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LA VALORIZZAZIONE DELLE AREE VERDI (Allegato alla d.g.r. 16039 del 16 gennaio 2004 di presa d’atto) 1

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LA VALORIZZAZIONE DELLE AREE VERDI

(Allegato alla d.g.r. 16039 del 16 gennaio 2004 di presa d’atto)

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INDICE 1. Premessa 1.1 Obiettivi 1.2 Alcune definizioni per una più puntuale definizione degli oggetti trattati 1.2.1 -ambiente 1.2.2 -territorio 1.2.3 -paesaggio (ambiti geografici - unità tipologiche di paesaggio) 1.2.4 -spazi aperti 1.2.5 -aree verdi 1.2.6 -aree di frangia 2 L’articolazione delle “linee guida” 2.1 Atto I - Il quadro generale : presupposti, principi e obiettivi per una politica di valorizzazione delle aree verdi 2.1.1 Sistema del verde e sistema delle acque 2.1.2 Spazi verdi e paesaggio 2.1.3 Lo “scenario strategico” come strumento guida 2.2 Atto II - Il quadro conoscitivo : l’analisi dello stato di fatto 2.2.1 L’Atlante del patrimonio territoriale 2.2.2 L’Atlante degli spazi aperti 2.2.3 Il Censimento degli spazi verdi 2.2.4 L’Archivio delle politiche e dei progetti 2.3 Atto III - Il quadro progettuale : la costruzione delle proposte 2.3.1 Lo “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti” 2.3.2 La ridefinizione del sistema delle aree verdi : il “piano del verde” 2.3.3 Alcune opportunità per il ridisegno del verde locale 2.4 Atto IV - Il quadro attuativo : l’attuazione del sistema del verde 2.4.1 Gli strumenti di governo delle trasformazioni 2.4.2 Le risorse necessarie a realizzare o promuovere le trasformazioni 2.5 Atto V - Il quadro gestionale : la gestione del sistema del verde

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1. Premessa

1.1 Obiettivi L’oggetto principale dello studio riguarda le “aree verdi” con particolare riferimento alle “aree verdi di connessione urbana”, ovvero quegli ambiti di spazi aperti prevalentemente permeabili e caratterizzati dall’elemento vegetale che si trovano in varie forme a contatto con le parti costruite degli insediamenti a carattere urbano, le loro diverse forme e funzioni e le loro reciproche relazioni. Lo studio si propone l’obiettivo di formulare un quadro di riferimenti, di criteri metodologici e di indicazioni operative, rivolte primariamente agli enti locali, per la pianificazione, la progettazione, l’attuazione e la gestione di interventi puntuali e di sistema orientati alla valorizzazione paesistica, fruitiva e ambientale di tali aree, tenendo conto della specificità delle diverse situazioni del territorio lombardo e delle loro molteplici e multiformi identità locali. Le linee guida che ne derivano intendono articolare e approfondire il quadro delle possibili azioni locali (soprattutto a livello comunale e intercomunale) che rendano il più possibile efficace ed incisivo il processo di riqualificazione ambientale e paesistica avviato dal Piano Territoriale Paesistico Regionale1 e dai Piani Territoriali di Coordinamento provinciali, fondato sulla ricostituzione di una rete ecologica capillare connessa al sistema del verde territoriale esteso e sulla tutela/valorizzazione della struttura storica del territorio lombardo2. Sulla base delle indicazioni e dei criteri già formulati a scala regionale, le aree verdi di connessione urbana vengono intese come parti fondamentali del più complesso sistema degli spazi aperti da porre, in un’ottica di sviluppo sostenibile, alla base del nuovo ordine territoriale e urbano. Tale impostazione trova riferimento in molte recenti esperienze innovative in materia di pianificazione3 applicate in particolare ad ambiti come quello lombardo, sottoposti ad una notevole pressione

1 approvato con D.C.R. 6 marzo 2001 - N.VII/197 2 Il tema della funzione ambientale del verde costituisce il principale filo conduttore che lega le indicazioni generali fornite dalla Regione in diverse occasioni legate alla pianificazione del territorio. Oltre al Piano Territoriale Paesistico Regionale, sembra utile richiamare in particolare i contenuti specifici di tre documenti: : “Linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell’art.3 comma 39, della legge regionale 5 gennaio 2000 n.1” - Deliberazione Giunta Regionale 7 aprile 2000 - n.6/49509 - B.U.R.L. 01.06.2000, 2- SUPPLEMENTO STRAORDINARIO AL N.22; B.U.R.L. n.20 Edizione Speciale del 16 maggio 2002; “Linee di pianificazione per un uso sostenibile del territorio rurale” documento finale approvato con Decreto Direttore Generale D.G. Agricoltura – B.U.R.L. n. 196 del 25.08.2003. 3 “Volendo estrapolare i principali contenuti innovativi rispetto all’approccio urbanistico tradizionale si può evidenziare quanto segue: 1. Il verde non è più concepito come elemento episodico di decoro o fruizione sociale, ma, prioritariamente, come parte di un complesso sistema di spazi aperti, ove clima, vegetazione, suolo, sottosuolo, acque superficiali, acque sotterrane, vengono studiati con metodi infradisciplinari in funzione del riequilibrio e della rigenerazione ambientale della città. 2. A questi fini, nell’approccio analitico diagnostico, non c’è contrapposizione tra verde urbano (con funzioni igieniche, di decoro, fruizione) ed extraurbano (con funzioni agricole e forestali), nè tra verde pubblico (oggetto degli standard) e verde privato (mai sufficientemente indagato nell’urbanistica tradizionale); c’è invece una considerazione globale e sistemica di questi spazi tesa a verificarne le capacità di protezione delle risorse naturali fondamentali e di compensazione nei confronti del crescente artificio prodotto dalla città.

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insediativa che, pur nella diversità e nell’originalità dei metodi, esaltano la funzione ecologica e paesistica del verde, trattandolo a monte del processo pianificatorio e progettuale come componente fondamentale e determinante per la rigenerazione ambientale della città e del territorio. Esse procedono verso la ricostruzione di un rapporto più equilibrato tra parti urbanizzate e territori aperti, operando un ribaltamento concettuale che necessariamente investe sia il campo delle pratiche analitiche che quelle progettuali aprendo prospettive di sviluppo diverse: sono gli spazi aperti i nuovi soggetti del territorio da porre alla base di un nuovo modello insediativo, da mettere in valore, riscoprendone i caratteri sostantivi e identitari. E’ possibile constatare come in questo processo di ridefinizione del concetto di “verde”, cui vengono attribuite nuove qualità, siano compresenti due dimensioni : - l’ “approccio ecosistemico”, secondo il quale il verde è parte fondante e strumento per il

riequilibrio dell’ecosistema, che comporta un ripensamento radicale del modello insediativo e una concenzione della città come ecosistema in possibile equilibrio con altri;

- l’ “approccio locale”, secondo il quale il territorio e la città stessa sono caratterizzate da differenze

fisiche, culturali, sociali, sono cioè costituite da luoghi dotati di una propria individualità complessa, che seppure sottoposti ad una forte tendenza omologante dal processo in atto operato nell’attuale fase di sviluppo, possono essere conservati o rifondati proprio a partire dall’attribuzione di valore e di senso agli spazi aperti e al verde, sia come spazio/struttura polivalente interna ai luoghi stessi, sia come spazio di relazione/rete tra luoghi diversi, segnandone limiti e confini4.

Si tratta quindi di legare la pianificazione e la progettazione del verde sia all’insieme degli spazi aperti dei quali costituiscono parte fondamentale, sia alla rifondazione di luoghi, ricercando nuove coerenze reciproche in grado di contrastare il processo di progressivo impoverimento della realtà ambientale e paesistica cui sono sottoposti. In accordo con tale impostazione, i criteri e le modalità di intervento individuate nelle ‘linee guida’ tendono a contribuire alla messa a punto di un procedimento che indirizzi gli enti locali alla valorizzazione degli spazi aperti e in particolare delle aree verdi, ricondotte a sistema, in coerenza con gli obiettivi generali individuati nel PTPR soprattutto per quanto attiene ai caratteri specifici dei diversi contesti paesistici.

3. Il verde non si caratterizza più come una mera componente urbana che dipende da quantità e ubicazione degli insediamenti e pertanto viene definita a valle del processo di pianificazione, bensì innanzitutto come una componente di fondamentale importanza per la rigenerazione ecologico ambientale della città e come tale destinata ad essere trattata ‘a monte’ del processo pianificatorio, allorchè l’indagine analitica-diagnostica consente di definire gli indirizzi normativi e progettuali per il superamento delle patologie ambientali. E’ così che, definite le azioni occorrenti per il risanamento e la ricostruzione del sistema ambientale, vengono individuati i ruoli che a questo fine possono svolgere le aree verdi (urbane e extraurbane, pubbliche e private), in armonia con i caratteri storico-culturali dei luoghi, i relativi requisiti tipologici e formali. Solo a questo punto vengono selezionate le funzioni urbanistiche compatibili e le modalità di fruizione del verde, mentre le trasformazioni territoriali sulle altre aree vengono indirizzate e disciplinate in modo da non contraddire i presupposti di risanamento ambientale già delineati.” (Luciano Piazza, La pianificazione del verde: dagli standards urbanistici all’ecologia della città, in AAVV. “La pianificazione del paesaggio e l’ecologia della città”, Firenze, 1996 p.253) 4 Vedi . G.Ferraresi, G.Morpurgo, (a cura di), Rapporto sul verde di Milano, Milano 1991; A.Magnaghi, Il progetto locale, Torino, 2000)

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In un’ottica di salvaguardia e valorizzazione di quelle parti e di quegli elementi del territorio che ancora conservano un alto potenziale di qualità paesistica e ambientale e di miglioramento delle condizioni di degrado causate soprattutto dai fenomeni di carattere periurbano, le “linee guida” intendono offrirsi anche come strumento di controllo e di prevenzione per evitare o contenere, soprattutto nelle aree ad elevato grado di vulnerabilità, l’aggravarsi o il determinarsi stesso di tali condizioni.

1.2 Alcune definizioni per una più puntuale comprensione degli oggetti trattati

Esclusivamente al fine di individuare meglio e circoscrivere gli oggetti trattati, data la complessità delle questioni messe in campo e i molteplici significati assegnati ad alcuni termini fondamentali ricorrenti nelle diverse discipline e secondo i vari approcci scientifici, tecnici e culturali che affrontano le medesime problematiche, si ritiene utile riportare alcune definizioni e svolgere alcune brevi considerazioni in merito a queste come punto di partenza per lo svolgimento del tema. 1.2.1 “Ambiente” Il termine ‘ambiente’, inteso in senso territoriale e paesistico, è diventato di uso comune a seguito della constatazione e presa di coscienza del peggioramento delle condizioni di qualità della vita in particolare urbana dovute ai fenomeni di espansione edilizia, alla meccanizzazione e uso di sostanze inquinanti ed al consumo incontrollato delle risorse. Se nel linguaggio corrente esso viene spesso riferito sostanzialmente ai fatti naturali, in realtà indica l’insieme delle condizioni fisiche nelle quali si sviluppa la vita degli organismi viventi e dei fattori socio-culturali che influiscono e condizionano direttamente o indirettamente l’esistenza degli esseri umani. 1.2.2 “Territorio” Definiamo il “territorio” come il prodotto di una relazione complessa di sistemi ambientali, insediativi e antropici, che configurano nello spazio fisico, luoghi articolati e differenziati. In questa accezione il “territorio” è l’esito di un lungo processo di strutturazione dello spazio fisico (che viene definito processo di ‘territorializzazione’) da parte della società insediata (distinto, quindi, dal territorio etologico delle specie animali). Ogni territorio ha perciò una propria identità con la quale tutti gli atti di pianificazione, progettazione attuazione e gestione che lo riguardano necessariamente vengono a confronto. Il “territorio” non è dunque una superficie omogenea e uniforme, uno spazio funzionale e zonizzato, disponibile a qualsiasi modificazione e utilizzo, capace di sostenere tutti i tipi di intervento e di trasformazione, bensì un ambito articolato e complesso, con diverse vocazioni e diverse possibilità di sviluppo inscritte nel suo stesso processo di formazione. 1.2.3 “Paesaggio” “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art.1-a Convenzione Europea del Paesaggio). In particolare in riferimento al tema e al ruolo degli spazi aperti, risulta utile ricordare quanto evidenziato da Maria Chiara Zerbi in un suo scritto sul paesaggio.

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“La connotazione progettuale dell’idea contemporanea di paesaggio e la crescente domanda sociale di spettacolo e di frequentazione della natura, impongono non solo di conoscere ma anche di ‘governare’ il paesaggio. L’individuare i caratteri peculiari dei paesaggi e le loro trasformazioni, il decifrarne i significati sociali e simbolici resta una tappa imprescindibile... Diviene allora necessario che le collettività locali formulino un proprio progetto (magari con l’aiuto di esperti) che risulti da un’ampia partecipazione e sia controllato e supportato localmente nella sua concretizzazione. Tratto peculiare del progetto deve essere la sua carica propositiva. Le sue qualità devono essere quelle di innovare, di fornire indirizzi, ma insieme di mantenere una fluidità che consenta di gestire situazioni imprevedibili e complesse, di creare uno schema di riferimento unitario entro il quale poter valutare la coerenza di interventi diversi.... Un principio alla base della Convenzione è che la tutela del paesaggio non deve essere in contrasto con lo sviluppo economico ma, al contrario deve fornire uno sviluppo durevole e sostenibile. Ma proprio il rilievo che acquista oggi il paesaggio nella pianificazione territoriale induce a guardare indietro alla prima nozione di paesaggio : il paesaggio dell’arte e, in particolare, il paesaggio dell’arte dei giardini. Nuove relazioni sembrano riannodare tra loro giardino e paesaggio... Un aspetto è rimasto costante: la relazione unidirezionale dal paesaggio al giardino, in cui il paesaggio è il referente ed il giardino la rappresentazione. Il mondo contemporaneo assisterà probabilmente al ribaltamento della relazione. I cambiamenti che stanno avvenendo nei modi d’uso e consumo del territorio, mostrano una progressiva affermazione dell’urbano, che avviene tuttavia secondo forme spaziali diverse da quelle tradizionali della città. Si è parlato di ‘morte della città’ sostituita dalla campagna urbanizzata. Perché non spariscano gli spazi naturali, le campagne coltivate occorrerà che vengano mantenute ‘artificialmente’. Sarà un’imitazione come quella del giardino : giardini della natura, dell’agricoltura, della cultura industriale, luoghi della memoria e della sperimentazione che stanno al posto di realtà in via d’estinzione. Sarà il paesaggio a trasformarsi in giardino, in uno spazio intrattenuto intezionalmente dall’uomo” 5. 1.2.4 “Spazi aperti” - “Territorio aperto” Si possono in prima istanza definire “spazi aperti” tutti gli “spazi privi di edificazioni fuori terra”, indipendentemente sia dalla caratteristica e dal trattamento del suolo, che dalla scala (territoriale, urbana o edilizia) di riferimento, distinguendo gli spazi aperti “mineralizzati” (artificialmente e non) e gli spazi aperti “verdi”, e riguardare sia i contesti naturali e agricoli, che quelli urbani e periurbani. Se il termine “spazio aperto” può non essere direttamente legato ad una precisa scala di riferimento, il termine “territorio aperto” contrapposto a ‘territorio urbanizzato’ connota una precisa condizione dello spazio geografico comprendendo le aree a destinazione agricola e forestale, dove prevalgano gli spazi verdi e non edificati che si estendono all’esterno dei centri abitati e dalle zone industriali. Per stabilire i limiti tra “territorio aperto” e “territorio urbanizzato” gli indicatori paesistici e insediativi appaiono più facilmente utilizzabili rispetto a quelli funzionali: laddove il costruito non superi mediamente il 20/30% della superficie e l’insediamento isolato prevalga su quello compatto, è possibile riconoscere il carattere di “territorio aperto” anche in un quadro funzionale composito che comprende borghi e insediamenti minori, in particolare se di rilevanza storica.6

5 M.C.Zerbi, Futuro del paesaggio e paesaggio del futuro, in VA, (Valutazione Ambientale), n.01/2002 6 G.Barbieri, Manuale del territorio aperto, Milano, 2002, pp.9-10

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1.2.5 “Aree verdi” - “spazi verdi” E’ possibile definire “aree verdi” tutti quegli spazi caratterizzati da permeabilità del suolo e presenza di vegetazione spontanea o coltivata, indipendentemente dalle loro caratteristiche dimensionali, formali e funzionali, e dalla scala territoriale, urbana o edilizia di riferimento, riconoscendone il carattere universale di ‘bene primario’, indipendentemente dal regime di proprietà, dagli usi e dalle caratteristiche specifiche che vengono loro attribuite. Ci si intende così riferire alla generalità delle “aree verdi” riaffermandone una specifica caratterizzazione nell’ambito della più ampia categoria degli spazi aperti, non per limitarne il significato in una visione riduttiva e specialistica che da questi le consideri separate bensì, al contrario, per sottolinearne e valorizzarne il ruolo fondamentale nel determinare le condizioni dell’ambiente, del territorio e del paesaggio. 1.2.6 “Aree di frangia” Nelle grandi regioni metropolitane europee7 caratterizzate da intensi fenomeni di urbanizzazione, le ‘aree di frangia’ sono formate da sistemi complessi : piccoli e medi agglomerati interrotti da spazi aperti, spesso fragili, spazi ‘rurbanizzati’ che partecipano pienamente al funzionamento socio-economico e ambientale delle metropoli. Esse presentano problemi comuni legati alla loro densità e a una relativa dispersione dell’urbanizzazione, a consistenti pressioni urbane ed economiche, alla presenza di grandi infrastrutture di trasporto o di distribuzione dell’energia, all’alternanza di spazi agricoli e naturali di grande qualità con altri molto degradati, a conflitti d’uso dei suoli. “Il paesaggio della campagna sopravvive come residuo negli interstizi tra le nuove urbanizzazioni della periferia e, per altro verso, il territorio ‘aperto’ è una sorta di deposito nel quale si accumulano i nuovi insediamenti del decentramento residenziale e produttivo, i centri commerciali, i centri di servizio direzionali, i complessi ricettivi - le nuove funzioni e in molti casi le nuove centralità urbane. Questi si collocano accanto alle preesistenze senza alcuna logica di continuità e reciproca integrazione, secondo le sole convenienze dettate dal mercato immobiliare e dall’accessibilità. Questo paesaggio di transizione è molto composito nelle sue caratteristiche spaziali e anche nei materiali che lo costituiscono, tanto da rendere più opportuno l’uso del plurale ‘paesaggi’ per rendere esplicite oltre alle discontinuità spaziali, anche le differenze di qualità e consistenza. Se si ritiene come sembra ragionevole che i territori di frangia e del diffuso non siano destinati ad assumere la configurazione della città compatta questi spazi rappresentano allora una risorsa da valorizzare e diventano tema specifico della pianificazione e della progettazione urbanistica. Sono spazi a disposizione per interventi di riequilibrio ecologico ma, al tempo stesso, rappresentano un’opportunità per rispondere alle molteplici esigenze di riqualificazione poste dalla mediocre qualità di molti tessuti urbani periferici e dal diffondersi della residenza e di altre attività nel territorio - da quelle relative agli spazi pubblici e al tempo libero (verde, impianti sportivi, attività ricreative e culturali di vario tipo) a quelle che riguardano le diverse forme di mobilità alternativa (piste ciclabili, percorsi pedonali).

7 A tale proposito si segnala il Progetto Interreg II C “Franges des metropoles - Maitrise de l’urbanisation et développement durable dans les franges urbaines des grandes régions metropolitaines : évaluation des pratiques et propositions d’actions innovantes” (1997-2001) finanziato con i FEDER (Fondi Europei per lo sviluppo regionale) avente come capofila lo IAURIF, che ha riguardato le aree metropolitane dell’Ile-de-France, la Regione Rhin-Neckar, L’Olanda meridionale, tra Amsterdam, Den Haag e Rotterdam, la Ruhrgebeit, e l’area di Londra nel Sud-Est dell’Inghilterra.

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L’insieme eterogeneo di spazi che compone il paesaggio di transizione può essere quindi trasformato in un sistema che si articola nel territorio dall’area vasta fino al quartiere con gradi di naturalità, funzioni e caratteristiche molteplici e diversificate.” 8

In questi ambiti è possibile rilevare come gli stessi elementi costitutivi degli spazi aperti naturali, agricoli e urbani che caratterizzano la ricchezza delle unità di paesaggio consolidate, abbiano spesso assunto (o tendano ad assumere) caratteri specifici e particolari negativamente connotati, come esito di logiche di intervento quasi sempre settoriali e reciprocamente indipendenti, se non contraddittorie, contribuendo ad aumentare, anziché contrastare, i già elevati livelli di criticità raggiunti. Si osserva così che le “aree di frangia” : - tendono a definirsi sempre più come nuovi soggetti territoriali, diversi dalle ‘periferie urbane’ intese

in senso storico-geografico, che sono state completamente rimesse in gioco dalle nuove valenze di centralità portate all’esterno della città dai nuovi interventi terziari e residenziali;

- si connotano soprattutto per la crisi degli spazi aperti, per gli effetti indotti da una loro progressiva atomizzazione e frammentazione, per la assoluta mancanza di principi riconoscibili in grado di regolare i rapporti tra nuovi e antichi elementi del paesaggio senza degradarlo o impoverirlo; che è proprio la mancanza di qualità e di identità degli spazi aperti ad esprimere la nuova condizione di frangia di una parte del territorio, precedentemente agricolo o naturale.

Se quindi, da un lato, ‘le aree di frangia’ si qualificano proprio per la mancanza di evidenza di caratteri identitari e per l’alta concentrazione dei fenomeni di degrado paesistico e ambientale, dall’altro esse costituiscono proprio i luoghi di ‘cerniera’ tra i tessuti urbani compiuti e gli spazi aperti esterni, dove il raggiungimento degli obiettivi di valorizzazione appare tanto fondamentale quanto particolarmente difficoltoso. 2 L’articolazione delle linee guida A fronte delle questioni trattate è stato messo a punto un procedimento per la “valorizzazione delle aree verdi” articolabile in 5 atti fondamentali ciascuno dei quali sviluppa un proprio quadro di azioni che : - da un lato costituiscono una traccia metodologica da assumere come riferimento per ordinare nelle

diverse situazioni il percorso complessivo, i contenuti e gli obiettivi di ciascuna azione nella prospettiva di ricostituzione di un sistema;

- dall’altro forniscono indicazioni specifiche per la valorizzazione di singoli elementi, individuati come opportunità da riqualificare, ricostituire o realizzare ex novo, e delle loro reciproche relazioni.

Atto I Il quadro generale : presupposti, principi e obiettivi Atto II Il quadro conoscitivo : l’analisi dello stato di fatto Atto III Il quadro progettuale : la costruzione delle proposte Atto IV Il quadro attuativo : l’attuazione del sistema del verde Atto V Il quadro gestionale : la gestione del sistema del verde Il procedimento viene esemplificativamente ‘testato’ in un ambito territoriale specifico.

8 Daniele Pini, Il paesaggio dell’urbanistica. Dalla “tutela” alla progettazione degli spazi aperti, in “Paesaggio urbano”, sett-dic 2000 pp.16-17

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2.1 Atto I Il quadro generale : presupposti, principi e obiettivi per una politica di valorizzazione delle aree verdi

La messa a punto del “quadro generale” costituisce il primo atto fondativo di una politica locale di valorizzazione degli spazi aperti e delle aree verdi che, in coerenza con le indicazioni di livello regionale e provinciale, fissa i presupposti, i principi e le finalità che saranno alla base della definizione successiva del “quadro conoscitivo” e del “quadro progettuale” per l’ambito territoriale considerato. L’impianto del “quadro generale” muove dalla consapevolezza che lo spazio aperto e in particolare il verde costituiscono una parte essenziale del patrimonio territoriale storicamente costruito, da considerare come risorsa fondamentale ai fini della sostenibilità dello sviluppo e il cui valore deve essere incrementato contrastando il processo di un loro progressivo impoverimento quantitativo e qualitativo che è possibile registrare anche negli ambiti già tutelati dalla normativa vigente, ancora caratterizzati da elevata qualità ambientale. Per incrementare il valore dello spazio aperto e del verde è necessario saper cogliere e interpretare positivamente le potenzialità che, a vari livelli e gradi diversi, i singoli elementi di quel patrimonio già contengono, esaltarne le caratteristiche di specificità piuttosto che omologarle in un procedimento di standardizzazione, trasformare le condizioni di criticità e di rischio in potenziali risorse, guidarne la rinascita e il reinserimento contestuale rispettandone le differenze e esprimendone i caratteri di identità anche quando le condizioni per il recupero delle loro qualità ambientali e spaziali intrinseche appaiono definitivamente compromesse. Ciò implica assumere punti di vista anche non convenzionali, perseguire molteplici finalità facendo convergere nei diversi interventi pluralità di interessi e risorse economico-finanziarie, sperimentare nuove combinazioni tra forme spaziali e pratiche d’uso, tra più regimi di proprietà, definire prospettive e programmi anche di medio e lungo termine. Per impostare una politica locale di valorizzazione degli spazi aperti e del verde sono quindi necessarie tre condizioni : - riconoscere il ruolo fondamentale di strutturazione ambientale e territoriale del sistema delle acque; - correlare strettamente la pianificazione e la progettazione degli spazi aperti e delle aree verdi del

territorio locale al progetto di paesaggio delineato alla scala regionale e provinciale, assumendone il ruolo fondativo;

- individuare modalità e strumenti operativi idonei a sviluppare nelle diverse situazioni specifiche un nuovo modello insediativo autosostenibile.

2.1.1 “Sistema del verde” e “sistema delle acque” La prima condizione per impostare il processo di valorizzazione è ristabilire un rapporto equilibrato e virtuoso tra ‘sistema del verde’ e ‘sistema delle acque’, riconoscendone il ruolo fondamentale nella strutturazione del territorio e nel sostenerne i processi vitali. Un rapporto che sappia andare al di là di delle semplici necessità funzionali di “gestione integrata” tra “verde” e “acque”, peraltro ‘fisiologicamente’ fondamentali, ma che più in generale, diventi espressione di una nuova e più consapevole ‘civiltà delle acque’9. Assumere il tema della riqualificazione del sistema complessivo delle acque (e quindi più in generale delle risorse idriche in un’ottica di bilancio tra le diverse componenti principali - acque superficiali, acque sotterranee - considerando sia gli aspetti quantitativi - portate, usi - che qualitativi - inquinamento, valenze paesistiche...) come centrale e portante nella strategia di valorizzazione delle

9 vedi R.Gambino, La (ri)costruzione dei paesaggi fluviali, in “Città e campagne del Ticino”, Atti del seminario di progettazione architettonica e urbana, Vigevano, 2001, pp.136-137.

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aree verdi diventa, quindi, prioritario in particolare per il territorio lombardo che ne è profondamente caratterizzato e dove, proprio la progressiva indipendenza tra sistema delle acque, urbanizzato e spazi aperti che esso stesso ha storicamente contribuito a strutturare in modo determinante, è stata una delle cause fondamentali di dissesto e di degrado paesistico e ambientale. Riconoscere il ruolo strutturante del sistema delle acque comporta prima di tutto, la riscoperta del ruolo delle fasce fluviali e richiede un profondo ripensamento delle loro funzioni 10, come dimostrano alcune recenti esperienze che perseguono i seguenti obiettivi: - la ridefinizione di un vasto ambito territoriale a partire da interventi anche puntuali sui percorsi

acquatici, sulle sponde fluviali e sulle aree ad essi attigue; - la realizzazione di corridoi ecologici appoggiati sui corsi d’acqua per la tutela, la promozione e la

connessione a rete degli ambiti naturali residui presenti nel territorio considerato; - la rinaturalizzazione dell’idraulica fluviale e il miglioramento della qualità delle acque; - la riqualificazione naturalistica delle fasce di pertinenza fluviale anche come condizione per il

potenziamento delle connessioni spaziali e fruitive con gli spazi urbanizzati in funzione ricreativa. 2.1.2 “Spazi verdi” e “Paesaggio” La seconda condizione ritenuta necessaria emerge dalla consapevolezza che pianificare il sistema del verde e definire i suoi elementi equivale oggi non solo a trasformare una significativa porzione di paesaggio ma a rimetterne in gioco l’intera struttura: qualsiasi intervento, anche il più minuto e apparentemente insignificante, non si misurerà semplicemente con esso, ma ne diverrà parte integrante, contribuendo a trasformarlo. L’attività che ne consegue dovrebbe quindi tenere conto della complessità dei problemi di conservazione e di rigenerazione del territorio nel suo insieme, tenendo conto dei caratteri paesistici, naturali e culturali, dei luoghi, correlando strettamente la pianificazione e la progettazione degli spazi aperti e delle aree verdi al progetto di paesaggio, collocando ogni intervento anche puntuale in un quadro complessivo che ne sappia definire il ruolo. Tali necessità non solo pongono il problema di interrelare competenze diverse, finora poco abituate a condividere i propri ambiti disciplinari, ma anche quello di individuare idonei strumenti che consentano di sviluppare in coerenza reciproca le diverse fasi del processo e di valutarne efficacemente l’esito. 2.1.3 Lo “scenario strategico” come strumento guida Recenti esperienze di pianificazione hanno messo a punto e sperimentato l’uso di metodologie innovative fondate sulla predisposizione di elaborati capaci di esprimere sinteticamente le linee generali di trasformazione del territorio, e sulla attivazione di procedure interattive attraverso le quali coinvolgere i diversi soggetti interessati nelle scelte che lo riguardano. Ne deriva la messa a punto di “scenari strategici” 11, che costruiscono un’immagine integrata di orientamento dello sviluppo territoriale in stretta relazione con la progettualità dei soggetti locali

10 “...la riqualificazione fluviale rappresenta un obiettivo globale, importante per la sostenibilità del nostro sviluppo, dove la difficoltà maggiore consiste nel fare convergere obiettivi legati ai diversi interessi. Tra questi, oltre a quello tradizionale della sicurezza idraulica, la qualità delle acque, il loro utilizzo per i vari scopi (potabile, irriguo, industriale), la fruibilità complessiva (delle acque e delle rive) e il miglioramento del paesaggio. L’ottica è totalmente invertita : è il territorio che rilascia lo spazio al corso d’acqua in modo da permettergli di vivere” G.Baldo, La riqualificazione fluviale, in “Città e campagne del Ticino”, Atti del seminario di progettazione architettonica e urbana, Vigevano, 2001, p.210.

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(basata sulla conoscenza ravvicinata del territorio e del sistema di relazioni che lo trasforma) dotando allo stesso tempo le politiche locali di uno strumento di coordinamento che pur non essendo prescrittivo, ma al contrario di promozione di progetti orientati, le rilegge nel complesso come elementi puntuali e specifici di una trasformazione del modello insediativo. In questo senso lo “scenario strategico” può costituire il quadro generale cui riferire le diverse iniziative locali, selezionando, valorizzando e integrando quelle in grado di innescare nuovi processi di sviluppo. Importante effetto operativo dello scenario è anche quello di costruire un’immagine capace di restituire una nuova identità all’area presa in esame. E’ infatti particolarmente opportuno, dentro una logica interattiva che intende valorizzare le risorse progettuali locali, costruire scenari convincenti attorno ai quali far confluire le comuni aspettative circa il futuro del territorio, offrendo agli attori un quadro condiviso entro il quale proporre iniziative di trasformazione. Lo “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti”, che viene proposto come strumento guida per la pianificazione, progettazione e gestione degli interventi sul sistema del verde, è basato sulla individuazione degli elementi e dei sistemi di elementi dello spazio aperto significativi nei diversi contesti, tiene conto delle politiche locali in atto, e : - riconosce le opportunità di riqualificazione; - tematizza gli interventi; - delinea l’insieme delle azioni e degli elementi specifici, verificandone le possibili relazioni (fisiche,

percettive, funzionali); - fornisce indicazioni operative generali e puntuali per la progettazione e la realizzazione, per il

controllo delle iniziative pubbliche e private che hanno rilevanza nell’ambito territoriale considerato;

- individua possibili “progetti pilota integrati” 12; - costituisce il fondamento per la messa a punto di un “modello di valutazione” in grado di valutare

gli effetti sulla struttura degli spazi aperti di tutti gli interventi puntuali o di area vasta che riguardano il territorio considerato.

Gli obiettivi fondamentali da porre alla base dell’elaborazione dello “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti”, facendo anche riferimento alle molte recenti esperienze sviluppate a scale diverse nei “piani del paesaggio” e nei “piani del verde” riguardanti contesti sia interni che esterni al territorio regionale 13, possono essere così sintetizzati : - configurare un’organizzazione sistemica degli spazi aperti e, in particolare, degli spazi verdi,

riassegnando loro funzioni polivalenti e costruendo una rete ecologica di livello locale che sappia dare continuità alle reti individuate alle scale superiori;

- consolidare o ricostruire una stretta relazione tra la riorganizzazione sistemica degli spazi aperti e del verde con i caratteri di specificità del paesaggio riconoscendo il ruolo fondamentale di strutturazione del sistema delle acque;

- restituire ‘capacità di resistenza’ e centralità al disegno della morfologia territoriale degli spazi aperti rispetto all’edificato a tutte le scale (ridefinizione e riqualificazione dei margini urbani e delle

11 Per quanto riguarda il ruolo e significato dello “Scenario strategico” si rimanda in particolare a Il Sistema fluviale del Lambro, IReR 1998, cap.5, “Tecniche e strumenti operativi per la costruzione di un progetto integrato”, IReR 2000, capp 3 e 4, Scenari strategici di valorizzazione delle risorse idriche per la riqualificazione del sistema ambientale e territoriale del bacino del Seveso, IReR, dic.2001 cap.5 12 per ‘progetto pilota integrato’ si intende “un metaprogetto... costituito in gran parte da criteri di riqualificazione di progetti già previsti degli enti istituzionali aventi competenze settoriali o di pianificazione territoriale, per i quali esistono stanziamenti di bilancio” (vedi : Il Sistema fluviale del Lambro, IReR 1998, cap.1, p.22) 13 in particolare vedi B.Guccione, G.Paolelli (a cura di), Piani del verde e piani del paesaggio, Firenze, 2001

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tipologie insediative, impedendo la saldatura dell’urbanizzato, riequilibrio degli ecomosaici interclusi delle conurbazioni diffuse, nuova centralità nello sviluppo sostenibile dei luoghi ex marginali);

- ricostruire relazioni forti e strutturate tra il sistema degli spazi pubblici urbani e il territorio/paesaggio rurale, con specifica attenzione alla valorizzazione delle permanenze storico-culturali;

- trattare processi e metodi della produzione degli spazi agroforestali con valenza di produzione di beni e di servizi pubblici (salvaguardia idrogeologica, valorizzazione ambientale, qualità paesistica, ospitalità rurale, costruzione di filiere locali di eccellenza agroalimentare);

- promuovere un processo interattivo tra i diversi attori coinvolti nella definizione delle scelte che riguardano il suo assetto, attribuendo soprattutto al mondo rurale una nuova centralità economica e culturale;

- considerare parchi e aree protette non come semplici “isole di conservazione” ma come “laboratori” sperimentali di nuovi modelli di sviluppo fondati sui punti precedenti.

2.2 Atto II Il quadro conoscitivo : la descrizione dello stato di fatto L’analisi dello stato di fatto costituisce il secondo atto operativo necessario al conseguimento degli obiettivi di valorizzazione delle aree verdi definiti nel “quadro generale”. In coerenza con le premesse tale analisi essa dovrebbe sviluppare in parallelo la messa a punto dei seguenti strumenti : - l’“Atlante del patrimonio territoriale” : ovvero una descrizione identitaria dei luoghi allo scopo di

individuare il patrimonio ambientale e territoriale dell’ambito considerato, come esito di un processo storicamente formatosi che ha trovato espressione nei suoi diversi paesaggi;

- l’ “Atlante degli spazi aperti”: ovvero una lettura interpretativa della struttura degli spazi aperti e dei loro elementi costitutivi correlata alle “unità di paesaggio” individuate sia alla scala regionale che alla scala locale;

- il “Censimento degli spazi aperti e delle aree verdi”: una schedatura delle diverse unità spaziali e dei loro elementi costitutivi;

- l’ “Archivio delle politiche e dei progetti” : un’analisi interpretativa delle tendenze trasformative in atto nel contesto locale considerato che incidono sul suo assetto (alle varie scale).

2.2.1 L’ “Atlante del patrimonio territoriale” Il patrimonio territoriale posto alla base del processo di valorizzazione di un dato contesto locale si configura come un “giacimento di lunga durata” che precisa la propria identità e i propri caratteri nel modo in cui si miscelano le sue componenti ambientali (neoecosistemi prodotti dallo stratificarsi delle civilizzazioni), sia con le componenti edificate (i monumenti, le città e i nuclei storici, le invarianti strutturali, in particolare le infrastrutture, le trame agrarie, le tipologie edilizie, urbane e paesistiche, le regole costruttive e di trasformazione) sia con le componenti antropiche (i modelli socioculturali, le culture artistiche, produttive, politiche). Si tratta in sostanza di definire un quadro specifico delle risorse fondato sulla conoscenza della struttura ambientale e territoriale di riferimento da porre alla base della definizione delle proposte progettuali. L’Atlante descrive e rappresenta gli elementi del patrimonio territoriale (sistemi vegetazionali, trame agrarie, infrastrutture storiche, nuclei storici, urbani e rurali, edifici di pregio, caratteri paesistici e ambientali, ma anche ‘aree critiche’ come aree dismesse, spazi aperti residui, ecc.) da mettere in valore, attraverso opportuni progetti in campo ambientale e territoriale, per restituire ‘figure territoriali’ in grado di riqualificare complessivamente il territorio mantenendo un elevato grado di coerenze reciproche.

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Questo passaggio implica un chiarimento metodologico preliminare: a fronte di numerosi metodi analitici più o meno tradizionali e consolidati che descrivono il territorio sostanzialmente come semplice materia, elencandone e valutandone i singoli elementi costitutivi in quanto oggetti, ricorrendo spesso esclusivamente alle categorie della percezione (metodi che se pure efficaci, da soli non sono in grado di restituire la complessità spaziale dei luoghi, né rivelare le ragioni che la sottendono) alcune recenti linee di ricerca hanno dimostrato la necessità di integrare il procedimento analitico ricollegando quegli stessi elementi alle diverse logiche ed ai diversi progetti che li hanno generati, e di descrivere lo “spazio fisico” ricostruendo i diversi pensieri, le diverse idee, di cui essi sono espressione tangibile. “Ricostruire le vicende di questi luoghi, leggendo e descrivendo i segni sul terreno come risultato di progetti, di articolate intenzionalità fisiche e sociali, scelte e strategie” 14, diviene quindi momento fondamentale per definire le proposte progettuali di riassetto del sistema degli spazi aperti e di ridefinizione del sistema delle aree verdi in stretto rapporto con la specificità della struttura spaziale assunta come ambito. Solo in questo modo si ritiene possibile cogliere il significato di quei segni e quindi ragionare sul loro valore potenziale, individuarne il possibile ruolo nell’orientare il processo delle nuove trasformazioni in coerenza con gli obiettivi generali di riqualificazione del modello insediativo, riannodare i fili di una trama la cui perdita è alla base del processo di degrado ambientale e paesistico che si registra soprattutto, ma non esclusivamente, nelle aree di frangia 15. Si ritiene che debbano essere proprio queste diverse logiche e le tracce che hanno lasciato ‘sul campo’ a dovere essere valutate e poste come riferimento per la definizione di nuove possibilità di trasformazione, stabilendo, così, uno stretto legame tra conoscenza della complessa realtà fisico-spaziale e intervento progettuale, pensato nelle sue relazioni alle diverse scale. Il quadro conoscitivo metterà dunque in luce anche le diverse logiche che sono alla base della struttura spaziale esaminata, osservando la variazione storicamente determinatasi dei rapporti tra struttura geomorfologica, struttura agricola e struttura urbana, a partire dai diversi progetti che ne sono stati alla base; in tal modo verranno individuate e descritte le specificità dei luoghi, i loro elementi identitari, le loro caratteristiche particolari. Per fare questo si ritiene utile istituire una stretta relazione con il ‘Piano Territoriale Paesistico Regionale’ con riferimento alle grandi categorie descrittive adottate che individuano e mettono in relazione le risorse naturali a quelle legate alla struttura antropica.

14 De Rossi A., Robiglio M., Nuovi ruoli per il progetto, esplorazioni progettuali nei luoghi della trasformazione recente, in A.De Rossi, G.Durbiano, F.Governa, L.Reinerio, M.Robiglio (a cura di), “Linee nel paesaggio, Esplorazioni nei territori della trasformazione”, Torino, 1999, p.60 15 “Intendendo i ‘paesaggi della dispersione insediativa’ come luoghi non dotati di un valore alto, di una qualità d’arte riconosciuta e riconducibile a formule note, possiamo però leggere in essi significato peculiarità e valori storici operando con un’ottica di indagine che tenda ad allargare l’ampiezza dello sguardo - dal singolo segno al territorio - in modo da collegare fra loro tracce altrimenti lontane, le quali, se interpretate singolarmente, risulterebbero poco significative, ma che acquistano al contrario qualità se poste in relazione fra loro. Si dovrà cioè far emergere il loro essere parte di un sistema .... Tale operazione nell’allargare l’ampiezza dell’osservazione dal segno - o dall’oggetto - al sistema del quale fa parte, raggiunge necessariamente la scala territoriale, ma agisce pur sempre con il metodo della ‘prospettiva storica’; ovvero regredendo, e recuperando tutta la profondità e la complessità che si palesa nell’ultima fase visibile, quella attuale; si potrà in questo modo restituire consapevolezza e spessore di significato all’universo di segni od oggetti ‘senza qualità’ e contro l’apparente ‘casualità’ di essi L.Palmucci, Linee per una identità storica in A.De Rossi, G.Durbiano, F.Governa, L.Reinerio, M.Robiglio (a cura di), “Linee nel paesaggio, Esplorazioni nei territori della trasformazione”, Torino, 1999, p.44

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Sarà quindi possibile procedere : - cogliendo la realtà specifica dell’area oggetto di studio nelle sue relazioni con l’ambito territoriale

più allargato, identificando e descrivendo i singoli elementi della sua struttura fisica, morfologica e funzionale, in rapporto alle diverse logiche di organizzazione spaziale che si sono accumulate nel corso del tempo, con riferimento alle “unità di paesaggio” e agli “ambiti geografici” individuate nel PTPR;

- definendo gli “elementi di lunga durata” attraverso la ricostruzione e lettura storica dell’insieme dei progetti, unitari o settoriali, che sono stati alla base della struttura di ogni specifico contesto;

- verificando la consistenza, le caratteristiche, i ruoli di ogni singolo elemento morfologico dell’ambito considerato in rapporto alla diverse strutture spaziali cui si riferisce e che sono compresenti e spesso sovrapposte (contesti naturali, struttura agricola storicamente formatasi, struttura urbana) e il loro grado di persistenza;

- mettendo a punto e applicando eventualmente anche alcuni indicatori quantitativi, come ad esempio “l’indice di permeabilità dei suoli” e “l’indice di piantumazione”.

2.2.2 L’ “Atlante degli spazi aperti” Sulla base dell’individuazione del patrimonio ambientale e territoriale dell’ambito considerato, sarà possibile descrivere e rappresentare più nello specifico la struttura fondamentale del sistema degli spazi aperti, individuando le unità di paesaggio a livello locale (“naturale”, “rurale”, “urbano” e “periurbano di frangia”), metterne in evidenza i valori e le criticità nelle diverse situazioni. Emergono, dunque, due questioni fondamentali, tra loro interrelate, che richiedono anche il rinnovamento delle metodologie di analisi e descrizione degli spazi aperti e delle aree verdi, nell’obiettivo di comprendere e ristabilire, sia a livello analitico che a livello progettuale, il significato delle relazioni tra le diverse parti e i diversi elementi che le compongono: - la necessità di mettere a punto una loro “classificazione” che superi i limiti degli approcci settoriali e tenti la ricomposizione di un quadro unitario della realtà spaziale in grado di fornire elementi di valutazione per la costruzione dello ‘scenario strategico’; - la necessità di descrivere e interpretare la struttura degli spazi aperti e le loro forme di organizzazione spaziale e funzionale in relazione alle specificità dei diversi paesaggi di cui sono elementi costitutivi fondamentali. 2.2.2.1 La “classificazione” degli spazi aperti e delle aree verdi La dimensione “ecosistemica” e la dimensione “locale” poste alla base dell’approccio proposto impongono una ineludibile riflessione critica sui criteri di classificazione degli spazi aperti e delle aree verdi comunemente adottati, che porti al superamento dei limiti delle categorie canoniche legate all’approccio funzionalista, basate sulle destinazioni d’uso e/o su semplici parametri dimensionali. L’articolazione degli spazi aperti in unità elementari costituisce “un’interpretazione del paesaggio che, per grado di dettaglio e tipo di contenuti,” deve poter “supportare efficacemente sia la verifica delle strategie paesistiche di area vasta, che la definizione, in sede di piano locale, delle specifiche progettuali di indirizzo per la progettazione di singoli interventi di modificazione e gestione del paesaggio... articolato in spazi dalle cui caratteristiche, relazioni e condizioni di utilizzo, dipende l’insieme della sua struttura” 16.

16 B.Guccione e altri, L’interpretazione diagnostica e progettuale del mosaico degli spazi aperti nel nuovo piano generale comunale, in B.Guccione e G.Paolinelli “Piani del verde & Piani del paesaggio”, Firenze, 2001 p.151 dove si propone di distinguere : “Classi di destinazioni d’uso degli spazi aperti” e “Classi di ruolo paesistico-ambientale degli spazi aperti”

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In coerenza con i principi posti alla base dell’analisi del patrimonio territoriale, è necessario quindi a nostro avviso, procedere alla messa a punto di una riclassificazione degli spazi aperti e degli spazi verdi che sappia legare le loro diverse caratteristiche alle ragioni che li hanno originati: si tratta di individuare “tipi spaziali” corrispondenti a unità significative alla scala del territorio comunale, sia in rapporto alla storia generale cui sono legati, ai diversi pensieri che ne sono stati alla base, ai diversi modelli insediativi che li hanno prodotti o reinterpretati, sia alla loro storia specifica (di situazioni sostantive appartenenti ad un determinato contesto); solo in questo modo sarà possibile comprenderne i significati e intervenire correttamente riassegnando loro nuovi ruoli in una logica di sistema. In questa ottica è possibile individuare, variamente combinati tra loro, gli ‘spazi aperti appartenenti alla struttura urbana’ distinguendo tra quelli pensati essi stessi per la vita collettiva come luoghi dello stare (piazze, giardini pubblici, parchi urbani etc...) o per il movimento (strade, infrastrutture etc.), e quelli definiti come pertinenze di edifici destinati alle attività pubbliche o di uso pubblico; tra gli spazi aperti legati alle diverse forme di organizzazione spaziale della residenza (corti, cortili, giardini e parchi privati) e quelli caratterizzati dalla presenza di attività industriali ed estrattive, esterni al tessuto compatto della città, che si sovrappongono e si intrecciano agli spazi aperti generati dalla struttura agricola, caratterizzati nei diversi tipi di paesaggi agrari da precisi rapporti tra i loro elementi costitutivi (tracciati d’acqua e di terra, campi, boschi, filari di alberatura, etc.) e gli ‘spazi aperti che ancora conservano in misura rilevante la struttura naturale o che comunque ne sono tuttora fortemente caratterizzati. Gli elementi primari costitutivi delle aree verdi (elementi areali, lineari e puntuali), i loro “materiali” (le alberature - a bosco, a filare, a macchia, isolate -, i prati, i campi, gli orti, i percorsi, etc.) potranno così essere ricondotti a unità spaziali di ordine superiore, definendone i diversi livelli in relazione alle scale di riferimento (territoriale, urbana, di quartiere, edilizia), ai loro specifici caratteri morfologici, alle funzioni (ambientali, igieniche, estetiche, fruitive, produttive) e alle finalità per le quali di volta in volta sono stati definiti, agli usi compatibili (anche in relazione ai diversi regimi di proprietà e di gestione), e determinarne i requisiti necessari per sostenere efficacemente il processo di ristrutturazione del paesaggio e di riequilibrio delle condizioni ambientali messo a punto nella strategia generale. A partire da questa prima distinzione è allora possibile procedere nella formulazione di un’ipotesi di riclassificazione degli “spazi verdi” considerati come parti strutturate di spazi aperti indipendenti e riconoscibili, in cui la predominanza degli elementi naturali, artefatti e ricostruiti o conservati da un precedente stato, la loro organizzazione, la loro forma, le loro dimensioni sono frutto di decisioni, e quindi di ‘atti progettuali’ corrispondenti alle diverse concezioni, alle diverse idee di città, di territorio, di paesaggio, alle molteplici finalità che definite in tempi e in contesti culturali diversi, hanno concorso a sostanziare la situazione attuale. Tale ipotesi distingue quindi in : a) grandi spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale autonoma come unità spaziali e

funzionali di scala territoriale. Si tratta dei grandi “parchi naturali”, “parchi fluviali”, “parchi di cintura”, “parchi agricoli” pensati soprattutto con scopi di tutela ambientale, di “laboratorio” didattico, culturale, scientifico e talvolta anche produttivo, di ricreazione turistica e del tempo libero ;

b) spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale autonoma come unità spaziali e funzionali di scala urbana.

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Si tratta degli ‘spazi verdi’ indipendenti, appositamente pensati come unità autonome per la vita collettiva urbana, che trovano le loro ragioni direttamente in rapporto alla struttura urbana le cui molteplici articolazioni derivano dalle diverse concezioni che ne sono alla base 17; essi comprendono: - i luoghi dello stare : parchi e i giardini urbani, piazze-giardino, orti urbani, impianti sportivi,

parcheggi, - i luoghi del percorrere : viali e strade alberate, greenways, piste ciclo-pedonali in sede propria. c) spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale integrata o connessa alle diverse tipologie dei

tessuti urbani e edilizi, di cui costituiscono unità spaziali di pertinenza, pensate come parti essenziali, accessorie o semplicemente giustapposte alle parti costruite. Rientrano in questa categoria : - i parchi e i giardini di edifici e complessi edilizi destinati a servizi sociali e attrezzature di

interesse collettivo (per lo spettacolo e la cultura, per lo sport agonistico, scuole e università, ospedali, attività direzionali, amministrative e commerciali, fiere, etc.)

- i parchi e i giardini legati alle diverse forme di organizzazione spaziale della residenza: i parchi e i giardini delle ville, i giardini e gli orti di villini e case unifamiliari, i giardini interni agli isolati, ai condominii di abitazione, ai quartieri residenziali di edilizia pubblica, ai complessi di residenza speciale etc;

- gli spazi a verde dei cimiteri e le relative fasce di pertinenza; - gli spazi a verde interni alle aree destinate a impianti produttivi o di stoccaggio, tecnologici

(depuratori, inceneritori, etc), di grandi strutture e infrastrutture areali per la mobilità (aeroporti, centri intermodali) sia attivi che dismessi.

d) spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale integrata e dipendente dalle strutture e

infrastrutture lineari per la mobilità, che in queste trovano la loro primaria ragione d’essere; in particolare : - le fasce verdi lungo i canali artificiali; - le fasce di rispetto legate ai vari livelli della viabilità, delle reti ferroviarie e metropolitane, gli

svincoli; - le fasce di rispetto lungo le infrastrutture aeree

e) spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale connessa alle diverse tipologie di attività

agricola. Aappartengono a questa categoria: - i boschi (d’alto fusto e cedui); - le colture arboree da legno e da frutto; - le fasce alberate e i filari lungo i corsi d’acqua; - i prati e i pascoli; - i campi coltivati a colture erbacee e orticole; - i vivai e le colture protette

f) spazi verdi aventi una struttura formale e funzionale legata a luoghi e elementi naturali o

seminaturali; si tratta delle unità spaziali riconoscibili in : - ambiti connessi ai corsi e specchi d’acqua, aree umide; - foreste e boschi; - biotopi, “monumenti verdi”, oasi naturalistiche.

17 su questo specifico argomento la bibliografia è naturalmente vastissima; si segnala il testo di F.Migliorini, Verde Urbano, Milano , 1989, che ne da una visione sintetica ed esauriente e quello di F.Panzini, Per i piaceri del popolo - L’evoluzione del giardino pubblico in Europa dalle origini al XX secolo, Bologna, 1993.

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2.2.2.2 La definizione delle “unità di paesaggio a livello locale” La seconda questione riguarda la necessità di descrivere e interpretare la struttura degli spazi aperti e le loro forme di organizzazione spaziale e funzionale in relazione alle specificità dei diversi paesaggi di cui sono elementi costitutivi fondamentali, come momento necessario all’individuazione delle ‘unità di paesaggio a livello locale’. Il mosaico degli spazi aperti che viene restituito attraverso l’individuazione delle unità costitutive sovrapposto alla configurazione complessiva del paesaggio consente di procedere alla identificazione e alla descrizione della struttura specifica e sostantiva della struttura degli spazi aperti nel contesto considerato. Ricorrendo alle “unità tipologiche di paesaggio” definite dal PTPR, sarà così possibile descrivere anche a livello locale la struttura dello spazio aperto del contesto di riferimento definendo gli ambiti ove sono riconoscibili i caratteri “consolidati” dei diversi paesaggi (naturali 18, agrari, urbani) e identificando “i paesaggi di frangia” nelle parti in cui interventi recenti abbiano già innescato processi di trasformazione e compromissione. Si tratta di considerare il perimetro delle parti urbanizzate in rapporto al territorio extraurbano (agricolo e/o naturale) individuando le ‘aree di frangia urbana a livello locale’, in prima istanza, come aree “in negativo”, come aree critiche ‘senza qualità’, che si sviluppano tra paesaggi consolidati, nelle quali i fenomeni di frammentazione, commistione, interferenza, sovrapposizione, giustapposizione connotano uno spazio caratterizzato tanto dall’abbandono della ‘regola storica’, dalla distruzione o drastica riduzione della struttura degli antichi sistemi insediativi, quanto dalla mancanza di un nuovo disegno in grado di mettere in relazione gli elementi che lo costituiscono. Come in altre situazioni, anche in gran parte del territorio lombardo queste aree si sono formate attraverso un processo di sovrapposizione di logiche ‘urbane’ forti alle precedenti ‘logiche agricole’, sovrapponendo quindi alle delicate trame dei paesaggi agrari, a loro volta già indebolite da fattori endogeni legati alle esigenze produttive, non solo interventi edilizi e infrastrutturali, ma anche interventi riguardanti spazi aperti e verde (ad esempio parchi, strutture sportive etc.) trattati secondo principi astratti, secondo ‘logiche urbane’ totalmente indifferenti ai caratteri dei luoghi. “Qualora la città racchiuda in sé (o tenda ad omologare in un prossimo futuro) parti anche consistenti di territorio agricolo, possono darsi fondamentalmente tre casi: a) i caratteri di ruralità sono tuttora fondati ed efficienti (per presenza di vere aziende agrarie con

conduzione agricola effettiva dei soprassuoli, elementi di insediamento storico - comprese le ville suburbane - parcelizzazione dei campi, colture irrigue, equipaggiamento paesaggistico d’insieme, ecc.) sì da rendere possibile la loro difesa e valorizzazione;

b) gli stessi caratteri, pur in forma di evidente regresso, soprattutto rispetto agli aspetti produttivi e aziendali (agricoltura marginale e d’affezione), sono tuttora riconoscibili e da giudicare ‘resistenti’ rispetto alla eventuale presenza di insediamenti urbani estranei, in quanto questi ultimi risultano ancora subalterni e ‘ospiti’ dell’area rurale vera a propria;

c) gli stessi caratteri o sono l’ombra di se stessi (con un processo di snaturamento strutturale) o mantengono tuttora una loro identità, ma al prezzo di recinzioni, divieti, vincoli, inaccessibilità o si trovano praticamente in attesa di futuri sviluppi delle necessità urbane per mutare la loro destinazione d’uso. I primi due casi sono da dichiarare esterni al perimetro della città, mentre il terzo caso è necessariamente da considerare come implicato ed interno ad essa, semplicemente perché da un

18 “con il termine naturale si comprendono quei paesaggi dove prevalgono gli aspetti dovuti alla natura, anche se non più originari, e dove la presenza dell’uomo appare poco rilevante”, G.Barbieri, Manuale del territorio aperto, Milano, 2002, p.150

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lato gli strumenti normativi e di indirizzo delle aree extraurbane appaiono gli unici capaci di indirizzare l’evoluzione del territorio, mentre dall’altro gli strumenti migliori di controllo dell’uso del suolo e d’indirizzo degli stessi spazi aperti risiedono entro la disciplina urbanistica strettamente intesa, pur con il contributo essenziale delle conoscenze ecologiche, ambientali e paesaggistiche fornite dall’indagine precedentemente illustrata. Non si intende con questo negare una possibile area di transizione fra una condizione di stato e l’altra: anzi è possibile ed auspicabile che molte delle prescrizioni valide per l’extraurbano e le aree estese trovino una loro cogenza anche all’interno del perimetro che fissa i limiti della città...” 19

A questo proposito sembra interessante rilevare la corrispondenza tra i tre casi descritti da Guido Ferrara e i risultati di un recentissimo lavoro di ricerca condotto dallo IAURIF (L’Institut d’Amenagement et d’Urbanisme de la Region D’Ile-de-France) sugli spazi agricoli della regione parigina 20, dove per le zone periurbane, caratterizzate da diversi gradi di densità del costruito e di interclusione-frammentazione degli spazi agricoli, si definiscono tre tipi di unità di paesaggio a livello locale: - le unità agricole periurbane aperte verso il grande spazio rurale; - le unità agricole periurbane sotto forte influenza urbana; - le unità agricole periurbane intercluse e frammentate, individuando per ciascuna di esse adeguate modalità di valorizzazione delle loro funzioni sociali, paesistiche ed ecologiche senza trascurare quelle produttive. Si tratta in sostanza di determinare e valutare i caratteri di persistenza del paesaggio agrario di riferimento. In tal senso si propone la messa a punto della nozione di “gradiente di frangia” come possibile indicatore per una valutazione qualitativa dello “stato del paesaggio”, capace di esprimere il grado di permanenza e riconoscibilità delle strutture storicamente determinatesi (ad es. per la struttura agricola: solo la maglia e gli orientamenti che strutturano l’urbanizzato, i campi, gli elementi costruiti tipici .....), il grado di reversibilità/irreversibilità del processo di trasformazione, il grado di maturazione del cambiamento, del “paesaggio mutante” etc. e poter successivamente riassegnare o meno valore strutturante a quegli stessi elementi. 2.2.3 il “Censimento degli spazi aperti e delle aree verdi”; Il “censimento” sviluppa l’analisi di dettaglio delle singole unità costitutive del patrimonio degli spazi aperti e del verde individuate nell’Atlante. E’ ormai acquisito, almeno a livello tecnico-culturale, che anche l’elaborazione del “censimento” debba avvenire nell’ambito di un tavolo di lavoro pluridisciplinare 21 che sia in grado di definire una conoscenza approfondita di ogni unità spaziale di verde esistente o potenziale del sistema.

19 Guido Ferrara, Per un piano degli spazi aperti del territorio comunale di Perugia: analisi diagnostica del paesaggio per il preliminare del PRG, in AAVV. “La pianificazione del paesaggio e l’ecologia della città”, Firenze, 1996 pp.161-162) 20 Region Ile-de-France, Etudes & Developpement de L’Institut d’Amenagement et d’Urbanisme de la Region D’Ile-de-France, LE PAYSAGE dans les espaces agricoles franciliens, Parigi, Marzo 2002. 21 “Oltre al contributo olistico che sono in grado di fornire le applicazioni di Ecologia del paesaggio e di Ecologia urbana oggi disponibili, si considerano fondamentali i contributi tecnico-scientifici specialistici riguardanti i caratteri abiotici (Geologia, Pedologia, Climatologia), i caratteri biotici (Fitosociologia, Fitogeografia, Zoologia, Biologia e Biologia conservazionale) i caratteri antropici (Architettura, Urbanistica, Storia, Sociologia, Economia)” ibidem, p.152

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Quasi tutti i manuali di progettazione del verde propongono “check list” di riferimento per condurre compiutamente le analisi necessarie anche su aree circoscritte, al fine di stabilirne il quadro diagnostico 22 a più livelli e definire le condizioni che consentiranno di intervenire. Dalle considerazioni metodologiche svolte consegue che sarebbe in alcuni casi necessario completare il quadro diagnostico con un’accurata “anamnesi”, ovvero un esame che raccolga le notizie dei precedenti stati della singola particella legata all’insieme, in grado di conoscere come si è formata e trasformata, in base a quali culture, a quali intenzioni, a quali tecniche, allo scopo di poterne valutare la consistenza e farla meglio interagire nei progetti di trasformazione che a loro volta assegneranno ad essa nuove valenze. 2.2.4 l’ “Archivio delle politiche e dei progetti” Il quadro conoscitivo si completa con una sezione dedicata all’individuazione e descrizione delle politiche locali e sovralocali e dei progetti in atto sul territorio considerato che abbiano rilevanza per il riassetto degli spazi aperti e in particolare delle aree verdi. Per “archivio delle politiche e dei progetti” non si deve intendere la semplice raccolta di materiale progettuale, ma la costituzione di un atto integrato ad una strategia comunicativa che vede nell’interazione diretta tra e con gli attori locali e sovralocali uno strumento fondamentale per attivare le risorse sociali, economiche e progettuali esistenti e per finalizzarle in modo sinergico all’implementazione degli scenari di progetto 23. Per questo l’analisi delle tendenze trasformative in atto nei contesti locali non si identifica con la mera presa d’atto e descrizione della progettualità esistente, peraltro già presente anche nelle azioni di pianificazione tradizionali, ma si qualifica in modo deciso come attività di “interpretazione operativa” di tali tendenze direttamente connessa alla definizione delle ipotesi progettuali, rendendo più ricche e complesse le prospettive costruite disciplinarmente. In linea di massima i progetti, le politiche e le azioni che vanno prese in considerazione riguardano in particolare : - gli interventi sui sistemi ambientali : tutela delle zone di pertinenza fluviale; studi sulla qualità delle

acque; proposte per sistemi depurativi; opere di rinaturalizzazione; interventi di regimentazione idrica; politiche per la ricarica delle falde; interventi di forestazione; proposte di parchi; individuazione di reti e corridoi ecologici; costruzioni di oasi e riserve naturali; interventi di mitigazione ambientale; interventi di bonifica;

- gli interventi sul sistema insediativo: riqualificazione centri storici, progetti e politiche di riqualificazione di aree periferiche degradate; creazione di aree verdi urbane; valorizzazione degli spazi pubblici e spazi ricreativi per le attività collettive; politiche di limitazione del consumo di suolo; valorizzazione del patrimonio storico-architettonico; recupero delle emergenze monumentali; studio di percorsi fruitivi;

- gli interventi sul sistema infrastrutturale: integrazioni del sistema dei trasporti su ferro e su gomma; progetti e politiche sulle infrastrutture aeree;

- le azioni che coinvolgono soggetti differenti da quelli tradizionali : progetti costruiti attraverso metodi di intervento che prevedono un coinvolgimento attivo delle popolazioni locali ed attenzione per processi decisionali che si sviluppano costruendo un dialogo tra istituzioni locali, operatori economici, mondo associativo e altre realtà sociali minori 24.

22 vedi tra i più recenti : A.Toccolini, Piano e progetto di area verde, Santarcangelo di Romagna, 2002 in particolare p.92 e sgg. 23 vedi IReR, Risanamento dell’area ad alto rischio di crisi ambientale Lambro , Seveso, Olona Verifica di fattibilità del progetto strategico sull’area e individuazione di criteri, indirizzi e metodi per l’attuazione di progettti prioritari - Vol I, Il sistema fluviale del Lambro, un patrimonio da valorizzare per uno sviluppo ad alta qualità ambientale, Maggio 1998, p.52 24 Ibid. pp.53-54.

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2.3 Atto III Il quadro progettuale Il quadro progettuale può essere configurato attraverso due momenti distinti che dovrebbero risultare fortemente complementari: - la messa a punto di uno “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti” 25 come

strumento guida per la pianificazione, progettazione, gestione e controllo degli interventi sul sistema degli spazi aperti;

- il “piano del verde” vero e proprio 26. come strumento guida per la ridefinizione del sistema del verde a livello locale. 2.3.1 Lo “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti” In coerenza con quanto espresso nelle linee generali, per configurarsi come fatto strutturale della “città -paesaggio”, lo spazio aperto dovrà assumere sempre più il carattere di un sistema di spazi di varia natura in grado di mettere in relazione la città compatta al territorio e fondarsi principalmente sull’individuazione di una struttura del sistema del verde che consideri per ogni singolo comune un ambito territoriale di riferimento spesso allargato oltre i confini amministrativi, come anche esplicitamente previsto nei criteri orientativi per la redazione del Piano dei Servizi formulati dalla Regione Lombardia 27 . La specificazione e articolazione degli obiettivi principali di coordinamento degli interventi di recupero, qualificazione e sviluppo degli spazi verdi esistenti per la creazione di un sistema a fruizione continua e di costruzione di una rete ecologica di livello locale che crei una continuità spaziale tra ambienti naturali e seminaturali in connessione con la rete ecologica, di livello territoriale superiore, connessa il più strettamente possibile con il verde urbano, si dovrà basare sul riconoscimento delle specificità dei caratteri identitari dei luoghi, individuando di volta in volta gli elementi costitutivi della struttura spaziale e funzionale su cui fare leva. Alla pianificazione comunale è assegnato, in sostanza, il compito di svolgere un lavoro di ridisegno del sistema degli spazi aperti e delle aree verdi e di completarlo con previsioni che lo riconoscano non tanto come un sistema settoriale a se stante, ma come un continuum fisico 28 ad alta complessità ambientale in grado di svolgere un ruolo strutturante l’intero territorio, in coerenza con i suoi caratteri di specificità e dunque anche con le “discontinuità” e le “fratture” che vi si sono storicamente determinate. Lo “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti” che viene qui proposto come strumento guida per la pianificazione, progettazione, gestione e controllo degli interventi sul sistema del verde, si avvale sia delle esperienze dei “piani del paesaggio” relativi a contesti locali, per i quali in questi ultimi

25 Per quanto riguarda il ruolo e significato dello “Scenario strategico” si rimanda in particolare a Il Sistema fluviale del Lambro , IReR 1998, cap.5, “Tecniche e strumenti operativi per la costruzione di un progetto integrato”, IReR 2000, capp 3 e 4, “Scenari strategici di valorizzazione delle risorse idriche per la riqualificazione del sistema ambientale e territoriale del bacino del Seveso”, IReR, dic.2001 cap.5 26 il termine Piano del Verde indica un elaborato variamente articolato che finora non ha legittimità giuridica nè alcun carattere di istituzionalità nè per le prescrizioni, nè per le politiche di programmazione e gestione, ma che in molte situazioni è stato redatto come semplice ‘piano di settore’ o studi di supporto per la redazione dei PRG. Un accurato esame delle esperienze più significative è contenuto nel testo a cura di B.Guccione e G.Paolinelli, Piani del verde e piani del paesaggio, Firenze, 2001 27 Regione Lombardia - Territorio e urbanistica; Direzione Generale Territorio e urbanistica- Unità organizzativa Piani e programmi urbanistici “Criteri orientativi per la redazione del Piano dei Servizi ex art.7, comma 3, della legge regionale 15 gennaio 2001, n.1” (vedi Edilizia e Territorio n.14/2002, p.69) 28 l’espressione è utilizzata da Daniele Pini

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anni si sta sviluppando in Italia una sempre più ampia sperimentazione 29 sia delle recenti esperienze di pianificazione cui ci siamo già riferiti, che hanno messo a punto l’uso di una metodologia innovativa basata su un “approccio incrementale” 30 per l’elaborazione di strumenti non direttamente operativi, ma capaci di delineare ‘scenari’ di trasformazione del territorio da porre alla base della discussione sulle scelte che riguardano il suo assetto, e sull’attivazione di procedure interattive tra i diversi attori coinvolti, che mirino a completare, verificare, implementare il quadro delle risorse e delle stesse ipotesi progettuali. In sintesi esso : - individua le risorse territoriali e ambientali che il processo storico ha sedimentato e le opportunità di

riqualificazione su cui fare leva; - individua gli ambiti di intervento alla scala dell’intero territorio considerato, con riferimento alle

unità di paesaggio locale; - delinea il quadro generale delle azioni e degli elementi specifici, verificandone le possibili relazioni

reciproche (fisiche, percettive, funzionali); - fornisce indicazioni operative generali e puntuali per la progettazione, la realizzazione, l’attuazione,

la gestione e per il controllo delle iniziative pubbliche e private che hanno rilevanza nell’ambito territoriale considerato, definendo gli opportuni riferimenti tecnici.

In tale prospettiva lo “scenario” si costruisce a partire dal recupero ‘critico’ dell’esistente, ponendo particolare attenzione : - da un lato ai capisaldi della struttura ambientale e paesistica consolidata, agli elementi di lunga

durata del territorio considerato; - dall’altro a tutti gli elementi di criticità che possono essere virtuosamente trasformati: dagli elementi

del sistema delle acque che presentano un elevato rischio idraulico e inquinologico, agli specchi d’acqua residuali; dalle bonifiche agricole a bassa produttività, alle aree inedificate in attesa di essere urbanizzate; dalle aree industriali dismesse alle parti del tessuto urbano morfologicamente e funzionalmente degradate; dai tracciati dequalificati della trama agricola o insediativa che suggeriscono possibili prolungamenti nel territorio, all’indeterminatezza delle relazioni visive fra emergenze naturali o edilizie.

Tali elementi possono essere utilizzati per definire una “rete” che dal territorio aperto penetri nelle aree urbanizzate seguendo preferibilmente le linee dei corsi d’acqua e i tracciati della viabilità storica, creando le condizioni anche per un recupero capillare di singoli frammenti. Si tratta di valorizzare le connessioni storiche che ancora legano in modo evidente i tracciati e le emergenze ambientali, che caratterizzano i diversi ambiti paesistici del territorio agricolo con il cospicuo patrimonio architettonico presente nella trama degli insediamenti e con le stesse emergenze monumentali. Questa rete può consentire la riscoperta di luoghi, di segni e di manufatti significativi del territorio fornendo nuove opportunità per lo sviluppo di attività culturali, per il tempo libero e lo svago. Lungo le maglie di questa rete, nelle diverse situazioni insediative, le parti del paesaggio possono essere ricomposte in sistemi di spazi aperti che, attraverso opportuni interventi, non solo assumano una maggiore valenza ambientale ma possano costituire le direttrici privilegiate per ricondurre a coerenza e integrare tra loro i possibili interventi di recupero e riqualificazione del costruito.

29 in particolare vedi B.Guccione, G.Paolelli (a cura di), Piani del verde e piani del paesaggio, Firenze, 2001 30 vedi IReR, Risanamento dell’area ad alto rischio di crisi ambientale Lambro , Seveso, Olona Verifica di fattibilità del progetto strategico sull’area e individuazione di criteri, indirizzi e metodi per l’attuazione di progettti prioritari - Vol I, “Il sistema fluviale del Lambro, un patrimonio da valorizzare per uno sviluppo ad alta qualità ambientale”, Maggio 1998, p.52

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Sono sistemi articolati lungo ‘corridoi’ di connessione tra i tessuti urbani e il territorio aperto che si sviluppano attraverso gli ‘ambiti’ di particolare pregio naturalistico da salvaguardare o le aree di degrado paesistico da ripristinare o recuperare alla fruizione, che ridisegnano i ‘margini’ delle aree urbanizzate penetrando al loro interno per riqualificarle in sintonia con le loro regole morfologiche. Questi divengono i “nodi” del sistema : vasti spazi aperti a diversi livelli di fruizione che comprendono presenze naturalistiche da tutelare, parti di paesaggio da riprogettare, aree agricole da riqualificare, aree verdi anche di piccola dimensione, interne ai tessuti urbani consolidati, da ridefinire in coerenza con il sistema complessivo di riferimento. In particolare è possibile riprendere e indicare i seguenti obiettivi : a. per la valorizzazione degli spazi aperti nel paesaggio urbano : - assicurare la continuità fisica dei corridoi ecologici e delle relative caratteristiche e delle connessioni con

la rete e i nodi del sistema dei parchi intercomunali, provinciali e regionali, con il verde agricolo e boschivo fondandolo dove possibile sul sistema delle acque superficiali per le quali avviare processi di rinaturalizzazione ;

- articolare le tipologie formali e funzionale del verde in rapporto alle caratteristiche spaziali degli insediamenti, distinguendo nei tessuti le diverse forme di rapporto tra spazi aperti, verde e edificato;

- coordinare gli interventi di recupero, qualificazione e sviluppo degli spazi verdi esistenti allo scopo di creare un sistema continuo di spazi aperti riconoscendone le specifiche ragioni e vocazioni;

- integrare il verde pubblico e quello privato e, dove possibile, garantirne una parziale fruizione pubblica; - avere cura nella disposizione delle alberature in modo da far risaltare le gerarchie spaziali, valorizzare le

qualità degli spazi costruiti, mitigare le criticità ; b. per la valorizzazione degli spazi aperti nel paesaggio periurbano di frangia : - conservare e proteggere gli elementi del sistema naturale, assegnando loro un ruolo strutturante; - rafforzare la struttura del paesaggio agricolo nei casi ove questo sia ancora fortemente interconnesso con

il grande spazio rurale, conservando e incentivando le sistemazioni colturali tradizionali, promuovendo programmi specifici per l’agricoltura in aree periurbane;

- riqualificare il sistema delle acque; - attribuire alle aree destinate a verde pubblico esistenti e previste nell’ambito considerato una elevata

qualità ambientale, paesistica e fruitiva come nodi centrali su cui far leva per riqualificare gli insediamenti;

- ridisegnare i margini delle aree urbanizzate, curando in modo particolare l’architettura dei fronti urbani verso i territori aperti;

- preservare le ‘vedute lontane’ come valori spaziali irrinunciabili; - impedire la saldatura di nuclei urbani contigui, creando fasce di vegetazione; - creare aree verdi come elementi di connessione della città con il territorio; - recuperare le aree sottoutilizzate a fini paesistico-ambientali; - rigenerare le aree degradate; - prevedere interventi di mitigazione degli elementi di disturbo; disporre le alberature in modo da

sottolineare la struttura morfologica, reinterpretare e riesprimere le valenze paesaggistiche, assecondando le linee fondamentali evitando di “circondare” e avendo cura di evitare l’accentuazione dei caratteri di barriera e di estraneità dei tracciati e delle parti edificate con i caratteri del luogo;

c. per la valorizzazione degli spazi aperti nel paesaggio agricolo : - valorizzare gli elementi morfologici tipici del sistema paesistico-ambientale di riferimento; - recuperare le aree sottoutilizzate a fini paesistici ambientali; - rigenerare a prevalente scopo ambientale le aree degradate; - individuare ambiti/aree verdi come connessione della città con il territorio; - prestare attenzione alle caratteristiche compositive delle masse arboree; - recuperare valori percettivi e panoramici; - creare percorsi di attraversamento e punti di sosta.

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d. Valorizzazione degli spazi aperti verdi nel paesaggio naturale : Le componenti essenziali del sistema possono quindi essere costituite da: - la rete idrografica superficiale, sia naturale che artificiale e più in generale il sistema delle acque; - una trama capillare di percorsi ciclopedonali protetti e alberati che assicurano un’accessibilità

diffusa a tutte le parti del tessuto urbano e al centro storico, principalmente basata sui tracciati storici;

- le aree sistemate a verde di uso pubblico con diversi tipi e livelli di fruizione e di attrezzatura, dai parchi e giardini alle fasce e cortine alberate lungo i percorsi, che serviranno anche di protezione e schermatura per gli insediamenti residenziali, dagli spazi attrezzati per lo svago, il gioco, lo sport non competitivo, alle fasce di pertinenza delle infrastrutture che possono offrire la possibilità di dare continuità a corridoi ecologici anche a scala locale;

- le aree per impianti destinati allo sport agonistico ed ad altre attività sportivo-ricreative e specializzate spesso caratterizzate da elementi di interesse ambientale;

- i parchi e i giardini privati che presentano particolare pregio ambientale e architettonico, per i quali pur non essendo previsto alcun tipo di fruizione pubblica, è necessario incentivare la conservazione e la valorizzazione esaltandone il carattere di elementi fondamentali per qualità del contesto urbano;

- tutti gli spazi verdi di pertinenza dei complessi edilizi in generale, per i quali è auspicabile fornire indirizzi di progettazione e incrementare forme di controllo.

2.3.2 La ridefinizione del sistema delle aree verdi : il “piano del verde” Nel quadro dello “scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti”, assume quindi particolare importanza la ridefinizione del sistema delle aree verdi come un sistema unitario integrato attraverso un “piano del verde” che: - traduce e specifica i contenuti strategici generali formulati per i diversi ambiti di intervento

individuati nelle diverse unità di paesaggio locale; - tende al superamento della logica degli interventi settoriali sul verde che affrontano le diverse

occasioni progettuali in se stesse; - individua le priorità, prevedendo ‘progetti pilota’; - fornisce indicazioni operative generali e puntuali per la progettazione e la realizzazione, l’attuazione

e la gestione, per il controllo delle iniziative pubbliche e private che hanno rilevanza nell’ambito territoriale considerato, definendo gli opportuni riferimenti tecnici attraverso la creazione di “repertori di esempi” e di “interventi tipo” mirati per ambiti circoscritti;

- ritematizza le singole aree verdi mettendo in relazione le finalità generali emerse dallo scenario strategico con le caratteristiche morfologiche e funzionali specifiche dei singoli ambiti di riferimento;

- definisce le diverse funzioni (ambientali, paesistiche, fruitive, estetiche) degli elementi costitutivi; - individua le possibili categorie di intervento, come “recupero”, “qualificazione”,”sviluppo”; - precisa le caratteristiche degli elementi di connessione : percorsi, corridoi ecologici etc... Gli obiettivi specifici possono essere così sinteticamente definiti : - valorizzazione ecologica; ovvero esaltare il potenziale ecologico delle diverse tipologie spaziali e

funzionali, di tutti gli elementi costitutivi del sistema del verde, finalizzandoli alla salvaguardia delle biodiversità; il valore ecologico può essere incrementato attraverso l’uso di specie autoctone e un’organizzazione strutturale e funzionale delle diverse unità (comprese quelle acquatiche); contribuire alla costruzione della rete ecologica locale in connessione con le reti ecologiche di scala maggiore creando corridoi ecologici e “stepping stone”; attribuire il massimo valore agli elementi naturali residui e promuovere interventi di rinaturazione (dei corsi d’acqua, dei pendii e delle scarpate, delle cave e delle discariche; eliminare o mitigare elementi destrutturanti; introdurre fasce tampone);

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- valorizzazione delle specificità locali dell’area e del sito; ovvero progettare le aree verdi stabilendo

sempre uno stretto legame con gli elementi costitutivi dell’unità di paesaggio locale, interagendo con le strutture spaziali e funzionali esistenti sia nell’area stessa che nel contesto di riferimento;

- valorizzazione fruitiva e sociale; ovvero accrescere l’articolazione polifunzionale degli spazi con riferimento alle diverse situazioni specifiche (superare l’eccesso di specializzazione funzionale), connettere il sistema del verde con il sistema degli spazi pubblici e con le emergenze storico-architettoniche; incrementare le finalità didattico-culturali (studio, osservazione educazione) e terapeutiche del verde; sperimentare usi promiscui e la possibilità di rotazione in diverse fasce orarie o stagionali;

- valorizzazione estetica; ovvero estendere il controllo architettonico anche in ambiti che per consuetudine ne risultano esclusi; prestare particolare attenzione alla componente temporale, ricorrendo a tecniche come quella del “preverdissement”; prestare particolare attenzione ai rapporti, anche visuali, tra masse alberate e costruito per esaltare o nascondere, evitando semplicemente di “circondare” ma cercando di interagire con il disegno di insieme, in particolare rafforzando le linee della struttura morfologica di riferimento;

- valorizzazione economica; ovvero significa considerare le aree verdi anche come sedi di attività economiche (forestali, agricole, pastorali, orticole) integrate con quelle turistiche, sportive e del tempo libero; contenere gli interventi di manutenzione, utilizzando materiali e essenze arboree in grado di autoregolarsi.

2.3.3 Alcune opportunità per il ridisegno del verde locale Vengono qui di seguito evidenziate e sinteticamente trattate alcune opportunità specifiche per il ridisegno del verde locale, in particolare nelle aree di connessione urbana, basate sugli esempi significativi puntualmente documentati nella ricerca. 2.3.3.1 Valorizzare il sistema del verde con i corsi d’acqua E’ stato più volte sottolineato il ruolo centrale affidato al sistema delle acque, ed in particolare delle acque superficiali, nella ridefinizione dei sistemi del verde; i corsi d’acqua con le loro fasce ripariali laterali costituiscono occasione per eccellenza di corridoi ecologici polivalenti capaci di garantire una continuità ecologica sul territorio, di contribuire alla salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi presenti nell’area, di offrire notevoli occasioni per la fruizione. Si richiamano qui sinteticamente alcuni possibili interventi rilevanti ai fini paesistici : - rinaturazione di corsi d’acqua : dare al corso d’acqua una possibilità controllata di divagazione; ricostituire le fasce di pertinenza fluviale con struttura a mosaico differenziato di microhabitat, per quanto riguarda sia le unità acquatiche (definite da diverse condizioni di profondità e velocità di corrente), sia le unità riparie (definite da differenti possibilità di sommersione da parte degli episodi di piena e dallo sviluppo di differenti tipi di vegetazione); - consolidamento delle sponde fluviali con tecniche di ingegneria naturalistica: usare materiale vivo in

sostituzione di materiali artificiali; aumentarne il ruolo ecologico legato alla fornitura di elementi di continuità ecologica sul territorio e alla costituzione di habitat; la diversificazione ecosistemica ottenibile va posta in rapporto a quella dei sistemi naturali di riferimento;

- realizzazione di casse di espansione fluviale per il contenimento di effetti indesiderati di piene fluviali: se realizzate con tecniche di ingegneria naturalistica esse possono consentire la creazione di mosaici differenziati di unità di differente livello di igrofilia ed essere trattate come occasioni notevoli per sviluppare nicchie ecologiche terrestri e palustri differenziate;

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- rivitalizzazione di lanche: asportando parte dei sedimenti e della vegetazione palustre e riorganizzando i collegamenti idraulici si possono rendere costanti i collegamenti con il fiume, esercitando un ruolo positivo per la biodiversità: ricreare luoghi di sosta per l’avifauna migratoria, habitat per l’ittiofauna, produrre affinamenti idroqualitativi su affluenti inquinati, svolgere un moderato ruolo idraulico di laminazione asportazione poliennale dei sedimenti.

2.3.3.2 Valorizzare il sistema del verde con i boschi e la forestazione La quasi totale scomparsa dei boschi di pianura e nei fondovalle che si è registrata nel territorio regionale ha provocato un notevole decadimento della qualità del paesaggio e un impoverimento della biodiversità. A tale proposito la Regione ha recentemente avviato un programma di riforestazione denominato “dieci grandi foreste per la pianura” che prevede la formazione di ampi agroecosistemi, collegati da maglie con strutture lineari coniugate con nuclei naturali costituenti gangli importanti delle reti ecologiche a scala vasta, aventi non solo funzione ambientale, ma anche paesistica e fruitiva. L’iniziativa può evidentemente costituire un utile riferimento anche per interventi di scala locale, come per altro hanno dimostrato alcune iniziative abbastanza recenti che hanno avviato la realizzazione di nuovi agroecosistemi forestali, anche a forte valenza ricreativa, portando un notevole incremento della biodiversità e della qualità del paesaggio (ad esempio Parco Nord Milano, Bosco in Città , Bosco delle Querce a Seveso). Particolarmente interessante è anche l’ipotesi di gestione che dovrebbe garantire una totale o quanto meno parziale autonomia economica coinvolgendo direttamente le aziende agricole o consorzi forestali appositamente istituiti. Si tratta di: - incrementare le superfici boschive laddove già presenti e una loro buona gestione forestale

(governo della vegetazione arborea e arbustiva che favorisca l’affermarsi della vegetazione autoctona), ampliare il possibile ruolo ecologico ed economico del bosco, sottolineando e promovendo la sua polivalenza ed aggiungendo ai suoi tradizionali ruoli di protezione idrogeologica e produttiva anche quelli di ordine ecologico, in modo da produrre ambienti in grado di ospitare reti trofiche che comprendano anche la componente faunistica;

- migliorare la struttura del bosco, ovvero aumentare la diversità specifica delle essenze presenti, articolare maggiormente l’ecomosaico, incrementando e diversificando la maturità e la diversità strutturale del soprassuolo arboreo ed arbustivo (creazione di radure erbacee, macchie boscate di differente età e densità ed il loro collegamento tramite sentieri, strade forestali, scarpate ed emergenze rocciose, ruscelli, sorgenti e pozze temporanee);

- connettere le aree boscate con gli ambienti circostanti; - rendere complessi gli usi compatibili: uso produttivo, protezione idrogeologica, area per attività

ricreative estensive con mantenimento di valenze ambientali, parchi per attività libere. 2.3.3.3 Valorizzare il sistema del verde con i parchi agricoli Ristabilire un rapporto virtuoso di continuità tra città e campagna, costituisce uno degli obiettivi strategici centrali. L’agricoltura periurbana può divenire la base produttiva per ristabilire questa continuità, su cui ricomporre nuove modalità di produzione, consolidando gli interessi diffusi nella popolazione urbana e nella popolazione del territorio esterno. L’agricoltura periurbana è una struttura economicamente attiva, che può avere un valore sociale di grande interesse, ed essere fattore di riequilibrio paesistico ed ambientale a patto che vengano superate le contrapposizioni che hanno generato l’attuale stato di degrado di molte situazioni. L’urbanizzazione si è sovrimposta sul territorio agricolo circostante secondo regole astratte, spesso senza alcun legame con la storia e la geografia rurale locale.

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Gli spazi agricoli che sopravvivono marcano il limite tra la zona rurale e le zone urbanizzate, vicine all’agglomerato centrale; le transizioni sono spesso brutali e improvvise, esprimono il rapporto di forza tra la città che “conquista” e che “occupa” e una agricoltura che sta sulla difensiva. Verso l’esterno, gli spazi agricoli in relazione diretta con il grande spazio aperto rurale offrono aperture paesaggistiche importanti. All’opposto verso l’urbanizzato gli spazi agricoli sono limitati dai fronti urbani densi o dalle grandi infrastrutture che attestano la loro appartenenza a unità di paesaggio periurbane. E’ necessario fare in modo che l’urbanizzazione non frazioni e destrutturi ulteriormente questi spazi. L’attività agricola può essere qui consolidata con progetti specifici che perseguano e sviluppino anche azioni di valorizzazione commerciale basate su prodotti, spazi e servizi di qualità, su un più stretto legame tra prodotto e territorio. E’ necessario proteggere la leggibilità dell’orizzonte del territorio aperto rurale e contemporaneamente migliorare il trattamento dei fronti urbani: - mettere in valore, rinforzare, dove necessario, le trame paesistiche, gli elementi puntuali e

conservare gli elementi lineari (le siepi, i filari etc.); migliorare le relazioni con gli spazi boscati, curandone le relazioni;

- stabilire possibili differenti forme di transizione con i fronti urbani. Il trattamento di un fronte urbano ha un impatto totalmente differente sul paesaggio a seconda che il limite con lo spazio agricolo sia netto o se esista una zona di transizione dal lato agricolo (siepi, terreni incolti...) o dal lato urbano (giardini privati o collettivi, strade...). Una strada permette di delimitare efficacemente lo spazio urbano rispetto lo spazio agricolo. Bisogna però resistere alla tentazione di costruire (o anche solo di collocare insegne pubblicitarie) sul lato verso la campagna, ma al contrario creare dei punti di vista che valorizzino anche esteticamente lo spazio agricolo. La vegetazione dei giardini costituisce un buon mezzo di transizione tra lo spazio urbano e lo spazio agricolo: in effetti, la vegetazione attenua il contrasto tra i campi e le costruzioni. Tuttavia, in numerosi casi siepi opache recingono i giardini privati e lo spazio urbano volta le spalle allo spazio agricolo. E’ indispensabile considerare questi spazi in una logica di organizzazione più globale, lavorando particolarmente sui legami con gli spazi aperti e verdi limitrofi interni ai tessuti urbani.

- Frenare l’avanzata dell’urbanizzazione e il frazionamento dello spazio. Per preservare il paesaggio agricolo sono due le condizioni determinanti: mantenere efficiente il sistema della viabilità poderale e interpoderale delle aziende e proteggerle dall’urbanizzazione. Spetta alla collettività il compito di garantire queste condizioni regolamentando le espansioni e attribuendo valenza paesistica a tutti gli interventi che riguardano quegli ambiti. Ma è anche necessario sottolineare che la gestione dei fondi agricoli spetta agli agricoltori. Il buon mantenimento delle zone agricole prossime all’urbanizzato favorisce il diffondersi di una buona immagine del mondo agricolo e la consapevolezza della necessità di preservarlo. A tale proposito si può sottolineare l’iniziativa di numerose aziende che si sono raggruppate in reti d’accoglienza del pubblico organizzando attività di raccolta, di presentazione del funzionamento dell’azienda, in modo da restituire un’immagine positiva dell’agricoltura (natura, benessere animale...). Un approccio paesistico può altresì essere praticato dagli agricoltori stessi nella logica del loro sistema di produzione e nelle operazioni di conduzione agricola. Bisogna in particolare : - evitare l’interclusione, la frammentazione delle zone agricole per scopi urbani e per la realizzazione

di infrastrutture; - mantenere superfici agricole sufficienti e omogenee (applicando la nozione di ‘massa critica’);

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- far leva sul sistema delle alberature e delle siepi campestri, la cui importanza ecologica ai fini della biodiversità complessiva si consolida quando abbiano un certo livello di diffusione su un determinato ambito territoriale, costituendo un connettivo diffuso che si traduce in una serie di micro-corridoi e di piccole unità di habitat. Nella maggior parte dei casi elementi vegetali sono ancora presenti (parchi, filari lungo le strade, zone boscate) nei pressi dello spazio agricolo. Il mantenimento di questa vegetazione permette una migliore integrazione del costruito e evita che gli spazi agricoli aperti siano cancellati dai volumi costruiti. D’altra parte il preverdissement permette di integrare meglio le nuove costruzioni a completamento di una ricerca architettonica sui siti, le forme e i volumi degli edifici. Mantenere e incrementare le unità di collegamento dei residui lembi di vegetazione naturale, utilizzando preferibilmente elementi preesistenti del paesaggio, come rogge, fossi e strade, lungo le quali è più facile sviluppare strisce di vegetazione naturale che possano anche separare appezzamenti coltivati superiori a 3-4 ettari; nei punti di “incrocio” di due o più appezzamenti sarebbe importante creare “isole” boscate (arboreo-arbustive), possibilmente collegate fra loro. In taluni casi è possibile anche favorire la gestione naturalistica delle colture arboree, come ad esempio del pioppeto: lasciando strisce non sarchiate, non irrorate con pesticidi o addirittura coltivate a perdere, ed il mantenimento anche di alberi morti consente a queste coltivazioni di assumere connotati che si possono in parte avvicinare a quelli di un bosco naturale;

- mantenere una fitta rete di percorsi di collegamento sottolineando i nodi e le interconnessioni che si determinano in luoghi particolarmente significativi; i percorsi permettono di valorizzare i paesaggi, proteggendo le colture dai fenomeni di inciviltà, dai furti, dal degrado con dispositivi come siepi, barriere, fossati; ciò consente l’apertura degli spazi al pubblico, mantenendo l’attività agricola e assicurandone la conservazione;

- salvaguardare le colture tradizionali; - all’interno di aree coltivate a seminativo lasciare piccole isole o strisce di “colture a perdere”

possibilmente di natura differente, al fine di offrire zone per la riproduzione e la nidificazione di varie specie animali.

2.3.3.4 Valorizzare il sistema del verde con i parchi urbani Le aree aperte al pubblico, a “parco urbano” da destinare ad attività ricreativa libera, al gioco, parzialmente attrezzate con campi sportivi o altri servizi (anche a gestione privata) costituiscono ancora una delle principali tipologie di intervento per la valorizzazione del sistema del verde. Tuttavia soprattutto negli ambiti di riqualificazione delle aree di frangia il parco urbano assume connotazioni particolari svolgendo spesso un ruolo specifico di ricucitura di spazi residui appartenenti alla struttura agricola e/o a quella naturale con quelli appartenenti alla struttura urbana. Si ritiene perciò importante : - progettare il parco a partire dagli elementi costitutivi delle unità di paesaggio locale, creando un

ambiente sufficientemente ampio, complesso e polifunzionale e curando in particolare il rapporto con il sistema delle acque;

- attribuire nuovo valore a tutti gli elementi naturali residui, alle ‘vedute lontane’, alle prospettive profonde sui territori aperti, che costituiscono di per sé caratteristiche di grande valore estetico-percettivo, recuperando anche le testimonianze delle precedenti destinazioni d’uso delle aree, laddove presentino caratteristiche tali da poter essere reinserite nella riorganizzazione formale e funzionale degli spazi;

- mantenere e potenziare le connessione da un lato al sistema del verde delle parti urbane consolidate e dall’altro al grande sistema degli spazi aperti definendo una adeguata maglia di percorsi;

- caratterizzare l’assetto del parco tutelando la biodiversità: il valore ecologico può essere incrementato attraverso l’utilizzo di specie autoctone e attraverso un’organizzazione strutturale e funzionale delle unità (comprese quelle acquatiche) in modo che possano costituire habitat per una fauna interessante;

- ridurre gli impatti esistenti con interventi di bonifica, di depurazione e di mitigazione;

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- aumentare gli usi compatibili attraverso un’articolazione degli spazi aperti differenziati

conformandoli in modo tale da renderli adatti allo svolgimento di più attività e funzioni (parco urbano per attività ricreative estensive con mantenimento di valenze ambientali, aree a giardino urbano per attività intensive ludico-sportive, parco agricolo, bosco, orti urbani, giardini tematici etc.)

2.3.3.5 Valorizzare il sistema del verde con gli orti urbani Gli orti urbani rappresentano una risorsa importante per la riorganizzazione degli spazi aperti nelle zone urbane e periurbane. Essi offrono innegabili vantaggi sia per rispondere ad una crescente domanda sociale (che non trova spesso una risposta adeguata) sia per riqualificare l’ambiente urbano, soprattutto in presenza di aree di dimensioni troppo limitate e/o intercluse inadatte sia per la creazione di parchi e giardini di uso pubblico che per una gestione agricola produttiva. Si tratta quindi di :

- attribuire valore agli orti urbani evitando che diventino aree marginali/residuali (evitando l’isolamento, il disordine, l’eccessiva parcellizzazione, le recinzioni selvagge, l’uso di materiali impropri etc);

- riprendere nella loro organizzazione spaziale laddove opportuno le orditure dei campi coltivati e gli elementi tipici del paesaggio agricolo locale (sistemi irrigui, filari arborei.);

- inserirli e integrarli con aree verdi di scala maggiore sia pubbliche che private; - definirne l’organizzazione spaziale anche come elementi di connessione della rete ecologica,

salvaguardando e incrementando la biodiversità attraverso l’utilizzo di siepi, fasce alberate, soprattutto nelle situazioni in cui non sono possibili forme alternative (ad es. quando si situano tra i tracciati ferroviari e il tessuto insediativo);

- sperimentarli come soluzioni di margine tra urbano e agricolo; - promuovere la formazione di orti convenzionati e consorziati per la ‘produzione’, in particolare

quando si trovano inseriti o adiacenti ai parchi; promuovere la vendita dei prodotti come prodotti “garantiti” sui mercatini di parco, formando un circuito di vendita, promozione, consumo controllato dall’Amministrazione Comunale sia per la qualità che per il prezzo; ricomporre e coordinare anche le colture private specializzate superstiti ritrovando anche per esse l’incentivo di un favorevole sbocco di mercato, tale da compensare i vincoli posti alle coltivazioni stesse nelle aree periurbane.

2.3.3.6 Valorizzare il sistema del verde con i percorsi ciclopedonali Nella ridefinizione del sistema del verde grande importanza deve essere attribuita alla formazione della rete di percorsi ciclopedonali di connessione necessari per dare continuità fruitiva al sistema e potenziarne l’efficacia. La costruzione di una rete ciclopedonale di collegamento e attraversamento dei centri urbani ha anche ormai un evidente ruolo nel contribuire al decongestionamento del traffico veicolare anche come alternativa all’uso dell’automobile per gli spostamenti quotidiani, funzionali all’uso intermodale bici-treno e bici-autobus e nel valorizzare le risorse storico-culturali. Si tratta in primo luogo di individuare itinerari in aree di particolare pregio naturalistico-ambientale, recupero di strade arginali, forestali, carrarecce, percorsi attrezzati con aree di sosta, prevalentemente in percorsi protetti, dotandoli di segnaletica specifica e tabelle informative, utilizzando le sedi stradali per brevi tratti, privilegiando la continuità del percorso, seguendo in particolare le indicazioni del recente Manuale per la realizzazione della rete ciclabile regionale realizzato dalla Regione Lombardia, Assessorato all’Urbanistica, Bollettino Ufficiale Regione Lombardia n.19, Edizione Speciale del 12 maggio 2000, Milano 2000.

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2.3.3.7 Valorizzare il sistema del verde con le fasce di rispetto delle grandi infrastrutture della mobilità (ferrovie, autostrade) Un rilevante contributo alla valorizzazione del sistema del verde dal punto di vista ecologico e percettivo può essere dato dal trattamento delle fasce di rispetto e degli svincoli delle grandi infrastrutture della mobilità. In particolare il ruolo di corridoio ecologico e di mitigazione sarà garantito dalla formazione di : - file di alberi opportunamente selezionati alternate con elementi arbustivi e costituzione di fasce di

vegetazione naturale di varia ampiezza eventualmente associate alla formazione di terrapieni, avendo tuttavia cura nello studio della disposizione delle masse alberate di evitare l’accentuazione del carattere di barriera e di estraneità dei tracciati con i caratteri del luogo, ma al contrario cercando di riesprimerne le valenze paesaggistiche;

- opere per il superamento dell’infrastruttura lineare per specie mobili; - nuclei di vegetazione di interesse scientifico o strutturazione in microhabitat di interesse faunistico,

sviluppo di nuclei di vegetazione arbustiva ed arborea (ruolo di stepping stone) in particolare nelle zone degli svincoli, che possono giocare un ruolo ai fini della biodiversità regionale attraverso lo sviluppo di nicchie ecologiche terrestri diversificate.

2.4 Atto IV Il quadro attuativo : l’attuazione del sistema del verde I percorsi dell'attuazione del sistema del verde possono essere descritti attraverso due temi principali: - gli strumenti di governo delle trasformazioni; - le risorse necessarie a realizzare o promuovere le trasformazioni; 2.4.1 Gli strumenti di governo delle trasformazioni 2.4.1.1 La strumentazione urbanistica

Presupposto essenziale per la valorizzazione degli spazi aperti e in particolare degli spazi verdi è il consolidamento della loro inedificabilità. Il territorio inedificato rimane ancora l'ambito privilegiato per la localizzazione dei maggiori interventi di trasformazione, che arrivano facilmente ad influenzare le scelte della pianificazione locale. Spesso gli strumenti ordinari di pianificazione non sono in grado di contrastare la trasformazione "strisciante" del paesaggio, in particolare nelle aree di frangia: quella che viene operata attraverso sequenze di micro interventi che sfuggono alle maglie delle procedure edilizie, come la realizzazione di recinzioni, le sistemazioni di aree di deposito temporaneo di materiali o prodotti, anche agricoli, la diffusione di edificazioni formalmente classificabili come agricole ma destinate agli usi più diversi, la dispersione di manufatti provvisori per il ricovero di attrezzi, vetture o altro.

Per contrastare l'ulteriore frammentazione delle aree più prossime agli agglomerati urbani, in determinati casi, potrà risultare opportuno introdurre nella pianificazione urbanistica comunale anche specifiche destinazioni e indicazioni rivolte ad ottenere una più ordinata distribuzione delle edificazioni realizzabili nelle zone agricole, sia in riferimento alle dimensioni e alle tipologie dei fabbricati, sia in merito alla continuità di ambiti o fasce di tutela individuati dallo strumento di pianificazione quali componenti “verdi” utili all'attuazione di strategie mirate per la riqualificazione delle aree di frangia.

Come è stato già affermato, un ruolo importante per il sistema delle aree verdi può essere giocato dal Piano dei Servizi, introdotto dalla LR 1/2001 che consente di introdurre sistemi di valutazione della qualità ambientale complessiva di determinate parti del territorio che possono così essere conteggiate come "standards", ossia come attrezzature pubbliche di piano.

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Un ragionamento a parte merita il tema della pianificazione attuativa: si tratta infatti di individuare, all'interno dell’ampio ventaglio delle possibilità offerte dalla legislazione urbanistica nazionale e regionale, gli strumenti più idonei alla messa in pratica delle politiche che compongono lo scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti, introdotto con atti specifici o tramite gli strumenti di pianificazione generale. Sono infatti disponibili oggi una serie di strumenti concertativi, centrati sulla partecipazione e sulla cooperazione intersettoriale di tipo pubblico-pubblico e pubblico-privato che sembrano adatti a favorire lo sviluppo di un progetto integrato. Fra i diversi strumenti prodotti dalla legislazione italiana nell’ultimo decennio se ne segnalano tre che appaiono particolarmente congruenti allo stato della programmazione, alle relazioni fra gli attori pubblici e ai problemi specifici dell’area: Accordo di programma (Legge 142/90) costituisce lo strumento di riferimento di base, ormai entrato nell’uso corrente delle amministrazioni pubbliche di diverso livello, per il coordinamento di azioni complesse attorno a vari oggetti specifici. I vantaggi sono di natura operativa oltre che consistere nell’accessibilità che la stipula di un Accordo di Programma offre alle priorità di alcuni finanziamenti regionali. I limiti sono costituiti, da un lato, dal fatto che non consente automaticamente l’accesso a risorse aggiuntive, essendo uno strumento di coordinamento, e dall’altro dal carattere prevalentemente riservato a soggetti pubblici. Ciò non esclude che con accordi e convenzioni separate possano essere coinvolti nel processo progettuale anche soggetti non pubblici ma si tratta in ogni caso di procedure in questo caso più complesse. Programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST). Tra gli strumenti di nuova generazione particolarmente adeguati al trattamento di un progetto che contenga temi come quello in esame, è lo strumento del PRUSST, i programmi promossi dalla Direzione generale del coordinamento territoriale (Dicoter) del Ministero dei Lavori Pubblici sulla base di un meccanismo concorsuale tra città per accedere a finanziamenti statali. I Prusst sono specificatamente indirizzati a trattare in modo integrato problemi di riqualificazione urbana, risanamento ambientale, e di superamento di deficit infrastrutturali, prevedendo finanziamenti appositi per la costruzione di progetti e per la realizzazione di opere. Tra i limiti va ricordato il requisito di un minimo del 30% di investimento privato che deve essere rispettato nel programma. Programma Integrato di Intervento (LR 9/99), è uno strumento che fa parte di una lunga tradizione di sperimentazione, in Lombardia, di strumenti atti ad innescare processi di riqualificazione urbana. Sono finalizzati a riqualificare il tessuto urbanistico ed ambientale di ambiti territoriali specifici. Possono riguardare anche aree agricole. Sono promossi da soggetti pubblici e privati e possono basarsi sulle procedure proprie dell’Accordo di Programma. Il vantaggio dell’utilizzazione di questo strumento consiste nel suo carattere specificatamente rivolto alla riqualificazione di tipo urbanistico ed ambientale, al di fuori dei meccanismi concorsuali come quello del Prusst.”31

Anche altri strumenti, non specificatamente indirizzati alla riqualificazione urbana, come il Patto Territoriale (così come ridefinito dalla delibera CIPE del 31.3.97) potrebbero dimostrarsi adeguati nel concretizzare in un progetto le intenzioni di collaborazione delle amministrazioni. Non v'è dubbio che il conseguimento della definitiva inedificabilità degli spazi aperti può più facilmente essere realizzato quando sorretto da azioni di pianificazione o da vincoli di livello sovracomunale. In passato la salvaguardia del territorio inedificato di particolare pregio, era affidata ad un sistema di vincoli imposti dallo Stato (vincoli di natura monumentale o ambientale, parchi nazionali, ecc.) o a livello regionale (aree protette di varia natura). 31 Scenari strategici di valorizzazione delle risorse idriche per la riqualificazione del sistema ambientale e territoriale del bacino del Seveso , IReR, dic.2001

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In particolare il sistema dei parchi regionali, introdotto dalla LR 86/83, ed il conseguente vasto dispiegamento di strumenti di pianificazione di grande scala, ha sicuramente avuto effetti sulle forme dell'espansione urbana, introducendo limiti invalicabili che hanno per lo più prodotto il compattamento delle edificazioni ed una certa maggiore accuratezza nel consumo del territorio lasciato alla libera iniziativa comunale, non tutelato dal piano del parco. In assenza di ulteriori indicazioni, anche di carattere promozionale, sulle strategie da adottare per le aree di confine, al contenimento dell'espansione urbana non sempre è conseguita una migliore qualità dell'edificato di margine, ma il risultato ottenuto può comunque rappresentare un utile riferimento per l'attivazione delle nuove politiche di qualificazione degli insediamenti e delle aree inedificate. Un risultato in tutto analogo a quello ottenuto con l'istituzione dei parchi regionali, è ottenuto con la diffusione dei "parchi locali di interesse sovracomunale" previsti dalla stessa LR 86/8332. Si tratta di uno strumento del tutto particolare, poiché il suo valore è più promozionale che prescrittivo: infatti il riconoscimento del parco locale non istituisce un vincolo formale sul territorio diverso da quello contenuto nella strumentazione urbanistica comunale. Il Comune proponente ha sempre la facoltà di modificare le proprie scelte di pianificazione, alle quali ha tuttavia conferito maggior valore attraverso la pubblicizzazione dell'iniziativa del parco. La costituzione del parco implica poi l'attivazione di iniziative specifiche di qualificazione o salvaguardia per le quali sono previste specifiche forme di finanziamento. Nella maggior parte dei casi i parchi locali già riconosciuti interessano il territorio di più Comuni, i quali, attraverso la costituzione del parco, decidono di adottare politiche coordinate di qualificazione del territorio e, talvolta, di organizzazione della frequentazione pubblica dello spazio aperto. In questi casi il parco rappresenta l'occasione per realizzare le più diverse forme di collaborazione fra i Comuni e diversi soggetti privati interessati alle attività che possono essere sviluppate nel parco stesso: da quelle agricole tradizionali a quelle ricreative o sportive. 2.4.1.2 I livelli amministrativi Da quanto sopra esposto appare del tutto evidente come l'attuazione degli interventi di valorizzazione riguardi principalmente il livello comunale. Ai livelli superiori – provinciale, regionale – spettano piuttosto compiti di coordinamento e indirizzo, esercitabili attraverso disposizioni normative, strumenti di pianificazione di grande scala, programmi di finanziamento, ecc. E' quindi soprattutto al livello locale che devono essere reperite le risorse amministrative ed intraprese le azioni necessarie a garantire la realizzazione del disegno strategico di valorizzazione degli spazi aperti. Tuttavia il problema specifico della qualificazione delle residue aree inedificate della frangia urbana presenta caratteristiche tali da richiedere, se non l'istituzione di nuove forme di governo del territorio, quantomeno forme di coordinamento fra più comuni. Questo sia per motivi geografici, trattandosi di aree generalmente coincidenti con i confini amministrativi di più comuni, sia per la specificità del tema, per lo più estraneo alle ordinarie attività amministrative, così da richiedere la disponibilità di competenze tecniche e gestionali raramente presenti negli organici comunali e realisticamente attivabili solo attingendo ai bilanci di più comuni. E' quindi necessario, perché le azioni di valorizzazione siano efficaci, non frammentarie e costanti nel tempo, garantire le migliori forme di collaborazione fra diverse amministrazioni comunali e, in ragione

32 La legge prevede, all'art. 34, la facoltà delle amministrazioni locali di istituire sul proprio territorio parchi locali per i quali potrà essere ottenuto il riconoscimento, in passato da parte della Regione, oggi di competenza della Provincia.

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dell'estensione o dell'importanza dei fenomeni territoriali da gestire, anche fra queste e i livelli sovraordinati. Alcuni istituti giuridici tipici di collaborazione intercomunale sono : le convenzioni; i consorzi; le unioni tra comuni; le associazioni intercomunali. Queste forme associative, così come previste dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, sono caratterizzate dai seguenti aspetti: Convenzioni: possono essere facoltative; con apposito atto i comuni e le province stabiliscono i servizi e le funzioni da svolgere in regime convenzionale e disciplinano le modalità della loro gestione; le convenzioni possono essere anche di tipo obbligatorio: con la legge statale o regionale, previa approvazione di un disciplinare-tipo, può essere regolata, in forma convenzionale obbligatoria, la gestione di un servizio per un periodo determinato o la realizzazione di un’opera pubblica, riguardanti più comuni o province, che gli enti locali possono stipulare tra loro al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi. Consorzi: gli enti locali possono costituire consorzi per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni, secondo le norme previste per le aziende speciali. A tal fine i rispettivi consigli approvano, a maggioranza assoluta, una convenzione unitamente allo statuto. Unione di comuni: sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, appartenenti alla stessa provincia, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. L’atto costitutivo e lo statuto sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell’unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall’unione e le corrispondenti risorse. Associazioni intercomunali: il T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali non esclude altre forme di aggregazione rispetto alle precedenti, per favorire l’esercizio associato delle funzioni. A questo proposito sono interessanti alcune esperienze d’associazioni intercomunali che hanno una natura “intermedia” tra le tradizionali forme di collaborazione “funzionale” fra enti locali (costituite dalle convenzioni e dagli accordi di programma) e le forme di collaborazione stabili e strutturate (in particolare, le Unioni e i Consorzi). L’associazione intercomunale, come le forme di collaborazione solo funzionali, è caratterizzata da una notevole flessibilità sia nella definizione della tipologia e dell’entità delle funzioni da esercitare in forma associata, sia nell’individuazione delle modalità organizzative 33.

Riguardo all'efficacia di queste diverse forme istituzionali di collaborazione, si può ancora una volta fare riferimento alle diverse forme di gestione dei parchi, quelli regionali, ma soprattutto quelli definiti "locali di interesse sovracomunale" più sopra menzionati. E' questo infatti il campo nel quale sono realizzate e da maggior tempo attive diverse forme di collaborazione per la gestione non di singoli servizi (depurazione, distribuzione energia, distribuzione acqua potabile, trasporto pubblico, ecc.) ma di intere porzioni di territorio.

Un contributo significativo alla promozione ed alla gestione delle azioni di valorizzazione del territorio può venire dagli organismi costituiti attraverso l'associazione di più amministrazioni pubbliche per altre 33 l’elenco costituisce una rielaborazione del testo contenuto nella ricerca IReR -Lambro -Seveso-Olona - moduli 1999-2000, per la riqualificazione del sistema ambientale e territoriale del bacino del Seveso, dic 2001, cui hanno partecipato gli autori.

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finalità e principalmente per la gestione coordinata di servizi o infrastrutture 34 e per il rilancio delle attività economiche e dell'occupazione nelle aree maggiormente interessate da fenomeni di dismissione delle attività industriali tradizionali 35. 2.4.2 Le risorse necessarie a realizzare o promuovere le trasformazioni Le risorse da mettere in campo per attuare il disegno strategico di trasformazione sono principalmente di due tipi: - risorse amministrative - risorse economiche. 2.4.2.1 Risorse amministrative Per le risorse amministrative, già trattate di fatto nel capitolo precedente, giova ribadire la buona distribuzione sul territorio lombardo derivante dal grande numero di amministrazioni comunali. Queste da un lato costituiscono una risorsa preziosa in quanto portatrice di cultura, progettualità, capacità operativa e insieme presidio diffuso, consentendo la più diretta identificazione dei cittadini col proprio territorio ed insieme con la struttura preposta alla sua qualificazione. Dall'altro determinano l'imprescindibile esigenza di forme sempre più strutturate, ed al contempo agili, di coordinamento, anche queste precedentemente evidenziate. 2.4.2.2 Risorse economiche Le risorse economiche rappresentano uno dei nodi cruciali del problema della valorizzazione e richiedono pertanto una maggiore attenzione e soprattutto il chiarimento di alcune opzioni di fondo che devono essere poste alla base di qualunque politica di valorizzazione del territorio inedificato. Anzitutto appare evidente come la politica di valorizzazione degli spazi aperti comporti la necessità di ricorrere ad una molteplicità di fonti di finanziamento e l'attivazione di economie che garantiscano la riproduzione nel tempo almeno della parte prevalente delle risorse necessarie alla gestione del territorio inedificato.

E' indispensabile che gran parte del processo di trasformazione venga sostenuto dalle economie che trovano nello spazio inedificato la loro ragione di sopravvivenza: prima fra tutte l'attività agricola, esercitata nelle diverse forme.

Perché l'attività agricola possa tornare a rappresentare un riferimento importante per la qualificazione del territorio e la ricostruzione del paesaggio, anche delle frange urbane, è fondamentale restituire stabilità alle forme di conduzione dei fondi agricoli. Il che rimanda nuovamente al definitivo consolidamento della destinazione agricola dei suoli come unico strumento in mano all'Amministrazione pubblica. Quest'ultima infatti non può intervenire sulla regolarizzazione dei contratti di conduzione dei fondi agricoli, che nelle aree maggiormente investite dall'urbanizzazione assumono connotazioni sempre più precarie, nè può proporsi di acquisire grandi estensioni di terreno agricolo da riaffittare ai conduttori. A prescindere dal contributo che può venire dall'attività agricola alla politica di valorizzazione delle aree verdi, tema affrontato più oltre, pare utile passare rapidamente in rassegna le principali fonti di

34 Si fa qui riferimento ai diversi episodi di trasformazione di aziende municipalizzate che, corrispondentemente all'estensione a più comuni dei servizi erogati, vengono ad assumere compiti di gestione anche di alcune occasioni o di interi processi di riorganizzazione del territorio: un esempio di tale condizione è l'attività dei consorzi di raccolta dei rifiuti e di gestione delle discariche, a partire dall'avvio degli interventi di recupero "post discarica" spesso estesi ad ambiti territoriali vasti. 35 Il caso maggiormente noto è quello dell'Agenzia di Sviluppo Nord Milano.

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finanziamento alle quali è possibile attingere e più in generale le risorse, anche private, che possono essere coinvolte nel processo di valorizzazione: a) Anzitutto è possibile attingere, per quanto sempre in minor misura, ai bilanci comunali. A tale

riguardo potrebbe essere valutata una qualche forma di adeguamento della capacità impositiva dei comuni (l'ICI) , alla realizzazione di una migliore qualità del territorio, anche solo operando attraverso gli strumenti già disponibili.

b) Per molti interventi di valorizzazione del territorio sono disponibili finanziamenti regionali acquisibili su progetti. Per progetti complessivi di riqualificazione del territorio sono disponibili finanziamenti comunitari che richiedono iniziative più articolate, nelle quali devono in genere trovare posto anche politiche di qualificazione produttiva, di rilancio dell'occupazione, ecc.

c) Nella legislazione regionale, ed in piccola parte in quella nazionale, è contenuta una miriade di forme di finanziamento ai più diversi settori di attività, molti dei quali hanno una diretta influenza sulla qualità del territorio inedificato: si pensi ai finanziamenti destinati alla realizzazione di determinate infrastrutture, a quelli per le attività agricole e forestali, a quelli per interventi di bonifica, ecc. La ricognizione delle forme possibili di finanziamento ed il coordinamento della richiesta e dell'erogazione appaiono indispensabili per valorizzare al meglio le modeste risorse economiche disponibili, per lo più unitariamente modeste.

d) Una occasione importante di valorizzazione degli spazi verdi può essere rappresentata dalle residue trasformazioni edilizie previste nelle aree di bordo, oppure, più in generale, dagli interventi di trasformazione previsti in generale dagli strumenti urbanistici.

Non si tratta qui solamente delle risorse economiche rese disponibili sotto forma di oneri di urbanizzazione, una parte dei quali potrebbe essere destinata permanentemente alla qualificazione delle aree verdi. Nè si tratta di favorire politiche di concentrazione delle aree che vengono cedute dai privati nel contesto dell'esecuzione dei piani urbanistici attuativi, politica del resto auspicabile per le finalità del presente studio.

Si tratta piuttosto di consolidare il principio delle “compensazioni”, per il quale ad ogni nuova occupazione di suolo, sia essa funzionale alla realizzazione di nuove volumetrie o di nuove infrastrutture, deve corrispondere un intervento parallelo di qualificazione ambientale del territorio che sia paragonabile, per entità ed estensione, ai nuovi edifici o alle nuove infrastrutture realizzate.

e) Una variante del meccanismo di compensazione è costituita dall’introduzione nella strumentazione urbanistica comunale di meccanismi incentivanti, volti a premiare gli interventi edilizi che realizzano miglioramenti della qualità del territorio trasformato. Si tratta di meccanismi premiali che agiscono sulla capacità volumetrica o sull’incidenza degli oneri di urbanizzazione, in tutto simili a quelli adottati in passato per favorire la realizzazione di alloggi a costo contenuto.

L’introduzione di meccanismi incentivanti è necessariamente legata a regole o programmi di qualificazione delle aree verdi, che dovranno essere contenute nello strumento di pianificazione e potranno riguardare un ventaglio più ampio di temi : dalle modalità di organizzazione o di tutela delle aree inedificate, fino a coinvolgere le stesse modalità costruttive dei fabbricati.

f) Un campo ancora da esplorare diffusamente è quello dell'intervento diretto dei privati nella riorganizzazione delle aree verdi, finalizzato alla realizzazione di attrezzature per il tempo libero o di altre attività, oltre a quelle agricole, capaci di produrre reddito proprio in forza della qualità degli spazi aperti. E' comunque indubbio che da tali iniziative può giungere un contributo importante alla qualificazione delle aree verdi.

g) Un altro campo ancora da esplorare, quantomeno in Italia, è quello legato alla disponibilità dei cittadini di finanziare direttamente l'intervento pubblico di qualificazione delle aree verdi. Perchè tale disponibilità possa tradursi in atti concreti è probabilmente ancora necessario

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aumentare la credibilità dell'azione pubblica di realizzazione e gestione: infatti, dove tale credibilità è stata acquisita, la disponibilità dei cittadini è stata puntualmente riscontrata, ancorché non ancora utilizzata. A conferma della potenziale disponibilità dei cittadini a sovvenzionare volontariamente determinati interventi si possono citare le campagne condotte in passato da associazioni ambientaliste per la salvaguardia di particolari siti o ambienti e l'attività di altre associazioni per l'acquisizione, il restauro e la tutela del patrimonio artistico e ambientale.

h) Infine non deve essere sottovalutata la possibilità di ricorrere a forme di sponsorizzazione per interventi di maggiore impatto pubblicitario o gestiti, oltre che dall'amministrazione pubblica, da associazioni o anche da privati in grado di produrre un ritorno di immagine sufficiente a giustificare l'interesse dello "sponsor".

2.5. Atto V Il quadro gestionale : la gestione del sistema del verde Il tema della gestione del verde riguarda essenzialmente le aree pubbliche o di uso pubblico. Laddove la gestione rimane in capo ai privati proprietari delle aree potrà tutt'al più essere indirizzata o vincolata attraverso disposizioni messe a punto dall'amministrazione pubblica, come ad esempio attraverso i “Regolamenti del verde” già emanati da molti Comuni, contenenti indicazioni di carattere compositivo, sulla scelta delle piante, sulle modalità della manutenzione, ecc., orientate al controllo della qualità diffusa del verde. Per la trattazione delle tipologie tradizionali di organizzazione del verde pubblico urbano (parchi e giardini pubblici di varia dimensione, "squares" e passeggiate, le aree verdi annesse agli edifici pubblici, le alberate stradali) vi sono diverse forme possibili di gestione variamente consolidate e comunque ampiamente discusse e note agli amministratori locali. Il tema della gestione richiede invece un particolare approfondimento nel caso in cui il territorio da gestire sia esteso, disomogeneo e diversificato, frequentemente non compatto ma composto da appezzamenti distinti, eventualmente fra loro collegati da elementi lineari (percorsi, corsi d'acqua) ed inframmezzato da insediamenti di vario genere; condizione che si presenta molto frequentemente (ma non solo) nelle aree verdi di frangia. A tale scopo è possibile elencare alcune delle forme di gestione più frequentemente adottabili in questi casi: a. Al primo posto si può ancora collocare la modalità ordinaria di gestione del verde pubblico

urbano: si tratta infatti della modalità che sarà il più frequentemente adottata, quantomeno nel primo periodo. Tale forma di gestione è generale basata sull'affidamento della manutenzione del verde a soggetti esterni all'Amministrazione, attraverso la modalità dell'appalto pubblico. Anche in questo caso si avranno a seconda delle tendenze dell'amministrazione appaltante, contratti di manutenzione fondati su elenchi di prestazioni da eseguire un certo numero di volte su determinate superfici di terreno oppure elenchi di requisiti di qualità da garantire indipendentemente dal numero e dalla estensione delle aree affidate in gestione (Global Service).

b. Una variante della modalità esposta al punto precedente è l'affidamento della gestione delle aree verdi a cooperative con finalità sociale. Senza disconoscere il grande valore sociale dell'attività di tali cooperative, valore che rappresenta il motivo stesso della loro esistenza, si deve osservare che agli effetti della gestione delle aree verdi il loro rapporto rimane in tutto identico a quello di qualunque azienda privata, tanto nelle modalità di affidamento del lavoro da parte dell'Amministrazione pubblica, come nella esecuzione materiale del lavoro. In applicazione delle

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Page 36: LA VALORIZZAZIONE DELLE AREE VERDI - PAYS MED · 2015. 9. 22. · 1.2.5 -aree verdi 1.2.6 -aree di frangia 2 L’articolazione delle “linee guida” 2.1 Atto I - Il quadro generale

attuali normative sugli appalti pubblici di fornitura di servizi, il rapporto con le cooperative sociali non è più in grado di garantire maggiore continuità rispetto ad altri soggetti privati.

c. Si vanno diffondendo esperienze positive di affidamento della gestione di determinate aree ad associazioni dell'area ambientalista o associazioni costituite "ad hoc" da gruppi di cittadini, spesso da anziani. Si tratta di una forma di grande interesse perché contribuisce a diffondere l'interesse dei cittadini per il proprio territorio e garantisce una certa stabilità e continuità della gestione. Perchè questa forma di gestione risulti pienamente efficace è generalmente necessario un supporto costante da parte dell'amministrazione pubblica o l'affiancamento con altre forme di gestione.

d. Il ricorso alla collaborazione con i coltivatori presenti sul territorio rappresenta la forma più diffusa di partecipazione dei privati alla gestione delle aree verdi. Ovviamente tale modalità è fondata sul mantenimento di una attività agricola sufficientemente consistente da rappresentare una fonte stabile di reddito, che potrà essere integrata, ma non sostituita, con l'attività di gestione delle aree o dei percorsi o anche di attrezzature. Il rapporto coi coltivatori sarà regolato da atti convenzionali che nella maggior parte dei casi prevedono un compenso al coltivatore per l'attività di manutenzione: compenso che risulta in ogni caso di gran lunga inferiore ai costi di una impresa del verde.

e. Infine si sta facendo strada la consapevolezza dell’insufficienza delle forme di gestione fin qui percorse e l'esigenza di attivare nuove modalità e nuove strutture in grado di rispondere alle sempre più diffuse esigenze di gestione estensiva delle aree verdi.

Per il momento si tratta più di suggestioni che di proposte formalizzate, emerse in diverse occasioni, nel contesto di incontri, seminari, discussioni. Fra le più ricorrenti si possono citare la costituzione di "agenzie verdi di area" (una sorta di Azienda Regionale Foreste distribuita a scala provinciale); l'affidamento alle strutture dei parchi locali o regionali, trasformati in possibili centri di gestione di aree anche esterne al perimetro del parco del quale sono titolari; la costituzione di società miste pubblico private coinvolgendo le cooperative sociali; ecc.

In conclusione si deve osservare che le diverse modalità illustrate dovranno essere frequentemente compresenti in uno stesso ambito territoriale per poter sfruttare al meglio i vantaggi e le particolarità di ciascuna; ma perché questo sia possibile è necessario che vi sia a monte un organismo di coordinamento delle attività di gestione, ricorrendo alle possibili forme di accordo fra amministrazioni pubbliche proposte nel capitolo precedente. A tale proposito vale la pena di ribadire che la messa a punto di indirizzi di pianificazione e progettazione del verde, come riferimenti qualitativi del sistema, e un censimento aggiornato dello stato delle aree e della vegetazione, risultano essere gli strumenti indispensabili per una efficiente programmazione degli interventi su cui basare la gestione. Più in generale, da quanto sopra sinteticamente esposto appare evidente come sarebbe opportuno che il “progetto di gestione” costituisca parte integrante del progetto di organizzazione delle aree verdi : la scelta e la distribuzione delle funzioni, delle attrezzature pubbliche, della vegetazione non può che essere in stretta relazione con le capacità di gestione attivabili; anche per questo motivo si tratterà di un progetto in divenire: destinato a trasformarsi con l'evoluzione degli strumenti e delle capacità di progettazione, intervento, gestione. Lo “Scenario strategico di valorizzazione degli spazi aperti e del verde” indicato come strumento guida appare particolarmente efficace per procedere in questa direzione.

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