La tavola autunnale

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Saverio Pepe La tavola autunnale

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La stagione di mezzo. Tra il caldo dell’estate e il freddo dell’inverno. Tra la frutta acquosa e zuccherina della bella stagione e le verdure frutta ricche di sali minerali della brutta stagione. Uva, noci, verze, mais fresco,fichi, pere, rughe, scalogno, castagne, funghi, frutti di bosco tanti altri profumi dagli alberi e dall’orto. L’autunno si presenta con una ricchezza di sapori, odori e profumi che non ha paragoni con gli altri periodi dell’anno. Vitamine, sali minerali, zuccheri semplici, fibre: tutta la frutta e verdura dell’autunno si caratterizza con un altissima biodisponibilità. Ovvero con la capacità dei nutrienti salutari di essere assorbiti immediatamente. Altro che stagione del buio, della tristezza, della pioggia. L’autunno a tavola è la stagione della salute, del sapore, del nutrimento. Cibi quasi sempre facilmente digeribili, belli da vedere e da gustare. L’occasione per fare della tavola quotidiana uno strumento di salute, bellezza e prevenzione.

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Saverio Pepe

La tavola autunnale

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L’energia salutare dell’autunno

La stagione di mezzo. Tra il caldo dell’estate e il freddo dell’inverno. Tra la frutta acquosa e zuccherina della bella stagione e le verdure frutta ricche di sali minerali della brutta stagione. L’autunno si presenta con una ricchezza di sapori, odori e profumi che non ha paragoni con gli altri periodi dell’anno. Vitamine, sali minerali, zuccheri semplici, fibre: tutta la frutta e verdura dell’autunno si caratterizza con un altissima biodisponibilità. Ovvero con la capacità dei nutrienti salutari di essere assorbiti immediatamente. Altro che stagione del buio, della tristezza, della pioggia. L’autunno a tavola è la stagione della salute, del sapore, del nutrimento. Cibi quasi sempre facilmente digeribili, belli da vedere e da gustare. L’occasione per fare della tavola quotidiana uno strumento di salute, bellezza e prevenzione.

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Con la fine dell’estate e l’arrivo dell’autunno, il metabolismo subi-sce un profondo cambiamento, con conseguenze spesso negative sull’energia psicofisica. L’uva grazie agli zuccheri direttamente e velocemente assimilabili fornisce tono e vitalità. In particolare il levulosio e il mannosio sono zuccheri che danno energia mentale mentre a far recuperare l’energia fisica, ci pensano il potassio e i tannini. Gli acidi organici contenuti tengono alto il metabolismo e migliorano la circolazione sanguigna, sia rinforzando il tono di vene ed arterie che fluidificando il sangue. L’uva contiene anche ottime quantità di provitamina A che in sinergia con gli zuccheri aumenta rapidamente il senso di benessere generale. Il molto ma-gnesio contenuto risente positivamente della presenza degli zuc-cheri. Questo importante minerale viene assorbito e reso subito disponibile sia per il sistema nervoso che per quello muscolare. L’uva è un alimento ideale, specialmente a colazione per chi vive uno stato di esaurimento psicofisico, per chi si ammala facilmen-te, per chi soffre di stanchezza cronica, acuita dal cambio di sta-gione. Indispensabile sulle tavole vegetariane e ancor di più su quelle vegane. Quello che fa dell’uva, il più potente disintossican-te che consumiamo a tavola è l’equilibrio perfetto tra acidi della frutta e zuccheri, associati alle altre sostanze nutritive e salutari. Gli acidi tartarico e malico, scuotono il metabolismo grazie alla sinergia con gli zuccheri dell’uva, in particolare il fruttosio. L’uva matura depura, disintossica ed è diuretica, agendo sia sugli organi

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Uva lo sprint autunnale: disintossicazione e fortificazione

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dell’apparato digerente che sul sistema linfatico. Antociani, tanni-ni e flavonoidi in grandi quantità sono le sostanze che danno colo-re e sapore all’uva ma che ne fanno un alimento completo e disin-tossicante. L’uva grazie a questo mix di sostanze nutritive di alta qualità, fornisce energia rapidamente e rapidamente elimina le tossine. L’uva contiene anche elevate dosi di vitamine del gruppo B che favoriscono il metabolismo e la depurazione. Nelle cure di-sintossicanti a base di uva, la cosiddetta ampeloterapia, si consi-glia di consumare sempre anche la buccia, che contiene una so-stanza chiamata pruina che difende gli acini dai raggi ultraviolet-ti, molto efficace nel favorire l’eliminazione delle tossine. Per una potente azione disintossicante si può consumare per un giorno a settimana, solo uva fresca e matura, sino a 2-3 kg. Con settembre si riprendono i normali ritmi lavorativi e di studio e molti si tro-vano con un deficit di energia. L’uva, così ricca di fruttosio, ferro e magnesio, è un integratore saporito e salutare adatto a tutte le età e in tutte le condizioni. Tutte le funzioni metaboliche vengo-no stimolate anche dagli acidi presenti, malico, tartarico e citri-co, che purificano l’organismo, migliorando lo stato fisico e la sa-lute dei vari organi. L’uva è anche ricca di flavonoidi dalla note azione antiage. Nell'uva troviamo anche alcuni acidi quello mali-co, l'acido tartarico e l'acido citrico, che facilitano il processo di-gestivo, aiutano l'organismo a ridurre il livello di colesterolo "cat-tivo" nel sangue e ad eliminare l'acido urico. Contiene inoltre il resveratrolo, sostanza ad azione antibatterica ed antinfiammato-ria, con proprietà antiossidanti, che contribuisce a rendere il san-gue più fluido. Caratteristica meno nota è la ricchezza che non ha eguali in natura, di boro, un micronutriente che migliora la performance cerebrale. Un frutto salutare, fonte di energia e salu-

te, consigliato agli "spossati cronici". Fondamentale sulle tavole vegetariane, per la ricchezza e completezza di presenza di vitami-ne del gruppo B.

L' uva da tavola è il frutto della Vitis Vinifera, vite europea, pianta della famiglia delle vitaceae, diffusa in tutti i continenti. Il consu-mo di uva risale al neolitico e testimonia che questo frutto ha da sempre accompagnato le tavole dell’uomo. L’Europa occidentale era originariamente molto povera di frutta e la situazione miglio-rò con le guerre e di conseguenza con le importazioni dalle terre dove si è combattuto. Furono soprattutto i Fenici a diffonderne, nel primo millennio a.C., la coltivazione tra i popoli mediterranei

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mentre i Romani erano ghiotti del frutto che chiamavano "uva cibaria". La impiantarono ovunque arrivassero con le loro truppe e ne trasmisero la coltura a tutte le popolazioni conquistate, alme-no fino dove lo consentiva il clima. Fino alla metà dell’800 tutta-via, non si faceva grande differenza tra uva  da tavola e quella per vinificare. Fu dall’Italia che partirono i primi distinguo degli intenditori tra le uve da vino rispetto a quelle da pasto, tanto che già 1887 venne promulgata una specifica legge per valorizzare la specificità dell’uva nostrana da tavola, in particolare quella puglie-se.

Se la tradizione delle terapie con l’uva viene dal Tirolo, le migliori uva da tavola arrivano dal sud Italia e in particolare dalla Sicilia. Acini di grandi dimensioni dal colore giallo chiaro, con intenso profumo moscato e dal sapore fresco e dolce, l’uva di Canicatti Igp è prodotta tra Agrigento e Caltanissetta è molto apprezzata sia per la croccantezza che per la conservabilità. Bianca, rossa e nera è invece l’uva da tavola Mazzarone Igp, prodotta nelle terre assolate del sud oriente siciliano, tra Catania e Ragusa, dove mol-te aziende agricole la producono anche con metodi biologici. L’uva di Mazzarone Igp biologica nella varietà scura è molto diffu-sa ed apprezzata nei negozi bio. Il profumo è lieve e il sapore marcatamente dolce, quasi zuccherino.

Nessun frutto ha tanti protettori e protagonisti tra i santi della tradizione cattolica. Su San Vincenzo Ferrer, in una leggenda si narra che Dio lo pregò di fare un giro tra i vigneti della Francia e il santo, gustando l’uva matura, dimenticò la via per il Paradiso. Volendo punire la sua distrazione, Dio lo trasformò in statua. Eg-li viene spesso raffigurato con un grappolo d’uva in mano e la pal-

ma del martirio. Viene invocato per la protezione dei campi, del-le vigne e dei vignaioli. San Zeno aveva grande dimestichezza con la viticoltura e dopo la Messa i fedeli andavano da lui per avere consigli sulla vendemmia e sulla conservazione dell’uva da tavola. La sua effigie è spesso ritratta su etichette di vino DOC del Vene-to ed un vino, ottenuto con uve Merlot e Cabernet, ne porta pro-prio il nome. San Barnaba si guadagnò da vivere lavorando nei vi-gneti e viene invocato contro la grandine. Sant'Urbano viene rap-presentato con un grappolo d’uva in mano ed è invocato per una buona vendemmia. Santa Elisabetta regina del Portogallo e poi Clarissa, è la patrona degli enologi. San Venceslao martire, duca di Boemia, coltivatore di vigne e generoso elargitore di vino per la santa Messa viene onorato come patrono dei pigiatori d’uva. Noè, uscito dall’arca dopo il diluvio, piantò una vigna, bevve il succo della vite e si ubriacò. Per tale episodio, egli venne da sem-pre ritenuto il protettore degli ubriachi.

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Acido folico e manganese. In grandi quantità e ben assorbiti dall’organismo. Le bietole vanno così a stimolare la disintossicazione e la depurazione, favo-rendo la diuresi e facendo lavorare al meglio intestino, reni e fegato. L’acido folico fornisce inoltre una veloce sensazione di energia e migliora le capacità di eliminazione delle tossine. E’ però il potassio che le rende così fortemente diuretiche, tanto che molti terapisti dell’alimentazione naturale le considera-no al pari delle acque termali. La capacità diuretica è potenziata dalla vitami-na K che stimola ulteriormente i reni, aiuta l’organismo ad eliminare gli ecces-si di acido urico e colesterolo. Le bietole contengono inoltre buone quantità di provitamina A, che aiutano bile e fegato nello sforzo di depurazione. Il con-sumo di bietole è dunque particolarmente indicato per chi ha colesterolo, aci-di urici, trigliceridi oltre la soglia di normalità. Le fibre particolarmente attive nella primissima fase della digestione, le rendono ideali per le diete dimagran-ti, in quanto associano alto potere saziante a rapido potere disintossicante.

Due i tipi di bietola che ritroviamo nei mercati, differenziate dalla forma e dalla consistenza delle foglie: la bietola da coste e la bietola da foglie o erbet-ta. La bietola da coste ha foglie color verde scuro con un gambo carnoso e molto esteso in lunghezza e larghezza. Necessita di una cottura più lunga ed è molto indicata come salutare contorno. La bietola da foglie invece ha delle co-ste poco sviluppate e presenta delle foglie molto grandi e di un colore verde più brillante. Questa varietà è molto apprezzata nelle preparazioni di torte sa-late e ripieni. Le produzioni biologiche sono molto diffuse in Italia, che è in questo ambito il principale produttore europeo. Molto apprezzate le bietole biologiche provenienti dalla Liguria di Levante e dalla Versilia.

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Bietole, depurazione in verde

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Il mais fresco è considerato poco più che un contorno veloce ma in realtà è un prodot-to molto salutare in quanto fonte di luteina e di acido folico. Queste due sostanze in sinergia, sono molto attive sull’epidermide, sulla salute degli occhi, sul ricambio idri-co. In particolare la luteina, famosa per la sua azione protettiva sulla vista è considera-ta un antiossidante di bellezza, un vero e proprio antiage naturale. Il consumo di mais fresco è particolarmente adatto a fine estate, quando la pelle stressata dal sole ha biso-gno di nutrienti che la aiutino a rimettersi in sesto. Ricco di glucidi a veloce assorbi-mento, favorisce il metabolismo cellulare, grazie anche alla sinergia con il magnesio e con il fosforo, sostanze che sono considerate essenziali per il mantenimento del tono della pelle. Queste sostanze stimolano l’organismo nella produzione di cheratina e col-lagene. Il consumo di mais fresco è da considerare come un integratore di bellezza. Molto adatto a chi ricerca una strategia alimentare per contrastare i segni del tempo, per chi ha la pelle molto secca o delicata. Recenti studi consigliano il mais fresco co-me antiossidante e dunque come preventivo delle malattie degenerative della pelle.

Secondo una antica leggenda dell’isola di Cuba le 4 colorazioni del mais, bianco, gial-lo, nero e rosso, provengono da una maledizione inferta da Orisha Okoa, dio della ter-ra, della natura e dell’agricoltura agli uomini. Secondo questa leggenda il mais era il cibo che gli dei avevano riservato alle operose formiche, sorveglianti del territorio. Per facilitarne il trasporto e l’individuazione era di colore bianco e brillante come le stelle. Degli uomini che erano a caccia, cercarono di rubare il mais raccolto dalle for-miche. Per punizione il dio scaglio potenti fulmini contro gli uomini, facendo atten-zione a non punirli tutti nella stessa maniera. Il mais bianco prese così colore in base al calore ricevuto e da quel momento si diffuse in quattro colori a simboleggiare i diver-si stadi di colpa dell’essere umano, come nella tradizione cristiana del paradiso, purga-torio, inferno.

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Mais fresco: salute e bellezza in giallo

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La frutta è notoriamente uno strumento che può proteggere la pelle e conservare la bellezza, i fichi hanno però diverse armi salu-tari in più, comparendo tra l’altro a fine dell’estate quando l’epi-dermide è particolarmente stressata dal sole e dalle alte tempera-ture. Il calcio e il fosforo di origine vegetale, contenuti in grandi quantità nei fichi maturi, vengono utilizzati dal metabolismo per trattenere l’acqua nello strato superficiale della pelle e per aumen-tare la produzione di collagene e di cheratina. Il risultato è quello di una pelle più luminosa, fresca e soda e di un miglioramento del-la state di salute dei capelli. I fichi inoltre hanno grandi quantità di vitamina PP che migliora il metabolismo epidermico, favoren-do la normalizzazione della pelle grassa. Gli antiossidanti conte-nuti nei fichi rinforzano inoltre il sistema circolatorio più ester-no, favorendo la tonificazione della pelle, migliorando la coupero-se. I fichi sono dunque una merenda o uno spuntino ideale per chi è stato molto tempo al sole, per chi vuole un naturale antiru-ghe, per chi ha pelle secca ma anche ipersensibile. Secondo una recente ricerca dell’Institut National de la Recherche Agronomi-que di Tolosa, i fichi sono il frutto più efficace per conservare idratazione e tono della pelle e per sostituire gli integratori di bel-lezza sia per il corpo che per i capelli.

Moltissimo potassio e tanti zuccheri semplici di facile digestione. Con queste caratteristiche i fichi vanno a favorire il recupero mu-scolare, contrastano il dolore articolare, forniscono energia fisica.

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Fichi tutta salute: pelle, stomaco, articolazioni

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Frutti dunque ideali per gli sportivi ma anche per chi è in convale-scenza e si ammala facilmente. Sono lo spuntino e la merenda ideale per i bambini e nella terza età. Il ferro e il calcio contenu-ti, vengono assorbiti bene e rapidamente grazie all’azione della provitamina A. I fichi vanno così a migliorare il metabolismo del-l’apparato osteoarticolare, rinforzando ossa, articolazioni e lega-menti. Ben maturi contengono anche manganese e bromo, sostan-ze che vanno a stimolare le naturali capacità antidolorifiche del-l’organismo. I fichi hanno dunque anche proprietà antalgiche che si manifestano molto rapidamente, sempre grazie agli zuccheri, che ne fanno un frutto da inserire quando si soffre di reumatismi, artrite, deficit muscolari. Sono molto efficaci nel contrastare i di-sagi provocati dall’acido lattico quando si sottopone il corpo ad un prolungato sforzo fisico. Ad aumentare le capacità antidolorifi-che e di salute delle articolazioni la ricchezza in vitamina B1, che previene l’usura di tendini e cartilagine.

Dall’inizio alla fine dell’apparato digerente e delle sue funzioni, i fichi svolgono un’azione benefica. Aiutano nei disturbi di stoma-co, nella gastrite nervosa, nella nausea e nell’esofagite, per l’alta digeribilità, associati agli zuccheri semplici, che permettono il ri-equilibrio del ph gastrico. Sono una fonte eccellente di vitamina B6 e potassio, che aiutano lo stomaco a ripristinare le sue norma-li funzioni. Sono dunque particolarmente indicati, ben maturi, in casi di meteorismo ed ulcere. Sono particolarmente emollienti per la parte alta dell’intestino, per cui sono la colazione e la me-renda ideale per chi soffre di colite spastica. Contengono inoltre molta lignina, una fibra vegetale particolarmente attiva sull’inte-stino, facilitando in maniera delicata le funzioni intestinali. Sono

particolarmente adatti nelle stitichezze dei bambini e in quelle provocate da antibiotici e consumo di farmaci. Altra caratteristi-ca dei fichi sono la ricchezza in mucillagini, che favoriscono la ci-catrizzazione di piccole lesioni, distendono le anse dello stomaco e dell’intestino, svolgendo una azione “calmante” sull’intero appa-rato digestivo.

I fichi sin dall’antichità hanno accompagnato le culture alimenta-ri nostrane, tanto da essere alla base di diversi modi di dire, tipici della lingua italiana. Uno dei più famosi è "anno ficaio, scarso gra-naio", legato alla credenza popolare secondo la quale in un anno in cui si raccolgono molti fichi si miete poco grano. Altro modo di dire caratteristico è "serbare la pancia per i fichi" ovvero tratte-nersi dal mangiare nelle prime portate di un pasto, preservando l'appetito per le ultime e più gustose portate. Di fichi, da un pun-to di vista metaforico, ne parla anche Dante Alighieri, nell’Infer-

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no, canto XXXIII, v.119 "qui riprendo dattero per figo", ovvero ottengo più di quello che ho dato. Il più famoso ed utilizzato re-sta il "voler far le nozze coi fichi secchi" a rappresentare l’inade-guatezza dei mezzi a disposizione per portare a termine un pro-getto.

I fichi sono una eccellenza tutta italiana, certificata anche da due prestigiose Dop: i fichi bianchi del Cilento e i fichi Dottato di Cosenza. La zona di produzione del “Fico Bianco del Cilento” DOP comprende 68 comuni a sud di Salerno, dalle colline litora-nee di Agropoli fino al Bussento e in gran parte inclusi nell’area del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Dal fortissi-mo profumo vengono consumati freschi sul pane o cotti in forno e poi farciti, secondo una tradizione culinaria che risale ai tempi

della Scuola Medica Salernitana. I fichi di Cosenza che da poco hanno avuto il riconoscimento Dop, vantano una grande produ-zione biologica, apprezzata su tutti i mercati europei. Sono parti-colarmente dolci, dal profumo delicato e mielato, con buccia sot-tile e altrettanto dolce. Una caratteristica che si manifesta nella tradizione di mangiarli non spellati ma interi.

Nella Bibbia, viene citato come il primo “vestito” della storia. Adamo ed Eva si “vestivano”, infatti, di foglie di fico. In India il fico era l’albero sacro di Visnü e Shiva, poi divenne l’albero cosmi-co del Risveglio di Buddha. Anche per gli antichi egizi il fico era considerato un albero cosmico ed assimilato alla fenice e alla Ri-nascita di Osiride, il Sole. In Grecia il fico è stato protagonista di moltissimi miti, anche loro lo consideravano un albero sacro ed attribuivano al dio Dionisio la nascita di questo albero. Platone era un grande amante di fichi e per questo motivo gli venne dato il nome di “mangiatore di fichi”.

A Roma il fico era sacro a Marte, vero fondatore della città eter-na e padre, secondo la leggenda, di Romolo e Remo, che furono allattati dalla lupa all’ombra di un fico. L’imperatore Augusto se ne nutriva insieme al formaggio e ai pesci, per Seneca, insieme al pane, costituivano un pasto intero. Citazioni sulla lavorazione dei fichi secchi si trovano nelle Satire di Orazio e in Columella, che ci ha lasciato un’autorevole opera di agraria. Sia i greci che i romani, coltivarono intensamente il fico, soprattutto in Puglia, Campania, Sicilia e soprattutto in Calabria.

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Altamente proteici e ricchi di calcio, zinco e ferro. Questo l’iden-tikit salutare dei fagioli freschi che si caratterizzano per la capaci-tà di regolare il metabolismo glicemico grazie alla presenza della lecitina, un aminoacido che potenzia le naturali capacità depurati-ve dell’organismo. Sono dunque particolarmente adatti per chi ha la glicemia e colesterolo alto tende al diabete, per chi soffre di stanchezza cronica, per chi è intossicato e ha bisogno di una sfer-zata di energia. Contengono anche piccole ma preziose dosi di ferro, che grazie alla presenza elevata di carboidrati facili da assor-bire, agiscono molto velocemente sul benessere generale. I fagioli freschi si possono dunque considerare un tonico e ricostituente che non può mancare nella tavola di vegetariani e vegani. Per la ricchezza in aminoacidi e per la facilità con cui anche gli altri sali minerali vengono assorbiti (potassio, cromo, fosforo) sono un ali-mento ideale per gli adolescenti durante lo sviluppo e per conser-vare alto il livello psicofisico nella terza età. Al contrario dei fagio-li essiccati conservano inoltre buone dose di vitamina B1 e B2, sempre utili per l’energia fisica.

Più ferro e più vitamine del gruppo B rispetto alle altre varietà di fagioli. I borlotti freschi dal sapore intenso e vellutato, sono un alimento efficace per affrontare il cambio di stagione, essendo particolarmente energetici. Sono particolarmente ricchi di argini-na, un aminoacido che fa la differenza positiva in una dieta pove-ra di proteine animali, fornendo un surplus di forza fisica. Miglio-

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Fagioli freschi: le super proteine dell’orto

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rano il metabolismo dell’apparato muscolare e sono dunque parti-colarmente utili per gli sportivi e per chi soffre di stanchezza cro-nica. Freschi conservano al massimo l’efficacia della sinergia tra le proteine di ottima qualità ed alcuni preziosi elementi come il manganese e il magnesio. E’ proprio la qualità delle proteine dei borlotti che ne fanno il fagiolo preferito dai vegani. La digeribili-tà dei fagioli freschi e secchi è un fatto individuale ed è stretta-mente legato alle associazioni alimentari e ai metodi di cottura. I borlotti freschi, più ricchi d’acqua sono particolarmente digeri-bili e tra i vari legumi sono considerati tra quelli meno responsa-bile di meteorismo. La loro capacità energetica che si differenzia

sia sulle altre qualità di fagioli che sugli altri legumi è dovuta an-che alle alte quantità di glucodrine, sostanze vegetali che manten-gono il livello glicemico costante.

Anche i borlotti hanno la loro eccellenza. Si tratta del borlotto nano di Levada, prodotto in un ristretto territorio tra i comuni di Pederobba, Cavaso del Tomba, Possagno, Cornuda e Crocetta del Montello, tra le campagne trevigiane e le Dolomiti bellunesi. Questo borlotto si trova fresco e biologico, tra fine estate e inizi di ottobre in molti negozi di alimentazione bio, come borlotto nano, fagiolo bellunese o borlotto di Levada. Si caratterizzano per il profumo intenso, la polpa dolciastra quasi zuccherina e la buccia davvero sottile. Per queste caratteriste organolettiche è molto utilizzato nelle minestre vegetali e come contorno.

I fagioli freschi biologici sono passati negli ultimi dieci anni, da prodotto di nicchia piuttosto costoso, a legume dall’alto valore organolettico e nutrizionale, sempre più distribuito. Molto ap-prezzata e ultimamente esportata anche all’estero la produzione di fagioli freschi di montagna, proveniente dai territori di Anza-no, Monteleone, Panni e Faeto, territori della provincia di Foggia al confine con l’Irpinia. All’inizio del secolo scorso, la zona era fa-mosa proprio per la produzione del fagiolo fresco, scomparsa per far posto alla coltivazione di foraggio per il bestiame. Negli ulti-mi anni la produzione biologica ha recuperato questa tradizione, offrendo ai mercati un prodotto molto apprezzato per il sapore. Si trovano nei negozi di alimentazione naturale come fagioli fre-schi di Montagna della Daunia o di Foggia.

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Fortificare le ossa e migliorare il metabolismo del sistema osteoar-ticolare è un ottima strategia che si può ottenere con il consumo delle prugne. Contengono acido cinnamico che ha una azione an-tidolorifica, aumentando anche la lubrificazione delle articolazio-ni e degli spazi vertebrali.

Secondo una ricerca della Tufts University di Boston, supportata da una sperimentazione clinica di dieci anni, questo acido organi-co insieme ai numerosi antiossidanti contenuti, favorisce il meta-bolismo del calcio nelle ossa e rinforza il sistema muscolare.

Ricche in potassio, le prugne agiscono favorevolmente anche sul-la tensione muscolare, favorendo il recupero e l’ossigenazione del-le fasce articolari. Il potassio è velocemente assorbito grazie al sorbitolo, così da essere subito disponibile per ossa, muscoli e ar-ticolazioni. Un consumo di prugne è dunque necessario durante la menopausa, in chi soffre di malattie articolari e per il dolore cronico.

Ricche di antociani, sostanze antiossidanti ed antietà, sono consi-derate il miglior alimento naturale di origine vegetale per contra-stare l’osteoporosi. Importante dunque inserirle nei regimi ali-mentari vegetariani e vegani.

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Prugne, la salute delle ossa con tanta dolcezza

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La prugna è parte integrante della cucina, della pasticceria e delle distillerie di Barbiano, borgo della Valle Isarco in Alto Adige, fa-moso per le produzioni biologiche. Nel paesino "della torre stor-ta" si dedica dall’8 al 15 settembre una settimana a questo frutto. I ristoranti di Barbiano servono piatti a base di prugne autocto-ne, nei negozi si vendono prodotti tipici come il pane alle pru-gne, la marmellata alle prugne, prugne fresche e secche. Sono of-ferte anche escursioni guidate e corsi di cucina con le prugne pro-tagoniste. La sera, festa dal vivo, con gli stand e il mercatino delle prugne. (Info 0471654411 Informazioni turistiche Barbiano).

Tra le diverse varietà di prugne, spiccano per apprezzamento e qualità le “Prugne di Terranova”, dai forti riflessi violacei. Coltiva-

te nel comune di Terranova Sappo Minulio (RC) vengono dette anche prugne dei frati poiché introdotte dal XVI secolo dai mo-naci benedettini celestini quando Terranova era un vasto Ducato. Già nel 1691 Padre Giovanni Fiore da Cropani nella sua “Della Calabria illustrata” elencava tra le prugne presenti in Calabria an-che “quelle dette di frati, quali sono molto nobili, e delicate”. Hanno la caratteristica di avere una polpa dolcissima con la buc-cia leggermente acidula, un contrasto che ne rende particolare il sapore e originale l’utilizzo anche in cucina. Si trovano da settem-bre in avanti anche nei negozi di alimentazione biologica. Un tempo frutto raro e in via di estinzione è stato negli ultimi anni recuperato e avviato ad una maggiore produzione.

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Un bulbo per la bellezza e che rinforza tutto l’organismo. Lo scalogno è un or-taggio dalle proprietà disintossicanti, grazie alle alte dosi di solfuro di allile, so-stanza depurativa e diuretica, nonché molto efficace come fluidificante del san-gue. Questa sostanza è contenuta anche nelle acque termali che vengono utiliz-zate per ripulire l’organismo da tossine e ridare tono alla pelle, energia e salute. Lo scalogno è anche ricco di silicio, sostanza con azione antiossidante a cui so-no attribuite efficaci proprietà anti invecchiamento. A completare il quadro, in-sieme depurativo e tonico, la presenza di fosforo, vitamine del gruppo B e provi-tamina A. Un’azione multipla di più sostanze benefiche benefiche che fanno scu-do contro le malattie, migliorano l’aspetto della pelle, aumentano l’energia psi-cofisica e eliminano colesterolo e trigliceridi. Una vera e propria cura di salute e bellezza, grazie a questo saporito bulbo. Contiene inoltre la quercitina, sostanza attiva sui capillari e sulla circolazione in generale, regolando la pressione sangui-gna. Un consumo di scalogno è molto indicato in chi ha bisogno di depurarsi, di perdere peso, di sentirsi meglio, soprattutto se l’estate è stata ricca di eccessi alimentari e di stress epidermici. Il nome deriva dal nome dell'antico porto di Ascalona, situato nella parte meridionale dell'odierno Israele poco a nord di Ga-za, da cui lo scalogno arrivò in Europa portato dai crociati. Questa località era famosa per questi bulbi, considerati medicamentosi prima che saporiti, tanto che l’intero territorio circostante era dedicato a questa coltivazione. Il Boccac-cio lo ricorda nelle sue novelle, ed anche Dioscoride descrive lo scalogno il “bul-bo Ascalonites” mentre Ovidio trattando dei tonici per i soldati, lo descrive co-me stimolante della forza e del coraggio. Lo scalogno fu apprezzato e coltivato nel giardino di Carlo Magno ed il suo uso andò diffondendosi durante il secolo XII in Francia. In Romagna è coltivato lo Scalogno IGP, una prelibatezza esporta-ta in tutto il mondo, spesso proposta sotto forme di salse, marmellate e composte.

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Scalogno: salute e sapore contro l’invecchiamento

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Un tempo alimento di sopravvivenza per molte popolazioni del-l’Appennino, oggi è un apprezzato frutto salutare, dalle capacità energetiche e rinforzanti del sistema nervoso ed immunitario. Ricche di magnesio e vitamina B6, aiutano il metabolismo a man-tenersi elevato. In particolare sono utili per la salute e la forza del-l’apparato osteoarticolare, tanto da essere un alimento medicina per le persone che soffrono di osteoporosi. Naturalmente senza glutine, sono un alimento energetico per le persone che soffrono di celiachia o di intolleranza al glutine, in quanto, grazie agli acidi grassi mono insaturi e agli amidi, forniscono energia in maniera costante ed equilibrata. Sono inoltre una eccellente fonte di sele-nio vegetale che dona rapidamente energia a livello del sistema nervoso. Le castagne sono dunque una sorta di eccitante neuro-muscolare, eccellenti a colazione o come spuntino tra un pasto e l’altro per mantenere elevato il livello energetico e la concentra-zione. Le castagne sono una gustosa fonte di arginina e serina, aminoacidi anti stress che hanno una funzione positiva sulla me-moria e sulla resistenza al surmenage fisico e mentale. Le casta-gne sono un alimento molto indicato per i bambini gracili e che si ammalano facilmente.

Le castagne sono un frutto molto valido nelle terapie alimentari di supporto per contrastare l’ansia, l’insonnia e gli stati di esauri-mento psicofisico. Sono ricche di aminoacidi attivi sul sistema nervoso, in particolare serina, treonina ed acido glutammico.

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Le castagne. Simbolo d’autunno e di salute a 360 gradi.

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Queste sostanze si attivano in maniera rapida ed efficace grazie anche alla sinergia con gli amidi che ne favoriscono l’assorbimen-to. Il risultato è quello di un aumento della produzione di seroto-nina, di favorire il rilassamento muscolare, della diminuzione del senso di stress e di ansia. A potenziare l’effetto riequilibrante sul-l’umore anche le vitamine del gruppo B in particolare la B3 e la B5, che aiutano l’organismo sottoposto a surmenage psicofisico. Ricche di magnesio che agisce in sinergia con il cloro, favorisco-no un buon sonno, se consumate a cena all’interno di un pasto non pesante. La sinergia tra questi due sali minerali, favorisce il rilassamento e contrasta gli stati caratterizzati da ansia e depres-sione. Sono particolarmente indicate per chi soffre della sindro-me stagionale per il diminuire di luce e temperature, per le don-ne in gravidanza, per chi si sente ansioso e a corto di energie.

L’autunno porta spesso con sé problemi di tipo neurovegetativo. Dall’insonnia, alla depressione, all’agitazione. Le castagne sono un valido aiuto per la loro ricchezza in magnesio che associato ad eccellenti quantità di acido folico, viene rapidamente assorbito. Le castagne si possono dunque considerare un alimento riequili-brante, calmante, adatto ai bambini irrequieti, alle donne in me-nopausa, a chi si sente particolarmente nervoso. Ad arricchire le qualità anti stress, i numerosi aminoacidi, attivi sia sulla muscola-tura, che sul sistema nervoso, come la leucina e la serina. Consu-mate in quantità non eccessiva la sera, dopo una cena frugale, aiu-tano ad avere un sonno più profondo e duraturo grazie alle vita-mine del gruppo B, agli amidi di facile digeribilità e all’azione del-l’acido glutammico, che aiuta la serotonina a funzionare al massi-mo delle capacità. Contengono anche rame e manganese, oligoe-

lementi anti ansia, che favoriscono il rilassamento muscolare, con-trastano l’eccesso di nervosismo e favoriscono un recupero dolce delle proprie energie, per chi si sente esaurito al risveglio.

 

L'Italia conta il maggior numero di castagneti in Europa, ma la castanea sativa è una pianta diffusa dall'Asia minore al Mediterra-neo, celebrata da Senofonte nel IV secolo a.C. come "albero del pane" e da scrittori latini quali Marziale e Virgilio. Nell'economia chiusa del Medioevo italiano la castagna divenne una delle coltu-re più importanti in Italia e oggi quella prodotta nel Mugello ha ottenuto il marchio Igp di "Indicazione geografica protetta". L'im-portanza della castagna nella cultura europea è testimoniata dagli

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itinerari che le hanno dedicato cinque nazioni: Grecia, Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Il percorso si può fare a piedi, in bi-ci, a cavallo o in macchina e si snoda tra i castagneti più antichi di ogni nazione. In Italia l'itinerario tocca in Emilia-Romagna, nell'area della Comunità Montana Appennino Modena Est, i co-muni di Zocca, Guiglia e Contese. (Info 3400073159; http://museodelcastagno.promappennino.it)

Tra le numerose sagre dedicate alle castagne che si tengono ad ot-tobre molto seguita è quella che si tiene a Roncegno Terme, cen-tro della zona di produzione di castagne della Valsugana. La tradi-zione della coltivazione della castagna a Roncegno è considerata una delle più antiche in Europa, in quanto diversi documenti sto-rici dimostrano che sia stata portati in questi territori dai Roma-ni. Stand, mostre mercato e spettacoli a fine ottobre ( Info:

0461727765; www.valsugana.info). Tutte le domeniche di ottobre è Marradi nell’alto Mugello toscano ad ospitare la festa che cele-bra con degustazioni e mercato la produzione IGP. Alla terre del-le castagne, ai suoi paesaggi, borghi e fitti boschi, è stato dedica-to un itinerario di turismo enogastronomico, denominato “La strada del marrone del Mugello”. Le aziende presenti su questo itinerario offrono al turista il piacere di conoscere ed apprezzare tutti i prodotti ottenuti dalle trasformazioni dei frutti e del legno del castagno e di avvicinarsi agli aspetti meno noti della filiera agro-alimentare, che culminano con la stagione della raccolta ad ottobre, a cui è possibile partecipare. (Info: 055 8042363; www.stradadelmarrone.it)

Secondo una leggenda umbra, le castagne sono un dono della fe-de di Santo Ubaldo, considerato il protettore dei castagneti. Gli uomini delle colline di Gubbio, esasperati dalla scarsità di cibo, decisero di scendere a valle. Ne informarono S. Ubaldo che vive-va fra loro per evangelizzarli. Il santo tentò di convincerli che a valle vi era abbondanza di cibo, ma anche nebbia e malaria. I montanari erano irremovibili. A S. Ubaldo non rimase altro da fa-re che inginocchiarsi e pregare Dio affinché mandasse a quella gente il pane.

Mentre si trovava sotto un grande albero frondoso, al termine della preghiera, un frutto cadde al suolo. Curiosi gli uomini lo rac-colsero ma rimasero delusi vedendo che era ricoperto di spine. S. Ubaldo però non si perse d’animo, benedisse la piccola sfera spi-nosa e quella improvvisamente si aprì a croce svelando tre piccoli frutti scuri e rotondi.

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I castagni sono considerati tra gli alberi più belli e longevi in Eu-ropa. Famoso è il plurimillenario castagno ubicato nel Parco del-l’Etna in territorio del comune di Sant’Alfio. Con i suoi 4000 an-ni, è considerato l’albero più antico d’Europa ed il più grande d’Italia. Misura circa 22 m di circonferenza del tronco, per 22 d’al-tezza. Il fondo dove sorge il castagno era di proprietà di alcune famiglie nobili e venne usato come luogo di conviviali e banchetti per ospiti illustri.

Nel 1965 l’albero fu espropriato e dichiarato monumento naziona-le. Si narra che la Regina Giovanna I d’Aragona con al seguito cento cavalieri e dame, coi loro cavalli, fu sorpresa da un temporale durante una battuta di caccia nelle vicinanze dell’albero e proprio sotto i rami trovò riparo con tutto il nu-meroso seguito. Il temporale continuò fino a se-ra, così la regina passò sotto le fronde del casta-gno la notte.

Tante le sagre dedicate alle castagne nel mese di ottobre in tutte le regioni italiane. A Valle di Soffumbergo (UD), nei primi 3 week end di ot-tobre, si tiene la Festa delle Castagne e del Mie-le di Castagno, per conoscere le piccole e dolci castagne del Carso. Info: 0432711000; www.prolocovalledisoffumbergo.it).

Nella frazione Montetortore, a Zocca (MO), si trova il Museo del castagno, che conserva carta-cei sul castagno e una banca dati informatica,

una mostra fotografica, gli antichi attrezzi degli agricoltori, gli og-getti domestici usati per lavorare e conservare le castagne. Il mu-seo è aperto nei festivi e tutt'intorno ci sono numerosi boschi do-ve la raccolta delle castagne è libera da fine settembre a tutto no-vembre. (Info 3400073159; http://museodelcastagno.promappennino.it). Grandi e consuma-te soprattutto lesse le castagne dei Monti Lepini (Lazio). Tutti week end di ottobre, tutti i borghi di questo territorio ad alto va-lore naturalistico ed enogastronomico, organizzano mostre mer-cato e sagre. (Info 0773889644; www.compagniadeilepini.it)

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Difendere il sistema immunitario, significa garantirsi una migliore qualità di vita. Le more sono considerate uno dei frutti più efficaci nel difendere l’organismo dalle infezio-ni e dalle malattie. Ricche di antiossidanti e acidi fenolici, sono considerate un potente antinfiammatorio naturale con una azione protettiva contro le malattie degenerative e l’invecchiamento cellulare. Sono una delle migliori fonti di vitamina C, durante la fine dell’estate e l’autunno, in quanto questa viene assorbita in maniera ottimale, grazie alla particolare struttura botanica. La vitamina C in sinergia con le alte dosi di vitamina K, favoriscono l’assorbimento del calcio e difendono dalle infezioni. Le more sono consi-derate un frutto protettivo, indicate per chi si ammala facilmente, per i bambini graci-li, per le persone in convalescenza. L’azione di rinforzo sul sistema immunitario, fanno delle more uno dei cosiddetti alimenti medicina, che favoriscono il mantenimento in salute dell’intero organismo. Sono considerate una delle migliori fonti di acido ellagico che contrasta i danni estetici e metabolici dei raggi ultravioletti. Consumare more, do-po la bella stagione e dopo una lunga esposizione al sole, permette di diminuirne i dan-ni e di prevenire macchie, secchezza e malattie della pelle. Il “rubus fruticosus” ha ori-gini nell’Africa meridionale e Virgilio così ne scrive: “è tempo di intessere canestri leg-geri con virgulti di rovo”. Narra la leggenda che Satana, cacciato dai cieli, precipitò in un boschetto di rovi. Era l’11 ottobre, ed ogni anno in tal giorno Satana esce dall’infer-no, e torna sulla terra per scagliare la sua maledizione contro il pungente cespuglio. Da questo momento, secondo la leggenda le more non sono buone, perdono il sapore, si coprono di ragnatele e di muffa. Sacro a Saturno, nel linguaggio dei fiori è simbolo di invidia. Cresce nei luoghi assolati e polverosi e non è amato dai contadini, in quanto considerato infestante. Un proverbio contadino fri-uliano afferma “Concedetegli uno spazio e vi arriverà fino sotto le coperte”. E’ anche simbolo presente nella tradizione templare, che si richiama alle spine con cui fu coronato il Cristo e ai frutti delle more che simboleggiano le grazie ricevute. Molti riti templari vedono la presenza sia dei rami del rovo che delle more, il cui succo sostituisce il vino benedetto, in alcune celebrazioni di purificazione.

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More lo scudo contro le malattie

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Non tutte le fibre dei vegetali  sono uguali, alcune sono attive sul primo tratto dell’apparato digerente, risultando sazianti, altre sull’ultimo tratto contrastando la stitichezza. Quelle dei funghi sono invece particolarmente versatili, riuscendo sia ad avere una eccellente azione antifame, sia ad agire con dolcezza sull’intesti-no pigro. Molta acqua, poche calorie e discrete quantità di fosfo-ro e potassio. Un identikit salutare che fa dei funghi, se cucinati con leggerezza o ancora meglio crudi, un arma efficace durante le diete dimagranti. Contengono inoltre lisina e triptofano, sostan-ze che contrastano la fame nervosa, donando energia psicofisica e benessere. Consumati come antipasto, aiutano ad assorbire in minore quantità i grassi saturi ed hanno una azione disintossican-te, in quanto stimolano i naturali processi di eliminazione delle tossine. Sono dunque particolarmente adatti nelle diete ipocalori-che strette e nei casi in cui il sovrappeso è associato a stitichezza e alti livelli di colesterolo. Sono inoltre una delle migliori fonti vegetali, per quantità ed assorbimento, di selenio, sostanza antios-sidante che preserva l’elasticità dei tessuti e agendo in sinergia con la vitamina B2, mantiene un buon funzionamento della tiroi-de. Una tiroide che funziona in maniera corretta, aiuta a perdere peso più velocemente, sentire meno la fame, contrastare gli accu-muli di grasso. Poche calorie ma accompagnate da aminoacidi e sali minerali. Così i funghi si presentano alla tavola autunnale, con le loro capacità depurative e disintossicanti. Sono una delle

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Funghi: dieta, depurazione, energia

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migliori fonti di fosforo di origine vegetale, che agisce sul meta-bolismo, stimolando l’eliminazione delle tossine, favorendo l’equi-librio acido-alcalinico del sangue e aiutando il sistema digestivo a liberarsi dalle tossine. Cucinati in leggerezza, sono un valido aiu-to nelle diete, perché le loro fibre hanno un alto potere saziante, che si manifesta nel primo tratto della digestione. Contengono inoltre lisina e triptofano due aminoacidi che sono carenti o po-co assorbiti nei cereali. Queste due sostanze, favoriscono il lavo-ro della tiroide, così da mantenere alto il metabolismo e favorire la perdita di peso durante i regimi dimagranti. Per le loro capaci-tà depurative dovute al mix di fibre, acqua e sostanze salutari, so-no particolarmente indicati quando ci sono eccessi di colesterolo

ed acido urico, nonché nel sovrappeso con ipertensione. In parti-colare i funghi sono utili per contrastare il colesterolo, in quanto le cosiddette ceneri, sostanze non assorbite dall’organismo e con-tenute nelle fibre, agiscono da spugne contro il colesterolo catti-vo, in particolare quando vengono consumati crudi. Spesso sotto-valutati o relegati al ruolo di contorno i funghi sono un alimento dall’elevato potere nutrizionale e salutistico. Sono una eccellente fonte di triptofano e lisina, aminoacidi energizzanti che favorisco-no il metabolismo delle proteine, fornendo forza fisica e senso di benessere. Essendo questi due aminoacidi piuttosto carenti nei cereali, sono fondamentali nelle diete vegetariane e soprattutto vegane. L’azione stimolante è potenziata anche dalle vitamine del

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gruppo B. Sono ricchi anche di fosforo e potassio che in sinergia con gli aminoacidi presenti rinforzano anche il sistema immunita-rio, favorendo la resistenza al cambio di stagione. I funghi sono dunque un alimento utile per gli sportivi, per gli adolescenti, per chi si sente a corto di energie psicofisiche. I funghi contengono inoltre un precursore della vitamina D, l’ergosterolo, che viene attivato dalla luce ultravioletta. Per chi con il diminuire delle ore di luce soffre di una vera e propria sindrome stagionale, l’ergoste-rolo dei funghi aiuta a ritrovare vitalità. I funghi che contengono maggiormente questa sostanza considerata attiva sull’umore e sul senso di energia fisica sono i funghi selvatici ed in particolare i gallinacci. Un'antica leggenda greca narra che l'eroe Perseo, dopo un lungo viaggio, bevve dell'acqua raccolta all'interno del cappel-lo di un fungo, che gli diede grande forza ed energia. Per questo motivo decise di fondare in quel posto una nuova città che chia-mò Micene, che deriverebbe così da mýkēs ovvero fungo, dando vita alla civiltà micenea. Nel Medioevo, soprattutto nel Galles, era diffusa l’idea che il demonio nei boschi assumesse le sembian-ze di un rospo gigante, facendo spuntare i funghi dal terreno e che si servisse di loro come sgabelli. Infatti ancora oggi il vocabo-lo inglese usato per un tipo di fungo velenoso è “toadstool” che significa sgabello del rospo. Molto spesso i funghi selvatici si tro-vano in cerchio. Shakespeare nel suo “La Tempesta” parlava di funghi in cerchio nei boschi di ottobre, attribuendoli a folletti, elfi e fate dei boschi. Secondo la tesi scientifica questo fenomeno è dovuto alle spore le quali tendono a propagarsi circolarmente dal punto di origine come i cerchi che si formano nell’acqua quan-do gettiamo un sasso. Nell’Antica Grecia, i funghi erano protago-nisti del mito di Perseo. La leggenda narra che l’eroe dopo un lun-

go viaggio, estrasse dal terreno un fungo dal quale sgorgò l’acqua di una sorgente sotterranea e decise di fondare lì una nuova città, quella di Micene, dal greco mykes, fungo. Per quanto deliziosi i funghi possono essere anche molto pericolosi e lo sapevano bene già gli antichi Romani che, se da una parte li ritenevano “cibo rea-le” tanto da chiamare il prelibato ovulo col nome di Amanita Ce-sarea (degno di un imperatore), dall’altra li identificavano come simboli di morte. Da qui il termine latino fungus, ovvero portato-re di morte. Nel Medioevo, principalmente nelle terre anglosasso-ni, era diffusa l’idea che il demonio si aggirasse per i boschi assu-mendo le sembianze di un rospo gigante, facendo spuntare a suo piacimento i funghi dal terreno, si servisse di loro come sgabelli. Non a caso il vocabolo inglese usato per i funghi velenosi è “toad-stool” che letteralmente significa sgabello del rospo. Ancora oggi invece si continua a credere alla leggenda dei cerchi delle streghe. Ai cercatori di funghi infatti, sarà capitato di vederne alcuni cre-

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scere in cerchio negli spiazzi erbosi, uno vicino all’altro là dove l’erba fosse anch’essa distribuita in maniera circolare e in modo uniforme. Questo fenomeno naturale inaspettato e suggestivo ha dato adito al nascere di fantasie per le quali i funghi spuntano in cerchio là dove hanno avuto luogo le danze notturne delle stre-ghe. Lo stesso Shakespeare nel suo testo teatrale “La Tempesta” parlava di questi cerchi erbosi attribuendoli a folletti, elfi e fate dei boschi. Secondo una leggenda, l'eroe Perseo, dopo un lungo viaggio, trovandosi stanco ed assetato, si dissetò con dell'acqua raccolta all'interno del cappello di un fungo; per questo motivo

decise di fondare in quel posto una nuova città che chiamò Mice-ne (dal greco mykés = fungo), dando vita alla civiltà micenea. Inve-ce nella Roma antica il fungo, pur apprezzatissimo per le sue qua-lità culinarie (ad esempio l'Amanita caesarea), diventò anche sim-bolo di morte, ed infatti il termine fungus indicherebbe "portato-re di morte" (dal latino funus = morte e ago = porto, portare). So-no vari gli episodi tra leggenda e realtà legati alla concezione fune-sta dei funghi. Si narra ad esempio che l'imperatore Claudio era così ghiotto di funghi che morì proprio a causa di questi: la mo-glie Agrippina, conoscendo questa sua debolezza culinaria e desi-derando mettere sul trono, al suo posto, il figlio di primo letto Nerone, lo avrebbe fatto avvelenare proprio con dei funghi vele-nosi. La mitologia nordica, invece, narra che una volta Odino era inseguito dai diavoli e le gocce di bava rossa che cadevano dalla bocca di Sleipnir, il suo mitico cavallo a sei zampe, si trasformaro-no magicamente in funghi rossi. In Siberia, come racconta James Arthur, un etnobiologo di fama internazionale, gli sciamani usava-no e usano il fungo Amanita muscaria come un sacramento reli-gioso e sarebbero legati alla figura mitologica di Babbo Natale. Tra i vari funghi che per tutto l’autunno vengono proposti in fiere e sagre, molto apprezzato è il chiodino di Dello nel bresciano, ter-ritorio famoso per le produzioni biologiche. Una sagra tradiziona-le che da anni ripropone questa eccellenza del sottobosco che rag-giunge anche i 20 cm di altezza, apprezzata per il sapore e cono-sciuta per il profumo particolarmente intenso. I chiodini di Del-lo, sono considerati dagli esperti micologi, i più profumati in asso-luto delle varietà italiane. L’ultima settimana di ottobre nel cen-tro storico del paese, si potra riscoprire per scoprire la gastrono-mia locale accompagnata ai funghi chiodini e dalle eccellenze eno-

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La frutta può avere sullo stomaco diverse azioni a secondo della propria composizione. Le pere mature sono alleate del buon fun-zionamento dell’intero apparato digerente. Ricche di quercitina, sostanza che normalizza il ph gastrico, le pere iniziano la loro azione benefica sin dalla bocca. Gli acidi della frutta si liberano già durante la masticazione, favorendo la salute di gengive e lin-gua. Le fibre sono immediatamente attive nel primo tratto dello stomaco, per cui, sempre ben mature, leniscono l’acidità e sono particolarmente indicate nel reflusso esofageo anche con ernia iatale. Ricche di manganese e folati, stimolano fegato, bile e pan-creas, in modo da avere sia una buona digestione che un efficace assorbimento delle sostanze nutritive. Per questa caratteristica possono essere mangiate anche dopo pasto o accompagnare insa-late e verdure cotte. Una recente ricerca della Cornell University a New York ha mostrato come la pera sia il frutto più ipoallerge-nico e che meglio viene digerito. Per questo le pere sono indicate anche nella colite con o senza diarrea e in tutte le sindromi inte-stinali. Le delicate fibre sono infine attive nell’ultimo tratto del-l’intestino, così da contrastare la stitichezza in maniera delicata.

Le pere possono essere un alimento strategico in una dieta ipoca-lorica che oltre alla perdita di peso voglia ottenere un abbassa-mento della pressione ed una generale disintossicazione. Le pere hanno un alto potere saziante grazie alla combinazione di acqua, calcio e pectine. Le pectine delle pere si attivano subito dopo l’in-

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Pere per la dieta, per depurarsi per la salute dello stomaco

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gresso nello stomaco. Questa particolare situazione le rende mol-to sazianti ma anche rapidamente energetiche nonché molto effi-caci da mangiare come dopo pasto, quando questo è stato partico-larmente povero di calorie. Gli zuccheri delle pere si attivano al contrario molto lentamente permettendo il controllo della glice-mia e del senso di benessere psicofisico, messo a dura prova dalle diete dimagranti. Sono anche ricche di fosforo e potassio che hanno una forte azione diuretica, particolarmente mirata all’elimi-nazione dell’acido urico. Le pere possono costituire un valido so-stituto di spuntini e merende, un ingrediente saporito e versatile per rendere più sazianti insalate e contorni di verdure. Povere di sodio sono particolarmente indicate quando il sovrappeso è asso-ciato a pressione alta e problemi circolatori.

Quando i livelli di intossicazione dell’organismo, sono la soglia di malattie, consumare frutta disintossicante, depurativa e contem-poraneamente salutare come le pere, è una scelta ottima. Le pere sono ricche di pectina che agisce fin dallo stomaco, proseguendo la sua azione di contrasto di assorbimento dei grassi, di elimina-zione delle scorie, di facilitare l’evacuazione intestinale. E’ uno dei pochi frutti che è bene mangiare a fine pasto per la sua azio-ne disintossicante e per la sua facile digeribilità. La tanta ed atti-va pectina delle pere, regola il passaggio del glucosio dall’intesti-no al sangue, contribuendo a tenere sotto controllo il livello di glicemia. Ricche di potassio e povere di sodio, sono ideali per chi soffre di un’elevata pressione arteriosa A rendere ancora più effi-cace, l’azione disintossicante sono le spiccate proprietà diureti-che che aiutano ad eliminare l’acido urico e il colesterolo. All’azio-ne spazzino sulle tossine, si associa quella nutriente grazie a un

ricco corredo di vitamine del gruppo B e zuccheri semplici ed energetici. Un consumo di pere, come spuntino e merenda, sono l’ideale per chi si sente carico di tossine e scarico di energie.

Le pere che naturalmente maturano con i primi freddi e le asciut-te giornate di novembre, sono tra le più dolci dell’anno. In que-sto periodo arriva sul mercato la Rosada, riconoscibile per la for-ma tondeggiante e la buccia di colore giallo-rosato. Croccante succosa e zuccherina, la Rosada si conserva molto bene ed è una eccellenza della produzione biologica. Sempre nel campo biologi-co da diversi anni è sempre più diffuso il consumo delle William tardive, che compaiono in questo periodo. Molto succose, sono ideali per le pappe dei bambini, per i succhi. Ottime anche l’au-tunnale Decana del Comizio, grosso frutto dalla forma tondeg-

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giante, selezionata ad Angers, in Francia, all'inizio dell'Ottocen-to. Per la sua polpa dolce, gustosa, ma anche compatta, questa pe-ra si presta ottimamente alla cottura, in particolare nella prepara-zione di marmellate e crostate. Succosa, ricchissima di vitamine, dal sapore eccellente e sempre più presente nei reparti bio, la Conference, dalla caratteristica polpa color avorio, presente da novembre per tutto l’inverno. In autunno nei negozi bio e nei mercati a km zero è possibile trovare le pere selvatiche o sponta-nee. Molto apprezzata è la pera cocomerina, molto piccola e con un profumo molto forte che ricorda le sorbe. Dalla polpa rossa, è diffusa sull'Appennino Tosco-Romagnolo. Dalle colline romagno-le arriva invece la pera volpina, selvatica, molto saporita, piccola con la polpa dura e granulosa. Povera di acqua e zuccheri, è mol-to croccante e adatta per essere utilizzata nelle insalate o per esse-re cucinata in salse e marmellate. La pera madernassa, è invece da cuocere, anche se si può mangiare cruda quando è matura. Un tempo coltivata in molte zone del cuneese, oggi l'area di produ-zione è limitata alle zone del Roero e della Valle Grana ed è cuci-nata fatta a fatte e messa in teglia ad arrostire in forno. E’ possibi-le ritrovarla in molti negozi bio, in quanto è molto apprezzata per il sapore. La pera è un frutto antichissimo, conosciuto fin dal-la Preistoria che veniva coltivata già da più di 4000 anni in Euro-pa e in Asia, e veniva consumata dai greci e dai romani, che ne conoscevano moltissime specie diverse. Secondo una leggenda Polifemo, per fare colpo sulla bella ninfa Galatea, pensò di canta-re le sue ricchezze: terreni, boschi, spiagge, greggi, esaltando pe-rò particolarmente un frutteto di pere. Anche Omero nell'Odis-sea nomina il pero fra le piante esistenti nell'orto di re Alicnoo a Laerte. In epoca romana Catone e, soprattutto, Plinio danno indi-

cazioni precise sulla diffusione del pero, a testimonianza della considerazione in cui era tenuto questo frutto. Ai tempi di Cato-ne le cultivar conosciute erano appena 6, ma già due secoli più tardi Plinio ne menziona 40. In seguito, l’assortimento cresce enormemente fino a raggiungere le 5.000 varietà conosciute og-gi. Dall’epoca romana in poi la coltura del pero si espande in tut-ta Europa, in particolare in Belgio e in Francia, anche se è l’Italia la prima in Europa per la coltivazione biologica. Nel Settecento dall’Italia arriva la moda delle pere come dolci da passeggio. Gli ambulanti chiamati Peracottari, le vendevano cotte, ricoperte di caramello e infilzate su un bastoncino per poterle mangiare per la strada. Oggi la parola peracottaro ha assunto un valore dispregia-tivo, a definire chi offre servizi di poco valore e lavora in maniera poco professionale.

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Le fibre del topinambur sono un eccellente sostegno in tutte le diete dimagranti. Grazie alla loro particolare composizione bota-nica, regolano il livello glicemico, così da favorire la perdita di pe-so, senza intaccare il livello energetico.

L’inulina contenuta in questo particolare tubero, è saziante e velo-cemente attiva nella parte alta dello stomaco. L'inulina, uno dei componenti fondamentali, serve per migliorare la digestione ed è indicata per la riduzione della formazione di gas a livello intesti-nale.

Questa fibra comporta uno spiccato aumento nel tratto intestina-le della presenza di Bifidobatteri e Lattobacilli, fermenti lattici importanti per una corretta digestione e per la salute del colon ed una contemporanea e massiccia diminuzione del numero dei batteri nocivi.

Questa azione riequilibrante contrasta la stitichezza e tiene alto il metabolismo. Contiene inoltre arginino, un aminoacido che sti-mola il sistema immunitario.

Questa duplice azione, permette di perdere peso più velocemen-te quando si è a dieta. Il consumo di topinambur è particolarmen-te indicato nelle persone con sovrappeso associato a diabete e problemi cardiovascolari.

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Topinambur amico della dieta alleato dei diabetici

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La ricchezza di potassio in sinergia con piccole ma ben assorbite dosi di provitamina A, favorisce il senso di benessere e aiuta gli organi dell’apparato digerente ad eliminare tossine.

La sostanza più attiva del topinambur è uno zucchero speciale si-mile al fruttosio, l’inulina (che ha la proprietà di essere assorbito dall’organismo senza pesare sull’attività del pancreas, attività compromessa nei diabetici e nelle persone in sovrappeso.

Per il diabetico, per chi ha problemi di cali glicemici o di obesità, questo zucchero migliora in maniera rapida il rifornimento di gli-cogeno che è una sostanza di riserva, da parte del fegato.

Un alimento dunque che non cura il diabete ma ne contrasta in maniera efficace e veloce, tutte le patologie correlate. E’ inoltre una fonte di biotina, la vitamina H, resistente alla cottura, che contrasta la stanchezza, la mancanza di energia mentale, la resi-stenza fisica.

Un consumo di topinambur è consigliato in tutte quelle persone che hanno familiarità con il diabete, che hanno la glicemia alta, che consumano molti zuccheri raffinati. Questa salutare radice contiene anche l’inulase un fermento vegetale che aiuta la dige-stione, riequilibra l’acido gastrico ed è un pronto rimedio per l’acidità gastrica e il reflusso esofageo.

Da diversi anni ha fatto la comparsa nei negozi, soprattutto bio, il succo essiccato di topinambur. E’ considerato il dolcificante ideale per i diabetici e per coloro che seguono regimi alimentari particolari legate a intolleranze, all’indice glicemico e gruppi san-guigni. L’alto contenuto di inulina rende il topinambur adatto alla

dieta dei diabetici, inoltre essendo l’inulina uno zucchero legato fortemente alla componente amidacea e delle fibre, ha un basso contenuto calorico, ideale per le diete ipocaloriche.

Viene consigliato anche in situazioni di stress e durante l’uso di antibiotici, in quanto stimola il sistema immunitario e regola la flora intestinale. Ideale nei succhi o bevande, nel muesli, nei dol-ci, con paste e biscotti e dove di solito si usa lo zucchero.

Tanti i soprannomi del topinambur, che si pronuncia con l’accen-to sulla u, come l’omonima tribù amazzonica, da cui si credeva provenisse. Tra i più curiosi, “pera di terra”, “tartufa bastarda” “carciofo di Gerusalemme” per questo tubero originario in realtà

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del Canada e del Nordamerica, dove cresce spontaneo lungo i fiu-mi ed è considerato infestante . Attualmente è coltivato anche biologicamente in Italia, in Piemonte, Veneto e Toscana. Germa-nia, Francia e Belgio sono però i maggiori produttori e consuma-tori, in quanto in Italia è ancora un prodotto di nicchia, conosciu-to più per i fiori che come quelli del girasole si voltano verso il so-le, che per le proprietà nutrizionali.

In Piemonte è tradizionalmente usato co-me verdura da servire con la“bagna cau-da” ed è chiamato ciapinabò.

Il topinambur appartiene alla famiglia del-le Asteracee, come il girasole e giunse in Europa dalle Americhe. Grazie al botani-co Fabio Colonna abbiamo la prima testi-monianza scritta nel 1616 che lo indicava come Flos solis farnesianus.

Il nome farnesianus deriva dal fatto che la pianta fosse la pianta simbolo presso il Giardino Farnese di Roma, conosciuta con il nome di girasole articiocco. Da Ro-ma la pianta fu esportata in Inghilterra dove fu battezzata Jerusalem artichoke, per una storpiatura dell’italiano ‘Giraso-le’. I tuberi vengono chiamati anche pere di terra, in particolare in Russia, dove è popolare la storia che racconta della pro-digiosa guarigione dello Zar Pietro I det-

to il riformatore, curato per una malattia renale grave con tuberi di topinambur, salvandolo quando ormai era in punto di morte.

All’inizio della diffusione in Europa, il topinambur ebbe molto più fortuna delle patate. Dalla tradizione culinaria piemontese, arriva l’uso crudo e con la buccia del topinambur, nel misto di ver-dure che accompagna la bagna caoda.

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Pur essendo molto calorica, la mandorla è un frutto molto salutare in particolare per il sistema nervoso. L’accoppiata tra il tanto magnesio e i grassi Omega 3 ed Ome-ga 6, agisce sui livelli dell’umore e sulla produzione di melatonina e sull’equilibrio della serotonina. Il consumo di mandorle aiuta a contrastare sia l’ansia che la depres-sione, in particolare quando sono associate ad insonnia e disturbi della memoria. Consumate a colazione o come snack, mantengono alto il livello energetico per tut-ta la giornata, favorendo nel contempo il rilassamento mentale e fisico. Sono inoltre ricche di riboflavina e di carnitina, sostanze che sono da anni studiate per la prote-zione del sistema nervoso dalla arteriosclerosi e dall’Alzheimer. Queste sostanze hanno inoltre la capacità di stimolare il tono fisico e mentale. Sono importanti nella dieta di chi affronta la menopausa per contrastare la sindrome neurovegetativa che accompagna questo periodo della vita delle donne. Per la loro capacità di stimolazio-ne neurologica, grazie anche alla vitamina E, nonché di diminuire lo stato ansioso, sono particolarmente indicati durante lo studio e nei periodi di iperattività intellet-tuale. Secondo una antichissima leggenda il mandorlo nacque da uno di quegli amo-ri disperati che vedevano protagonisti gli eroi, gli uomini e gli dei. Gli antichi Greci narravano che Fillide, una principessa Tracia, incontrò Acamante, figlio di Teseo, sbarcato nel suo regno per una sosta durante la navigazione verso Troia. I due giova-ni si innamorarono perdutamente ma Acamante fu costretto a proseguire con gli Achei per combattere nella guerra di Troia. La giovane principessa, dopo aver atteso dieci anni che finisse la guerra, non vedendolo tornare con le navi vittoriose si lasciò morire di sete per la disperazione. La dea Atena, commossa da questa struggente storia d’amore, decise di trasformare Fillide in uno splendi-do albero di mandorlo. Acamante in realtà non era morto e quando seppe che Fillide era stata trasformata in albero abbracciò la pianta che per ricambiare le carezze fece prorompere dai suoi rami fiori anziché foglie. Acamante divenne così immortale per ripetere questo abbrac-cio ad ogni primavera, per l’eternità.

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Mandole il sapore dolce del rilassamento

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Ortaggi e vegetali vengono spesso celebrati per le proprietà protettive ma meno per le capacità energetiche. Nel caso della zucca si può inve-ce parlare di un vero e proprio energizzante fisico e mentale, che so-stiene l’organismo nel difficile percorso autunnale. La ricchezza in pro-vitamina A fa di questo versatile ortaggio, uno stimolante di tutte le funzioni metaboliche. Migliora la digestione, alleggerendo fegato, pan-creas ed intestino e reni dalle tossine. L’azione tonificante è anche a livello fisico, grazie alla ricchezza in rame e soprattutto di zeaxantina, una sostanza protettiva per gli occhi ma che favorisce anche il recupe-ro muscolare. Il consumo di zucca è dunque indicato sia negli sportivi che nelle persone che si sentono sotto tono e si ammalano facilmente. Il rame in particolare aumenta il senso di benessere fisico. La zucca è una delle migliori fonti vegetali di vitamina B5, velocemente e ben as-sorbita, grazie alle particolari fibre. Questa vitamina favorisce il benes-sere mentale, aiutando il corpo a rilassarsi, contrastando anche l’ansia. In sinergia con il potassio e il fosforo, favorisce l’acuità mentale, risul-tando essere un saporito e salutare aiuto per chi studia e per chi è sot-to pressione. Ricca di mucillagini lenitive per la parete dell’intero ap-parato digerente, la zucca agisce spegnendo infiammazioni e bruciori a partire dall’esofago. L’azione calmante e antispastica è dovuta anche al carotene che aiuta il ph gastrico a riequilibrarsi e favorisce la cica-trizzazione delle piccole lesioni. L’azione distensiva sullo stomaco pro-segue anche nel primo tratto dell’intestino, grazie ad una sostanza chiamata cucurbitina, che ha azione disinfettante e rilassante sulle an-se intestinali. Il consumo di zucca, sia cruda che cotta è molto indica-

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L’arancio della salute contro il buio dell’autunno

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ta nei casi di colite, dolori addominali, meteorismo, gastrite ed esofagite da reflusso. La zucca ha marcate proprietà antidiabeti-che come rileva un importante ricerca realizzato da un gruppo di scienziati dell'Università del Massachusetts e pubblicato sul "Jour-nal of Medicinal Food". La zucca grazie alla combinazione di zin-co, fosforo ad alta e veloce disponibilità e di provitamina A, man-tiene stabile il livello glicemico per lungo tempo. L’inserimento della zucca nel periodo autunnale nella propria alimentazione è dunque particolarmente utile per chi associa problemi di stoma-co, obesità e diabete. La zucca soddisfa pienamente il bisogno di consumare cibi ricchi di sostanze nutrizionali di alto valore e di facile assorbimento. Pochi ortaggi riescono a migliorare la salute, proteggere l’intero organismo, donare energia e bellezza come la zucca. Ricca di betacarotene e vitamine del gruppo B, è il sole della salute contro i mali d’autunno. Queste sostanze agiscono a 360° su tutti gli organi favorendo la ripresa energetica. E’ anche ricco di zinco e selenio, oligoelementi che agiscono sul sistema nervoso e sulla pelle, migliorando la performance del sistema im-munitario. Sono così tante le proprietà salutari della zucca che volendo descriverla con una sola parola si potrebbe definire antie-tà. Con le sue proprietà antiossidanti, rallenta l’invecchiamento cellulare e velocizza i processi di guarigione. Ideale dunque per chi soffre di esaurimento psicofisico o si ammala spesso. Contie-ne anche preziosi aminoacidi come il triptofano e l’arginina che contrastano in maniera efficace i radicali liberi, proteggono il si-stema nervoso e sono coinvolti nei meccanismi ormonali alla ba-se del sonno e dell’umore. La zucca è presente nella lingua italia-na e nei dialetti con diverse espressioni. “Avere sale in zucca” è forse la più famosa per descrivere qualcuno davvero differente

dalla media delle persone. L’espressione “Essere uno zuccone” è sempre legata all’intelligenza delle persone ma questa volta in ma-niera negativa. Nel mondo anglosassone è la tradizione delle lan-terne di Halloween a dominare. Comunemente conosciute co-me  Jack-o’-lantern, ovvero la lanterna di Giacomo, questi origi-nali impianti di illuminazione dai volti mostruosi e sguardi ag-ghiaccianti si fanno strada sulle verande e i balconi con il solo sco-po di  allontanare streghe e spiriti. Secondo la tradizione questa usanza si diffuse nel 1500 usando le grandi rape ma nel 1845 una carestia colpì le brughiere d’Irlanda costringendo gran parte della popolazione ad emigrare in America, portando con sé le loro tra-dizioni. Durante l’insediamento le rape furono sostituite con le zucche data la difficoltà di reperimento. Tra le tante feste autun-nali dedicate alla zucca, la più seguita anche dai vicini austriaci e sloveni è quella che si tiene a Venzone a fine ottobre, nell’alto Fri-uli. Le zucche di questo territorio, distretto di eccellenze biologi-

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che, sono famose per il colore arancio molto chiaro e per il sapore forte e dolce allo stesso tempo. La Festa della Zucca è una manife-stazione enogastronomica ma anche molto goliardica che interpre-ta le antiche storie del Friuli. Le zucche vengono poste dappertut-to: in piazza, nelle vetrine, nelle locande e taverne, sulle bancarelle e preparate in ogni maniera dal contorno, ai primi, secondi e dolci. Saranno messe in mostra zucche di ogni forma e dimensione, misu-rate con lo zuccometro, cercando di superare il record di 251 kg. Gli stand saranno diffusi per tutto il centro storico e le taverne tipiche friulane offriranno menù a base di zucca. Nei mercati saranno an-che in vendita composte di zucca, semi e olio di zucca. Info: 0432985034; www.prolocovenzone.it .Nel mese di ottobre, arriva nei negozi di alimentazione biologica, la pregiata zucca santa, dalle Valli bellunesi. Da prodotto di nicchia quasi estinto, in pochi anni ha conquistato il mercato delle produzioni tipiche. La Zucca Santa

Bellunese è un'antica varietà, che nel passato ha caratterizzato la lo-cale economia rurale domestica. In tutte le famiglie contadine bellu-nesi delle diverse vallate dolomitiche, era consueta la coltivazione e consumo. Questa varietà grande a forma appiattita, presenta una polpa di colore giallo arancio, turgida, priva di fibrosità, di sapore eccellente e molto dolce. Semplicemente lessata, al forno, in umi-do, in zuppa e risotti o ovviamente nella preparazione dei raffinati e famosi "gnocchi di zucca bellunesi”. Per conoscere questa apprezza-ta e pregiata varietà, nel primo week end di ottobre a Caorera, pic-colo borgo collinare del comune di Vas (BL) c’è la sagra della zucca santa, dove vengono serviti piatti esclusivamente a base di zucca, gnocchi, crespelle, lasagne, risotti e tagliatelle, zucca in umido co-me contorno, pane, torte biscotti, dolci e persino gelato. E’ possibi-le inoltre acquistare marmellate, sughi per risotti e pasta, grappa aromatizzata alla zucca. (Info 3420682111 Pro Loco Caorera). Nelle culture indigene dell’America centrale, la zucca ha sempre avuto un ruolo centrale, tanto che secondo la mitologia locale dalla zucca de-riverebbero tutti gli oceani. La leggenda narra la storia di un uomo potente chiamato Iaia e della morte del suo unico figlio che venne seppellito in una zucca gigante posta ai piedi di una montagna. Do-po qualche tempo il padre tornò a fare visita alla tomba del figlio, ma aprendo la zucca del corpo non vi erano più tracce e al suo po-sto trovò dell’acqua con dei pesci che nuotavano dentro. Spaventa-to richiuse la zucca e tornò al suo villaggio. Quattro fratelli che vive-vano nella cittadina, convinti che all’interno della zucca fossero cu-stoditi immensi tesori, decisero di rubarla, ma vennero colti in fra-grante dallo stesso Iaia mentre la stavano sollevando. Spaventati dal suo arrivo lasciarono cadere la zucca che si ruppe in tanti pezzi e l’acqua che vi era all’interno fuoriuscì formando gli oceani e i mari.

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Riprendendo i normali ritmi lavorativi dopo le vacanze, l’organi-smo richiede un surplus di energia che le nocciole possono dare in maniera veloce e salutare. Come tutta la frutta secca sono ric-che di acidi grassi Omega 6, che favoriscono il metabolismo ener-getico e disintossicano l’organismo da eccessi di tossine, in parti-colare colesterolo e trigliceridi. Le nocciole hanno però un arma in più che sono gli Omega 3, normalmente presenti nelle alghe e nel pesce. Questi acidi grassi hanno una funzione antiossidante particolarmente potente e rapida che si traduce in energia psicofi-sica immediata. Un consumo di nocciole è dunque molto indica-to per chi soffre di stanchezza cronica, nei bambini durante la crescita, nei periodi di affaticamento mentale e fisico ed in parti-colare per gli sportivi. Sono il frutto più ricco di vitamina E e sele-nio, elementi che contribuiscono sia nell’azione energetica che in quella disintossicante. Pur essendo molto caloriche sono molto digeribili grazie anche alla presenza di flavonoidi dall’azione an-tinfiammatoria. Ricche anche di calcio e vitamina B6 possono co-stituire la base di una colazione davvero energetica per chi al mat-tino fa fatica a carburare ed affrontare la giornata.

Le più recenti ricerche hanno innalzato le nocciole in quel ristret-to gruppo di alimenti medicina, che riescono ad avere una funzio-ne protettiva sull’invecchiamento dell’intero organismo. Un frut-to allunga vita, grazie alla capacità naturale di far ben assorbire le sostanze nutritive di pregio. In primis la vitamina E, che grazie

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Nocciole, salute, forza e bellezza racchiuse in un guscio

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alle particolari fibre è assorbita in maniera eccellente. Poche noc-ciole consumate a colazione o come spuntino, coprono l’intera dose raccomandata giornaliera. Questa vitamina in sinergia con gli acidi grassi, agisce su tutto l’organismo, dalla pelle, al sistema nervoso, dagli organi riproduttivi al cuore. La nocciola favorisce i meccanismi metabolici che fanno funzionare al meglio l’organi-smo. Il consumo di nocciole è dunque velocemente percepito dal corpo come una sferzata di energia psicofisica. Ideale per le don-ne in gravidanza e per i bambini, le nocciole sono la migliore sor-gente alimentare di zinco, che protegge sia l’uomo che la donna, nella menopausa e nell’andropausa. Frutto ricco di proteine della famiglia delle globuline, favorisce il recupero fisico e mentale e sono dunque indicate alle persone sotto stress. Importanti nel-l’alimentazione vegetariana, indispensabili in quella vegana, con-trastano le malattie da raffreddamento che arrivano con i primi freddi. Una fonte senza paragoni di vitamina E, grazie alla siner-gia con la B1 che ne permette un efficace assorbimento. Nutre at-traverso queste vitamine la pelle, migliorando il metabolismo idri-co, contrastando la secchezza della cute. Le nocciole si possono considerare dei veri e propri antiage naturali, per la capacità di nutrire la pelle, migliorandone il tono e la luminosità. A rendere ancora più interessante l’uso delle nocciole per contrastare i se-gni del tempo, la ricchezza in acidi grassi insaturi, tra cui oleico e linoleico, che oltre che sul derma agiscono anche sulla circolazio-ne e sui capelli. Sono particolarmente indicate nelle pelli sensibi-li, con couperose, nella fragilità dei capelli che interessa tante per-sone durante questo periodo autunnale. Sono inoltre ricche di fo-sforo, elemento che oltre ad avere le note capacità di aiutare il sistema nervoso, rivitalizza il meccanismo di ricambio cellulare

più esterno, favorendo la tonicità del derma e l’idratazione. Un consumo di nocciole, a colazione, oppure come energetica e nu-triente merenda, può essere il pilastro di una strategia alimentare antirughe, anti secchezza e per la lucentezza e vitalità dei capelli.

Al tempo dell'antica Roma si usava donare piante di nocciolo per augurare felicità. Ugualmente accadeva in Francia dove la pianta veniva donata agli sposi come simbolo di fecondità. Nella cultura e nella lingua anglosassone il termine equivalente, Hazel è utiliz-zato come nome proprio o vezzeggiativo. Hazel è, ad esempio, intitolata una canzone del cantante Bob Dylan contenuta nell'al-bum Planet Waves mentre Hazel Grove (Boschetto di nocciole) è il nome di una cittadina nelle vicinanze di Manchester, nell'Inghil-terra nord-occidentale. Le nocciole italiane più pregiate sono la Tonda gentile Trilobata (conosciuta anche tonda gentile delle Langhe), la Tonda di Giffoni, la Tonda gentile romana, la Morta-

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rella e la Tonda tardiva. La produzione di olio di nocciole biologi-co, soprattutto nelle Langhe, è diventata una eccellenza ricono-sciuta in tutta Europa, tanto che il mercato di questo prodotto si è quintuplicato negli ultimi 5 anni, assorbito quasi completamen-te dall’esportazione verso la Germania e la Scandinavia.

I Celti consideravano le nocciole "contenitori della sapienza e della saggezza interiore", capaci di procurare la conoscenza delle arti e delle scienze segrete. Infatti la nocciola in lingua celtica era chiamata Coll, e considerata il simbolo della saggezza. In Germa-nia si narrava che, adoperando delle bacchette di nocciolo, era possibile obbligare le streghe a restituire la fecondità ad animali e piante ai quali l’avevano tolta con i loro sortilegi. I Germani ave-

vano consacrato il Nocciolo a Thor, dio dei tuoni . Questi crede-vano che, in caso di temporali, trovare ricovero sotto un nocciolo avrebbe potuto scamparli dai fulmini. Per i Romani, donare pian-te di nocciolo era augurio di pace e prosperità, per questo in occa-sione delle nozze si distribuivano nocciole per augurare fecondità agli sposi. Nel Medio Evo il legno di nocciolo era usato per met-tersi in contatto con il Demonio o comunque per invocare le for-ze del male. Sempre durante il Medioevo un ramo di nocciolo, re-ciso da un coltello mai usato, era lo strumento utilizzato per par-lare ai morti o per evocare una persona scomparsa. Il legno di nocciolo è utilizzato oggi per i bastoni dei rabdomanti al fine di individuare più facilmente vene d’acqua. Tra le altre curiosità, si può notare come il ramo del Nocciolo con attorcigliati due ser-penti sia il simbolo della Medicina. L’Irpinia è considerata la ter-ra del nocciolo, diffuso da millenni nel Vallo di Lauro e Baianese, Valle del Sabato, area del Partenio, Valle Caudina. Sono tre le va-rietà di questo territorio, riconosciute dal Ministero delle politi-che agricole come prodotto agroalimentare tradizionale italiano e che si trovano anche nella versione biologica per tutto l’autun-no nei negozi specializzati.

La Mortarella - La nocciola Mortarella campana ha una dimen-sione piccola con frutti anche non uniformi, il guscio medio-sotti-le, di colore marrone brillante. La forma è leggermente allungata, si distingue per la pellicola interna facilmente staccabile. La pol-pa è di colore bianco-avorio, consistente ed aromatica. Quando viene tostata ricorda i sentori di crosta di pane e caramello.

La Camponica - Denominata anche la Tonda, la nocciola Cam-ponica ha una forma sferica, il seme è grande ed ha una polpa so-

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da, bianca, con la pellicola facilmente staccabile dopo la torrefa-zione. E’ considerata la nocciola più saporita delle produzioni me-diterranee.

La San Giovanni - Detta anche sangiovannara o sanjovanna, si presenta con una forma quasi cilindrica e con consistenza friabi-le. Il guscio  è sottile, di colore marrone molto chiaro. Da que-sta varietà si ricava un pregiato olio di nocciola, molto utilizzato in cosmesi. Il frutto tostato si caratterizza per un aroma lieve e delicato.

I Celti consideravano le nocciole la sapienza e la saggezza trasfor-mate in cibo dagli dei, capaci di procurare la conoscenza delle ar-ti della fabbricazione e delle scienze segrete. Infatti la nocciola in lingua celtica era chiamata Coll, ovvero conoscenza. Da sempre considerate frutti medicamentosi prima che commestibili, in tut-te le tradizioni farmacologiche europee, il ramo del nocciolo con attorcigliati due serpenti, è tutt’ora il simbolo della medicina. Il nocciolo è anche utilizzato a scopo ornamentale in particolare ne-gli Stati Uniti. Nonostante la produzione turca abbia superato quella italiana, sono due le Igp assegnate alle nocciole che ne han-no decretato un successo internazionale di esportazione. Sono le nocciole di Piemonte e la nocciola di Giffoni tra Salerno ed Avelli-no, conosciute in tutto il mondo. In particolare nella zona appen-ninica a cavallo tra Salernitano e Irpinia, la produzione biologica ha visto quadruplicare la produzione, secondo i dati dell’Assesso-rato all’Agricoltura della Regione Campania. Il dato è ancora più interessante, in quanto circa il 90 % di questa produzione biologi-ca va in Germania e nei paesi scandinavi. Irpinia e Piemonte da anni si contendono sul mercato nazionale ed internazionale la fa-

ma di migliore produzione di nocciole. Tra le numerose sagre del-l’autunno da segnalare quella di Castellero (AT), nel secondo week end di ottobre, che oltre ai consueti mercatini e stand ga-stronomici, propone da anni l’olio di nocciole, pregiato integrato-re naturale, apprezzato in tutta Europa. (Info: 0141942401; www.comune.castellero.at.it). In Irpinia, la nocciola è la storia stessa del territorio tanto che due città, Avella ed Avellino il capo-luogo, hanno nomi antichi “Abella” ed “Abellinum” che derivano dal nome latino della nocciola “avellana”. Ancora oggi il territorio è letteralmente sommerso dai noccioleti, tanto che un altro bor-go ha preso il nome di Torre le Nocelle. Per celebrare questa voca-zione naturalistica, ad Aiello del Sabato, sempre in Irpinia, si cele-bra Nocciolandia nel primo week end di ottobre, con mostra mer-cato di nocciole e dei tantissimi derivati, dolci e non. (Info: 3491411868; www.prolocoaiello.org)

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Per regolare la pressione alta, per proteggere il cuore dall’invec-chiamento, per fluidificare il sangue e la circolazione. La barba-bietola con le sue proprietà salutari, riesce ad agire a 360 ° sia con i suoi nutrienti che con le sue particolari fibre ricchissime di ligni-na. Questa sostanza ha un alto potere disintossicante che associa-ta alle vitamine del gruppo B, in particolare B3, elimina le tossine dal torrente sanguigno, rinforzando contemporaneamente le pare-ti venose. Gli aminoacidi e il selenio vegetale contenuto nelle bar-babietole, proteggono il cuore e i grandi vasi arteriosi, così da ren-dere le barbabietole uno dei più apprezzati scudi salutari per le malattie circolatorie e l’arteriosclerosi. Le barbabietole grazie al potassio, regolano anche la pressione, riducendo i picchi di iper-tensione. Sono particolarmente indicate nella dieta di chi soffre di sbalzi pressori, con eccesso di colesterolo e trigliceridi. Per la loro capacità di tonificare le pareti venose e migliorare il circolo sanguigno, sono la verdura ideale per chi ha problemi di vene vari-cose, gonfiori alle estremità, fragilità capillare anche al viso. Ric-ca di antiossidanti, preserva l’intero sistema cardiocircolatorio dall’invecchiamento. La pressione alta può essere provocata dallo stress, dalla cattiva alimentazione o da fattori genetici. In tutti i casi le barbabietole sono l’alimento ideale per affrontare questo disturbo, specialmente se cronico. Ricche di nitrati e di altre so-stanze ipotensive naturali, le barbabietole sono anche disintossi-canti e remineralizzanti. Con queste caratteristiche salutari, ab-

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Barbabietole: proteggono il cuore migliorano la circolazione

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bassano la pressione senza provocare astenia o eccessiva diuresi, anzi tonificando l’intero organismo. Che la barbabietola agisca da controllore della pressione sanguigna, abbassandola ed evitando picchi pericolosi, lo sostiene anche una recente ricerca della Que-en Mary University a Londra, diretta dalla scienziata Amrita Ahluwalia e pubblicata da "Hypertension". Rinforza inoltre l’inte-ro sistema venoso, grazie alla presenza di vitamina C e della beta-nina, una sostanza che partecipa al metabolismo delle proteine, diminuendo i livelli delle tossine che alzano la pressione, come il colesterolo. A completare le proprietà utili per la circolazione e il sistema cardiaco in generale, la ricchezza in potassio, che norma-lizza il battito cardiaco. Sono particolarmente indicate nei distur-bi pressori e cardiaci tipici della menopausa. La barbabietola vie-ne incontro all’esigenza tipica dell’autunno, di aumentare la quan-tità di vitamine e sali minerali nella dieta. In questo ortaggio le vitamine del gruppo B lavorano in stretta sinergia con la vitamina C. Il risultato è quello di fornire energia fisica e mentale molto rapidamente.

In particolare è ricca di vitamina B3 ed acido folico che migliora-no l’idratazione e il tono della pelle, fornendo anche energia men-tale e fisica. L’azione energetica è dovuta ad un tris di sali minera-li, ferro, calcio e fosforo, che sono rapidamente assorbiti grazie alle presenza molto importante di saponine, sostanze che favori-scono l’assimilazione. Essenziali nell’alimentazione vegetariana e vegana, le barbabietole sono un alimento utile alle donne in gravi-danza per contrastare il senso di stanchezza. Agiscono come un vero e proprio integratore di vitalità, particolarmente indicato nei cambi di stagione, quando il diminuire delle ore di luce e del-

le temperature, fanno diminuire il livello di energia psicofisica. Secondo una recente ricerca della “The London School of Medici-ne” la barbabietola è considerata un alimento allungavita grazie alle proprietà antiossidanti, alla ricchezza in zuccheri semplici ed antociani, che agiscono su tutti gli organi della digestione ed an-che sulla pelle.

La barbabietola ha visto triplicare negli ultimi 5 anni la produzio-ne biologica, grazie anche a due varietà, quella di Monferrato e quella di Chioggia che si sono imposte sul mercato, con l’azione di marketing degli agricoltori bio locali. La barbabietola di Mon-ferrato è molto apprezzata per la dolcezza, che ne fa un ortaggio consumato lesso ed utilizzato anche per i dolci. Si trova nei nego-zi bio per tutto l’autunno e inverno ad un prezzo ragionevole che ne ha fatto il suo successo. Fresca, succosa, profumata è invece la

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varietà di Chioggia, dalla quale si ricavano succhi mineralizzanti e che viene utilizzata anche cruda per il sapore molto gradevole. La varietà di Chioggia biologica ha una produzione concentrata soprattutto in autunno ma è molto ricercata per le cure con i suc-chi di verdura, data l’altissima resa in liquidi. La barbabietola fece la sua prima comparsa nella storia, con il nome di 'beta', in alcuni scritti della letteratura greca risalenti al 420a.C. I greci, in questi scritti, la descrivevano come una versatile pianta da giardino e ri-portavano anche della presenza di diverse varietà chiare e rosso scure. Teofrasto ed Aristotele ne parlano nei loro scritti, co-me”un regalo nascosto” della terra per le prime piogge autunnali. In Europa, ed anche in Italia, la barbabietola veniva già ampia-mente diffusa e coltivata a partire dal XV secolo. All'epoca, la sua coltivazione si ritrovava soprattutto nei monasteri francescani, dove delle barbabietole venivano impiegate solamente le foglie mentre l'utilizzo ed il consumo delle radici, destinato alle capre, arrivò invece in epoche successive.

La produzione biologica di barbabietole rosse è oggetto di gran-de attenzione negli ultimi dieci anni. Da fenomeno di nicchia, grazie all’impegno in particolare delle aziende biologiche del Fuci-no in Abruzzo, si è creata una solida esportazione verso i paesi transalpini, in particolare Svizzera ed Austria, tanto che nei nego-zi bio viene venduta come Abruzzo Rote Beete. Le barbabietole biologiche del Fucino si caratterizzano per l’altissima resa in suc-co. Molto apprezzata è anche la "Rossa di Castellazzo” una rapa piccola e particolarmente dolce, che viene prodotta esclusivamen-te in provincia di Alessandria. E’ possibile trovarla in numerosi mercati biologici per tutto l’autunno, venduta con tutte le foglie,

utilizzate in minestre e brodi. Coltivate da oltre due millenni, compaiono già in alcuni scritti greci risalenti al 420 a.C. con il no-me di bete e, ancora prima, in un papiro babilonese. Le barbabie-tole rosse e bianche erano già note all’epoca dei romani. Probabil-mente originarie dell'Africa del Nord, inizialmente erano apprez-zate per l’uso delle loro foglie e solo successivamente per il consu-mo delle radici. Ma furono i piccoli orticelli dei monasteri bene-dettini ad assicurarne la fortuna: fu proprio grazie alle cure dei frati e successivamente, all’interesse dei contadini, che la coltiva-zione della barbabietola si propagò anche in Spagna e in Francia, fino ad arrivare in tutta Europa intorno al 1400. In quell'epoca, ci si cibava soprattutto della specialità rossa mentre quella bianca, veniva utilizzata come foraggio per il bestiame. Solo in un secon-do momento, la varietà bianca venne utilizzata anche per la pro-duzione dello zucchero.

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Protegge l’organismo dall’invecchiamento e dalle malattie degenerative, il sistema nervoso e quello cardio circolatorio, dai danni dello stress, del-l’inquinamento e della cattiva alimentazione. La verza può definirsi un alimento medicina, avendo alle spalle ormai decenni di ricerche scienti-fiche che hanno interessato tutti i componenti della famiglia dei cavoli. Questa capacità di fare da scudo alle malattie è dovuto alla ricchezza in antiossidanti di pregiata qualità e di rapido assorbimento. Contiene in particolare sulforafano, una sostanza studiata dai ricercatori dell’univer-sità britannica di Warwick che hanno effettuato dei test per verificare gli effetti di questa sostanza sulle cellule dei vasi sanguigni di pazienti diabetici, scoprendo che esso riduceva del 73% i radicali liberi a conte-nuto di ossigeno, i cosiddetti “Ros” (Reacting Oxygen Species) e che at-tivava una proteina, la Nrf2, capace di proteggere le arterie dalla forma-zione di placche e di fluidificare il sangue. Fitoestrogeni e potassio, ren-dono ancora più salutare il consumo di verza che è raccomandato a tut-ti, in particolare dopo i 50 anni, proprio per la funzione protettiva con-tro le malattie metaboliche.Quando si parla di alimentazione di alimen-tazione per la prevenzione delle malattie degenerative, del decadimento neurologico, del diabete, dei disturbi cardiocircolatori, la verza è in pri-mo piano. Numerose ricerche scientifiche tra cui la più recente quella dell’Institute for Integrative Cancer Research del Massachusetts, hanno messo la verza ai primi posti degli alimenti che combattono l’ossidazio-ne, i radicali liberi, che fanno da scudo contro le principali malattie. Un alimento allungavita grazie soprattutto al solforano, sostanza di cui è molto ricca e che viene assorbita in maniera efficace. Questa sostanza

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Verza lo scudo verde contro le malattie degenerative

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diminuisce e in maniera veloce il livello di tossine sia nel sangue che negli organi. Ricca di fitoestrogeni, clorofilla e polifenoli, al-larga la sua azione protettiva e salutistica su tutti gli organi del corpo. E’ anche una buona fonte di potassio per l’energia musco-lare e di vitamina K che fluidifica il circolo sanguigno. L’associa-zione tra potassio e vitamina K, favorisce anche l’idratazione pro-fonda del derma. Verdura importante durante le diete disintossi-canti, nelle convalescenze, quando si vuol fare prevenzione delle malattie a tavola. Essenziale nella dieta di chi è o sta andando in menopausa per la sua azione protettiva e riequilibrante. La verza è il simbolo della Unione Europea dal punto di vista alimentare. Diffusa e coltivata dal Mediterraneo sino in Olanda, Danimarca, Polonia e Russia è presente in tutte le cucine nazionali, in partico-lare in quelle slave dove è un alimento quotidiano per tutto l’in-verno. Dalla Valtellina, arrivano invece le più apprezzate coltiva-zioni biologiche, prime per volume di esportazione verso l’estero. Famose per la la tenerezza, per il colore verde molto chiaro, sosti-tuiscono per l’autunno e l’inverno le bietole nella tradizionale ri-cetta dei pizzoccheri. Nei negozi di prodotti biologici sono mol-to apprezzate e diffuse le verze provenienti da Tirano, nella Valtel-lina al confine con la Svizzera, considerate una eccellenza dal pun-to di vista del sapore. Curiosa è invece la notizia che viene dalla cronaca nera. Nei suoi pizzini il boss mafioso Salvatore Lo Picco-lo, chiedeva in maniera frequente che gli venisse preparato il suo piatto preferito, la pasta con la verza. Tutti gli anni agli inizi di Novembre, si svolgerà la Sagra della verza di Montalto Dora, la città del biologico. Un evento diventato un classico del turismo enogastronomico, dove viene preservata la cultura culinaria di questo territorio del Piemonte, insieme alle tradizioni contadine

della regione canavesina. Cuore dell’evento è la mostra mercato con oltre cinquecento espositori, che faranno conoscere uno dei prodotti più tipici di questa località. Un prodotto che rientra nel-la preparazione di alcuni piatti tradizionali della zona. Inoltre sa-rà anche allestito il tradizionale mercatino alla base del castello di Montalto Dora: qui sarà possibile trovare prodotti biologici e dell’artigianato locale. Come ogni anno, il sabato ci sarà la notte delle lanterne, con l’intera Montalto Dora illuminata da centinaia di luci e animata da una rappresentazione notturna dedicata alla antica cultura contadina della coltivazione della verza. (Info: 0125652771 - Ufficio del Turismo Montalto Dora).

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Dal microcircolo della pelle, ai grandi vasi sanguigni, dagli occhi, alle ghiandole interne, tutta la circolazione sanguigna trae benefi-cio dal consumo di mirtillo. L’azione di rinforzo dei vasi e di fluidi-ficazione del sangue, sono dovute ad alcune sostanze, come la peo-nidina e la malvidina. A completare il quadro salutare, zuccheri semplici e flavonoidi in grande quantità. Tutte queste sostanze agi-scono in sinergia, attivandosi sul microcircolo arterioso e venoso, riducendo la permeabilità capillare, favorendo il flusso ematico al-l'interno del vaso. Il consumo di mirtilli è utile nel trattamento del-l'insufficienza venosa e delle condizioni di fragilità capillare. In par-ticolare le ricerche cliniche hanno dimostrato l’efficacia terapeuti-ca del mirtillo nel migliorare la circolazione sanguigna oculare an-che in presenza di patologie come la retinopatia diabetica. E’ nota l’efficacia del mirtillo nel favorire un maggior adattamento dell'oc-chio alla visione notturna. Molto utili nel contrastare la miopia pre-coce, dare sollievo agli occhi affaticati da troppe ore al pc, per colo-ro che sono soggetti a fragilità del microcircolo, nelle flebiti, nelle varici ed in generale nell’insufficienza venosa.

In Svizzera, negli scavi nel territorio del Laufenburg, sono stati rin-venuti reperti tessili tinti in malva-violetto con succo di mirtillo, risalenti ad oltre 2000 anni fa. La bacca era usata anche dai Galli e dai Celti per colorare gli abiti. Le donne dell’antico Impero roma-no facevano il bagno diluendo nell’acqua un decotto di foglie di mirtillo per favorire l’abbronzatura. Sempre nell’antichità, il mirtil-

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Mirtilli. Via libera alla circolazione

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lo nero veniva consigliato da Dioscoride per curare la dissenteria. Nel Medioevo si attribuivano ai mirtilli proprietà astringenti, to-niche e depurative, mentre si riteneva che le foglie dell’arbusto fossero in grado di curare le emorroidi, la cura consisteva nel se-dersi su un cuscinetto di foglie di mirtillo e di rosa bollite. In America settentrionale i mirtilli erano ingredienti portanti della dieta della popolazione indigena che li consumava freschi in esta-

te e seccati in inverno. Le bacche erano ritenute un simbolo di pace degli indiani Delaware, che le impiegavano per tingere sia i corpi che i tappeti. Si racconta che prima delle incursioni nottur-ne sul canale della Manica i piloti della RAF inglese facevano ab-bondante uso di succo di mirtillo, proprio per favorire la visione al buio.

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Gli spinaci sono effettivamente una verdura fortificante in parti-colare per i muscoli e le articolazioni. A renderli così efficaci a contrastare la stanchezza fisica, non è il ferro contenuto in mode-ste quantità ma il nitrato che agisce in sinergia con le grandi quantità di vitamina B9. I ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma in uno studio recentemente pubblicato sul prestigioso Journal of Physiology hanno dimostrato che basta una settimana di un'alimentazione con alimenti ricchi di nitrato e vitamina B9 per aumentare notevolmente la forza dei muscoli. Gli spinaci so-no particolarmente ricchi di zinco che favoriscono l’assorbimen-to delle sostanze nutritive da parte dell’organismo. Il consumo di spinaci è dunque particolarmente indicato in chi ha poca energia o si ammala facilmente a causa di un sistema immunitario fragile. A rendere questa verdura un vero e proprio integratore energeti-co sono anche la clorofilla, la luteina e i carotenoidi, sostanze for-tificanti e antiossidanti che sono assorbite in maniera efficace, sempre grazie alle grandi quantità di vitamina B9.

Acido folico e antiossidanti, velocemente e ben assorbiti. Con questo identikit salutare gli spinaci si presentano come un cibo cosmetico, che favorisce la salute e la bellezza della pelle. Grazie a queste sostanze di cui sono ricchi gli spinaci, la pelle migliora la propria idratazione. Inoltre grazie alla luteina, anche in questo caso ben assorbita, si favorisce la produzione di collagene. Il con-sumo di spinaci è indicato quando la pelle ha un colorito spento

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Spinaci il mito del ferro la concretezza della B9

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e quando si vuole aiutare l’epidermide ad affrontare lo stress del-l’autunno. Gli spinaci inoltre sono un eccellente fonte vegetale di rame e calcio, sostanze che migliorano la circolazione periferica e che entrano direttamente nel metabolismo epidermico. La pelle subisce così una benefica azione salutare che fa degli spinaci, un supporto per le cure di bellezza. Grazie alla facilità con cui vengo-no assorbite le sostanze attive sulla pelle, gli spinaci sono indicati in particolare per chi ha pelle secca ed ipersensibile. Gli spinaci sono inoltre una eccellente fonte di provitamina A, sempre per la capacità di assorbimento. Questa sostanza nutre la pelle e favori-sce la circolazione, donando luce e tono all’epidermide.

La diffusione di spinaci nel Mediterraneo è la prima testimonian-za della capacità agricola dei persiani, che utilizzavano per questa

coltivazione, avanzate tecniche di irrigazione. Si diffuse anche in Cina, Nepal e Oriente, tanto da essere chiamata la verde di Per-sia. Il famoso medico arabo Rhazes ne consigliava il consumo per proteggersi dalle malattie. Durante le dominazioni spagnole, im-pose che i contadini coltivassero una percentuale delle proprie terre a spinaci. Il legame tra Islam e spinaci è rimasto intatto nel-la cucina contemporanea dei paesi arabi, dove vengono serviti con pinoli ed uva sultanina. Anche la tradizione culinaria ebraica ha come protagonisti gli spinaci, in particolare tra i sefarditi che festeggiano la festa di Shavuot, preparando shpongous, un piatto al forno salato con formaggi di pecora e spinaci. La festa di Sha-vout è detta appunto anche festa degli spinaci e celebra la conse-gna della Legge. 

Gli spinaci sono originari dell’Iran ma fu l’India a diventarne il principale consumatore, dopo che era stato introdotto da com-mercianti arabi. Dall’India, estese coltivazioni arrivarono in Cina e Nepal, sino al VIII secolo d.C. quando appaiono in Sicilia, por-tati dai Saraceni. In Sicilia, veniva chiamato “insalata di Persia”. Dalla Sicilia si diffuse in tutta Europa, diventando una delle ver-dure più consumate al mondo. Nella tradizione anglosassone, era la verdura destinata ai periodi di penitenza e per i ritiri spirituali, in quanto si credeva favorisse lo stato mistico. Durante la prima guerra mondiale, venne prodotto in Francia, il vino mescolato al succo di spinaci, che veniva inviato al fronte per curare i soldati colpiti da emorragia. Il vino agli spinaci era considerato un farma-co così potente che inutilmente i tedeschi cercarono di scoprirne la ricetta, assoldando spie.

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La fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, sono un periodo che possono mettere a dura prova diverse persone, per il calo di energia fisica e mentale. Una risposta dol-ce e salutare sono i lamponi, che hanno la caratteristica di offrire molta integrazio-ne di vitamine e sali minerali, assorbiti molto velocemente, per la presenza di frut-tosio in grandi quantità. Il lampone contiene magnesio, potassio e fosforo, un tris di minerali che rinforzano i muscoli, favoriscono il recupero di energia mentale, au-mentando il senso di benessere. La velocità con cui queste azioni si manifestano, fanno dei lamponi un vero e proprio integratore. Ad aumentare le capacità toniche, anche la provitamina A, quelle del gruppo B e molta vitamina C. Il consumo di lam-poni è particolarmente indicato a colazione, per avere un surplus di energia fisica e mentale. Indicati negli sportivi, in chi è in convalescenza, necessari nelle diete vege-tariane e vegane in particolare. Sono inoltre il frutto più indicato per le donne in gravidanza, per l’alto valore nutrizionale e salutare, nonché la facile digeribilità. La medicina naturale li considera i migliori frutti per rinforzare il sistema immunita-rio e prevenire o ridurre le infezioni delle vie respiratorie superiori. I Cimbri ap-pendevano rami di lamponi a porte e finestre per protezione contro le avversità ed anche durante i funerali, per impedire allo spirito del defunto di rientrare nell'abita-zione. I lamponi in Germania sono chiamati "bacche delle cerbiatte", con chiara allusione all'habitat boschivo di questa pianta. Molto nota in Alto Adige la favola dei lamponi. Un giorno due bimbi in cerca di funghi, incontrarono nel bosco un vec-chio che si lamentava per le vesti strappate e la pelle punta dagli insetti. Si impietosirono del suo stato e decisero di regalargli un abito fatto da loro, per proteggersi dagli insetti. L'uomo stupito ma felice disse: “grazie, ho di nuovo un vestito, mi avete liberato. Non possie-do niente, ma vi lascio una magia. Vi basterà dire Lampone! e ne troverete sempre in gran quantità”. Detto questo, l’uomo scomparve tra gli alberi. Passarono gli anni e la bimba diventò una vecchietta curva e raggrinzita, che andava di villaggio in villaggio a vendere frut-ti di bosco, mentre la gente si domandava come facesse quella povera donnina a trovare i lamponi anche nei più freddi mesi invernali.

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Lamponi, l’energia dolce per il cambio di stagione

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Mangiare cibi vitali ed antiossidanti è la prima mossa da fare per potenziare il pro-prio sistema immunitario ed affrontare il cambio di stagione e i primi freddi. I broc-coli sono particolarmente utili perché contengono sulforafano, una sostanza che sti-mola il metabolismo, rinforza il sistema immunitario ed esplica azione protettiva so-prattutto contro le infezioni delle vie respiratorie e della pelle. Sono ricchi di vitami-na B1 e B2 che danno rapida energia e aiutano l’organismo a combattere le infezioni. I broccoli sono dunque utili anche durante i periodi di convalescenza. Secondo una ricerca condotta dalla Johns Hopkins Medical School e pubblicata sulla rivista Ameri-can Journal of Respiratory, i broccoli sarebbero un eccellente rimedio contro le affe-zioni polmonari, asma e problemi respiratori in genere. Già considerati il “top” degli antiossidanti, oggi possono anche vantare il primato di “salvapolmoni”. Sono anche ricchi di sali minerali come fosforo e potassio che migliorano la performance del si-stema muscolare, favorendo uno stato di benessere e di energia. I broccoli sono dun-que particolarmente indicati in chi soffre di stanchezza cronica e si ammala facilmen-te, con disturbi che riguardano l’abbassamento delle difese, come dermatiti, allergie, raffreddori. Nel medioevo si ha già traccia degli odierni broccoli denominati “brocco-li di Cipro”, in quanto da questa isola si importavano i semi per gran parte degli orti europei. La prima notizia concreta si trova in un trattato arabo d'agricoltura del XII secolo, dove si parla di “cavolfiori verdi”. Sono però i commercianti genovesi durante il periodo delle Repubbliche marinare, che impor-tando dall’oriente i semi, li fecero conoscere ai Francesi, diffondendo in Europa l'uso, le ricette e la coltivazione. Nel XVI secolo, la pian-ta era già giunta ad Haiti, da dove conquistò le tavole e i campi del Nord America. Durante il regno di Napoli della dinastia dei Borbone, nel 1753, furano promulgati editti e regolamenti per tutelare la produzione di broccoli, nella zona vesuviana e del salernitano. Queste leggi sono considerate a livello europeo i primi regolamenti commerciali simili all’Indicazione geografica protetta e al DOC. 

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Broccoli i principi della salute e della prevenzione

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Simbolo culinario della salute e della prevenzione delle malattie, le mele sono un eccellente integratore di bellezza, per preservare idratazione, tono e luminosità dell’epidermide. Ricche di antiossi-danti che preservano la pelle dall’invecchiamento, le mele hanno una marcia in più ovvero l’acido tartarico, che permette un com-pleto e rapido assorbimento di queste sostanze. L’acido tartarico inoltre è uno dei migliori spazzini per i radicali liberi, così da fa-vorire un efficace metabolismo della pelle, conservando acqua nel derma profondo e luminosità in quello più esterno. Contengono anche la quercitina un flavonoide che favorisce la produzione di collagene, ritarda l’invecchiamento cellulare e contribuisce a rego-larizzare il ph della pelle. La quercitina inoltre ha un ruolo deter-minante nella conservazione del tono della pelle. Molto importan-te per la salute e la bellezza del derma, l’accoppiata tra vitamina C e vitamina B6, dall’azione purificante e nutriente contempora-neamente. L’azione ideale per le pelli grasse ed ipersensibili. Se-condo una recente ricerca dell’Institute of Food Research di Norwich, l’azione di una mela sul metabolismo della pelle è pari ad una applicazione di crema idratante.

Le tanto celebrate virtù delle mele sono confermate dalle rigoro-se analisi scientifiche che vengono spesso condotte su questi frut-ti. Particolare attenzione è stata posta sul ruolo delle pectine e degli acidi. Questa accoppiata mette in moto una veloce depura-zione che interessa sia l’apparato digerente che il metabolismo.

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Mele di lungavita: salute energia bellezza in un unico frutto

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Le pectine di cui sono ricchissime le mele sono fibre delicate che transitano lentamente richiamando acqua. L’azione delle pectine inizia nel primo tratto dello stomaco per proseguire sino alla fine dell’intestino. Questa particolarità le rende disintossicanti senza essere particolarmente lassative. L’acido malico stimola il metabo-lismo, aiuta pancreas e fegato nella loro azione disintossicante e di filtro, riequilibra la flora batterica dell’intestino. Una azione simile a quella dello yogurt ma tutta vegetale. Il ricco corredo di oligoelementi tra cui rame, bromo, silice, magnesio e cloro, si at-tiva in maniera rapida grazie all’azione del potassio. Il risultato è quello di una ulteriore disintossicazione, favorendo l’eliminazio-ne in particolare di acido urico, trigliceridi, colesterolo. Una mela al giorno toglie dunque le tossine di torno, due in questo periodo fanno ancora meglio. La mela frutto salutare per eccellenza, in particolare per affrontare la sindrome stagionale, tipica dell’au-tunno. Stanchezza, apatia, debolezza del sistema immunitario

vengono affrontate con gli acidi organici di cui è ricchissima, in particolare acido citrico e tartarico, che forniscono rapidamente energia e tono muscolare. Altro acido contenuto in grandi quanti-tà è quello ossalico che favorisce l’assorbimento delle vitamine e dei sali minerali, tonificando l’organismo. Contengono molte fi-bre non digeribili e polifenoli, sinergia che fa di questo frutto un eccellente rimedio antiossidante. Il magnesio e il fosforo ne fan-no un frutto energetico, che stimola i processi metabolici, disin-tossicando e fornendo contemporaneamente, sostanze nutritive vitali. Quello che da alle mele una marcia in più, tra i cibi saluta-ri, è il fruttosio, zucchero naturale associato alle pectine, che per-mette una rapida azione energetica e protettiva, senza scomodare l’insulina. Le mele dunque come frutto antiage, confermato da un recente studio della Cornell University che ha evidenziato il ruolo decisivo della quercetina, potente sostanza antiossidante presente nelle mele, nella lotta contro l’invecchiamento e le ma-lattie neurovegetative. Le mele attraversano la storia e la mitolo-gia di tante parti del mondo e diversi periodi storici. A partire dal-la mela del Paradiso terrestre, sino alla mela della discordia tra Ze-us ed Elena, che avrebbe provocato la guerra di Troia. Sono prota-goniste anche delle fatiche di Ercole nel giardino delle Esperidi e delle tradizioni celtiche, tanto che il Mago Merlino è sempre raffi-gurato mentre insegna sotto un melo. Più recente ma sempre sug-gestiva la storie che la lega all’indipendenza della Svizzera, con la leggenda di Guglielmo Tell, costretto a centrare con una freccia, una mela posta sulla testa del figlio. Fino ad arrivare alla la dedu-zione di Isaac Newton, sulla legge della gravitazione universale, dopo essere stato colpito da una mela caduta da un albero, sotto il quale dormiva.

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La mela ha attraversato tutta la storia dell’uomo a partire dal Pa-radiso terrestre. New York è definita come “la grande mela” gra-zie a Edward Martin, che nel libro "The Wayfaver in New York". paragona lo stato di New York ad un melo le cui radici provengo-no dalla valle proletaria e contadina del Mississippi, mentre il frutto aristocratico dell'albero riceve da parte del governo un sus-sidio economico enorme nei confronti degli altri stati dell'unione federale. I musicisti jazz nel corso degli spesso usavano quest'ap-pellativo, ancora una volta come una metafora del successo che ci si aspettava dal suonare nei club di Harlem e Broadway. Quando si suonava lontano da New York, si suonava "sui rami", al contra-rio suonare a New York significava suonare nella "Grande Mela". Il soprannome è stato rispolverato, dopo un periodo di silenzio, negli anni '70, quando il termine venne usato nella campagna di promozione turistica della città e New York City fece suo, il sim-bolo di una mela rossa.

Molto famosa nei territori di Girona e Barcellona, la leggenda che lega San Narciso alle mele. Per scongiurare le catastrofiche inondazioni del fiume Onyar, venivano donate al fiume le mele raccolte durante l’ultima settimana di ottobre. Questo rituale, im-portato dai soldati romani nei primi secoli dopo Cristo, ricorda appunto le cerimonie di nutrimento del fiume Tevere da parte delle ancelle di Cerere per evitare le inondazioni. Questa tradizio-ne si è conservata in Spagna nei secoli, tanto che San Narciso, esperto erborista e botanico, decise di incorporarla nelle tradizio-ni cattoliche, benedicendo le mele, prima di donarle al fiume. An-cora oggi nell’ultima settimana di ottobre, durante la festa di San Narciso, viene fatta una questua, dove gli abitanti che abitano lungo il fiume, donano le mele che verranno poi benedette. Le mele di San Narciso sono anche chiamate le mele più piccole ma molto dolci che vengono raccolte a fine autunno.

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Poche calorie, fibre e tanto potassio. Una situazione ideale quella delle scaro-le, per realizzare una valida strategia dietetica. Consumata come antipasto o come base di una insalata piatto unico, risulta essere uno dei vegetali più sa-zianti presenti sulla nostra tavola, grazie alle particolari fibre. Diuretiche e disintossicanti, agiscono regolando anche la pressione alta, per cui sono idea-li nel caso in cui il sovrappeso è associato all’ipertensione. Grazie ai principi amari contenuti, aiutano le funzioni metaboliche del fegato, favorendo la de-purazione e la fluidificazione della bile, migliorando il transito intestinale e l’assorbimento dei nutrienti. In particolare l’associazione tra potassio e fibre, la rende particolarmente utile nelle diete ipocaloriche molto rigide o quando si debbono abbassare livelli alti di colesterolo e trigliceridi. Contengono inol-tre piccole ma preziose quantità di manganese oligoelemento che favorisce sia il buon funzionamento della tiroide, organo guida nelle diete dimagranti, che la disintossicazione tramite l’aumento della diuresi.Le scarole sono diffu-se in tutta Europa ma è l’Italia che da sola produce oltre due terzi dell’intera produzione biologica, in particolare dalla provincia di Ravenna e dalle Mar-che. Il consumo di questa insalata è legata a due tradizioni alimentari tra le più antiche, quella napoletana e quella ebraica. In quella napoletana, le scaro-le sono usate da secoli, come ripieno di torte salate, con acciughe, uvetta o altri ingredienti in base alla stagione. Infatti il termine “pizza” era usato per la pizza di scarole, tipica pietanza delle zone vesuviane. Con l’arrivo del po-modoro, il termine pizza è stato associato al piatto più famoso al mondo. Nel-la tradizione ebraica, le scarole sono l’ingrediente e il contorno immancabile di diverse pietanze amare, che vengono servite durante festività religiose, che ricordano “l’amarezza” della schiavitù in Egitto.

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Scarole, l’aiuto potente e salutare per la dieta dimagrante

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Non di sola vitamina C è composto lo scudo alimentare con il quale difen-dersi dalle infezioni alle vie respiratorie, dai raffreddamenti, dai primi vi-rus autunnali. I cachi pur contenendo vitamina C, tra i 30 e 70 mg per etto in base alle varietà, in più sono una ricca fonte di provitamina A. Due so-stanze che insieme rinforzano e proteggono il sistema immunitario da stress fisico, inquinamento ambientale, condizioni climatiche non ideali. Sono uno dei frutti con gli zuccheri semplici più facili da assorbire, fornen-do rapidamente ma in maniera costante energia. Contengono inoltre mol-to potassio, energetico muscolare e stimolante del metabolismo. Il potas-sio in particolare aiuta a contrastare la secchezza dovuta alle eccessive tem-perature negli uffici che facilitano l’insorgenza di disturbi alla gola. A com-pletare l’identikit di frutto contro i malanni di stagione, la ricchezza in ra-me, oligoelemento che potenzia il sistema immunitario, facilita la ripresa dell’organismo durante le malattie, aiuta contro la febbre. I cachi possono essere una golosa merenda salutare ed anti malattie per i bambini gracili. 18 grammi di fruttosio su 100 gr di polpa e tanto calcio. Con questa accop-piata energetica i caki si propongono come frutto energizzante per affron-tare le giornate autunnali e per contrastare la mancanza di tono fisico e mentale. E’ considerato una delle migliori fonti di betacarotene, in quanto associato agli zuccheri semplici, viene assorbito meglio e più velocemente. Questa sostanza oltre ad avere la rinomata funzione di protezione, aiuta il sistema nervoso e quello muscolare a recuperare energia. E’ il frutto più indicato per gli studenti e per chi è sottoposto ad un surmenage di lavoro ed impegni. Importante per i vegetariani e per gli sportivi in genere, è indi-spensabile nelle diete vegane per affrontare con più energia le giornate

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Cachi: la dolcezza vitaminica contro i mali di stagione

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fredde e piovose. Possono costituire una sana ed energetica me-renda per i bambini. Sono inoltre ricchi di magnesio e mangane-se, sostanze che hanno una funzione riequilibrante e migliorativa del ritmo sonno-veglia e che favoriscono l’assorbimento della se-rotonina e della melatonina. I caki sono indicati per contrastare la depressione stagionale, la stanchezza cronica, l’apatia. Un frut-to che con dolcezza, non solo di sapore, aumenta lo sprint dell’in-tero organismo. I caki sono frutti energetici che danno vitalità sia dal punto fisico che mentale. La loro presenza durante il perio-do in cui inizia ad arrivare il freddo e le ore di luce diminuiscono ogni giorno è davvero salutare. Ricchi di vitamina C e potassio che lavorano in sinergia sull’organismo per ridare forza, sono idea-li per le persone fragili, i bambini, le donne in gravidanza. Sono una fonte eccellente di criptoxantina, sostanza che agisce sul me-tabolismo fornendo vitalità. Una sorta di integratore dolce e salu-

tare per quando ci sente senza forze. I caki sono inoltre ricchi di carotene e zuccheri semplici, una accoppiata che fornisce ener-gia, azione antiossidante e stimolazione del sistema nervoso. Per sfruttare al massimo le proprietà anti fatica andrebbero consuma-ti il più possibile maturi, quando gli zuccheri fanno da veicolo per l’assorbimento delle sostanze nutritive. Sono inoltre ricchi di calcio e fosforo, sostanze molto utili per chi soffre di stanchezza cronica e per gli sportivi. 100 gr di polpa di caki apportano inol-tre circa 240 microgrammi di pro vitamina A, essenziale come fat-tore protettivo per la salute della pelle e di tutte le mucose, non-ché attiva sulle funzioni neurologiche, favorendo la ripresa ener-getica psicofisica.

L'albero del caki è stata nominato albero della pace, dopo la trage-dia della seconda Guerra Mondiale. In Giappone, a Nagasaki, c'è una pianta di caki incredibilmente sopravvissuta all'esplosione nu-cleare del 9 agosto 1945. Il botanico Masayuki Ebinuma osservò che la forza di questa pianta poteva essere un potente messaggio di pace da divulgare in tutto il mondo in modo da ricordare a tut-ti l'inutilità di qualsiasi guerra. Il signor Ebinuma nel 1994 riuscì così a far nascere nuove piantine con i semi dei frutti del caki so-pravvissuto a Nagasaki, incominciando a distribuire piantine ai bambini che visitavano il museo del bombardamento atomico, pregandoli di farne un messaggio di pace e di amore. Nel 1996 l'artista giapponese Tatsuo Miyajima ideò un progetto per soste-nere questa attività come forma d'arte e nel 1999 il progetto ven-ne presentato alla 48° Biennale di Venezia, dove le scuole italiane potevano concorrere all'adozione delle piantine. In tutta Italia sono ormai migliaia gli alberi di caki piantati in memoria dello

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sterminio atomico e per la pace. L’origine del nome cachi è l’equi-valente del suono in lingua giapponese con il quale si designa l’al-bero ed il frutto. Con questo nome arrivò in Inghilterra grazie al direttore del Giardino Botanico di Calcutta e si diffuse in Euro-pa. In tutte le regioni italiane è chiamato cachi o kaki, in Sicilia anche cachì, nel Lazio cachino e nel meridione anche loto del Giappone, mentre in alcune province settentrionali albicocco del Giappone. Kaki, in inglese, ha un altro significato, designandosi così una sfumatura di colore (il coloniale o fulvo). Nel linguaggio dei fiori quello del cachi simboleggia l’eloquenza. Il “loto”, altro nome col quale è chiamato il caki, è legato alla leggenda dei man-giatori di loto citati da Omero, i quali offrivano agli ospiti questo frutto, facendo perdere loro la memoria della loro patria. Al bom-bardamento atomico di Nagasaki il 9 agosto 1945 è miracolosa-mente sopravvissuto un piccolo alberello di cachi. Nel 1994 un fitopatologo giapponese è riuscito a far nascere da quell’alberello alcune piante di seconda generazione ed il Museo del bombar-damento atomico ha cominciato a distribuirle ai bambini in visi-ta come segno di pace, di speranza e di rinascita.Originario del-la zona meridionale della Cina si è esteso oltre mille anni fa fino al Giappone. Giunse in Europa alla fine del Settecento, ma solo come pianta ornamentale, e la sua comparsa in Italia risale al 1870 con il primo caco che fu portato a Firenze per i giardini di Boboli. I primi impianti specializzati in Italia sono sorti nel Saler-nitano a partire dal 1916, estendendosi poi in particolare in Emi-lia. Questo particolare frutto ha un'importanza particolare anche in Sicilia dove è famosissimo e più diffuso il caco di Misilmeri esportato e conosciuto in tutto il mondo. Il caco è considerato dai botanici "albero dalle sette virtù" per la lunga vita, la grande

ombra che offre, la mancanza di nidi, la mancanza di tarli, la pos-sibilità di giocare con le foglie indurite dal gelo, il sapore, il bel fuoco che riesce a creare e per le sostanze concimanti che può produrre. Si narra inoltre che Giuseppe Verdi ne fosse talmente goloso, da comporre le sue musiche, facendo delle pause mangian-done alcuni. Nella città di Bra (CN), la seconda domenica di no-vembre si tiene la sagra del caco, dove viene offerta la pregiata produzione locale, anche biologica, sia come frutto fresco che prodotti come mostarde, gelatine, marmellate (Info 0172430185; www.comune.bra.cn.it).

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Depurare il fegato, vuol dire migliorare la digestione, l’umore, la pelle. Il ra-dicchio con i suoi principi amari e polifenoli, agisce direttamente su bile e fegato, favorendo l’eliminazione delle tossine, in particolare trigliceridi e co-lesterolo. Ricco di fibre insolubili, il radicchio è un rimedio alimentare di pronto soccorso da usare ad esempio dopo un abbuffata per rimettere in se-sto l’apparato digerente. Ricco anche di acido folico e potassio, stimola la di-uresi e fluidifica la bile. Un antipasto di radicchio è utile per chi ha difficoltà digestive, soffre di meteorismo, sonnolenza post prandiale. A completare il suo identikit di vegetale amico del fegato, la ricchezza in rame oligoelemen-to, che favorisce il metabolismo epatico, in maniera rapida ed efficace. Un consumo di radicchio durante tutto l’autunno è consigliato a chi è in sovrap-peso ed ha il fegato affaticato, in chi ha consumato troppo alcool o pasti ric-chi di grassi saturi. La sinergia tra fibre, potassio e principi amari è uno scu-do contro il formarsi di calcoli, per cui chi soffre di questo disturbo, può uti-lizzare questo salutare vegetale per prevenirne la ricomparsa. Nuova nascita nel mondo dei derivati da prodotti ortofrutticoli: la birra al radicchio rosso di Chioggia IGP. Il prodotto si deve alla collaborazione tra la birreria artigia-nale San Gabriel di Ponte di Piave e di Chioggia Ortomercato. La birra al ra-dicchio è stata presentata ufficialmente a Chioggia la scorsa estate ed è stata protagonista di sagre e degustazioni in ristoranti. E’ possibile trovarla in di-versi negozi bio e birrerie specializzate, oltre che nei ristoranti di Chioggia. Una novità che però ha radici antiche. Il mercato ortofrutticolo di Chioggia, dove viene commercializzato quasi tutta la produzione di radicchio tondo rosso, si trova dove sorgeva un antico monastero benedettino. I monaci, che per missione dovevano pregare e lavorare, producevano anche la birra con il luppolo aromatizzata con piante officinali e radicchio, che veniva utilizzata come medicina per il fegato.

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Radicchio: il gusto dell’amaro che protegge il fegato

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Il consumo di sedano rapa è spesso paragonato ad un trattamen-to termale. Diuretico, disintossicante, attivo direttamente sui re-ni, questo poco conosciuto ortaggio elimina le tossine aumentan-do la diuresi. Ricco di manganese, stimola i reni nella loro funzio-ne di filtro, senza sottrarre energia all’organismo e senza abbassa-re la pressione. Un’azione utile per chi è intossicato per un ecces-so di cibi salati, trigliceridi, acido urico. Il consumo di sedano ra-pa è particolarmente indicato quando l’intossicazione generale si manifesta con debolezza e problemi circolatori. Contiene inoltre una sostanza chiamata sedanolide, che oltre a fornirgli una somi-glianza organolettica al sedano, aumenta la diuresi, con una effica-ce azione disinfettante. Viene consigliato anche a chi soffre di ci-stite, infezioni ricorrenti alle vie urinarie e in generale a chi ha bi-sogno di migliorare lo stato di salute di reni e vescica. Per chi sof-fre di calcoli renali o renella, il sedano rapa viene considerato un alimento medicina, da inserire nella propria alimentazione per tutto l’autunno e la stagione fredda.

Con l’arrivo dell’autunno anche il metabolismo tende ad andare in letargo, in particolare per chi soffre di stitichezza. Il sedano rapa, con le sue fibre particolarmente attive già nella prima parte dell’apparato digerente, è l’alimento ideale per le diete ipocalori-che. Velocemente saziante è dunque ideale come leggero antipa-sto. La cellulosa del sedano rapa ha la capacità di attirare molta acqua nel lume intestinale, aiutando la risoluzione delle stitichez-

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Sedano rapa, il diuretico autunnale che fa bene all’intestino

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ze più ostinate, in particolare se causate dall’abuso di lassativi. Contiene inoltre una salutare combinazione tra potassio e vitami-na K che aiuta la diuresi, migliorando la circolazione. Un consu-mo di sedano rapa è consigliato in chi oltre al sovrappeso soffre di cellulite, ritenzione idrica, gonfiori alle estremità. Quello che fa di questo tubero un eccellente alleato nelle diete dimagranti è la ricchezza in manganese oligoelemento, sostanza che attiva il metabolismo e favorisce l’eliminazione dei grassi, oltre ad avere una funziona tonica ed anti fame. Può essere introdotto con effi-cacia anche nelle diete dei diabetici per contrastare la ritenzione idrica e favorire la perdita di peso e per l’eliminazione dell’acido urico.

Il sedano rapa è la verdura autunnale più adatta quando i livelli di colesterolo, trigliceridi, acido urico sono troppo alti e l’organi-smo ha bisogno di disintossicarsi e di depurarsi ma anche di ritro-vare energia e vitalità. L’olio essenziale contenuto nelle parti fibro-se del sedano rapa, agisce stimolando la diuresi, le funzioni epati-che e quelli intestinali. Questo particolare ortaggio, poco consu-mato nonostante le notevoli proprietà salutari è molto ricco di manganese, potente disintossicante dalle proprietà antiossidanti.

Contiene inoltre una sostanza chiamata sedanolide, che stimola le funzioni renali, agendo sia come diuretico diretto ma anche co-me depurativo. Il sedano rapa è particolarmente adatto quando ci si sente intossicati, quando al sovrappeso si associano iperten-sione e tendenza al diabete. E’ una fonte altamente disponibile di ferro e potassio, per cui oltre a drenare le tossine in eccesso forni-sce rapidamente energia psicofisica. A favorire l’azione energetica anche la presenza di provitamina A, vitamina C e vitamina E. Un ortaggio dalle notevoli proprietà salutari che si fa notare soprat-tutto per la velocità d’azione e per la capacità di agire senza effet-ti collaterali.

Ricca in fibre molto attive nella prima parte dello stomaco e di potassio, il sedano rapa sazia e stimola la diuresi, così da guada-gnarsi un posto di rilievo nelle tavole di chi è a dieta per perdere peso. E’ una buona fonte anche di zinco, elemento nutritivo che favorisce l’eliminazione delle tossine agendo anche come antiossi-dante. L’azione saziante è molto efficace, soprattutto per chi è abituato a grandi abbuffate, in quanto le fibre tendono a rigonfiar-si già nello stomaco, molto velocemente. Le fibre procedono con lentezza verso l’intestino, così da conservare l’azione anti fame

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per lungo tempo e stimolare delicatamente le funzioni intestinali. Questo semplice e versatile ortaggio contiene anche alcuni im-portanti aminoacidi come l’acido aspartico e la glicina, sostanze che mantengono alto il metabolismo, controllando il livello glice-mico, in modo da non far sentire quei cali di energia che metto-no a rischio le diete dimagranti. Queste due sostanze favoriscono una maggiore perdita di peso, quando diminuiscono le calorie in-trodotte. La rapa è dunque molto indicata per chi soffre di fame nervosa o deve affrontare lunghi periodi di dieta perché ha molto peso da perdere.

Il sedano rapa è legato alla figura di San Fiorenzo, fratello di san Floriano, martirizzato in Austria nel 304. Sfuggito alle sue guar-die, proprio in territorio fiorentino, giunse in Gallia dove san Martino lo ordinò sacerdote. San Fiorenzo, il cui culto è molto

diffuso nei borghi agricoli tra Lombardia ed Emilia, viene rappre-sentato con un grosso sedano rapa in mano. In questo caso il sim-bolo associato al santo non rimanda al martirio o alla particolare predizione alimentare. La festa di San Fiorenzo è celebrata il 30 dicembre.

E’ in questo periodo particolarmente magro per l’ orto che si rac-colgono gli ultimi sedani rapa che San Fiorenzo consigliava nelle sue prediche di conservare per tutto l’inverno sia per gli uomini che per gli animali. Il sedano rapa ultimo frutto invernale dell’ or-to, prima dell’anno nuovo è stato così associato dalla cultura po-polare alla figura di questo santo, invocato contro gli stenti della fame.

Anche il sedano rapa ha la sua eccellenza, per quanto riguarda il sapore e la versatilità in cucina. Molto conosciuta ed esportata anche in Germania è la varietà denominata sedano rapa di Ronco all'Adige. E’ considerato un prodotto di nicchia ma è molto ap-prezzato all’estero, dove è conosciuto come sedano di Verona. Ne-gli ultimi anni, questa varietà è distribuita in molti negozi di ali-mentazione biologica da fine ottobre a Natale.

Si riconosce dalla tenerezza della polpa e dal sapore molto delica-to ma associato ad un intenso profumo. Nella cucina tipica vero-nese viene consumato crudo in insalate, oppure cotto ai ferri, o semplicemente bollito per creare minestre con fagioli. Tipica è la purea di sedano rapa, considerata un rimedio naturale contro le malattie da raffreddamento.

Pianta antica, spontanea in gran parte dell'Europa, nell'Africa del Nord ed in Asia, deriva il suo nome dal greco "selinon", citato da

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Omero, assai nota fin dai tempi più remoti come pianta di uso alimentare e medicinale, ma soprattutto legata al mondo del mi-to e della magia. In Italia è considerato una eccellenza quello bio-logico proveniente dalla Val di Gresta nel Trentino meridionale, dove grazie ad un microclima particolare si è sviluppata una agri-coltura di altissima qualità senza l’utilizzo di sostanze chimiche. La diffusione del sedano rapa della Val di Gresta con quantitativi di una certa consistenza è avvenuta nella seconda metà del secolo scorso.

Le condizioni climatiche favorevoli alla sua coltivazione gli permetto-no di raggiungere quell'armonia di sapori e di croccantezza che lo ren-dono unico nel gusto. Questo parti-colare ortaggio, coltivato solo in alcune zone dell’Italia settentriona-le, è ritenuto un cibo di importan-za secondaria, essendo considerato un prodotto di nicchia. D’altra par-te, il sedano rapa è ben conosciuto nel nord Europa, dove le coltivazio-ni si estendono su aree molto vaste e dove esiste un mercato consolida-to sia del prodotto fresco che tra-sformato. Nel veronese e in special modo nella zona di Ronco all’Adi-ge, è presente come coltivazione dagli anni trenta. Nella produzione biologica invece il sedano rapa con-quista sempre più fascia di mercato

per il prezzo contenuto e le proprietà salutari. Molto apprezzate nel settore biologico le varietà Verona, con testa tondeggiante, polpa molto tenera e sapore ricco e deciso e la varietà gigante di Praga, con testa oblunga e voluminosa e con polpa tenerissima, particolarmente indicata per il consumo in insalata. Sempre dal settore biologico arriva anche il sedano rapa della Val di Gresta in Trentino, commercializzato anche già preparato e famoso per l’aroma delicato.

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Una fonte ricca e affidabile di grassi monoinsaturi e di vitamina E, che con-trastano tutto il ciclo dell’accumulo tossico di colesterolo. Così le noci, sono uno dei migliori alimenti anticolesterolo, in quanto non solo ne favoriscono l’eliminazione ma proteggono il sistema cardiovascolare e migliorano il meta-bolismo delle arterie. Una recente ricerca pubblicata sul Journal of the Ameri-can College of Cardiology, suggerisce il consumo di noci, per proteggere le arterie dai danni provocati dall’assunzione di cibi contenenti molti grassi sa-turi che provocano uno stato infiammatorio nelle arterie impedendo la cor-retta circolazione e favorendo la formazione di placche. Il consumo di noci contrasta questo processo, grazie anche alla ricchezza in steroli vegetali, so-stanze tra le più efficaci per ridurre il colesterolo. Sono inoltre una eccellente fonte di selenio e zinco, sostanze che favoriscono l’eliminazione di tutte le tossine grasse dall’organismo, comprese i trigliceridi. Un consumo costante ma moderato tenendo contro dell’impatto calorico, sono indicate nei casi di alti livello di colesterolo, associato a problemi di diabete. Sono consigliate an-che per diminuire le tossine grasse nelle persone in sovrappeso, sostituendo con 4-5 noci al giorno gli spuntini e le merende. Un alimento medicina che allunga la vita. Così sono considerate le noci per la loro ricchezza in acidi grassi Omega-3. Diversi studi condotti negli ultimi venti anni sia negli Stati Uniti che in Europa, hanno evidenziato che le noci sono la migliore fonte di questi acidi per la particolare elevata qualità dell’acido alfa-linoleico conside-rato il più prezioso degli antiossidanti che troviamo a tavola. Le noci favori-scono l’eliminazione dei grassi in eccesso e svolgono una azione protettiva contro le malattie degenerative a livello neurologico. Sono ricche di fosforo e

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Noci, i migliori acidi grassi contro il colesterolo

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ferro che agiscono in sinergia con la vitamina E, fornendo ener-gia stabile durante tutta la giornata, sia a livello mentale che fisi-ca. Una manciata di noci sono una ricarica energetica e di prote-zione della salute, molto indicata in chi soffre di stanchezza croni-ca, si ammala facilmente, per i vegetariani e i vegani. Sono l’ali-mento ideale per gli adolescenti durante lo sviluppo e per le don-ne in menopausa. Le noci sono inoltre una fonte di acido arachi-donico che ha una azione protettiva sul sistema nervoso favoren-do l’eliminazione di colesterolo, trigliceridi e di tutte quelle tossi-ne, frutto di una alimentazione ricca di proteine, sale e grassi sa-turi. Dall’antica Grecia arriva la leggenda di Caria, una ninfa ama-ta follemente da Dioniso e da questi trasformata per gelosia in

albero di noce. Dedicato ad Artemide, il suo legno fu utilizzato per scolpire le statue del Partenone, perciò chiamate Cariatidi. Infatti il nome greco dell’albero di noce è karidos, mentre karidia sono le noci. Nell’antica Roma l’albero di noce era sacro a Gio-ve, per  via della maestosità e della solitudine che lo caratterizza.  Il noce cresce, infatti, isolato dalle altre piante a causa di una sostanza, la juglandina, che viene secreta dalle radici e dalle foglie e che ostacola la vita degli altri alberi. Le noci sono anche protagoniste del terzo capitolo dei Promessi Sposi del Manzoni, quando Fra Galdino arriva a casa di Agnese e Lucia per la “cerca delle noci” e racconta la storia del miracolo legato a Pa-dre Macario, un vecchio e saggio di un convento in Romagna. Per i Greci, l’albero era denominato "Karya basilica", cioè "noce regale", chiamato così perché ritenevano che esso fosse stato por-tato in Europa dai re persiani. Nella mitologia greca, la noce ha un posto d’onore in un mito legato al dio Dioniso (il Bacco dei Romani) ed al suo amore per la principessa Caria. Si narra che un giorno il dio, essendo ospite presso Dione, re della Laconia, si in-namorò di una delle sue figlie, la giovane e bella Caria. Le due so-relle maggiori, Orfe e Lico, invidiose delle attenzioni che il dio riservava alla sorella, avvertirono il padre. Dioniso, infuriato con loro, dopo averle redarguite più volte, le fece impazzire e le tra-mutò in rocce. La giovane Caria morì per l’accaduto e divenne molto triste tanto da lasciarsi morire di sete. Dioniso ebbe pietà di lei e la trasformò in un albero di noce, con i suoi frutti fecon-di. Quando Artemide annunciò la morte di Caria ai Laconi, essi le eressero un tempio e posero al suo ingresso delle statue scolpi-te in legno di noce che raffiguravano delle figure femminili: a que-sto tipo di statue venne posto il nome di "Cariatidi".

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