indagine

empirica verificare per i gruppi attivi e rilevanti il loro grado di «insidership» e – trattandosi non di

una costante, ma appunto di un dato variabile – l’analisi dovrà combinare status, strategie e

differenti issues settoriali entro partizioni temporali adeguate al fine di coglierne eventuali

variazioni.

2.3. Strategie dirette e indirette, tattiche e strumenti. L’importanza crescente dei media.

Come per la dimensione precedente, anche la distinzione fra strategie dirette (contatti, scambi,

attività di lobbying nei confronti degli attori pubblici) e indirette (informazione, protesta,

mobilitazione verso un pubblico più vasto della propria membership) cui i gruppi d’interesse fanno

preferibilmente ricorso non può essere vista come dicotomica. Binderkrantz evidenzia in diversi

suoi articoli che l’analisi delle differenti strategie è rivelatrice di una serie di caratteristiche circa il

ruolo, le risorse, la potenziale capacità di influenza. In una tavola sinottica piuttosto semplice, ma

completa, l’autrice (2005, 696) propone di distinguere in quattro categorie e 16 tipi di attività le

strategie dirette e indirette di influenza. Le prime vedono i gruppi sviluppare contatti diretti,

consultazioni e scambi con burocrati (administrative strategy) e con politici, parlamentari o partiti,

(parliamentary strategy); con le seconde i gruppi cercano di influenzare gli esiti di policy,

ricorrendo alle campagne informative e di stampa, all’esposizione mediatica (media strategy),

oppure alla informazione e mobilitazione dei cittadini, dei propri membri, a forme di protesta,

scioperi (mobilization strategy).

Se è vero che le strategie dirette sono analizzate da tempo (Binderkrantz e Kroyer 2012), più

recente è invece l’attenzione sulle strategie indirette e, in particolare, sul ricorso ai media15. Lungi

dall’essere un’arma dei «deboli», questa opzione strategica è ampiamente utilizzata dai gruppi

d’interesse forti e influenti, nonostante essi già dispongano di un buon accesso al decision-making

(Binderkrantz 2005 e 2012; Beyers 2004; Eising, 2007; Kriesi et al. 2007)16. Sul punto occorre

precisare: non si tratta solo di mediatizzazione della politica, ma soprattutto della ricerca di

visibilità da parte di gruppi che intendono esercitare influenza sulle diverse questioni dell’agenda

15 I gruppi di interesse possono tentare di ricorrere ai media per una pluralità di ragioni; tra le più importanti,

segnaliamo: informare, convincere, mobilitare, rivolgendosi oltre che alla propria membership anche ad aderenti potenziali alla causa, o a potenziali futuri oppositori, nell’ottica di legittimare posizioni sostenute anche nelle sedi decisionali (ma forse impopolari ai più).

16 È, questa, un’opinione condivisa anche da Thrall (2006, 408): «The same groups that dominate the inside game of politics can thus be expected to be predominant in the media arena».

Page 11: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

11

politica, nonché dell’attenzione che diversi ma rilevanti gruppi d’interesse ricevono da parte dei

media che trattano le questioni del giorno .

In altri termini, indagare sulla presenza mediatica dei gruppi d’interesse può dare un’idea

abbastanza precisa della rilevanza che essi hanno e della considerazione in cui essi sono tenuti dai

mezzi d’informazione, oltre che delle questioni su cui più sistematicamente si attivano.

3. Alcune ipotesi derivate dalla letteratura, utili anche per l’Italia

Anche se in questo paper ci si vuole muovere con un obiettivo prevalentemente descrittivo – quello

di iniziare a contare ed etichettare i gruppi d’interesse italiani attivi in questi due decenni – la

letteratura ha fornito alcuni spunti, sia per costruire il disegno della ricerca, sia per avanzare alcune

ipotesi che, ovviamente, richiederanno ulteriori verifiche. Le ipotesi che poi specificheremo per il

nostro studio di caso – quello italiano – e data l’assenza di studi comparati che lo considerino e di

indagini recenti che lo riguardino – terranno conto di alcuni studi relativi al passato17, di una

consistente base di studi di policy dedicati a diversi settori, nei quali i gruppi d’interesse sono

analizzati insieme ad altri attori, nonché di lavori dedicati alla tradizione concertativa in alcuni

cruciali ambiti (lavoro, previdenza). Prendendo spunto dallo studio di altre esperienze europee e

cercando di confrontare quanto emerge dalle indagini sul caso italiano, le ipotesi generali che si è

ritenuto di delineare riguardano:

H1) l’ampliarsi del numero e dello spettro dei gruppi d’interesse attivi;

H2) il declino relativo (sostituzione o affiancamento) delle organizzazioni d’interesse

tradizionali (sindacati e associazioni di imprese) da parte di gruppi d’interesse pubblico o

istituzionali (autorità locali, università, sanità);

H3) la scomparsa di modalità neo-corporative del policy-making (verificatasi in paesi europei

a forte tradizione), a favore di un policy-making pluralistico, all’interno del quale numerosi gruppi e

interessi competono per esercitare influenza18.

Un contesto maggiormente competitivo e la presenza di diversi punti di accesso, da un lato,

un policy-making settoriale e complesso (coordinato orizzontalmente e decentrato verticalmente)

dall’altro, rendono plausibile/probabile il coinvolgimento di un numero sempre più significativo di

17 I riferimenti obbligati sono agli studi noti ma non recenti di Morlino, di Morisi, Mattina, Lanzalaco, La Palombara,

e pochi altri.18 Aumento e differenziazione dei gruppi d’interesse – siano essi sezionali, diffusi, professionali, pubblici, identitari

o di altra natura – è tendenza che emerge in tutti gli studi recenti, mentre il relativo declino di gruppi tradizionalmente dominanti è dinamica evidenziata in particolare nei lavori di Binderkrantz, Christiansen, Oberg e altri, riferiti alle democrazie del Nord Europa – Norvegia, Danimarca, Svezia – dove «Highly institutionalized corporatist policy making privileges have been replaced by a more pluralist policy making pattern in which interest groups compete for influence.» (Oberg et al. 2011).

Page 12: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

12

gruppi d’interesse di vario tipo19, e comportano anche che i gruppi si attrezzino e facciano ricorso a

tattiche e strategie composite e differenti. In particolare quella di ottenere spazio e visibilità

mediatica sembra una fra le più importanti.

Relativamente alla prima e alla seconda ipotesi, l’evidenza empirica in tutti gli studi citati

conferma l’ampliarsi nel tempo del numero di gruppi attivi. Le categorie proposte in letteratura

evidenziano la presenza, in tutti i casi indagati, di organizzazioni di tipo nuovo (identitarie, governi

locali, Nimby), le quali sembrano affiancarsi a quelle tradizionali piuttosto che togliere loro spazio.

Inoltre, le analisi diacroniche circa la continuità o il relativo declino di alcuni gruppi tradizionali,

mostrano tendenze sensibilmente diverse da caso a caso; ciò significa – richiamando ancora una

volta Baumgartner e Jones – che il destino dei gruppi è comunque legato al contesto e alle

dinamiche formali e informali del policy-making entro le quali essi operano.

La terza ipotesi richiede – oltre all’analisi dei gruppi d’interesse e al loro coinvolgimento – la

considerazione di una serie di altri fattori riguardanti l’assetto politico-istituzionale, le dinamiche

consolidate nel policy-making, la presenza di sedi e organismi per la formulazione delle politiche

all’interno dei quali i maggiori interessi organizzati sono inclusi, l’emergere di nuovi luoghi e

modalità di fare le politiche. Questo tipo di ricerche è stato svolto in alcuni pochi casi: dinamiche

neo-corporative incentrate attorno allo scambio tra governo e parti sociali lascerebbero spazio a

dinamiche pluraliste in cui un numero maggiore di gruppi esercita un’azione di lobbying non solo

sul governo, ma anche sul parlamento; i fora di consultazione diventano numerosi e ciascuno

coinvolge un set di gruppi più attivi su tematiche specifiche, appunto quelle del forum di

riferimento20 (Thesen e Christiansen 2011; Pedersen et al. 2010; Oberg et al. 2010). Molteplici

punti di accesso, varietà di issues trattate (di rilievo generale, ma anche specifiche e tecniche),

numerosità degli attori coinvolti, sono fattori che comportano per i gruppi d’interesse il ricorso a

strategie composite e l’adattamento ai casi specifici. Ciò richiede anche la disponibilità di risorse

consistenti (non solo di rappresentanza, o di mobilitazione, ma anche relative ad expertise e

informazione).

Nell’economia di questo paper, solamente le prime due ipotesi possono essere riprese e in

parte sottoposte a verifica; volendo concentrare l’indagine empirica sulla visibilità/esposizione

mediatica dei gruppi d’interesse italiani negli ultimi 20 anni dobbiamo inoltre adattare quelle ipotesi

al nostro disegno di ricerca. In tal senso:

19 Ovviamente ciò non significa che non continuino ad esserci gruppi dallo status privilegiato, gruppi in grado di

esercitare maggiore e continuativa influenza.20 Va qui evitato l’errore di confondere l’evidenza di un policy-making maggiormente pluralista (tanti accessi, tante

richieste, interazioni in tante sedi e livelli) con i suoi esiti.

Page 13: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

13

H1a) l’attività diretta a guadagnare spazio e visibilità sui media diventa strategia preminente

per tutti i gruppi d’interesse, così come l’attenzione dei media si amplia fino a considerare e dare

notizia di gruppi d’interesse nuovi, siano essi insider o outsider groups. Ciò comporta che nella

nostra indagine sulla stampa italiana dovremmo trovare una continuativa attenzione per un numero

elevato di gruppi;

H2a) poiché non tutti sono uguali dal punto di vista dello status, delle risorse, e della capacità

potenziale di esercitare influenza, della specializzazione su alcune più rilevanti questioni, ne deriva

che alcuni gruppi d’interesse sono in grado di mantenere una posizione privilegiata anche sulla

stampa; ci aspettiamo quindi di trovare differenze sensibili nella visibilità dei gruppi d’interesse

italiani, differenze che dovrebbero accentuarsi nelle diverse testate di quotidiani (specie fra quelli

che tradizionalmente dedicano una maggiore attenzione ai gruppi e ai temi economici, rispetto alle

testate che invece sono più attente ai lavoratori, ai cittadini, e alle tematiche ambientaliste, del

lavoro, sociali, educative);

H3) il contesto in cui operano i gruppi d’interesse italiani, dal punto di vista delle dinamiche

politico-istituzionali e del policy-making, pur se presenta diversi elementi di cambiamento (poco

oltre richiamati, si rimanda a pag. 15) non manca di continuità e strenue difese dello status quo; in

questo senso, l’ipotesi della persistenza di Beyers (2004) dovrebbe rivelarsi particolarmente

riferibile ai gruppi d’interesse italiani che in passato hanno goduto di uno status privilegiato da

insiders (gruppi economici, sindacati, grandi aziende); mentre i gruppi d’interesse di tipo nuovo

(istituzionali, d’interesse pubblico) sono presenti, si attivano (specie sulle tematiche di nicchia che li

riguardano) e riescono ad ottenere visibilità mediatica, ma in misura molto limitata rispetto ai primi.

4. Il disegno della ricerca e l’operativizzazione delle variabili

Prima di entrare nel dettaglio del processo di operativizzazione col quale definire le variabili della

successiva analisi empirica, è necessario richiamare il disegno di ricerca che ha guidato l’indagine e,

di conseguenza: elencare i media sui quali abbiamo rilevato i dati; delimitare l’ambito spazio-

temporale della ricerca; individuare i gruppi di interesse che sono entrati nel nostro data-set.

Innanzitutto, il medium prescelto è la carta stampata. Questo perché, innanzitutto, ci interessa

confrontare i risultati italiani con quelli recentemente evidenziati da Binderkrantz e Christiansen

(2011) circa il caso danese21; seguire la stessa strategia darà alla nostra ricerca un respiro anche

comparato. In secondo luogo, gli archivi dei maggiori quotidiani nazionali sono facilmente

accessibili e forniscono una fonte attendibile per la ricerca in oggetto. Detto questo, la scelta delle

21 Tali autori hanno rilevato l’esposizione mediatica dei gruppi di interesse su due importanti quotidiani nazionali.

Page 14: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

14

quattro testate nazionali - Corriere della Sera, la Repubblica, il Sole 24 Ore, Italia Oggi - è stata

compiuta sulla base di tre criteri: il primo di questi afferisce al pluralismo delle posizioni

rappresentate. A tal proposito, abbiamo infatti optato per due quotidiani relativamente schierati, uno

a favore degli interessi economici e della grande impresa (il Sole 24 Ore), l’altro a favore delle

organizzazioni sindacali e, più in generale, dei gruppi di interesse pubblico (la Repubblica), e due

quotidiani relativamente imparziali (Corriere della Sera e Italia Oggi), nell’ottica di testare l’ipotesi

che preconizza una qualche forma di correlazione tra l’orientamento politico del quotidiano e la

maggiore o minore visibilità mediatica, sullo stesso, di alcuni gruppi piuttosto che altri. Il secondo

criterio, invece, ha a che fare con l’autorevolezza della testata, mentre il terzo concerne

l’attendibilità e completezza del suo archivio stampa22.

Per quanto concerne l’ambito spazio-temporale della ricerca, il periodo da noi analizzato va

dal 1992 al 2011 compresi. La scelta di tale periodo è facilmente giustificabile. Non vi è dubbio

alcuno che gli ultimi venti anni di storia repubblicana siano stati assai densi di cambiamenti e

trasformazioni: la riforma del sistema elettorale, sia nazionale (Bartolini e D’Alimonte 1995) che

provinciale e regionale (Fusaro 2000), la destrutturazione e successiva ristrutturazione del sistema

partitico nazionale (Pappalardo 2001), il nuovo rapporto tra governo e parlamento (Barbieri e

Verzichelli 2003) e il processo di (relativo) decentramento che ha interessato la forma di Stato

repubblicana (Ventura 2008), sono tutti elementi che hanno portato diversi autori ad ipotizzare una

forte cesura tra l’assetto della Prima Repubblica e quello caratterizzante la cosiddetta Seconda

Repubblica23. In questo senso, diviene oltremodo interessante domandarsi se a tali e tante novità

politico-istituzionali sia corrisposta o meno una qualche trasformazione anche per quel che riguarda

il sistema dei gruppi di interesse italiani e se essa sia visibile nella loro esposizione sui media.

A proposito, infine, dell’identità dei gruppi di interesse analizzati, la loro individuazione

deriva (soprattutto, ma non esclusivamente) da un lavoro di «mappatura» degli stessi che stiamo

portando avanti, insieme a colleghi del Dipartimento di Scienza Politica dell’Università di Bologna,

all’interno di un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale iniziato nel 2011. Mancando un

censimento ufficiale dei gruppi di interesse italiani, la strategia di ricerca ad ampio raggio sui media

è quasi una strada obbligata. Sulla base delle indicazioni desumibili dal suddetto lavoro di

mappatura, i gruppi che sono entrati nella nostra analisi statistica sono trentuno (31), suddivisi in

22 È solo dalla combinazione di questi tre criteri, ad esempio, che abbiamo deciso di includere «Italia Oggi» ed

escludere, invece, «la Stampa» di Torino: sarebbe infatti difficile sostenere come quest’ultimo non sia uno dei quotidiani più rilevanti e autorevoli del panorama nazionale, ma l’incompletezza del suo archivio storico ci ha reso impossibile inserirlo tra le testate analizzate.

23 Anche se, probabilmente, i termini suddetti hanno connotazione più giornalistica che scientifica, ed il periodo post-1994 andrebbe più precisamente identificato quale «transizione» tra un assetto precedente ad uno ancora in divenire (Bull e Pasquino 2007).

Page 15: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

15

nove (9) categorie: interessi economici24; sindacati25; associazioni di consumatori26; agricoltura27;

gruppi istituzionali28; sanità29; ambientalisti30; grandi imprese31; educazione (scuola e università)32.

La nostra proposta – come si vede – contempla un numero più ampio di categorie rispetto a quelle

incontrate in letteratura, ma essa ci pare funzionale al caso italiano in quanto distingue fra gruppi

economici (isolando quelli sindacali, quelli agricoli, e le grandi imprese, dato il rilievo che queste

hanno tradizionalmente), fra gruppi d’interesse pubblico (ambientalisti e consumatori, che in Italia

hanno più recente origine), fra gruppi istituzionali (distinguendo fra autorità locali e scuola-

università, dato il diverso peso di questi gruppi, decisamente trasversale l’uno, molto più settoriale

l’altro).

È del tutto evidente come tale popolazione non possa essere considerata ancora esaustiva

dell’intero universo dei gruppi di interesse italiani; riteniamo però che essa sia sufficientemente

rappresentativa di quelli che sono i gruppi rilevanti nei settori di policy verso i quali

sistematicamente si concentra l’azione di governo e l’attenzione dell’opinione pubblica33.

Fissato in termini generali il disegno della ricerca, è ora il momento di entrare nel dettaglio

dell’operativizzazione delle variabili che utilizzeremo. Per quanto concerne le variabili

indipendenti, esse necessariamente richiamano le ipotesi teoriche esplicitate nel paragrafo

precedente: la prima si sostanzia nella distinzione tra gruppi insiders e outsiders. È, questa, una

variabile indipendente in quanto dovrebbe influenzare il variare sia della visibilità che della

rilevanza mediatica, sotto l’ipotesi che gli insiders abbiano un accesso ai media relativamente più

frequente degli outsiders (cfr. par. 3), e che la stampa tenda a dare maggiore spazio ai gruppi

insiders (ricavando da essi informazioni più precise e complete sui processi di policy). Ma può

anche essere considerata come variabile dipendente, se si ipotizza invece che il variare della

differenza di «mediaticità» tra insiders ed outsiders possa dipendere dal tipo di quotidiano preso in

esame. Sul punto, tuttavia, occorre specificare, in quanto sembrerebbe contraddittorio sostenere,

come abbiamo fatto in precedenza sulla scorta della più importante letteratura internazionale (cfr.

par. 2), che la distinzione tra insiders ed outsiders non sia assoluta e immodificabile, ma piuttosto

24 Nel dettaglio: Abi, Ania, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confindustria.25 Nel dettaglio: Cgil, Cisl, Uil, Ugl.26 Nel dettaglio: Adiconsum, Adusbef, Codacons, Federconsumatori.27 Nel dettaglio: Cia, Coldiretti, Confagricoltura.28 Nel dettaglio: Anci, Anm, Upi.29 Nel dettaglio: Farmindustria, Federfarma.30 Nel dettaglio: Legambiente, Wwf.31 Nel dettaglio: Fiat, Enel, Eni.32 Nel dettaglio: Cgil Scuola, Cisl Scuola, Gilda, Crui.33 Essendo fortemente persuasi che, nello studio dei gruppi di interesse, le caratteristiche contestuali proprie di ogni

ambito produttivo siano assai rilevanti (Lizzi 2011), il criterio principale (anche se non esclusivo) della categorizzazione qui proposta non poteva che avere a che fare con distinzioni di policy. Economia, lavoro, credito e finanza, sanità/salute, ambiente, agricoltura, scuola e università, decentramento e federalismo, giustizia sono i temi e le issues da 20 anni continuativamente in agenda, politica e mediatica.

Page 16: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

16

dipenda dalla issue ‘at stake’, e poi differenziare empiricamente tra i primi e i secondi in maniera

dicotomica. Ebbene, i gruppi qui considerati quali insiders sono soltanto quelli che Maloney e

colleghi (1994) hanno definito di tipo ‘core’ (quelli, cioè, che dispongono di così tante risorse da

poter godere di un accesso privilegiato quasi a prescindere dal tema trattato), laddove gli outsiders

sono tutti gli altri gruppi. Abbiamo optato per tale semplificazione in quanto, a questo stadio della

nostra ricerca, non aveva molto senso differenziare sulla base delle issues, dato che esse non

entrano che tangenzialmente nell’analisi che svolgiamo. Alla luce di tutto ciò e degli studi

disponibili sul caso italiano, abbiamo quindi deciso di considerare insider groups quelli economici,

i sindacati, i gruppi istituzionali e le grandi imprese, mentre abbiamo etichettato – non senza discreti

dubbi34 - come outsiders le associazioni di consumatori, di ambientalisti, i gruppi d’interesse legati

a scuola e università, agricoltura e sanità.

Richiamando la possibile influenza esercitata dal tipo di quotidiano sul quale si sono rilevati i

dati, la seconda variabile indipendente che entra nella nostra analisi statistica, è di tipo categoriale e

consiste nella distinzione tra articoli pubblicati sul Corriere della Sera, su Il Sole 24 Ore, su la

Repubblica e su Italia Oggi, sulla base dell’ipotesi che differenti testate si interessino diversamente

delle distinte categorie in cui abbiamo suddiviso i nostri gruppi di interesse.

Altre variabili indipendenti, infine, riguardano l’inserimento, nell’agenda politica del governo,

di una issue la cui particolare rilevanza ha costretto i gruppi ad essa connessi ad attivarsi in maniera

e misura particolari (ad esempio, la questione dell’articolo 18 negli anni 2002-2003-2004, o il

contrasto tra maggioranza di centrodestra e magistratura circa il cosiddetto «lodo Alfano» nel

2008)35.

Le variabili dipendenti, invece, sono due, entrambe di tipo cardinale: la prima, definita

semplicemente «visibilità mediatica», fa riferimento al numero di volte che, all’interno di ogni anno

solare, il gruppo in oggetto viene citato nel testo di tutti gli articoli pubblicati su tutti i quotidiani

presi in considerazione. Per depurare i dati dalla distorsione derivante dal fatto che, nel corso degli

ultimi vent’anni, il formato dei suddetti quotidiani ha assunto dimensioni variabili, abbiamo

standardizzato ogni valore di ciascun quotidiano rispetto all’anno di riferimento, trasformando così i

numeri riscontrati, da assoluti in percentuali. Il passo successivo è quindi stato quello di operare, per

ogni anno tra il 1992 ed il 2011, la media dei valori percentuali caratterizzanti i quattro quotidiani di

riferimento. Senza tale accorgimento, l’analisi diacronica dei dati avrebbe avuto poco senso, in

quanto si sarebbe riscontrato un andamento crescente nel tempo per tutte le categorie di gruppi

prese in esame.

34 I dubbi riguardano lo status di outsiders sia dei gruppi agricoli, notoriamente e stabilmente inclusi nel policy

making, sia di quelli che rappresentano gli interessi nella sanità. 35 Anche tali due variabili, come è facilmente comprensibile, assumono forma dicotomica.

Page 17: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

17

La seconda l’abbiamo invece chiamata «rilevanza mediatica pubblica»: come per la

precedente, anche in questo caso si tratta, molto semplicemente, di redigere un elenco diacronico in

cui ogni categoria (e ogni gruppo al proprio interno) si vede riconosciuto un determinato valore

numerico per ogni anno preso in considerazione; tuttavia, in questo caso l’individuazione di quegli

stessi valori numerici è differente da un punto di vista qualitativo, sia per quanto riguarda la banca

dati dalla quale sono stati estratti, sia per ciò che concerne il criterio col quale individuare gli

articoli di riferimento. Più nel dettaglio, se la visibilità mediatica si ottiene dalla sommatoria di tutti

gli articoli, pubblicati nelle quattro testate di riferimento, nel cui testo è contenuto il nome del

gruppo in analisi, la rilevanza mediatica pubblica dipende invece dalla sommatoria di tutti gli

articoli (pubblicati in quei medesimi quotidiani) che sono entrati nella rassegna stampa giornaliera

della Camera dei Deputati, nel cui titolo è contenuto il nome del gruppo36.

In altri termini, aggiungiamo due diverse «barriere all’entrata» all’esposizione mediatica dei

nostri gruppi: in primo luogo, l’articolo pubblicato deve essere considerato sufficientemente

rilevante per entrare nella rassegna stampa cui accedono, ogni giorno, i deputati italiani; in secondo

luogo, il gruppo di interesse deve essere l’indiscusso protagonista di quell’articolo, tanto da venir

menzionato direttamente nel titolo dello stesso. La ratio che sta dietro la differenziazione tra tali

due variabili è presto esplicitata: il nostro obiettivo è infatti quello di avere due misure,

concettualmente simili ma non perfettamente sovrapponibili, di quanto e come i differenti gruppi di

interesse hanno accesso ai media. La prima ci dà infatti una misura di quanto i giornali si occupano

delle organizzazioni che qui analizziamo; la seconda, invece, ci dice anche se il gruppo ha una

visibilità di rilievo per i decisori politici, per di più da una posizione di forte visibilità (ovvero, già

nel titolo dell’articolo selezionato).

5. Analisi statistica ed evidenze empiriche

Nel paragrafo 3 abbiamo avanzato alcune ipotesi dalla più importante letteratura su gruppi di

interesse e media, al fine di testarle dal punto di vista empirico. Soggiacenti a tali ipotesi, tuttavia,

stavano soprattutto alcuni interrogativi: quali categorie di gruppi hanno prevalente accesso ai

media? È possibile riscontrare dinamiche di continuità o di mutamento nell’esposizione mediatica

delle distinte categorie di gruppi? Vi è una chiara distinzione tra insider e outsider interest groups?

E infine: esistono differenze apprezzabili tra quotidiano e quotidiano?

36 Un’ulteriore differenza tra le due variabili dipendenti attiene al periodo temporale: la visibilità mediatica viene

analizzata tra il 1992 e il 2011, laddove la rilevanza mediatica pubblica copre il solo intervallo 1998-2011. Questo perché l’archivio storico della Camera dei Deputati non va più indietro del 1998.

Page 18: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

18

Per rispondere ai primi due quesiti testé proposti, si veda sia la figura n. 1, la quale fa

riferimento alla variabile precedentemente identificata come «visibilità mediatica», sia la figura n.

2, che invece presenta l’andamento di ciò che abbiamo in precedenza definito «rilevanza mediatica

pubblica»:

Figura 1 Visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani (1992-2011)

Visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani (1992-2011)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

Per

cen

tual

e m

edia

su

i 4 q

uo

tidia

ni

Interessi economici

Sindacati

Grandi Imprese

Gruppi Istituzionali

Consumatori

Agricoltura

Sanità

Ambientalisti

Istruzione

Page 19: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

19

Figura 2 Rilevanza mediatica pubblica dei gruppi di interesse italiani (1998-2011)

Appeal mediatico dei gruppi di interesse italiani (1998-2011)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Anno

Per

cen

tual

e ri

spet

to a

ll'an

no

di r

iferi

men

to

Interessi economici

Sindacati

Grandi Imprese

Gruppi Istituzionali

Consumatori

Agricoltura

Sanità

Ambientalisti

Istruzione

L’osservazione delle figure sopra riportate ci aiuta a mettere un po’ di ordine: in primo luogo,

vi è una fortissima differenza di mediaticità tra interessi economici, sindacati e grandi imprese, da

un lato, e tutte le altre categorie da noi individuate, dall’altro. I primi hanno infatti un accesso ai

media molto più agevole e continuativo che non i secondi. Tale evidenza empirica sembra

contraddire l’ipotesi che nuovi gruppi di interesse avessero conquistato, col passare del tempo e il

mutare del cosiddetto ‘pressure system’ (da maggiormente neo-corporativo a leggermente più

pluralistico), spazio crescente sui media.

Sul punto, un’ulteriore conferma può essere trovata attraverso una regressione lineare, i cui

risultati vengono evidenziati nelle sottostanti tabelle n. 1 (variabile dipendente: visibilità mediatica)

e n. 2 (variabile dipendente: rilevanza mediatica pubbica):

Page 20: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

20

Tabella 1 Incidenza del tipo di gruppo sulla visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani: regressione lineare

Coefficientsa

Unstandardized Coefficients

Standardized

Coefficients

Model

B Std. Error Beta t Sig.

(Constant) 20,651 49,150 ,420 ,674

Tempo 6,872E-7 ,025 ,000 ,000 1,000

Sindacati 11,352 ,595 ,270 19,066 ,000***

Grandi imprese 11,371 ,595 ,270 19,097 ,000***

Gruppi istituzionali -15,893 ,595 -,378 -26,693 ,000***

Consumatori -18,419 ,595 -,438 -30,935 ,000***

Agricoltura -18,144 ,595 -,432 -30,473 ,000***

Sanità -20,032 ,595 -,477 -33,644 ,000***

Ambientalisti -17,115 ,595 -,407 -28,745 ,000***

1

Istruzione -18,988 ,595 -,452 -31,890 ,000***

a. Variabile dipendente: Visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani (1992-2011)

b. Categoria ‘benchmark’: Interessi economici

c. N = 900

d. R-quadro corretto = ,900

e. * = p<0,1

f. ** = p<0,05

g. *** = p<0,01

Tabella 2 Incidenza del tipo di gruppo sulla rilevanza mediatica pubblica dei gruppi di interesse italiani: regressione

lineare

Coefficientsa

Unstandardized Coefficients

Standardized

Coefficients

Model

B Std. Error Beta t Sig.

(Constant) 20,563 220,666 ,093 ,926

Tempo -,001 ,110 ,000 -,005 ,996

Sindacati 11,678 1,883 ,227 6,203 ,000***

Grandi imprese 24,222 1,883 ,471 12,866 ,000***

Gruppi istituzionali -16,197 1,883 -,315 -8,603 ,000***

Consumatori -19,009 1,883 -,369 -10,097 ,000***

1

Agricoltura -18,801 1,883 -,365 -9,986 ,000***

Page 21: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

21

Sanità -19,036 1,883 -,370 -10,111 ,000***

Ambientalisti -18,435 1,883 -,358 -9,792 ,000***

Istruzione -19,177 1,883 -,373 -10,186 ,000***

a. Variabile dipendente: Rilevanza mediatica pubblica dei gruppi di interesse italiani (1998-2011)

b. Categoria ‘benchmark’: Interessi economici

c. N = 125

d. R-quadro corretto = ,913

e. * = p<0,1

f. ** = p<0,05

g. *** = p<0,01

Una volta dimostrato come il tipo di gruppo influenzi in misura estremamente rilevante il

grado di esposizione mediatica dei propri componenti (R² corretto pari a 0.900 nel caso della

visibilità, e addirittura pari a 0.913 nel caso della rilevanza), il secondo interrogativo sollevato in

apertura di sezione concerneva le opposte ipotesi della continuità e del mutamento nel corso del

periodo in esame. Sul punto, riceve un forte sostegno empirico l’ipotesi della continuità: pur con

oscillazioni anche abbastanza vistose (più per quanto riguarda la rilevanza mediatica pubblica che

non la visibilità mediatica), le tre categorie a maggiore esposizione mediatica (interessi economici,

sindacati, grandi imprese) sono sempre le stesse durante tutto l’arco di tempo considerato, mai

concretamente avvicinate da alcuna altra categoria di gruppi.

Il terzo quesito atteneva invece alla distinzione, da un punto di vista teorico troppo

semplicistica e forzata, ma empiricamente giustificabile a questo stadio della nostra ricerca, tra

insider e outsider interest groups. A tal proposito, si vedano dunque la figura n. 3 (visibilità

mediatica) e la figura n. 4 (rilevanza mediatica pubblica):

Page 22: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

22

Figura 3 Visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani (1992-2011): distinzione tra insider e outsider interest

groups

Insiders-Outsiders (1992-2011)

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

Per

cent

uale

OUTSIDERS

INSIDERS

Figura 4 Rilevanza mediatica pubblica dei gruppi di interesse italiani (1998-2011): distinzione tra insider e outsider

interest groups

Insiders-Ousiders (1998-2011)

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Anno

Per

cen

tua

le

OUTSIDERS

INSIDERS

Page 23: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

23

Ebbene, tra le opposte ipotesi, entrambe note in letteratura, del maggiore ricorso ad una

strategia mediatica da parte dei gruppi insider o dei gruppi outsider, le figure sovrastanti sembrano

dare un chiarissimo sostegno empirico a quella che vuole le organizzazioni con le maggiori risorse

più presenti sui media. Per quel che riguarda la visibilità mediatica, infatti, i gruppi individuati quali

insiders oscillano tra un minimo dell’85.92% (2005) ed un massimo del 94.09% delle notizie

pubblicate dai quattro quotidiani presi in analisi, in quell’anno. Tale sproporzione incrementa

grandemente, fino ad interessare una banda di oscillazione che va dal 94.21% del 1998 al 99.07%

del 2002, per ciò che concerne la rilevanza mediatica pubblica. In altri termini, la stampa si occupa

quasi esclusivamente dei gruppi storicamente più rilevanti (interessi economici, sindacati, grandi

imprese, gruppi istituzionali); al contrario, i cosiddetti ‘gruppi nuovi’ devono accontentarsi di

giocare un ruolo del tutto residuale.

Proprio sulla distinzione insiders-outsiders, tuttavia, è possibile riscontrare differenze

abbastanza marcate tra le testate giornalistiche che qui prendiamo in considerazione. Coerentemente

con quanto ci saremmo aspettati, i due quotidiani più nettamente schierati, l’uno (la Repubblica)

maggiormente a favore degli interessi cosiddetti nuovi, l’altro (il Sole 24 Ore) più apertamente

allineato sulle posizioni dei grandi potentati economici, mostrano dinamiche piuttosto differenziate.

A tal proposito, si vedano infatti la figura n. 5 e la figura n. 6:

Figura 5 Visibilità mediatica dei gruppi di interessi italiani (1992-2011): distinzione tra insider e outsider interest

groups su ‘la Repubblica’

Repubblica: Insiders-Outsiders (1992-2011)

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

Per

cent

uale

OUTSIDERS

INSIDERS

Page 24: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

24

Figura 6 Visibilità mediatica dei gruppi di interessi italiani (1992-2011): distinzione tra insider e outsider interest

groups su ‘il Sole 24 Ore’

Sole: Insiders-Outsiders (1992-2011)

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

Per

cent

uale

OUTSIDERS

INSIDERS

Le differenze evidenziate dall’osservazione delle due figure sovrastanti appaiono nette ed

incontrovertibili: su ‘la Repubblica’, i gruppi di tipo outsider ricevono una copertura mediatica che

va da un minimo del 5.77% (1992) ad un massimo del 18.16% (2001), e a partire dal 2000 non

scendono mai sotto il 13%; su ‘il Sole 24 Ore’, al contrario, tale esposizione mediatica è molto più

bassa, oscillando da un minimo pari al 2.71% (1992) ad un massimo pari al 5.54% (2010).

Per rendere ancora più apprezzabile l’incidenza che, sulla quantità di citazioni, ha il tipo di

quotidiano sul quale esse vengono rilevate, nonché per rispondere all’ultimo degli interrogativi

sollevati all’inizio di questa sezione, si può osservare la tabella n. 3, la quale evidenzia la visibilità

media di ogni categoria di gruppo qui proposta, per ogni testata giornalistica da noi presa in esame:

Tabella 3 Visibilità media (1992-2011) dei gruppi di interesse italiani: distinzione sulla base delle fonti

Corriere della Sera Italia Oggi la Repubblica Il Sole 24 Ore Camera DeputatiInteressi economici 16,44 24,57 14,66 24,29 19,69

Sindacati 37,14 30,92 41,11 23,35 29,37

Consumatori 3,15 2,7 3,21 1,32 0,31

Agricoltura 2,31 4,44 1,99 1,96 0,52Gruppi istituzionali 2,2 3,51 3,95 3,18 3,01

Page 25: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

25

Sanità 0,5 0,47 0,49 0,59 0,24

Ambiente 5,84 3,74 6,79 0,97 0,97

Grandi imprese 30,26 27,27 25,58 43,96 45,71

Educazione 2,16 2,38 2,22 0,38 0,18

TOT 100 100 100 100 100

Dall’osservazione della tabella n. 3, alcune considerazioni sorgono immediate: prima di tutto,

a prescindere dalla fonte, le tre categorie maggiormente presenti sui media sono sempre le stesse:

interessi economici, sindacati, grandi imprese. Tuttavia, l’ordine di importanza tra queste non è lo

stesso per ogni testata giornalistica, anzi: se, da un lato, sia Italia Oggi, sia il Corriere della Sera, sia

la Repubblica (in misura crescente), si interessano soprattutto di sindacati, quindi di grandi imprese

e poi di interessi economici, lo stesso non vale né per il Sole 24 Ore né per la rassegna stampa della

Camera dei Deputati. In questi due ultimi casi, infatti, sono le grandi imprese a fare la parte del

leone, seguite, per quanto concerne il quotidiano della Confindustria, dagli interessi economici e

quindi dai sindacati, e per ciò che riguarda la rassegna stampa di Montecitorio, prima dai sindacati e

poi dagli interessi economici.

Secondariamente, appare interessante soffermarsi sulle differenze che intercorrono tra i due

quotidiani maggiormente schierati: in primo luogo, se su ‘la Repubblica’ i sindacati sopravanzano

le grandi imprese di più di 15 punti percentuali, su ‘il Sole 24 Ore’ tale differenza si ribalta a favore

delle grandi imprese, che sopravanzano i sindacati di oltre 20 punti percentuali. In secondo luogo, la

sproporzione tra le due testate giornalistiche è molto evidente anche per quel che riguarda i

consumatori (3.21% su Repubblica, 1.32% sul Sole), gli ambientalisti (6.79% su Repubblica, 0.97%

sul Sole) e i gruppi legati alla scuola e all’università (2.22% su Repubblica, 0.38% sul Sole): ciò

conferma una maggiore attenzione, da parte del primo quotidiano, nei confronti dei gruppi non

economici e d’interesse pubblico.

In conclusione di questa sezione, vogliamo poi testare (anche se in via puramente preliminare)

un’ultima ipotesi teorica, relativa all’incidenza di una issue particolarmente rilevante

sull’esposizione mediatica di cui godono i gruppi di interesse a questa connessi. Nel dettaglio, ci

aspettiamo infatti che la discussione sulla riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori abbia

avuto un impatto positivo sul numero di citazioni riguardanti gli interessi economici e i sindacati

confederali negli anni 2002-2003-2004, e che l’approvazione del lodo Alfano abbia avuto il

medesimo impatto positivo sul numero di citazioni riguardanti i gruppi istituzionali (al cui interno

annoveriamo l’Associazione Nazionale Magistrati) nel 2008. Per confermare (o smentire) tale

ipotesi, si faccia riferimento alla tabella n. 4 circa la visibilità mediatica, e alla tabella n. 5 circa la

rilevanza mediatica pubblica:

Page 26: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

26

Tabella 4 Incidenza di una issue specifica sulla visibilità mediatica di alcuni gruppi di interesse: regressione lineare

Coefficientsa

Unstandardized Coefficients

Standardized

Coefficients

Model B Std. Error Beta t Sig.

(Constant) 48,995 153,844 ,318 ,750

Tempo -,019 ,077 -,008 -,249 ,803

1

Issue su visibilità 8,822 2,006 ,146 4,397 ,000***

a. Variabile dipendente: Visibilità mediatica dei gruppi di interesse italiani (1992-2011)

b. N = 900

c. R-quadro corretto = ,019

d. * = p<0,10

e. ** = p<0,05

f. *** = p<0,01

Tabella 5 Incidenza di una issue specifica sulla rilevanza mediatica pubblica di alcuni gruppi di interesse: regressione

lineare

Coefficientsa

Unstandardized Coefficients

Standardized

Coefficients

Model

B Std. Error Beta t Sig.

(Constant) -107,008 715,532 -,150 ,881

Tempo ,059 ,357 ,015 ,164 ,870

1

Issue su rilevanza 12,104 5,901 ,182 2,051 ,042**

a. Variabile dipendente: Appeal mediatico dei gruppi di interesse italiani (1998-2011)

b. N = 125

c. R-quadro corretto = ,017

d. * = p<0,10

e. ** = p<0,05

f. *** = p<0,01

Sia la tabella n. 4 (la cui variabile dipendente è la visibilità mediatica), sia la tabella n. 5 (la

cui variabile dipendente è la rilevanza mediatica pubblica) sembrano confermare anche la nostra

Page 27: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

27

ultima ipotesi: l’entrata di una particolare issue nell’agenda politica del governo produce un

incremento nell’esposizione mediatica goduta dai gruppi di interesse a tale issue connessa. Come

era nelle attese, in entrambi i casi il coefficiente beta è infatti positivo, e significativamente diverso

da zero (p = 0.000 nel caso della visibilità mediatica / p = 0.042 nel caso della rilevanza mediatica

pubblica).

6. Riflessioni finali e indirizzi di ricerca futura

Come la letteratura internazionale e diversi studi empirici evidenziano, i media rappresentano un

oggetto di indagine prezioso per l’analisi dei gruppi d’interesse, oltre che dei fenomeni politici in

generale. In primo luogo, la nostra ricerca conferma che anche in Italia sono numerosi i gruppi

d’interesse che ottengono spazio e attenzione sulla stampa nazionale, quasi quotidianamente in

alcuni casi, con minore frequenza ma sempre con continuità in altri. Ciò significa che anche nel

nostro paese i gruppi d’interesse attivi sistematicamente sono ben più numerosi dei soliti noti (le

parti sociali della concertazione, gli interessi forti che si oppongono alle riforme) e che le istanze di

cui si fanno promotori sono di varia natura, non solo economica. La ricerca qui presentata – che

pure riguarda una parte considerevole di gruppi, ma non ancora la totalità dei gruppi d’interesse

italiani – distingue fra nove categorie d’interessi ed evidenzia come non solo i gruppi economici e i

sindacati, ma anche organizzazioni di altra e diversa natura siano attive nell’arco temporale

considerato e in grado di mantenere una visibilità mediatica su diverse testate nazionali.

Un’ulteriore evidenza emersa dall’indagine sui quotidiani più diffusi a livello nazionale

riguarda il differente spazio occupato dai diversi gruppi e la distinta attenzione che le varie testate

accordano a gruppi economici, istituzionali, d’interesse pubblico, a organizzazione legate al mondo

della scuola e dell’università. Anche all’interno di quelli economici, vi sono poi gruppi

tradizionalmente rilevanti che hanno una visibilità più altalenante (i sindacati, ma non le grandi

imprese) o gruppi economici storicamente importanti che – dato il peso relativo del settore di policy

(agricoltura) – hanno visibilità molto limitata rispetto ad altri. Vi sono poi categorie di interessi

diffusi e istituzionali, legati a scuola e università che – diversamente da altri paesi – rimangono

marginali dal punto di vista della visibilità mediatica, sintomo sia di scarse risorse sia di debole

attenzione dei media per ambiti di policy come ambiente, educazione e tutela dei consumatori (ma

su questo altre ricerche andranno svolte).

La seconda riflessione da fare è che la strategia mediatica e il ricorso all’informazione per

mezzo della stampa è utilizzata da tutti i gruppi d’interesse, a conferma che pure con diversità di

risorse e capacità, di relazioni privilegiate, la visibilità mediatica è importante per tutti i gruppi

d’interesse; non solo per ‘esserci’ e contare, ma anche per informare, comunicare posizioni e

Page 28: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

28

condizionare idee e convinzioni di altri attori, dei propri membri, dell’opinione pubblica in generale

circa tematiche e problemi di policy all’ordine del giorno. Anche in Italia, quindi, lungi dall’essere

‘uno strumento dei gruppi deboli’, la presenza sui media è strategia diffusamente utilizzata da tutti i

gruppi d’interesse. Non solo, ma le differenze di status, di risorse e di networking si riverberano con

grandi differenze sulla visibilità mediatica media dei gruppi d’interesse: come si vede dai dati e

dalle tabelle, i gruppi di testa distanziano di gran lunga gli altri, con continuità nel tempo e – con

qualche differenza – sulle quattro diverse testate.

Infine - anche per il caso italiano - la distinzione fra insider e outsider interest groups non

sembra perdere il suo appeal; come abbiamo già detto, oggi ben pochi sembrano gli outsiders puri,

mentre i ‘core insiders’ continuano ad essere i gruppi economici sezionali dotati di grandi risorse e

capaci di strategie differenziate. Ciò confermerebbe la celebre citazione di Schattschneider (1960,

34-35) – ripresa da molti contemporanei (Binderkrantz, Schlozman e altri ancora) – «The flaw in the

pluralist heaven is that the heavenly chorus sings with a strong upper-class accent37»).

Alla luce di tutto ciò, il compito del ricercatore è non dare per scontato che i gruppi più

influenti siano quelli più visibili sulla stampa, o che lo status di insider e di outsider sia una costante

nel tempo, quanto piuttosto una posizione che si guadagna sul campo e relativamente alle specifiche

issues. Ne consegue che le direzioni di ricerca futura, continuando a seguire un’impostazione

comparata e a utilizzare i media come oggetto d’indagine sui gruppi d’interesse, dovranno

sostanziarsi nell’analisi dell’esposizione mediatica dei diversi gruppi in relazione innanzitutto alle

diverse questioni di policy e ai grandi temi dell’agenda politica: un’analisi approfondita dei testi

degli articoli giornalistici può consentire di differenziare e standardizzare la visibilità mediatica di

ciascun gruppo su diverse questioni; si potrà quindi verificare se anche in Italia vi è una sorta di

divisione del lavoro fra i gruppi che tendono a concentrarsi su determinate questioni settoriali o sub-

settoriali.

Altri approfondimenti, invece, dovranno analizzare e mettere in relazione la visibilità

mediatica con le caratteristiche organizzative dei diversi gruppi e con la disponibilità di risorse –

finanziarie, di membership, ma soprattutto di personale e di strutture dedicate alle staretgie

comunicative e informative – così da verificare quanto conti lo status acquisito (da insider), quanto

le risorse e le capacità nel conquistare l’attenzione mediatica.

Infine, come si è già qui provato a fare in conclusione della parte empirica, vi sono grandi

questioni di policy che nell’arco dei 20 anni considerati hanno ricevuto grande attenzione sulla

stampa e sui media, ma che mobilitano differentemente i gruppi d’interesse; analizzare quali sono i

37 Su questa stessa linea si collocano recenti riflessioni riguardanti il tipo di accesso di cui godono certi gruppi, lo

status che ad essi viene attribuito dai pubblici poteri, le risorse e le strategie attivate dalle diverse categorie di gruppi, nonché la connotazione del sistema (pressure system) entro il quale essi operano (Christiansen et al. 2010).

Page 29: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

29

gruppi d’interesse più attivi su tali questioni e quali sono le posizioni/reazioni di questi gruppi

consentirebbe di avere un’idea abbastanza precisa della diversità di vedute, così da ricostruire il

processo decisionale tenendo conto delle parti e della posta in gioco.

Riferimenti bibliografici

Allern, Elin H. e Tim Bale (2012), Political parties and interest groups: Disentangling complex

relationships, in «Party Politics», vol. 18, n. 1, pp. 7-25.

Andsager, Julie L. (2000), How Interest Groups Attempt to Shape Public Opinion with Competing

News Frames, in «Journalism and Mass Communication Quarterly», vol. 77, n. 3, pp. 577-

591.

Barbieri, Cristina e Luca Verzichelli (a cura di) (2003), Il governo e i suoi apparati: l’evoluzione del

caso italiano in prospettiva comparata; Genova, Name.

Bartolini, Stefano e Roberto D’Alimonte (a cura di) (1995), Maggioritario ma non troppo: le

elezioni politiche del 1994, Bologna, Il Mulino.

Baumgartner, Frank R. e Bryan D. Jones (1993), Agendas and Instability in American Politics,

Chicago, University of Chicago Press.

Baumgartner, Frank R., Jeffrey M. Berry, Marie Hojnacki, David C. Kimball, e Beth L. Leech

(2009), Lobbying and Policy Change: Who Wins, Who Loses, and Why, Chicago, The

University of Chicago Press.

Berkhout, Joost e David Lowery (2008), Counting organized interests in the European Union: a

comparison of data sources, in «Journal of European Public Policy», vol. 15, n. 4, pp. 489-

513.

Bernhagen, Patrick, e Brett Trani (2012), Interest group mobilization and lobbying patterns in

Britain: A newspaper analysis, in «Interest Groups & Advocacy», vol. 1, n. 1, pp. 48-66.

Binderkrantz, Anne S. (2005), Interest Group Strategies: Navigating Between Privileged Access

and Strategies of Pressure, in «Political Studies», vol. 53, pp. 694-715.

Binderkrantz, Anne S. (2008), Different Groups, Different Strategies: How Interest Groups Pursue

Their Political Ambitions, in «Scandinavian Political Studies», vol. 31, n. 2, pp. 173-199.

Binderkrantz, Anne S. (2012), Interest groups in the media: Bias and diversity over time, in

«European Journal of Political Research», vol. 51, n. 1, pp. 117-139.

Page 30: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

30

Binderkrantz, Anne S. e P. Christiansen (2011), Making it to the News: Interest groups in the

Media, paper presented to the 18th International Conference of Europeanists, Barcelona, June

20-22.

Binderkrantz, Anne S. e Simon Krøyer (2012), Customizing strategy: Policy goals and interest

group strategies, in «Interest Groups & Advocacy», vol. 1, n. 1, pp. 115-138.

De Gregorio, C. (2009), Calling Out the Troops: Interest Groups, Press Release and Policy

Promotion Through Speech, in «Politics and Policy», vol. 37, n. 3, pp. 463-484.

Dür, Andreas (2008), Measuring Interest Group Influence in the EU, in «European Union Politics»,

vol. 9, n. 4, pp. 559-576.

Fusaro, Carlo (2000), Elezione diretta del Presidente e forme di governo regionali, in A.

Chiaramonte e R. D’Alimonte, Il maggioritario regionale, Bologna, il Mulino.

Grant, Wyn (2001), Pressure Politics: From ‘Insider’ Politics to Direct Action?, in «Parliamentary

Affairs», vol. 54, n. 2, pp. 337-348.

Grant, Wyn (2010), Is the Study of Pressure Groups a Fading Paradigm?, paper presented at the

60th Annual Conference of Political Science Association of the UK, Edinburgh.

Hallin, Daniel C. e Paolo Mancini (2004), Modelli di giornalismo: mass media e politica nelle

democrazie occidentali, Roma-Bari, Laterza.

Halpin, Darren R. e Anne S. Binderkrantz (2011), Explaining breadth of policy engagement:

patterns of interest group mobilization in public policy, in «Journal of European Public

Policy», vol. 18, n. 2, pp. 201-219.

Hojnacki, M., D.C. Kimball, Frank R. Baumgartner, J. Berry e Beth Leech (2012), Studying

Organizational Advocacy and Influence: Reexamining Interest Group Research, in «Annual

Review of Political Science», n. 15, pp. 379-399.

Klüver, Heike (2012), Informational Lobbying in the European Union: The Effect of

Organisational Characteristics, in «West European Politics», vol. 35, n. 3, pp. 491-510.

Jones, Bryan D. e Frank R. Baumgartner (2005), The politics of attention: how government

prioritizes problems, Chicago, The University of Chicago Press.

Lizzi, Renata (2011), I gruppi di interesse in Italia tra continuità e cambiamento. Fattori

istituzionali e dinamiche di policy, in «Rivista Italiana di Politiche Pubbliche», vol. 10, n. 2,

pp. 179-210.

Mahoney, Christine (2007), Lobbying Success in the United States and the European Union, in

«Journal of Public Policy», vol. 27, n. 1, pp. 35-56.

Marsh, D. (2009), Policy Networks: The Distinction Between Insider and Outsider Groups, in

«Public Administration», vol. 87, n. 3, pp. 621-638.

Page 31: La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia ... · La visibilità mediatica dei gruppi di interesse in Italia nel periodo 1992-2011: ... così facendo, abbiamo un indicatore

31

Mattina, Liborio (2010), I gruppi di interesse, Bologna, Il Mulino.

McQuide, Bryan S. (2010), Interest Groups, Political Institutions and Strategic Choices: What

Influences Institutional Lobbying Strategies?, paper presentato all’APSA Conference,

Washington, D.C., 2-4 settembre.

Pappalardo, Adriano (2001), Il sistema partitico italiano fra bipolarismo e destrutturazione, «Rivista

Italiana di Scienza Politica», vol. 31, n. 3, pp. 561-600.

Potters, Jan e Randolph Sloof (1996), Interest groups: A survey of empirical models that try to

assess their influence, in «European Journal of Political Economy», vol. 12, n. 3, pp. 403-442.

Rasmussen, Anne (2012), Interest group-party interaction in EU politics, in «Party Politics», vol.

18, n. 1, pp. 81-98.

Schlozman, K.L. (2010), Who Sings in the Heavenly Chorus? The Shape of Organized Interest

System, in L.S. Maisel e J.M. Berry (eds), The Oxford Handbook of American Political

Parties and Interest Groups, Oxford University Press, pp. 425-450.

Thrall, A. Trevor (2006), The Myth of the Outside Strategy: Mass Media News Coverage of Interest

Groups, in «Political Communication», vol. 23, n. 3, pp. 407-420.

Ventura, Sofia (a cura di) (2008), Da stato unitario a stato federale. Territorializzazione della

politica, devoluzione e adattamento istituzionale, Bologna, Il Mulino.

Wonka A., Frank R. Baumgartner, Christine Mahoney e Joost Berkhout (2010), Measuring the Size

and Scope of the EU Group Interest Population, in «European Union Politics», vol. 11, n. 3,

pp. 463-476.