La tutela dall’inquinamento atmosferico, Nereo Tescaroli ... · Il Protocollo di Kyoto Una prima...

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3649 PARTE SESSANTATREESIMA La tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche Nereo Tescaroli SEZIONE PRIMA Tutela dall’inquinamento atmosferico TITOLO I L’inquinamento atmosferico Cap. I Emergenza ambientale 1. L’effetto serra e sue conseguenze L’effetto serra è un fenomeno atmosferico-clima- tico che indica la capacità del nostro pianeta di trattenere nella propria atmosfera parte dell’e- nergia proveniente dal Sole. Esso fa parte dunque dei complessi meccanismi di regolazione dell’e- quilibrio termico del pianeta e agisce attraverso la presenza in atmosfera di alcuni gas, detti appunto gas serra, che hanno come effetto globale quello di mitigare la temperatura dell’atmosfera terrestre isolandola parzialmente dai grandi sbalzi o escur- sioni termiche cui sarebbe soggetto il pianeta in loro assenza. Non è un fenomeno nocivo per la vita sul nostro pianeta, ma lo può divenire se aumenterà in modo abnorme rispetto alle condizioni naturali, come sta avvenendo da alcuni anni. La Convenzione ONU per la lotta alla Desertifica- zione (UNCCD), che identifica l’Italia tra i paesi affetti da desertificazione, indica nei Programmi Nazionali di Azione (PNA) lo strumento principa- le che i Paesi devono sviluppare per organizzare le politiche, la programmazione e la pianificazione per contrastare tale fenomeno. Il PNA italiano, redatto dal Comitato Nazionale per la “Lotta alla Siccità e alla Desertificazione (CNLSD)”, ha individuato le aree vulnerabili alla desertificazione e promuove attività di prevenzione e sensibilizzazione. Le calamità ambientali colpiscono sempre più du- ramente e frequentemente il nostro e gli altri ter- ritori del mondo, provocando danni ingenti a cose e persone. La causa di questi disastri - secondo gli esperti - può essere attribuita prevalentemente all’effetto serra che provoca il surriscaldamento globale delle ac- que marine e fluviali, ma anche alle attività uma- ne (edificazioni in zone a rischio, disimboscamenti ecc.), che portano ad un incremento delle tempeste di vento, delle inondazioni e dello scioglimento dei ghiacciai e a disastri idrogeologici spaventosi. Le aree territoriali di tutto il mondo sono state mol- to più calde rispetto alla media. Temperature più elevate, oltre che in Italia, si registrano in Sud Ame- rica, America Centrale, Nord America occidentale, Africa, nella maggior parte dell’Eurasia e in Austra- lia. Il 2015, secondo l’Agenzia federale Usa per la meteorologia (Noaa), è stato l’anno più caldo mai registrato da 136 anni. 2. La qualità dell’aria Una vera e propria “emergenza ambientale” è quella per la scarsa qualità dell’aria, dovuta in gran parte al suo inquinamento. L’allarme riguarda in partico- lare il Pm10 (le polveri sottili) e il benzo(a)pirene, una delle prime sostanze di cui si è “accertata la cancerogenicità”. E tocca soprattutto le grandi città. In generale, lo stato della qualità dell’aria presenta “una situazione piuttosto stazionaria”. Ma “il valo- re limite giornaliero” del Pm10 viene “superato nel 48% delle stazioni di monitoraggio”. Il valore limite annuale del biossido di azoto non viene rispettato nel 20% delle stazioni. Un “inquinante preoccupan- te è il benzo(a)pirene i cui livelli, seppur misurati in un numero ancora troppo limitato, superano il valore obiettivo nel 20% dei casi”. È necessario ri- correre per il nostro fabbisogno energetico ad im- pianti alternativi non inquinanti come l’utilizzo di pannelli fotovoltaici e di altri sistemi di produzione di energia pulita.

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Parte SeSSantatreeSima

La tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche

Nereo Tescaroli

SEZIONE PRIMA

Tutela dall’inquinamento atmosferico

TITOLO I

L’inquinamento atmosferico

Cap. IEmergenza ambientale

1. L’effetto serra e sue conseguenze

L’effetto serra è un fenomeno atmosferico-clima-tico che indica la capacità del nostro pianeta di trattenere nella propria atmosfera parte dell’e-nergia proveniente dal Sole. Esso fa parte dunque dei complessi meccanismi di regolazione dell’e-quilibrio termico del pianeta e agisce attraverso la presenza in atmosfera di alcuni gas, detti appunto gas serra, che hanno come effetto globale quello di mitigare la temperatura dell’atmosfera terrestre isolandola parzialmente dai grandi sbalzi o escur-sioni termiche cui sarebbe soggetto il pianeta in loro assenza. Non è un fenomeno nocivo per la vita sul nostro pianeta, ma lo può divenire se aumenterà in modo abnorme rispetto alle condizioni naturali, come sta avvenendo da alcuni anni. La Convenzione ONU per la lotta alla Desertifica-zione (UNCCD), che identifica l’Italia tra i paesi affetti da desertificazione, indica nei Programmi Nazionali di Azione (PNA) lo strumento principa-le che i Paesi devono sviluppare per organizzare le politiche, la programmazione e la pianificazione per contrastare tale fenomeno. Il PNA italiano, redatto dal Comitato Nazionale per la “Lotta alla Siccità e alla Desertificazione (CNLSD)”, ha individuato le aree vulnerabili alla desertificazione e promuove attività di prevenzione e sensibilizzazione.Le calamità ambientali colpiscono sempre più du-ramente e frequentemente il nostro e gli altri ter-

ritori del mondo, provocando danni ingenti a cose e persone.La causa di questi disastri - secondo gli esperti - può essere attribuita prevalentemente all’effetto serra che provoca il surriscaldamento globale delle ac-que marine e fluviali, ma anche alle attività uma-ne (edificazioni in zone a rischio, disimboscamenti ecc.), che portano ad un incremento delle tempeste di vento, delle inondazioni e dello scioglimento dei ghiacciai e a disastri idrogeologici spaventosi.Le aree territoriali di tutto il mondo sono state mol-to più calde rispetto alla media. Temperature più elevate, oltre che in Italia, si registrano in Sud Ame-rica, America Centrale, Nord America occidentale, Africa, nella maggior parte dell’Eurasia e in Austra-lia. Il 2015, secondo l’Agenzia federale Usa per la meteorologia (Noaa), è stato l’anno più caldo mai registrato da 136 anni.

2. La qualità dell’aria

Una vera e propria “emergenza ambientale” è quella per la scarsa qualità dell’aria, dovuta in gran parte al suo inquinamento. L’allarme riguarda in partico-lare il Pm10 (le polveri sottili) e il benzo(a)pirene, una delle prime sostanze di cui si è “accertata la cancerogenicità”. E tocca soprattutto le grandi città. In generale, lo stato della qualità dell’aria presenta “una situazione piuttosto stazionaria”. Ma “il valo-re limite giornaliero” del Pm10 viene “superato nel 48% delle stazioni di monitoraggio”. Il valore limite annuale del biossido di azoto non viene rispettato nel 20% delle stazioni. Un “inquinante preoccupan-te è il benzo(a)pirene i cui livelli, seppur misurati in un numero ancora troppo limitato, superano il valore obiettivo nel 20% dei casi”. È necessario ri-correre per il nostro fabbisogno energetico ad im-pianti alternativi non inquinanti come l’utilizzo di pannelli fotovoltaici e di altri sistemi di produzione di energia pulita.

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Cap. IILa riduzione dell’inquinamento atmosferico

1. Il Protocollo di Kyoto

Una prima risposta internazionale ai cambiamenti climatici si ha con la Convenzione Quadro sui Cam-biamenti Climatici delle Nazioni Unite, firmata a Rio de Janeiro nel 1992 da numerosi Paesi. È una specie di legge-quadro internazionale nella quale si riconosce che è in atto un cambiamento del clima globale, che è anche il frutto di azioni umane.Successivamente nel 1997 (11 dicembre) si ha l’ap-provazione di un Protocollo sui cambiamenti cli-matici, firmato a Kyoto (Giappone) da 84 Paesi, che rappresenta la pietra miliare nell’ambito della pro-tezione internazionale dell’ambiente.Si tratta di un accordo internazionale, che indica gli obiettivi per la riduzione dei gas ad effetto serra. Il Protocollo è entrato in vigore nel febbraio 2005 a seguito della ratifica della Russia (che vale il 17,4% delle emissioni), che aveva sempre opposto, in pre-cedenza, un netto rifiuto per tale ratifica. È stato ra-tificato da 184 Paesi (ottobre 2009).Secondo il Dossier Clima 2014, curato dalla Fondazio-ne per lo Sviluppo Sostenibile risulta che l’Italia si di-mostra ancora una volta attenta alle politiche ambien-tali e di risparmio energetico, raggiungendo e persino superando gli obiettivi del protocollo di Kyoto, anche se in parte per cause legate alla crisi economica.Per raggiungere gli obiettivi indicati a Kyoto, posso-no essere utilizzati tre strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale, nazio-nale o transnazionale e precisamente:

- Emission Trading (ET). Il sistema europeo di scambio delle emissioni o EU ETS (European Emis-sions Trading Scheme) fissa dei limiti per le emis-sioni di anidride carbonica a più di 11.000 impianti in tutta Europa, ma permette che i diritti ad emet-tere anidride carbonica (che sono chiamati quote di emissioni di carbonio europee, EUA) possano esse-re commercializzati;

- Joint Implementation (JI). Lo scopo del meccani-smo di JI è di ridurre il costo complessivo d’adem-pimento degli obblighi di Kyoto, permettendo l’ab-battimento delle emissioni dove è economicamente più conveniente. Le emissioni evitate dalla realiz-zazione dei progetti generano crediti di emissioni o ERUs (Emissions Reduction Units) che possono essere utilizzati per l’osservanza degli impegni di riduzione assegnati;

- e Clean Development Mechanism (CDM). Per-mette alle imprese dei paesi industrializzati con vin-coli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione.

2. Le attività a livello comunitario e internazionale nell’ambito della riduzione dell’effetto serra

Il Consiglio dell’Unione europea, con decisione del 25 aprile 2002, n. 2002/358/CE, ha disposto l’appro-vazione del Protocollo di Kyoto, allegato alla predet-ta Convenzione Quadro.Occorre, poi, ricordare la Direttiva europea del 13 ottobre 2003, n. 87 con la quale è stato istituito il mercato europeo dei permessi di emissione nonché la recente direttiva “Linghing” del parlamento euro-peo, che disciplina il riconoscimento, nel mercato dei permessi, dei “Crediti di Carbonio” e “dei Cre-diti di Emissione”.I 26 Stati membri dell’Ue, Islanda, oltre a Liechten-stein, Norvegia e Svizzera risultano in linea nel raggiungimento dei propri obiettivi, migliorando quindi la situazione rispetto alle valutazioni fatte negli anni precedenti.L’11 dicembre 2011 i delegati di 194 paesi a Durban (Sudafrica) per la 17esima Conferenza mondiale sul clima organizzata dall’Onu, hanno raggiunto un’intesa volta a stabilire un accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas serra da raggiun-gere entro il 2015 con efficacia al più tardi nel 2020.I 200 Paesi partecipanti al vertice sui cambiamenti climatici a Doha (Qatar) del 2013 hanno preso l’im-pegno di sottoscrivere un Protocollo di Kyoto bis da approvare nel 2020 che sarà vincolante per tutti i paesi che lo firmeranno.Cina e Stati Uniti, i due paesi che immettono nell’atmosfera più sostanze inquinanti di qualsiasi altra nazione, sono impegnati per ridurre sensibil-mente le loro emissioni in atmosfera.La XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Con-venzione quadro delle Nazioni Unite sui cambia-menti climatici si è tenuta a Parigi dal 30 novembre al 11 dicembre 2015. Vi hanno preso parte i rappre-sentanti di 195 nazioni. All’apertura ufficiale erano presenti 150 capi di Stato, tra cui Vladimir Putin, il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il Pri-mo Ministro indiano Narendra Modi e il Presiden-te cinese Xi Jinping. In tale sede è stato approvato l’accordo da 195 Stati, tra cui Cina e Stati Uniti. Tale accordo prevede che i paesi aderenti, attraver-so una successiva ratifica, si impegnino a ridurre le

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emissioni inquinanti in tutto il mondo, a contenere l’aumento delle temperature, a cessare di incremen-tare le emissioni di gas serra e a finanziare i paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.Sabato 3 settembre 2016 Cina e Stati Uniti (respon-sabili, insieme, di circa il 40% delle emissioni globa-li) hanno ratificato tale accordo sul clima.Per la sua entrata in vigore è necessario che venga ratificato da parte di almeno 55 paesi che, insieme, rappresentino almeno il 55% delle emissioni di gas serra. Dopo la recente ratifica del Parlamento dell’Unione Europea, che pesa il 12% delle emissio-ni, i Paesi aderenti (per ora 74) hanno superato la soglia prevista per cui l’accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016.

Cap. IIIDisciplina delle emissioni in atmosfera

1. L’autorizzazione unica ambientale

Il D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, approva Regola-mento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempi-menti amministrativi in materia ambientale gra-vanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambien-tale, a norma dell’art. 23 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Terri-torio e del Mare, con circolare n. 00498001/GAB in data 7 novembre 2013, ha fornito chiarimenti inter-pretativi relativi alla disciplina dell’Autorizzazione Unica Ambientale nella fase di prima applicazione del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.La regola generale, contenuta nell’art. 3 del regola-mento, prescrive l’obbligo di fare richiesta dell’AUA ogniqualvolta l’impianto debba ottenere il rila-scio, la formazione, il rinnovo e l’aggiornamento di quantomeno uno tra i titoli abilitativi in elenco. Tale regola generale conosce solo due eccezioni con-sistenti nell’opportunità per il gestore:

- di non avvalersi dell’AUA ove l’impianto sia sog-getto esclusivamente a comunicazione od autoriz-zazione generale alle emissioni (art. 3, comma 3, regolamento);

- di aderire alle autorizzazioni generali alle emissio-ni (art. 7, comma 1, regolamento).

In tale contesto è opportuno far presente che l’art. 10, comma 2 si interpreta nel senso che la richiesta di AUA è sempre obbligatoria alla scadenza del pri-mo dei titoli abilitativi previsti dall’art. 3, comma 1 del regolamento, salvo che ricorra una delle due citate eccezioni.Salvo quanto previsto dall’art. 7, comma 1, i gestori degli impianti di cui all’art. 1 presentano domanda di autorizzazione unica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, ai sensi della normativa vigente, al rilascio, alla formazione, al rinnovo o all’aggior-namento di almeno uno dei seguenti titoli abilitati-vi (art. 3, c. 1 reg.):

a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

b) comunicazione preventiva di cui all’art. 112 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l’utilizzazione agro-nomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste;

c) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’art. 269 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

d) autorizzazione generale di cui all’art. 272 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

e) comunicazione o nulla osta di cui all’art. 8, com-ma 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;

f) autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all’art. 9 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99;

g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Nei casi in cui si procede alla verifica di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 152/2006, l’autorizzazione unica ambientale può essere richiesta solo dopo che l’au-torità competente a tale verifica abbia valutato di non assoggettare alla VIA i relativi progetti (art. 3, c. 4 reg.).L’autorizzazione unica ambientale contiene tutti gli elementi previsti dalle normative di settore per le autorizzazioni e gli altri atti che sostituisce e defi-nisce le modalità per lo svolgimento delle attività di autocontrollo, ove previste, individuate dall’au-torità competente tenendo conto della dimensione dell’impresa e del settore di attività. In caso di sca-richi contenenti sostanze pericolose, di cui all’art. 108 del D.Lgs. n. 152/2006, i gestori degli impianti autorizzati devono presentare, almeno ogni quattro

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anni, una comunicazione contenente gli esiti delle attività di autocontrollo all’autorità competente, la quale può procedere all’aggiornamento delle con-dizioni autorizzative qualora dalla comunicazione emerga che l’inquinamento provocato dall’attività e dall’impianto è tale da renderlo necessario. Tale aggiornamento non modifica la durata dell’autoriz-zazione (art. 3, c. 5 reg.).L’autorizzazione ha durata pari a quindici anni a decorrere dalla data di rilascio (art. 3, c. 6 reg.). L’art. 4 del regolamento cui si fa espresso rinvio det-ta la “Procedura per il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale”. È fatta salva la facoltà del gestore di aderire tramite il SUAP, ricorrendone i presup-posti, all’autorizzazione di carattere generale ai sensi dell’art. 272, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006. Il SUAP trasmette, per via telematica, l’adesione all’autorità competente (art. 7, c. 1 reg.).Nel rispetto della disciplina comunitaria e naziona-le vigente in materia, le regioni e le province auto-nome di Trento e di Bolzano possono individuare ulteriori atti di comunicazione, notifica ed autoriz-zazione in materia ambientale che possono essere compresi nell’autorizzazione unica ambientale (art. 3, c. 2 reg.).Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione e il Ministro dell’ambiente e del-la Tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con decreto in data 8 maggio 2015, hanno stabilito il modello semplificato e unificato per la richiesta di autorizza-zione unica ambientale (AUA), riportato in allegato e hanno disposto che “le regioni, entro il 30 giugno 2015 adeguano i contenuti del modello adottato in relazione alle normative regionali di settore. Le regioni e gli enti locali ne garantiscono la massima diffusione”.

Cap. IVAttuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa

1. Istituzione di un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente

Con il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 155 (in vigore dal 30 settembre 2010), modificato dal D.Lgs. 24.12.2012, n. 250 (entrato in vigore il 12 febbraio 2013), è sta-ta recepita la direttiva comunitaria n. 2008/50/CE

del 21 maggio 2008 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, che sostituisce le disposizioni di attuazione della diret-tiva 2004/107/CE, istituendo un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente finalizzato a:

a) individuare obiettivi di qualità dell’aria ambiente volti a evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;

b) valutare la qualità dell’aria ambiente sulla base di metodi e criteri comuni su tutto il territorio na-zionale;

c) ottenere informazioni sulla qualità dell’aria am-biente come base per individuare le misure da adot-tare per contrastare l’inquinamento e gli effetti nocivi dell’inquinamento sulla salute umana e sull’ambien-te e per monitorare le tendenze a lungo termine, nonché i miglioramenti dovuti alle misure adottate;

d) mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi;

e) garantire al pubblico le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente;

f) realizzare una migliore cooperazione tra gli Stati dell’Unione europea in materia di inquinamento atmosferico.

Si tratta di norma che riordina completamente la normativa in materia di gestione e tutela della qua-lità dell’aria per i seguenti inquinanti: biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di car-bonio, piombo e PM10, PM 2,5, ozono, arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene.Tra le novità dell’ultimo decreto spicca la nuova definizione di “valore limite” che è quello fissato da conoscenze scientifiche e non più con riferimento alle “migliori tecnologie disponibili”.Il Ministro, senza obbligo di basarsi sulle linee guida tecniche dell’ISPRA, fissa con decreto le procedure di garanzia di qualità in materia di aria-ambiente e le procedure per l’approvazione degli interventi di campionamento e misura. Sarà poi tale Ente ad individuare i criteri di applicazione delle misure ministeriali. Anche il CER e i laboratori pubblici accreditati ISO/Iec possono approvare gli strumenti di campionamento e misura in base alle procedure approvate dal Ministro nonché approvare i metodi di analisi della qualità dell’aria equivalenti a quelli di riferimento.A decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto sono abrogati:

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a) il D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351;

b) il D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183;

c) il D.Lgs. 3 agosto 2007, n. 152;

d) il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, fatte salve le di-sposizioni di cui il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, pre-veda l’ulteriore vigenza;

e) l’art. 3 della legge 4 novembre 1997, n. 413;

f) il D.P.C.M. in data 28 marzo 1983;

g) il decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, recante criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria;

h) il decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991, recante i criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria;

i) il D.P.R. 10 gennaio 1992, recante atto di indirizzo e coordinamento in materia di sistemi di rilevazio-ne dell’inquinamento urbano;

l), m), n), o) i decreti del Ministero dell’Ambiente 6 maggio 1992, 15 aprile 1994, 25 novembre 1994, 16 maggio 1996;

p) il decreto del Ministero dell’Ambiente 21 aprile 1999, n. 163, recante norme per l’individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della cir-colazione;

q) il decreto del Ministero dell’Ambiente 2 aprile 2002, n. 60;

r) il decreto del Ministero dell’Ambiente 20 settem-bre 2002;

s) il decreto del Ministero dell’Ambiente 1° ottobre 2002, n. 261, recante le direttive tecniche per la valu-tazione preliminare della qualità dell’aria ambiente, i criteri per l’elaborazione del piano o dei program-mi di cui agli artt. 8 e 9 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351.

2. Zonizzazione del territorio (artt. 3 e 4)

L’intero territorio nazionale è suddiviso in zone e agglomerati da classificare ai fini della valutazione della qualità dell’aria ambiente. Alla zonizzazione dell’intero territorio nazionale quale presupposto su cui si organizza l’attività di valutazione della qualità dell’aria ambiente, provvedono le regioni e le province autonome sulla base dei criteri indicati nell’appendice I al D.Lgs. 155/2010. Ciascuna zona o agglomerato è classificata allo scopo di individua-re le modalità di valutazione mediante misurazioni

e mediante altre tecniche in conformità alle disposi-zioni del decreto n. 155/2010.La zonizzazione del territorio richiede la previa individuazione degli agglomerati e la successiva individuazione delle altre zone. Gli agglomerati sono individuati sulla base dell’assetto urbani-stico, della popolazione residente e della densità abitativa. Le altre zone sono individuate, prin-cipalmente, sulla base di aspetti come il carico emissivo, le caratteristiche orografiche e meteo-climatiche e il grado di urbanizzazione del ter-ritorio, al fine di individuare le aree in cui uno o più di tali aspetti sono predominanti nel de-terminare i livelli degli inquinanti e di accorpare tali aree in zone contraddistinte dall’omogeneità degli aspetti predominanti. La zonizzazione è rie-saminata in caso di variazione dei presupposti su cui è basata ai sensi dell’appendice I.

3. Valutazione della qualità dell’aria ambiente (art. 5)

“1. La valutazione della qualità dell’aria ambiente è effettuata, per ciascun inquinante, con le modalità previste dai commi 2, 3, 4 e 5, dalle regioni e pro-vince autonome (comma così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a, D.Lgs. 24 dicembre 2012, n. 250 in vigore dal 12 febbraio 2013).

2. Nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti di cui all’art. 1, comma 2, lett. a), b), c) e d), superano la rispettiva soglia di valutazione su-periore, le misurazioni in siti fissi sono obbligatorie e possono essere integrate da tecniche di modelliz-zazione o da misurazioni indicative al fine di fornire un adeguato livello di informazione circa la qualità dell’aria ambiente. Se il superamento interessa gli inquinanti di cui all’art. 1, comma 2, lettera e), le misurazioni in siti fissi sono obbligatorie e possono essere integrate da tecniche di modellizzazione al fine di fornire un adeguato livello di informazione circa la qualità dell’aria ambiente. (Omissis).

4. Nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti di cui all’art. 1, comma 2, sono inferiori alla rispettiva soglia di valutazione inferiore, sono utilizzate, anche in via esclusiva, tecniche di model-lizzazione o di stima obiettiva.

5. Ai fini della determinazione del numero delle sta-zioni di misurazione per le misurazioni in siti fissi nei casi in cui vi è integrazione o combinazione tra misurazioni in siti fissi e tecniche di modellizzazio-ne o misurazioni indicative, si applicano i criteri previsti dall’art. 7, commi 2 e 3”.

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Con decreto ministeriale 22 febbraio 2013 sono sta-ti individuati i valori minimi dei requisiti e degli in-dicatori previsti ai fini dell’autocertificazione degli incubatori di start-up innovative da effettuare per l’iscrizione nell’apposita sezione speciale del Regi-stro delle imprese.

4. Numero minimo stazioni di misurazione in siti fissi di campionamento (artt. 7 e 8)

L’art. 7 del D.Lgs. n. 155/2010, in vigore dal 30 set-tembre 2010, prevede che nelle zone e negli agglo-merati in cui le misurazioni in siti fissi costituiscono l’unica fonte di informazioni sulla qualità dell’aria ambiente è assicurato un numero minimo di stazioni di misurazione di ciascun inquinante pari a quello previsto nell’allegato V, paragrafi 1, 2 e 3, al decreto.I commi 2 e 3 dell’art. 7 stabiliscono le condizioni per cui nelle zone e negli agglomerati in cui le misu-razioni in siti fissi sono integrate (comma 2) o com-binate (comma 3) da tecniche di modellizzazione o da misurazioni indicative, il numero complessivo delle stazioni di misurazione di cui all’allegato V possa essere ridotto fino ad un massimo del 50 per cento.La valutazione della qualità dell’aria, disciplinata dall’art. 8 del decreto in esame (in vigore dal 12 feb-braio 2013), è effettuata per l’ozono sulla base degli allegati VII e VIII e dalle appendici II e III.

5. Piani e misure per il perseguimento, il manteni-mento e il rispetto dei valori limite di emissione (artt. 9 e 11)

5.1. Formazione dei Piani

Se, in una o più aree all’interno di zone o di ag-glomerati, i livelli degli inquinanti di cui all’art. 1, comma 2, superano, sulla base della valutazione di cui all’art. 5, i valori limite di cui all’allegato XI, le regioni e le province autonome, nel rispetto dei cri-teri previsti all’appendice IV, adottano un piano che contenga almeno gli elementi previsti all’allegato XV e che preveda le misure necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza su tali aree di superamento ed a raggiungere i valori limite nei termini prescritti…Le regioni e le province autonome adottano le misure necessarie a preservare la migliore qualità dell’aria ambiente compatibile con lo sviluppo so-stenibile nelle aree in cui, sulla base della valuta-zione sulla qualità dell’aria, i livelli degli inquinanti

monitorati secondo il decreto in esame rispettano i valori limite e i valori obiettivo. Le misure interes-sano, anche in via preventiva, le principali sorgenti di emissione che possono influenzare i livelli degli inquinanti in tali aree e sono inserite, laddove adot-tati, nei piani regionali di cui ai precedenti paragrafi (art. 9, comma 3, D.Lgs. n. 155/2010).L’art. 11 del decreto, come modificato dall’art. 6 del D.Lgs. n. 250/2012, in vigore dal 12 febbraio 2013, stabilisce che, con i piani di cui agli artt. 9, 10 e 13 del D.Lgs. n. 155/2010, si possono anche individuare, con le modalità e per le finalità dagli stessi previste:

a) criteri per limitare la circolazione dei veicoli a motore;

b) valori limite di emissione, prescrizioni per l’e-sercizio, criteri di localizzazione ed altre condizioni di autorizzazione per gli impianti di cui alla parte quinta, titolo I, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, se-condo le relative disposizioni;

c) valori limite di emissione, prescrizioni per l’eser-cizio e criteri di localizzazione per gli impianti di trattamento dei rifiuti che producono emissioni in atmosfera;

d) valori limite di emissione, prescrizioni per l’e-sercizio e criteri di localizzazione per gli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale che producono emissioni in atmosfera;

e) valori limite di emissione, prescrizioni per l’eser-cizio, caratteristiche tecniche e costruttive per gli impianti di cui alla parte quinta, titolo II, del D.Lgs. n. 152/2006, secondo le relative disposizioni;

f) limiti e condizioni per l’utilizzo dei combustibili ammessi dalla parte quinta, titolo III, del D.Lgs. n. 152/2006, secondo le relative disposizioni e nel ri-spetto delle competenze autorizzative attribuite allo Stato ed alle regioni;

g) limiti e condizioni per l’utilizzo di combustibi-li nei generatori di calore sotto il valore di soglia di 0,035 MW nei casi in cui l’allegato X alla parte quinta del D.Lgs. n. 152/2006 prevede il potere dei piani regionali di limitare l’utilizzo dei combustibili negli impianti termici civili;

h) prescrizioni per prevenire o limitare le emissioni in atmosfera che si producono nel corso delle atti-vità svolte presso qualsiasi tipo di cantiere, incluso l’obbligo che le macchine mobili non stradali ed i veicoli di cui all’art. 47, comma 2, lett. c) - categoria N2 e N3 del D.Lgs. n. 152/2006, utilizzati nei cantie-

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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ri e per il trasporto di materiali da e verso il cantiere rispondano alle più recenti direttive comunitarie in materia di controllo delle emissioni inquinanti o si-ano dotati di sistemi di abbattimento delle emissio-ni di materiale particolato;

i) prescrizioni per prevenire o limitare le emissioni in atmosfera prodotte dalle navi all’ormeggio;

l) misure specifiche per tutelare la popolazione in-fantile e gli altri gruppi sensibili della popolazione;

m) prescrizioni per prevenire o limitare le emissioni in atmosfera che si producono nel corso delle atti-vità e delle pratiche agricole relative a coltivazioni, allevamenti, spandimento dei fertilizzanti e degli effluenti di allevamento, ferma restando l’applica-zione della normativa vigente in materia di rifiuti, combustibili, fertilizzanti, emissioni in atmosfera e tutela sanitaria e fito-sanitaria;

n) prescrizioni di limitazione delle combustioni all’aperto, in particolare in ambito agricolo, foresta-le e di cantiere, ferma restando l’applicazione della normativa vigente in materia di rifiuti, combusti-bili, emissioni in atmosfera e tutela sanitaria e fito-sanitaria.

5.2. Attuazione dei Piani

All’attuazione delle previsioni contenute nei pia-ni in merito alla limitazione della circolazione dei veicoli a motore, provvedono i sindaci o la diversa autorità individuata dalle regioni. In caso di inerzia, provvedono, in via sostitutiva, le regioni o la diversa autorità individuata dalle regioni ai sensi della vi-gente normativa regionale. La normativa regiona-le stabilisce idonee forme di raccordo e coordina-mento tra regioni o province autonome ed autorità competente ad adottare i provvedimenti di limi-tazione della circolazione. Le modalità e la durata delle limitazioni devono essere funzionali alle fina-lità dei diversi piani sopra esaminati. Le ordinanze di limitazione del traffico stradale a fini ambientali e sanitari (ex art. 7, comma 1, lett. a-b, del Codice della Strada), possono essere adottate dai sindaci per motivi connessi all’inquinamento atmosferico nei casi e con i criteri previsti dal piano regionale. Resta fermo, in assenza dei piani regionali o qualora i pia-ni non individuino i casi ed i criteri di limitazione della circolazione dei veicoli a motore, il potere del sindaco di imporre tali limitazioni per motivi connessi all’inquinamento atmosferico attraverso le ordinanze previste dal T.U. enti locali (D.Lgs. n. 267/2000).

6. Gestione della qualità dell’aria ambiente in rela-zione all’ozono (art. 13)

Si prevedono misure da adottarsi da parte delle Regioni nel caso di superamento dei valori obiet-tivo che emergano dalla Valutazione della Qualità dell’aria.Le misure non devono comportare costi spropor-zionati e devono essere necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza sulle aree interessate dal fenomeno ed a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo nei termini prescritti.Le misure devono essere previste in un piano, adottato nel rispetto dei criteri previsti per i Piani regionali di qualità dell’aria sopra esaminati, che contenga almeno gli elementi di cui all’allegato XV e che tenga anche conto delle misure conte-nute nel programma nazionale di riduzione delle emissioni di cui al D.Lgs. n. 171/2004. Il piano deve essere integrato con i piani di qualità dell’a-ria di cui all’art. 9.Se, sulla base della valutazione della qualità dell’aria, sono superati gli obiettivi a lungo termine e gli stes-si sono inferiori o uguali ai valori obiettivo di cui all’allegato VII, le Regioni adottano le misure che non comportano costi sproporzionati, necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza su tali aree ed a perseguire il raggiungi-mento degli obiettivi nei termini prescritti. Tali mi-sure devono essere coerenti con quelle previste nel piano regionale di cui al paragrafo precedente, nei piani regionali di qualità dell’aria di cui all’art. 9 e nel programma nazionale di riduzione delle emis-sioni di cui al D.Lgs. n. 171/2004.Le Regioni adottano, nella misura in cui ciò sia con-sentito da fattori come la natura transfrontaliera dell’inquinamento da ozono e le condizioni mete-orologiche, le misure necessarie a preservare la mi-gliore qualità dell’aria ambiente compatibile con lo sviluppo sostenibile ed a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana nelle aree in cui, sulla base della valutazione della qualità dell’aria, i livelli dell’ozono sono inferiori o uguali agli obiettivi a lungo termine. Le misure in-teressano, anche in via preventiva, le principali sor-genti di emissione che possono influenzare i livelli dell’ozono in tali aree.

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TITOLO II

Tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera

Cap. IPrevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività

1. Impianti ed attività che producono emissioni

La parte V del Codice dell’ambiente, approvato con il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, si applica agli impian-ti - inclusi gli impianti termici civili - ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di cam-pionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misu-rati ai valori limite.Per gli impianti di incenerimento e coincenerimen-to e gli altri impianti di trattamento termico dei ri-fiuti, i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell’autorizzazione di cui all’art. 208. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis della Parte Quarta e dei piani regionali di qualità dell’aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli artt. 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l’ap-plicazione delle presenti norme per gli altri impian-ti e le altre attività presenti nello stesso stabilimen-to, nonché nei casi previsti dall’art. 214, comma 8 (così dispone il comma 2 dell’art. 267, modificato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 46/2014).Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad au-torizzazione integrata ambientale, quanto previ-sto al Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l’autorizzazione alle emissioni pre-vista dal presente Titolo non è richiesta in quanto sostituita dall’autorizzazione integrata ambienta-le (ex art. 267, comma 3, come sostituito dall’art. 18 del D.Lgs. n. 46/2014).Al fine di consentire il raggiungimento degli obiet-tivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmo-sfera di sostanze inquinanti, la normativa in esame determina l’attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l’impiego dell’energia elettrica prodotta da impianti di produzione ali-mentati da fonti rinnovabili ai sensi della norma-tiva comunitaria e nazionale vigente e, in parti-

colare, della direttiva 2001/77/CE e del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. Potranno essere promosse dal Ministro dell’ambiente e della tutela del terri-torio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale, misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecno-logie pulite, con particolare riferimento al Mezzo-giorno.

2. Abrogazione di norme

L’art. 280 del Codice, ha disposto l’abrogazione, escluse le disposizioni di cui il decreto in esame preveda l’ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall’art. 14 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351, delle seguenti fonti normative:

a) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203;

b) art. 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;

c) art. 12, comma 8, del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387;

d) D.M. dell’ambiente 10 marzo 1987, n. 105;

e) D.M. dell’ambiente 8 maggio 1989;

f) D.P.C.M. 21 luglio 1989;

g) D.M. dell’ambiente 12 luglio 1990;

h) D.P.R. 25 luglio 1991;

i) D.M. dell’ambiente 21 dicembre 1995;

l) D.M. dell’ambiente del 16 maggio 1996;

m) D.M. dell’ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;

n) D.M. dell’ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;

o) D.M. dell’ambiente e della tutela del territorio 16 gennaio 2004, n. 44.

3. Disciplina degli impianti e attività in deroga

L’art. 272 del Codice, come sostituito dalla lett. a) del comma 6 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010, dispone che non sono sottoposti ad autorizzazio-ne gli stabilimenti in cui sono presenti esclusi-vamente impianti e attività elencati nella parte I dell’Allegato IV del decreto le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamen-to atmosferico.Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell’Allegato X alla parte quinta del decreto, de-vono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l’uso di tali combustibili

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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nella parte III II, dell’Allegato I alla parte quinta del decreto.L’art. 273, comma 7 (modificato dall’art. 3, com-ma 7, lett. a, D.Lgs. n. 128/2010 e così sostituito dall’art. 22, comma 1, lett. a, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46) del D.Lgs. n. 152/2006, dispone che: “Per i grandi impianti di combustione, ciascun camino, contenente una o più canne di scarico, corrisponde, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 270, ad un punto di emissione”.L’autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o inferiore a 17.500 senza rispettare i valori li-mite di emissione.L’art. 276 del citato decreto, come modificato dalla lett. a) del comma 10 dell’art. 3, D.Lgs. n. 128/2010 e dal comma 7 dell’art. 36, D.L. n. 83/2012, detta le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente: a) agli impianti di deposito presso i terminali; b) agli impianti di caricamento di benzina presso i termi-nali; c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali; d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna; e) agli impianti di deposito pres-so gli impianti di distribuzione dei carburanti; f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito tem-poraneo di vapori.

La lett. a) del comma 11 dell’art. 3 D.Lgs. n. 128/2010, modificando l’art. 277 del D.Lgs. n. 152/2006 e poi così sostituito dal comma 2 dell’art. 2, D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, ha disposto che “gli impianti di distribuzione dei carburanti devono es-sere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli.Gli impianti di distribuzione, i distributori e i siste-mi di recupero dei vapori devono essere conformi alle pertinenti prescrizioni dell’Allegato VIII alla parte quinta del decreto, relative ai requisiti di effi-cienza, costruttivi, di installazione, controlli perio-dici ed agli obblighi di documentazione”.In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ferma restando l’applicazio-ne delle sanzioni (penali e amministrative) di cui all’art. 279 del decreto 152/2006 (articolo così mo-dificato dall’art. 3, comma 13, D.Lgs. n. 128/2010 e dall’art. 11, comma 4, D.Lgs. n. 46/2014) e delle

misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria, l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:

a) alla diffida, con l’assegnazione di un termine en-tro il quale le irregolarità devono essere eliminate;

b) alla diffida ed alla contestuale temporanea so-spensione dell’autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l’ambiente;

c) alla revoca dell’autorizzazione con riferimen-to agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni impo-ste con la diffida o qualora la reiterata inosservan-za delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l’ambiente (lettere così sostituite dal comma 12 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010).

Cap. IIInquinamento atmosferico da impianti termici civili

1. Installazione o modifica degli impianti termici civili

Il titolo II del D.Lgs. n. 152/2006, relativo agli im-pianti termici civili, e novellato dal D.Lgs. 29 giu-gno 2010, n. 128, disciplina gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale dell’impian-to superiore a 0,035 MW ed inferiore a 3 MW. Gli impianti termici civili con potenza termica uguale o superiore a 3 MW sono sottoposti ad autorizza-zione secondo le disposizioni del Titolo I, ai sensi dell’art. 269 del D.Lgs. 152/2006, con presentazione della domanda ed adeguamento nei tempi previsti dall’art. 281, comma 3, dello stesso decreto 152.

2. Verifiche e annotazioni sul libretto di centrale e dichiarazione di conformità

Gli impianti termici civili con potenza termica uguale o superiore a 3 MW ed inferiore a 10 MW possono usufruire dell’autorizzazione generale pre-sentando apposita adesione ed adeguandosi entro i tempi previsti dall’art. 281, comma 3 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in eserci-

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zio alla data di entrata in vigore della parte quinta del Codice, il libretto di centrale previsto dall’art. 11 del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, deve essere integrato, a cura del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l’impianto è conforme alle caratteristiche tecni-che di cui all’art. 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all’art. 286. Entro il 31 dicem-bre 2012 il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l’indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all’art. 286. Il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto provvede ad inviare tali atti inte-grativi all’autorità competente entro 30 giorni dalla redazione (articolo così sostituito dal com-ma 17 dell’art. 3, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Vedi, anche le disposizioni transitorie contenute nei commi 34 e 35 del citato art. 3).Gli impianti termici civili di potenza termica nomi-nale superiore al valore di soglia devono rispetta-re le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell’allegato IX pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiet-tivi di qualità dell’aria (ex articolo 285, sostituito dall’art. 34, comma 52, legge n. 221/2012, poi dall’art. 11, comma 9, legge n. 116/2014).

3. Valori limite di emissioni e controlli

Il comma 19 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010 ha modificato l’art. 286 del decreto n. 152/2006, dispo-nendo che le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i valori limite previsti dalla parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell’a-ria previsti dalla vigente normativa, ove necessario, al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell’aria.I valori di emissione degli impianti di cui sopra devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l’indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettua-

to la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla parte III, sezione 1 dell’Allegato IX alla parte quinta. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l’espletamento del-le manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale. Ai fini del campionamento, dell’analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell’Allegato IX alla parte quinta del Codice.L’installatore, contestualmente all’installazione o alla modifica dell’impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione. La documentazione rela-tiva a tale verifica è messa a disposizione del respon-sabile dell’esercizio e della manutenzione dell’im-pianto che la allega al libretto di centrale.

4. Abilitazioni alla conduzione

L’art. 287 del T.U., come modificato dall’art. 3, c. 20, del D.Lgs. n. 128/2010, dispone che il perso-nale addetto alla conduzione degli impianti ter-mici civili di potenza termica nominale superiore a 0,232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da un’autorità individua-ta dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamen-to di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a di-ciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l’autorità che rilascia il patentino o presso la di-versa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l’autorità competente e presso il co-mando provinciale dei vigili del fuoco. La Corte costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250, aveva dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del primo comma dell’art. 287, nel testo previgente, li-mitatamente alle parole «rilasciato dall’ispettorato provinciale del lavoro, al termine di un corso per conduzione di impianti termici, previo supera-mento dell’esame finale».Sono previsti due gradi di abilitazione per la condu-zione degli impianti termici civili e cioè:

- il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del R.D. 12 maggio 1927, n. 824;

- il patentino di secondo grado abilita alla condu-zione degli altri impianti. Il patentino di primo gra-do abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.

Il possesso di un certificato di abilitazione di qual-siasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del R.D. n. 824/1927, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino sen-za necessità dell’esame di cui sopra. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato in caso di irregolare conduzione dell’impianto. A tal fine l’autorità competente comunica all’autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di re-voca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore adottato ai sensi degli artt. 31 e 32 del R.D. n. 824/1927, non ha effetto sul patentino di cui sopra.Il comma 22 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010 ha inno-vato l’art. 290 del D.Lgs. n. 152/2006, disponendo che: “L’installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edili-zia e di nuova costruzione qualora tale misura sia indi-viduata dai piani e dai programmi di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell’aria”.

5. Norme relative ad impianti elettrici per climatiz-zazione invernale ed estiva

Il D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74 (G.U. 27.6.2013, n. 149) ha approvato il regolamento per la climatiz-zazione invernale ed estiva degli edifici, a cui si fa espresso rinvio.

6. Attuazione direttiva 2012/27/UE sull’energia elettrica

Il D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102 (G.U. 18.7.2014, n. 165), come modificato dalla legge n. 164/2014 e dall’art. 1 del D.Lgs. n. 141/2016, dà attuazione alla direttiva UE rubricata e stabilisce un quadro di mi-sure per la promozione e il miglioramento dell’effi-cienza energetica che concorrono al conseguimento dell’obiettivo nazionale di risparmio energetico, a cui si fa espresso rinvio.

Cap. IIICombustibili da utilizzare negli impianti

1. Caratteristiche merceologiche dei combustibili

L’art. 291 T.U., disciplina, ai fini della preven-zione e della limitazione dell’inquinamento at-mosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del Codice, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche del gasolio marino. Il titolo III, capo IV del Codice stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, com-prese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche (comma così modificato dal comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 9 no-vembre 2007, n. 205).Il comma 23 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010 ha modificato l’art. 293 del Codice, prevedendo che negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, pos-sono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall’Allegato X alla parte quinta, alle condizioni ivi previste. I ma-teriali e le sostanze elencati nell’allegato X alla par-te quinta del decreto non possono essere utilizzati come combustibili se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del decreto.L’art. 294 del Codice, come modificato dal comma 24 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2010 ha disposto che gli impianti, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura nell’effluente gassoso nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazio-ne in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio, al fine di ottimizzare il rendimento di combustione. I suddetti parametri devono essere ri-levati nell’effluente gassoso all’uscita dell’impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tec-nicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.Ai fini dell’applicazione delle citate disposizioni si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in cui più impian-ti siano considerati, ai sensi dell’art. 270, comma 4, o dell’art. 273, comma 9, o dell’art. 282, comma 2, come un unico impianto.

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Nel caso di impianti di combustione per i qua-li l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera o l’autorizzazione integrata ambientale prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio e la relativa misurazione in continuo, quest’ultima tiene luogo della misura-zione del medesimo come sopra prescritta, ma ciò non si applica agli impianti elencati nell’art. 273, comma 15, anche di potenza termica nominale in-feriore a 50 MW.Al fine di ottimizzare il rendimento di combustio-ne, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del Codice, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la misurazio-ne e la registrazione in continuo dell’ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell’effluente gassoso all’usci-ta del focolare. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione au-tomatica del rapporto aria-combustibile.

2. Sanzioni e abrogazioni

L’art. 296 del Codice, recante la disciplina dei con-trolli e delle sanzioni, è stato sostituito dal comma 5 dell’art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205. Sono previste sanzioni penali ed amministrative.La legge 22 maggio 2015, n. 68 (G.U. 28.5.2015, n. 122) ha inserito il titolo VI-bis nel codice penale ru-bricato «dei delitti contro l’ambiente», che compren-de le seguenti nuove incriminazioni:

• il reato di «inquinamento ambientale» (art. 452-bis c.p.), che punisce chiunque, «abusivamente», cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente: (i) delle acque o dell’aria...;

• il reato di «disastro ambientale» (art. 452-quater c.p.), che punisce chiunque, «abusivamente», ca-gioni un disastro ambientale, attraverso condotte che, alternativamente, determinino: un’alterazio-ne irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; un’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; un’offesa all’incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’esten-sione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo;

• la fattispecie colposa dei reati di inquinamento ambientale e disastro ambientale, nonché la cor-relativa ipotesi di pericolo di un loro avveramento (art. 452-quinques c.p.). In tali casi, le pene previ-ste per le relative ipotesi dolose (v., rispettivamente, artt. 452-bis e 452-quater c.p.) sono diminuite da un terzo a due terzi;

• introduzione di un’aggravante, consistente nella commissione dei reati in materia ambientale me-diante il sistema associativo ex art. 416 c.p. (art. 452-octies c.p.): per tale ipotesi, vi è un aumento delle pene di cui all’art. 416 c.p.;

• il reato di «traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività» (art. 452-sexies c.p.), che punisce chiunque «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abban-dona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività».

TITOLO III

Prevenzione inquinamento atmosferico provocato da traffico veicolare

Cap. ILimitazione emissioni di composti organici volatili conseguenti all’uso di solventi in talu-ne pitture e vernici, nonché in prodotti per la carrozzeria

1. Contenuto massimo di COV ammesso ai fini dell’immissione sul mercato per pitture e vernici per carrozzeria

Il D.Lgs. 27 marzo 2006, n. 161, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. 14 febbraio 2008, n. 33, dal D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, dal D.L. 29 dicem-bre 2010, n. 225, dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, e dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, nel testo integra-to dalla legge di conversione n. 134/2012, deter-mina, per le pitture, le vernici ed i prodotti per carrozzeria (di seguito unitariamente denomina-ti prodotti), elencati nell’allegato I, il contenuto massimo di COV ammesso ai fini dell’immissio-ne sul mercato.Restano ferme, per tali prodotti, le disposizioni vi-genti in materia di tutela dei consumatori, dei lavo-ratori e dell’ambiente di lavoro, nonché in materia di etichettatura dei prodotti (art. 1).

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A decorrere dalla data di applicazione dei valo-ri limite previsti nell’allegato II i prodotti elencati nell’allegato I possono essere immessi sul mercato solo se hanno un contenuto di COV uguale o infe-riore a tali valori limite e se sono etichettati in con-formità all’art. 4 (art. 3, comma 1).Se i prodotti elencati nell’allegato I richiedono, per essere pronti all’uso, l’aggiunta di altri prodotti, quali solventi o preparati contenenti solventi, anche diversi da quelli elencati nell’allegato I, i valori li-mite previsti nell’allegato II si applicano soltanto al prodotto divenuto pronto all’uso a seguito di tale aggiunta (art. 3, comma 2).I valori limite previsti nell’allegato II non si appli-cano ai prodotti elencati nell’allegato I, da utilizzare nelle attività effettuate presso gli impianti autoriz-zati ed eserciti in conformità all’art. 275 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Se presso tali impianti si effet-tuano attività di restauro o manutenzione dei vei-coli di cui al comma 5 il gestore non deve ottenere l’autorizzazione ivi prevista (art. 4, comma 4).I valori limite previsti nell’allegato II non si appli-cano ai prodotti elencati nell’allegato I, da utilizzare per il restauro o la manutenzione degli edifici d’e-poca o dei veicoli tutelati come beni culturali dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, o per il restauro o la manutenzione dei veicoli d’epoca o di interesse sto-rico o collezionistico di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (art. 4, comma 5).Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di immissione sul mercato di prodotti elencati nell’allegato I, aventi un contenuto di COV superio-re ai valori limite stabiliti dall’allegato II, il produt-tore e chi ha effettuato operazioni di miscelazione difformi sono punito con l’arresto fino a due anni o con l’ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro (art. 6).

Cap. IIInterventi strutturali: il Piano urbano del traffico (PUT) ed i Piani particolareggiati del traffico urbano (PPTU)

1. Misure di prevenzione e di programma

Affrontare in modo adeguato il problema del traf-fico è sicuramente uno dei compiti più difficili, ma anche il più ambizioso per qualsiasi amministra-zione.Nella consapevolezza che il reale miglioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente è vincolato

ad azioni di carattere strutturale, volte a modifi-care in modo strategico il rapporto spostamenti-localizzazioni, incidendo sull’attuale eccessiva mo-bilità individuale, l’iniziativa di maggior respiro è sicuramente l’utilizzo del Piano urbano del traffico di cui ciascun comune medio grande dovrebbe dotarsi.Tale Piano è formato principalmente dal Piano ge-nerale del traffico urbano (PGTU) e dai Piani par-ticolareggiati del traffico urbano (PPTU) ai quali si aggiunge il Piano delle piste ciclabili (BiciPlan). Oltre a questo possono essere avviate altre azioni, pianificate nel breve e medio periodo (Bollino blu, Piano dell’emergenza, Mobility Management), de-stinate ad avere prosecuzione nel corso di vari anni. Si tratta evidentemente di interventi che, pur non avendo l’importanza e il rilievo delle azioni di tipo strutturale, possono contribuire da un lato a decon-gestionare il traffico nel centro urbano, dall’altro a sensibilizzare la popolazione sui temi della viabilità e dell’ambiente.Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell’art. 35 del Nuovo Codice della Strada, è competente ad impartire direttive per l’organizza-zione della circolazione e della relativa segnaletica stradale, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per gli aspetti di sua competen-za, su tutte le strade. Stabilisce, inoltre, i criteri per la pianificazione del traffico cui devono attenersi gli enti proprietari delle strade, coordinando questi ul-timi nei casi e nei modi previsti dal regolamento e, comunque, ove si renda necessario.Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è au-torizzato ad adeguare con propri decreti le norme del regolamento per l’esecuzione del presente codi-ce alle direttive comunitarie ed agli accordi interna-zionali in materia. Analogamente il Ministro è au-torizzato ad adeguare con propri decreti le norme regolamentari relative alle segnalazioni di cui all’art. 44 CdS.

2. Piani urbani del traffico e per la viabilità extraur-bana

L’art. 36 del Codice della Strada dispone quanto se-gue:

“1. Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, è fatto obbligo dell’adozione delle piano urbano del traffico veicolare entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente co-dice.

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2. All’obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad adempiere i comuni con popolazione residente in-feriore a trentamila abitanti i quali registrino, an-che in periodi dell’anno, una particolare affluenza turistica, risultino interessati da elevati fenomeni di pendolarismo o siano, comunque, impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione della cir-colazione stradale. L’elenco dei comuni interessati viene predisposto dalla regione e pubblicato, a cura del Ministero dei lavori pubblici, nella Gazzetta Uf-ficiale della Repubblica italiana.

3. Le province provvedono all’adozione di piani del traffico per la viabilità extraurbana all’intesa con gli altri enti proprietari delle strade interessate. La leg-ge regionale può prevedere, ai sensi dell’art. 19 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree, indicate all’art. 17 della stessa, provvedano gli organi della città me-tropolitana.

4. I piani di traffico sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inqui-namenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi. Il piano urbano del traf-fico veicolare prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base informatica di regolamenta-zione e controllo del traffico nonché di verifica del rallentamento della velocità e di dissuasione della sosta, alfine anche di consentire modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendano necessarie in relazione agli obiettivi da perseguire.

5. Il piano urbano del traffico viene aggiornato ogni due anni. Il sindaco o il sindaco metropolitano, ove ricorrano le condizioni di cui al comma 3, sono te-nuti a darne comunicazione al Ministero dei lavori pubblici per l’inserimento nel sistema informativo previsto dall’art. 226, comma 2. Allo stesso adempi-mento è tenuto il presidente della provincia quando sia data attuazione alla disposizione di cui al com-ma 3.

6. La redazione dei piani urbani di traffico deve es-sere predisposta nel rispetto delle direttive emanate dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente e il Ministro per i problemi delle aree urbane, sulla base delle indicazioni for-mulate dal Comitato interministeriale per la pro-grammazione economica nel trasporto. Il piano

urbano del traffico viene adeguato agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale fissato dalla regione ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142.

7. Per il perseguimento dei fini di cui ai commi 1 e 2 e anche per consentire la integrale attuazione di quanto previsto dal comma 3, le autorità indicate dall’art. 27, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, convocano una conferenza tra i rappresentanti delle amministrazioni, anche statali, interessate.

8. È istituito, presso il Ministero dei lavori pubbli-ci, l’albo degli esperti in materia di piani di traffi-co, formato mediante concorso biennale per titoli. Il bando di concorso è approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Mi-nistro dell’università e della ricerca scientifica e tec-nologica.

9. A partire dalla data di formazione dell’albo degli esperti di cui al comma 8 è fatto obbligo di conferire l’incarico della redazione dei piani di traffico oltre che a tecnici specializzati appartenenti al proprio Ufficio tecnico del traffico, agli esperti specializzati inclusi nell’albo stesso.

10. I comuni e gli enti inadempienti sono invitati, su segnalazione del prefetto, dal Ministero dei lavori pubblici a provvedere entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede all’esecuzio-ne d’ufficio del piano e alla sua realizzazione”.

3. Redazione, adozione ed attuazione dei Piani Urbani del Traffico

La Direttiva del Ministero dei lavori pubblici, di concerto con il Ministero dell’ambiente e con il Di-partimento per le aree urbane della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 12 aprile 1995 ha previ-sto che il Piano urbano del traffico (PUT) sia co-stituito da un insieme coordinato di interventi per il miglioramento delle condizioni della circolazio-ne stradale nell’area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati, realizzabili nel breve periodo - arco temporale biennale - e nell’ipotesi di dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto so-stanzialmente invariate.In particolare il PUT deve essere inteso come “piano di immediata realizzabilità”, con l’obiettivo di con-tenere al massimo - mediante interventi di modesto onere economico - le criticità della circolazione; tali criticità - specialmente nelle aree urbane di maggio-ri dimensioni - potranno infatti essere interamen-te rimosse solo attraverso adeguati potenziamenti

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sull’offerta di infrastrutture e di servizi del traspor-to pubblico collettivo, che costituiscono l’oggetto principale del Piano dei trasporti, realizzabile nel lungo periodo - arco temporale decennale.La corretta progettazione dell’organizzazione della circolazione stradale deve prevedere interventi su tutti i suoi settori, ivi inclusa, oltre la gestione otti-male degli spazi stradali esistenti, pubblici o aperti all’uso pubblico (individuazione degli interventi di organizzazione delle sedi viarie, finalizzata al miglior uso possibile delle medesime per la circo-lazione stradale), anche - ove necessario - la gestio-ne ottimale del sistema di trasporto pubblico col-lettivo stradale (individuazione di nuovi percorsi e nuove frequenze delle linee, finalizzata al migliore uso possibile del relativo parco dei mezzi esisten-ti). In tale evenienza il PUT può più propriamente essere denominato Piano della mobilità, mentre nell’altra evenienza rimane al PUT il significato - più limitato - di gestione ottimale degli spazi stra-dali esistenti.Il Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) co-stituisce il primo livello di progettazione nell’ambi-to della programmazione riguardante la prevenzio-ne dall’inquinamento atmosferico veicolare. Come tale si deve occupare dell’adattamento e della rego-lazione delle infrastrutture esistenti per migliorarne la funzionalità e l’efficienza. Tali obiettivi vengono perseguiti con interventi di sicura fattibilità ed a co-sti il più possibile contenuti, come ad esempio gli schemi di circolazione, la regolazione della sosta, la ristrutturazione degli incroci e dei piazzali, gli ele-menti di protezione dei mezzi pubblici, dei pedoni e dei ciclisti.Il Piano, che si occupa dei problemi del traffico e della mobilità, deve contenere i seguenti elementi:

• analisi sullo stato e sui problemi del traffico e della mobilità;

• definizione degli obiettivi e delle strategie di riso-luzione dei problemi;

• scelta, definizione e realizzazione degli interventi previsti.

Le analisi sulla mobilità e il traffico attengono alle diverse componenti e modalità di trasporto, nonché l’esame delle ripercussioni del traffico sull’ambien-te. Deve essere effettuata la valutazione complessiva dei fenomeni, con successivo esame della distribu-zione di questi sul territorio. Gli elementi più si-gnificativi di tale progettualità possono essere così individuati:

• alti livelli di congestione sulle principali strade di penetrazione nella città con il proposito di elimi-nare gli eventuali rallentamenti nel traffico auto-mobilistico, le irregolarità nei servizi di trasporto pubblico, e lo scadimento della qualità ambientale dei luoghi attraversati da queste arterie;

• alti livelli di incidentalità stradale, con andamenti di crescita annua decisamente maggiori del livello e/o dell’aumento del traffico;

• la mobilità dei residenti e gli spostamenti nei singoli comparti urbani con una differenziazione riguardo agli spostamenti per lavoro, per i quali è significativa l’attrazione di lavoratori verso il centro e verso l’esterno. La mobilità di provenienza esterna deve costituire il problema prioritario da risolvere. La tariffazione della sosta nei centri di maggior con-gestione ed il ricorso all’utilizzo dell’offerta a favore della sosta di breve periodo costituiscono elementi che possono condurre nel tempo ad una rilevante riduzione del traffico automobilistico nei centri sto-rici e nelle aree contermini.

Il trasporto pubblico urbano deve avere un signifi-cativo recupero di passeggeri in concomitanza con l’attivazione delle soste a pagamento con il proposi-to di favorire un andamento tendenziale di crescita dell’utenza dei mezzi pubblici di linea.Un elemento portante del Piano è il trasporto pub-blico, il cui potenziamento rappresenta una condi-zione indispensabile affinché anche gli altri obiettivi possano essere raggiunti. A tale proposito deve es-sere prevista un’organizzazione della rete impostata su alcune direttrici forti, sì da proteggere con corsie preferenziali e semafori asserviti, lungo le quali ga-rantire alta frequenza, buona velocità commerciale, regolarità di servizio e comfort, accettando percorsi terminali a piedi superiori agli esistenti e in linea con gli standard europei. Coerentemente con lo scenario prefigurato per il lungo termine, può essere proposto l’utilizzo di una tecnologia tranviaria su gomma con trazione bimodale, con tratti di percorsi in sede pro-tetta. La presenza di un sistema di trasporto pubblico competitivo e con adeguate riserve di capacità può consentire di adottare una serie di interventi sul siste-ma di controllo della sosta, delle aree pedonali e delle zone a traffico limitato e dei percorsi ciclabili, atti a spingere quote di utenti attuali del trasporto privato ad utilizzare il trasporto pubblico, con particolare ri-ferimento ai pendolari, anche attraverso operazioni di interscambio modale.I parcheggi scambiatori rappresentano l’indispensa-bile complemento alla nuova struttura del trasporto

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pubblico, e devono essere localizzati lungo le linee forti urbane, oltre che in corrispondenza delle fer-mate di altri servizi pubblici di linea.Il Piano deve presentare una serie articolata di obiettivi e strategie, legati anche ai contenuti definiti in merito dal nuovo Codice della Strada quali:

- miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale nel rispetto dei vincoli eco-nomici, urbanistici ed ambientali;

- riduzione degli inquinamenti acustico ed atmo-sferico;

- risparmio energetico.

Per la realizzazione di queste strategie, il Piano può prevedere un’estesa serie di interventi che riguarda-no sia elementi infrastrutturali “leggeri” (es. ristrut-turazione di incroci o tratte viarie) che elementi di regolazione (es. sistemi semaforici coordinati) non-ché l’introduzione di nuove tratte di corsie prefe-renziali per i mezzi pubblici e lo sviluppo della rete ciclabile ed in particolare la risoluzione dei punti più difficoltosi e pericolosi per il transito in biciclet-ta; l’avanzamento del programma di realizzazione di un sistema di supervisione e regolazione del traf-fico, basato su tecnologie di rilevazione automatica dei flussi e dei transiti, sul controllo e coordinamen-to dei semafori, e sugli strumenti di informazione all’utenza (segnali a messaggio variabile). Questo sistema consentirà una migliore regolazione e flui-dificazione dei flussi veicolari, nonché una efficiente gestione delle emergenze ambientali e di traffico.In linea di sintesi il PGTU deve contenere:

- il piano di miglioramento della mobilità pedonale (zone ed itinerari pedonali, ZTL, protezione attra-versamenti ecc.);

- il piano di miglioramento della mobilità dei mezzi collettivi (riorganizzazione degli itinerari e dei ser-vizi nel caso di un piano della mobilità, corsie ri-servate, itinerari protetti, attrezzaggio dei “nodi di interscambio” e delle fermate ecc.);

- il piano di riorganizzazione della rete primaria di circolazione dei veicoli privati (schema generale di circolazione viabilità primaria assegnazione prece-denze ed accorgimenti per il miglioramento della sicurezza);

- il piano di riorganizzazione della sosta delle auto-vetture (politiche della sosta anche conseguenti alla classificazione della rete viaria);

- l’identificazione dei più importanti e prioritari

Piani Particolareggiati con gli obbiettivi e le linee guida per ciascuno di essi.

4. Direttive per la formazione del Piano urbano del traffico (PUT)

Lo scopo principale del PUT è quello di migliorare la qualità della vita nelle città, assicurare il diritto alla mobilità delle persone, combattere i fenomeni di congestione veicolare e di inquinamento atmo-sferico. Azioni prioritarie sono:

1. dirottare il traffico pesante sulle tangenziali per alleggerire la viabilità urbana, sostituire i semafori con rotatorie negli incroci urbani per fluidificare il traffico, aumentare la sicurezza, ridurre la velocità e l’inquinamento acustico e atmosferico;

2. promuovere i sistemi di trasporto collettivo, va-lorizzando il trasporto pubblico locale (Tpl) con la gratuità dei bus per gli over 65 anni;

3. diffondere i percorsi ciclabili sulla rete stradale urbana per favorire la mobilità non inquinante;

4. realizzare presso gli istituti scolastici accessi e per-corsi ciclopedonali sicuri;

5. assicurare la politica integrata della sosta con par-cheggi a rotazione in prossimità del centro con ta-riffe crescenti verso le aree centrali. Alcune categorie di utenti come i residenti e i lavoratori disporranno di tariffe agevolate;

6. definire l’intero centro storico come zona di particolare rilevanza urbanistica, valorizzandone le funzioni culturali, terziarie e commerciali, au-mentando le aree pedonali del centro e liberare i marciapiedi dalle barriere architettoniche e dagli ostacoli.

7. obbligatorietà dei Piani regionali qualità dell’aria (art. 9, comma 12) e attuazione misure contenute nei piani regionali contro l’inquinamento da traffi-co stradale (art. 11, comma 3);

8. misure integrative dei piani regionali nel caso di superamento degli obiettivi a lungo termine dell’o-zono (art. 13, comma 2).

Appare superfluo ricordare che la pianificazione dell’ente locale deve essere rispettosa di quanto pre-scritto dalla legge ai fini della salvaguardia dell’am-biente dal pesante inquinamento atmosferico di cui devono occuparsi quotidianamente i sindaci delle città coinvolte ormai da traffici veicolari urbani ed extraurbani che insidiano la salute delle persone.

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Cap. IIIInterventi non strutturali e a tempistica di avvio medio-breve per decongestionare il traffico veicolare nei centri urbani per un’aria più pulita

1. Caratteristica degli interventi

Gli interventi, pur non avendo il respiro di azioni di tipo strutturale, possono comunque contribuire, da un lato a decongestionare il traffico nel centro urbano e a migliorare la qualità dell’aria, dall’altro a sensibilizzare la popolazione sulle tematiche della viabilità e dell’ambiente.Tra le iniziative che possono essere avviate da parte delle amministrazioni comunali, si ricordano:

- il “Piano di emergenza per episodi acuti di inqui-namento atmosferico”;

- l’iniziativa “Bollino blu” per il controllo delle emissioni autoveicolari;

- l’iniziativa “Mobility Management”;

- l’iniziativa “Domeniche Ecologiche”.

2. Piano di emergenza per episodi acuti di inquina-mento atmosferico prodotto da veicoli

Nel comune, spetta al sindaco adottare i provvedi-menti conseguenti al verificarsi di episodi di inqui-namento acuto. L’organo tecnico di cui il sindaco si avvale nell’esercizio di tali attribuzioni (composto da comune, provincia, Asl ed Arpa) ha il potere di formulare indicazioni in merito alle procedure da seguire in tali circostanze e che possono, in linea di massima, essere cosi riassunte:

- superamento dei livelli di attenzione per i para-metri convenzionali: informazione alla popolazio-ne e contestuale avviso alle strutture che dovranno intervenire nel caso di ulteriore peggioramento dell’inquinamento atmosferico (settore mobilità, ufficio ecologia-ambiente, comando polizia muni-cipale ecc.);

- superamento dei livelli di allarme per i parametri convenzionali: divieto di circolazione stradale nelle aree che per almeno tre giorni consecutivi hanno superato la soglia di attenzione.

I provvedimenti di divieto del sindaco si applicano a tutti gli autoveicoli che circolano entro il centro abitato per il quale è stato adottato il provvedimen-to. Da tale divieto sono esclusi gli autoveicoli del tipo omologato ai sensi della direttiva comunitaria

91/441 e successivi aggiornamenti, immatricolati da non oltre quattro anni. Sono, inoltre, escluse le ca-tegorie di veicoli che saranno individuate dal sinda-co in considerazione della necessità di ottemperare alle esigenze di prevenzione dagli inquinamenti e di svolgimento di attività sociali e produttive. Per la violazione del provvedimento del Sindaco si applica la sanzione prevista dall’art. 7, comma 13, del Codi-ce della strada (art. 3, D.M.).L’inserimento dei centri abitati, per i quali si inten-de assumere il provvedimento, nelle zone a rischio o l’accertamento del raggiungimento almeno due volte nel corso di dodici mesi degli stati di attenzio-ne costituiscono le accertate e motivate esigenze ri-chieste dall’art. 7, comma 1, lett. b) del Codice della strada per l’emanazione dei provvedimenti.L’ordinanza di divieto deve essere portata a cono-scenza degli utenti della strada mediante l’apposi-zione, in corrispondenza dei segnali di inizio centro abitato, del segnale di divieto di transito di cui alla figura II.46 del Regolamento di esecuzione del Co-dice della strada, corredato di pannello integrativo riportante la scritta “eccetto veicoli autorizzati per zona Bollino blu”. Detto segnale di divieto dovrà es-sere presegnalato, mediante i segnali di indicazione e di preavviso, in corrispondenza della intersezione dalla quale si dirama il percorso alternativo indivi-duato.

3. L’attività del Ministero dell’Ambiente su mobilità sostenibile nelle aree urbane

Il tema della mobilità sostenibile sta divenendo negli ultimi anni uno degli argomenti di maggio-re dibattito nell’ambito delle politiche ambienta-li locali, nazionali e internazionali che possiamo identificare con l’insieme di azioni volte a ridurre l’impatto ambientale derivante dalla mobilità delle persone e delle merci. A titolo orientativo si ricor-da che il settore dei trasporti produce oltre il 49% delle emissioni di polveri sottili (PM10) in Italia, di cui oltre il 65% di queste deriva dal trasporto stradale. Quindi il sistema dei trasporti è conside-rato uno dei maggiori responsabili dell’inquina-mento atmosferico.Il miglioramento del sistema dei trasporti, in par-ticolare in ambito urbano, rappresenta una delle priorità per i paesi che vogliono favorire una mi-gliore qualità della vita dei cittadini, in termini di relazioni sociali e culturali, in ambito locale, nazio-nale e internazionale e nel creare nuove opportunità economiche.

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Le aree urbane si vanno sempre più qualificando come ambienti dove si lavora, ci si muove, si fanno affari e dove la vita è regolata dalla funzionalità dei servizi pubblici ma anche dai nuovi stili di vita dei singoli cittadini legati ad esempio al tempo libero.La mobilità urbana è diventata una delle più gran-di opportunità di sviluppo e nel contempo fonte di problemi della vita contemporanea, il cui maggio-re fattore strutturale è legato ai cambiamenti della morfologia urbana e alle trasformazioni dell’intero sistema urbano nel suo complesso.Il traffico urbano è senza dubbio uno dei principali problemi della nostra epoca e le sue conseguenze si ripercuotono su molteplici aspetti della vita degli individui.I “costi esterni” pagati dalla comunità, generati dal traffico urbano, possono infatti essere tradotti in termini di:

- emissioni di gas serra;

- inquinamento atmosferico ed acustico;

- congestione da traffico;

- incidentalità;

- consumi energetici.

Il traffico delle nostre città è anche un problema economico, in termini di consumo di risorse non reintegrabili. È un problema ambientale, perché genera effetti negativi in termini di emissioni in-quinanti con ripercussioni sulla salute del pianeta e della popolazione. È un problema sociale perché incide gravemente sulla qualità della vita e sulla si-curezza dei cittadini.Per contrastare tutto questo, in generale, occorre stimolare una politica basata su obiettivi comuni da raggiungere e i risultati da realizzare sul territorio, in cui tutti i soggetti coinvolti (pubbliche ammi-nistrazioni, regioni, enti locali, imprese) possano contribuire all’utilizzo efficiente delle risorse ed alla condivisione degli obiettivi e degli strumenti per aumentare l’efficacia degli interventi da realizzare. Ma anche i cittadini devono essere sensibilizzati e coinvolti attraverso proposte alternative volte a sti-molare la consapevolezza di scelte più opportune nel muoversi in città. È necessario diffondere una vera e propria cultura della mobilità sostenibile per promuovere e sperimentare nuove modalità di tra-sporto con particolare attenzione ai contesti urbani.In tale ambito il Ministero dell’ambiente ha sup-portato dal 1996 ad oggi, la realizzazione di oltre 556 interventi, per una spesa complessiva di più di 600 milioni di euro, finalizzati alla progressiva ri-

duzione dell’utilizzo del mezzo privato motorizzato ed a favore di modalità di trasporto orientate alla salvaguardia dell’ambiente, ed in particolar modo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico de-rivante dal traffico veicolare. Tutto ciò attraverso specifici programmi di cofinanziamento, tra cui il più recente è il Fondo per la mobilità sostenibile, rivolti ai Comuni, quali soggetti istituzionalmen-te competenti nella realizzazione delle politiche di mobilità urbana, tenendo conto delle esigenze delle aree urbane italiane, attraverso un confronto con l’ANCI. I Comuni che hanno beneficiato dei pro-grammi di cofinanziamento hanno quindi potuto usufruire negli anni di un sostegno aggiuntivo per la realizzazione delle proprie politiche di mobilità sostenibile, con l’obiettivo di massimizzare i bene-fici ambientali.Con i numerosi programmi avviati, il Ministero ha perseguito obiettivi quali il potenziamento del tra-sporto pubblico locale, la messa in circolazione di veicoli a basso impatto ambientale, la promozione di sistemi di mobilità alternativi quali la bicicletta, la razionalizzazione dei processi di distribuzione delle merci in ambito urbano, la promozione di ser-vizi di trasporto flessibile, la diffusione del servizio di car sharing.

4. Direttiva “Bollino blu” sul controllo dei gas di scarico dei veicoli per evitare inquinamento at-mosferico

Il bollino blu auto 2017 è obbligatorio per tutti i vei-coli a benzina, diesel, gas e metano compresi i ciclo-motori e moto a prescindere dal luogo di residenza del proprietario. La periodicità con cui deve essere eseguito il controllo dei gas di scarico segue quel-la della revisione periodica del mezzo quindi ogni 2 anni per veicoli che hanno più di 4 anni e per i veicoli nuovi dopo 4 anni dalla data di immatrico-lazione e successivamente ogni 2 anni. Se si acqui-sta una nuova auto nel 2016 il primo bollino blu va fatto dopo 4 anni in concomitanza con la scadenza della prima revisione, ossia, nel 2020. Per i ciclomo-tori invece la periodicità del bollino blu è ogni anno ma solo nel Comune di Roma.L’utente deve pagare solo il costo della revisione pe-riodica e non deve esporre alcun adesivo. La certifi-cazione dell’avvenuto controllo dei gas di scarico è il tagliandino stesso della revisione periodica.

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5. Il Piano di mobilità sostenibile nelle aree urbane (Mobility Management)

Oltre a redigere un proprio Piano della mobilità sostenibile, l’ufficio competente del comune (pre-feribilmente ufficio Traffico) riceverà, entro il 31 dicembre di ogni anno, i Piani degli spostamenti casa-lavoro qualora sia accertato o prevedibile il superamento dei limiti e degli obiettivi di qualità dell’aria, stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge.Gli enti pubblici, con singole unità locali con più di 300 dipendenti e le imprese con più di 800 addet-ti complessivamente considerati, adottano il Piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente, individuando a tal fine un responsabile della mobilità aziendale (art. 3).Tale Piano:

- è finalizzato alla riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale e ad una migliore or-ganizzazione degli orari per limitare la congestione del traffico;

- deve essere trasmesso al comune entro il 31 di-cembre di ogni anno ed entro i successivi 60 giorni il comune stipula con l’impresa o l’ente pubblico proponenti eventuali accordi di programma per l’applicazione del Piano stesso;

- viene aggiornato con un rapporto annuale che do-vrà contenere la descrizione delle misure adottate ed i risultati raggiunti.

I comuni dovrebbero istituire preferibilmente presso l’ufficio tecnico del traffico una struttura di supporto e di coordinamento tra responsabili del-la mobilità aziendale che mantiene i collegamenti con le amministrazioni comunali e le aziende di trasporto.Le imprese e gli enti con singole unità locali, con meno di 300 dipendenti, possono individuare i responsabili della mobilità aziendale ed usufruire della struttura di supporto suindicata, che potrà avvalersi anche di consulenze esterne (art. 3, com-ma 3).I Comuni possono incentivare associazioni od im-prese ad organizzare servizi di uso collettivo otti-male delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone, dietro pagamento di una quota pro-porzionale al tempo d’uso ed ai chilometri percorsi (art. 4, comma 1).Tali misure e incentivazioni sono ammesse a con-dizione che i servizi di uso collettivo ottimale e le forme di multiproprietà avvengano con autoveicoli elettrici, ibridi, con alimentazioni a gas naturale o

GPL, dotati di dispositivo per l’abbattimento delle emissioni inquinanti, o immatricolati ai sensi della direttiva 94/12/CEE (art. 4, comma 2).I Sindaci dei comuni compresi nelle zone a rischio di inquinamento atmosferico, individuate secon-do le vigenti disposizioni di legge e regolamentari, adottano le misure adeguate, ai sensi delle leggi sa-nitarie, per la prevenzione e la riduzione delle emis-sioni inquinanti, qualora sia accertato o prevedibile il superamento dei limiti e degli obiettivi di qualità dell’aria.Sono stati emanati, al riguardo, i DD.MM. Ambien-te 20 dicembre 2000 “Promozione del car sharing”, 21 dicembre 2000 “Programmi radicali per la mo-bilità sostenibile” e 12 novembre 2002 “Ammissio-ne a cofinanziamento dei comuni ai sensi del DD 21.12.2000”, con i quali sono stati disciplinati:

- l’integrazione e completamento del progetto di realizzazione del sistema coordinato ed integrato di servizi locali di car sharing;

- la riduzione strutturale e permanente dell’impatto ambientale derivante dal traffico;

- un cofinanziamento ai Comuni di progetti per “aree di intervento”;

- il trasporto collettivo innovativo (il Road e area pricing; il trasporto pubblico elettrico; l’uso dei mezzi ecologici; il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico; l’adozione di Progetti dimostrativi di carburanti alternativi; la realizzazione di politiche radicali ed interventi integrati per la mobilità soste-nibile nelle aree urbane).

6. Iniziativa “Domeniche ecologiche”

L’iniziativa per la sensibilizzazione e l’informa-zione dei cittadini con tematiche sulla mobilità sostenibile e per un più efficace svolgimento in-teressava originariamente quattro «Domeniche ecologiche»: 6 febbraio, 5 marzo, 9 aprile e 7 mag-gio (art. 1 del D.M. 25 gennaio 2000). Tale inizia-tiva «Domeniche ecologiche», per effetto dell’art. 1 del D.M. 29 maggio 2000, fu estesa alle seguenti giornate: 4 giugno «festa verde della Repubblica», 22 settembre «giornata europea, in città senza la mia auto», 1° ottobre, 5 novembre e 3 dicembre 2000.Il Ministero dell’ambiente cofinanzia i progetti pre-sentati dai comuni finalizzati alla sensibilizzazione e informazione dei cittadini sulle tematiche della mobilità sostenibile ed al più efficace svolgimento delle giornate ecologiche.

area IX - il governo del territorio e la tutela dell’ambiente

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I comuni aderenti alle “Domeniche ecologiche” dovranno interdire in determinate aree più criti-che sotto il profilo della viabilità il traffico urbano privato. Il Ministero ha promosso la presentazione da parte dei comuni che aderiscono all’iniziativa di appositi progetti rivolti sia alla sensibilizzazione ed all’informazione dei cittadini sulle tematiche della mobilità sostenibile che alla realizzazione di inter-venti finalizzati alla riduzione dell’impatto ambien-tale del traffico urbano ed alla promozione di siste-mi di mobilità sostenibile.Hanno aderito all’iniziativa “Domeniche ecologi-che”, stabilita dal D.M.A. del 25 gennaio 2000 non solo i comuni con oltre 100.000 abitanti ed i con-sorzi di comuni con oltre 150.000 abitanti ma anche numerosi comuni con popolazione inferiore alla soglia di 100.000 abitanti.Con il decreto 12 novembre 2002, concernente l’ammissione a cofinanziamenti dei comuni ai sensi del D.M. del 22 dicembre 2000 per le iniziative in esame, il Direttore generale dell’inquinamento at-mosferico e rischi industriali ha dettato norme per la ricevibilità dei progetti (art. 1); il Piano operativo di dettaglio (art. 2); utilizzo del “Fondo per la ridu-zione delle emissioni in atmosfera e per la definizio-ne dell’efficienza energetica e delle fonti sostenibili di energia”.

Cap. IVInquinamento atmosferico, secondo la giuri-sprudenza

1. Industrie insalubri di I e II classe

Una recente sentenza afferma principi chiarissimi sulla collocazione delle industrie insalubri nelle vicinanze di aree residenziali. Si tratta di una normativa, quella delle industrie insalubri, poco considerata dai nostri amministratori locali come dimostrano molte vicende anche recenti.

Si tratta di normativa che riconosce un rilevante potere ai comuni sotto il profilo della pianificazione urbanistica e al sindaco sotto il profilo di ordinanza nella sua veste di autorità sanitaria, per tutelare la salute contro le attività considerate industrie insalubri (C.d.S., 27 maggio 2014, n. 275).

2. Inosservanza di provvedimenti emessi dalla pub-blica autorità

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costi-tuzionale di una norma regionale che prescrive condizioni per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale per impianti termoelettrici. con obbligo di installazione di im-

pianto di monitoraggio della qualità dell’aria (Corte Cost., sent. 28 maggio 2014, n. 141).

In riferimento ad una canna fumaria che sprigiona fulig-gine (inconveniente igienico-sanitario per la collettività), il Consiglio di Stato rileva che: «Va anche rimarcato che le misure imposte dall’ordinanza sindacale sostanziano meri adempimenti materiali, di scarso impatto organizzativo ed economico, e non già la realizzazione di opere tali da comportare interventi definitivi. In tale contesto, il prov-vedimento non fuoriesce dal perimetro del contenuto ne-cessitato delle ordinanze contingibili e urgenti proprio in quanto, di per sé, non dispone l’intervento definitivo, ma si limita ad ipotizzarne l’imposizione, lasciando alle autorità verificatrici (Azienda sanitaria, Vigili del fuoco) il compito di accertarne la necessità nelle vie ordinarie e di prescri-verlo nelle forme parimenti ordinarie» (C.d.S., 17 giugno 2014, n. 3081).

3. Installazione di impianti - reato ex art. 279, D.Lgs. 152/2006

Nel caso di costruzione e attivazione di impianto produttivo senza autorizzazione alle emissioni in atmosfera, in violazio-ne dell’art. 279, D.Lgs. 152/2006, sussiste condotta unica ai fini del calcolo della prescrizione.

Non solo il superamento dei limiti tabellari delle emissioni, ma anche la violazione di prescrizioni dell’Autorità integra l’illecito ex art. 279, comma 2, D.Lgs. 152/2006. L’imputa-to, titolare di autorizzazione alle emissioni derivanti da as-semblaggio di motori marini ometteva di tenere il registro obbligatorio di annotazione dei consumi di prodotto verni-ciato, previsto dall’autorizzazione, venendo così condannato per il reato di cui all’art. 279, comma 2, D.Lgs. 152/2006. Per i Giudici non si tratta di mero formalismo inopportunamen-te sanzionato, trattandosi di reato formale di pericolo: le pre-scrizioni dell’Autorità come la tenuta di registri obbligatori, hanno anche lo scopo di assicurare il monitoraggio dell’in-quinamento indispensabile per la tutela del bene “ambiente” (Cass., 10 giugno 2014, n. 24334).

Per affermare la responsabilità in relazione al reato di emis-sione in atmosfera di sostanze (pericolose e non) in assenza di autorizzazione, la mera potenzialità produttiva di esala-zioni inquinanti non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha così annullato con rinvio ad una sentenza di condanna emessa, ai sensi dell’art. 279 del D.Lgs. 152/2006, afferman-do che: “Il Giudice di merito avrebbe dovuto approfondire la concreta emissione produttiva dell’impianto, “condicio sine qua non della configurabilità dell’illecito di cui al richiamato art. 279 Tua” e non limitarsi ad affermare tautologicamente, nella motivazione della sentenza, che “gli imputati esercita-vano l’attività di lavorazione della pietra, la quale comporta emissioni atmosfera, in assenza della prescritta autorizzazio-ne” (Cass., 1° agosto 2014, n. 34087).

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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4. Applicabilità degli artt. 674 c.p., 844. c.c.

Ai fini dell’affermazione di responsabilità in ordine al reato previsto dall’art. 674 c.p., nell’ipotesi di attività industriali non è sufficiente l’idoneità delle emissioni a recare disturbo o fastidio, occorrendo invece la puntuale e specifica dimo-strazione che tali emissioni superino gli standards fissati dalla legge. Pertanto, non possono ritenersi “non consen-tite” le emissioni che abbiano, in concreto, le caratteristi-che qualitative e quantitative già valutate ed ammesse dal legislatore. Discorso diverso va fatto in quei casi nei quali non esiste una predeterminazione normativa, gravando sul giudice penale l’obbligo di valutare la tollerabilità consen-tita, ma pur sempre con riferimento ai principi ispiranti le specifiche normative di settore (Cass., sez. III, 8 maggio 2014, n. 1889).

Per integrare il reato previsto dall’art. 674 del Codice pe-nale non è necessario che le emissioni causino un perico-lo alla salute, essendo sufficiente anche la mera molestia o l’imbrattamento delle persone. La Cassazione ha così confermato la condanna ai sensi dell’art. 674 del Codice penale (getto pericoloso di cose) nei confronti del titolare di un impianto di stoccaggio e macinazione di prodotti inerti, per le polveri emesse in atmosfera dallo stesso a causa del mancato rispetto delle prescrizioni imposte in sede di auto-rizzazione (sanzionato anche ai sensi dell’art. 256, comma 4, D.Lgs. 152/2006). Ha quindi ben agito il Tribunale di Livorno - precisa la Corte - che, dopo aver richiamato al-cune fotografie e un esposto presentato da persone che si lamentavano delle emissioni provenienti dall’impianto, ha ritenuto sussistente il reato previsto dall’art. 674 C.p. “non essendo condivisibile l’asserto che avrebbe dovuto invece effettuare specifiche analisi per determinare se le emissioni mettevano in pericolo la salute delle persone” (Cass., 17 luglio 2014, n. 31448).

La Cassazione ha ritenuto rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 659 c.p. il disturbo del riposo delle persone da parte di un esercizio pubblico (Cass. pen., 6 ottobre 2016, n. 42063).

5. Emissioni in atmosfera scarsamente rilevanti

Sussiste l’obbligo dell’autorizzazione, di cui all’art. 269, D.Lgs. n. 152/2006, soltanto in relazione agli stabilimenti che producono effettivamente emissioni in atmosfera con esclusione di quelli che sono solo potenzialmente idonei a produrre emissioni (Cass., sez. III, 11 ottobre 2006, n. 40964; Cass., sez. III pen., 14 febbraio 2011, n. 5347).

La procedura semplificata ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, artt. 269 e 272, è normativamente prevista per gli impianti che producono emissioni scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico. Ne consegue che anche le officine meccaniche hanno l’obbligo di munirsi di autorizza-zione o di accedere alla procedura semplificata per le emis-sioni in atmosfera se gli impianti o le attività rientrano in quelli elencati nella parte I dell’Allegato 4 alla parte quinta

del D.Lgs. n. 152/2006. Nella specie, il “fumus” è stato cor-rettamente ravvisato per avere l’indagato iniziata l’attività di saldatura di oggetti e di superfici metalliche, rientrante tra quelle di cui alla parte 2 dell’allegato IV, lett. k), alla parte V del decreto “de quo”, senza avere effettuato la comunica-zione d’inizio d’attività “almeno 45 giorni prima dell’avvio dell’attività” (Cass. sez. III pen., 13 maggio 2009, n. 20153).

La tenuità del fatto viene esclusa per concorso di emissioni in atmosfera (Cass., sez. III pen., sentenza 11 novembre 2015, n. 45145).

SEZIONE SECONDA

L’inquinamento acustico

Cap. ILa legge quadro sull’inquinamento acustico

1. Fonti normative e principi generali

Il D.Lgs. n. 152/2006 non ha compreso le delicate tematiche riguardanti l’inquinamento acustico nel nuovo Testo Unico Ambiente.La legge n. 447/1995, come modificata da diverse disposizioni di legge e da ultimo dal D.P.R. 19 ot-tobre 2011, n. 227 e dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, nel testo integrato dalla legge di conversione 9 ago-sto 2013, n. 98, si è limitata a definire il quadro di riferimento in materia di inquinamento acustico, fissando i principi generali e demandando all’ema-nazione di specifici decreti e regolamenti ministe-riali nonché di leggi regionali la sua concreta attua-zione. I principi generali, desumibili da tale legge, costituiscono per le Regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

2. Valori limite e limitazioni delle emissioni sonore

I valori limite di immissione (v. art. 3) sono distinti in:

a) valori limite assoluti, determinati con riferimen-to al livello equivalente di rumore ambientale;

b) valori limite differenziali, determinati con rife-rimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.

I provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore sono di natura amministrativa, tecnica, co-struttiva e gestionale. Rientrano in tale ambito:

area IX - il governo del territorio e la tutela dell’ambiente

3670

a) le prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibi-li, ai metodi di misurazione del rumore, alle regole applicabili alla fabbricazione;

b) le procedure di collaudo, di omologazione e di certificazione che attestino la conformità dei pro-dotti alle prescrizioni relative ai livelli sonori am-missibili; la marcatura dei prodotti e dei dispositivi attestante l’avvenuta omologazione;

c) gli interventi di riduzione del rumore, distin-ti in interventi attivi di riduzione delle emissio-ni sonore delle sorgenti e in interventi passivi, adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione dalla sorgente al ricettore o sul ricettore stesso;

d) i piani dei trasporti urbani ed i piani urbani del traffico; i piani dei trasporti provinciali o regionali ed i piani del traffico per la mobilità extraurbana; la pianificazione e gestione del traffico stradale, ferro-viario, aeroportuale e marittimo;

e) la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di attività rumorose o di ricettori particolarmente sensibili.

3. Riparto competenze tra Stato, regioni, province e comuni

Le regioni (art. 4) hanno competenza in ordine:

a) alla definizione dei criteri in base ai quali i comu-ni devono procedere alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposi-zioni per l’applicazione dei valori di qualità (di cui all’art. 2, comma 1, lett. h e all’adozione dei Piani di risanamento) (art. 7);

b) ai poteri sostitutivi in caso di inerzia dei comuni o degli enti competenti ovvero di conflitto tra gli stessi;

c) alle modalità, scadenze e sanzioni per l’obbligo di classificazione delle zone per i comuni che adottano nuovi strumenti urbanistici generali o particolareg-giati;

d) fermo restando l’obbligo di cui all’art. 8, comma 4 della legge in esame, alle modalità di controllo del rispetto della normativa per la tutela dall’inquina-mento acustico all’atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali;

e) alle procedure ed agli eventuali ulteriori criteri, oltre a quelli di cui all’art. 7, per la predisposizione e l’adozione da parte dei comuni di piani di risana-mento acustico;

f) ai criteri e condizioni per l’individuazione, da parte dei comuni il cui territorio presenti un rile-vante interesse paesaggistico-ambientale e turisti-co, di valori inferiori a quelli determinati ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), della legge in esame, fermo restando che tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all’art. 1 della leg-ge 12 giugno 1990, n. 146;

g) alle modalità di rilascio delle autorizzazioni co-munali per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora esso comporti l’impiego di mac-chinari o di impianti rumorosi;

i) all’organizzazione nell’ambito del territorio re-gionale dei servizi di controllo e di vigilanza in am-biti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni compresi nella circoscrizione provinciale, utilizzan-do le strutture delle agenzie regionali dell’ambiente ai sensi del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modifiche nella legge 21 gennaio 1994, n. 61;

l) ai criteri da seguire per la redazione della do-cumentazione per i progetti di impatto nonché di identificazione delle priorità temporali degli inter-venti di bonifica acustica del territorio.

Le regioni predispongono un Piano regionale trien-nale di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico, fatte salve le competenze statali relative ai piani pluriennali di propria competenza, per la cui redazione le Regioni possono formulare proposte non vincolanti.Alle province sono attribuite le funzioni ammini-strative in materia di inquinamento acustico, le funzioni assegnate da leggi regionali, le funzioni di controllo e vigilanza in ambiti territoriali nei quali sono interessati due o più comuni (art. 5).Ai comuni sono assegnate le competenze concer-nenti:

- la classificazione del territorio comunale in ap-posite zone per l’applicazione dei valori di qualità, il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati e l’adozione dei Piani di risanamento acu-stico (art. 6);

- il controllo per il rispetto della normativa per la tutela dall’inquinamento acustico all’atto del rila-scio delle concessioni edilizie relative a nuovi im-pianti ed infrastrutture adibiti ad attività produt-tive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali;

- l’adozione di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall’in-

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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quinamento acustico nonché la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dal traf-fico veicolare (fatte salve le disposizioni contenute nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e successive mo-dificazioni), i controlli nell’ambito comunale sulle emissioni acustiche ed il rilascio dell’autorizzazio-ne, anche in deroga ai valori limite di cui all’art. 2, c. 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile.I comuni sono tenuti ad adeguare i regolamen-ti locali di igiene e sanità o di polizia municipale, prevedendo apposite norme contro l’inquinamento acustico, con particolare riferimento al controllo, al contenimento e all’abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalla circolazione degli autoveico-li e dall’esercizio di attività che impiegano sorgenti sonore (art. 6, comma 2).I comuni il cui territorio presenti un rilevante in-teresse paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di esposizione al ru-more inferiori a quelli determinati ai sensi dell’art. 3, c. 1, lett. a), secondo gli indirizzi della regione di appartenenza. Tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all’art. 1 della leg-ge 12 giugno 1990, n. 146. Sono fatte salve le azioni espletate dai comuni e gli interventi di risanamen-to acustico già effettuati dalle imprese ai sensi del D.P.C.M. 1° marzo 1991, prima della data di entrata in vigore della legge in esame.Qualora detti interventi risultino inadeguati ri-spetto ai limiti previsti dalla classificazione del territorio comunale, ai fini del relativo adegua-mento, viene concesso alle imprese un periodo di tempo pari a quello necessario per completare il piano di ammortamento degli interventi di boni-fica in atto, qualora risultino conformi ai princìpi di cui alla legge in esame ed ai criteri dettati dalle Regioni.Nel caso di superamento dei valori di attenzione nonché nell’ipotesi di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), ultimo periodo della legge in esame, i comuni provvedono all’adozione di Piani di risanamen-to acustico, assicurando il coordinamento con il Piano urbano del traffico di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, e con i Piani previsti dalla vigente legislazione in mate-ria ambientale. Tali Piani di risanamento sono approvati dal consiglio comunale (art. 7, legge n. 447/1995).

Nei comuni con popolazione superiore a cinquanta-mila abitanti, la giunta comunale presenta al con-siglio comunale una relazione biennale sullo stato acustico del comune. Il consiglio comunale approva la relazione e la trasmette alla regione ed alla pro-vincia per le iniziative di competenza. Per i comuni, che adottano il piano di risanamento, la prima rela-zione è allegata al piano stesso. Per gli altri comuni, la prima relazione è adottata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge in esame (art. 7, comma 5, legge n. 447/1995). I progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale devono essere redatti in conformità alle esigenze di tutela dall’in-quinamento acustico delle popolazioni interessate (comma 1).Nell’ambito delle procedure di cui al comma 1, ov-vero su richiesta dei comuni, i competenti soggetti titolari dei progetti o delle opere predispongono una documentazione di impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento delle seguenti opere: a) aeroporti, aviosuperfici, eli-porti; b) strade di tipo A (autostrade), B (strade ex-traurbane principali), C (strade extraurbane secon-darie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere) e F (strade locali), secondo la classificazione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; c) discoteche; d) circoli privati e pubblici esercizi ove sono installati mac-chinari o impianti rumorosi; e) impianti sportivi e ricreativi; f) ferrovie ed altri sistemi di trasporto collettivo su rotaia (comma 2).

È fatto obbligo di produrre una valutazione previ-sionale del clima acustico delle aree interessate alla realizzazione delle seguenti tipologie di insedia-menti: a) scuole e asili nido; b) ospedali; c) case di cura e di riposo; d) parchi pubblici urbani ed ex-traurbani; e) nuovi insediamenti residenziali pros-simi alle opere di cui al comma 2 (comma 3).

Le domande per il rilascio di concessioni edilizie (ora permessi di costruire) relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, spor-tive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché le domande di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive devono contenere una documentazione di previsio-ne di impatto acustico (comma 4).La domanda di licenza (concessione, ora permesso di costruire) o di autorizzazione all’esercizio delle

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3672

attività di cui al comma 4 del presente articolo, che si prevede possano produrre valori di emissione su-periori a quelli determinati per legge, deve conte-nere l’indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall’attività o dagli impianti. La relativa documentazione deve essere inviata all’ufficio competente per l’ambiente del comune ai fini del rilascio del relativo nulla-osta (comma 6).Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti ne-cessità di tutela della salute pubblica o dell’ambien-te il sindaco, il presidente della provincia, il presi-dente della giunta regionale, il Prefetto, il Ministro dell’ambiente, secondo quanto previsto dall’art. 8 della legge 3 marzo 1987, n. 59 e il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell’ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, posso-no ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di deter-minate attività.Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri. Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica (art. 9).Fatto salvo quanto previsto dall’art. 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall’autorità competente ai sensi dell’art. 9, è punito con la sanzione ammini-strativa quando si abbiano:

- il superamento dei valori limite di emissione e di immissione di cui all’art. 2, comma 1, lett. e) e f), fissati in conformità al disposto dell’art. 3, comma 1, lett. a);

- la violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all’art. 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni.

In deroga a quanto previsto ai periodi precedenti, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di tra-sporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l’obbligo di predispor-re e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell’ambiente con D.M.A. 29 novembre 2000.

4. Controlli da parte di province e comuni (art. 14)

Le amministrazioni provinciali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza per l’attuazio-ne della legge in esame in ambiti territoriali rica-denti nel territorio di più comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale, utilizzano le strutture delle agenzie regionali dell’ambiente di cui al D.L. 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazio-ni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.Il comune esercita le funzioni amministrative relati-ve al controllo sull’osservanza:

a) delle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse;

b) della disciplina stabilita all’art. 8, comma 6, rela-tivamente al rumore prodotto dall’uso di macchine rumorose e da attività svolte all’aperto;

c) della disciplina e prescrizioni tecniche relative all’attuazione delle disposizioni di cui all’art. 6;

d) della corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti della documentazione fornita ai sensi dell’art. 8, comma 5.

Il personale incaricato dei controlli previsti nell’art. 9 della legge in esame ed il personale delle agenzie regionali dell’ambiente, nell’esercizio delle mede-sime funzioni di controllo e di vigilanza, possono accedere agli impianti ed alle sedi di attività che co-stituiscono fonte di rumore, e richiedere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l’espleta-mento delle proprie funzioni.

5. Ordinanze contingibili ed urgenti

Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti ne-cessità di tutela della salute pubblica o dell’ambien-te, il sindaco, il presidente della provincia, il presi-dente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell’ambiente ed il Presidente del Consiglio dei Mi-nistri, nell’ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ri-corso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 9, comma 1). Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica (art. 9, comma 2).

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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Cap. IIAttuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale

1. Fonti normative

Il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 194, ha dato attuazione alla direttiva 2002/49/CE, la quale mira a combatte-re il rumore cui sono esposte le persone nelle zone edificate, nei parchi pubblici o in altre zone silenzio-se degli agglomerati, in aperta campagna, nei pressi delle scuole, degli ospedali e di altri edifici e zone particolarmente sensibili al rumore. Non si applica al rumore generato alla persona dalle attività do-mestiche o dal vicinato, né al rumore sul posto di lavoro o a bordo dei mezzi di trasporto o dovuto ad attività militari svolte nelle zone militari.

2. Mappatura acustica e mappe acustiche strategiche (art. 3)

Tempistica

Entro il 30 giugno 2007:

a) dovevano essere elaborati e trasmessi alla regio-ne o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche, nonché i dati di cui all’allega-to 6, relativi al precedente anno solare, degli agglo-merati con più di 250.000 abitanti;

b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture dovevano elaborare e trasmettere alla regione o alla provincia autonoma competente la mappatura acustica, non-ché i dati di cui all’allegato 6, riferiti al preceden-te anno solare, degli assi stradali principali su cui erano transitati più di 6.000.000 di veicoli all’anno, degli assi ferroviari principali su cui erano transita-ti più di 60.000 convogli all’anno e degli aeroporti principali. Nel caso di infrastrutture principali inte-ressanti più regioni gli stessi enti dovevano trasmet-tere la mappatura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti.

Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 1, lett. a), la mappatura acustica prevista al comma 1, lettera b), nonché i dati di cui all’allegato 6, dovevano essere trasmessi entro il 31 dicembre 2006 all’autorità individuata al comma 1, lettera a).

Entro il 30 giugno 2012:

a) dovevano essere elaborati e trasmessi alla regio-ne o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche degli agglomerati, nonché i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare;

b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture dovevno elaborare e trasmettere alla regione o alla provincia autonoma competente la mappatura acustica, non-ché i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare, degli assi stradali e ferroviari principali. Nel caso di infrastrutture principali interessanti più regioni gli stessi enti dovevano trasmettere la map-patura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti.Ai fini dell’elaborazione e della revisione della map-patura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui all’art. 3 sono utilizzati i descrittori acustici L

den L

night calcolati secondo quanto stabilito all’alle-

gato 1.

3. I piani di azione (art. 4)

I piani di azione mirano a gestire i problemi di in-quinamento acustico e i relativi effetti con partico-lare riguardo alla loro riduzione. Le misure dei piani di azione, che devono soddisfare i requisiti minimi di cui all’allegato V della direttiva, sono lasciate a discrezione delle autorità competenti, ma devono corrispondere alle priorità che possono derivare dal superamento dei valori limite pertinenti o di altri criteri scelti dagli Stati membri. Entro il 18 luglio 2005 gli Stati membri hanno reso pubbliche le infor-mazioni relative alle autorità e agli enti responsabili dell’elaborazione e, se del caso, dell’adozione dei pia-ni di azione. Tali piani sono rielaborati ogniqualvolta sviluppi sostanziali si ripercuotono sulla situazione acustica esistente e, in ogni caso, ogni cinque anni.

Tempistica

Entro il 18 luglio 2008: dovevano essere elaborati i piani di azione per gli assi stradali principali su cui transitano più di 6 milioni di veicoli l’anno, gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli l’anno, gli aeroporti principali e gli agglo-merati urbani con più di 250.000 abitanti. Entro il 18 luglio 2013 si dovevano stabilire piani di azione per tutti i grandi agglomerati e gli aeroporti, gli assi stradali e ferroviari principali.

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Entro il 18 luglio 2013: le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative in-frastrutture, tenuto conto dei risultati della map-patura acustica di cui all’art. 3, dovevano elaborare e trasmettere alla regione od alla provincia auto-noma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6, per gli assi stradali e ferroviari principali.

Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle re-lative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 3, lettera a), i piani d’azione previ-sti al comma 3, lettera b), nonché le sintesi di cui all’allegato 6, dovevano essere trasmessi entro il 18 gennaio 2013 all’autorità individuata al comma 3, lettera a).

4. Metodi di determinazione degli effetti nocivi dell’inquinamento acustico (art. 6)

I valori dei descrittori acustici Lden

e Lnight

e gli effetti nocivi dell’inquinamento acustico sono stabiliti secondo i metodi di determinazione e le relazioni dose-effetto definiti rispettivamen-te all’allegato 2 ed all’allegato 3, nonché sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di con-certo con i Ministri della salute e delle infrastrut-ture e dei trasporti, sentita la Conferenza unifica-ta, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, tenuto conto anche della normazione tecnica di settore.

5. Sanzioni (art. 11)

Le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, che non adempiono agli obblighi previsti dal decreto, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria predeterminata dalla norma in commento.All’irrogazione delle sanzioni amministrative pecu-niarie provvede la regione o la provincia autonoma competente, ad eccezione delle ipotesi relative ad infrastrutture principali che interessano più regioni nonché di quelle previste al comma 3 dell’art. 11 per le quali provvede il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

Cap. IIIAttuazione della legge n. 447/1995, come mo-dificata dalle leggi n. 106/2001, n. 106/2011, n. 205/1999 e n. 98/2013 in materia di inquina-mento acustico

1. Determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pub-blico spettacolo e nei pubblici esercizi

Con D.P.C.M. n. 215 in data 16 aprile 1999 sono stati determinati, in attuazione dell’art. 3, comma 1, lett. h) della legge n. 447/1995, i requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di pubblico spettacolo o di intrattenimento danzante, compresi i circoli priva-ti in possesso della prescritta autorizzazione, nonché nei pubblici esercizi che utilizzano impianti elettro-acustici di amplificazione e di diffusione sonora, in qualsiasi ambiente sia chiuso che all’aperto.Tali disposizioni non si applicano alle manifestazio-ni ed agli spettacoli temporanei o mobili, che pre-vedono l’uso di macchine o di impianti rumorosi, autorizzate secondo le modalità previste dall’art. 4, comma 1, lett. h) della legge n. 447/1995.Con tale regolamento vengono determinati i limiti di livello di pressione sonora (art. 2), gli obblighi dei gestori (art. 3) gli impianti inidonei a superare i limiti consentiti (art. 4), gli impianti potenzialmente idonei a superare i limiti consentiti (art. 5), gli interventi di adeguamento degli impianti (art. 6) e le modalità di svolgimento delle campagne di informazione (art. 7).Si ricorda che l’autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all’art. 2, comma 3, per lo svolgi-mento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per gli spet-tacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel ri-spetto delle prescrizioni dettate dal regolamento in esame, è di competenza dei comuni.Si ricorda, altresì, che le modalità di rilascio delle au-torizzazioni comunali per lo svolgimento delle atti-vità interessate da sorgenti sonore sono determinate dalla legge n. 447/1995 e da apposite leggi regionali.

2. Norme sull’inquinamento acustico derivante da traffico veicolare

Il D.P.R. 30 marzo 2004, n. 142, approva il regola-mento che detta disposizioni per lo studio di nuo-ve progettazioni acustiche, di nuove infrastrutture stradali ed anche di quelle esistenti (autostrade, strade extraurbane principali e secondarie, strade urbane di scorrimento, di quartiere e locali).

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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Va sottolineato che per i progetti sottoposti a Valuta-zione di Impatto Ambientale ovvero, su richiesta dei Comuni, per altre opere o lavori pubblici relativi alle strade suindicate, deve essere predisposta una do-cumentazione di impatto acustico nel rispetto delle norme del D.P.R. n. 142/2004, che fissa (all’interno delle strade di pertinenza) i valori soglia per le strade di tipo A (autostrade), B (extraurbane), C (extraur-bane secondarie) e D (urbane di scorrimento).Sono fatte salve specifiche disposizioni regionali volte a dettagliare ulteriormente il quadro previsto dalla normativa statale.L’art. 9 di tale decreto stabilisce che “fermo restando quanto stabilito dalle norme nazionali e comuni-tarie in materia di sicurezza e di emissioni sonore, gli autoveicoli sono sottoposti a verifica, secondo le disposizioni di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 285 del 1992, e successive modificazioni, per accertarne la rispondenza alla certificazione di omologazione ai fini acustici”.

3. Contenimento del rumore negli aeroporti comu-nitari

Il D.Lgs. 17 gennaio 2005, n. 13, come modifica-to dal D.P.R. 14 maggio 2007, n. 93 e dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, disciplina le condizioni e le modalità per l’adozione di normativa concernente l’accesso di velivoli negli aeroporti comunitari ed il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’in-quinamento acustico a livello dei singoli aeroporti, tenuto conto in particolare della popolazione espo-sta ed in prospettiva di ottenere il massimo bene-ficio ambientale al minor costo, salvaguardando le esigenze del mercato interno. Sui limiti di applica-bilità del decreto si veda il secondo comma dell’art. 365, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.Tale decreto non si applica alle emissioni acustiche dei voli militari e ai voli effettuati a cura del Ministero della difesa per fini di preminente interesse pubbli-co, di sicurezza nazionale, di emergenza, di soccorso (comma 2 dell’art. 365, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66).

Cap. IVEmissioni acustiche ambientali delle mac-chine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto

Il D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262, disciplina i valori di emissione acustica, le procedure di valutazione

della conformità, la marcatura, la documentazione tecnica e la rilevazione dei dati sull’emissione sono-ra relativi alle macchine ed alle attrezzature desti-nate a funzionare all’aperto, al fine di tutelare sia la salute ed il benessere delle persone che l’ambiente. Esso si applica alle macchine ed attrezzature desti-nate a funzionare all’aperto individuate e definite all’art. 2 e all’allegato I che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, sono im-messe in commercio o messe in servizio come unità complete per l’uso previsto.

Sono escluse dal campo di applicazione del decreto: a) le macchine destinate essenzialmente al traspor-to di merci o passeggeri su strada, su rotaia, per via aerea o per via navigabile; b) le macchine progettate e costruite specificatamente a fini militari e di poli-zia e per i servizi di emergenza; c) gli accessori privi di motore delle macchine ed attrezzature di cui al comma 1 immessi in commercio o messi in servizio separatamente, ad eccezione dei martelli demolito-ri tenuti a mano e dei martelli demolitori idraulici (art. 1).

L’art. 3 prevede che il fabbricante o il mandatario può immettere in commercio o mettere in servizio le macchine ed attrezzature di cui all’allegato I, a condizione che dette macchine ed attrezzature:

a) soddisfino i requisiti in materia di emissione acu-stica ambientale stabiliti dal decreto;

b) siano state sottoposte alle procedure di valutazio-ne della conformità di cui all’art. 11;

c) rechino la dichiarazione CE di conformità, non-ché la marcatura CE e l’indicazione del livello di po-tenza sonora garantito, di cui agli artt. 8, comma 1, e 9, comma l (comma 1).

Con decreto 4 ottobre 2011 (G.U. 23 gennaio 2012, n. 18) del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stati definiti i criteri per gli accertamenti di carattere tecnico nell’ambito del controllo sul mercato di cui all’art. 4 del D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 262 relativi all’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto.Il controllo sul mercato è affidato all’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ed al responsabile del controllo sul mercato, figura che, entro il 31 marzo di ogni anno, avrà il com-pito di predisporre un report su base annuale con i risultati dell’attività svolta e definirà gli obiettivi strategici per l’annualità successiva.

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Cap. VInquinamento acustico, secondo la giurispru-denza

1. Sanzione amministrativa

La Cassazione ha sancito che chi subisce l’inquinamento acustico è vittima di un “intollerabile e prolungato disturbo del riposo”. Per il reato ex art. 659 c.p. basta la prova “dell’intol-lerabile e prolungato disturbo del riposo delle persone, causato dalle emissioni sonore” effettuate dalle agenzie territoriali ed è insufficiente la sola ammenda di disturbo della quiete pubblica. La Suprema Corte spiega, infatti, che non possono rientrare tra le semplici violazioni amministrative le condotte rumorose idonee a mettere in pericolo la pubblica tranquillità. Si tratta di un precedente importante che potrà essere utiliz-zato per tutte le situazioni di inquinamento acustico (Cass. pen., 30 gennaio 2014, n. 4466).

2. Artt. 659 e 674 cod. pen. e 844 cod. civ.

Nel caso in cui gli schiamazzi avvengano all’interno dell’e-sercizio non c’è dubbio che il gestore abbia la possibilità di assolvere l’obbligo di controllo degli avventori, impedendo loro comportamenti che si pongano in contrasto con le norme di polizia di sicurezza, ricorrendo, ove necessario, al c.d. ius excludendi. Nella fattispecie in esame non è in discussione che gli schiamazzi, le urla e le risate dei soggetti che stazionavano all’esterno del locale fossero tali da disturbare, in orario not-turno, il riposo degli abitanti nella zona e quindi ad offendere la “quiete pubblica”. La particolarità della fattispecie è però rappresentata dal fatto che il reato non è stato ritenuto con-figurabile nei confronti dei soggetti autori degli schiamazzi e dei rumori, ma a carico del gestore il quale ha correttamente esercitato il potere di controllo e, conseguentemente, deve an-dare esente da responsabilità (Cass. pen., sez. III, 5 settembre 2014, n. 37196).

La Corte di Cassazione conferma la piena operatività del reato ex art. 659 c.p. che al primo comma punisce chi fa rumore disturbando un numero indeterminato di persone superando la normale tollerabilità, mentre al secondo comma punisce più lievemente chi fa rumore nell’esercizio dell’attività produttiva presumendo oggettivamente il disturbo se sono superati i limiti di legge o le prescrizioni dell’Autorità. Per i Giudici, nonostante pareri diversi di altre Sezioni della Cassazione, non opera la parziale depenalizzazione del reato ex art. 659, comma 2 per effetto dell’art. 10, legge 447/1995 che punisce con sanzione amministrativa il superamento dei limiti di rumorosità delle emissioni sonore. Secondo i Giudici l’art. 659 c.p., nelle sue due ipotesi di reato fa sempre riferimento al disturbo della quiete di una pluralità di soggetti, mentre l’art. 10, legge 447/1995 tutela genericamente la salubrità ambientale (Cass. pen., sez. III, 5 settembre 2014, n. 37184).

Per aversi disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, punito ai sensi dell’art. 659 c.p., è necessario che i rumori,

gli schiamazzi e le altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano attitudine a disturbare un numero indeterminato di persone. In sostanza nella sentenza impugnata non è stata fatta alcuna obbiettiva valutazione sulla entità del fenomeno rumoroso, in relazione alla media sensibilità del gruppo sociale di riferimento, né sulla esistenza di un concreto superamento dei limiti della normale tollerabilità e sulla potenziale idoneità dei rumori a disturbare un numero indeterminato di persone (Cass., sez. III, 30 settembre 2014, n. 40329).

Il superamento dei limiti differenziali del rumore (schiamaz-zi o rumori, pro venienti dal rumore dei compressori di aria condizionata, nonché dal volume del la musica assordante, esercizio smodato di servizio pubblico, esecuzione opere pub-bliche) quando ne derivi la concreta idoneità a disturbare un numero indeterminato di persone, rende l’attività che li produce comunque penalmente rilevante, registrandosi una diversità di vedute solo in ordine alla fattispecie applicabile (il primo o il secondo comma dell’art. 659 c.p.). La sussisten-za del reato in questione può essere dimostrata con qualun-que mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convin cimento del Giudice penale il ricorso esclusivo ad ac-certamenti di natura tecnica (Cass., sez. III pen., sentenza 15 settembre 2015, n. 37097, Cass., sez. unite, 3 ottobre 2016, n. 19672).

3. Ordinanze contingibili ed urgenti

La giurisprudenza costantemente afferma che nelle ipotesi in cui il sindaco, nell’adempimento delle sue funzioni, agisce quale ufficiale di governo, non diventa un organo di un’am-ministrazione dello Stato, ma resta incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale, senza che il suo status sia modi-ficato (così, ad es., C.d.S., sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904): e, in conseguenza di ciò, va pertanto riconosciuta al riguardo l’esclusiva legittimazione soggettiva del comune quale parte processuale (così C.d.S., sez. V, 13 agosto 2007 n. 4448), non potendosi in tal senso disconoscere - come, per l’appunto, ha correttamente rilevato la parte appellante - che la sentenza qui impugnata riversa sul comune medesimo, e non già sullo Stato, le conseguenze derivanti dall’annullamento dell’ordi-nanza sindacale impugnata in primo grado, in primis quelle risarcitorie (C.d.S., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3081).

La Corte di Cassazione pen. ha stabilito che per considerare legittima un’ordinanza «contingibile ed urgente» sotto il pro-filo formale, emanata dal sindaco per fronteggiare emergenze verificatesi in ambito locale di natura sanitaria, igienica o ambientale, è richiesta una motivazione illustrativa della con-creta sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, ossia della necessità di immediato intervento a tutela di interessi pubblici, come la salute o l’ambiente, non tutelabili diversamente con il ricorso agli strumenti ordinari. Nel caso di specie il giudice di legittimità ha considerato inesistente il reato (Cass. pen, sez, I, 30 luglio 2014, n. 33779).

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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SEZIONE TERZA

Inquinamento da sorgenti elettriche, ma-gnetiche ed elettromagnetiche

Cap. IInquinamento prodotto dai campi elettrici e magnetici

1. Elettrosmog, campo magnetico, campo elettrico e campo elettromagnetico

“Elettrosmog” è un termine coniato dai mass media per definire l’inquinamento prodotto principal-mente dai campi elettrici e magnetici generati da ELF, radiofrequenze e microonde, appartenenti alla sezione non ionizzante (NIR) dello spettro elettro-magnetico. È presente sulla terra un campo elet-tromagnetico naturale generato dalla terra stessa, dall’atmosfera e dal sole i quali emettono una serie di radiazioni presenti nello spettro degli infrarossi, luce visibile e ultravioletto.Nel corso degli ultimi anni si è avuto un notevo-le incremento dello sviluppo tecnologico, che ha portato ad un aumento del fondo elettromagneti-co naturale. A questo si è inoltre legato un aspetto sanitario il quale ha portato una sensibilizzazione dell’effetto dei campi elettromagnetici sulla salute dell’uomo.Responsabili di tale aumento procurato dalle attivi-tà umane sono principalmente i grandi conduttori di energia elettrica (elettrodotti ad alta, media e bas-sa tensione), gli impianti radar e di emittenza radio televisiva, i ponti radio televisivi e per telefonia mo-bile (stazioni radio base), nonché, anche se in misu-ra minore, gli elettrodomestici ed i telefoni cellulari.A completare la panoramica si sono aggiunti, in questi ultimi anni, i satelliti in orbita geostazionaria per telecomunicazioni e non e, recentemente, i 66 satelliti per la telefonia cellulare satellitare globale.La terra è quindi avvolta da un’immensa ragnatela di onde elettromagnetiche che trasportano energia di diversa intensità e diversa lunghezza d’onda che coinvolge tutti in un abbraccio più o meno inten-so che crea sviluppo e progresso, ma sul quale non possiamo fare a meno di interrogarci.Il “campo magnetico” è generato dalla distribuzione di corrente elettrica o di massa magnetica in una determinata zona spaziale, la cui perturbazione si avverte in presenza di un corpo magnetizzato.Il “campo elettrico” può essere definito come una

perturbazione di una certa regione spaziale deter-minata dalla presenza nell’intorno di una distribu-zione di carica elettrica.Tale perturbazione in una determinata regione spa-ziale si materializza in presenza di una carica elettri-ca, sulla quale si scarica una forza.

2. Impianti fissi per telecomunicazioni

Gli apparati per telecomunicazione sono sistemi che per svolgere la loro funzione devono emettere verso l’esterno, con la massima efficienza, l’energia elettromagnetica generata e amplificata da un tra-smettitore; questa emissione avviene attraverso un trasduttore, chiamato anche antenna trasmittente. Le antenne sono, quindi, dispositivi aventi la fun-zione di trasduttori per operare la trasformazione di un segnale elettrico in energia elettromagnetica irradiata nello spazio libero (antenne trasmittenti) oppure effettuare la conversione inversa (antenne riceventi).Le emittenti radio televisive sono le più critiche per quanto riguarda l’entità dei campi elettro-magnetici e l’esposizione della popolazione, an-che perché questo settore risente di una crescita disordinata e soffre dell’assenza di una pianifi-cazione delle frequenze e di un controllo sulle potenze impiegate.Questa situazione, soprattutto per l’emittenza radio in banda FM, ha portato ad una rincorsa continua all’innalzamento delle potenze che si è resa neces-saria per guadagnare utenza rispetto all’emitten-te concorrente. In alcuni casi, le potenze elevate, unitamente ad apparati installati a pochi metri dal suolo, sottopongono la popolazione che vive nelle vicinanze a rischi non giustificabili.È necessario che la legge imponga opportune mira-te limitazioni con il duplice obiettivo di risparmiare energia, limitare le interferenze tra i vari apparati senza compromettere la capacità commerciale del-le emittenti ed eliminare i rischi di ordine sanitario per la salute della popolazione.Le Stazioni Radio Base (SRB) per telefonia cellula-re stanno aumentando in misura non controllata, in assenza di una normativa specifica e completa in ordine al numero, all’altezza delle installazioni, alle potenze e tipologie impiegate. Ciò contribuisce all’aumento del campo elettromagnetico, accre-scendo i rischi per la salute degli esseri viventi.L’inquinamento da campi elettromagnetici, ed in particolar modo l’aspetto della tutela della salute dei cittadini, degli altri esseri viventi e le conseguen-

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ze che si ripercuotono sul territorio ambiente in tutte le sue componenti, ha assunto ai nostri giorni importanza primaria.Le principali preoccupazioni derivano essenzial-mente dai seguenti elementi:

- sviluppo dei sistemi di telecomunicazione che hanno comportato un forte incremento degli im-pianti emittenti senza la contemporanea presenza di adeguata normativa nazionale;

- studi epidemiologici che non hanno dato certezze assolute circa i possibili effetti dei campi elettroma-gnetici sugli organismi viventi;

- le caratteristiche proprie dei campi elettrici e ma-gnetici che non danno alcuna percezione sensoriale a chi ne è investito. Vi sono stati infatti convegni, dibattiti e ricerche ai più alti livelli per verificare le conseguenze derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici delle persone.

Se quattro sono le compagnie telefoniche (Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia) che hanno vinto, qual-che tempo fa, l’asta per le licenze 4g (quarta ge-nerazione), cioè la nuova frequenza per i telefoni cellulari (per navigare velocemente in internet con i cellulari e altri strumenti…), ebbene ci si chiede se non possano essere previsti seri limiti alla pro-liferazione di antenne. Attivandosi ad esempio per favorire accordi tra le compagnie telefoniche per “antenne comuni” tra di loro (collocate in luoghi il più strategicamente lontani dalle abitazioni, zone difficili da trovare ma non impossibile…), affinché si possa governare il fenomeno di proliferazione delle antenne.Compito di questo lavoro consiste nella definizione del quadro normativo vigente la cui applicazione consente di apprestare adeguate difese alla salute dei lavoratori e della popolazione.

Cap. IISorgenti di campi elettrici e magnetici (CEM) usati per scopi individuali, industriali e com-merciali

1. Obiettivi della legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36

Per la protezione dalle esposizioni a campi elettri-ci, magnetici ed elettromagnetici è stata emanata, dopo un tortuoso iter parlamentare, la legge 22 feb-braio 2001, n. 36, la quale si prefigge di assicurare la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione

dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, di promuovere la ricerca tecnologica in tale settore ai fini dell’applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea e di assicurare, nel contempo, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, promuoven-do le azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti di tali campi.La legge ha lo scopo di proteggere i lavoratori e la popolazione dagli effetti dell’utilizzo di apparec-chiature per usi civili, militari e delle forze di polizia che possano comportare la loro esposizione a cam-pi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con fre-quenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz. In particolare tale legge si applica agli elettrodotti ed agli impian-ti radioelettrici, compresi gli impianti di telefonia mobile, i radar e gli impianti di radiodiffusione, ad eccezione del loro utilizzo per scopi terapeutici e diagnostici.

2. Riparto competenze

L’art. 4 della legge in esame stabilisce le competenze dello Stato al quale si fa espresso rinvio.L’art. 6 di tale legge prevede la costituzione e le competenze del Comitato interministeriale per la “prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elet-tromagnetico”.L’art. 8 così disciplina il riparto di competenze tra regioni, province e comuni.Sono di competenza delle regioni:

a) l’esercizio delle funzioni relative all’individua-zione dei siti di trasmissione e degli impianti di te-lefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249 e nel rispetto del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lett. a) e dei principi stabi-liti dall’emanando regolamento illustrato al punto precedente;

b) la definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV, con la previsione di fasce di rispetto secondo i parametri fissati ai sen-si dell’art. 4 e dell’obbligo di segnalarle;

c) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione degli impianti in esame, in con-formità ai criteri di semplificazione amministrati-va, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici preesistenti;

d) la realizzazione e la gestione di un catasto delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elet-

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tromagnetici con riferimento ai livelli e condizioni di esposizione della popolazione;

e) l’individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità indi-cati nell’art. 3 (definizioni), comma 1, lett. d).

Nell’esercizio delle funzioni suindicate le regioni si attengono ai principi relativi alla tutela della sa-lute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio. In caso di inadempienza delle regioni viene esercitato il potere sostitutivo disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.Sono stabilite dalla regione le competenze spettanti alle province ed ai comuni mediante subdelega delle competenze attribuite alle regioni ai sensi dell’art. 8, comma 1, della legge in esame, nel rispetto di quan-to previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.È invece di competenza dei comuni l’adozione di un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimiz-zare l’esposizione della popolazione ai campi elet-tromagnetici.Appare preferibile comprendere nel regolamento edilizio e nelle norme tecniche di attuazione dei PRG tali aspetti urbanistici ed edilizi. Tale regola-mento potrà localizzare le aree maggiormente ido-nee all’installazione degli impianti nel rispetto delle caratteristiche storiche, ambientali e paesaggistiche del contesto territoriale comunale.In particolare dovrà essere favorita la scelta di ambiti territoriali idonei nelle aree produttive o comunque in zone interessate dalla presenza di impianti tecnologici già preesistenti (tralicci, torri piezometriche, impianti di depurazione ecc.) verso cui indirizzare i gestori della telefonia cellulare. Tali impianti dovranno in ogni caso essere decentrati ri-spetto ai centri edificati per non compromettere la salute pubblica.Secondo una giurisprudenza recente l’art. 8 della legge n. 36/2001 ha inteso attribuire al comune un potere regolamentare in parte nuovo, ma comun-que fondato sul potere di assicurare il corretto in-sediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia.Per l’installazione degli impianti è necessario il rilascio dei permessi edilizi previsti dalla norma-tiva vigente (art. 10 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

3. Funzioni di controllo e vigilanza sanitaria e am-bientale (art. 14)

Le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e vigilanza sa-nitaria e ambientale, possono utilizzare le strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell’am-biente (legge 21 gennaio 1994, n. 61 di conversione del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496), ferme restando le competenze in materia di vigilanza attualmente vigenti per i luoghi di lavoro.Nelle regioni in cui non sono state istituite le Agen-zie regionali per la protezione dell’ambiente, le pro-vince ed i comuni possono avvalersi del supporto tecnico dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, dei presidi multizonali di prevenzio-ne (PMP), dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL) e degli ispettori territoriali del Ministero delle telecomunicazioni, nel rispetto delle specifiche competenze previste dalle vigenti disposizioni (art. 14, comma 1, legge in esame).Il personale incaricato dei controlli, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo, può ac-cedere (munito di apposito documento di ricono-scimento rilasciato dall’ente di appartenenza) agli impianti che costituiscono fonte di emissioni elet-tromagnetiche e richiedere i dati, le informazioni ed i documenti necessari per l’espletamento delle proprie funzioni, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990 (art. 14, comma 4, legge in esame).

4. Sistema sanzionatorio (art. 15)

L’art. 15 della legge in esame prevede, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione di severe san-zioni amministrative con l’avvertenza che per tali sanzioni non è ammesso il pagamento in misura ri-dotta di cui all’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni.

5. Piani di risanamento (art. 9)

Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del D.P.C.M. 8 luglio 2003, la regione adotta, su pro-posta dei soggetti gestori e sentiti i comuni interes-sati, un piano di risanamento al fine di adeguare, in modo graduale, e comunque entro il termine di ventiquattro mesi, gli impianti radioelettrici già esi-stenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della presente legge. Trascorsi dodici mesi dalla data

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di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, com-ma 2, lettera a), in caso di inerzia o inadempienza dei gestori, il piano di risanamento è adottato dalle regioni, sentiti i comuni e gli enti interessati, entro i successivi tre mesi. Il piano, la cui realizzazione è controllata dalle regioni, può prevedere anche la de-localizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia, e degli impianti di diversa tipologia in siti idonei. Il risa-namento è effettuato con onere a carico dei titolari degli impianti.Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, comma 4, i gestori degli elettrodotti presentano una proposta di piano di ri-sanamento, al fine di assicurare la tutela della salute e dell’ambiente.Per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, la proposta di piano di risanamento è presentata al Ministero dell’ambiente. Il piano è approvato, con eventuali modifiche, integrazioni e prescrizioni, entro sessanta giorni, dal Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri dell’industria, del com-mercio, dell’artigianato e dei lavori pubblici, sentiti il Ministro della sanità e le regioni ed i comuni in-teressati. Per gli elettrodotti con tensione non supe-riore a 150 kV, la proposta di piano di risanamento è presentata alla regione, che approva il piano, con eventuali modifiche, integrazioni e prescrizioni, entro sessanta giorni, sentiti i comuni interessati. Trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 4, comma 2, lettera a), in caso di inerzia o inadempienza dei gestori, il piano di risanamento per gli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV è adottato dalla regione, nei ter-mini di cui al terzo periodo del citato comma.Il risanamento degli elettrodotti deve essere com-pletato entro 10 anni dalla data di entrata in vigore della legge in commento.Sono previste sanzioni in caso di mancato risana-mento degli elettrodotti, delle stazioni e dei sistemi radioelettrici, degli impianti di telefonia mobile e degli impianti di radiodiffusione, secondo le pre-scrizioni dei Piani, consistenti nella loro disattiva-zione con provvedimenti del Ministro dell’Ambien-te o del presidente della giunta regionale, secondo competenza (art. 8, comma 6).

Cap. IIIInfrastrutture di telecomunicazioni strate-giche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese

1. Il Codice delle comunicazioni elettroniche

Il D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, ha approvato il “Codice delle comunicazioni elettroniche”. Si tratta di un compendio di norme che danno attuazione alle seguenti direttive comunitarie: - 2002/19/CE - 2002/20/CE - 2002/21/CE 2002/22/CE del 7 marzo 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, re-lative alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle mede-sime nonché alle direttive comunitarie 2002/77/CE - e 2000/31/CE del 16 settembre 2002 della Com-missione, relative alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica con particolare riferimento al commercio elettronico.Formano oggetto del Codice le disposizioni in ma-teria di:

a) reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ivi comprese le reti utilizzate per la diffu-sione circolare di programmi sonori e televisivi e le reti della televisione via cavo;

b) attività di comunicazione elettronica ad uso pri-vato;

c) tutela degli impianti sottomarini di comunicazio-ne elettronica;

d) servizi radioelettrici.

Rimangono ferme e prevalgono sulle disposizioni del Codice le norme speciali in materia di reti utiliz-zate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi.Si fa espresso rinvio alle seguenti disposizioni del Codice:

- obiettivi generali e disciplina di reti e servizi di co-municazione elettronica (art. 4);

- competenze delle regioni e degli enti locali (art. 5);

- misure di garanzia (art. 6);

- autorizzazioni (art. 25);

- pubblica utilità - espropriazione (art. 90);

- limitazioni legali della proprietà (art. 91);

- servitù (art. 92);

- divieto di imporre altri oneri (art. 93),limitazioni legali (art. 208).

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Le pubbliche amministrazioni, le regioni, le provin-ce ed i comuni non possono imporre, per l’impian-to di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazio-ne elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge.Per evitare dannosi assorbimenti dei campi elettro-magnetici possono essere imposte limitazioni alla costruzione di edifici, di tramvie, di filovie, di fu-nicolari, di teleferiche, di linee elettriche, di strade e di strade ferrate, nonché all’uso di macchinari e di apparati elettrici e radioelettrici nelle zone limitrofe del comprensorio della stazione radio fino alla di-stanza di mille metri dai confini del comprensorio stesso. Le limitazioni sono imposte con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Mini-stro delle comunicazioni, prima dell’inizio del fun-zionamento delle stazioni verso corresponsione di un equo indennizzo.I proprietari di immobili o di porzioni di immo-bili non possono opporsi alla installazione sulla loro proprietà di antenne appartenenti agli abitanti dell’immobile stesso destinate alla ricezione dei ser-vizi di radiodiffusione e per la fruizione dei servizi radioamatoriali. Le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destina-zione, né arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi. Nel caso di antenne destinate a servizi di comunicazione elettronica ad uso privato è ne-cessario il consenso del proprietario o del condomi-nio, cui è dovuta un’equa indennità. In mancanza di accordo fra le parti, l’indennità sarà determinata dall’autorità giudiziaria.

Cap. IVEsposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici

1. Limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequen-ze comprese tra 100 kHz e 300 GHz

L’art. 8 del D.P.C.M. 8 luglio 2003 ha disposto l’a-brogazione dei D.P.C.M. 23 aprile 1992 e 28 settem-bre 1995, a partire dalla data della sua entrata in vigore (12 settembre 2003).Il decreto in esame fissa limiti di esposizione e va-lori di attenzione, per la protezione della popola-

zione dalle esposizioni a campi elettrici e magne-tici alla frequenza di rete compresa tra 100 kHz e 300 GHz. Il decreto fissa inoltre gli obiettivi di qualità, ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi medesimi e l’indivi-duazione delle tecniche di misurazione dei livelli di esposizione connessi al funzionamento e all’e-sercizio degli elettrodotti. Nel medesimo àmbito, il decreto stabilisce anche un obiettivo di qualità per il campo magnetico, ai fini della progressi-va minimizzazione delle esposizioni. I limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui al decreto in esame non si applicano ai lavoratori esposti per ragioni professionali. A tutela delle esposizioni a campi a frequenze com-prese tra 0 Hz e 100 kHz, generati da sorgenti non riconducibili agli elettrodotti, si applica l’insieme completo delle restrizioni stabilite nella racco-mandazione del Consiglio dell’Unione europea del 12 luglio 1999, pubblicata in G.U.C.E. n. 199 del 30 luglio 1999.Nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell’allegato B, intesi come valori effi-caci (art. 3, comma 1).A titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente con-nessi con le esposizioni ai campi generati alle sud-dette frequenze all’interno di edifici adibiti a per-manenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come am-bienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari, si assumono i valori di attenzione in-dicati nella tabella 2 all’allegato B (art. 3, comma 2).I valori di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo devono essere mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi in-tervallo di sei minuti (art. 3, comma 3).Ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, le regioni a statuto speciale e le provin-ce autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del decreto stesso nell’àmbito delle compe-tenze ad esse spettanti, ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto di-sposto dai rispettivi ordinamenti.

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2. Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti

Nel caso di esposizione a campi elettrici e magnetici alla frequenza di 50 Hz generati da elettrodotti, non deve essere superato il limite di esposizione di 100 mT per l’induzione magnetica e 5 kV/m per il campo elettrico, intesi come valori efficaci (art. 3, comma 1).A titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine, eventualmente connessi con l’esposizione ai campi magnetici ge-nerati alla frequenza di rete (50 Hz), nelle aree gio-co per l’infanzia, in ambienti abitativi, in ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, si assume per l’induzione magnetica il valore di attenzione di 10 mT, da intendersi come mediana dei valori nell’ar-co delle 24 ore nelle normali condizioni di esercizio (art. 3, comma 2).Per la determinazione del valore di induzione ma-gnetica utile ai fini della verifica del non superamen-to del valore di attenzione e dell’obiettivo di qualità il sistema agenziale APAT-ARPA dovrà determina-re le relative procedure di misura e valutazione, con l’approvazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (art. 5, comma 2).Per gli elettrodotti con tensione di esercizio non in-feriore a 132 kV, gli esercenti devono fornire agli organi di controllo, secondo modalità fornite da-gli stessi, con frequenza trimestrale, 12 valori per ciascun giorno, corrispondenti ai valori medi delle correnti registrati ogni 2 ore nelle normali condi-zioni di esercizio (art. 5, comma 4).Con d.dirett. 29 maggio 2008 (s.o. alla G.U. 5 lu-glio 2008, n. 156) sono state approvate le “Tecni-che di misurazione e di determinazione dei livelli d’esposizione” nonché la metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti.

Cap. VTelefonia mobile e impianti di teleradio

Altra importante fonte di campo elettromagnetico sono gli impianti per la telefonia mobile, che tro-vano la propria disciplina negli artt. 86, 87, 87-bis e 88 del D.Lgs. n. 259 del 1° agosto 2003 “Codice delle comunicazioni elettroniche” e ss.mm. e ii.

Tale Codice definisce su scala nazionale le modalità per l’installazione degli impianti per telefonia mobile e per gli apparati di radio-telecomunicazione, e pre-vede che l’interessato chieda autorizzazione o effet-tui denuncia di inizio attività - a seconda si tratti di trasmettitori con potenza superiore o inferiore a 20 W - presso l’ente locale, allegando la documentazio-ne tecnica del caso -inclusa la valutazione d’impatto elettromagnetico per le antenne sopra i 20 W - nel rispetto delle soglie di campo elettromagnetico fis-sate dalla vigente normativa.Il Codice (art. 3, primo comma, come da ultimo modificato dal comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. 28 maggio 2012, n. 70) garantisce i diritti inderoga-bili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche. Tale iniziativa non può essere asso-luta e deve rispettare le previsioni urbanistiche dei comuni.Deve, però, essere garantita una procedura preli-minare equa ed imparziale, che fra l’altro assicuri il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate, fatta salva la necessità di pre-supposti e regimi procedurali appropriati in casi di urgenza debitamente accertata conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.Tale norma è innovativa rispetto ad un recente pas-sato in cui tali impianti venivano installati in deroga alle norme del PRG e ai diritti delle persone e delle comunità che dovevano subire impianti telefonici di telecomunicazione e radiotelevisivi, il cui iter ve-niva gelosamente nascosto e con una giurispruden-za alquanto incerta, ma che ha dischiuso le porte per il saggio intervento legislativo citato.Gli impianti di telefonia mobile e le relative opere accessorie sono da qualificare come opere private di pubblica utilità e, come tali, espropriabili. È questo il principio espresso dal Consiglio di Stato con sen-tenza del 26 agosto 2003, n. 4847.Dopo l’entrata in vigore del comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. 28 maggio 2012, n. 70, il dirigente responsa-bile non potrà prescindere dall’apertura del proce-dimento amministrativo con notiziazione ad alme-no uno dei controinteressati dell’istanza diretta ad ottenere impianti della specie, ai sensi della legge n. 241/1990 e ss.mm.Sono sempre molto numerose le amministrazioni comunali che, volendo tutelarsi nei confronti delle richieste di installazione di antenne da parte dei ge-

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stori della telefonia mobile, decidono di adottare un Regolamento comunale.Di recente il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza 21 gennaio 2015, n. 183, ha dettato una disciplina innovativa affermando che la legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, ma-gnetici ed elettromagnetici (legge n. 36/2001), nel disciplinare l’esercizio delle funzioni relative all’in-dividuazione dei siti di trasmissione e degli impianti di telefonia mobile, radioelettrici e di radiodiffusio-ne, ha assegnato ai Comuni il potere di adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimiz-zare l’esposizione della popolazione.Tale potere è espressione dell’autonoma e fonda-mentale competenza dei Comuni nella disciplina dell’uso del territorio e può tradursi anche nell’in-troduzione di regole poste a tutela di beni di par-ticolare pregio paesaggistico, ambientale o storico-artistico o, per quanto riguarda la minimizzazione dell’esposizione, nell’individuazione di siti che - per destinazione d’uso o per qualità degli uten-ti - siano considerati sensibili e, quindi, inidonei alla localizzazione delle istallazioni. Sono pertanto legittime le disposizioni che non consentono (in generale) la localizzazione degli impianti in aree del centro storico o nelle adiacenze di altri siti sen-sibili (scuole ed ospedali), purché sia garantita la copertura di rete in tali siti mediante impianti col-locati in altre aree.Nella specie, alcuni ricorrenti privati avevano im-pugnato l’autorizzazione unica, rilasciata a società di telecomunicazioni, per la realizzazione di una stazione radio base (SRB) per la telefonia mobile, istallazione che sarebbe stata ubicata a meno di 100 m. da una scuola materna e nel centro storico, in contrasto con il piano comunale con cui, nel 2004, erano state fissate le Linee Guida per la realizzazione del piano di telefonia mobile. Il Consiglio di Sta-to ha confermato la sentenza di primo grado, nella quale si era già ritenuta legittima l’adozione di tali limiti, considerati prima facie non arbitrari né tesi ad impedire la realizzazione di una struttura effi-ciente di comunicazioni elettroniche.Le amministrazioni comunali, ai fini del rilascio del permesso di costruire per gli impianti di telefonia mobile e per gli impianti di stazioni radio base, po-tranno richiedere la presentazione, unitamente alla domanda, della seguente documentazione:

a) apposita relazione tecnica contenente la descri-zione dell’infrastruttura proposta nelle sue diverse

componenti, comprese le eventuali infrastrutture connesse ed i seguenti dati e notizie:

1. indicazione precisa del vincolo paesaggistico ov-vero riconoscimento del diverso tipo di tutela esi-stente nel sito proposto;

2. descrizione dell’ambiente circostante con parti-colare riferimento alla presenza di edifici a desti-nazione diversa quali ospedali, case di cura e/o di riposo, edifici scolastici e relative pertinenze, parchi e aree per il gioco e lo sport in un’area compresa entro un raggio di almeno 300 metri dal punto di installazione delle infrastrutture proposte;

3. individuazione e descrizione delle principali componenti paesaggistiche, architettoniche, stori-che ed archeologiche comprese nell’ambito interes-sato all’intervento;

4. indicazione delle misure previste per ridurre e, se possibile, compensare l’eventuale impatto paesaggi-stico prodotto dall’installazione dell’infrastruttura;

b) planimetrie di sezioni significative e prospetti in scala: 1/5000 (negli elaborati cartografici dovrà es-sere indicata la vegetazione esistente e/o quella di progetto);

c) documentazione fotografica con indicazione pla-nimetrica dei punti di ripresa dei principali coni visuali;

d) simulazione grafica relativa all’inserimento dell’im-pianto nel contesto circostante.

Cap. VITutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente

1. Misure a tutela dell’ozono stratosferico e dell’am-biente

La legge 28 dicembre 1993, n. 549 e ss.mm., ha lo scopo di favorire la cessazione dell’impiego delle so-stanze lesive dell’ozono stratosferico e dannose per l’ambiente, nonché di disciplinare le fasi di raccolta, riciclo e smaltimento di tali sostanze, in conformità:

a) alla convenzione per la protezione dello strato d’ozono, adottata a Vienna il 22 marzo 1985 e resa esecutiva con legge 4 luglio 1988, n. 277, nonché al protocollo alla citata convenzione di Vienna relati-vo ai clorofluorocarburi, adottato a Montreal il 16 settembre 1987 e reso esecutivo con legge 23 ago-sto 1988, n. 393, e ai relativi emendamenti adottati a Londra il 29 giugno 1990 e a Copenaghen il 25 novembre 1992;

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b) alla raccomandazione 89/349/CEE della Com-missione del 13 aprile 1989, concernente la ridu-zione volontaria dei clorofluorocarburi (CFC) im-piegati dall’industria europea nella fabbricazione di aerosol, nonché alla risoluzione B3268/92 del Parla-mento europeo, del 12 marzo 1992, sulla protezione della fascia di ozono;

c) al regolamento (CE) n. 3093/94 del Consiglio del 15 dicembre 1994, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

Alla realizzazione delle attività previste dalla legge n. 549 concorrono, secondo le rispettive competen-ze, lo Stato, le regioni, gli enti locali e i loro consorzi, gli enti pubblici economici e di ricerca, le università.

Il mancato rispetto delle disposizioni di tale legge può essere fatto valere in giudizio, anche su doman-da di associazioni di consumatori o di associazioni di protezione ambientale, al fine di ottenere il se-questro e l’eventuale distruzione dei beni prodotti o commercializzati in violazione delle predette di-sposizioni e la condanna delle imprese responsabili della immissione in commercio al risarcimento dei danni a favore dello Stato nella misura equitativa fissata dal giudice (art. 14).

Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero dei trasporti e della navigazione: circ. 5 febbraio 1996, n. 15/96;

- Ministero delle finanze: circ. 12 maggio 1997, n. 133/D.

2. Controllo e recupero delle fughe di sostanze lesive della fascia di ozono stratosferico da apparecchia-ture di refrigerazione e di condizionamento d’aria e pompe di calore

Il regolamento concernente modalità per il control-lo ed il recupero delle fughe di sostanze lesive della fascia di ozono stratosferico da apparecchiature di refrigerazione e di condizionamento d’aria e pompe di calore, di cui al regolamento (CE) n. 2037/2000, approvato con il D.P.R. 15 febbraio 2006, n. 147, disciplina le norme tecniche e le modalità per la prevenzione, la riduzione e il recupero delle emis-sioni delle sostanze controllate da taluni impianti e apparecchiature che le contengono. Esso si applica agli impianti e apparecchiature di condizionamento d’aria e pompe di calore che contengono nel cir-cuito frigorifero le sostanze controllate (art. 1). Le apparecchiature e gli impianti di refrigerazione, di

condizionamento d’aria e le pompe di calore con-tenenti sostanze controllate in quantità superiore ai 3 kg, devono essere sottoposte a controllo della presenza di fughe nel circuito di refrigerazione, con la frequenza indicata al comma 2, da registrarsi nel libretto di impianto di cui all’allegato I. Gli impianti e le apparecchiature suddette devono essere sotto-posti a controllo con le seguenti cadenze:

a) annuale: per impianti e apparecchiature con un contenuto di sostanze controllate comprese tra i 3 e i 100 kg;

b) semestrale: per impianti e apparecchiature con un contenuto di sostanze controllate superiore ai 100 kg (art. 4).

Cap. VIIInquinamento elettromagnetico, secondo la giurisprudenza

1. Insediamento degli impianti di telefonia mobile e di radiocomunicazione

Va precisato che il favor, assicurato soprattutto dagli artt. 86 e seguenti del D.Lgs. 259/2003, alla diffusione delle infra-strutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati, in quanto espressione di principi fondamentali della Costitu-zione, come quello naturalistico ambientale (C.d.S., sez. III, 10 luglio 2013, n. 3690).

Sussiste illegittimità per l’installazione di una stazione radio base su un immobile non vincolato ai sensi D.Lgs. 42/2004 ma tutelato dalle norme comunali urbanistiche e paesaggi-stiche a protezione dei valori architettonici e storico-culturali (C.d.S., sez. III, 26 febbraio 2014, n. 917).

Il Consiglio di Stato ha affermato la possibilità di chiedere la Dia (ora Scia) in sanatoria per l’installazione di impian-ti di telefonia mobile, ai sensi dell’art. 87, D.Lgs. 259/2003. Restano fermi i limiti di esposizione, attenzione e obiettivi di qualità (C.d.S., 30 aprile 2014, n. 2247).

Il Consiglio di Stato ha giudicato illegittima l’ordinanza del comune di… relativa alla rimozione di un’antenna per la telefonia mobile in quanto carente di istruttoria idonea a di-mostrare la necessità di tale rimozione. In particolare veniva evidenziato che «il comune, a seguito di puntuale istruttoria tecnico-amministrativa, avrebbe dovuto sottoporre la situa-zione dell’impianto di cui trattasi, alla luce delle istanze nel tempo prodotte, a un approfondito procedimento ad hoc e alla conclusiva valutazione delle ragioni pro e contro la perma-nenza dell’impianto, anche con eventuali modifiche di “mini-

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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malizzazione” fino alla dimostrazione dell’indispensabilità o meno dell’impianto ai fini della copertura del servizio, ovvero la più conveniente ed opportuna delocalizzazione, ovvero la rimozione alla luce delle nuove disposizioni alla luce del D.Lgs. n. 259/2003» (C.d.S., 10 luglio 2014, n. 3528).

2. Inquinamento elettromagnetico (artt. 674 e 659 c.p. e 844 c.c.)

Nel sistema delineato dal D.Lgs. n. 231 del 2001, l’illecito ascrivibile all’ente costituisce una fattispecie complessa e non si identifica con il reato commesso dalla persona fi-sica (Cassazione, sezione sesta penale, 5 ottobre 2010, n. 2251/2011), il quale è solo uno degli elementi che formano l’illecito da cui deriva la responsabilità amministrativa, unitamente alla qualifica soggettiva della persona fisica, alle condizioni perché della sua condotta debba essere ri-tenuto responsabile l’ente e alla sussistenza dell’interesse o del vantaggio di questo. Ma se l’illecito di cui l’ente è chiamato a rispondere ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001 non coincide con il reato, l’ente e l’autore di questo, non possono qualificarsi coimputati, essendo ad essi ascritti due illeciti strutturalmente diversi. Sotto questo aspetto, quin-di, la disposizione dell’art. 83, comma 1, cod. proc. pen., non costituisce un impedimento alla citazione dell’ente come responsabile civile (Corte Costituzionale, 18 luglio 2014, n. 218).

SEZIONE QUARTA

Certificazione ambientale

Cap. ISistema comunitario di Ecogestione e Audit (EMAS - Eco-Management and Audit Scheme)

La legge 28 dicembre 2015, n. 221 (entrata in vi-gore dal 2 febbraio 2016) ha previsto agevolazioni per incentivare l’integrazione degli interessi am-bientali nel settore degli appalti pubblici. L’art. 16 di tale legge (che ha modificato l’art. 75 del Codice dei contratti) prevede ulteriori casi di riduzione del massimale della cauzione provvisoria per le imprese in possesso di certificazioni ambientali Emas, Uni En Iso 14001.

1. Eco-Management and Audit Scheme (EMAS)

Eco-Management and Audit Scheme (EMAS) è uno strumento volontario creato dalla Comunità Eu-ropea al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per va-

lutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati in-formazioni sulla propria gestione ambientale. Esso rientra tra gli strumenti volontari attivati nell’ambi-to del V Programma d’azione a favore dell’ambien-te. Scopo prioritario dell’EMAS è contribuire alla realizzazione di uno sviluppo economico sosteni-bile, ponendo in rilievo il ruolo e le responsabilità delle imprese.La terza versione (EMAS III) è stata pubblicata dalla Comunità Europea con la nuova versione del Rego-lamento del Parlamento Europeo e del Consiglio CE n. 1221/2009 del 25 novembre 2009. La nuova nor-mativa, entrata in vigore in data 11 gennaio 2011, abroga il Regolamento CE n. 761/2001 e le decisio-ni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE.La principale novità prevista dal nuovo Regola-mento riguarda la richiesta di descrivere, all’interno della Dichiarazione Ambientale, una sintesi dei dati disponibili sulle prestazioni ambientali tramite “in-dicatori chiave” (vedi Allegato IV del Regolamento).Le nuove norme regolamentari disciplinano l’ade-sione volontaria di un’organizzazione ad un proces-so di miglioramento continuo delle prestazioni am-bientali, attraverso la progettazione di un sistema di gestione ambientale che parte dal presupposto del rispetto della vigente normativa relativa all’in-quinamento atmosferico e della riduzione graduale delle emissioni inquinanti.Al regolamento EMAS può aderire qualsiasi orga-nizzazione e quindi anche gli enti pubblici, per i quali la stretta applicazione della vigente normativa assu-me una irrinviabile necessità.La nuova normativa introduce indicatori chiave che riguardano: efficienza energetica; efficienza dei ma-teriali; acqua; rifiuti; biodiversità; emissioni.Tutte le organizzazioni che intendono inviare al Co-mitato Sezione EMAS ITALIA documentazione per la richiesta della registrazione EMAS e del rinnovo nonché invio degli aggiornamenti, devono attenersi a quanto riportato al punto 3.1 della procedura di registrazione rev. 10 emanata dal Comitato EMAS il 19.2.2013. Per qualsiasi informazione relativa al rilascio della registrazione EMAS rivolgersi alla Se-greteria del Comitato Ecolabel-Ecoaudit: [email protected] di inoltro diverse dalle suddette (es. via e-mail) non possono, allo stato attuale, essere accet-tate.

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2. ISO 14001 e rapporti con EMAS

La nascita e la progressiva affermazione del siste-ma del riciclaggio ha fatto sorgere la necessità di poter individuare e garantire i materiali prodotti secondo le regole stabilite per un recupero effet-tuato nel rispetto di precise norme ambientali e economiche. Per questa ragione è stata varata la normativa europea ISO 14024 che stabilisce un sistema di etichettatura volontario, il cosiddetto Ecolabel, avente il compito di garantire il prodotto che deve essere progettato e realizzato nell’ottica del rispetto di un minimo impatto ambientale ga-rantito per tutto il ciclo vitale, dalla produzione allo smaltimento.La sigla ISO 14000 identifica una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni, stabiliti dall’Organizzazione Inter-nazionale di Standardizzazione (ISO). Forse la più nota di queste norme è la ISO 14001, che stabilisce i requisiti di un Sistema di Gestione Ambientale.La crescente importanza del problema dell’impatto ambientale a livello mondiale fa sì che organizza-zioni diverse, quali governi locali e nazionali, au-torità di controllo, associazioni produttive, clienti, dipendenti e azionisti, chiedano insistentemente di adottare specifiche discipline al fine di assicurare unno sviluppo industriale ed economico compati-bile con la salvaguardia dell’ambiente Pressioni so-ciali giungono anche dal crescente numero di parti interessate, quali organizzazioni di consumatori, ambientaliste.Sia la certificazione ISO 14001 che la registrazione EMAS possono essere acquisite entrambe dalla stes-sa organizzazione contestualmente, in successione o anche indipendentemente l’una dall’altra.Si precisa che tutti i verificatori accreditati dal Co-mitato Ecolabel Ecoaudit in ambito EMAS sono an-che organismi di certificazione accreditati da SIN-CERT in ambito ISO 14001.Il 15 settembre 2015, ISO - International Or-ganization for Standardization - ha pubblicato la nuova edizione 2015 della norma ISO 14001 “Environmental management systems - Require-ments with guidance for use” che sostituisce la ISO 14001:2004.Per l’entrata in vigore, IAF - International Accredi-tation Forum - ha fissato un periodo transitorio di 3 anni dalla pubblicazione, come deciso dall’Assem-blea Generale nel corso dei meetings di Vancouver di ottobre 2014 (IAF Resolution 2014-11).

3. Il Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit

I Regolamenti CE 1221/09 EMAS e CE 66/10 ECO-LABEL prevedono che ogni Stato Membro istituisca gli Organismi Competenti nazionali cui demanda-re il compito di applicare gli schemi comunitari; il D.M. 413/1995 ha istituito il Comitato Ecolabel Ecoaudit per svolgere le funzioni e attività attribuite ed il rispetto delle disposizioni impartite; a tal fine ha, inoltre, stabilito che il Comitato si avvalga del supporto tecnico dell’ISPRA.Tale Comitato - organismo competente per il rila-scio del marchio europeo di qualità ecologica - che opera presso il Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, ha deciso di riconoscere, ai fini della concessione del marchio Ecolabel Ue, i test di prova accreditati da ACCREDIA, ai sensi delle ISO 17025, senza la necessità che siano provvisti del riconoscimento di idoneità tecnica (RIT) rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico.Il Comitato ha approvato in data 13 settembre 2012 tre nuove Posizioni con lo scopo di aggiornare e chiarire specifici aspetti relativi all’applicazione del Regolamento CE 1221/2009 EMAS, in merito alle condizioni di applicabilità alle Pubbliche Ammini-strazioni (Codice NACE 84.11) dell’art. 7 “Deroghe per le organizzazioni di piccole dimensioni”.Il procedimento di assegnazione del marchio co-munitario (etichetta) di qualità ecologica si articola nelle seguenti fasi:

a) presentazione al Comitato da parte delle aziende di domanda di assegnazione del marchio di quali-tà ecologica tramite l’ANPA, utilizzando apposito formulario, corredata di certificato rilasciato da un laboratorio iscritto nell’elenco di cui all’art. 6. L’i-struttoria tecnico-amministrativa è curata dall’AN-PA e deve essere espletata entro il termine di 60 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della domanda;

b) il Comitato, entro il termine di 30 giorni dal ri-cevimento della pratica, decide tenendo conto del parere formulato dall’ANPA e notifica la propria decisione ai sensi dell’art. 10, commi 3 e 7 del rego-lamento comunitario.

Il nuovo Comitato per il periodo 2014-2016 si è insediato il 6 maggio 2014 (Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, D.M. 19.12.2013, n. 370 e 31.12.2013, n. 384).

tutela dall’inquinamento atmosferico, acustico e da sorgenti elettromagnetiche - parte 63

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4. Sistemi di gestione ambientale (EMAS ed ISO 14001)

Le attività delle imprese, enti, organizzazioni in generale possono comportare impatti più o meno significativi sull’ambiente (inquinamento delle ac-que, dell’aria, produzione di rifiuti, uso del suolo ecc.); è possibile gestire gli impatti ambientali in primo luogo adempiendo alla molteplice normati-va ambientale, ma se si volesse “fare un qualcosa in più” per il nostro ambiente, ci si può dotare di un tipico “sistema di gestione ambientale”.Grazie ad esso, infatti, è possibile da un lato dotarsi di strumenti utili per mantenersi sempre conformi alla vigente normativa, dall’altro prefiggersi degli obiettivi di miglioramento per la riduzione dei pro-pri impatti ambientali.Qualsiasi tipo di organizzazione (sia pubblica che privata) può adottare, volontariamente, un sistema di gestione; esistono delle norme che stabiliscono i requisiti dei sistemi di gestione ambientale a cui è possibile conformarsi per creare il proprio sistema di gestione.Il rispetto di tali standard è necessario per ottene-re la certificazione ISO 14001 o la Registrazione EMAS. In entrambi i casi è previsto un riconosci-mento da parte di un soggetto terzo del rispetto dei requisiti previsti (verifica ispettiva).ISO 14001 definisce il Sistema di gestione ambien-tale una “parte del sistema di gestione che compren-de la struttura organizzativa, le attività di pianifi-cazione, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi, le risorse per elaborare, mettere in atto conseguire, riesaminare e mantenere attiva la poli-tica ambientale”. Sviluppare un Sistema di gestione ambientale per una gestione efficace dei problemi e delle opportunità in campo ambientale, vuol dire in sostanza:

- dotarsi di una politica ambientale per stabilire gli obiettivi e gli impegni per il miglioramento conti-nuo delle proprie prestazioni ambientali (dirette ed indirette);

- organizzarsi per gestire le proprie attività in modo tale che si possa sempre sotto controllo gli impatti ambientali ad essi collegati con lo scopo di ridurli e prevenire possibili problematiche;

- prefiggersi sempre degli obiettivi di migliora-mento delle proprie prestazioni ambientali (il c.d. miglioramento continuo) anche attraverso la partecipazione attiva di dipendenti, fornitori e clienti.

5. Semplificazioni in materia di prevenzione e ridu-zione integrata dell’inquinamento (IPPC)

Ai fini della presentazione della domanda per otte-nere l’Autorizzazione integrata ambientale l’utente può utilizzare, includendola o allegandola, la docu-mentazione e i dati prodotti per l’ottenimento della registrazione EMAS (art. 29-ter, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, aggiunto dal comma 24 dell’art. 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128).Nel caso di un impianto registrato EMAS, il rin-novo dell’Autorizzazione integrata ambientale è effettuato ogni 8 anni, anziché ogni 5 o ogni 6 in caso di presentazione della certificazione ISO 14001 (art. 29-octies, comma 2, aggiunto dal comma 24 dell’art. 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128). Si veda, inoltre, il comma 6 dell’art. 13 del D.Lgs. 15 febbra-io 2010, n. 31, come sostituito dal comma 6 dell’art. 13 del D.Lgs. 23 marzo 2011, n. 4.Il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 24 aprile 2008 ha stabilito le “Modalità, anche contabili, e tariffe” da applicare in relazione alle istruttorie ed ai controlli previsti dal D.Lgs. 59/2005 (comunicato pubblicato in G.U. 22.10.2008, n. 222). È prevista una riduzione delle tariffe relative alle varie istruttorie.La Commissione, con decisione del 4 marzo 2013, ha dettato le linee guida per l’utente per aderire a EMAS, a norma del citato regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’adesione volontaria delle organizzazioni ad un sistema comu-nitario di Ecogestione e Audit (EMAS).