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Mutamento e Variazione Cenni di sociolinguistica: varietà/variabile/ variante Dimensioni di variazione sincronica: diatopia, diastratia, diafasia, diamesia Repertori linguistici, diglossia, dilalia Selezione delle varietà di lingua: code-shifting, code-mixing Competenza linguistica e competenza comunicativa La VARIAZIONE LINGUISTICA

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•  Mutamento e Variazione •  Cenni di sociolinguistica: varietà/variabile/

variante •  Dimensioni di variazione sincronica: diatopia,

diastratia, diafasia, diamesia •  Repertori linguistici, diglossia, dilalia •  Selezione delle varietà di lingua: code-shifting,

code-mixing •  Competenza linguistica e competenza

comunicativa

La VARIAZIONE LINGUISTICA

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Mutamento e variazione

¨  Linguistica diacronica (storica): mutamento delle lingue sull’asse del tempo

n  Ogni lingua è in continuo “movimento”, anche se i risultati possono essere colti solo dopo un certo arco di tempo

¨  Sociolinguistica: variazione delle lingue in sincronia

n  Ogni lingua ha usi diversificati, forme differenti in relazione a diversi fattori sociali. In questo modo si adatta ai vari contesti d’impiego possibili

Tra variazione e mutamento intercorrono rapporti molto stretti, in quanto i fenomeni di mutamento linguistico sono spesso alimentati da fatti di variazione linguistica e il mutamento consiste nella sostituzione durante un certo lasso di tempo di una variante con un’altra variante, attraverso una fase in cui le diverse varianti coesistono e si distribuiscono secondo tendenze determinate da fattori sociali (età, ceto dei parlanti, valore di prestigio o meno delle varianti, ecc.).

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Sociolinguistica

¨  Elementi in gioco: ¤  Linguaggio

¤  Società

“La SL non si configura come un aggregato di linguistica e sociologia, bensì come una prospettiva sul linguaggio nella società, una linguistica che tiene conto saliente di fatti sociali, insomma una sottodisciplina della linguistica”

“La SL presuppone la linguistica, di cui utilizza larga parte dell’apparato terminologico e nozionale e di cui condivide largamente l’impostazione dei problemi, ma d’altra parte è un’area di studio con propri compiti, obiettivi e criteri di lavoro”.

[Berruto, “Fondamenti di Sociolinguistica”]

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Varietà

¨  Varietà di lingua “insieme di forme linguistiche, ai vari livelli di analisi, che cooccorrono con alcune caratteristiche della società, dei suoi membri, e delle situazioni in cui questi si trovano ad agire”.

È sempre un’entità che presuppone una correlazione tra fatti linguistici e fatti non linguistici, e deve essere caratterizzata sulla base di entrambi.

Definizione tecnica: “Insieme solidale di varianti di variabili sociolinguistiche.” ¤  Come si isola una varietà?

n  Si riscontra una lista di tratti che si presentano insieme n  Si verifica se questo insieme di tratti tende a co-occorrere con

caratterizzazione sociale dei parlanti o situazioni d’uso della lingua OPPURE

n  Si parte da un fascio di caratteri comuni a parlanti o situazioni d’uso n  Si verifica se ci sono tratti linguistici che caratterizzano i parlanti o le

situazioni d’uso

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Variabile/Variante

¨  Variabile sociolinguistica un punto o un’unità del sistema linguistico (es. fonema, morfema, un costrutto…) che ammette realizzazioni diverse equipollenti (cioè che non mutano il valore di quell’unità del sistema e non ne cambiano il significato) ciascuna delle quali è in correlazione con qualche fatto extralinguistico.

¨  Ogni valore che può essere assunto da una variabile è una VARIANTE di tale variabile

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Varietà/Variabile/Variante

¨  CRITERI per l’identificazione di una variabile: ¤  Linguistico

Deve esserci sinonimia. Le diverse varianti devono voler dire tutte la stessa cosa, non mutare il significato referenziale e possibilmente nemmeno quello pragmatico dell’elemento interessato (altrimenti, non si tratterebbe della stessa unità del sistema, ma di unità diverse). Sinonimia intesa non in senso stretto, ma nei termini di “ampia sostituibilità”.

¤  Punto di vista sociale Le varianti devono avere diversa distribuzione sociale, cioè tendere a comparire in usi, contesti, parlanti, ecc. diversi.

¨  Le varietà di lingua hanno uno status differenziato all’interno della comunità parlante, perciò una varietà di lingua può fungere da indicatore sociale. Attraverso la varietà che parlano, i membri di una comunità rivelano, in maniera conscia o inconsapevole, la propria identità socioculturale.

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Esempi

¨  VARIABILE FONETICO-FONOLOGICA ¤  realizzazione del fonema laterale palatale /ʎ/

n  “figlio”: It standard [ˈfiʎ:o] romanesco [ˈfij:o]

¨  VARIABILE MORFOLOGICA ¤ CLITICO 3° PERSONA SINGOLARE

n  vedo Gianni e gli dò il libro n  vedo Gianni e ci dò il libro n  vedo Gianni e je do er libbro.

¤  SUFFISSAZIONE n  Benzinaio n  Benzinaro

¨  ...

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Dimensioni di variazione

Eugenio Coseriu [Lezioni di linguistica generale, 1973] ¤  Diatopia: variazione linguistica su base geografica ¤  Distratia: variazione nello spazio sociale (classi, strati sociali, reti

sociali…) ¤  Diafasia: variazione attraverso le situazioni comunicative

Alberto Mioni [“Italiano tendenziale: osservazioni su alcuni aspetti della standardizzazione”, 1983]

¤  Diamesia: variazione in correlazione col mezzo fisico (canale visivo-grafico oppure fonico-acustico) in cui viene realizzato il messaggio linguistico

Queste dimensioni fungono anche da criteri per classificare le varietà di lingua e situare ogni produzione linguistica all’interno dello spazio di variazione di una lingua. Un qualunque messaggio linguistico è infatti sempre prodotto in una determinata varietà di lingua ed ha una sua collocazione in ciascuna delle dimensioni.

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Variazione diatopica [1]

Ø  Dialettologia e Geografia Linguistica (Linguistica Areale)

¨  Lingua vs. Dialetto ¤  La differenza tra lingua e dialetto non si situa sul piano

strettamente linguistico: non c’è differenza di natura, perché condividono le proprietà semiologiche costitutive e qualificanti di ogni sistema linguistico.

¤  La differenza si situa sul piano funzionale, socuale e comunicativo

¤  “Il termine dialetto è utilizzato per designare una varietà linguistica non standardizzata, tendenzialmente ristretta all’uso orale entro una comunità locale ed esclusa dagli impieghi formali ed istituzionali (scuola, amministrazione ecc.), propri invece della lingua” Loporcaro [“Profilo linguistico dei dialetti italiani”, 2009]

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Variazione diatopica [2]

¨  Italiano vs. “Italiani regionali” ¤  “si interpongono come varietà intermedie del repertorio fra italiano

standard e dialetto locale e derivano, si può dire, dalla sovrapposizione di quello a questo. O, più precisamente, dall’importazione nelle diverse regioni, avvenuta principalmente attraverso lo scritto, dell’italiano letterario comune che differenziandosi di luogo in luogo ha assunto diversi tratti per contatto coi dialetti locali” Loporcaro [“Profilo linguistico dei dialetti italiani”, 2009]

¤  Livello fonetico/fonologico

n  Gorgia toscana identificare è pronunciato [identifiˈha:re] e non [identifiˈka:re]

¤  Livello lessicale n  Geosinonimi

Padre/babbo, anguria/cocomero n  Regionalismi semantici

“uscire” transitivo: “esci il cane” (It. Standard: “porta fuori il cane”)

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Variazione diastratica

¨  Sono state evidenziate correlazioni sistematiche fra alcuni dei gruppi in cui è organizzata la società e la variazione linguistica.

¨  Le categorie utilizzate per fare emergere la variazione diastratica sono di due tipi: ¤  dati demografici (età, sesso)

n  Giovani vs. anziani n  linguaggio delle donne: conservazione e/o innovazione ?

¤  caratteristiche sociali (livello di istruzione, occupazione, estrazione sociale, rete sociale…) n  Italiano colto vs. Italiano popolare

¨  La variazione diastratica è dunque riconosciuta, anche se non sempre a livello consapevole, dagli stessi parlanti che le assegnano il valore di importante indicatore della collocazione dell’individuo nella collettività.

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Variazione diastratica

¨  Un certo grado di disuguaglianza sociale sembra diffuso, in varie forme, presso tutte le società conosciute. La stratificazione in classi sociali è una manifestazione primaria della struttura della società.

¨  MA: ¤  Con quali criteri si può stabilire la stratificazione? ¤  Quanti e quali strati esistono? ¤  Come assegnare gli individui ad un determinato stato?

In SL si utilizzano categorie che ai sociologi sembrano rozze. Per i sociolinguisti gli strati sociali non sono in sé oggetti da studiare, ma hanno valore pratico e descrittivo.

In SL ci si accontenta di distinzioni di grana grossa perché il comportamento linguistico non può essere ricondotto in maniera deterministica all’appartenenza di classe. La differenza linguistica non può essere considerata come esattamente proporzionale alla differenziazione sociale. (Da una determinata collocazione sociale ci aspettiamo l’impiego di certi tratti ed una certa posizione nella scala dell’abilità linguistica e dell’accesso al repertorio. Tuttavia si possono trovare parlanti che mostrano l’impiego di tratti linguistici , un’abilità linguistica ed un accesso al repertorio non corrispondenti alle aspettative. Un parlante può situarsi sociolinguisticamente più in alto o più in basso rispetto alla sua collocazione sulla scala sociale)

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Variazione diafasica (situazionale)

¨  SITUAZIONE COMUNICATIVA [Berruto, 1995]: Insieme di circostanze (concrete ed astratte) in cui avviene un evento di comunicazione linguistica.

¨  Fattori che intervengono a costituire e definire una situazione comunicativa, e che sono in grado di determinare o influenzare nei suoi vari aspetti la maniera in cui la lingua vi viene impiegata [Halliday, 1978/1983]: ¤  campo (field): natura dell’attività svolta nella situazione e dall’insieme

delle esperienze, delle azioni e dei contenuti semantici che questa implica e a cui fa riferimento (chiacchiere al bar, arringa, lezione)

¤  tenore (tenor): rapporto in cui si pongono i partecipanti all’interazione comunicativa e dai ruoli sociali e comunicativi reciproci che essi rivestono o assumono nella situazione (grado di distanza sociale e comunicativa)

¤  modo (mode): mezzo o canale fisico attraverso cui passa la comunicazione (cfr. DIAMESIA)

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Variazione diafasica (situazionale)

Ogni “situazione” si presenta con caratteri idiosincratici. In SL si utilizza la nozione di “Dominio” ovvero “classi di situazioni” (famiglia, lavoro, religione…)

¨  Su questa base si possono identificare due sottodimensioni parallele ma in linea di principio indipendenti della dimensione diafasica: ¤ Registri ¤ Sottocodici

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Registro

¨  La variazione di registro (“stilistica”) è connessa con la categoria del tenore: è infatti basata sul tipo di rapporto fra parlante e interlocutore ed è correlata al grado di formalità relativa della situazione comunicativa. ¤ Alto-formale vs. basso-colloquiale

(Produzione linguistica accurata e sorvegliata vs. spontanea e non accurata)

Es: FONETICA: ipoarticolazione MORFOLOGIA: cine vs. cinema LESSICO: andare vs. recarsi Espressività e componenti emotive

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Sottocodice (Linguaggio settoriale)

¨  Varietà diafasiche dipendenti dall’argomento di cui si parla e dalla sfera di contenuti ed attività a cui si fa riferimento (riferita perciò al “campo”).

¤  Le differenze si manifestano soprattutto nel lessico e nella semantica. Ogni settore di attività e di esperienze con una sua sufficiente caratterizzazione o specializzazione sociale e culturale (medicina, politica, calcio, musica) è caratterizzato da unità lessicali particolari, detti TECNICISMI, che codificano in maniera precisa significati lessicali propri e tipici di quel campo.

¤  Es LINGUISTICA: morfema, fonema, sintassi… ¤  Es. MEDICINA: gastroenterite, parenchima…

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Variazione diamesica

¨  Dimensione di variazione legata al mezzo fisico-ambientale che fa da supporto alla comunicazione

(vedi MODE)

¤ SCRITTO vs. PARLATO

¤ Nelle comunicazioni che sfruttano le nuove tecnologie sono sempre più frequenti le produzioni linguistiche che presentano caratteristiche strutturali del parlato in forma scritta.

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Rapporto tra dimensioni

¨  Le dimensioni di variazione non sono fra loro isolate: interagiscono ed interferiscono tra loro in vari modi. La prima che interviene a caratterizzare un messaggio è la dimensione diatopica. La marcatezza diatopica comporta anche, solitamente, marcatezza diastratica e, meno direttamente, marcatezza diafasica. In linea di massima la dimensione diastratica e quella diafasica si innestano quindi sulla dimensione diatopica.

¤  il grado di dominio dell’italiano standard è più alto nelle classi sociali alte e medie (nei parlanti colti) e più basso nelle classi sociali basse (nei parlanti semicolti o incolti)

¤  lo standard emerge quando il controllo dell’enunciazione è elevato (quindi nei registri formali e alti).

¨  Molte variabili diastraticamente significative sono altrettanto significative ai fini della variazione diafasica

¤  le varianti usate con più alta frequenza dai gruppi che si collocano più in basso nella posizione sociale sono anche le più usate nelle situazioni di minore formalità, mentre le varianti più vicine allo standard, e quindi tipiche dei parlanti colti, sono maggiormente usate in situazioni di più alta formalità.

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“Architettura” di una lingua storico-naturale ¨  L’insieme delle

varietà in cui si articola una lingua storico-naturale in un dato periodo temporale e della loro collocazione lungo diversi assi di variazione è chiamato “architettura” di quella lingua.

Berruto, 1992

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Berruto & Cerruti, 2011: 285

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La nozione di “continuum”

Nozione di “continuum” in sociolinguistica: ¨  Lo spazio di variazione di una lingua non conosce compartimentazioni

rigide e ben separate, ma è costituito da una serie senza interruzioni di elementi varianti.

¨  Le varietà di una lingua sono in sovrapposizione e si sciolgono impercettibilmente l’una nell’altra, senza che sia possibile stabilire limiti rigorosi, confini certi.

¨  Pluridimensionalità: gli assi di variazione si incrociano e si combinano, i parlanti e le loro produzioni linguistiche possono essere collocati su più dimensioni contemporaneamente

Modello aristotelico: pone criteri definitori necessari e sufficienti e confini netti e precisi tra le categorie (assenza/presenza di proprietà dicotomiche).

Vs. Modello che metta in evidenza la continuità dei fenomeni, caratterizzato da categorie continue, costituite da punti focali con una vasta periferia che sfuma senza limiti precisi nelle categorie vicine. I singoli casi vengono ricondotti alle categorie sulla base della minore o maggiore condivisione di proprietà.

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Esempio

Berruto, 1995: 130

¨  11 versioni referenzialmente equivalenti della stessa frase. ¤  Non è possibile tracciare un punto possibile di confine tra varietà: la

distinzione è netta tra I due estremi (1-11), ma minima tra due versioni adiacenti qualsiasi.

¤  Pluridimensionalità: le varietà riconoscibili nel continuum non si possono collocare lungo un’unica dimensione lineare di variazione.

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Repertori linguistici

¨  Repertorio [J. Gumperz] “Insieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di una comunità linguistica, vale a dire la somma delle varietà di una lingua o di più lingue impiegate presso una certa comunità.” [Berruto, 1995] ¤  Non è una mera somma lineare di varietà, ma comprende anche i rapporti tra

esse, le gerarchie e le norme di impiego. n  ES: Repertorio linguistico comunità parante italiana:

n  Italiano (e sue varietà) n  Dialetti (e loro varietà) n  Parlate alloglotte (e loro eventuali varietà) n  Rapporti secondo cui queste varietà di lingua si collocano in uno spazio sociolinguistico in una

certa gerarchia e risultano più o meno appropriate/obbligatorie/escluse in determinate situazioni

¤  Il repertorio linguistico individuale è sempre una sottoparte del repertorio della comunità a cui l’individuo appartiene (nessun parlante normale è in grado di possedere l’intera gamma di varietà presente nella comunità parlante)

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Repertori Plurilingui

¨  Bilinguismo comunitario ¤  due lingue diverse sono compresenti presso la stessa comunità sociale ed

entrambe vengono usate senza subordinazione funzionale, sia negli impieghi scritti che nella conversazione informale, e i cui domini sono perciò in sovrapposizione. (es: IT/FR. Valle d’Aosta)

¨  Diglossia ¤  I due codici compresenti nella comunità hanno usi e domini divergenti: di solito la

varietà “H” (high, alta) è usata nello scritto e negli usi formali/ufficiali e non viene parlata in famiglia, la varietà “L” (low, bassa) è impiegata nella conversazione quotidiana e negli usi informali. (es: Svizzera tedesca)

¨  Dilalia ¤  La varietà “H” è utilizzata, almeno da una parte della comunità, anche nel

parlato conversazionale usuale. Pur essendoci una chiara distinzione funzionale degli ambiti, ci sono domini in cui vengono usate entrambe, alternativamente o congiuntamente (es: STANDARD/DIALETTO Italia)

¨  Bidialettismo/Polidialettismo ¤  Nel repertorio ci sono una varietà standard e diverse varietà regionali e sociali,

la popolazione le possiede entrambe (can maggiore o minore agio) ma usa normalmente solo le seconde. (es. Toscana)

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Repertori Plurilingui

¨  CRITERI 1.  Coesistenza di due lingue; 2.  Sensibile diversità tra varietà A e varietà B; 3.  Uso di entrambi i codici nella conversazione

ordinaria; 4.  Chiara differenziazione funzionale tra i due

codici; 5.  Sovrapposizione di domini tra i due codici; 6.  Standardizzazione della varietà B; 7.  Varietà B socialmente marcata o stratificata; 8.  Esistenza di un continuum di sottovarietà tra A e B; 9.  Alto prestigio della varietà A; 10.  Presenza di entrambe le varietà nella

socializzazione primaria; 11.  Possibilità di promozione della varietà B a varietà

A alternativa; 12.  Frequenza della commutazione di codice e di

enunciazione mistilingue; 13.  Presenza di una tradizione di impiego letterario

della varietà B.

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Selezione delle lingue del repertorio

¨  Alternanza di codice nell’uso linguistico quotidiano: ¤  Dominanza

I parlanti selezionano uno dei codici a seconda del dominio e, all’interno dei domini, nelle diversi situazioni comunicative. n  A livello individuale la dominanza si manifesta:

n  nella diversa distribuzione degli impieghi n  nel maggior grado di abilità e competenza

¨  Commutazione di codice (code-switching) Il parlante bilingue passa da una lingua all’altra all’interno di uno stesso evento comunicativo. INTERFRASALE

ES: Poi io non è che mi posso mettere a fare le telefonate per niente, ogni minuto. U telèfunu u pavu iù! («il telefono lo pago io») (SICILIANO/ITALIANO)

¨  Enunciazione mistilingue (code-mixing) Il parlante passa da una lingua all’altra all’interno di un singolo atto linguistico. Il risultato è una frase in cui i costituenti appartengono a diversi sistemi linguistici. INTRAFRASALE

ES: cci aiu [«ho»] sta cosa che devo cercare di levarmi. (SICILIANO/ITALIANO)

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Code-switching

¨  Non è un comportamento caotico e privo di significati. ¨  Si tratta di un modo di utilizzazione differenziata delle

possibilità insite nel sistema linguistico, che ha una funzione nello svolgimento dell’interazione verbale ed è dotato di un significato interazione/sociale.

¨  È governato da principi e restrizioni linguistiche ¤  Es: il passaggio avviene nei punti in cui la giustapposizione

di elementi delle due lingue non viola le regole sintattiche di nessuna delle due.

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Competenza comunicativa

Concetto che nasce in contrapposizione alla nozione di “COMPETENZA (linguistica)” introdotta da Chomsky ¨  Competenza linguistica

¤  Conoscenza interiorizzata che un parlante ha della propria lingua materna, indipendente dal contesto.

¨  Competenza comunicativa ¤  Padroneggiamento del repertorio linguistico da parte di un singolo parlante. ¤  “Che cosa vuol dire sapere una lingua?”

Avere non solo la capacità di produrre frasi grammaticalmente ben formate, ma anche essere in grado di usare le frasi in maniera appropriata alla situazioni 4 parametri [Hymes, 1979]: n  Se (e in quale misura) qualcosa è formalmente possibile [grammaticale/

agrammaticale]; n  Se (e in quale misura) qualcosa è realizzabile in virtù dei mezzi di esecuzione

disponibili; n  Se (e in quale misura) qualcosa è appropriato (adeguato, felice, riuscito) in relazione

al suo contesto d’uso; n  Se (e in quale misura) qualcosa è effettivamente fatto, realmente eseguito.

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Competenza comunicativa

¨  Saper parlare (e scrivere) una lingua implica non solo conoscerne il lessico e la grammatica, ma anche saper scegliere ed usare la varietà (tra quelle a disposizione del parlante) più adatta alla particolare situazione, saper scegliere e attuare atti linguistici appropriati, saper accompagnare o rimpiazzare la comunicazione verbale con altri codici di comunicazione non verbale, conoscere le regole dell’interazione…

¨  Sottocompetenze che costituiscono la competenza comunicativa [Berruto, 1974]: ¤  Linguistica (fonologica, semantica, sintattica…) ¤  Paralinguistica (el. fonici che accompagnano la vocalizzazione) ¤  Cinesica (gesti e movimenti corporei) ¤  Prossemica (posture, atteggiamenti spaziali e distanze interpersonali) ¤  Performativa (capacità di agire mediante la lingua, e di ottenere risultati corrispondenti ai

fini) ¤  Pragmatica (adeguare i messaggi alle singole situazioni) ¤  Socio-culturale (procedimeni interpretativi dei contesti e della struttura sociale)