La valutazione degli investimenti nel settore dei...

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Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007 _____________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________ 1 Capitolo 4: La valutazione degli investimenti nel settore dei trasporti

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Capitolo 4:

La valutazione degli investimenti nel settore dei trasporti

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4.1 – Il problema Un progetto, in linea di principio, può essere definito come un insieme di

attività economiche che utilizzano alcune risorse scarse, al fine di ottenere benefici nel tempo.

Nel caso del settore dei trasporti, al quale ci riferiamo, i progetti riguardano i piani di riorganizzazione dei trasporti in una certa area, riferiti ad una o più modalità di trasporto, la realizzazione di nuove infrastrutture o i piani di ristrutturazione della gestione di un sistema di trasporto già esistente.

La redazione di un progetto normalmente si articola in quattro fasi temporali, distinte per contenuti, scopi, impegno di lavoro e competenze coinvolte.

La prima fase è rappresentata dallo Studio di Prefattibilità, volto ad identificare il problema alla cui soluzione è finalizzato il progetto stesso, presentando differenti alternative progettuali ritenute utili a fissare le dimensioni economiche e finanziarie degli interventi e degli effetti potranno essere prodotti dalle opere.

La seconda fase è relativa allo Studio di Fattibilità ed al progetto preliminare, e che sulla scorta delle osservazioni prodotte nella fase precedente, forniscono approfondimenti su aspetti tecnici istituzionali, finanziari ed economici in grado di fornire a chi si occupa di effettuare le scelte, i parametri necessari a valutare le varie alternative in gioco sotto il maggior numero di punti di vista possibili.

La terza e quarta fase, di contenuto prettamente tecnico ingegneristico, coincidono tra loro e sono rappresentate dal Progetto Definitivo e dal Progetto Esecutivo, per la realizzazione di nuove opere, o dalla Proposta di Piano nel caso di piani territoriali.

Bisogna sottolineare come non sia possibile automatizzare il processo di scelta, non solo perché questo è legato ad un numero elevatissimo di parametri, variabili da caso a caso, ma soprattutto perché, come generalmente accade, essendo il processo di scelta di competenza di un organo politico, questo è tenuto ad effettuare delle scelte che risultino ottimali ad un livello notevolmente più alto di quello intrinsecamente connesso al settore in cui si inquadra il progetto stesso.

In particolare, un progetto di intervento sul sistema dei trasporti si colloca sempre nel contesto di un progetto intersettoriale che si propone obiettivi generali di sviluppo definiti in relazione ad ancor più generali obiettivi politici: in tale ambito, il contributo che l’ingegnere specializzato in Tecnica ed Economia dei Trasporti può dare è la formulazione di un giudizio che va tenuto presente in sede di scelta finale, che risulta essere sicuramente condizionante, anche se non al punto da impedire al soggetto pubblico di prendere in considerazione anche altre alternative.

4.2 – La valutazione: analisi finanziaria ed economica Una distinzione di fondo che deve essere fatta in via preliminare riguarda la

categoria di soggetti nell’interesse della quale la valutazione è richiesta.

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Se la categoria è costituita da imprenditori (pubblici o privati) che intendono investire capitali in un progetto per ricavarne un utile (come ad esempio la costruzione di un’autostrada e la successiva riscossione dei pedaggi), la valutazione consiste nel confrontare, per ciascuna delle alternative che si propongono, ivi compresa l’alternativa di non investimento, i costi che quell’imprenditore deve sostenere per la realizzazione dell’infrastruttura con i ritorni finanziari che presumibilmente essa produrrà nella sua vita utile.

Ciascuna alternativa si giustifica se i ricavi superano i costi: tra le varie alternative è da preferire quella con il differenziare positivo maggiore.

Al contrario, se la categoria è costituita dalla collettività (tramite i propri rappresentanti amministrativi) la valutazione consiste nel confronto dei costi di investimento a carico della collettività con i benefici in senso lato di cui essa potrà godere nel suo complesso (utenti e non utenti) dopo la realizzazione dell’opera.

Questi benefici potranno essere sia monetari, per risparmi di carburante, o pedaggi, sia essere di tipo indiretto e non concreto, come nel caso di salvaguardia di centri storici per la realizzazione di metropolitane ed infrastrutture similari.

Nel caso in cui la valutazione sia effettuata nell’interesse di un imprenditore, l’analisi sarà definita finanziaria.

Nel caso in cui la valutazione sia effettuata nell’interesse della collettività, l’analisi sarà detta economica.

Tipo Analisi Soggetto interessato Tipo di benefici Tecnica di valutazione

Finanziaria Imprenditore Monetari Bilancio previsionale tempo di rientro

Economica Collettività Monetari Analisi benefici/costi Economica Collettività Non monetari Multicriteria

In un’Analisi Finanziaria, eseguita mediante la compilazione di bilancio previsionale, l’operatore valuta per l’anno medio d’esercizio, i prevedibili costi ed i prevedibili ricavi che potrà ottenere.

Tra i costi considererà le quote di ammortamento del capitale iniziale, gli oneri finanziari, i costi di manutenzione degli impianti, i costi del personale e gli altri costi d’esercizio, le imposte e le tasse.

Tra i ricavi vengono invece considerati i proventi da vendita dei beni o dei servizi prodotti.

Se i costi uguagliano i ricavi, si produce un profitto per l’imprenditore, incorporato nelle voci di ammortamento del capitale iniziale e dei compensi previsti per i lavori svolti direttamente dall’investitore.

Se i ricavi superano i costi, si determina un extra-profitto, che incentiva l’ingesso nel mercato di altri operatori.

Tra due alternative viene considerata chiaramente migliore quella in grado di produrre un extra-profitto elevato, con tempi di rientro dall’investimento

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sufficientemente contenuti in relazione alle esigenze dell’investitore e delle alternative di investimento possibili.

In un’Analisi Economica, con benefici monetari o monetizzabili, i costi, i ricavi ed i profitti, pur conservando i significati loro intrinseci, sono valutati in modo diverso dal caso dell’analisi finanziaria, dovendo essere riferiti alle casse della collettività considerata nel suo insieme.

I costi sono simili a quelli dell’operatore privato, tranne alcuni di essi che non vanno più presi in considerazione non essendo dei costi sostenuti ma dei semplici trasferimenti tra soggetti diversi della comunità (ovvero esborso effettuato a fronte del consumo di alcuni fattori di produzione).

E’ inoltre prassi corrente non utilizzare i costi correnti di mercato, ma i prezzi contabili o prezzi ombra, ovvero dei valori che rispecchino meglio l’interesse della collettività per il singolo bene considerato.

Per quanto riguarda i ricavi, ai quali si da il nome generico di benefici, vista la complessità, e spesso l’impossibilità, di una loro precisa valutazione, nell’analisi economica si rinuncia ad una loro stima, limitandosi a stimare i benefici di cui viene a godere la collettività a seguito della realizzazione dell’opera in termini di disponibilità a pagare della prevedibile utenza (pur rimanendo il problema della valutazione di queste disponibilità a pagare del tutto aperto).

L’analisi economica rende confrontabili costi e benefici, riportandoli tutti ad un unico anno (in generale quello di realizzazione dell’opera).

Questa operazione viene effettuata prendendo tutti i costi ed i ricavi di un anno, riducendoli in misura proporzionale al tempo che si prevede trascorra tra quell’anno e l’anno nel quale si sosterranno i singoli costi o si otterranno i singoli ricavi.

Per ogni anno che trascorre si prevede che vi sia una riduzione percentuale del valore del costo o del ricavo pari a 100 r, per cui il valore nell’anno di riferimento di una somma S spesa o incassata t anni dopo vale:

( )tt rSS

+=

1 (4.01)

La quantità r, detta tasso di attualizzazione, può essere vista come misura della preferenza della collettività per i consumi a breve termine rispetto a quelli a lungo termine.

Perché i primi producano benefici attualizzati maggiori, occorre usare un r maggiore perché in tal modo i benefici prodotti dai secondi, anche se maggiori, si riducono in fase di attualizzazione più di quanto non si riducano i primi.

Queste analisi, indipendentemente dal loro tipo, consistono come detto nel confrontare più alternative progettuali, e tra queste è compresa anche l’alternativa di non-progetto: in linea di massima questa non coincide con la situazione attuale, ma è generalmente una situazione più degradata, essendo quella in cui si perverrebbe in assenza di interventi all’epoca della possibile attivazione del progetto in esame.

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Se interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dovessero essere presi per evitare questo degrado, si perverrebbe quindi a definire un’alternativa con un suo proprio costo e suoi specifici vantaggi, da confrontare quindi con quella di progetto.

Questo modo di procedere purtroppo cade in difetto quando una ordinaria manutenzione non è più sufficiente ad evitare il raggiungimento di livelli di saturazione della capacità del sistema: in tal caso, infatti, ogni progetto in grado di scongiurare la paralisi della mobilità è valido, sia perché in assoluto garantisce la mobilità e permette quindi al sistema di trasporto di assolvere alla sua funzione, sia perché se si vanno a valutare i benefici del nuovo progetto, questi risultano tanto elevati da giustificare spesso la realizzazione di qualsiasi opera.

4.3 – Analisi Benefici – Costi (ABC) Il metodo Benefici-Costi consiste nel confrontare, per ogni alternativa,

compresa quella di non progetto, i benefici di cui godrà la collettività a progetto ultimato, con i costi che essa stessa dovrà sostenere perché il progetto sia realizzato.

Date due alternative progettuali X e Y, la X è preferibile alla Y se la differenza attualizzata tra i costi ed i benefici della X è superiore all’analoga differenza della Y o, il che è lo stesso, se la differenza tra i benefici delle due alternative è maggiore della differenza dei costi, ovvero:

** CBCB −>− (4.02)

oppure se: ** CCBB −>− (4.03)

La procedura di valutazione può essere suddivisa in quattro fasi: 1. Identificazione dei progetti da prendere in considerazione; 2. Stima dei costi; 3. Stima dei benefici; 4. Individuazione e stima degli indicatori.

4.3.1 – L’identificazione delle alternative nell’ABC Questa prima attività prende le mosse dal contenuto dello studio di

prefattibilità all’interno del quale devono essere stati individuati tutti i progetti in grado di poter contribuire a risolvere il problema per il quale si sta lavorando.

In linea generale i progetti si possono raggruppare in: 1. Progetti incompatibili, ovvero che non possono essere realizzati insieme in

quanto uno rende impossibile o superfluo l’altro; 2. Progetti indipendenti, ovvero che possono essere realizzati

contemporaneamente e che sono caratterizzati dal fatto che la redditività dell’uno non influenza quella dell’altro, e che i benefici totali possono essere considerati come la somma dei singoli contributi;

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3. Progetti dipendenti, ovvero che si completano a vicenda (progetti complementari), ed il cui beneficio prodotto complessivamente è superiore alla somma dei singoli contributi, oppure che si sovrappongono in quanto ad effetti (progetti in concorrenza), per cui il beneficio prodotto è inferiore alla somma dei singoli contributi.

L’analisi economica non può essere applicata separatamente a progetti dipendenti perché si corre il rischio o di sopravvalutare i vantaggi se i progetti sono in concorrenza, oppure di sottovalutare la loro efficacia se sono complementari.

Occorre quindi preventivamente considerare tutte le possibili combinazioni di progetti dipendenti in modo da averne un certo numero di indipendenti: successivamente verranno presi in considerazione tutti i gruppi di progetti indipendenti che effettivamente risultino incompatibili tra loro, ovvero caratterizzati da un beneficio netto totale pari alla somma dei benefici netti totali dei progetti che li compongono. Per ognuno di essi si può calcolare tale beneficio totale netto e scegliere quindi il progetto più conveniente.

4.3.2 – I costi nell’ABC La stima dei costi va fatta sulla base delle documentazioni redatte dai

progettisti, ovvero i computi metrici estimativi per le opere di ingegneria, le offerte delle ditte per macchinari ed impianti, e le previsioni degli aziendalisti per l’attivazione dei servizi pubblici. Ad essi vanno aggiunti i costi di progettazione, direzione e gestione dei lavori.

I costi vanno stimati per tutti gli anni di vita economica del progetto, sommando i costi delle infrastrutture e degli impianti, i costi di manutenzione necessari per il loro mantenimento, ed i costi d’esercizio per la gestione del progetto.

Se inoltre si prevede la conservazione in esercizio di opere esistenti, tra i costi vanno considerati anche quelli di manutenzione e gestione di tali opere.

I costi vanno stimati a prezzi attuali, prescindendo cioè da incrementi dovuti alla svalutazione monetaria: di questa si tiene conto implicitamente quando si sceglie il tasso di attualizzazione che è, evidentemente prima che da altri parametri, influenzato proprio dalla perdita di valore d’acquisto della moneta.

I costi vanno computati al costo dei fattori, ovvero eliminando cioè l’extra-profitto di cui l’impresa beneficia nel realizzare l’opera.

Come già detto l’extra-profitto è il profitto superiore a quello sufficiente a pagare capitale, mano d’opera, e materie prime, e non costituisce un costo, bensì un trasferimento dalle casse di chi commissiona l’opera in quelle dell’impresa, che risulta sempre essere una componente della collettività nel cui interesse si sta valutando l’economicità del progetto.

Analogamente vanno eliminati tutti gli altri trasferimenti presenti, di cui le tasse, le imposte in genere, e gli interessi sui capitali eventualmente presi in prestito rappresentano uno dei casi più evidenti.

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Infine per alcune voci possono essere adottati dei prezzi ombra, ovvero dei prezzi che tengano conto delle differenze tra i valori che taluni beni hanno per la collettività e per il mercato: un tipico esempio sono i costi energetici, che spesso sono valutati a prezzi più alti di quelli di mercato, visto che alla collettività costano di più in termini di rapporti di cambio valute con l’estero

4.3.3 – I benefici nell’ABC I benefici prodotti dall’attuazione di un progetto possono distinti in benefici

diretti e benefici indiretti: i primi sono quelli di cui godranno gli utenti del sistema di trasporto in presenza delle opere oggetto dell’analisi, i secondi invece sono quelli comunque attribuiti alla presenza del progetto e di cui godranno i non utenti (riduzione dell’inquinamento acustico e chimico, tutela dell’ambiente e delle strutture sociali).

I benefici possono anche essere negativi, e contabilmente vengono quindi computati come dei costi, pur non avendo contestualmente nulla a che fare con i costi di produzione e gestione del progetto, essendo in realtà una riduzione dei benefici goduti dalla collettività.

4.3.4 – Benefici diretti come surplus del consumatore Per la domanda di trasporto, come per quella relativa ad un altro qualsiasi

bene, è possibile definire una curva di domanda che mostri la relazione intercorrente tra il massimo prezzo che l’utente medio è disposto a pagare per l’unità di servizio, ed il numero totale di utenti.

Nell’ipotesi di utilità marginale decrescente di un bene o di un servizio, ipotesi valida in riferimento ad un servizio di trasporto, la curva di domanda è decrescente ed indica così una disponibilità a pagare decrescente al crescere del numero di utenti (Figura 4.01).

Figura 4.01

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La curva può presentare un gradiente maggiore o minore: curve con gradiente elevato sono sinonimo di domanda rigida, ovvero relativa ad un genere per il quale il numero degli utenti non varia particolarmente al variare del prezzo pagato (come nel caso degli spostamenti casa-lavoro), mentre invece curve con gradiente modesto sono sinonimo di domanda elastica (come nel caso di spostamenti per svago), il cui concetto è esattamente opposto a quello di domanda rigida.

L’area sottesa dalla curva di domanda, ovvero l’integrale

∫CdU (4.04)

misura, per un dato livello di utenza U, il prezzo complessivo che l’utenza è disposta a pagare per avvalersi di quel sistema di trasporto (disponibilità a pagare dell’utenza).

Se il prezzo d’uso del sistema è unico per tutti gli utenti e vale C*, l’utenza U pagherà un prezzo C*U.

La differenza tra le due quantità:

UCCdU *−=∆ ∫ (4.05)

misura un ammontare di risorse che l’utenza sarebbe disposta a pagare, ma che non paga dal momento che il costo del servizio è unico e vale C*.

Questo ammontare è incamerato dall’utenza nel suo complesso e costituisce per essa un beneficio netto derivante, sostanzialmente, dalla presenza all’interno dell’utenza di una varietà continua di soggetti tutti disposti, tranne l’utente marginale, a pagare di più del prezzo di mercato partendo da disponibilità a pagare molto alte per pochi utenti, e basse per i moltissimi utenti sempre più prossimi all’utente marginale (ovvero quell’utente che non sarebbe più interessato ad utilizzare il sistema di trasporto se questo costasse un’unità di risorse in più).

La quantità Δ è detta surplus del consumatore e viene adottata come misura dei benefici diretti prodotti dalla fruizione di un sistema di trasporto.

La realizzazione di interventi sul sistema di trasporto genera, ovviamente se sono utili per l’utenza, una riduzione dell’ammontare complessivo di risorse che l’utenza paga per l’uso del sistema stesso ed un incremento del volume di utenza.

Ambedue questi fenomeni comportano un incremento del surplus o dei benefici incamerati dall’utenza.

Questo incremento di surplus, con riferimento alla Figura 4.01, nell’ipotesi di linearità tra i punti (C*,U*) e (C’,U’), vale:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )'*'21'*'' ****

0

**

0

*'

CCUUCCUUCCdUUCCdUUU

surplus −−+−≈−−−=∆ ∫∫ (4.06)

( ) ( ) ( ) ( )2

'*''21*'

***** UUCCUUUCCsurplus

+−=

−+−=∆ (4.07)

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Questo incremento misura pertanto i benefici diretti prodotti dalla realizzazione del progetto in esame, cioè i benefici netti di cui gode l’utenza nel passare dalla situazione di non progetto a quella di progetto.

Nel caso di domanda rigida la Fig. 4.01 diviene:

Figura 4.02 ed il beneficio diretto prodotto dalla realizzazione dell’opera, passaggio dal costo c* al costo c’ è pari a:

( ) [ ]** *' UCCsurplus −=∆ (4.08)

4.3.5 – Benefici indiretti I benefici indiretti sono quelli prodotti dalla realizzazione del progetto e

goduti dagli abitanti del territorio nel quale si interviene, non in quanto utenti del sistema di trasporto, ma in quanto comunque interessati dalle ripercussioni prodotte dalla realizzazione del progetto.

I principali benefici indiretti sono collegati alla qualità di vita in senso lato e sono costituiti ad esempio da:

• Riduzione dell’inquinamento chimico dell’atmosfera;

• Riduzione dell’inquinamento acustico;

• Salvaguardia dei valori storico-monumentali della città;

• Salvaguardia degli equilibri ecologici;

• Rispetto degli equilibri socio-antropologici di una comunità.

U*=U’Utenti

Costo

C’

C*

U*=U’Utenti

Costo

C’

C*

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4.3.6 – Indicatori dell’ABC Gli indicatori nell’analisi benefici-costi sono:

• Il valore netto attuale (VAN), denominato anche come beneficio netto totale;

• Il saggio di rendimento interno (SRI);

Il VAN è dato dalla somma dei valori attualizzati delle differenze, anno per anno, tra i benefici prodotti dal progetto ed i costi sostenuti per realizzare e gestire il progetto.

Analiticamente quindi:

( )( )∑

= +

−=

n

tttt

rCBVAN

0 1 (4.09)

dove n è la somma degli anni necessari per realizzare il progetto e degli anni di vita dello stesso.

Un progetto, per essere economicamente conveniente, deve avere un VAN positivo: tra due progetti alternativi ed incompatibili, è preferibile scegliere quello con il VAN maggiore.

Figura 4.03

Nel calcolo del VAN ha grande importanza il valore del tasso r, che riflette le condizioni economiche e politiche esterne al settore dei trasporti.

Se si immagina di riportare in un unico grafico (Figura 4.03) il VAN di tre progetti (A, B, C) in funzione del tasso r, si potranno fare alcune considerazioni.

Innanzi tutto si tratta sempre di curve discendenti, in quanto il VAN è la differenza attualizzata tra i benefici lontani nel tempo e spese d’investimento generalmente prossime nel tempo: valori crescenti di r fanno ridurre i valori lontani nel tempo molto più rapidamente di quelli prossimi nel tempo, con il risultato che la differenza decresce fino a cambiare di segno.

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Le tre curve indicano che il VAN per il Progetto A (B, o C) è positivo se il tasso di attualizzazione adottato è inferiore ad rA (rB o rC).

Il Progetto B presenta un VAN maggiore di quello del Progetto A ed è quindi preferibile a questo se il tasso di attualizzazione adottato è inferiore ad r0, viceversa sarebbe preferibile il Progetto A al B per un tasso di attualizzazione superiore ad r0.

Il Progetto C è sempre preferibile sia al Progetto A che al Progetto B. Normalmente il tasso di attualizzazione viene fissato a seguito di complesse

scelte di carattere socio-economico da parte delle autorità politiche: in linea di principio, per la valutazione di progetti inerenti i sistemi di trasporto, si utilizzano valori compresi tra l’8% ed il 9%.

Il saggio di rendimento interno (SRI) viene utilizzato proprio per ovviare al problema di dover determinare un tasso di attualizzazione: l’SRI è infatti definito come quel valore del tasso di attualizzazione che rende nullo il VAN, e che quindi uguaglia i valori utilizzati dei costi e dei benefici di un progetto.

Sempre con riferimento alla Figura 4.03 i rispettivi SRI sono: rA, rB, rC.

VAN ed SRI danno la stessa indicazione operativa nel giudizio sulla convenienza di un progetto, nel senso che la condizione VAN > 0 con un dato valore r del tasso, coincide con la condizione SRI > r.

4.3.7 – Esempio di Analisi Benefici - Costi Si voglia valutare mediante l’ABC la convenienza economica

dell’investimento necessario per costruire e gestire una linea di metropolitana in una grande città.

4.3.7.1 – Fasi del lavoro 1) Configurazione della situazione di “non-progetto”

Fissata la vita utile dell’opera, occorre prevedere, per ogni anno di questo periodo, quale sarebbe l’assetto del sistema dei trasporti se l’opera non fosse realizzata. Occorre in particolare conoscere:

a) la domanda di mobilità per le diverse componenti del sistema;

b) i costi che la collettività dovrà sostenere per conservare il sistema in efficienza; c) i costi generalizzati che l’utente marginale sosterrà per potersi muovere

(disponibilità a pagare dell’utente marginale).

2) Configurazione della situazione di “progetto” Sempre per ogni anno di vita utile dell’opera occorre conoscere:

a) la domanda di mobilità per le diverse componenti e, in particolare, per la nuova opera;

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b) i costi che la collettività dovrà sostenere per la realizzazione della opera e per la manutenzione e gestione dell’intero sistema di trasporto (impianti esistenti + nuova opera);

c) i costi generalizzati che l’utente marginale sosterrà per muoversi in questa nuova realtà (disponibilità a pagare dell’utente marginale);

d) i benefici indiretti; e) il valore residuo dell’opera.

3) Calcolo degli indicatori a ) Calcolo della differenza dei costi che la collettività deve sopportare per

realizzare la situazione di progetto anziché quella di non progetto; b) calcolo dei benefici a favore della collettività derivanti dalla realizzazione del

progetto come prodotto dell’utenza media (tra le due situazioni) per la differenza delle disponibilità a pagare dell’utente marginale (tra situazioni di non progetto e di progetto);

c) calcolo del VAN e del SRI.

4.3.7.2 – Risultati 1.a e 2.a: Domanda di mobilità Si supponga che, dalla simulazione della domanda di mobilità, si sia giunti

alla valutazione dei flussi di persone su tutti i rami della rete di trasporto, pubblici e privati, in assenza e in presenza della nuova linea di metropolitana.

In via esemplificativa si supponga che i risultati della simulazione possano essere così sintetizzati:

- utenza giornaliera media della intera linea e costante nel tempo: 500.000 pers/g; - di cui 400.000 pers/g ex utenti di linee automobilistiche;

- e 100.000 pers/g ex utenti di automobili; - numero di spostamenti di auto che continuano a spostarsi lungo la direttrice

servita dalle nuove linee e che beneficiano di una maggiore fluidità del traffico a seguito del trasferimento sulla nuova linea delle 100.000 pers/g: 200.000 spost/g nei due sensi.

Disponendo di un efficiente modello domanda/offerta, le poche cifre qui riportate possono essere sostituite da valori più dettagliati e cioè suddivisi per ramo e per mezzo di trasporto. Analogamente può essere simulata la situazione di non progetto che certamente, anche se di poco, differisce dall’attuale. In via esemplificativa si suppone che essa coincida con l’attuale assetto.

Per semplicità di calcolo si suppone che tutte le cifre dell’utenza siano invariabili nel tempo dal primo giorno di inizio dell’esercizio dell’impianto.

1.b e 2.b: Costi per la realizzazione del “progetto” e del “non progetto”

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Si considera, ancora, la situazione di non progetto coincidente con l’attuale e si calcolano i costi al netto di oneri finanziari e dell’IVA.

Costi di costruzione della nuova linea: dal progetto delle opere civili, degli impianti e del materiale rotabile risultino i seguenti costi negli anni necessari per la attivazione dell’opera:

1° anno 100.000 Ml 2° anno 150.000 Ml 3° anno 200.000 Ml 4° anno 300.000 Ml 5° anno 400.000 Ml 6° anno 500.000 Ml 7° anno 600.000 Ml 8° anno 200.000 Ml 9° anno 100.000 Ml

10° anno 50.000 Ml TOTALE 2.600.000 Ml

Figura 4.04 Costi di esercizio della nuova linea: dal programma di esercizio della linea,

compilato in modo da soddisfare la domanda prevista, risulti un costo annuo di 50.000 Ml. Costi di manutenzione della nuova linea: la vita utile della linea può essere fissata in 40 anni. Tale valore ha senso per le opere civili: per impianti e materiale rotabile occorre prevedere, nello stesso periodo, manutenzione ordinaria e straordinaria con rinnovi parziali. Da un’analisi tecnica si supponga di dover prevedere, nei 40 anni, i seguenti costi:

4° anno 6.000 Ml 6° anno 30.000 Ml 8° anno 6.000 Ml 10° anno 75.000 Ml 12° anno 6.000 Ml 14° anno 30.000 Ml 16° anno 6.000 Ml 18° anno 30.000 Ml 20° anno 51.000 Ml 22° anno 30.000 Ml 24° anno 6.000 Ml 26° anno 30.000 Ml 28° anno 6.000 Ml 30° anno 75.000 Ml 32° anno 6.000 Ml 34° anno 30.000 Ml 36° anno 6.000 Ml

Figura 4.05

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La situazione di progetto comporta, inoltre, una riduzione di spesa per la riduzione del servizio collettivo di superficie permessa dal servizio offerto dalla metropolitana.

Si ipotizzi che, dall’analisi del servizio, tale minor costo risulti valutabile in 60.000 Ml.

Non si considerano altri costi per la situazione di progetto cioè si suppone che la collettività non debba sostenere altre spese oltre a quelle citate.

Per la situazione di non progetto si suppone che non vi siano differenze di costo di manutenzione rispetto ad oggi.

1.c e 2.c: Differenza delle disponibilità a pagare dell'utente marginale e incremento del surplus del consumatore (benefici diretti)

La disponibilità a pagare dell’utente marginale viene misurata dall’ammontare delle risorse in senso lato e monetizzate che l’utente medio sopporta.

Poiché nel calcolo degli indicatori interessa conoscere la differenza tra le disponibilità a pagare dell’utente marginale nelle due situazioni di progetto e di non progetto, per evitare la stima di quantità che, eguali nelle due situazioni, si eliderebbero a vicenda nel calcolo finale, non si calcolano le disponibilità a pagare in ciascuna delle due situazioni ma, direttamente, la loro differenza.

Il prodotto di tali differenze per il volume di utenza interessata misura la variazione di surplus del consumatore e, quindi, il beneficio della collettività. a) Differenza di tariffe pagate all’Azienda dei trasporti:

- tariffe per l’uso dei bus sostituiti dalla nuova linea: 400.000 viagg/g X 310 gg/anno x 600 I/corsa = 74.400 MI

- tariffe per l’uso della nuova linea: 500.000 viagg/g x 3l0gg/anno x l.OOO/corsa = 155.000 Ml

Il surplus del consumatore si riduce nel passaggio dalla situazione di non progetto a quella di progetto di una quantità pari a

155.000 -74.400 = 80.600 MI che rappresenta, quindi, un beneficio negativo.

b) Minor tempo di percorrenza (per il valore dell’ora si assuma la cifra di 8815 lire nella ipotesi di spostamenti per il 10% dovuti a lavoro-lavoro, 40% dovuti a casa-lavoro c 50% ad altri motivi, coerentemente con i dati del Ministero Trasporti al 1987):

- a vantaggio dei 400.000 utenti che si trasferiscono dai bus alla metro, se la simulazione del sistema indica in 20’ il risparmio di tempo tra situazione di non progetto (bus) a quella di progetto (metro):

400.000 viagg/g x 1/3 h x 8815 I/h x 310 gg = 364.353 Ml

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- a vantaggio dei 100.000 utenti provenienti dall’auto individuale, se la simulazione di cui sopra indica in 22’ il risparmio di tempo:

100.000 viagg/g x 22/60 h x 8815 I/h x 310 gg = 100.197 Ml

- a vantaggio degli utenti delle auto che godono di una migliore scorrevolezza del traffico, se la simulazione del sistema indica in 15’ il risparmio di tempo su strada per le 200.000 auto che si muovono lungo la viabilità parallela alla metropolitana:

200.000 x 1,5 pers/auto x 1/4 h x 8815 I/h x 310 gg = 204.949 Ml - risparmio di tempo in attesa (affidabilità del sistema) per tutti i 500.000 utenti

della metropolitana, se la simulazione del sistema indica in 10’ la riduzione di attesa media passando dalla situazione di non progetto a quella di progetto:

500.000 viagg/g x l0/60 h x 8815 l/h x 310 gg = 227.721 ML Il surplus del consumatore si incrementa, quindi, complessivamente, di 897.220 Ml.

c) Minori costi d’uso del sistema di trasporto privato per i 100.000 utenti che passano dall’auto (nella situazione di non progetto) alla metropolitana (situazione di progetto) distinti tra costi di percorrenza e costi di sosta:

- 100.000 viagg/g x 6 Km x 250 l/Km x 310 gg = 46.500 MI (6 Km è la ipotizzata lunghezza dello spostamento medio risultante dalla simulazione del sistema; 250 lire è il costo marginale/Km d’uso dell’auto in città)

- 100.000 viagg/g x 0,80 x 1000 1 x 310 gg/l,5 viagg/auto = 16.533 Ml (nella ipotesi, che si suppone sia sempre suffragata dai risultati della simulazione, che l’80% dei 100.000 nuovi utenti della metropolitana paghi in media 1000 lire di sosta nella situazione di non progetto).

Il surplus del consumatore si incrementa, complessivamente, di 63.033 Ml.

d) Minor consumo energetico da parte degli automobilisti che producono i 200.000 spostamenti paralleli alla nuova linea nella situazione “di progetto” se risulta pari a 0,02 lt/Km il risparmio in benzina ed a 6 Km lo spostamento medio:

- 200.000 spost/g x 6 Km x 0,02 lt/Km x 1350 l/Km x 310 gg = 10.044 MI

e) Minore sinistrosità della circolazione (desunta da altre esperienze): 1.700 Ml

Il totale benefici annui è pertanto: a) differenza tariffa -80.600 b) minor tempo 897.220 c) minor costo auto 63.033 d) minor consumo energetico 10.044 e) misure sinistrosità 1.700

TOTALE 891.397

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2.d: I benefici indiretti - riduzione introiti per fitto spazi pubblicitari (da specifiche indagini di mercato):

300 milioni ,

- benefici non facilmente quantificabili che vanno a vantaggio di sicurezza nei confronti di un errore nel caso si decidesse la costruzione dell’impianto: sono costituiti dall’incremento di valore degli immobili, dall’ammodernamento dei sottoservizi, dal minor inquinamento, dal recupero dei valori urbani ecc.

2.c: Il valore residuo Si valuta pari a 500 miliardi

4.3.7.3 – Conclusioni I valori dei costi e dei benefici sono riportati nelle Figure 4.06 e 4.07. Si

sono quindi calcolati i valori attualizzati e si è calcolato, per interpolazione, il tasso per cui il VAN è nullo (e cioè il SRI). Al tasso del 10% il VAN risulta pari a 4900 Ml e il SRI risulta pari al 16%: si può ritenere l’opera economicamente conveniente.

Anni Costi costruzione

Costi esercizio metropolitana

Costi manutenzione metropolitana

Costi esercizio autobus

Totale costi

1980 -10 100.000 0 0 0 100.000 1981 -9 150.000 0 0 0 150.000 1982 -8 200.000 0 0 0 200.000 1983 -7 300.000 0 0 0 300.000 1984 -6 400.000 0 0 0 400.000 1985 -5 500.000 0 0 0 500.000 1986 -4 600.000 0 0 0 600.000 1987 -3 200.000 0 0 0 200.000 1988 -2 100.000 0 0 0 100.000 1989 -1 50.000 0 0 0 50.000 1990 1 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1991 2 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1992 3 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1993 4 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 1994 5 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1995 6 0 50.000 30.000 -60.000 20.000 1996 7 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1997 8 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 1998 9 0 50.000 0 -60.000 -10.000 1999 10 0 50.000 75.000 -60.000 65.000 2000 11 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2001 12 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 2002 13 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2003 14 0 50.000 30.000 -60.000 20.000 2004 15 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2005 16 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 2006 17 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2007 18 0 50.000 30.000 -60.000 20.000 2008 19 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2009 20 0 50.000 51.000 -60.000 41.000 2010 21 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2011 22 0 50.000 30.000 -60.000 20.000

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2012 23 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2013 24 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 2014 25 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2015 26 0 50.000 30.000 -60.000 20.000 2016 27 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2017 28 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000 2018 29 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2019 30 0 50.000 1.500 -60.000 -8.500 2020 31 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2021 32 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2022 33 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2023 34 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2024 35 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2025 36 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2026 37 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2027 38 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2028 39 0 50.000 0 -60.000 -10.000 2029 40 0 50.000 0 -60.000 -10.000

Figura 4.06

Anni Tariffe Tempo Costi uso

Cons. energ. Inicid. Pub

blic. Totale benefici

Benefici netti

Benefici netti attualizzati

1980 -10 0 0 0 0 0 0 0 -100.000 -247.597 1981 -9 0 0 0 0 0 0 0 -150.000 -339.204 1982 -8 0 0 0 0 0 0 0 -200.000 -413.072 1983 -7 0 0 0 0 0 0 0 -300.000 -565.904 1984 -6 0 0 0 0 0 0 0 -400.000 -689.139 1985 -5 0 0 0 0 0 0 0 -500.000 -786.760 1986 -4 0 0 0 0 0 0 0 -600.000 -862.282 1987 -3 0 0 0 0 0 0 0 -200.000 -262.515 1988 -2 0 0 0 0 0 0 0 -100.000 -119.881 1989 -1 0 0 0 0 0 0 0 -50.000 -50.050 1990 1 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 823.543 1991 2 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 752.163 1992 3 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 686.969 1993 4 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 623.251 1994 5 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 573.044 1995 6 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 505.963 1996 7 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 478.013 1997 8 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 433.676 1998 9 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 398.741 1999 10 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 826.697 333.889 2000 11 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 332.615 2001 12 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 301.764 2002 13 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 277.455 2003 14 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 244.976 2004 15 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 231.443 2005 16 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 209.976 2006 17 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 193.061 2007 18 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 170.461 2008 19 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 161.045 2009 20 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 850.697 138.767 2010 21 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 134.337 2011 22 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 118.612 2012 23 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 112.059

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2013 24 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 101.666 2014 25 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 93.476 2015 26 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 82.533 2016 27 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 77.974 2017 28 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 70.742 2018 29 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 65.043 2019 30 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 900.197 59.307 2020 31 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 54.257 2021 32 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 49.554 2022 33 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 45.259 2023 34 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 41.336 2024 35 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 37.753 2025 36 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 34.481 2026 37 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 31.492 2027 38 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 28.763 2028 39 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 26.270 2029 40 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 23.993 VAN 4.823.319

Figura 4.07

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Capitolo 5:

Alcune importanti osservazioni

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5.1 – Il paradosso di Braess I1 problema della determinazione dei flussi di equilibrio in una rete stradale

consiste nel determinare, data una fissata domanda di spostamenti per ciascuna coppia di nodi Origine-Destinazione (OD) della rete, i flussi di traffico sugli archi in accordo con un usuale criterio di ottimizzazione dei costi generalizzati degli utenti. In accordo cioè con il principio che nessun utente possa ridurre i propri costi con una decisione unilaterale di cambiare il proprio percorso. Il costo dello spostamento dipende in maniera ben determinata dall’equilibrio dei flussi.

Conseguenza di questo principio è che, all’equilibrio, tutti gli utenti di una medesima OD presenteranno lo stesso costo per effettuare lo stesso spostamento, indipendentemente dal percorso seguito (Principio di Wardrop).

E’ senza dubbio utile avere la possibilità di prevedere come cambiamenti nella domanda di spostamenti o la costruzione di un arco stradale nella rete possa influenzare il costo degli spostamenti.

Si è naturalmente portati a pensare che, ad un incremento nella domanda di spostamenti, corrisponderà sempre un aumento dei costi necessari per effettuarli, mentre alla costruzione di una nuova infrastruttura stradale si associa una riduzione della congestione del traffico e, di conseguenza, un decremento dei costi per effettuare gli spostamenti.

Braess (1968) mostrò una semplice rete (un rombo) in cui l’aggiunta di una nuova infrastruttura (una diagonale) induceva un congruo aumento dei costi per gli spostamenti compiuti da una predefinita coppia OD.

Analoghi risultati venivano presentati negli anni successivi da Murchland (1970), Stewart (1980) e Frank (1981). Inoltre Hall (1978), considerando una rete assai generale, caratterizzata da funzioni di costi di arco simmetriche e monotone, ha mostrato come, al diminuire della domanda di spostamenti su di una OD, rimanendo invariate le altre, i costi di spostamento per quella OD subivano una riduzione; Fisk (1979) ha mostrato come, in un’altra rete stradale, ad un decremento di una particolare coppia OD, potesse corrispondere un incremento dei costi associati alla effettuazione degli spostamenti di altre coppie OD.

Inoltre, poiché le funzioni e le forme di rete utilizzate dai diversi autori presentano strutture assolutamente usuali si può escludere, anche nella pratica, che gli opposti risultati scaturiscano solo da “raffinati giochi matematici”.

Malgrado la pubblicazione del paradosso di Braess risalga al 1968, nella quasi totalità dei casi, fino a pochi anni addietro, e ancora spesso a tutt’oggi, le analisi di fattibilità delle infrastrutture stradali sono state realizzate tenendo conto dei soli flussi-costi direttamente coinvolti nell’uso delle infrastrutture in studio, ignorando completamente le complesse relazioni che la loro appartenenza ad una rete comportavano; tra cui il possibile realizzarsi, per alcune coppie OD, del paradosso di ottenere un incremento dei costi di trasporto con la realizzazione di una nuova infrastruttura.

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Del resto non si hanno notizie di alcun progetto di infrastruttura stradale in cui siano state comprovate le condizioni che garantiscono il non verificarsi del suddetto paradosso, né a priori, con la complessa procedura proposta da Steindeberg e Zangwill (1983), o mediante l’espressione semplificata individuata da Dafermos e Nagurney (1984), né segnalando il verificarsi di quelle particolari condizioni geometrico-progettuali (non appartenenza del nuovo arco ad alcun cammino preesistente), che, come dimostrato, garantiscono il non verificarsi del citato paradosso, né infine a posteriori, tramite la verifica puntuale di tutti i costi OD, prima e dopo la realizzazione del nuovo collegamento.

5.2 – Il paradosso di Knight Nel 1924 Knight, per evidenziare la questione della distribuzione delle risorse

in un libero mercato fra imprese che all’aumentare del livello di produzione aumentano i propri costi e imprese che all’aumentare del livello di produzione mantengono costanti i propri costi, utilizzò un esempio di competitività fra due strade.

Si supponga che tra due punti esistano due strade, di cui una è sufficientemente larga da accogliere senza congestione tutto il traffico interessato, ma ad una velocità mediocre a causa delle caratteristiche di tracciato e di pavimentazione, mentre l’altra di caratteristiche assai migliori è più stretta e di capacità limitata.

Se esiste un gran numero di veicoli liberi di scegliere tra le due alternative, questi si distribuiscono in modo tale da determinare lo stesso costo del trasporto per le due strade.

All’aumentare del traffico sulla strada stretta, si sviluppa su questa un certo grado di congestione fino ad un punto in cui diventa conveniente utilizzare la strada larga: infatti oltre tale punto, l’aggiunta di veicoli sulla strada stretta condiziona i costi (le velocità) di tutti i veicoli che la stanno già utilizzando. E’ evidente infatti che, una volta stabilito l’equilibrio, il trasferimento di una quota di veicoli dalla strada stretta a quella larga comporta una riduzione di costo per i veicoli rimasti sulla prima, con un risparmio generalizzato sul costo totale di tutti i veicoli.

All’equilibrio quindi ogni veicolo aggiuntivo, invece di sopportare sulla strada stretta un costo superiore da lui stesso arrecato (nonché agli altri), sceglie la strada larga a costi costanti.

Se a questo punto l’autorità competente di gestione decide di applicare una piccola tassa ad ogni veicolo che utilizza la strada stretta, la tassa sarà considerata dal conducente come un elemento del proprio costo e comporterà una riduzione del numero di veicoli sulla strada stretta fino al punto in cui il costo ordinario più la tassa eguaglia il costo sulla strada larga, assunta libera da tasse.

La tassa potrebbe essere stabilita in modo che il numero di veicoli sulla strada stretta sia tale da assicurare la massima efficienza nell’uso delle due strade nel loro complesso. Il reddito ottenuto da tale tassa è un guadagno netto per la società, poiché nessun veicolo incorre in costi superiori a seguito della introduzione della tassa.

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Volendo illustrare in un piano costi-flussi il fenomeno fin qui descritto, al crescere del flusso partendo da zero si riempie gradualmente prima la strada stretta con incrementi del costo via via crescenti per ogni altro veicolo, tratto C-G-E in Figura 5.01 ,fino a che il costo è lo stesso sulle due strade (E). Ogni ulteriore veicolo sceglie la strada larga (A-B).

Quindi oltre questo livello di domanda i costi sulla strada stretta sono

dipendenti dai soli costi della strada larga. Solo se la domanda è insufficiente a

riempire la strada stretta fino al livello in cui alcuni veicoli scelgono la strada

larga, i costi sulla strada stretta sono indipendenti dai costi sulla strada larga.

Figura 5.01 La più efficiente distribuzione delle risorse corrisponde al punto di

eguaglianza dei costi marginali (F). A tal fine si impone una tassa (F-G) ai veicoli che usano la strada stretta, tale che all’equilibrio i costi medi sulla strada stretta siano minori di quelli sulla strada larga, ma il costo medio più la tassa eguagli il costo marginale.

Nessun veicolo quindi paga più di prima, ma le risorse consumate sono minori. Questo è il paradosso di Knight.

5.3 – Una diversa lettura del paradosso di Knight I1 Paradosso di Knight si presta ad una doppia rilettura:

- la possibilità di risolvere i problemi del traffico in termini di realizzazione

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di infrastrutture stradali;

- il rapporto da instaurare tra spostamenti in autovettura e trasporto pubblico. Quanto alla prima rilettura, si interpreti la curva dei costi C-D come

caratteristica di una infrastruttura viaria proposta e la costanza dei costi con i flussi (retta A-B) come andamento dei costi medi aggregati di itinerari alternativi.

Questa raffigurazione è caratteristica dell’esistenza di una notevole quantità di percorsi alternativi (un esempio è la rete stradale di un’area metropolitana).

Se la ripartizione dei flussi generata dalla realizzazione della nuova infrastruttura è tale per cui i flussi su di essa non raggiungono il punto di equilibrio (E), si ha una riduzione dei costi degli utenti; viceversa, se lo raggiungono, i costi totali rimangono inalterati. La costruzione della infrastruttura viaria non porta cioè benefici.

Appartiene a questa categoria di eventi il completamento della tangenziale est, realizzato a Roma nell’ambito dei lavori dei mondiali di calcio.

Infatti se come usuale negli studi di pianificazione dei trasporti, si suddivide l’area metropolitana in n zone, le coppie OD risultano pari ad n(n-1); nel caso di Roma, tale valore è di circa 80.000.

E’ inoltre senz’altro ipotizzabile che la suddetta tangenziale, per la sua lunghezza e localizzazione, interessi almeno il 10% delle citate coppie OD.

Il risultato è: - per la tangenziale flussi maggiori della capacità (al più 1800-2000

veic/h/corsia), e quindi congestione in ampi tratti e per numerose ore della giornata;

- per le OD coinvolte, un allevio assolutamente trascurabile, (mediamente 1 unità).

Questa rilettura del Paradosso di Knight indica quando e dove una politica di costruzione di infrastrutture viarie porti benefici.

I flussi che la utilizzeranno, valutati in un contesto di rete, devono risultare inferiori alla capacità, o creare congestione per un periodo limitato, comunque da valutare, anche tenendo conto del noto fenomeno della ridistribuzione degli orari.

La seconda rilettura del Paradosso di Knight è in termini di valutazione globale di una rete multimodale. Si interpreti la retta A-B come andamento dei costi generalizzati del sistema di trasporto pubblico e quella C-D, come andamento dei costi generalizzati del trasporto privato di un insieme di “O/D” che utilizzano lo stesso cammino.

FG rappresenta così il road pricing a cui il trasporto privato dovrebbe essere soggetto, in un contesto di equità distributiva, che miri a ripianare lo squilibrio tra costi generalizzati subiti da utenti del trasporto pubblico e utenti del trasporto privato.

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Risulta definibile, per questa via, la politica tariffaria dei parcheggi nelle aree urbane.

Questa attenzione nella scelta del sistema di trasporto pubblico scaturisce dal fatto che il rapporto dei costi per la costruzione di un sistema di trasporto del tipo metropolitana classica, metropolitana leggera e tram in sede propria è 20:10:3-5.

Infine è altresì da osservare come l’alternativa, a parità di costi, tra realizzare 5 km di tram o uno di metro possa risultare suggestiva non solo per l’usuale contesto di carenza diffusa in cui versa il sistema di trasporto pubblico nelle aree metropolitane, ma anche in relazione al più contenuto impatto ambientale e alla maggiore accessibilità propria dei sistemai a minore capacità.

5.4 – Il Paradosso di Downs-Thomson La costruzione di infrastrutture stradali nelle aree metropolitane ad alta

densità può comportare due effetti indesiderati di medio e lungo termine. I1 primo è contemplato dal Paradosso di Downs-Thomson:

“Le velocità sulla strada decresceranno se i miglioramenti portati al sistema stradale comportano un deterioramento del livello di servizio del trasporto pubblico, quale la diminuzione della frequenza o un aumento delle tariffe a causa della diminuzione della domanda”.

Il paradosso può essere esaminato con un semplice esempio. Si supponga:

- un sistema di trasporto composto di un solo tronco di ferrovia e di autostrada; - il tempo di percorrenza come la variabile dominante del costo generalizzato;

- l’uguaglianza dei tempi raggiunti da ciascun viaggiatore, usando uno qualsiasi dei due modi di trasporto.

Figura 5.02

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La Figura 5.02 mostra come, ad un miglioramento dell’autostrada, il nuovo punto di equilibrio venga conseguito con un aumento degli utenti stradali. Questo però comporta un peggioramento della velocità media su ambedue i mezzi. L’effetto dell’incremento dei flussi in auto causa un adeguamento dell’offerta su ferro e una caduta complessiva delle velocità.

Papola (1992) così argomenta: “In una serie di articoli, Mogridge et al. (1987), sviluppando le argomentazione di Downs (1962, 1979) e Thomson (1977), arrivarono alla conclusione che, nell’accettazione dell’ipotesi che il principio di Wardrop possa essere esteso al caso di contesto multimodale, in condizioni di saturazione, le velocità medie porta-a-porta su strada e su rotaia sono uguali.

Figura 5.03

La successiva conseguente implicazione è che, se si vuole migliorare il livello di servizio su strade congestionate, il solo intervento efficace consiste nel migliorare il livello di servizio del sistema ferroviario (Mogridge et al. 1987; Mogrid:e e Holden, 1988). Questo punto di vista è supportato dai risultati sperimentali riportati nella Figura 5.03, che è una riproduzione da Mogridge (1990).

Tali risultati sono stati variamente criticati da Bly, Johnston e Webster (1987) e da Johnston (1988) che propongono una teoria alternativa all’interpretazione degli andamenti delle velocità. Nel primo articolo si ammette la possibilità che gli investimenti in superstrade urbane possano risultare controproducenti, ma si afferma che ciò è assai poco probabile.

Recentemente Williams et al. 1991) nel contesto di un raffinato articolo concernente la valutazione delle diverse politiche di intervento in un contesto multimodale, ritornano sull’argomento per dimostrare che eventi come quelli esemplificati nel Paradosso di Downs-Thomson sono possibili, in via di principio, ma estremamente improbabili; perché capiti, infatti, che un investimento in infrastrutture stradali urbane comporti benefici totali negativi, devono verificarsi

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ipotesi particolari relative al modello di scelta modale: occorre, precisamente, che la deviazione standard della funzione di distribuzione di utilità, associata a un modello di ripartizione modale di tipo logit, tenda a zero; ciò è come dire che il passaggio da un modo di trasporto all’altro, lungo una particolare direttrice, sia molto rapido”.

In verità tali eventi non sono affatto rari in pratica, come è confermato da uno studio sulla ripartizione dell’utenza sui differenti sistemi di trasporto realizzato a Roma dal Dipartimento di ITS nel 199 I , che ha portato Filippi e Gori, alle seguenti considerazioni:

“Per miglioramenti più consistenti della qualità del servizio di trasporto e per un controllo del modal split non coercitivo, occorre che la struttura portante del trasporto pubblico di massa superi dei valori di soglia.

Infatti se l’utilità rappresentativa una alternativa è molto bassa a confronto di quelle delle altre alternative, un piccolo incremento dell’utilità di questa alternativa non influirà quasi per nulla sulla probabilità che essa possa venire scelta, in quanto, in generale, saranno preferite le altre perché migliori (Train, 1986). I1 punto in cui un incremento nella utilità rappresentativa di un’alternativa ha un maggior effetto sulla sua probabilità di essere scelta è quando il valore dell’utilità è molto simile a quello delle altre alternative. In questo caso un piccolo incremento nell’utilità di un’alternativa, potrà, per così dire, “inclinare la bilancia”, cioè indurre un congruo incremento nella probabilità che l’alternativa venga prescelta (Train, 1986).

Questa possibilità è offerta dal trasporto su ferro che, assumendo il ruolo di modo dominante, può indurre effetti esterni di crescita della velocità media e di stabilizzazione nel tempo.

Quanto detto non esclude provvedimenti a favore del trasporto privato, ma questi devono evitare sia i meccanismi, discussi precedentemente, sia i fenomeni cumulativi di degrado interessanti il trasporto pubblico in sede promiscua, esposto alla congestione originata da un uso non regolato dell’autovettura.

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, gli effetti positivi sul trasporto privato, ottenibili da interventi sulla viabilità e sui parcheggi, dipendono in gran parte, dalla coerenza con l’insieme di provvedimenti sul trasporto pubblico ad essi connessi o che con essi interagiscono.

Così, ad esempio, un Piano dei Parcheggi, sostanzialmente indirizzato alla realizzazione di stalli in aree ad elevata attrazione, potrà risultare comunque positivo se porterà all’eliminazione della sosta selvaggia sui marciapiedi, in seconda e anche terza fila, attualmente tollerata anche per una carenza di spazi per il parcheggio.

Se, viceversa, la tolleranza dovesse continuare, la realizzazione di nuovi stalli avrebbe comunque un effetto moltiplicatore in termini di incremento dei flussi, resi possibili dalle nuove disponibilità”.

Così si potrebbe citare, a sostegno della teoria dei paradossi, lo stesso Williams, concludendo che le condizioni per la validità del Paradosso di Downs-Thomson non sono affatto improbabili.

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Quanto alla opportunità-possibilità di risolvere il problema della congestione mediante la realizzazione di un’intera rete di superstrade urbane, non è il caso di discutere. Esiste, a riguardo, un’ampia bibliografia che mostra come sia praticamente, se non teoricamente, impossibile soddisfare la domanda di spostamento per questa via, non appena le densità degli insediamenti superano certi valori. Per una comoda visione dell’argomento si rimanda ancora a Mogridge ( 1991) dove si trova anche una ampia bibliografia.

5.5 – Dogmi I paradossi illustrati in precedenza invitano a esercitare una certa cautela nei

confronti di una sostanziale passiva accettazione di alcuni dogmi: nello specifico hanno evidenziato l’efficienza e l’efficacia di nuove costruzioni stradali nei riguardi della riduzione dei costi dei trasporto, (Braess, Knight, Teoria dei buchi neri), nonché evidenziato la funzione del sistema di trasporto pubblico come elemento di definizione degli equilibri circolatori plurimodali (Down-Thomson, Knight).

Un discorso a parte per la rilevanza che ha assunto in questi anni e per i fondi che varie leggi si apprestano a stanziare, merita un altro dogma: quello della velocità.

Adorisio (1989), sempre alla ricerca di paradossi che colpiscano il lettore, così si esprime:

“A che serve la velocità? Non ai dirigenti e agli imprenditori i quali, tangenti a parte, possono risolvere i loro problemi con i mezzi della telematica.

Non ai turisti che avrebbero bisogno di lentezza per apprezzare le vacanze. Come mostra la sua storia essa è desiderata dagli omosessuali, dai criminali e

dagli idioti. Soprattutto a quelli che appartengono alle classi dirigenti. Allora la tecnica deve tornare a essere casuale. Da adottare, come sempre è

stato, per aumentare il tempo della vita e non quello dell’operare. Abolire i trasporti aerei regolari, che consumano più tempo sociale di quanto

non ne facciano guadagnare, a vantaggio di pochi privilegiati, la maggior parte dei quali, tra l’altro, viaggia a spese della collettività. Ampliare la potenzialità di trasporto viaggiatori e merci delle ferrovie abolendo gradualmente la possibilità di trasporto parallelo su strada. Mezzi posti a disposizione del pubblico, di scarsa velocità e autonomia, sono in grado di assicurare i trasporti trasversali. Si rinunci soprattutto alla velocità, in una società che venga resa disponibile di tutto il tempo che gli anni luminosi del Medioevo dedicavano alla mobilità”.

Questo può sembrare un po’ forte. E’ però il caso di illustrare alcune esemplificazioni che lo possono far apparire assai meno “eccessivo”.

5.5.1 – Il caso extraurbano Si farà per primo riferimento all’andamento del tempo di percorrenza di una

tratta extraurbana di notevole lunghezza, quale, ad esempio, la Roma-Milano, al variare della velocità di percorrenza:

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a 10 km/h sono necessarie 50 h;

a 20 km/h sono necessarie 25 h; a 40 km/h sono necessarie 12,5 h;

a 100 km/h sono necessarie 5 h; a 200 km/h sono necessarie 2,5 h;

a 250 km/h sono necessarie 2 h. Così, mentre nel primo caso, a un incremento di 10 km/h della velocità

corrisponde un guadagno in tempo di 25 h, nell’ultimo a un incremento di 50 km/h corrisponde una riduzione del tempo di percorrenza di soli 30 minuti.

In termini generali si può osservare che i guadagni di tempo sono fortemente decrescenti all’aumentare delle velocità prese in considerazione (Figura 5.04).

Figura 5.04

Per esemplificare: l’attuale linea ferroviaria Firenze-Bologna ha una velocità di progetto di circa 150 km/h.

Per il suo duplicamento in termini di Alta Velocità (270-300 km/h) era stata presentata una stima di minima di 1500 miliardi, destinata a subire un congruo incremento per l’alea che la realizzazione di circa 80% del tracciato in galleria comporta.

Di converso, per realizzare il duplicamento mantenendo le caratteristiche progettuali della linea attualmente in esercizio, il costo ipotizzabile è circa la metà; inoltre, poiché la quota da realizzare in galleria scende a circa il 40%, anche l’alea di incremento si riduce in maniera considerevole.

Il guadagno di tempo di percorrenza che si ottiene con l’Alta Velocità è, al più, di 15 minuti.

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5.5.2 – Il caso urbano ed il trasporto pubblico Si faccia riferimento ora ad un’area metropolitana: l’importanza

dell’innalzamento delle basse velocità, è facilmente evidenziabile con un semplice esempio. Si consideri uno spostamento in TP costituito da una percorrenza iniziale di 1 km per raggiungere la rete principale, 7 km a bordo della rete portante e infine ancora 1 Km per raggiungere la destinazione.

Si assuma per i due tratti, iniziale e terminale, dello spostamento una velocità di 5 km/h (bus) e per il tratto intermedio 42 km/h (metro), così la durata dello spostamento è di 34 minuti.

Se si raddoppia la velocità della rete portante (84 km/h!) il tempo totale di percorrenza scende a 29 minuti, mentre se si raddoppia quella dei tratti più brevi (da 5 a 10 km/h), il tempo scende a 22 minuti.

Da questo consegue l’attenzione che nel sistema di progettazione è necessario rivolgere alla problematica delle basse velocità.

Risultano anche di notevole interesse alcune conclusioni a cui perviene Fea (1989) in uno studio in cui, premessa la valutazione delle lunghezze medie sia degli spostamenti a piedi fra i punti effettivi di partenza o di arrivo e le stazioni delle linee metropolitane, sia dei percorsi sui treni, vengono forniti i tempi e le velocità medie dei tragitti da porta a porta sia in metropolitana sia per le linee tranviarie, ponendo a confronto i due sistemi di trasporto.

Fea, dopo aver rilevato da un’indagine eseguita dalla UITP, che il percorso medio degli spostamenti compiuti sulle reti di metropolitane di tutto il mondo è di 5 3 km, assumendo per le variabili caratteristiche dei sistemi metropolitana e tram dei valori assolutamente standard, così conclude il suo lavoro: “Nonostante la larga indicatività dei risultati e la forte incidenza delle variazioni dei parametri assunti per il confronto fra i due sistemi sui valori numerici calcolati per il percorso P (distanza di indifferenza nell’uso dei sistemi alternativi), volendo indicare degli ordini di grandezza si ritiene di poter dire che in generale i tempi totali da porta a porta sono inferiori con il tram fino a percorsi sul mezzo di 3000 m circa; sono inferiori con la metro oltre i 5000 m circa; sono dello stesso ordine di grandezza per i percorsi intermedi.

Da ciò discende come la velocità commerciale della metropolitana, entro i limiti medi, abbia un’importanza assai meno determinante del prevedibile sui tempi totali di percorrenza da porta a porta.

Non solo: si è visto che in varie circostanze altri sistemi di trasporto, purché efficienti e adeguati, risultano competitivi con la metropolitana.

Perciò non è tanto la velocità massima dei rotabili (d’altronde spesso limitata per motivi di tracciato o di esercizio) che fa della metropolitana il sistema indiscutibilmente sovrano nei trasporti pubblici di massa, quanto la sua enorme capacità e la sua piena affidabilità.

Ne consegue che, ove non sussistano effettive esigenze connesse con l’entità del traffico e difficoltà viarie insormontabili, in luogo della metropolitana possono

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essere realizzati con risultati soddisfacenti, specie per tragitti non particolarmente lunghi, sistemi di trasporto più modesti, a condizione che sia possibile garantirne un’affidabilità,che, se anche non paragonabile con quella assoluta della metropolitana, ne consenta un esercizio di buon livello, tale, cioè, da rappresentare elemento di larga attrattiva.”

5.5.3 – Il caso urbano ed il trasporto privato nel breve periodo La “filosofia” su cui è basata la gran parte degli studi sul traffico

automobilistico nelle aree urbane può essere rappresentata dal modello descritto in Figura 5.05.

Figura 5.05

Tale modello è definito lineare; infatti estende all’universo dei veicoli, in termini di proporzionalità diretta, le indicazioni valide per un singolo veicolo.

La ripercussione di questo modello nelle scelte degli interventi tesi a migliorare la mobilità è, evidentemente, una propensione verso quelle misure che tendono ad aumentare la velocità degli spostamenti in autovettura.

Figura 5.06

Tale linea di pensiero non tiene in alcun modo conto né della sovente notevole aliquota di domanda potenziale inespressa caratteristica dello scenario urbano, generalmente congesto; né della propensione del singolo ad usare la propria auto in alternativa al trasporto pubblico, non appena le condizioni glielo consentano; né, soprattutto, di quanto il mezzo di trasporto pubblico costituisca, specie se mal

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organizzato e gestito, non una valida alternativa, ma esclusivamente un ripiego più o meno forzato.

Queste considerazioni fanno sorgere la necessità di tener conto in modo esplicito delle retroazioni che si generano nel sistema mobilità nel suo complesso, onde prevederne in maniera corretta le evoluzioni.

Figura 5.07

Un modello di questo tipo è riportato nelle Figure 5.06 e 5.07 (Newman, Kenworthy, 1984). La Figura 5.06 è relativa a condizioni di flusso non congesto: un miglioramento della rete delle infrastrutture stradali (nuove costruzioni, ma anche provvedimenti di velocizzazione) si traduce così direttamente in più bassi consumi a livello del singolo veicolo e, fin qui esiste un completo accordo con il modello lineare.

Queste condizioni, tuttavia, generano sull’universo degli utenti la percezione d i un aumentato livello dell’offerta stradale, che si traduce in:

- incremento nell’uso dell’autovettura; - decremento nell’uso del trasporto pubblico;

- a lunga scadenza modifiche nell’uso del territorio con tendenza a un aumento delle distanze medie percorse.

Tutto ciò induce un nuovo aumento della congestione, dei consumi di carburante e, di conseguenza, delle emissioni di gas di scarico.

La Figura 5.07, relativa a condizioni di traffico congestionato, conduce a situazioni opposte rispetto al precedente. All’aumentare della congestione crescono i consumi e le emissioni a livello di singolo veicolo, ma si genera un decremento nell’uso delle autovetture, un incremento del trasporto pubblico e, nel lungo periodo, una riduzione delle distanze percorse.

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Sia il primo che il secondo modello conducono a una situazione di equilibrio non definibile a priori in astratto, ma solo dopo aver eseguito una valutazione in un contesto reale.

Quanto precede tende a fornire una conferma della cosiddetta teoria della “Congestione pianificata”, cioè di una politica degli interventi che, nelle zone critiche, preveda da un lato di non migliorare l’offerta di trasporto privato e, dall’altro di privilegiare interventi tesi a migliorare il sistema di trasporto pubblico e, altresì, a gestire la mobilità in maniera da consentire la congestione non dove essa si presenterebbe “naturalmente”, ma dove fornisce il minor danno possibile alla mobilità in generale.

5.5.4 – Il caso urbano ed il trasporto privato nel lungo periodo Analizzando il problema rispetto a un orizzonte temporale di più ampio

respiro, queste teorie aprono la strada a quel concetto di città policentrica per cui si rinvia allo studio recentemente condotto sul sistema dei trasporti pubblici a Roma, realizzato dall’Università di Roma per conto del Comune.

Si vuole invece qui solo porre l’attenzione sul fatto che il consumo di carburante per km decresce, in campo urbano, all’aumentare della velocità in tutto l’intervallo di definizione della velocità media. Differente è invece l’andamento di un’altra grandezza energetica, il consumo procapite.

A conferma si riportano gli aspetti salienti di una serie di studi condotti in numerose città del mondo.

In Figura 5.08 sono riportati i consumi di carburante procapite in funzione della densità di autostrade rispetto alla popolazione (km autostrade/1000 ab.) e il consumo procapite in funzione della % di spostamenti coatti casa-la-voro che utilizza il mezzo pubblico, per due città degli Stati Uniti.

Figura 5.08

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Dai diagrammi si evince chiaramente come Los Angeles, città a misura di autovettura, abbia un comportamento pessimo rispetto a New York, dal punto di vista energetico, dell’inquinamento e rispetto all’utilizzazione del trasporto pubblico.

Un’ulteriore indagine condotta nelle 5 maggiori città australiane ha mostrato l’esistenza di una forte correlazione tra “densità” nel1 ’offerta di trasporto pubblico e consumi procapite e tra velocità media degli spostamenti su autovettura e uso della medesima.

Questi dati sono un’ulteriore conferma sia dei processi di retroazione postulati dai modelli non lineari, sia della validità della politica di “Pianificazione della Congestione” finalizzata ad una economia di risorse, a un contenimento dell’inquinamento e, a più lunga scadenza, a uno sviluppo più razionale delle aree metropolitane.

Si riporta infine una comparazione tra i risultati di una ricerca condotta nell’area metropolitana di Perth, con quelli ottenuti a Perugia.

A partire da una suddivisione in zone delle due aree è stata condotta una campagna di rilevamenti delle velocità medie di spostamento, del numero di fermate per km di spostamento e dei consumi, facendo circolare veicoli strumentati sulla rete di trasporto delle diverse aree. Nella Figura 5.09 sono riportati i consumi procapite e per unità di distanza sia di Perth (tratto continuo e tratteggiato) che di Perugia (cerchi numerati).

Figura 5.09

Si noti come i due andamenti risultino assai simili, almeno dal punto di vista qualitativo, malgrado i differenti contesti e le diverse dimensioni.

Così, dal grafico in cui sono posti a confronto i consumi per unità di distanza e procapite in funzione della posizione della singola zona rispetto al Central Building District (CBD), o al centro storico, si evince, in termini generali, che, nelle zone più

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lontane dal CBD, essendo la congestione minore, la velocità media per effettuare gli spostamenti aumenta ed i consumi specifici diminuiscono, al contrario i consumi procapite aumentano, il che indica un maggior uso delle autovetture.

I risultati delle ricerche confermano con buona approssimazione le previsioni e cioè:

- le zone più esterne, con minore dotazione di servizi, sono caratterizzate da più elevati consumi procapite, indice di spostamenti di maggiore lunghezza;

- la congestione è un fattore che, scoraggiando l’uso dell’autovettura determina un incremento nell’uso del trasporto pubblico, nelle zone dove questo presenta caratteri di efficienza;

- la “densità“ di servizi di trasporto pubblico e la loro competitività, valutata in termini di velocità media, sono ben correlati con la diversione privato-pubblico.

5.6 – Conclusioni L’analisi condotta per paradossi ha avuto il fine di evidenziare l’eccessiva

rigidezza con cui sovente ci si pone di fronte a problematiche complesse che ancor oggi non sono perfettamente chiarite e governabili con gli strumenti disponibili.

Ed è in questa ottica di sviluppo della ricerca nella direzione di una reale comprensione dei fenomeni, e non di una mera applicazione di modelli assai limitati nella loro capacità di “spiegazione della realtà” che, a conclusione di questa nota, si propone ancora una riflessione di Adorisio:

“Malthus aveva ragione. Malthus sostenne che incrementare la fornitura di una risorsa ne aumenta pericolosamente la domanda sino a provocare il collasso ambientale.

Troppo cibo fornito a una specie ne determina la crescita abnorme che ne chiede sempre più cibo, in una spirale che si avvolge sino alla sua scomparsa.

Naturalmente ciò accade in quanto il nuovo evento, naturale o artificiale, si scontra con la finitezza delle possibilità di ricostituzione del ciclo ecologico.

Lo stesso accade per le tecniche, il cui abuso si scontra sempre con un qualche fattore limitante. E’ questo il principio della contro produttività delle tecniche, analizzato da Ivan Illich. I trasporti sono in proposito esemplari.

Aumentando le facilitazioni meccaniche cresce il numero degli spostamenti per cui occorre fornire sempre più infrastrutture e mezzi meccanici (Paradosso di Downs-Thomson n.d.r.).

Tutti possono osservare che qualunque miglioramento infrastrutturale ha sempre un vantaggio effimero. A Los Angeles nel 1956 è stato aperto all’esercizio un sistema di autostrade urbane progettato con l’obiettivo che nessuno dovesse impiegare più di otto minuti nel percorso casa-lavoro.

Oggi il tempo medio di spostamento dei pendolari è di un‘ora e un quarto. Si prenda il caso di Parigi. Nella prima metà del secolo scorso gli operai vivevano al

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centro…. la rendita del centro urbano li scaccia nei ghetti periferici. Successivamente anche gli strati sociali elevati subiranno la stessa sorte; quando le loro abitazioni saranno sostituite dagli uffici.

Nei “Manoscritti filosofici del 1824” Marx riteneva scandaloso che quasi la metà degli operai fosse costretta a una marcia a piedi che poteva raggiungere anche i due chilometri. I pendolari di oggi i due chilometri a piedi, dal più vicino parcheggio li aggiungono alle ore di marcia in colonna.

I trasporti, dopo aver distrutto la possibilità di vita nelle strade, eccitano la rendita urbana, la quale confina i salariati (e, via, via anche i ceti più elevati, n.d.r.) nei quartieri prigione della periferia.

Non mi risulta che sia stato proposto un modello di trasporti che tenga conto dell’effetto Malthus. Il fatto che i docenti, quasi sempre senza alcun loro interesse, si adeguino alle ragioni del dominio è una prova del fatto che le tecniche non sono ideologicamente neutrali .”