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La valutazione di impatto La valutazione di impatto della legislazione regionale della legislazione regionale sulla concorrenza” sulla concorrenza” 23 maggio 2008 23 maggio 2008 Gabriele Mazzantini ( Gabriele Mazzantini ( Autorità Garante della Concorrenza e del Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Mercato ) )

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““La valutazione di impatto La valutazione di impatto della legislazione regionale della legislazione regionale

sulla concorrenza”sulla concorrenza”

23 maggio 200823 maggio 2008

Gabriele Mazzantini (Gabriele Mazzantini (Autorità Garante della Concorrenza e del Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoMercato))

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Antitrust e regolazioneL’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nasce nel 1990 per

garantire e mantenere quelle condizioni di mercato che danno a ciascun operatore la possibilità di confrontarsi con gli altri competitor presenti all’interno dell’arena competitiva secondo le regole del libero mercato

La scelta di tutelare un certo tipo di economia e, in particolare, una economia di mercato (cioè un sistema fondato principalmente sull’iniziativa privata e sul libero agire delle forze che determinano la domanda e l’offerta), piuttosto che un’economia programmatica, cioè basata sul programma formulato dallo Stato al fine di indirizzare la vita economica del Paese, è una scelta di policy

Durante gli ultimi anni l’economia di mercato si è progressivamente diffusa in ogni area del mondo, al punto da rappresentare il modello di organizzazione socio-economica ormai sicuramente dominante.

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L’economia di mercato trova i propri fondamenti sulle decisioni decentrate che vengono prese dai soggetti che partecipano al processo produttivo, vale a dire i consumatori e le imprese

La capacità segnaletica del meccanismo di formazione dei prezzi, che scaturisce dall’incontro di una certa domanda e offerta contingenti, permette di coordinare le azioni individuali delle aziende, che devono decidere che cosa e quanto produrre, e dei consumatori, che devono decidere cosa e in quali quantità acquistare

Equilibrio fra domanda ed offerta

Incentivo per le imprese a migliorare il rapporto qualità/prezzo

Antitrust e regolazione

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Il meccanismo di formazione del prezzo veicola le informazioni relative a quanto e cosa il sistema economico deve produrre, proprio quelle informazioni che difficilmente potranno essere desunte a tavolino da un soggetto incaricato di organizzare il sistema attraverso decisioni centralizzate (economie di Stato)

I meccanismi virtuosi del mercato appena ricordati, però, non riescono a funzionare in un contesto caratterizzato dalla completa assenza di regole

Anche le dottrine maggiormente liberiste, infatti, concordano nel riconoscere la necessità di certe garanzie giuridiche minime e indispensabili:

- la chiara individuazione e l’efficace tutela dei diritti di proprietà (per tutelare i risultati dell’attività economica svolta dagli operatori di mercato)

- la libertà di contratto (per modellare gli scambi fra domanda ed offerta secondo le sempre mutevoli esigenze delle parti)

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L’assenza totale di regole porta al market faillure

1) I beni pubblici in senso economico (ad es. la difesa della sicurezza nazionale) non verrebbero prodotti da nessuno perché non sarebbe possibile stabilirne il giusto prezzo di vendita, o questo risulterebbe troppo oneroso. In questo caso la regolazione ha lo scopo di incentivare il giusto livello di produzione di un bene o di attribuirne l’esclusiva allo Stato

2) Si devono limitare il più possibile i fenomeni che producono le esternalità negative ed incentivare quelli che producono le esternalità positive

3) Fenomeni di cronica asimmetria informativa (es. le libere professioni)

4) Abusi ed intese

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La funzione del regolatore:

a) Difficoltà nell’individuare tutte le situazioni di fallimento del mercato

b) Asimmetria informativa fra il regolatore ed i regolati

c) Regolatore al centro delle pressioni delle lobby

d) Regolatore talvolta in conflitto con il soggetto regolato (coincidono)

e) Teoria della public choice

In sintesi: pericolo di fallimento dello Stato

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• Da ciò si desume, da un lato, che l’intervento regolatorio è auspicabile solo laddove si rileva con certezza un fallimento del mercato e che l’onere della prova spetta comunque al regolatore, che deve essere in grado di giustificare il proprio intervento

• dall’altro, che la regolazione, salvo eccezioni, deve essere limitata al minimo indispensabile per sanare le distorsioni del mercato

• “Eccezioni”: tutti quei casi in cui il legislatore intende imporre delle restrizioni al libero mercato allo scopo di tutelare alcune “esigenze di interesse generale”:– la tutela del pluralismo dei mezzi di informazione

– la tutela della salute

– la salvaguardia dei posti di lavoro

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In sintesi, secondo l’Autorità “l’intervento regolatorio dovrebbe essere guidato dai seguenti criteri di fondo: in assenza della

dimostrazione ragionevolmente certa dell’esistenza di un market failure e della possibilità di risolverlo con un intervento regolatorio sul mercato, l’intervento stesso non dovrebbe essere giustificabile e

si dovrebbe rinunciare ad esso”

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Seconda parte

Lo studio sulla distribuzione commerciale

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Analisi d’impatto della regolazione• OCDE (2002), “Concorrence sur les marches de produits et

performance economique”, Economic Outlook n° 72 (in particolare pag.3), consultabile sul sito www.oecd.org

• FMI (1999): “It is tempting to conclude that the general market and competitive environment is more important than the method of privatization. Eventually, evidence may support this, but the research so far does not permit such a conclusion. Two findings argue in favor of it: start-up firms outperform others no matter what privatization method is used, and the success of Central European private sector development relative to the former Soviet Union countries partly reflects a better property rights business environment. But these "facts" are impressionistic; to date almost no empirical studies have controlled for market environment, degree of competition, rule of law, and other institutional factors”. Havrylyshyn O., McGettingan D. (1999), “Privatization in transition countries: lesson of the first decade”, in Economic Issue n° 18, International Monetary Fund

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Multi level governance

• Regolazione a livello:

– Comunitario

– Nazionale

– Regionale

– Enti locali

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Federalismo: richiami teoriciVantaggi dell’accentramento normativo

• Riduzione dei costi di transazione attraverso regole e standard comuni (come per la fissazione di unità di misura);

• Migliore possibilità di gestire le esternalità, che producono effetti su comunità diverse da quella che le genera (è il caso, ad esempio, di alcune attività inquinanti);

• Gestione di un’infrastruttura che si estende su tutto il territorio nazionale (come nel caso delle reti di trasporto gas o di trasmissione elettrica);

• Rischio di generare una competizione fra più regolazioni decentrate (l’esempio più classico è quello della disciplina del commercio interregionale,che potrebbe essere fortemente ostacolato dall’introduzione di tasse regionali con finalità protezionistiche).

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Federalismo: richiami teorici (2)Vantaggi del decentramento normativo

1) Confronto fra le varie leggi regionali (competition as a learning process)

2) Possibilità di scelta per i cittadini

3) Riduzione asimmetrie informative fra regolatore e soggetti regolati

RISCHIO: uso distorto della libertà concessa alle Regioni

- Regolato cattura il regolatore- Difesa dell’incumbent locale- Nei SPL: regolatore è anche giocatore

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Scopo del lavoroAnalizzare l’impatto della regolazione regionale di un

settore sulla sua performance economica

SETTORE SCELTO: distribuzione commerciale

Negli ultimi anni si è avuto un progressivo decentramento delle competenze dal governo centrale a quello regionale

In particolare, della distribuzione commerciale:- 1998: Decreto legislativo 31 marzo 1998, n° 114

- 2001: Riforma Titolo V della Costituzione

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Perché la distribuzione commerciale….?

1) Caso interessante di leggi regionali che si innestano su una cornice nazionale: un primo vero caso di federalismo

2) Importanza del comparto per l’economia

3) Disponibilità di dati

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Decreto Bersani (Decreto legislativo 31 marzo 1998, n° 114): punti chiave

a) Tutela esigenze urbanistiche, ambientali, territoriali e artistiche

b) Vincoli quantitativic) Introduzione termini, tempi e modalità proceduralid) Potere sostitutivo delle Regionie) Sospensiva delle autorizzazionif) Disciplina orari di aperturag) Individuazione Comuni turisticih) Vendite straordinariei) Possibilità dell’esercizio congiunto della vendita

all’ingrosso e al dettaglio

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Decreto Bersani: principi (art. 1)

La riforma del comparto si basa sull’introduzione di alcuni principi richiamati all’art. 1 del decreto, quali:

• la trasparenza del mercato;• la concorrenza, la libertà d’impresa, la libera circolazione

delle merci;• la tutela del consumatore (con particolare riferimento alla

garanzia del servizio di prossimità e all’approvvigionamento);• l’efficienza, lo sviluppo delle rete distributiva, l’evoluzione

tecnologica dell’offerta, il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese;

• la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali e montanare.

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Decreto Bersani: apertura nuovi punti venditaL’apertura, l’ampliamento ed il trasferimento di esercizi commerciali di minori

dimensioni, definiti “esercizi di vicinato”, è stata liberalizzata e subordinata unicamente alla comunicazione al sindaco del Comune territorialmente competente, e possono essere effettuati decorsi 30 gg. dalla data di ricevimento della stessa.

• Per “esercizi di vicinato” si intendono quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 ab., e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 ab. (art. 4, co. 1, punto d, del decreto).

• La semplificazione delle procedure di apertura ha riguardato anche le medie strutture commerciali: la loro apertura è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del comune territorialmente competente; vale la regola del silenzio assenso se l’amministrazione non delibera entro 90 gg. dalla data di ricevimento della domanda.

• Sono definite esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 ab. e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 ab.

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Decreto Bersani: apertura nuovi punti vendita (2)

• Per le strutture di dimensioni superiori l’autorizzazione deve essere rilasciata dal sindaco del comune competente, previa convocazione di una Conferenza dei Servizi cui partecipano, con diritto di voto:

– un rappresentante della regione, – un rappresentante della provincia – un rappresentante del comune – a titolo consultivo, i rappresentanti dei comuni confinanti, delle

organizzazioni di consumatori e delle organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative in relazione al bacino d’utenza dell’insediamento.

• Anche in questo caso vale il silenzio assenso in mancanza di una pronuncia entro 120 gg. dalla data di convocazione della Conferenza dei servizi.

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Altri elementi innovativi del Decreto• L’art. 10 attribuisce a Comuni la possibilità di sospendere o

inibire gli effetti della comunicazione all'apertura degli esercizi di vicinato sulla base di specifica valutazione circa l'impatto del nuovo esercizio sull'apparato distributivo e sul tessuto urbano ed in relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale, allo scopo di verificare se c’è la necessità di realizzare nuove infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori.

• L’art. 11 disciplina l’orario di apertura degli esercizi di vendita al dettaglio, fissando:– la durata massima del periodo di apertura (per 13 ore, fra le 7 e le 22, con

l’obbligo di una mezza giornata di chiusura infrasettimanale che i Comuni possono però rendere facoltativa);

– le deroghe minime all’obbligo generale di chiusura domenicale e festiva (previste per tutti i giorni non feriali del mese di dicembre e per ulteriori otto domeniche durante l’anno).

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Altri elementi innovativi del Decreto

l’art. 12 si prevedono ulteriori deroghe per i comuni definiti a prevalente economia turistica (al fine di assicurare all'utenza, soprattutto nei periodi di maggiore afflusso turistico, idonei livelli di servizio e di informazione)

l’art. 15 introduce il principio dell’assoluta liberalizzazione delle vendite promozionali, rimettendole alla completa autonomia decisionale e gestionale di ogni operatore commerciale. Le modalità di svolgimento, la pubblicità, i periodi e la durata delle vendite di fine stagione e di liquidazione sono invece disciplinate dagli enti locali

l’art. 26 vieta la possibilità di vendere all’ingrosso e al dettaglio all’interno della stessa struttura, ma lascia alle Regioni la possibilità di derogare a tale disposizione.

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Le vendite straordinarie: le differenze

Per vendite straordinarie si intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti

• Le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di:cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda,trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali;

• Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo;

• Le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato.

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• Art. 6. Programmazione della rete distributiva

1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto definiscono gli indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi:– (…)– f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e

medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione;

All’art. 6 comma 1, lettera f):Si stabilisce un favor a vantaggio delle “piccole e medie imprese già

operanti sul territorio interessato” che sembra contrastare con il perseguimento di quel “pluralismo” e dell’“equilibrio” per le diverse tipologie delle strutture distributive enunciati nell’articolo 1, lettera d) dello stesso decreto

Decreto Bersani: punti critici

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All’art. 6 comma 2:• “Le regioni (…) fissano i criteri di programmazione urbanistica

riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino:

a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in

particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;

b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonché dell'arredo urbano, ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;

c) i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita”;

Decreto Bersani: punti critici (2)

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Nonostante…• Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

(1998), “Riforma della disciplina del commercio”, Segnalazione AS124, Bollettino n° 7/1998

• Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (1999), “Misure regionali attuative del decreto legislativo n° 114/98 in materia di distribuzione commerciale”, Segnalazione AS170, Bollettino n° 13-14/1999

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Cosa è successo? Le leggi regionali…

• Il primo aspetto preso in considerazione: le disposizioni introdotte allo scopo di:– rendere compatibile l'impatto territoriale e

ambientale degli insediamenti commerciali (con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento)

– riqualificare il tessuto urbano– salvaguardare e riqualificare i centri storici e al

rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale

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Impatto territoriale• Un tratto comune a quasi tutte le leggi è stato quello relativo alla

previsione di parcheggi in misura percentuale alla superficie del punto vendita

• La % di area da destinare obbligatoriamente a parcheggio varia però sensibilmente da Regione a Regione

• Si passa infatti dalle percentuali assai contenute del Veneto, che prevede che i parcheggi debbano essere:– il 20% della superficie di vendita per gli esercizi di vicinato nel centro

storico– il 70% nel caso delle medie strutture– il 130% nel caso delle grandi strutture, a quelle decisamente

• A quelle decisamente maggiori introdotte da altre Regioni, tra le quali, a titolo di esempio, la Basilicata, che prevede invece:– il 150% per strutture comprese fra i 250 e i 1.500 mq– il 300% (per quelle oltre i 5.000 mq)

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Impatto territoriale (2)• Altro es. il Molise, che prevede che “nelle nuove costruzioni ed

anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione” (art.2, comma, della legge 24 marzo 1989, n° 122).

• La Liguria nel 1999 ha dedicato a tale aspetto un’intera delibera del Consiglio Regionale. In particolare, tale delibera si distingue per un notevole formalismo che porta all’individuazione di precise relazioni fra mq di superficie di vendita, da un lato, e metri quadri adibiti a parcheggio e numero di posti auto, dall’altro. Tali relazioni sono espresse da formule matematiche e illustrate da grafici e funzioni, che illustrano le formule per calcolare i mq di parcheggio nel caso di strutture alimentari.

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Impatto territoriale (3)• Altro es. il Molise, che prevede che “nelle nuove costruzioni ed

anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione” (art.2, comma, della legge 24 marzo 1989, n° 122).

• La Liguria nel 1999 ha dedicato a tale aspetto un’intera delibera del Consiglio Regionale. In particolare, tale delibera si distingue per un notevole formalismo che porta all’individuazione di precise relazioni fra mq di superficie di vendita, da un lato, e metri quadri adibiti a parcheggio e numero di posti auto, dall’altro. Tali relazioni sono espresse da formule matematiche e illustrate da grafici e funzioni, che illustrano le formule per calcolare i mq di parcheggio nel caso di strutture alimentari.

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• L’art. 13 riporta anche un esempio numerico per illustrare le modalità di calcolo relative al numero preciso di metri quadri di superficie e di posti da adibire a parcheggio:

• “L'autorizzazione per l'apertura, il trasferimento di sede o l'ampliamento della superficie di vendita di una struttura di vendita o di modifica del settore merceologico, è subordinata al rispetto degli standard, ossia e di entrambe le relazioni riportate negli abachi:

PA >= PAstandard e SP >= SPstandard

• Al fine del calcolo degli standard si fa sempre riferimento alla totalità della superficie di vendita.

• Ad esempio, un esercizio alimentare in zona B con SV=580 mq, per il quale si richieda un ampliamento a 650 mq, dovrà, per soddisfare entrambe le relazioni, avere almeno 39 posti auto e 953 mq di parcheggio (entrambi i valori riferiti a parcheggi ad uso esclusivo della clientela), essendo:

[PA >= PAstandard = 0,114x650-36 = 38,1] e [SP >= SPstandard = 2,85x650-900 = 953 mq]”

Impatto territoriale (4)

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Impatto territoriale (5)

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Impatto territoriale (6)Proposta di standard di parcheggi per la clientela. Andamento delle funzioni riportate nell’abaco per esercizi alimentari, in funzione della superficie di vendita, come riportate in tabella 3 della Delibera C. R. 27 aprile 1999, n° 29

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Impatto ambientale• In alcuni casi si sono avuti forti vincoli in tema di tutela ambientale e del

paesaggio. Le province di Bolzano e di Trento impongono, a chi vuole aprire nuovi centri commerciali, di valutare l’impatto della nuova struttura anche in termini di maggiore inquinamento.

• In alcuni casi tali vincoli sono apparsi eccessivi e, almeno in parte, ingiustificati, tanto da costituire, di fatto, una barriera all’entrata per i nuovi entranti

• L’AGCM si è espressa con una segnalazione nella quale “si osserva che l’ingresso di nuovi operatori nella distribuzione commerciale, non deve incontrare ostacoli e barriere di tipo normativo e amministrativo miranti a determinare un’impostazione di regolamentazione strutturale del mercato consistente, in particolare, nel predeterminare rigidamente limiti quantitativi alle possibilità di entrata nel mercato.

• Anche qualora alcune limitazioni derivino dalla tutela di interessi pubblici

quali la tutela dell’ambiente o da specifiche esigenze urbanistiche, l’Autorità ha sempre auspicato che tali restrizioni siano ispirate ad un criterio di proporzionalità”

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La sospensiva delle autorizzazioni• In base al Bersani, le Regioni hanno la possibilità di attribuire ai Comuni la

facoltà di sospendere il rilascio di nuove licenze relative ad esercizi di vicinato

• Tale sospensiva poteva avere, al massimo, la durata di due anni

• Giustificata dall’esigenza di valutare l’impatto dei nuovi esercizi sull'apparato distributivo e sul tessuto urbano, in relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori

• In realtà, alcune regioni si sono spinte ben oltre tale disposizione, introducendo sospensive generalizzate o rivolte soprattutto alle medie e grandi strutture, per periodi di tempo prolungati

• La Regione Piemonte nel 2005 ha disposto la sospensione della presentazione delle domande per il rilascio delle autorizzazioni all’apertura, trasferimento di sede e variazione di superficie per le grandi strutture di distribuzione commerciale; tale sospensiva, attualmente scaduta, dovrebbe essere riproposta all’interno della nuova legge regionale in materia di grande distribuzione

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• Al contrario, fra le Regioni più virtuose troviamo invece la Regione Marche, che ha addirittura ridotto i termini della sospensiva previsti dal decreto Bersani a 12 mesi, al posto dei canonici due anni

La sospensiva delle autorizzazioni

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Procedure per richiedere una nuova autorizzazione

• Questa parte del Bersani (articoli 7, 8 e 9 disciplina le modalità procedurali per richiedere l’autorizzazione all’apertura di nuovi punti vendita) è quella che è stata recepita nel modo più uniforme dalle varie leggi regionali che, nella maggioranza dei casi, hanno rispettato le indicazioni fornite dal decreto

• Fra i casi degni di nota spicca il Piemonte che, ancora una volta, si contraddistingue per aver introdotto disposizioni particolarmente restrittive

• In una legge regionale del 2003 si prevede che “il rilascio dell’autorizzazione per medie e grandi strutture di vendita è subordinato alla corresponsione di un onere aggiuntivo specificamente destinato a contribuire alla rivitalizzazione delle zone di insediamento commerciale dei Comuni interessati da ciascun intervento”

• Tale disposizione introduce dunque un onere economico non previsto dal decreto Bersani, che va ad aggravare ulteriormente gli investimenti richiesti per l’apertura di un nuovo centro commerciale (e che, di fatto, avvantaggia i soggetti già attivi nel settore)

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Comuni turistici• Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto

Bersani, le Regioni avevano l’obbligo di individuare i comuni ad economia prevalentemente turistica

• Tale disposizione è stata attuata dalla totalità delle Regioni: l’unica eccezione è rappresentata dalla provincia autonoma di Bolzano che, allo stato attuale, non ha ancora provveduto all’individuazione dei Comuni turistici

• Anche in questo caso è possibile individuare delle Regioni particolarmente virtuose, che hanno esteso a numerosi Comuni la possibilità di usufruire delle agevolazioni sugli orari e sulle chiusure previste dal Bersani: è il caso, in particolare, della Liguria e delle Marche

• Alcune Regioni, fra le quali il Veneto, estendono le agevolazioni previste per i Comuni turistici a tutti i centri storici

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Vincoli quantitativi• I dettami del decreto lasciavano ampi margini di

intervento alle Regioni, attribuendo loro la possibilità di regolare il processo di liberalizzazione delle attività di distribuzione e di limitare le zone e le aree in cui sarebbe stato possibile aprire nuove medie e grandi strutture (cioè quelle a maggior impatto paesaggistico/ambientale ed economico)

• Il bisogno di liberalizzare il comparto e di rendere il mercato più concorrenziale necessitava di essere contemperato con le esigenze di tutela del territorio e di salvaguardia delle piccole strutture già esistenti, le quali rappresentavano – e rappresentano tuttora – una parte rilevante del sistema economico

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Vincoli quantitativi (2)• La Regione Basilicata nella propria legge regionale di disciplina

del commercio: – estende a tutti i Comuni i limiti dimensionali degli esercizi di vicinato

(150 mq), delle medie strutture (1.500 mq) e delle grandi strutture (oltre 1.500 mq) che il decreto Bersani aveva previsto limitatamente ai Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.

– introduce poi una ulteriore distinzione fra medie strutture inferiori (con superficie di vendita da 151 a 800 mq) e medie strutture superiori (da 801 a 1.500 mq), non prevista dal decreto.

• individua poi i mq disponibili per le nuove autorizzazioni:– per il settore alimentare, o misto, tale superficie ammonta a 5.000 mq nei

Comuni di maggiori dimensioni (riducendosi progressivamente al diminuire della grandezza dei Comuni)

– per il settore non alimentare, oltre ad individuare la superficie massima autorizzabile per ogni nuova struttura (3.500 mq nei Comuni più grandi), viene precisato anche il numero massimo di nuove strutture autorizzabili (non più di 3)

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Vincoli quantitativi (3)• Limiti quantitativi decisamente stringenti sono stati introdotti

dalla Regione Sicilia (la legge regionale n° 28 del 1999)• In particolare, la Regione individua gli studi di impatto cui deve

sottostare il rilascio di autorizzazioni all’apertura di nuove grandi strutture di vendita; alla lettera h) viene indicato l’impatto commerciale, per cui bisogna valutare:

• “distintamente le quote di venduto che la nuova iniziativa sottrae alle medie e grandi strutture di vendita esistenti e agli esercizi di vicinato (…), nel caso in cui il proponente già disponga di medie e grandi strutture di vendita operanti nello stesso comparto con la medesima insegna, in proprietà o collegata alla stessa centrale di acquisto, nell’area definita dall’isocrona corrispondente a 30 minuti d’auto, va stimata la quota di mercato congiunta, eventualmente computando nella stima di mercato le vendite degli altri esercizi commerciali per la parte di vendite relativa all’area di sovrapposizione dei due bacini di mercato”

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Vincoli quantitativi (4)• La quota di mercato deve essere riferita a tutta la rete

commerciale, includendo quindi esercizi di vicinato e medie e grandi strutture di vendita, con la medesima specializzazione merceologica (…). Se tale quota supera un terzo del totale, la nuova iniziativa commerciale non potrà essere autorizzata; nel caso dei centri commerciali la presente verifica va effettuata relativamente a tutti gli esercizi commerciali singolarmente superiori alla soglia di una media struttura di vendita”

• Tale disposizione, potendo influire sulla struttura dell’intero settore, risulta particolarmente idonea a determinare distorsioni della concorrenza, impedendo di fatto la crescita delle imprese ed il conseguimento di economie di scala

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Vincoli quantitativi (5)• La disposizione più restrittiva è però quella che prevede, per un

periodo transitorio di trenta mesi dall’entrata in vigore della legge regionale n. 28/99, dei limiti quantitativi al rilascio di autorizzazioni per l’apertura di grandi strutture di vendita al fine di “consentire alla rete di vendita esistente un adeguamento progressivo alle condizioni concorrenziali determinate dalle nuove norme sull’apertura di grandi strutture di vendita”

• Questo periodo transitorio è stato ulteriormente prorogato dalla legge regionale 30 ottobre 2002 n.16 senza limiti di tempo

• L’Autorità, nella propria Segnalazione, ha auspicato quindi il venir meno di queste disposizioni, fortemente distorsive per lo sviluppo del settore e pesantemente penalizzanti per i nuovi entranti.

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Vincoli quantitativi (6)• La legge regionale umbra:

– per ciò che riguarda l’apertura di nuove grandi strutture precisa innanzitutto che la loro superficie di vendita non può comunque superare i 10.000 mq

– impone inoltre che le grandi strutture di vendita di dimensioni maggiori debbano essere realizzate esclusivamente nella forma di centro commerciale, nel quale la superficie occupata dagli esercizi di vicinato e dalle medie strutture di vendita risulti pari ad almeno il 40% della superficie di vendita totale;

– prevede che nei due anni successivi all’entrata in vigore della legge, il rilascio delle autorizzazioni all’apertura di nuove grandi strutture di vendita sia limitato a due, nella sola zona di Perugia, per il solo settore alimentare e per un massimo di 5.500 mq di superficie di vendita per ciascuna struttura.

• L’ampliamento delle grandi strutture già esistenti è invece vietato per legge nel caso che la struttura richiedente abbia già una superficie compresa fra 5.500 mq (3.500 mq nei Comuni di dimensione minore) e 10.000 mq

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Vincoli quantitativi (7)• La legge regionale della Puglia:

– prevede una soglia dimensionale massima alle grandi strutture, le quali non possono comunque superare i 10.000 mq di superficie di vendita

– introduce precisi e stringenti “obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita”, “idonei a garantire un rapporto equilibrato con la popolazione residente”

– tali obiettivi individuano il numero massimo di autorizzazioni che possono essere rilasciate, a partire dal momento di entrata in vigore della legge, per l’apertura di nuove grandi strutture di vendita in ciascuna provincia della regione

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Vincoli quantitativi (8)

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Giudizio finale sulle leggi

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I raggruppamenti delle Regioni

• Gruppo A– Emilia Romagna, Piemonte, Marche, Campania,

Molise, Valle d’Aosta, Lombardia

• Gruppo B– Calabria, Abruzzo, Basilicata, Veneto, Toscana

• Gruppo C– Umbria, Lazio, Puglia, Sicilia, Liguria, Friuli,

Venezia Giulia, Trentino Alto Adige

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Il deflatore dei consumi delle famiglie

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Il fatturato

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La popolazione

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Le unità di lavoro dipendenti

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Redditi unitari da lavoro dipendente

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Focus su GDO: consistenza

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Focus su GDO: numero addetti

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Focus su GDO: dimensione media esercizi

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Una interpretazione finale

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Terza parte

La collaborazione con la Toscana

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Collaborazione con la ToscanaQuesta è stata la prima occasione per applicare le linee guida

sperimentali delineate nella Parte Prima e testare la procedura contenuta al suo interno, di cui si riportano qui di seguito le quattro fasi principali:

1) definizione preliminare dell’intervento legislativo per valutarne il grado di rilevanza in termini di impatto sulla concorrenza;

2) individuazione delle opzioni adottabili all’interno dell’intervento legislativo;

3) analisi delle opzioni, allo scopo di verificare l’esistenza di restrizioni alla concorrenza e di giustificazioni a tali restrizioni;

4) classificazione dell’insieme delle opzioni esaminate e ordinamento in funzione del loro minore o maggiore impatto sulla concorrenza

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La 1° faseIndividuazione dei provvedimenti da sottoporre ad AIRC

Si sono inizialmente individuati cinque progetti di legge regionale su cui applicare l’analisi d’impatto sulla concorrenza, riguardanti:

a) il sostegno dei diritti delle persone immigrate;b) la disciplina dei servizi pubblici locali;c) la sicurezza negli appalti di lavori pubblici, servizi e

forniture;d) la disciplina delle attività termali;e) la disciplina delle strutture veterinarie pubbliche e

private.

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La 1° faseIndividuazione dei provvedimenti da sottoporre ad AIRC

• Una volta selezionati, si è tentato di individuare se la materia disciplinata dalla legge conteneva disposizioni che potevano avere una qualche ricaduta in termini di:

i) restrizioni quantitative o territoriali dell’accesso ai mercati e limitazioni alla crescita dimensionale delle imprese;

ii) restrizioni qualitative dell’accesso ai mercati;

iii) vincoli alle modalità di svolgimento e di organizzazione dell’attività economica

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La 1° fase

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La 2° fase: specificazione delle opzioni• Le finalità perseguite dalla legge in questione sono le seguenti:

• Il provvedimento si proponeva di trasfondere in norma di legge il contenuto dell’accordo Stato-Regioni del 26 novembre 2003 che ha definito i requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici della strutture veterinarie pubbliche e private, già recepito dalla Regione Toscana con Delibera G.R n. 625 del 6.6.2005, “Linee guida relative ai requisiti minimi delle strutture veterinarie pubbliche e private”.

• Esso è inoltre diretto a promuovere la semplificazione delle

procedure amministrative, ad accrescere la trasparenza e l’informazione all’utenza circa i servizi resi dalle diverse strutture veterinarie nonché a consentire la diversificazione del servizio prestato”.

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La 2° fase: specificazione delle opzioni• La prima opzione, o “opzione zero”, consisteva nel lasciare

invariata la disciplina del settore

• Le altre opzioni presentavano disposizioni più o meno intrusive relativamente a:– vincoli e limiti alle iniziative promozionali e pubblicitarie attuate dai

veterinari;– necessità di un parere preventivo e vincolante dell’Ordine dei Veterinari

per l’apertura di una nuova struttura;– tempistica e modalità di rilascio del parere di cui al punto precedente, così

come previsto dal Codice Deontologico dell’Ordine cui la normativa regionale, in alcune opzioni, faceva riferimento;

– possibilità di associazione societaria dei veterinari con altri soggetti (ad esempio, commercianti);

– vincoli agli orari di apertura al pubblico degli ambulatori e degli studi veterinari.

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La 3° fase: analisi delle opzioniUna volta individuati i punti critici della legge e le fattispecie disciplinate

più delicate, è iniziata una disamina più approfondita delle varie opzioni adottabili, allo scopo di mettere in luce le eventuali restrizioni alla concorrenza che ogni opzione avrebbe introdotto nel mercato regionale dei servizi veterinari. Esempi:

1) Rilascio di un nullaosta da parte dell’Ordine provinciale dei veterinari per l’apertura di ogni nuovo ambulatorio (previsto dall’opzione zero) strettamente necessario all’apertura di un nuovo ambulatorio

2) Controllo sulla pubblicità (fatto dall’Ordine o dalla Regione?)

3) Possibilità di introdurre anche per i veterinari una Carta dei Servizi (forma di pubblicità?)

4) Possibilità per i veterinari di aprire un pet corner (asimmetria con i commercianti)

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La 4° fase: classificazione delle opzioniUna volta individuati i punti critici della legge e le fattispecie disciplinate

più delicate, è iniziata una disamina più approfondita delle varie opzioni adottabili, allo scopo di mettere in luce le eventuali restrizioni alla concorrenza che ogni opzione avrebbe introdotto nel mercato regionale dei servizi veterinari. Esempi:

1) Rilascio di un nullaosta da parte dell’Ordine provinciale dei veterinari per l’apertura di ogni nuovo ambulatorio (previsto dall’opzione zero) strettamente necessario all’apertura di un nuovo ambulatorio

2) Controllo sulla pubblicità (fatto dall’Ordine o dalla Regione?)

3) Possibilità di introdurre anche per i veterinari una Carta dei Servizi (forma di pubblicità?)

4) Possibilità per i veterinari di aprire un pet corner (asimmetria con i commercianti)

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La 4° fase: classificazione delle opzioni

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Fine della presentazione

Grazie per l’attenzione