La tutela cautelare nel codice del processo amministrativo · con rinuncia agli altri motivi di...

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Vincenzo Salamone 1 La tutela cautelare nel codice del processo amministrativo Sommario: 1 – Introduzione; 2 - Il quadro di riferimento comunitario; 3 - Misure cautelari monocratiche; 4 -Misure cautelari monocratiche anteriori alla causa; 5 - Le misure cautelari monocratiche interinali; 6 - Misure cautelari collegiali; 7 - La competenza del Tribunale amministrativo presupposto per l’esame della domanda cautelare: 8 - Tutela cautelare e cauzione; 9 - Il contenuto dispositivo e motivazionale dell’ordinanza cautelare; 10 - Il regime delle spese del giudizio nella fase cautelare; 11 - L’effetto conformativo della pronuncia cautelare; 12 - L'esecuzione delle misure cautelari; 13 - La revoca della misura cautelare; 14 - I riti abbreviati relativi a speciali controversie (art. 119 CPA); 15 - Il rito speciale in materia di procedure di affidamento di appalti e servizi pubblici; 16 - Le peculiarità del rito delle infrastrutture strategiche; 17 - La definizione con sentenza in forma e procedura abbreviata alternativa alla misura cautelare; 18 - L'appello sulle pronunce cautelari e le misure cautelari nei giudizi di impugnazione. 1 - Introduzione. Il d. l.vo n. 104 del 2 luglio 2010, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 44 1. n. 69 del 2009, ha approvato il Codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settembre 2010. Sul piano sostanziale, il Codice ha consentito di adattare il tradizionale processo amministrativo, incentrato sul modello impugnatorio, alla mutata realtà derivante dall’evoluzione normativa nazionale ed europea e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che, pur nel rispetto delle necessarie differenze legate al diverso ruolo delle due giurisdizioni, hanno 1 Presidente della seconda sezione del Tribunale amministrativo regionale del Piemente. 1

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Vincenzo Salamone1

La tutela cautelare nel codice del processo

amministrativo

Sommario: 1 – Introduzione; 2 - Il quadro di riferimentocomunitario; 3 - Misure cautelari monocratiche; 4 -Misurecautelari monocratiche anteriori alla causa; 5 - Le misurecautelari monocratiche interinali; 6 - Misure cautelaricollegiali; 7 - La competenza del Tribunale amministrativopresupposto per l’esame della domanda cautelare: 8 - Tutelacautelare e cauzione; 9 - Il contenuto dispositivo e motivazionaledell’ordinanza cautelare; 10 - Il regime delle spese del giudizionella fase cautelare; 11 - L’effetto conformativo della pronunciacautelare; 12 - L'esecuzione delle misure cautelari; 13 - La revocadella misura cautelare; 14 - I riti abbreviati relativi a specialicontroversie (art. 119 CPA); 15 - Il rito speciale in materia diprocedure di affidamento di appalti e servizi pubblici; 16 - Lepeculiarità del rito delle infrastrutture strategiche; 17 - Ladefinizione con sentenza in forma e procedura abbreviataalternativa alla misura cautelare; 18 - L'appello sulle pronuncecautelari e le misure cautelari nei giudizi di impugnazione.

1 - Introduzione.

Il d. l.vo n. 104 del 2 luglio 2010, in attuazione della delega

conferita al Governo dall'art. 44 1. n. 69 del 2009, ha approvato il

Codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16

settembre 2010.

Sul piano sostanziale, il Codice ha consentito di adattare il

tradizionale processo amministrativo, incentrato sul modello

impugnatorio, alla mutata realtà derivante dall’evoluzione

normativa nazionale ed europea e dalla giurisprudenza della

Corte costituzionale, che, pur nel rispetto delle necessarie

differenze legate al diverso ruolo delle due giurisdizioni, hanno1 Presidente della seconda sezione del Tribunale amministrativo regionale del Piemente.

1

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progressivamente riconosciuto al giudice amministrativo nuovi

strumenti di tutela, analoghi a quelli di cui dispone il giudice

ordinario (con particolare riguardo alla tutela cautelare ante

causam, alla consulenza tecnica d’ufficio, alla prova per testi, o

ancora all’azione risarcitoria o all’opposizione di terzo), la cui

concreta attuazione non poteva, tuttavia ancora una volta essere

lasciata alla libera interpretazione e non può, quindi, prescindere

da un quadro normativo chiaro e definito, quale il Codice

indubitabilmente offre.

Secondo la lettura data dalla sentenza dell'Adunanza plenaria del

Consiglio di Stato n. 3 del 2011 il codice del processo amministrativo, in

coerenza con il criterio di delega fissato dall’art. 44, comma 2, lettera b,

n. 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha superato la tradizionale

limitazione della tutela dell’interesse legittimo al solo modello

impugnatorio, ammettendo l’esperibilità di azioni tese al conseguimento

di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la

pretesa della parte vittoriosa.

Di qui, la trasformazione del giudizio amministrativo, ove non vi si

frapponga l’ostacolo dato dalla non sostituibilità di attività discrezionali

riservate alla pubblica amministrazione, da giudizio amministrativo

sull’atto, teso a vagliarne la legittimità alla stregua dei vizi denunciati in

sede di ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a

giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la

fondatezza della pretesa sostanziale azionata.

Il bilancio sull’impatto che ha avuto nell’attività giurisdizionale è

positivo, soprattutto perché offre un quadro di insieme organico del

sistema processuale2.

2 Tale successo è confermato dalla circostanza che il primo correttivo al Codice èstato apportato dal dal Decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (in G.U. n.273 del 23 novembre 2011 - in vigore dal 9 dicembre 2011) recante “Disposizionicorrettive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice

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Centrale nel processo amministrativo codificato è la disciplina

della fase cautelare.

L'esplicito richiamo nei primi articoli del Codice ai principi di effettività

della tutela e del giusto processo dà ragione della specifica attenzione

dedicata dal nuovo testo normativo alla disciplina della fase cautelare ,

che, mentre costituisce, per le peculiari caratteristiche di autoritatività e

esecutorietà che connotano l'esercizio del potere pubblico, un elemento

imprescindibile per la garanzia dell'interesse - pubblico generale - alla

tutela effettiva degli amministrati contro il cattivo uso del medesimo,

imponendo la massima celerità ed immediatezza dell'intervento

giurisdizionale, per altro verso, proprio in considerazione della

particolare rilevanza degli interessi coinvolti (e per i riflessi che

direttamente o indirettamente la loro composizione ha sulla collettività),

deve essere massimamente attenta al rispetto del principio del

contraddittorio processuale, onde evitare che una eccessiva

compressione dei tempi di decisione, al di là dell'apparenza garantista,

implichi nella sostanza una eccessiva e irragionevole riduzione del

diritto di difesa (che deve essere garantito in modo equo e adeguato a

tutte le parti, e non soltanto a quella ricorrente) e, soprattutto, impedisca

una «giusta» e completa cognizione della controversia da parte del

giudice (che deve poter conoscere le posizioni di tutte le parti e disporre

del tempo minimo indispensabile a valutarle, ancorché in modo

sommario).

Da ciò l'esigenza e la difficoltà di contemperare speditezza decisoria e

spazi defensionali e cognitori in un ragionevole e proporzionato

bilanciamento dei suddetti diversi interessi3.

del processo amministrativo a norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18giugno 2009, n. 69”.

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La particolare funzione affidata al processo amministrativo implica

infatti che, anche in relazione a tale profilo di garanzia di «giustizia

nell'amministrazione» e dunque di giusto assetto degli interessi che

trascendono i meri rapporti tra le parti, la tutela cautelare costituisca, in

questo giudizio, ancor più che in quello civile, uno strumento essenziale

al pieno e corretto assolvimento della funzione giurisdizionale.

Il giudice amministrativo è il giudice della funzione amministrativa

(dell'interesse pubblico) e il giudice dell'economia con la conseguenza

che l'intervento tempestivo della tutela giurisdizionale in un momento in

cui sia ancora possibile evitare che la violazione produca i suoi effetti e,

laddove occorra, indirizzare il successivo operato della P.A. assume

quindi rilevanza essenziale anche per il buon andamento della P.A. e per

la stessa competitività del Paese.

,È importante, dunque, anche ai fini di una corretta costruzione e

gestione della fase cautelare, porre l'accento sul ruolo di conformazione

dell'attività amministrativa storicamente assolto dal giudice

Da ciò l'esigenza di una tutela immediata, che eviti pregiudizi

irreparabili non soltanto al ricorrente, ma anche alla collettività, che è

comunque diretta o indiretta destinataria dell'azione amministrativa e

agli interessi che l'ordinamento abbia nel particolare contesto storico

assunto come prevalenti.

La precisazione assume evidente rilevanza nella conferma del legame di

strumentalità che il legislatore ha inteso confermare tra tutela cautelare e

tutela «principale», come del resto emerge dal riferimento al

3 Tale ruolo è stato del resto da sempre ben chiaro alla giurisprudenza amministrativa, che neha progressivamente segnato l'evoluzione (basti significativamente richiamare le note sentenzedell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 1 del 1978 e 6 e 17 del 1982 e i primi decretimonocratici «inaudita altera parte»), così come è stato specificamente evidenziato anchedall'ordinamento comunitario, che ha in più occasioni identificato nella tutela cautelareimmediata uno strumento irrinunciabile per assicurare una tutela effettiva delle proprie norme,in tempo utile ad impedire che la relativa violazione produca effetti irreversibili.

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«ricorrente» quale unico soggetto legittimato alla proposizione

dell'istanza cautelare collegiale o monocratica «incidentale».

Il Codice, pertanto, in direzione opposta a quella dell'autonomia della

cautela, ha favorito un più stretto rapporto tra cautela e merito, legando

alla richiesta e soprattutto alla concessione della prima la definizione

completa della controversia, onde evitare che la sorte di atti o

comportamenti interferenti con interessi pubblici (generali e/o

particolari) sia sostanzialmente rimessa ad una fase di cognizione

meramente sommaria.

Tale conferma del necessario legame tra cautela e merito non soltanto

non incide sulla progressiva evoluzione della tutela cautelare da mera

sospensione interinale dell'efficacia del provvedimento impugnato a

strumento atipico di salvaguardia immediata delle posizioni soggettive

con effetti in taluni casi anticipatori nelle more della decisione di merito,

ma ne è la necessaria conseguenza.

Proprio la possibilità che, in una fase di cognizione sommaria, il Giudice

abbia anche un potere conformativo (come avviene con la tecnica del

remand) e che l'Amministrazione abbia l'obbligo di adeguarsi alle

relative statuizioni anche imprimendo agli interessi coinvolti un assetto

totalmente diverso da quello originariamente stabilito, rende oltremodo

opportuno uno stretto legame con il giudizio di merito, che valga a

fornire sollecitamente una parola definitiva sulla questione giuridica

controversa e, più in generale, a garantire una maggiore certezza nei

rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Con il codice del processo amministrativo si assicura una più

effettiva garanzia del contraddittorio e una maggiore conoscenza

degli atti di causa da parte del Giudice, attraverso l’ampliamento

dei termini per la fissazione della camera di consiglio (almeno

venti giorni dal ricevimento della notifica e dieci dal deposito,

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che deve essere sempre accompagnato, a pena di improcedibilità,

da quello dell’istanza di fissazione), ciò che ha consentito di

affermarne in modo espresso l’idoneità anche a soddisfare la

garanzia del contraddittorio per la eventuale decisione in forma

semplificata (salva la formale richiesta di ulteriori termini a

difesa per la proposizione di motivi aggiunti o di ricorsi

incidentali).

E’ stato introdotto il termine (di due giorni liberi dalla camera di

consiglio) per la presentazione di memorie e documenti.

Viene istituzionalizzata la possibilità che l’istanza cautelare

venga utilizzata per richieste istruttorie e/o per ottenere una

sollecita fissazione dell’udienza di merito e viene, comunque,

espressamente garantita la sollecita fissazione di quest’ultima in

caso di concessione di misure cautelari.

Sono poi disciplinati i procedimenti:

- per la tutela cautelare monocratica nelle more della camera di

consiglio;

- per quella ante causam (estesa a tutte le controversie).

Si sono introdotte norme volte ad impedire un uso distorto e

strumentale a vantaggio della sola parte ricorrente (che avrà

l’onere di dimostrare la ricevuta notifica della domanda cautelare

e di depositare l’istanza di fissazione di udienza prodromica alla

fissazione della camera di consiglio) e di consentire una più

effettiva garanzia di contraddittorio per le parti resistenti e

controinteressate (che, oltre a poter essere, anche informalmente,

sentite prima della decisione sull’istanza, potranno sempre

chiedere la revoca della misura eventualmente adottata, qualora

riescano a rappresentarne la insussistenza dei presupposti per la

concessione).

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Con la finalità della accelerazione della definizione della

controversia, viene data la possibilità di anticipare la decisione

attraverso la concentrazione del giudizio su una sola questione,

con rinuncia agli altri motivi di ricorso4.

2 - Il quadro di riferimento comunitario

4 Giova ricordare che la Corte costituzionale con l’ordinanza 21 ottobre 1998, n.359 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimitàcostituzionale degli artt. 47 del regio decreto 17 agosto 1907 n. 642 (Regolamentoper la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale) e 51 delcodice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono il regime diincompatibilità del giudice amministrativo, che abbia già conosciuto della causa infase cautelare, a partecipare alla decisione del merito. Si è ritenuto, infatti che nonsono da ritenere applicabili al giudizio amministrativo, per le particolarità e lediversità dei sistemi processuali, le regole delle incompatibilità soggettive ex art.34 cod. proc. pen. per precedente attività (tipizzata) svolta nel procedimento penalee le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudice sono risolvibili nel processoamministrativo - per la sua peculiarità - attraverso gli istituti della astensione edella ricusazione, previsti dal codice di procedura civile. Si muove, infatti, dalpresupposto che i provvedimenti cautelari adottati dal giudice civile e da quelloamministrativo costituiscono espressione del principio secondo il quale ognisituazione giuridica deve poter trovare un suo momento cautelare, componenteessenziale della stessa tutela giurisdizionale, mentre il successivo giudizio di meritonon è descrivibile quale valutazione operata sulla medesima res iudicanda, in modotale da dover ravvisare, nella precedente pronuncia sulla domanda cautelare (attesoil contenuto del giudizio sui presupposti: periculum in mora e fumus boni iuris), laragione degli asseriti condizionamenti suscettibili di minare l'imparzialità delgiudicante. La Corte ha, peraltro, affermato che non sono applicabili al giudizioamministrativo, proprio per le particolarità e le diversità dei sistemi processuali, leregole delle incompatibilità soggettive per precedente attività (tipizzata) svoltanello stesso procedimento penale, cui il giudice remittente fa riferimento attraversoil richiamo all'art. 34 cod. proc. pen., e che le insopprimibili esigenze diimparzialità del giudice sono risolvibili nel processo amministrativo - per la suapeculiarità - attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione, previsti dalcodice di procedura civile (ordinanza n. 356 del 1997 e sentenza n. 326 del 1997); si legge, infatti che “con la citata sentenza n. 326 del 1997, questa Corte ha chiaritoche la previsione contenuta nell'art. 51, numero 4, cod. proc. civ., secondo il qualeil giudice ha l'obbligo di astenersi "se ha conosciuto (della causa) come magistratoin altro grado del processo" trova fondamento nella "esigenza stessa di garanzia chesta alla base del concetto di revisio prioris instantiae", che postula l'alterità delgiudice dell'impugnazione, il quale si trova - per via del carattere del mezzo digravame - a dover ripercorrere l'itinerario logico che è stato già seguito ondepervenire al provvedimento impugnato; mentre la stessa esigenza non comporta lanecessità costituzionale che l'obbligo di astensione (nel processo civile) sia estesoanche all'ipotesi del giudice della causa di merito che abbia emesso unprovvedimento di urgenza o cautelare in genere; che ben diversa (rispetto allapluralità di gradi di giudizio) si presenta la situazione quando l'iter processualesemplicemente si articoli attraverso più fasi sequenziali (necessarie od eventualipoco importa), nelle quali l'interesse posto a base della domanda impone

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Nell’evoluzione della disciplina della tutela cautelare una importante

funzione ha svolto il diritto comunitario.

La Direttiva 2007/66/CE si concentra sull'obbligo, imposto agli Stati

membri, di provvedere «affinché i provvedimenti presi in merito alle

procedure di ricorso di cui all'art. 1 [avverso le violazioni delle norme

sostanziali in tema di appalti pubblici] prevedano i poteri che

consentono di:

a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza

provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o

impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i

provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di

aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi

decisione presa dalle autorità aggiudicatrici ….. omissis».

l'appagamento di esigenze di carattere conservativo, anticipatorio, istruttorio ecc;che, con la medesima sentenza n. 326 del 1997, è stato, altresì, precisato che iprovvedimenti cautelari adottati dal giudice civile (ed il discorso può essere estesointegralmente al giudizio amministrativo) costituiscono espressione del principiosecondo il quale ogni situazione giuridica deve poter trovare un suo momentocautelare, componente essenziale della stessa tutela giurisdizionale, mentre ilsuccessivo giudizio di merito non è descrivibile quale valutazione operata sullamedesima res iudicanda, in modo tale da dover ravvisare, nella precedentepronuncia sulla domanda cautelare (atteso il contenuto del giudizio sui presupposti:periculum in mora e fumus boni iuris), la ragione degli asseriti condizionamentisuscettibili di minare l'imparzialità del giudicante; che anche per il processoamministrativo può essere confermato, come rilevato con la predetta sentenza n.326 del 1997 a proposito del giudizio civile - e la norma applicabile per i casi diastensione è la stessa - che la cognizione attribuita al giudice in sede diprovvedimenti cautelari lascia assolutamente irrisolto il quesito circa l'esito finaledel giudizio e non "anticipa" affatto la decisione del merito, mirando solo a tutelaretemporaneamente un preteso diritto (o interesse legittimo) onde salvaguardarlo dalpregiudizio grave ed irreparabile, ravvisato sulla base di una valutazioneprovvisoria e di semplice verosimiglianza; che, d'altro canto, eventuali anormalipronunciamenti del giudice in sede cautelare, al di là di quanto richiesto dalleesigenze di motivazione della relativa decisione, in quanto estranei al paradigmalegale, non possono dare fondamento ad un vizio di costituzionalità risolvendosi incattiva applicazione della procedura; e che, piuttosto, in casi del genere, è "doveredel giudice di valutare, nel concreto, se esistono gravi ragioni di convenienzalegittimanti l'astensione", secondo la previsione del medesimo art. 51, cpv., cod.proc. civ. che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiaratamanifestamente infondata”.

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L'attenzione dell'ordinamento comunitario per una tutela cautelare

effettiva è stata del resto all'origine dell'introduzione della tutela

cautelare ante causam, in esito all'ordinanza della Corte di Giustizia del

29 aprile 2004, C-202/03, anche se, come correttamente rilevato dalla

Corte costituzionale nell'ordinanza n. 179 del 2002, il sistema di tutela

cautelare monocratica interinale introdotto nel processo amministrativo

dalla l. n. 205 del 2000 offriva - ed offre - sicuramente analoghe e più

coerenti garanzie di effettività; con il vantaggio di consentire, con alcuni

correttivi, ora opportunamente introdotti dal Codice, una maggiore e più

proporzionata considerazione per i diversi interessi in conflitto.

In linea con la legge delega, attenta all'uguaglianza delle posizioni

processuali a prescindere dalle materie controverse, il Codice ha in ogni

caso disposto anche la generalizzazione della tutela ante causam,

autonoma dal giudizio di merito, ancorché condizionata quanto alla

conservazione degli effetti alla tempestiva proposizione di quest'ultimo

(entro quindici giorni dalla concessione della misura).

Il ruolo centrale della tutela cautelare nel processo amministrativo

sembra sotto altro profilo destinato ad aumentare in relazione

all'espressa rilevanza riconosciuta dall'art. 30 del Codice al

comportamento del soggetto leso ai fini del risarcimento del danno, tale

per cui il giudice deve comunque «esclude(re) il risarcimento dei danni

che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche

attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti».

Appare particolarmente interessante il confronto con la giurisprudenza

comunitaria, che lega il bilanciamento dei diversi interessi alla

proporzionalità rispetto all'interesse pubblico.

La sospensione del provvedimento impugnato - e più in generale

l'adozione di misure cautelari - non deve costituire una tutela

sproporzionata rispetto al pregiudizio che potrebbe derivare all'interesse

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pubblico (particolare, ma soprattutto generale, di cui l'Amministrazione

- come i soggetti che in virtù delle loro peculiarità sono vincolati al

rispetto di regole pubblicistiche, devono comunque farsi carico): il

giudice, se non deve all'evidenza ingiustamente privilegiare tale

interesse, restando coerente allo spirito del giusto processo , non può per

vero prescindere dall'operarne una valutazione particolarmente attenta,

adeguatamente bilanciandolo con l'interesse privato e con le stesse

esigenze di celerità della tutela , ricordando a quest'ultimo riguardo che

la rapida conclusione del processo - e, all'interno di questo, la rapida

decisione sulle richieste cautelari ed eventualmente, attraverso la

sentenza in forma semplificata, anche sul merito - non deve in ogni caso

collidere con l'adeguata cognizione della controversia.

3 - Misure cautelari monocratiche

L'attenzione al rispetto delle regole del giusto processo è

particolarmente sentita dal Codice anche nella disciplina delle misure

cautelari monocratiche, assumibili, secondo il modello introdotto dalla

legge 205 del 2000, dal presidente o da un magistrato dallo stesso

delegato, su richiesta specificamente notificata, a fronte di situazioni di

estrema gravità e urgenza tali da non consentire neppure la dilazione

fino alla data della camera di consiglio.

Il legislatore ha cercato di superare i problemi causati da un utilizzo

spesso distorto dello strumento - che ha visto frequentemente precedere

la notifica della decisione cautelare, prontamente eseguita a mezzo fax,

a quella del ricorso, artatamente affidata alla lentezza degli uffici

giudiziari - cercando, per quanto possibile, di garantire il potenziale

contraddittorio davanti al presidente o al magistrato delegato investito

della questione.

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A tal fine, il Codice dispone innanzitutto che, prima di pronunciarsi, il

predetto organo giudicante è tenuto a verificare che la notificazione del

ricorso, che può essere a questo scopo validamente effettuata anche a

mezzo fax (senza necessità di previa autorizzazione), si sia perfezionata

nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei

controinteressati, i quali sono così posti in grado di far valere, anche

informalmente, le proprie ragioni. In difetto, ma soltanto se l'esigenza

cautelare sia tale da non consentire la verifica delle avvenute notifiche

(per cause non imputabili al ricorrente), il Giudice può comunque

provvedere, fatto salvo il potere di revoca, che non è in questo caso

subordinato alla sopravvenienza di fatti nuovi e deve essere sollecitato

con istanza di parte con le stesse forme dell'istanza cautelare.

Si cerca così di contemperare le esigenze di massima effettività della

tutela cautelare con quelle del giusto processo . In questo spirito è in

particolare precisato che, se il Giudice ritiene che l'istanza sia stata

proposta a un TAR incompetente, deve in ogni caso respingerla e

rimettere le parti al collegio, che dovrà pronunciarsi sulla proposizione

del regolamento di competenza.

Per non aggravare eccessivamente il carico degli organi giudiziari, nella

stesura definitiva del Codice, ferma restando naturalmente la possibilità

delle parti resistenti e controinteressate di fare pervenire sollecitamente

(e informalmente) le proprie controdeduzioni, cui dovrebbe

corrispondere l'onere del Giudice, laddove possibile, di offrire a tal fine

un sia pur minimo spazio temporale prima della decisione, si è invece

preferito lasciare al presidente (o al magistrato delegato) la valutazione

della «necessità» (significativamente nella stesura definitiva del Codice

si usa la formula «ove necessario») di sentire, fuori udienza e senza

formalità, anche separatamente, le parti che si siano rese a ciò

disponibili.

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L'attenzione al giusto processo amministrativo (sancito dall’art. 111

della Costituzione) informa peraltro, per un verso, la previsione, anche

in questo caso, della presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza

di merito come condizione di procedibilità della domanda cautelare e,

per altro verso, la prescrizione che le misure cautelari provvisorie sono

concesse con decreto motivato, non impugnabile, mediante il quale deve

essere altresì fissata la data della camera di consiglio nei termini fissati

dall'art. 55.

Ferma restando la loro revocabilità o modificabilità su istanza delle parti

resistenti o controinteressate, l'efficacia di tali misure è invero

rigidamente circoscritta nel tempo e viene comunque a cessare se il

collegio non provvede in camera di consiglio sulla domanda cautelare .

In questa luce, per evitare un uso distorto dello strumento della notifica a

mezzo fax (per rallentare i tempi di celebrazione della camera di

consiglio, legata comunque a quella ordinaria), il Codice ha stabilito che

le misure cautelari concesse in relazione a un ricorso notificato a mezzo

fax perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria

entro i cinque giorni successivi alla richiesta della misura cautelare .

Si è poi espressamente precisato che, come già per le misure cautelari

collegiali e per quelle ante causam, il Giudice possa subordinare la

concessione della misura al versamento di una cauzione e l'uso che verrà

fatto di tale strumento potrà costituire un importante elemento di

garanzia della serietà della richiesta.

Il codice prevede due tipologie di misure cautelari monocratiche:

- le misure cautelari interinali (articolo 56);

- le misure cautelari ante causam (articolo 61).

4 -Misure cautelari monocratiche anteriori alla causa

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Già con la l. 21 luglio 2000, n. 205, il legislatore, muovendosi

nell'ambito di un più ampio disegno di riforma del sistema di giustizia

amministrativa, per molti versi lacunoso ed ormai desueto, ha

provveduto ad adottare una nuova disciplina della tutela cautelare nel

processo amministrativo .

Vanno rimarcati gli impulsi di fonte comunitaria, in particolare le

indicazioni fornite dal legislatore europeo nelle direttive del Consiglio

CEE, 21 dicembre 1989, n. 665 e 25 febbraio 1992, n. 13, sia pure

limitatamente allo specifico settore degli appalti pubblici di lavori e

forniture.

I rispettivi articoli 2 delle citate direttive sanciscono l'obbligo a carico

degli Stati membri di garantire che gli organi nazionali responsabili delle

procedure di ricorso, «indipendentemente dalla proposizione di una

impugnativa previa», possano adottare «con la massima sollecitudine e

con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la

violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli

interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far

sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto o l'esecuzione

di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici».

La necessità di un ampliamento del potere cautelare del giudice

amministrativo è espressamente sostenuta dalla Corte di giustizia

nell'ambito del procedimento avviato dalla Commissione della

Comunità europea nei confronti del Governo della Grecia per la

mancata adozione, entro il termine prescritto, delle disposizioni

legislative necessarie a dare attuazione alla citata Direttiva «ricorsi» n.

89/665.

La Corte di giustizia rileva che le norme proprie dell'ordinamento

ellenico non garantiscono una corretta trasposizione della direttiva in

quanto prevedono esclusivamente la sospensione dell'esecuzione

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dell'atto amministrativo impugnato e non consentono di esperire l'azione

cautelare ante causam (C. Giust. CE, sez. V, 19 settembre 1996, causa c-

236/95, commissione c. Repubblica Ellenica).

Le citate direttive si inseriscono in un ordinamento, come il nostro, che

ha configurato da sempre il giudizio cautelare come un giudizio

funzionalmente subordinato al giudizio principale di impugnazione (art.

39 T.U. Cons. Stato e art. 21 l. Tar ante riforma), con conseguente

inammissibilità della concessione di misure cautelari indipendentemente

dall'impugnazione dell'atto lesivo.

Né la l. 19 febbraio 1992, n. 142, che ha attuato le norme della direttiva

CEE n. 89/665 (legge comunitaria per il 1991), incide sul punto, nulla

innovando in ordine ai presupposti per l'esperibilità del giudizio

cautelare ed ai poteri del giudice della cautela.

Vi è stata al contempo una tendenza volta ad ampliare l'ambito della

tutela cautelare oltre i limiti segnati dall'art. 21 della l. n. 1034 del 1971

nella sua formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 205

del 2000.

Significativa è innanzitutto la sentenza della Corte costituzionale n. 190

del 28 giugno 1985, punto di riferimento di svariati provvedimenti

giurisdizionali, emessi soprattutto dai Tar, ai fini del potenziamento delle

tecniche di intervento cautelare del giudice amministrativo5.

Nel pervenire alla declaratoria di illegittimità della disposizione

censurata, per contrasto con gli artt. 3 e 113 Cost., la Corte enuncia il

principio secondo cui «le quante volte il diritto assistito dal fumus boni

5 La Corte si pronuncia sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar Lazio conordinanza del 10 marzo 1980 relativamente all'asserita incostituzionalità dell'art. 21 ult. commal. Tar, nella parte in cui, limitando l'intervento d'urgenza del giudice amministrativo alla merasospensione dell'esecutività dell'atto impugnato, non consente di intervenire in via d'urgenzanelle controversie patrimoniali di pubblico impiego. Il Giudice remittente pone l'accento sullacondizione di inferiorità nella quale, per effetto di tale lacuna processuale, vengono a trovarsi ipubblici dipendenti rispetto agli altri lavoratori subordinati, per i quali l'art. 423 c.p.c. riconosce,invece, la possibilità di ottenere, in corso di causa, ordinanza di pagamento per le somme cherisultino dovute.

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juris è minacciato da pregiudizio grave ed irreparabile provato dalla

cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria, spetta al

giudice il potere di emanare i provvedimenti d'urgenza che appaiono,

secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli

effetti della decisione sul merito».

Le conseguenze applicative si traducono nell'innesto all'interno del

giudizio amministrativo, sia pure limitatamente alle controversie in

questione, di una tutela cautelare atipica e generale della stessa ampiezza

di quella riconosciuta al giudice ordinario dall'art. 700 c.p.c.

Pur senza affermare la rilevanza costituzionale dell'intervento interinale

in relazione all'art. 24 Cost. ed al principio di effettività della tutela

giurisdizionale

, il Giudice delle leggi offre una soluzione innovativa destinata ad

incidere non poco sullo sviluppo del dibattito dottrinale e

giurisprudenziale degli anni successivi6.

6 È la terza sezione del Tar della Lombardia ad inaugurare, nel 1997, l'orientamento chericonosce al giudice amministrativo la potestà di ricorrere all'art. 700 c.p.c. nell'ambito della suagiurisdizione e di concedere provvedimenti cautelari urgenti con decreto presidenziale.Emblematico in questo senso è il provvedimento del 14 novembre 1997 in cui si prospetta lapossibilità di emettere decreto presidenziale cautelare ex art. 700 c.p.c. prima della pronunciada parte del collegio sulla richiesta sospensiva e senza preventiva costituzione delcontraddittorio.Con la decisione n. 781 del 28 aprile 1998 il Consiglio di Stato assume un decisoatteggiamento di segno negativo verso ogni sforzo pretorio di introdurre strumenti cautelaripreventivi e monocratici. La Sezione quinta, infatti, pronunciandosi in appello dopo laconferma collegiale della misura cautelare presidenziale, dichiara la nullità assoluta del decretodi sospensione emesso dal solo Presidente, anziché dal Collegio. A sostegno di taleconclusione, si rimarca l'assenza in capo al Presidente, in sede cautelare e in veste monocratica,di potere giurisdizionale perché non riconosciuto da alcuna previsione normativa e, peraltro, incontrasto col principio di necessaria collegialità delle decisioni del giudice amministrativo(Tale principio ha rappresentato, per il Consiglio di Stato, prima del varo della l. n. 205 del2000 di riforma del processo amministrativo , un fondamentale argomento per negare altresì lapossibilità di una eterointegrazione del processo amministrativo mediante il trapianto deiprovvedimenti monitori di derivazione processualcivilistica).L'ordinanza della Corte costituzionale n. 536 del 15 novembre 2000 dispone perciò larestituzione degli atti al tribunale remittente invitando il giudice a quo a valutare la perduranterilevanza della questione di legittimità costituzionale alla luce del sopravvenuto intervento diriforma sul sistema delle misure cautelari e degli organi chiamati ad applicarle. Laproblematica relativa alla tutela cautelare preventiva perviene all'esame della CorteCostituzionale per la prima volta con l'ordinanza del 19 giugno 1998, mediante la quale ilPresidente della III sezione del Tar Lombardia solleva questione di legittimità costituzionaledell'art. 21 l. n. 1034 del 1971 nella parte in cui esclude la tutela ante causam e la conseguente

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La svolta si deve al citato Codice del processo amministrativo che,

expressis verbis, introduce la possibilità, in via generale, di ottenere

misure cautelari anteriori alla causa, fino a quel momento riconosciuta

espressamente soltanto in materia di appalti.

In particolare, l'art. 61, riproducendo in sostanza la disciplina dettata

dall'art. 245 Codice appalti, prevede che «in caso di eccezionale gravità

applicabilità dell'art. 700 e degli artt. 669-bis ss. c.p.c. davanti al giudice amministrativo , inviolazione degli artt. 24 e 113 Cost., avuto anche riguardo agli art. 6 e 13 della Convenzioneeuropea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.In via subordinata, il Tar chiede alla Corte di pronunciarsi sullo stesso art. 700, laddoveespressamente prevede che la tutela cautelare preventiva sia da circoscrivere all'area dei dirittisoggettivi, determinando così una situazione di disuguaglianza rispetto agli interessi legittimi,in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost., che non attribuiscono alla tutela giurisdizionale«connotazioni diverse a seconda della posizione soggettiva di volta in volta coinvoltadall'azione amministrativa».La pronuncia della Corte costituzionale avviene però nell'ambito di un mutato quadronormativo di riferimento conseguente all'emanazione della l. n. 205 del 2000, che contiene unadisciplina di portata rivoluzionaria per l'intero sistema processuale amministrativo especificamente per il processo cautelare.Nel dettaglio, l'art. 3 l. n. 205 del 2000, che modifica l'art. 21 l. n. 1034 del 1971, dispone che:«Prima della trattazione della domanda cautelare , in caso di estrema gravità ed urgenza, tale danon consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può,contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti,chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale o della sezione cui il ricorso èassegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto èefficace sino alla pronunzia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima cameradi consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, incaso di appello contro un'ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione dellasentenza appellata».Con l'ordinanza n. 1 del 15 febbraio 2001, tuttavia, il Tar Lombardia solleva nuovamentequestione di legittimità costituzionale dello stesso art. 21 l. n. 1034 del 1971, così comenovellato dalla l. 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui esclude la tutela ante causam e laconseguente applicabilità dell'art. 700 e degli artt. 669 ss. c.p.c. davanti al giudiceamministrativo.È con l'ordinanza 10 maggio 2002, n. 179, che la Corte costituzionale risponde alla rinnovatarichiesta di intervento proveniente dal Tar Lombardia dichiarando la manifesta infondatezzadella questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (così comenovellato dalla l. n. 205 del 2000) e dell'art. 700 c.p.c.La Corte non ritiene applicabile in via analogica la disciplina processualcivilistica relativa allatutela cautelare preventiva sulla base di una serie di considerazioni concorrenti. Il Giudice delleLeggi ha innanzitutto osservato che rientra nella discrezionalità del legislatore la possibilità didifferenziare, in relazione alla specificità della materia, la tutela cautelare davanti al giudiceamministrativo rispetto a quella cautelare davanti al giudice ordinario. Sostiene, infatti, che «illegislatore, nella sua discrezionalità, può adottare, con il solo limite della non manifestairragionevolezza o non palese arbitrarietà, norme processuali differenziate tra i diversi tipi digiurisdizione e di riti procedimentali, non essendo pertanto tenuto, sul piano costituzionale, adosservare regole comuni ed uniformi tra giurisdizioni e quindi processi differenti». Nellaspecie, la discrezionalità non risulta spesa in modo irragionevole o in contrasto con gli invocatiparametri di cui agli artt. 24 e 113 Cost. ed agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti

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e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del

ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto

presidenziale, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per

l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono

indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del

ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa».

L'istanza non risulta quindi collegata al ricorso di merito e può, peraltro,

essere riproposta, in caso di rigetto, «dopo l'inizio del giudizio di merito

con le forme delle domande cautelari in corso di causa».

Sulla richiesta, notificata con le forme prescritte per il ricorso, provvede

il presidente del Tar competente per il giudizio (o il magistrato da lui

delegato), dopo aver accertato, se consentito dall'esigenza cautelare , il

perfezionamento della notificazione per i destinatari (la notificazione

può essere effettuata dal difensore a mezzo fax) ed aver sentito,

eventualmente, le parti; è omessa ogni altra formalità.

La decisione del giudice assume la forma del decreto non impugnabile

che il richiedente è tenuto a notificare alle altre parti entro il termine

perentorio fissato dal medesimo, non superiore a cinque giorni (

fino a quando conserva efficacia, il provvedimento di accoglimento,

seppure non appellabile, è sempre revocabile o modificabile su istanza

di parte previamente notificata).

Il provvedimento di accoglimento perde effetto qualora, entro quindici

giorni dalla sua emanazione, non venga notificato il ricorso con la

domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque

giorni corredato da istanza di fissazione di udienza. In ogni caso la

misura concessa perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua

emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano

confermate o disposte in corso di causa.

dell'uomo.

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La riconosciuta possibilità di ottenere misure interinali ante causam

pone rimedio ai casi in cui l'assenza di strumenti processuali di tipo

preventivo può frustrare irrimediabilmente le ragioni dell'interessato a

fronte dell'imminenza di un pregiudizio grave ed irreparabile che

richiede l'esame indifferibile ed urgente dell'istanza cautelare .

Si accresce chiaramente il livello di effettività della tutela nella fase

cautelare a cui il legislatore, negli ultimi anni, ha conferito una tale

centralità da renderla il momento processuale nel quale si decidono

sostanzialmente le sorti del giudizio7.7 La questione relativa alla invocabilità nel processo amministrativo della tutela cautelare antecausam va rivisitata a seguito delle novità processuali introdotte dal Codice dei contrattipubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e2004/18/CE e, soprattutto e più di recente, dal d.lg. n. 104 del luglio 2010 che, in attuazionedella delega conferita al Governo dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, ha approvato il Codice delprocesso amministrativo , entrato in vigore a partire dal 16 settembre 2010.Il d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 è intervenuto sulla disciplina dei rimedi cautelari nellecontroversie instaurate avverso gli atti delle procedure di affidamento, prevedendo l'istitutodella tutela ante causam.L'art. 245 dedica i commi da 3 a 8 all'introduzione e disciplina di tale istituto processuale, cioèalla facoltà per l'interessato di ottenere una misura interinale e provvisoria prima ancora dellanotifica del ricorso .Su tale articolo è intervenuto il d.lg. n. 53 del 20 marzo 2010 che ha dato attuazione alladirettiva 2007/66/CE, introducendo rilevanti modifiche al Codice dei contratti pubblici, al finedi migliorare l'efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appaltipubblici. Per quanto qui di interesse, il comma 8 dell'art. 245, così come sostituito dal citatodecreto legislativo, conferma la precedente formulazione nella parte in cui rende inapplicabiliai giudizi in grado di appello le disposizioni dello stesso articolo relative alla tutela ante

causam.La previsione dell'istituto della tutela ante causam nel processo amministrativo relativo aipubblici appalti si è resa necessaria a seguito di una procedura di infrazione a carico del nostroPaese, avviata sulla base della consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia che avevaribadito l'esigenza di tale forma di tutela cautelare (V. Commissione contro Italia del 29 aprile 2004, pronunciata in esito ad un'iniziativa delPresidente del Tar Lombardia, sez. Brescia, del 24 aprile 2003, n. 76. Con tale ordinanza laCorte di Giustizia ha escluso la compatibilità comunitaria della normativa italiana nella parte incui impone la previa proposizione di un ricorso di merito quale condizione di invocabilitàdell'intervento cautelare.La delega legislativa consentiva l'introduzione della tutela cautelare ante causam nel processorelativo ai pubblici appalti, trattandosi di recepire le direttive 2004/17 e 2004/18 le quali, tral'altro, impongono agli Stati membri di assicurare l'applicazione delle stesse con meccanismiefficaci, accessibili e trasparenti, in conformità alle c.d. «direttive ricorsi».L'art. 245 del Codice appalti richiama il procedimento disciplinato dall'art. 21 commi 8 e 9 l.Tar, per evidenziare che la tutela interinale ora disciplinata è caratterizzata da quellastraordinaria immediatezza negata al decreto presidenziale d'urgenza da cui si separa quindi sulpiano non solo strutturale ma anche funzionale.La nuova disciplina, consentendo in modo esplicito ai concorrenti pretermessi o estromessidalle gare di prescindere dalla proposizione del ricorso, fornisce a numerosi interpreti unargomento contrario alla tesi che autorizza forme di tutela ante causam nel processo

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In caso di eccezionale gravità e urgenza (quindi in una situazione di

periculum rafforzato anche rispetto alle misure presidenziali in corso di

causa), tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso

e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale,

il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l'adozione delle

misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il

tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della

domanda cautelare in corso di causa.

L'art. 61 del Codice ha così esteso alla generalità dei giudizi dinanzi al

TAR la previsione dell'art. 245 del d.lgs. 163 del 2006 in materia di

appalti, mutuandone in gran parte la formulazione, e ha consentito la

presentazione di una richiesta cautelare prima ancora della compiuta

formulazione dei motivi di ricorso (i quali si ritiene debbano purtuttavia

essere almeno indicati nella relativa istanza, in modo da consentire una -

sia pur estremamente sommaria - delibazione dei profili attinenti il

fumus da parte del presidente del TAR - come del resto avviene in sede

civile nei procedimenti ex art. 700 c.p.c.).

I presupposti per richiedere la misura cautelare ante causam sono

i seguenti

- la sussistenza di una situazione di eccezionale gravità e

urgenza;

amministrativo ; laddove, cioè, il legislatore ha inteso introdurre la possibilità di anticipareulteriormente la soglia di tutela nei confronti del privato, lo ha fatto espressamente, escludendoimplicitamente ogni altro margine di operatività della tutela cautelare ante causam.La previsione della misura cautelare ante causam nelle vicende riguardanti gli appalti pubblici,stemperando le perplessità avanzate in merito a tale tipologia di tutela , ha, in fin dei conti,posto le premesse per la sua estensione a settori diversi, anche al fine di evitare disparità ditrattamento nei confronti di situazioni che, pur potendo presentare carattere di eccezionalegravità ed urgenza, per essere estranee alla materia dei pubblici appalti, non potevano usufruiredella medesima forma di tutela .

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- tale da non consentire neppure la previa notificazione del

ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto

presidenziale.

Il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per

l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono

indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del

ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa.

L'istanza, notificata con le forme prescritte per la notificazione

del ricorso, si propone al presidente del tribunale amministrativo

regionale competente per il giudizio.

Il presidente o un magistrato da lui delegato, accertato il

perfezionamento della notificazione per i destinatari, provvede

sull'istanza, sentite, ove necessario, le parti e omessa ogni altra

formalità.

Anche in questo caso la notificazione può essere effettuata dal

difensore a mezzo fax.

Qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del

perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al

ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il

potere di revoca da esercitare nelle forme previste per la revoca

del provvedimento cautelare interinale e disciplinata dall'articolo

56, comma 4, terzo e quarto periodo.

Altro presupposto è la competenza del tribunale adito in quanto

l'incompetenza del giudice è rilevabile d'ufficio.

Il procedimento è sostanzialmente analogo a quello relativo alla richiesta

di misure cautelari provvisorie.

Il decreto che rigetta l'istanza non è impugnabile, ma la stessa è

riproponibile una volta iniziato il giudizio di merito con le forme delle

domande cautelari in corso di causa.

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Per assicurare la stretta correlazione tra cautela e merito, se la misura

cautelare viene concessa, il decreto di accoglimento deve essere

notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio

stabilito dal Giudice, che non deve in ogni caso superare i cinque giorni,

e l'efficacia della misura (che è comunque revocabile o modificabile su

istanza della parte cui è stata notificata da presentarsi con le forme

dell'istanza di cautela monocratica) è comunque subordinata alla notifica

del ricorso, corredato di domanda cautelare , entro quindici giorni

dall'adozione delle misure ante causam e al relativo deposito nei

successivi cinque giorni, unitamente all'istanza di fissazione dell'udienza

di merito.

L'art. 61, co. 5, precisa inoltre che la misura cautelare concessa

anteriormente all'instaurazione della causa perde in ogni caso effetto con

il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano

efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso

di causa, confermando anche in questo caso, il potere/dovere del giudice

di accompagnare alla concessione di misure irreversibili lo strumento

della cauzione.

Qualora dall'esecuzione del provvedimento cautelare derivino

effetti irreversibili il presidente può disporre la prestazione di una

cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la

concessione della misura cautelare.

In questa ipotesi la cauzione può costituire invero l'unico deterrente

all'uso strumentale della cautela ante causam per l'accoglimento di

richieste non pienamente fondate e l'unica garanzia per l'effettiva

verifica delle medesime in sede di merito in tutti i casi in cui la misura

cautelare possa essere ex se pienamente satisfattiva e la perdita della

relativa efficacia non sia suscettibile di produrre conseguenze concrete o

di revertirne gli effetti negativi già provocati (si pensi alla sospensione

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dell'ordine di chiusura di un esercizio commerciale per giorni

prestabiliti, di particolare afflusso o all'assenso al commercio di un

farmaco pericoloso sin dalle prime dosi).

Il decreto che rigetta l'istanza non è impugnabile; tuttavia la

stessa può essere riproposta dopo l'inizio del giudizio di merito

con le forme delle domande cautelari in corso di causa.

Il provvedimento di accoglimento è notificato dal richiedente alle

altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non

superiore a cinque giorni.

Il provvedimento di accoglimento perde comunque effetto ove

entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il

ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei

successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di

udienza.

In ogni caso la misura concessa ante causam perde effetto con il

decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che

restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o

disposte in corso di causa.

Il provvedimento di accoglimento non è appellabile ma, fino a

quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile su

istanza di parte previamente notificata con le modalità previste

per la notifica dell'istanza di concessione della misura cautelare.

Per l'attuazione del provvedimento cautelare e per la pronuncia in

ordine alle spese si applicano le disposizioni sui provvedimenti

cautelari in corso di causa.

La disciplina della tutela cautelare ante causam non trova

applicazione per i giudizi in grado d'appello; conseguentemente

la domanda inibitoria del provvedimento giurisdizionale

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impugnato può essere richiesta soltanto dopo o contestualmente

alla proposizione dell'appello.

5 - Le misure cautelari monocratiche interinali

Le misure cautelari interinali disciplinate dall'articolo 56 sono

quelle richieste contestualmente alla domanda cautelare rivolta al

collegio ovvero, autonomamente, allorquando sia già stato

proposto il ricorso introduttivo del giudizio.

La finalità è quella di garantire una tutela per quelle situazioni

soggettive che potrebbero essere pregiudicate anche nelle more

dell'esame collegiale della domanda cautelare.

L'articolo 56 del codice prevede che il ricorrente può chiedere al

presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione

cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari

provvisorie, prima della trattazione della domanda cautelare da

parte del collegio.

Le condizioni sono le seguenti:

- proposizione dell'istanza con la domanda cautelare o con

distinto ricorso notificato alle controparti;

- prova della sussistenza di una situazione di estrema gravità ed

urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data

della camera di consiglio;

- presentazione dell'istanza di fissazione d'udienza per il merito,

salvo che essa debba essere fissata d'ufficio (condizione

quest'ultima di procedibilità dell'esame dell'istanza cautelari

monocratica);

- competenza del tribunale amministrativo adito.

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Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la

competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti

rimette le parti al collegio per i provvedimenti di cui all'articolo

55, comma 13, per cui il giudice adito può disporre misure

cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza, ai

sensi degli articoli 13 e 14; altrimenti provvede ai sensi

dell'articolo 15, commi 5 e 6, rilevando la propria incompetenza e

indicando il tribunale competente, ovvero sollevando il

regolamento di competenza dinanzi al Consiglio di Stato..

Competente a decidere sull'istanza cautelare monocratica

interinale è il presidente o un magistrato da lui delegato.

Il presidente verifica che la notificazione del ricorso si sia

perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte

pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto

motivato non impugnabile.

L'innovazione del codice è particolarmente importante, in quanto

per l’esame della domanda cautelare interinale occorre che si sia

proceduto alla notifica effettiva dell'istanza stessa

all’amministrazione resistente e ad almeno un controinteressato,

garanzia dell’effettività del contraddittorio.

In considerazione dei tempi spesso estremamente ridotti dati per

ottenere una tutela cautelare effettiva è consentita la notificazione

da parte del difensore anche a mezzo fax.

In quest'ultimo caso, pur tuttavia, le misure cautelari perdono

efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro

cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Si applica l'articolo 55, comma 6 per cui ai fini del giudizio cautelare, se

la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se

non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data

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di perfezionamento della notificazione producendo copia

dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio.

Qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del

perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al

ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il

potere di revoca.

Innovativa è la norma che rimette alla valutazione del presidente

"ove ritenuto necessario", fuori udienza e senza formalità, sentire,

anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima

dell'emanazione del decreto.

In analogia a quanto previsto per la concessione delle misure

cautelari collegiali, qualora dalla decisione sulla domanda

cautelare derivino effetti irreversibili, il presidente può

subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla

prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione,

determinata con riguardo all'entità degli effetti irreversibili che

possono prodursi per le parti e i terzi.

Viene ulteriormente chiarito (sebbene nella prassi già avvenisse)

che nel decreto deve essere comunque indicata la camera di

consiglio per la trattazione collegiale della domanda cautelare è

ciò sia nel caso che l'istanza venga accolta, sia nel caso che venga

rigettata.

Opportunamente viene chiarito che in caso di accoglimento della

domanda cautelare la misura cautelare è efficace sino a detta

camera di consiglio fissata per la trattazione collegiale.

Ciò comporta che in caso di rinvio della camera di consiglio il

decreto cautelare perde efficace ed eventuali misure interinali

rientrano nella competenza del collegio anche nelle more di un

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eventuale rinvio, ovvero dell'esecuzione di adempimenti

istruttori.

Il decreto perde, infatti, efficacia se il collegio non provvede sulla

domanda cautelare nella camera di consiglio.

Fino a quando conserva efficacia, il decreto è sempre revocabile

o modificabile su istanza di parte notificata.

A quest'ultima si applica il comma 2 che disciplina le modalità di

notifica dell'istanza di revoca del decreto cautelare.

6 - Misure cautelari collegiali.

L'articolo 55 disciplina la richiesta «ordinaria» di tutela cautelare

(destinata alla trattazione in sede collegiale) confermando il carattere

atipico dei relativi provvedimenti (ivi compresa l'ingiunzione a pagare

una somma in via provvisoria), liberamente articolabili tra le parti e il

Giudice nella prospettiva del miglior contemperamento tra le diverse

esigenze (non viene quindi imposta la previa indicazione della specifica

misura richiesta).

Sono parimenti confermati i presupposti (fumus boni iuris e periculum

in mora) tradizionalmente richiesti, in necessario concorso tra loro, per

la concessione della tutela .

È significativa in particolare l'insistenza del co. 9 sul contenuto del

provvedimento cautelare assunto dal Collegio, al quale si richiede

specificamente di motivare «in ordine alla valutazione del pregiudizio

[grave ed irreparabile che può derivare al ricorrente durante il tempo

necessario a giungere alla decisione del ricorso] allegato» e di indicare i

profili che «ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole

previsione sull'esito del ricorso».

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Si richiede cioè una vera e propria prevalutazione sommaria della

fondatezza delle censure al fine di limitare (rectius evitare) la

concessione della cautela sulla base esclusivamente del danno.

A questo obiettivo di «giusto processo cautelare » tendono anche i

nuovi termini introdotti dal Codice a difesa delle parti. In particolare,

premesso che la domanda cautelare può essere incorporata nel ricorso di

merito o presentata con distinto ricorso notificato alle altri parti, il

Codice prevede un allungamento dei termini minimi per la trattazione

dell'istanza in sede collegiale rispetto a quelli stabiliti nel sistema

previgente.

A norma dell'art. 55, co. 5, il Collegio si pronuncia infatti sulla domanda

cautelare nella prima camera di consiglio utile, decorsi almeno venti

giorni dal perfezionamento dell'ultima notificazione del ricorso ai

relativi destinatari, e comunque non prima di dieci giorni dal deposito

del ricorso, con la prova delle eseguite notificazioni, presso la segreteria

dell'organo giurisdizionale adito.

In tal modo si assicura alla parte resistente e agli eventuali

controinteressati un più adeguato termine per predisporre le proprie

difese, e al collegio giudicante un più adeguato arco temporale per la

relativa disamina.

In considerazione delle particolari esigenze di speditezza dei giudizi

relativi ad alcune materie, anche detti termini seguono peraltro la regola

generale di dimidiazione (art. 119, co. 2), che impone comunque (anche

nelle controversie in materia di appalti: art. 120) il decorso di almeno

dieci giorni dal ricevimento dell'ultima notifica e di almeno cinque

giorni dal deposito.

In ogni caso, il medesimo art. 55, co. 5, opportunamente precisa che le

parti possono depositare memorie e documenti soltanto fino a due giorni

liberi prima della camera di consiglio (uno nei riti abbreviati), termini

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che, se per un verso, in ragione della riferita protrazione dei tempi per la

trattazione dell'istanza, sono comunque più ampi di quelli attuali, (con

conseguente abrogazione anche dei termini troppo rigidi previsti dal

d.lgs. n. 53 del 2010 nei giudizi in materia di appalti), per l'altro valgono

a regolare in modo certo ed univoco un profilo essenziale per l'esercizio

dei diritti di difesa delle parti (nonché per una più piena consapevolezza

del collegio in ordine alle questioni di cui è causa), prima rimesso alle

diverse prassi di ciascun organo giurisdizionale (quando non addirittura

alla discrezione di ciascun collegio giudicante o delle segreterie delle

relative sezioni)8.

Presupposto per la concessione della misura cautelare (in forma

atipica e non limitata alla sospensione dell’efficacia dell’atto

impugnato) è che il ricorrente:

- chieda l'emanazione di misure cautelari che appaiono, secondo

le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti

della decisione sul ricorso, compresa l'ingiunzione a pagare una

somma in via provvisoria,;

- provi di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il

tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso.

La domanda cautelare può essere proposta:

- con il ricorso di merito;

- con distinto ricorso notificato alle altre parti.

La domanda cautelare è improcedibile, e quindi non può essere

esaminata e decisa, finche non è presentata l'istanza di fissazione

8 La garanzia è completata dalla previsione, all'art. 5 dell'All. 2, dell'obbligo di depositare nellasegreteria un numero di copie di atti (da intendersi riferito anche ai documenti) corrispondenteai componenti del collegio e alle parti costituite (da intendersi, per atti del ricorrente,necessariamente intimate) in difetto delle quali, almeno se il contraddittorio e la pienacognizione degli atti da parte dell'intero Collegio non saranno pienamente garantiti dallapossibilità di prenderne visione ed estrarne copia attraverso il fascicolo d'ufficio trattenuto insegreteria, il deposito stesso non potrà considerarsi ritualmente avvenuto fino alla relativaintegrazione. Ogni diversa chiave di lettura si pone infatti in gravissimo contrasto con i piùvolte richiamati principi di giusto processo .

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dell'udienza di merito, salvo che essa debba essere fissata

d'ufficio.

Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera

di consiglio successiva a due dati temporali concomitanti:

- al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il

destinatario, dell'ultima notificazione;

- al decimo giorno dal deposito del ricorso.

Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due

giorni liberi prima della camera di consiglio (non si tiene conto

dei giorni festivi, della domenica e del sabato).

Il collegio, per gravi ed eccezionali ragioni, può autorizzare la

produzione in camera di consiglio di documenti, con consegna di

copia alle altre parti fino all'inizio di discussione.

Ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a

mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in

possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di

perfezionamento della notificazione producendo copia

dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della

corrispondenza nel sito internet delle poste.

È fatta salva la prova contraria (cioè la parte destinataria della

notifica può, costituendosi, fornire la prova della mancata

ricezione).

Nella camera di consiglio le parti possono costituirsi e i difensori

sono sentiti ove ne facciano richiesta.

La trattazione in camera di consiglio si svolge oralmente e in

modo sintetico.

In sede di esame della domanda cautelare il collegio adotta, su

istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la

completezza dell'istruttoria e l'integrità del contraddittorio, ma

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può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria

competenza ai sensi degli articoli 13 e 14; altrimenti provvede ai

sensi dell'articolo 15, commi 5 e 6, conseguentemente quando è

proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca

la propria competenza , non decide su tale domanda e con

ordinanza indica il giudice competente.

Se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di

tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato

competente, il processo prosegue davanti al nuovo giudice.

Va infine precisato che la deroga, prevista dall'art. 5 della legge 7

ottobre 1969, n. 742, al regime di sospensione feriale dei termini

processuali, opera esclusivamente nel senso di consentire anche

in periodo feriale la trattazione della domanda cautelare, ma non

produce alcun effetto con riguardo ai termini di notifica e

deposito del ricorso introduttivo e ad ogni altro successivo

termine processuale finalizzato alla trattazione, per i quali trova

invece applicazione la sospensione di cui all'art. 1 della

medesima legge (Cons. Stato Sez. V, 16-02-2012, n. 799).

7 - La competenza del Tribunale amministrativo presupposto

per l’esame della domanda cautelare.

Giova ricordare che, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, il

Tribunale indicato come competente può richiedere d'ufficio, con

ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale

che reputa competente9.

9 Con l'ordinanza del Tar Campania del 18 novembre 2010, n. 800 viene sollevata la questionedi legittimità costituzionale di alcune disposizioni del codice del processo amministrativoapprovato con d. lgs. n. 104 del 2010. In particolare nella prima parte della pronuncia siparametra la compatibilità dell'art 135, co. 1 lett e) del codice del processo amministrativo , cheintroduce nuove e ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tar Lazio, con i principi ecriteri direttivi contenuti nella legge delega, nonché con i principi costituzionali di uguaglianza,

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Nel quadro della normativa precedente al nuovo codice, la

giurisprudenza aveva ritenuto che la proposizione del ricorso per

regolamento di competenza non precludesse al giudice amministrativo ,

nelle more della sua definizione ed a seguito della sospensione del

giudizio di merito, di emettere una pronuncia sulla domanda cautelare

ed il compimento degli atti urgenti, conclusione coerente con la

normativa dell'epoca. (Cons. rg. Sicilia 9 ottobre 1993 n. 563)10.

parità tra i Tribunali amministrativi di ciascuna regione e naturalità del giudice precostituito perlegge. Nella seconda parte si esamina la (sostenuta) illegittimità degli artt. 15 co. 5 e 16 co. 1del nuovo codice laddove inibiscono al giudice adito in sede cautelare di pronunciarsisull'istanza di parte nell'ipotesi in cui si ritenga incompetente, pur ammettendo, nelle more, lapossibilità di adire il foro incidentalmente indicato come competente dal primo giudice.Due sono i profili affrontati:- in primo luogo la legittimità della continua espansione del regime di competenza funzionaledel Tar Lazio soprattutto in un sistema in cui si è proceduto alla generalizzazionedell'inderogabilità della competenza territoriale;- in secondo luogo, la compatibilità tra la preclusione alla pronuncia di misure cautelari impostaal giudice che si ritenga incompetente, emblematico strumento per sottrarre alla disponibilitàdelle parti la scelta del giudice cui rivolgere la propria istanza di tutela , e l'assetto generale dellatutela cautelare nel nuovo codice ispirato, preminentemente, al raggiungimento dell'effettivitàdella tutela giurisdizionale. L'esigenza di cui si è fatta portatrice la Commissione redigenteistituita presso il Consiglio di Stato corrisponde alla rinnovata consapevolezza della specialitàdel giudizio amministrativo , in cui sono in gioco interessi pubblici e non solo interessidisponibili dei privati, tali da giustificare la sottrazione agli stessi della possibilità di scegliere ilforo più ««graditoo».Il nuovo principio-guida consiste nel prediligere la scelta del giudice allascelta delle parti (come si deduce emblematicamente nelle ipotesi in cui l'ordinanzapronunciata d'ufficio dal Tar adito che, reputandosi incompetente indica il Tribunale, a suoavviso, competente si sovrappone, prevalendo, all'indicazione di parte). Sembranoperfettamente in linea con questa ricostruzione i recenti orientamenti giurisprudenziali in temadi sospensione che affermano che la circostanza della proposizione ad istanza di parte diregolamento di competenza, non priva il Tribunale del potere di decidere il merito del ricorso(naturalmente, se si ritenga competente). L'art. 71 co. 4, c.p.a., stabilisce infatti che ««lapendenza del termine di cui all'art. 15, comma 2, e la proposizione del regolamento dicompetenza non precludono la fissazione dell'udienza di discussione né la decisione delricorso, anche ai sensi degli artt. 60 e 744» fatta salva l'esplicita volontà della parte istante damanifestarsi con il deposito dell'istanza del regolamento di competenza notificato. Solo inquest'ultimo caso il giudice ««puòò» differire la decisione fino alla decisione del regolamentodi competenza, ciò significa che il giudice non è obbligato a differirla e che la proposizione delregolamento non ha effetti sospensivi.

10 Si riteneva che, ««l'eventuale difetto di competenza territoriale delTaradito non impedisce algiudice adito di esaminare la domanda cautelare avanzata con il ricorso nè è comunqueutilmente deducibile in sede cautelare , atteso che ai sensi dell'art. 31, l.Tar, la incompetenza perterritorio non costituisce motivo di impugnazione della decisione emessa dal tribunaleamministrativo regionalee». Il permanere in capo al giudice incompetente del potere dipronunciarsi sulla domanda cautelare aveva dato luogo a quegli abusi, meglio noti come««migrazionicautelarii», che hanno originato le successive riforme ed in particolarel'inserimento dell'art. 9, l. n. 205 del 2000, che ha modificato l'art. 31, l. n. 1034 del 1971, inmateria di istanza di regolamento di competenza. La citata disposizione pur prevedendo, ove leparti a seguito della proposizione dell'istanza di regolamento di competenza non avessero

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L'innovatività del sistema attuale consiste nell'impossibilità per il Tar di

decidere sulla domanda cautelare senza una previa implicita verifica

positiva della propria competenza; in caso di esito negativo della

suddetta verifica, nella camera di consiglio destinata all'esame

dell'istanza cautelare, potrà alternativamente decidere con ordinanza

definitiva, suscettibile di passare in cosa giudicata (formale).

Al fine di evitare che la proposizione dell'istanza cautelare al giudice

incompetente possa pregiudicare imprescindibilmente l'esigenza di

tutela della parte, l'articolo 15 comma 7 introduce una soluzione.

La parte, pur non potendo ricevere alcuna pronuncia sulla propria

istanza cautelare dal giudice erroneamente adito, potrà riproporre nelle

more del regolamento eventualmente intrapreso o a seguito

dell'ordinanza ex art. 16 comma 2 la propria istanza al giudice indicato

come competente dal primo giudice; il giudice così indicato ««decide in

ogni caso sulla domanda cautelare e» (art. 16 comma 4) fermo restando

che tale pronuncia perde efficacia dopo trenta giorni dalla pubblicazione

dell'ordinanza che regola la competenza nel caso in cui, il Consiglio di

Stato, attribuisca ad altro giudice la competenza stessa.

Dovendosi ritenere pacificamente coerente la rigidità dell'inderogabilità

della competenza in sede cautelare , le disposizioni che risultano ancora

dubbie, e forse meriterebbero di essere chiarite in sede di introduzione di

correttivi, riguardano piuttosto la disciplina delle fasi successive.

Sembrerebbe dedursi, dal dato normativo, che la richiesta di

regolamento di competenza ex officio ad opera del giudice sia limitata

trovato un accordo, che ««il presidente fissa immediatamente la camera di consiglio per lasommaria delibazione del regolamento di competenza proposto. Qualora il collegio, sentiti idifensori delle parti, rilevi, con decisione semplificata, la manifesta infondatezza delregolamento di competenza, respinge l'istanza e provvede sulle spese di giudizio; in casocontrario dispone che gli atti siano immediatamente trasmessi al Consiglio di Statoo», nonrisolveva il problema del rapporto fra tutela cautelare e proposizione del regolamento dicompetenza e cioè se, l'affermazione che il Tar ««dispone che gli atti siano immediatamentetrasmessi al Consiglio di Statoo», consentisse o meno, una pronuncia sulla domanda cautelareda parte di un organo che avrebbe potuto essere incompetente.

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alla sola ipotesi in cui sia proposta una domanda cautelare (art 15

comma 5), il che comporterebbe una disparità difficilmente

giustificabile rispetto al regime dell'ordinanza immediatamente

declinatoria della competenza ex art. 16, comma 2.

La mancata disciplina, negli artt. 15 e 16 c.p.a., della tutela cautelare

interinale nelle more del regolamento di competenza su istanza di parte,

pone alcune criticità.

L'art. 61 al comma terzo afferma che l'incompetenza del giudice è

rilevabile d'ufficio ma, a differenza di quanto disposto dall'art. 15

comma 5, quest'ultimo non potrà chiedere il regolamento di

competenza, non essendo ancora instaurato il giudizio di merito.

Ne deriverebbe che il presidente del Tribunale in sede cautelare ante

causam, non possa statuire sulle istanze cautelari, potendo

esclusivamente respingerle laddove difetti di competenza.

Allo stato attuale la proponibilità del regolamento di competenza ad

istanza di parte potrà ritenersi precluso nei soli casi in cui siano state rese

pronunce cautelari o di merito idonee a statuire in modo definitivo sulla

questione di competenza (questa argomentazione è deducibile a

contrario da quanto previsto dall'art. 15 comma 2 secondo periodo).

D'altro canto porre un limite temporale alla rilevabilità

dell'incompetenza (e quindi un termine decadenziale come quello

previsto nelle precedenti bozze del codice), o, ad esempio, limitarla alla

fase cautelare , pur evitando il rischio di stravolgimenti imprevedibili

dell'assetto processuale, finisce con il privare quest'ultima del suo

carattere di inderogabilità ponendo nel nulla la ratio della riforma.

8 - Tutela cautelare e cauzione

L'art. 61, co. 5, precisa inoltre che la misura cautelare concessa

anteriormente all'instaurazione della causa perde in ogni caso effetto con

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il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano

efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso

di causa, confermando anche in questo caso, il potere/dovere del giudice

di accompagnare alla concessione di misure irreversibili lo strumento

della cauzione.

Qualora dall'esecuzione del provvedimento cautelare derivino

effetti irreversibili il presidente può disporre la prestazione di una

cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la

concessione della misura cautelare.

In questa ipotesi la cauzione può costituire invero l'unico deterrente

all'uso strumentale della cautela ante causam per l'accoglimento di

richieste non pienamente fondate e l'unica garanzia per l'effettiva

verifica delle medesime in sede di merito in tutti i casi in cui la misura

cautelare possa essere ex se pienamente satisfattiva e la perdita della

relativa efficacia non sia suscettibile di produrre conseguenze concrete o

di revertirne gli effetti negativi già provocati (si pensi alla sospensione

dell'ordine di chiusura di un esercizio commerciale per giorni

prestabiliti, di particolare afflusso o all'assenso al commercio di un

farmaco pericoloso sin dalle prime dosi).

Anche per la pronuncia cautelare collegiale se il collegio si

pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio e qualora

dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti

irreversibili, può disporre la prestazione di una cauzione, anche

mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego

della misura cautelare.

Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l'oggetto, il

modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione va eseguita.

Fa eccezione alla regola della cauzione l’ipotesi della

concessione della misura cautelare nel caso in cui la domanda

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cautelare che attiene a diritti fondamentali della persona o ad altri

beni di primario rilievo costituzionale (salute, istruzione,

incolumità personale, libertà civili).

9 - Il contenuto dispositivo e motivazionale dell’ordinanza

cautelare.

L'ordinanza cautelare va motivata in ordine alla valutazione del

pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame,

inducono ad una ragionevole previsione sull'esito del ricorso.

Il tribunale amministrativo regionale, in sede cautelare, se ritiene

che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente

e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del

giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data di

discussione del ricorso nel merito.

Nello stesso senso può provvedere il Consiglio di Stato,

motivando sulle ragioni per cui ritiene di riformare l'ordinanza

cautelare di primo grado; in tal caso, la pronuncia di appello è

trasmessa al tribunale amministrativo regionale per laa fissazione

dell'udienza di merito.

L'ordinanza con cui è stata accolta la domanda cautelare e

disposta una misura cautelare fissa la data di discussione del

ricorso nel merito.

In caso di mancata fissazione dell'udienza, il Consiglio di Stato,

se conferma in appello la misura cautelare, dispone che il

tribunale amministrativo regionale provveda alla fissazione della

stessa con priorità. A tal fine l'ordinanza è trasmessa a cura della

segreteria al primo giudice perche provveda alla fissazione

dell’udienza pubblica di trattazione del ricorso nel merito.

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10 - Il regime delle spese del giudizio nella fase cautelare

Innovativa è la norma dell'articolo 57 che rende obbligatoria la

decisione sulle spese della fase cautelare con ordinanza.

La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la

sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione

espressa nella sentenza.

Quest'ultima norma comporta che la fase cautelare ormai con

riguardo al regime delle spese processuali è del tutto autonoma

dalla decisione del ricorso nel merito; rimettendosi pur tuttavia al

giudice del merito di deliberare difformemente da quanto statuito

nella fase cautelare.

La liquidazione delle spese prescinde, infatti, da quella

conseguente al giudizio di merito, salvo diversa statuizione

espressa nella sentenza.

La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che

definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza »),

innova perciò profondamente il quadro normativo a suo tempo scaturito

dalla l. n. 205/2000.

Il Codice contiene due ulteriori disposizioni in materia di rifusione delle

spese processuali con riferimento alla fase cautelare del processo

amministrativo .

Da un lato, vi è l'art. 59 c.p.a., rubricato « Esecuzione delle misure

cautelari », in cui si prevede che, in caso di mancata esecuzione, in tutto

o in parte, dei provvedimenti cautelari, il giudice amministrativo , nel

disporre le opportune misure attuative, « esercita i medesimi poteri

inerenti al giudizio di ottemperanza [...] e provvede sulle spese ».

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Segue poi il comma 6, dell'art. 61 c.p.a. (« Misure cautelari anteriori alla

causa »), a norma del quale « Per l'attuazione del provvedimento

cautelare e per la pronuncia in ordine alle spese si applicano le

disposizioni sui provvedimenti cautelari in corso di causa ».

L'analisi che segue si concentrerà, tuttavia, sull'esame del solo art. 57

c.p.a., attesa la sua valenza di principio, di cui le disposizioni testé

richiamate rappresentano un'evidente applicazione.

Primo elemento da puntualizzare è il significato da assegnare al termine

« domanda » ivi enunciato.

Tale espressione si riferisce alla domanda cautelare e non certamente a

quella sul merito.

Ciò si evince, oltre che dal tenore letterale della norma e dalla sua

ubicazione (il Titolo II recante il « Procedimento cautelare »), anche

dalla lettura sistematica in collegamento con gli articoli precedenti, ove

la locuzione « domanda cautelare » ricorre svariate volte. L'uso generico

del termine « domanda », senza ulteriori specificazioni, si spiega perciò

con il solo fine di non incorrere in una ripetizione terminologica con la

successiva locuzione « fase cautelare » contenuta nel medesimo art. 57

c.p.a.

L'elemento di novità del Codice è rappresentato dal superamento della

pregressa disparità di trattamento nel regime della condanna alle spese

processuali tra accoglimento e rigetto dell'istanza cautelare , distinzione

che tante incertezze ha originato.

L'attuale generico riferimento alla condanna alle spese (« Con

l'ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese

della fase cautelare ») manifesta dunque un significativo cambiamento

di rotta del legislatore in direzione di un maggior bilanciamento degli

interessi delle parti e ciò nonostante il recente avallo offerto dalla Corte

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costituzionale alla disciplina introdotta dalla l. n. 205/2000, dianzi

ricordato.

Non va tuttavia trascurata la necessità di assicurare la più ampia tutela

all'interesse pubblico sotteso all'agire dell'Amministrazione resistente,

soprattutto a fronte di istanze cautelari manifestamente infondate,

pretestuose o temerarie. Poiché il giudice deve tener conto di tale

interesse anche in sede cautelare , dovrà ricorrere ad un uso oculato dei

propri poteri di ordinanza e di condanna alle spese.

Sotto questo profilo un utile deterrente è offerto dallo strumento della

cauzione e, nei casi più eclatanti, dalla condanna per responsabilità

aggravata ex art. 96 c.p.c. (c.d. per lite temeraria)11.

Il giudice può poi statuire sulle spese anche d'ufficio, senza che ciò

costituisca ultrapetizione.

Infatti, la condanna alle spese, trovando fondamento nel principio di

causalità (e non in quello di responsabilità), è ascrivibile al mero dato

oggettivo della soccombenza, a prescindere da un eventuale addebito di

parte.

L'elemento soggettivo della colpevolezza va perciò preso in

considerazione unicamente nel caso in cui il giudice sia chiamato a

giudicare anche la temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c., e quindi ad

accertare che la parte soccombente abbia agito (o resistito) in malafede o

11 Il nuovo Codice del processo amministrativo non contiene specifiche disposizioni sui criteridi liquidazione delle spese della fase cautelare . Deve quindi ritenersi che, anche per questafase del giudizio, trovi applicazione l'art. 26 c.p.a. (« Spese del giudizio »), in cui, da un lato, sidispone un rinvio espresso agli artt. 91, 92, 93, 94, 96, 97 e 98 c.p.c., e, dall'altro, si prevede ilpotere del giudice amministrativo di « condannare, anche d'ufficio, la parte soccombente alpagamento in favore dell'altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata,quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati» (secondo comma, art. 26 cit.), e, dall'altro, il principio secondo cui la condanna o lacompensazione delle spese di giudizio, rientrando nella valutazione discrezionale del giudiceamministrativo , avrebbero potuto fondarsi legittimamente non solo su motivazioni di ordinegiuridico, ma anche su ragioni di equità e di convenienza, non trascurando ulteriori elementiutili quali il comportamento delle parti e la novità della questione controversa .

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con colpa grave (il profilo della temerarietà della lite è invero autonomo

rispetto a quello della soccombenza)12.

L'avvenuta abrogazione dell'art. 68, terzo comma, r.d. n. 642/1907, in

conseguenza dell'entrata in vigore del Codice, non si ripercuote sul

tradizionale potere di compensazione delle spese per giusti motivi,

essendo tale istituto tuttora ammissibile, anche in sede cautelare , per

l'applicazione diretta dell'art. 92, secondo comma, c.p.c., espressamente

richiamato dall'art. 26 c.p.a.

È invece da ritenere definitivamente abbandonato il vecchio principio,

tuttora, per il quale non sussisterebbe alcun obbligo di motivazione

«espressa» in ordine all'esercizio del potere di compensazione, potendo

quest'ultima desumersi implicitamente dal tenore complessivo

dell'ordinanza cautelare priva di specifiche argomentazioni sul punto13.

12 A questo riguardo si ricorda che il secondo comma dell'art. 96 c.p.c. contiene un espressoriferimento alla fase cautelare del processo , giacché ivi si prevede che « Il giudice che accertal'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare [...], su istanza dellaparte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che haagito senza la normale prudenza » (corsivi a c.d.r.). Anche quest'ulteriore disposizione, oggiestensibile al nuovo processo amministrativo , fa emergere le note finalità deflative esanzionatorie sottese all'istituto della condanna alle spese processuali, che, come sopraevidenziato (v. par. 1), dovrebbero consigliare una maggiore ponderazione nella presentazionedi istanze cautelari ed una più attenta valutazione dei relativi presupposti.L'ampia discrezionalità riconosciuta (anche dal Codice) al giudice nel condannare alle spese, lolegittima, ora anche nella fase cautelare , a dichiarare sia la parziale soccombenza, sia lasoccombenza reciproca delle parti (con conseguente compensazione, eventualmente a caricosolo di talune di esse).

13 Anche in questo caso va infatti estesa al processo amministrativo - per applicazione direttain forza del richiamo di cui all'art. 26 c.p.a. - la previsione dell'art. 92 c.p.c. (come novellatodall'art. 39- quater, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. nella l. 26 febbraio 2006, n. 51), anorma del quale i giusti motivi di compensazione vanno « esplicitamente indicati nellamotivazione ». Il generalizzato, e non più derogabile, obbligo di motivazione delle ragioni dellacompensazione dovrebbe perciò porre un definitivo ed invalicabile argine al deprecabilericorso a formule apodittiche del tipo: « sussistono giusti motivi per la compensazione »,perché simili locuzioni non costituiscono affatto motivazione, neppure in forma succinta: nonva infatti sottaciuto che la clausola sulle spese costituisca un vero e proprio dispositivo dicondanna, avente per destinatari i soggetti passivi dell'ordine e per beneficiarie le parti a favoredelle quali il giudice dispone la liquidazione. L'assenza di motivazione appare perciò illegittimaalla luce non solo dell'art. 91 c.p.c., ma vieppiù dell'art. 111, sesto comma, Cost.

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11 - L’effetto conformativo della pronuncia cautelare.

Nel giudizio amministrativo, l'accoglimento della domanda

cautelare relativa al diniego di atti relativi ad interessi pretensivi

risulta inscindibilmente connesso all'esatta ottemperanza da parte

dell'Amministrazione al contenuto conformativo del jussum

cautelare, idoneo - laddove correttamente eseguito - a conferire

concretezza al contenuto pretensivo dell'interesse azionato in

giudizio.

Pertanto, la mera rimozione in sede di autotutela del

provvedimento negativo adottato a fronte di un'istanza supportata

da un interesse di carattere pretensivo non è idonea di per sé a

determinare l'improcedibilità del ricorso per sopravenuta carenza

di interesse alla relativa coltivazione.

È evidente, del resto, il carattere pienamente non satisfattivo di

un provvedimento di ritiro il quale, incidendo su un assetto di

interessi mai in concreto modificato, sortisce nei fatti l'effetto

(equivalente quoad effectum ad un nuovo diniego espresso) di

lasciare ancora immutata una situazione di mancato

soddisfacimento del richiamato interesse pretensivo14.

L'analisi della giurisprudenza degli ultimi anni conferma la funzione

conformativa rimessa alla tutela cautelare in vista di una più effettiva

garanzia del buon andamento della P.A., quale strumento che, più che a

bloccarne l'azione, rallentando il perseguimento dell'interesse pubblico,

tenda, per quanto possibile, a consentirne in tempo utile la correzione e,

per l'effetto, un più legittimo svolgimento.

Il frutto tangibile di questa evoluzione della tutela cautelare è ravvisabile

nella possibilità, sempre più frequentemente emergente, che essa

produca, direttamente o indirettamente (in esito al remand o

14 Consiglio Stato , sez. VI, 05 febbraio 2010 , n. 537

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all'autotutela) effetti irreversibili, che non possono più essere travolti

dall'esito negativo del giudizio di merito (si pensi, oltre che all'ipotesi

classica della sospensione di un ordine di chiusura di un esercizio

commerciale in periodo natalizio, a quella del diniego di un permesso di

soggiorno o agli esiti degli accertamenti sanitari presupposti al

riconoscimento di una causa di servizio, ma soprattutto a quelli degli

esami di abilitazione all'esercizio di un'attività professionale o, più in

generale, dell'ammissione agli esami di maturità o di licenza media).

Può essere rilevante a tale riguardo stabilire se il comportamento della

P.A. a seguito della decisione cautelare dia luogo ad una vicenda

procedimentale autonoma da quella originaria, riconducibile come tale

ad una scelta «discrezionale», sia pure ricollegabile nei presupposti

all'esito dell'istanza cautelare , o costituisca una mera esecuzione -

dovuta - di quanto imposto dal giudice.

Il problema si pone, infatti, in termini diversi nelle ipotesi in cui le

Amministrazioni (o i soggetti ad esse equiparati), agendo in esito alla

decisione cautelare , abbiano comunque realizzato l'obiettivo prefissato

senza una sostanziale modifica dei presupposti a tal fine individuati15.15 Ad es. accertamento dell'idoneità del candidato attraverso la ripetizione delle prove; riesamedell'istanza alla luce di una più accurata istruttoria o in esito ad una più effettiva partecipazionedell'interessato) rispetto alle ipotesi in cui il giudice abbia «corretto/suggerito di correggere» leregole di procedura inizialmente individuate dalla P.A. (es., regole per l'ammissione delleofferte o la valutazione delle prove) o si sia sostituito a quest'ultima nell'adozione di unprovvedimento favorevole (rilascio di un permesso di costruire, immissione di un farmaco incommercio, ancorché in esito al parere favorevole del CTS. È significativo al riguardo che illegislatore sia specificamente intervenuto per affermare l'irreversibilità degli effetti delsuperamento delle prove (scritte e orali) degli esami di abilitazione all'esercizio dellaprofessione forense in esito a provvedimento giurisdizionale, pure cautelare , che abbiadisposto l'ammissione alle medesime o la relativa ripetizione (cfr. d.l. n. 115 del 2005, conv.nella l. n. 168 dello stesso anno), confermando un principio già espresso in ordine agli esami dimaturità e valido a maggior ragione per gli esami universitari sostenuti in seguitoall'ammissione con riserva alle facoltà a numero chiuso. La riferita previsione legislativa, se daun lato può essere intesa come conferma dell'eccezionalità del principio, dall'altro ne costituisceper la prima volta chiara affermazione, dimostrandone la compatibilità col sistema. È decisivoin questo senso il giudizio di compatibilità costituzionale espresso dalla Corte costituzionalecon la nota sentenza 108 del 2009. L'argomento dirimente è stato che l'interesse pubblicoall'accertamento, una volta soddisfatto, supera quello della definizione del processo . La Corteha fatto in particolare leva sul bilanciamento dei contrapposti interessi, sull'importanzadell'affidamento di coloro che, comunque, avevano superato le prove e sulla salvaguardia,attraverso tale superamento, dell'interesse pubblico sostanziale, per affermare la possibilità di

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12 - L'esecuzione delle misure cautelari.

Il Codice (art. 59) ha introdotto disposizioni volte a garantire l'effettività

delle misure cautelari, confermando la possibilità di chiederne

l'esecuzione allo stesso Giudice (al quale anche l'Amministrazione può

chiedere indicazioni per l'esecuzione, ai sensi dell'art. 112, comma 5 del

Codice) e prescrivendo a quest'ultimo di emettere un'autonoma

pronuncia sulle spese, la cui liquidazione (come per le spese sulla

richiesta cautelare ) prescinde da quella conseguente al giudizio di

merito, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza che definisce il

giudizio16.

L'articolo 59 disciplina l’esecuzione delle misure cautelari,

prevedendosi che qualora i provvedimenti cautelari non siano

eseguiti, in tutto o in parte, l'interessato, con istanza motivata e

giustificare, in nome dei suddetti interessi sostanziali, una dissimmetria tra le parti del giudiziodi merito.

16 All'indomani della legge n. 205, il legislatore aveva espresso due principali linee di tendenza.Con la prima questi sembrava rilanciare ulteriormente il principio di effettività della tutelaanche in sede cautelare , soprattutto con l'ormai esplicita configurazione del contenuto atipicodella relativa ordinanza. Inoltre, si mostrava con chiarezza che la sede cautelare poteva cosìcontinuare ad essere il predetto terreno di sperimentazione delle novità e, pertanto, il luogoprocessuale in cui il giudice amministrativo avrebbe potuto meglio esercitarsi nel ponderare ilrapporto controverso anziché solo l'atto illegittimo. Il legislatore del 2000 indubbiamente««credevaa» nel rito cautelare e nelle sue ancora non esaurite capacità di innovazione e nellechance di miglioramento del suo congegno di tutela. La seconda linea di tendenza consistevainvece nella già ricordata sottolineatura dei tratti di provvisorietà (in quanto l'effettodell'ordinanza è solo temporaneo) e strumentalità (in quanto esso è comunque finalizzato alladecisione di merito, che resta non assorbibile ex ante, vuoi secondo la logica conservativa dellamisura cautelare vuoi secondo quella anticipatoria). Questa tendenza era soprattutto sostenutadalle previsioni che inducevano il giudice a pronunciare sentenza breve nei casi di manifestainammissibilità, improcedibilità o infondatezza, che prevedevano la sollecita fissazionedell'udienza di merito a seguito dell'adozione di una ordinanza di accoglimento della domandacautelare, nonché soprattutto in quelle che riconoscevano la facoltà di ««trasformaree» il ritocautelare in un processo sul merito con pronunzia di sentenza e, nelle non poche materiecomprese nell'art. 23-bis della legge TAR, che sollecitavano il giudice a risolvere direttamentela controversia nel merito piuttosto che indugiare nella pronuncia cautelare. Le due tendenzepredette finiscono per contrastarsi vicendevolmente. La sensazione che si ha, come dirò nelprosieguo, è che, piuttosto che un contemperamento delle due anime scolpite nella l. n. 205, sisia avuta la netta prevalenza della seconda sulla prima.

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notificata alle altre parti, può chiedere al tribunale amministrativo

regionale le opportune misure attuative.

Il riferimento generico al tribunale deve intendersi connesso alla

tipologia di provvedimento nel quale si chiede l'esecuzione.

Conseguentemente se si chiede l'esecuzione di un decreto

cautelare monocratico la relativa istanza va proposta al presidente

del tribunale, mentre se si chiede l'esecuzione di un'ordinanza

collegiale relativa istanza va proposta al collegio, salvo che non

vi siano le condizioni di estrema urgenza e di pregiudizio per la

situazione soggettiva di cui si lamenta la lesione che legittimano

la proposizione dell'istanza cautelare interinale.

Il tribunale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza di

cui al Titolo I del Libro IV e provvede sulle spese.

Il richiamo ai poteri inerenti al giudizio di ottemperanza e non al

rito comporta che la richiesta di esecuzione segue le regole del

procedimento cautelare e non del giudizio di ottemperanza quale

disciplinato dall'articolo 114.

I poteri del giudice dell'ottemperanza sono quelli disciplinati

dall'articolo 114 commi 4, 5,6,7 per cui, in caso di accoglimento

del ricorso:

- ordina l'ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche

mediante la determinazione del contenuto del provvedimento

amministrativo o l'emanazione dello stesso in luogo

dell'amministrazione;

- determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti

emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza,

tenendo conto degli effetti che ne derivano;

- nomina, ove occorra, un commissario ad acta;

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- salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono

altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di

denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza

successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione della

decisione cautelare; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

Il giudice della tutela cautelare conosce di tutte le questioni

relative all'esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli

atti del commissario.

Si applica la stessa procedura prevista per il giudizio di

ottemperanza ai fini dell' impugnazione dei provvedimenti

emessi dal commissario "ad acta ", nominato dal giudice

amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza; detta

impugnazione deve essere proposta dalle parti alle quali il

giudicato si riferisce.

Nel caso di ricorso proposto anche al fine di ottenere chiarimenti

in ordine alle modalità di ottemperanza,ai sensi del comma 5

dell'articolo 112, il giudice fornisce chiarimenti in ordine alle

modalità di ottemperanza, anche su richiesta del commissario.

Il codice del processo amministrativo riprende le previsioni introdotte

dalla legge n. 205, ma aggiunge anche tasselli di novità.

L'art. 59 c.p.a., intitolato alla esecuzione delle misure cautelari è

pressoché corrispondente al penultimo comma dell'art. 21 della l. TAR,

così come novellato nel 2000.

Il giudice, in particolare, adotta le opportune misure attuative ed esercita

i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza.

Le novità si traggono soprattutto dalla disciplina dedicata al giudizio di

ottemperanza, che si ritrova nel libro quarto, titolo I, artt. 112 e ss.

L'art. 112, comma 2, lett. b), stabilisce che l'azione di ottemperanza può

essere proposta per dare attuazione, oltre che alle sentenze passate in

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giudicato, alle sentenze esecutive ed agli altri provvedimenti esecutivi

del giudice amministrativo . Una espressione, quest'ultima, che pur con

qualche margine di ambiguità, parrebbe proprio riferirsi anche alle

ordinanze cautelari.

L'art. 114, comma 4, contiene altresì una disposizione peculiare alla

fattispecie cautelare, sulla quale è necessario soffermare l'attenzione.

Era dubbio se sotto la vigenza della legge n. 205 gli atti amministrativi

emanati dopo la concessione della misura cautelare ed aventi una

portata elusiva di quest'ultima potessero esser considerati alla stessa

stregua di altrettanti atti nulli.

La nullità era stata riconosciuta per i casi di atti compiuti in elusione del

giudicato dapprima dalla giurisprudenza e poi, con la novella di cui alla

legge n. 15 del 2005, dall'art. 21-septies della l. n. 241 del 199017.

L'art. 114, comma 4, c.p.a., alla lettera b) prevede che il giudice, dopo

aver ordinato l'ottemperanza, provveda anche a dichiarare nulli gli

eventuali atti in violazione o elusione di giudicato, in perfetta sintonia

con l'art. 21 septies cit.

Alla successiva lettera c) aggiunge che nel caso di ottemperanza di

sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le

modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione

o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne

derivano.

17 Con quest'affermazione la giurisprudenza era riuscita a liberare il ricorrente dall'onere di unarincorsa dei successivi provvedimenti emanati da un'amministrazione renitente dopo ilgiudicato; dal momento che essi erano, appunto, nulli, in quanto il potere amministrativo si eragià consumato uno actu e perciò speso e sindacabile in una unica sede processuale, il ricorrentenon era tenuto ad impugnarli con successivi ricorsi in sede di giurisdizione di legittimità epoteva invece direttamente assorbirli in una cognizione unitaria improntata all'esecuzione delgiudicato nella sede della giurisdizione di merito e di ottemperanza.Sicché sembrava, per diritto positivo (alla luce dell'art. 21-septies), che dovesse prevalere lasoluzione negativa, con la conseguenza che l'atto emanato in sede di riedizione del potere,benché in violazione e/o elusione della misura cautelare, andava comunque tempestivamenteimpugnato, unendo ai motivi di ricorso un'apposita domanda cautelare , al fine di evitarne ilconsolidamento con l'inevitabile improcedibilità del primo ricorso per sopravvenuto difetto diinteresse e quindi con l'estinzione degli effetti della medesima misura cautelare già accordata.

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Dando per scontato che nel concetto di altri provvedimenti siano incluse

le ordinanze cautelari, gli atti che si pongono rispetto a queste in

rapporto di violazione o elusione debbano essere considerati dal giudice

come inefficaci; il che consente al giudice stesso di provvedere di

conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano.

La novità è importante sia perché incide proprio sul principale dubbio

rimasto aperto dopo la legge n. 205, sia per i suoi risvolti di portata

sistemica.

La distinzione che separa questa inefficacia dalla nullità e la sua ragion

d'essere probabilmente va colta seguendo la dinamica che conduce il

provvedimento cautelare (o la sentenza di primo grado esecutiva) sino

alla formazione del giudicato.

L'atto non è nullo, perché il giudicato non si è ancora formato.

Però, l'atto è improduttivo di effetti, in quanto il potere amministrativo si

è comunque consumato per effetto dell'avvio del processo e per la

pronuncia dell'ordinanza cautelare.

Tale inefficacia si verrebbe in qualche modo a saldare con la nullità

quando anche l'effetto cautelare si fosse saldato con quello del giudicato.

Il giudice, nel fornire la tutela cautelare anche sul piano dell'esecuzione,

non è in alcun modo limitato dall'intervenuta emanazione del nuovo

provvedimento; sicché egli conosce del rapporto e detta in sede di

ottemperanza ogni opportuna misura, andando ««al di là ed al di sopra»

del provvedimento.

Tuttavia, il problema più delicato è quello di appurare cosa ne sia del

provvedimento inefficace se non venga tempestivamente impugnato dal

ricorrente.

Occorre, infatti verificare se una tale inefficacia sia accordata dal

legislatore in modo contingente e solo sino alla eventuale

inoppugnabilità, al solo fine di impedire che la pendenza del nuovo atto

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sia d'ostacolo al pronto dispiegarsi del rito d'ottemperanza od al

mutamento della sua sede processuale, fermo restando l'onere di

impugnazione entro il termine di decadenza; o se invece l'inefficacia sia

destinata a restare tale fino a quando resterà in piedi l'effetto del

provvedimento cautelare, con il che l'inefficacia sarebbe destinata a

diventare nullità una volta che, senza soluzione di continuità, all'effetto

cautelare seguisse la formazione del giudicato.

La seconda soluzione è quella da preferire, perché sarebbe

altrimenti pleonastica ed incomprensibile l'inefficacia comminata

dal legislatore.

L’inefficacia sembra una sorta di effetto anticipato di quella che

sarà la nullità destinata a formarsi una volta che l'effetto della

misura cautelare si sarà fuso nel giudicato.

La più recente giurisprudenza pur riconoscendo il potere

dell'amministrazione di riesaminare atti sub-iudice a fini

conservativi, già di per sé suscettibile di attingere profili di

illegittimità in quanto tendenzialmente contrastante con i principi

sulla tutela giurisdizionale, ha, pur tuttavia ritenuto ciò in radice

precluso allorquando il giudice amministrativo abbia statuito la

sospensione della loro efficacia; ciò significando che il

procedimento amministrativo oggetto di ricorso ha subìto una

valutazione negativa in sede cautelare e che lo stesso deve essere

improduttivo di effetti sino alla decisione di merito.

Conseguentemente la ripetizione del medesimo da parte

dell'amministrazione con esito analogo a quello censurato dal

giudice amministrativo costituisce un evidente alterazione della

fisiologia processuale e, ove consentito, implicherebbe

l'ineffettività della tutela cautelare con la conseguente

applicazione a tale ipotesi della fattispecie di cui all'art. 21 septies l.

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7 agosto 1990 n. 241, che sanziona con la nullità l'atto posto in essere

in violazione o elusione del giudicato, tale intendendosi anche

quello cautelare (Cons. Stato Sez. V, 28-06-2011, n. 3872).

Va pur tuttavia precisato che qualora sia disposta la sospensione

cautelare giurisdizionale di un provvedimento, è preclusa solo la

possibilità di adottare quegli atti ulteriori che trovino presupposto

e fondamento logico-giuridico nel provvedimento sospeso ma

non anche l'emanazione di un nuovo provvedimento, in sede di

riedizione del potere ed in esito alla rinnovazione totale o

parziale del procedimento, quando la rinnovazione stessa si

estrinsechi in un riesame operato sulla base delle censure opposte

al primo provvedimento gravato, proprio allo scopo di sanare i

vizi che lo inficiavano, sicchè, in tale ottica, la rinnovazione del

procedimento costituisce, anzi, l'adempimento di uno specifico

dovere-potere dell'Amministrazione, anticipando, così, gli esiti di

merito del gravame (Cons. Stato Sez. IV, 15-09-2010, n. 6878).

Il codice conferma la tendenza legislativa ad enfatizzare il carattere

provvisorio e strumentale della decisione cautelare e ad esprimere una

non velata ««preferenzaa» per la pronuncia di una sentenza, sia essa a

cognizione fors'anche sommaria ma comunque in grado di definire la

controversia.

Il c.p.a. riprende le disposizioni già presenti nella legge TAR dopo la

novella del 2000 e ne inserisce altre, confermando appieno la proiezione

verso la definizione con sentenza del giudizio e così la tendenza ad un

assorbimento della fase cautelare .

L'art. 55, comma 10, stabilisce che, quando il giudice ritenga che le

esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e che però

siano ««tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio

nel merito», anziché accordare la misura cautelare possa provvedere

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direttamente con la fissazione della data dell'udienza di discussione del

ricorso ««nel meritoo» (il che va inteso come se dicesse, con sentenza,

atteso che l'esito ben potrebbe essere quello di una decisione con

sentenza che si fermasse ai profili pregiudiziali processuali o

preliminari). È persino possibile che sia il Consiglio di Stato, in grado di

appello promosso contro l'ordinanza di primo grado, a risolvere la

questione cautelare richiedendo una sollecita fissazione dell'udienza di

merito.

La fissazione di una udienza di discussione viene vista come una

alternativa alla misura cautelare18.

13 - La revoca della misura cautelare

L'articolo 58 del codice disciplina la revoca, la modifica delle

misure cautelari collegiali e la riproposizione della domanda

cautelare respinta

Le parti possono riproporre la domanda cautelare al collegio o

chiedere la revoca o la modifica del provvedimento cautelare

collegiale nei seguenti casi:

18 Pur apprezzandosi questo tipo di sforzo sistematico, deve però dirsi che la norma noncollega alla carenza del periculum la surrogazione dell'ordinanza cautelare favorevole con lafissazione dell'udienza e che, pertanto, non è affatto escluso che essa venga applicata purquando il periculum sia teoricamente configurabile. Il suo presupposto sarebbe il seguente: ètalvolta comunque preferibile per il ricorrente ottenere una rapida decisione nelle forme di unasentenza, perché garantisce maggiore certezza e stabilità, piuttosto che limitarsi ad unaclaudicante ordinanza; ne segue che una fissazione ad una udienza imminente è una forma ditutela ««equivalentee». È certo, comunque, che questa valvola contribuirà alla diffusione dellatecnica che, di fronte ad una domanda cautelare , esaurisce la discussione camerale nellaricerca di una data per la pronta discussione del ricorso.L'art. 55, comma 11, riprende una disposizione già introdotta dalla legge n. 205 e sancisce che,quando l'ordinanza dispone una misura cautelare , fissa anche la data di discussione del ricorsonel merito. Congegno analogo è previsto per il caso in cui l'accoglimento sia stato disposto inappello. Dunque, non appena l'ordinanza positiva è pronunciata, il legislatore spinge verso unaaccelerazione del merito. Questo, per un verso, equivale a sottolinearne l'effetto provvisorio, e,per altro verso, concorre a disincentivare congegni cautelari che vengano ad assorbire con unacompleta anticipazione le utilità che solo dalla sentenza possono provenire. E soprattutto, comeben si intuisce, significa comprimere di molto lo spazio naturale dell'ottemperanza cautelare.

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- se si verificano mutamenti nelle circostanze;

- se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza

successivamente al provvedimento cautelare, fornendo la prova

del momento in cui ne è venuto a conoscenza;

- se sussistano situazioni che consentano una revocazione

richiamandosi i caso di cui all'articolo 395 del codice di

procedura civile.

14 - I riti abbreviati relativi a speciali controversie (art. 119

CPA).

Una particolare importanza assumono nel codice le disposizioni

che riprendono e in parte riscrivono le regole del rito speciale in

materia di appalti pubblici, recentemente introdotte dal d. lgs. n.

53 del 2010.

Specifica attenzione deve essere infine dedicata alle modifiche introdotte

alla disciplina della tutela cautelare nei riti abbreviati comuni a

determinate materie (già art. 23-bis l. TAR), tra cui, salve alcune

peculiarità, quella degli appalti pubblici.

Nell'eliminare l'irragionevole regime iperaccelarato introdotto per questi

ultimi dal d.lgs. 53 del 2010, il Codice (fermo restando il termine di 30

giorni per la notificazione del ricorso) ne riuniforma la disciplina della

cautela a quella comune agli altri riti abbreviati, per i quali conferma la

dimidiazione dei termini previsti dagli artt. 55 ss. per la trattazione delle

istanze, escludendola tuttavia per la notificazione dell'appello cautelare ,

che resta così soggetta ai termini (trenta giorni dalla notificazione

dell'ordinanza e sessanta dal relativo deposito) previsti nel rito ordinario.

Si è del pari colta l'occasione per chiarire che l'appello a fini cautelari sul

dispositivo di sentenza non è un onere, ma una facoltà, il cui mancato

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esercizio non preclude la richiesta cautelare in sede di appello sui motivi

della decisione o, eventualmente, successivamente a quest'ultimo.

Un'ulteriore novità investe i presupposti per la concessione delle misure

cautelari, che la l. 205 del 2000 ancorava ad una più forte prospettiva di

buon esito del ricorso.

Alla luce della maggiore attenzione per il fumus boni juris come

requisito minimo essenziale all'accoglimento di tutte le istanze cautelari

e nel riferito spirito di giusto bilanciamento dei diversi interessi senza

una pregiudiziale e aprioristica prevalenza per l'interesse pubblico, il

Codice, ferma restando l'identificazione della cautela ordinaria nella

immediata fissazione del merito, subordina la concessione delle misure

cautelari in senso stretto esclusivamente alla sussistenza di circostanze di

estrema gravità e urgenza.

Con specifico riferimento all'aggiudicazione degli appalti pubblici,

l'istanza cautelare assume, come noto, un ruolo affatto particolare,

determinandone in via assolutamente eccezionale la sospensione

automatica fino alla decisione collegiale di primo grado, con

conseguente inversione dell'interesse alla sollecita pronuncia

giurisdizionale (che preme alle parti resistenti e controinteressate). Corre

l'obbligo a tale proposito di segnalare il contrasto della disposizione con

la legge delega, che imponeva di attendere la pubblicazione del

provvedimento cautelare definitivo ovvero della prima decisione di

merito.

In questa materia (in ragione della particolare rilevanza degli interessi

coinvolti) il collegamento tra cautela e merito, che, come si è visto,

costituisce importante garanzia di effettività della tutela e di giusto

processo , è peraltro ancora più stretto, imponendosi in ogni caso - e

dunque a prescindere dall'esito della richiesta cautelare - la fissazione

del merito con assoluta priorità. La disposizione, che costituisce l'esito

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del compromesso per l'abrogazione dell'obbligo di fissazione del merito

entro sei mesi previsto dal d.lgs. 53, laddove effettivamente rispettata,

avrebbe tuttavia il risultato di rallentare - in favore della materia degli

appalti - tutti gli altri processi, con verosimile violazione degli artt. 3, 24,

100, 111 e 113 Cost.

Aderendo all’esigenza di omogeneità del sistema, il Codice

prevede l’applicazione anche al nuovo contenzioso sugli appalti

del rito accelerato ordinario disciplinato dall’art. 119, con la sola

eccezione dei termini per la notificazione del ricorso di primo

grado e dei motivi aggiunti (tanto contro provvedimenti già

impugnati, quanto contro provvedimenti nuovi), che viene,

eccezionalmente, fissato in trenta giorni contro i sessanta ordinari

espressamente confermati dall’art. 119 anche per il rito accelerato

“comune a particolari materie”.

Con riferimento a quest’ultimo modello processuale, si

segnalano, rispetto alla disciplina prevista dall’art. 23 bis della

legge n. 1034 del 1971, la modifica dei presupposti per la

concessione delle misure cautelari e l’abolizione dei termini di

deposito delle memorie e dei documenti a decorrere

dall’ordinanza che fissa il merito e la necessità di un’espressa

richiesta per la pubblicazione del dispositivo (non operante per il

contenzioso appalti).

L’art. 119 del codice sostituisce l’art. 23 bis della legge n. 1034

del 1971, disciplinando il rito abbreviato comune a determinate

materie19.

19 Le disposizioni si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relativea:a) i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori,servizi e forniture, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti;b) i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti, conesclusione di quelli relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti;c) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione diimprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o

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Dal carattere eccezionale del rito abbreviato, deriva come

conseguenza immediata e diretta, che le ipotesi in cui esso si

applica sono tassative e di stretta interpretazione, non suscettibili

di interpretazione analogica. Al fine della verifica se una

determinata controversia rientri o meno in tale rito, è del tutto

irrilevante il comportamento processuale delle parti.

soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali;d) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri;e) i provvedimenti di scioglimento di enti locali e quelli connessi concernenti laformazione e il funzionamento degli organi;f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione dellearee destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e iprovvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice dellaproprietà industriale;g) i provvedimenti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazionisportive;h) le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensidell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e i consequenzialiprovvedimenti commissariali (protezione civile nazionale);i) il rapporto di lavoro del personale dei servizi di informazione per la sicurezza, aisensi dell'articolo 22, della legge 3 agosto 2007, n. 124 (AISI, AISE e DIS);l) le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dellapubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettricadi cui al decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dallalegge 9 aprile 2002, n. 55, comprese quelle concernenti la produzione di energiaelettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centralitermoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative adinfrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissionenazionale o rete nazionale di gasdotti;m) i provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazionedelle speciali misure di protezione, recanti applicazione, modifica e revoca dellespeciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori e testimoni di giustizia;m-bis) le controversie aventi per oggetto i provvedimenti dell'Agenzia nazionale diregolamentazione del settore postale di cui alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 37 dellalegge 4 giugno 2010, n. 96, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapportidi impiego (lettera aggiunta dall'articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 58 del 2011);m-ter) i provvedimenti dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia diacqua istituita dall'articolo 10, comma 11, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito,con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; m-quater) le azioni individuali e collettive avverso le discriminazioni di genere in ambitolavorativo, previste dall'articolo 36 e seguenti del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 198,quando rientrano, ai sensi del citato decreto, nella giurisdizione del giudice amministrativo. (lettere aggiunte dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 195 del 2011).

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Salva la pronuncia di sentenza in forma semplificata, il tribunale

amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda

cautelare:

- accerta la completezza del contraddittorio ovvero dispone

l'integrazione dello stesso;

- se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili

di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile,

fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima

udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla

data di deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei

documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove

occorrenti;

- fissa la data di svolgimento dell’udienza in caso di rigetto

dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo

regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo

grado (in tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data

di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del

tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti).

L'obbligo per il giudice di fissare i termini per il deposito di atti

di memorie è correlato alla fissazione dell'udienza nel termine

previsto dalla norma predetta, che deve ritenersi avere carattere

ordinatorio; conseguentemente, in caso di fissazione dell'udienza

oltre il termine predetto, i depositi di documenti, memorie e

repliche vanno effettuati nei termini dimezzati previsti in via

generale.

Con l'ordinanza cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza,

il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato

possono disporre le opportune misure cautelari.

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Al procedimento cautelare si applicano le disposizioni del Titolo

II del Libro II, in materia di misure cautelari (tutela cautelare

collegiale, monocratica interinale e ante causam).

15 - Il rito speciale in materia di procedure di affidamento di

appalti e servizi pubblici.

L'articolo 120 detta disposizioni integrative specifiche rispetto a

quella contenuta all'articolo 119, limitatamente all'impugnazione

degli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le

procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione

e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a

pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi

provvedimenti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici

di lavori, servizi e forniture.

Il rito accelerato si deve applicare quando la domanda proposta in

giudizio, è rientrante tra quelli di cui sopra non abbia ad oggetto

esclusivamente il risarcimento del danno, ma riguardi anche

l'annullamento di atti amministrativi.

Detti provvedimenti sono impugnabili unicamente mediante

ricorso al tribunale amministrativo regionale competente

(escludendosi la proposizione del ricorso straordinario)20.

20 L’art. 243-bis. del Codice dei contratti disciplina l’informativa in ordineall'intento di proporre ricorso giurisdizionale disponendo che nelle materie di cuiall'articolo 244, comma 1, i soggetti che intendono proporre un ricorsogiurisdizionale informano le stazioni appaltanti della presunta violazione e dellaintenzione di proporre un ricorso giurisdizionale. L'informazione è fatta mediantecomunicazione scritta e sottoscritta dall'interessato, o da un suo rappresentante, chereca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e deimotivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso lafacoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori. L'interessato può avvalersidell'assistenza di un difensore. La comunicazione può essere presentata fino aquando l'interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale. L'informazioneè diretta al responsabile del procedimento. La comunicazione prevista dal presentecomma può essere effettuata anche oralmente nel corso di una seduta pubblicadella commissione di gara ed è inserita nel verbale della seduta e comunicata

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La peculiarità più rilevante riguarda il termine per

l'impugnazione degli atti delle procedure di affidamento,

muovendosi dal principio affermato dalla Corte costituzionale

secondo cui la riduzione a metà del termine entro il quale

proporre ricorso, in materia di opere pubbliche, non importa

modalità di esercizio così gravose da rendere impossibile o

estremamente difficile l'esercizio della difesa e lo svolgimento

della connessa attività processuale; del resto varie norme vigenti

dispongono nel senso della riduzione dei termini per instaurare

giudizi amministrativi (Corte costituzionale 10 novembre 1999

numero 427).

Per l'impugnazione degli atti della procedura di gara il ricorso e i

motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già

impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni,

decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo

79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Le stazioni appaltanti, in applicazione della norma predetta, sono

tenute ad informare tempestivamente i candidati e gli offerenti

delle decisioni prese riguardo alla conclusione di un accordo

quadro, all'aggiudicazione di un appalto, o all'ammissione in un

sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi della

decisione di non concludere un accordo quadro, ovvero di non

aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara,

immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione digara. La stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione del preavviso diricorso comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicatidall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L'inerzia equivale adiniego di autotutela. L'omissione della comunicazione e l'inerzia della stazioneappaltante costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sullespese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile. Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solounitamente all'atto cui si riferisce, ovvero, se quest'ultimo è già stato impugnato,con motivi aggiunti..

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ovvero di riavviare la procedura, ovvero di non attuare un sistema

dinamico di acquisizione21.

Con rigurdo alla tutela cautelare assume rilievo la disciplina dello

stand still contenuta all’art. 11 del D. L.vo n. 163 del 2006.

Il contratto non può comunque essere stipulato prima di

trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del

provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell'articolo

7922.

Se viene proposto ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con

contestuale domanda cautelare, il contratto non puo' essere

stipulato

- dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla

stazione appaltante e per i successivi venti giorni;

- a condizione che entro tale termine intervenga almeno il

provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del

dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del

merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti

provvedimenti se successiva. 21 Giova ricordare inoltre che la Corte giustizia CE, con la sentenza della sez. III,28 gennaio 2010 n. 406 ha affermato il principio secondo il quale l'art. 1, n. 1, delladirettiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina ledisposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazionedelle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici diforniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992,92/50/CEE, esige che il termine per proporre un ricorso diretto a far accertare laviolazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovveroad ottenere un risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa decorradalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere aconoscenza della violazione stessa.

22 Il termine dilatorio di cui sopra non si applica nei seguenti casi:a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara oinoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, e' stata presentata o e' stataammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazionidel bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano gia' respinte condecisione definitiva;b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all'articolo 59 e in casodi appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'articolo60.

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L'effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando:

- in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara

incompetente ai sensi dell'articolo 14, comma 4, del codice del

processo amministrativo,

- o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza

concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l'esame

della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi

quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda

cautelare.

Salvo che il giudizio non sia immediatamente definito con

sentenza in forma semplificata adottata nella camera di consiglio

fissata per la trattazione della domanda cautelare, ai sensi

dell'articolo 60, l'udienza di merito, ove non indicata dal collegio

ai sensi dell'articolo 119, comma 3 con l’ordinanza che esamina

la domanda cautelare, è immediatamente fissata d'ufficio con

assoluta priorità; e ciò a prescindere dall’accoglimento della

domanda cautelare.

I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere

impugnati con ricorso per motivi aggiunti.

Viene meno, pertanto la facoltatività della impugnazione con

ricorso autonomo prevista in via ordinaria.

Il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche

se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a difesa, o se

solleva o vengono proposti incidenti processuali.

La norma predetta trova ragione di essere nell'esigenza di evitare

che richieste di rinvio (ad esempio per proposizione di ricorso

incidentale, motivi aggiunti o incidenti del processo) possano

incidere sul principio della necessità che la fase cautelare venga

definita in tempi certi.

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Giova ricordare che il Consiglio di Stato con l’ordinanza 24

ottobre 2011, n. 4677 ha ritenuto che il potere di statuire in

merito all’efficacia del contratto è esercitabile dal giudice

amministrativo anche in sede cautelare, deponendo in tal senso

sia l’atipicità del contenuto delle misure cautelari di cui all’art.

55, comma 1, del codice del processo amministrativo, sia la

naturale finalizzazione della misura cautelare ad anticipare in via

interinale l’adozione delle misure adottabili con la decisione

definitiva.

Si osserva in particolare che a favore della tesi secondo cui il

G.A. può statuire in merito all’efficacia del contratto di appalto

anche in sede cautelare, milita anche il disposto dell’art. 125,

comma 4, del codice del processo amministrativo, che,

nell’assunto della generale idoneità della misura della

sospensione dell’aggiudicazione a riverberarsi sul dispiegarsi

degli effetti del contratto nelle more stipulato, stabilisce, in via di

eccezione, che, solo con riguardo alle controversie relative alle

infrastrutture strategiche, la sospensione dell’aggiudicazione non

comporta la caducazione del contratto già stipulato.

16 - Le peculiarità del rito delle infrastrutture strategiche.

Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a

infrastrutture strategiche vengono introdotto dall'articolo 125 del

codice, per cui nei giudizi che riguardano le procedure di

progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e

degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione,

occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III, capo

IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, trovano

applicazione le norme predette in materia di impugnazione delle

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procedure di gara ad eccezione dell'articolo 122 che disciplina il

rapporto tra l'annullamento dell'aggiudicazione e la efficacia del

contratto23.

Con l’aggiunta operata al comma 4 dell’articolo 125 il D.L.vo n.

195 del 2011 ci si è limitati e riportare nel codice, con funzione

di coordinamento, la previsione introdotta dall’articolo 6, comma

3, secondo periodo, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n.

88, recante "Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed

interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e

sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n.

42".

Le disposizioni del comma 3, che limitano i casi di declaratoria di

inefficacia dei contratti già stipulati (salva l’ipotesi dell’art. 121 CPA), si

applicano anche alle controversie relative:

(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 195 del 2011)

a) alle procedure di cui all'articolo 140 del decreto legislativo 12 aprile

2006, n. 163;

b) alle procedure di progettazione, approvazione e realizzazione degli

interventi individuati nel contratto istituzionale di sviluppo ai sensi

dell'articolo 6 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88;

c) alle opere di cui all'articolo 32, comma 18, del decreto-legge 6 luglio

2011, n. 98 convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111.

23 La norma si riferisce alla progettazione, l'approvazione dei progetti e larealizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale,nonché l'approvazione secondo quanto previsto dall'articolo 179 dei progetti degliinsediamenti produttivi strategici e delle infrastrutture strategiche private dipreminente interesse nazionale, individuati a mezzo del programma di cui alcomma 1 dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443. Nell'ambito delprogramma predetto sono, altresì, individuate, con intese generali quadro tra ilGoverno e ogni singola regione o provincia autonoma, le opere per le qualil'interesse regionale è concorrente con il preminente interesse nazionale. Per taliopere le regioni o province autonome partecipano, con le modalità indicate nellestesse intese, alle attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio,in accordo alle normative vigenti e alle eventuali leggi regionali allo scopoemanate. Rimangono salve le competenze delle province autonome di Trento eBolzano previste dallo statuto speciale e relative norme di attuazione.

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In via derogatoria è, infatti, previsto che in sede di pronuncia del

provvedimento cautelare, si tiene conto:

- delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti

gli interessi che possono essere lesi;

- del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione

dell'opera.

Ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta

anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui

interesse va comunque comparato con quello del soggetto

aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

Ferma restando l'applicazione degli articoli 121 (“Inefficacia del

contratto nei casi di gravi violazioni”) e 123 (“Sanzioni

alternative”, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione

e l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione

del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno

eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.

Si applica l'articolo 34, comma 3 per cui quando nel corso del

giudizio l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta

più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto

se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.

L'art. 246 comma 4 del Codice dei contratti di cui al d.lg. n. 163

del 2006 e successive modificazioni, che nel caso di

annullamento dell'aggiudicazione preclude la caducazione del

contratto, è disposizione eccezionale applicabile solo agli

interventi relativi alle infrastrutture strategiche e agli

insediamenti produttivi di interesse nazionale, individuati a

mezzo del programma di cui all'art. 1, l. 21 dicembre 2001 n.

443, non essendo sufficiente per la sua applicazione ad ipotesi

diverse una analoga esigenza di speditezza della procedura.

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Nel quadro di maggiore garanzia che il Codice ha cercato di assicurare

al diritto di difesa di tutte le parti processuali, residua tuttavia il regime di

ingiustificato favore per l'interesse pubblico che limita la tutela cautelare

nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione e

realizzazione delle c.d. infrastrutture strategiche, in riferimento alle quali

il Codice, confermando il modello tracciato nel 2002 e ripreso dal

Codice dei contratti pubblici e, da ultimo, dall'art. 20 co. 8 d.l. 185 del

2008, conv. nella l. 2 del 2009, nel fare esplicito riferimento alla

necessità di operare in sede cautelare un attento bilanciamento dei

diversi interessi, afferma l'aprioristica «preminenza» dell'interesse

nazionale alla realizzazione dell'opera (imponendo per l'effetto un

maggiore rigore e uno specifico onere di motivazione sulle ragioni che,

nonostante tale presunzione di preminenza, giustifichino, nel pur

doveroso bilanciamento, l'eventuale adozione di misure cautelari) e

dispone che, pur dovendosi valutare «anche» l'irreparabilità del

pregiudizio per il ricorrente, l'interesse di quest'ultimo a conseguire la

tutela cautelare «va comunque comparato con quello del soggetto

aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure».

La disposizione determina delicati problemi di compatibilità con

l'ordinamento costituzionale ed europeo, in rapporto tanto al diritto di

difesa e al giusto processo , quanto all'interesse generale alla

concorrenza (primario valore costituzionale e comunitario), tanto più

che la direttiva ricorsi, sia pure in riferimento alle possibili deroghe alla

privazione di effetti del contratto, delimita l'interesse pubblico -

necessariamente generale e mai identificabile con quello economico

della stazione appaltante - suscettibile di prevalere su quello alla

concorrenza, rimettendo in ogni caso all'organo giudicante (e mai ad una

aprioristica scelta legislativa degli Stati membri) la valutazione di tale

prevalenza.

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Ferma l'inderogabilità dello standstill period - espressamente affermata

dall'art. 11 del Codice dei contratti pubblici per questi interventi - appare

invece più giustificabile la disposizione secondo cui, fuori dai casi di

violazioni più gravi in cui è sempre prevista la cessazione di efficacia del

contratto (che resta quindi anche in questi casi assicurata) e ferma

restando l'applicazione delle sanzioni alternative di cui all'art. 123, nelle

predette controversie «la sospensione o l'annullamento dell'affidamento

non comporta la caducazione del contratto, e il risarcimento del danno

eventualmente dovuto avviene solo per equivalente». In altri termini, il

legislatore, in nome della particolare rilevanza dell'interesse pubblico

coinvolto, effettua in via preventiva e generale la valutazione di

opportunità che nella normalità dei casi gli artt. 121 e 122 del Codice

rimettono al potere discrezionale giudice. Resta tuttavia anche in questo

caso il problema della compatibilità comunitaria, posto che la medesima

direttiva 66/2007/CE prevede che tale potere sia rimesso al giudice.

17 - La definizione con sentenza in forma e procedura

abbreviata alternativa alla misura cautelare.

L’art. 60 consente la definizione del giudizio in esito all'udienza

cautelare, disponendo che in sede di decisione della domanda

cautelare il giudice può definire, in camera di consiglio, il

giudizio con sentenza in forma semplificata alle seguenti

condizioni:

- purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima

notificazione del ricorso,

- sia accertata la completezza del contraddittorio e

dell'istruttoria,

- siano sentite sul punto le parti costituite,

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- una delle parti non abbia dichiarato che intende proporre

motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di

competenza, ovvero regolamento di giurisdizione (se la parte

dichiara che intende proporre regolamento di competenza o di

giurisdizione, il giudice assegna un termine non superiore a trenta

giorni)24.

Ove ne ricorrano i presupposti, il collegio dispone l'integrazione

del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione di

motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza

o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il prosieguo

della trattazione.

Presupposti della sentenza in forma semplificata sono la

completezza del contraddittorio (cioè la rituale notifica del

ricorso e il rispetto del termine per la discussione sull'istanza

incidentale), la completezza dell'istruttoria, l'avviso alle parti, ma

l'esigenza e l'opportunità della sollecita decisione nel merito di

una causa è da intendersi rimessa al prudente apprezzamento del

24 L'art. 60 c.p.a. conferma un istituto che ha avuto un grande successo dopo la riforma del2000: la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata in esito all'udienzacautelare . È la c.d. trasformazione del rito cui si è accennato in precedenza, che è applicabileogniqualvolta il giudice lo ritenga opportuno, salvo l'accertamento dell'integrità delcontraddittorio, l'avviso alle parti e l'annuncio di ulteriori mezzi processuali da esperire (motiviaggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza). Proprio tale strumento haulteriormente ridotto i casi di applicazione del vero e proprio processo cautelare .L'art. 74, a sua volta, ribadisce la definibilità del giudizio con sentenza in forma semplificataquando si ravvisi la manifesta fondatezza o infondatezza o manifesta irricevibilità,inammissibilità, improcedibilità del ricorso.L'art. 119, intitolato al Rito abbreviato comune a determinate materie, replica le previsionidell'art. 23-bis della legge TAR, anch'esso frutto della riforma del 2000, e predispone (persettori che sono decisamente centrali nell'esperienza concreta delle amministrazioni) un sistemache sospinge la definizione della controversia con sentenza, riducendo notevolmente gli spazidel rito cautelare .Infine, la circostanza che con la sentenza, ancorché suscettibile di appello, sia possibile ordinaredirettamente misure esecutive, così come previsto dall'art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a., renderàancor più giustificato il ««saltoo» verso l'udienza di discussione, perché la sentenza sarà nonsoltanto il momento di maggior chiarezza e stabilità dell'indirizzo giudiziale, ma sarà ancheinsieme una statuizione munita di rilevanti misure esecutive. Il che concorre, per altro verso, adepotenziare l'istituto della ottemperanza cautelare.

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giudice e non alla volontà delle parti, alle quali è stato

riconosciuto il diritto di essere avvertite dell'intenzione del

giudice (di decidere immediatamente nel merito la causa) al fine

precipuo di non esaurire le loro difese sul piano della misura

cautelare incidentalmente richiesta e di sviluppare pertanto le

proprie argomentazione difensive anche nel merito.

Anche al di fuori dell’ipotesi di cui sopra, e, quindi anche per i

giudizi trattati in udienza pubblica l'articolo 74 del codice

prevede che nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza

ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità,

improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con

sentenza in forma semplificata.

La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico

riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero,

se del caso, ad un precedente conforme.

18 - L'appello sulle pronunce cautelari e le misure cautelari nei

giudizi di impugnazione.

L'appello cautelare è disciplinato dall'articolo 62, il quale prevede

che contro le ordinanze cautelari è ammesso appello al Consiglio

di Stato.

Il ricorso in appello è soggetto a due termini.

Va, infatti, proposto:

- nel termine di trenta giorni dalla notificazione dell'ordinanza;

- ovvero di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

L'appello va depositato nel termine perentorio di trenta giorni,

decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso di

cui all'articolo 45;

- è deciso in camera di consiglio con ordinanza.

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Al giudizio si applicano:

- gli articoli 55, comma 2 e commi da 5 a 10 in materia di prestazione

della cauzione, termini per la fissazione della camera di consiglio,

notifiche, costituzione delle parti, deposito di atti e , motivazione ;

- articoli 56 e 57, rispettivamente in tema di misure interinali

monocratiche e di spese del giudizio cautelare.

L'ordinanza di accoglimento che dispone misure cautelari è

trasmessa a cura della segreteria al primo giudice, perché, ai sensi

dell'articolo 55, comma 11 si provveda alla fissazione della stessa con

priorità.

Nel giudizio cautelare d’appello è rilevata anche d'ufficio la

violazione, in primo grado, degli articoli 10, comma 2, 13, 14,

15, comma 5, 42, comma 4, e 55, comma 13 in materia di

competenza inderogabile del giudice di primo grado.

Se rileva la violazione degli articoli 13, 14, 15, comma 5, 42,

comma 4, e 55, comma 13, in tema di competenza inderogabile,

il giudice competente per l'appello cautelare sottopone la

questione al contraddittorio delle parti ai sensi dell'articolo 73,

comma 3, e regola d'ufficio la competenza ai sensi dell'articolo

15, comma 4.

Quando dichiara l'incompetenza del tribunale amministrativo

regionale adito, con la stessa ordinanza annulla le misure

cautelari emanate da un giudice diverso da quello competente.

Per la definizione della fase cautelare si applica l'articolo 15,

comma 9, per cui le parti possono sempre riproporre le istanze

cautelari al giudice dichiarato competente.

Il predetto quadro normativo si completa con gli artt. 62, 98 e 111, che

rispettivamente disciplinano l'appello avverso le decisioni cautelari

(ammesso soltanto contro le ordinanze collegiali e correntemente

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definito «appello cautelare » e proponibile entro il termine di trenta

giorni dalla relativa notificazione o, in difetto, entro sessanta giorni dalla

pubblicazione) e le fasi cautelari - collegiale e monocratica - interinali ai

giudizi di impugnazione, la cui disciplina è interamente mutuata da

quella del processo di primo grado (a cui i suddetti articoli fanno

testualmente rinvio).

Rimane l'anomalia della previsione che lascia al Consiglio di Stato la

decisione cautelare sulle proprie sentenze, proposta interinalmente al

ricorso in Cassazione con il quale se ne contesta la giurisdizione: la

previsione, nella quale si fa peraltro significativamente esclusivo

riferimento alla gravità e irreparabilità del danno, riprende, infatti, quella

per i ricorsi sulle sentenze della Corte d'Appello, che, tuttavia,

appartengono al medesimo plesso giurisdizionale.

Con specifico riferimento all'appello cautelare , merita sottolineare il

ruolo di garanzia della corretta osservanza delle regole di stretta

interrelazione tra cautela e merito affidato al Consiglio di Stato.

In particolare, il Codice dispone che qualora quest'ultimo, in riforma

dell'ordinanza del TAR, adotta misure cautelari ovvero ritiene che le

esigenze del ricorrente possano essere adeguatamente soddisfatte con la

sollecita definizione del giudizio nel merito, deve trasmettere la

decisione al TAR per la sollecita fissazione dell'udienza di merito (art.

55, co. 10 e art. 62, co. 3).

Analogamente, nel caso in cui il TAR, nell'accogliere la richiesta

cautelare , non abbia provveduto alla contestuale fissazione dell'udienza

di merito, se il giudice di appello conferma la misura cautelare , deve

disporre che il TAR vi provveda con priorità (art. 55, co. 11).

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