LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

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LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA. Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi (330). - PowerPoint PPT Presentation

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LA SUPREMA AUTORITÀ

DELLA CHIESA

Page 2: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Come per istituzione del Signore, S. Pietro e gli altri Apostoli costituivano un unico Collegio, per il medesimo principio e in pari modo, il Romano Pontefice, successore di S. Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono uniti fra di loro.

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Questo canone (330) introduce l'insegnamento del Vaticano II, contenuto nella LG e nella annessa Nota esplicativa previa. In esso viene affermato un duplice principio dogmatico. - Nel Collegio Episcopale si continua e perpetua il Collegio Apostolico istituito da N. S. Gesù Cristo, per cui tra i Vescovi vige ininterrottamente il principio della collegialità; - Tra il Romano Pontefice e i Vescovi esiste il medesimo vincolo che univa S. Pietro e gli Apostoli e di conseguenza, il Romano Pontefice è il Capo del collegio Episcopale, come S. Pietro era il Capo del Collegio Apostolico.

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Come, per volontà del Signore, S. Pietro e gli altri Apostoli costituivano un unico Collegio, per la medesima ragione, il Romano Pontefice, successore di S. Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti (330).

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IL ROMANO POTEFICE

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Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può essere sempre esercitata liberamente (331).

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•Nel Collegio episcopale continua e si perpetua il Collegio Apostolico fondato da Cristo, per cui vige tra i Vescovi il principio della collegialità.

•Tra il Romano Pontefice e i Vescovi esiste il medesimo rapporto che univa Pietro e gli Apostoli. In conseguenza, il Romano Pontefice è il Capo del Collegio Episcopale, come Pietro era Capo del Collegio Apostolico.

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•Il Romano Pontefice è il successore di S. Pietro e i Vescovi sono successori degli Apostoli, però il modo della successione ha un carattere diverso: -Il Romano Pontefice succede a Pietro direttamente, in quanto ne eredita gli uffici di Pastore universale della Chiesa e di Capo del Collegio Episcopale; -I Vescovi, invece, succedono agli Apostoli attraverso il Collegio Episcopale di cui fanno parte, e non ereditano le prerogative speciali che essi ebbero da Cristo.

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•Di conseguenza, mentre la potestà di ogni singolo Apostolo si estendeva a tutta la Chiesa, quella dei singoli Vescovi è limitata ad una Chiesa particolare. •La potestà dei Vescovi nella Chiesa universale è soltanto di natura collegiale ed ha come condizione la «comunione gerarchica» col Papa, capo del Collegio. Il c. 331 è denso di contenuto teologico e giuridico. In esso si afferma che il Romano Pontefice possiede la pienezza del potere pastorale, chiamato primato, il quale non è solo di onore né di carattere presidenziale, ma in senso proprio di giurisdizione e di governo su tutta la Chiesa.

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Per diritto divino il Romano Pontefice è:

•Successore di S. Pietro e come tale, rivestito della stessa funzione di governo pastorale, conferita da Cristo individualmente all’Apostolo •Il capo del Collegio Episcopale come Pietro era il capo del Collegio Apostolico•Vicario di Gesù Cristo per la Chiesa universale •Il Pastore della Chiesa Universale

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POTESTA’ DEL ROMANO

PONTEFICE

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In forza del suo ufficio, il Romano Pontefice ha una potestà: Ordinaria, in quanto è annessa al suo ufficio; Suprema, in quanto nella Chiesa non esiste alcuna potestà che sia superiore o uguale o che non le sia soggetta. Per questo motivo, contro una decisione del Papa non si dà ricorso o appello: «Roma locuta est, causa finita est».

Piena, perché non le manca nessun mezzo necessario o utile al raggiungimento del fine: comprende il potere dì insegnare, di santificare e dì governare in tutta la Chiesa e con tutte le relative funzioni.

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•Immediata, in quanto la può esercitare direttamente per sé o per mezzo dei suoi Vicari su persone, luoghi e cose e non è tenuto ad esercitarla mediante i rispettivi Vescovi locali.

•Universale, in quanto si estende su tutta la Chiesa: -circa il territorio: Chiesa Universale e Chiese

particolari; -circa le persone: pastori e fedeli; -circa le cose: fede, costumi, disciplina,

amministrazione ecc

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•Indipendente nella sua origine, perché la riceve direttamente da Dio; e non tramite il Collegio dei Cardinali riuniti in conclave

•Indipendente nel suo esercizio valido e lecito, perché giuridicamente non è responsabile dinanzi ad alcuna potestà umana

•Libera, perché la può esercitare sempre liberamente

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.

In rapporto alla potestà di governo o pastorale, il Romano Pontefice ha: •il potere legislativo su tutta la Chiesa: nel 1983 ha promulgato il nuovo CIC per la Chiesa Latina e nel 1990 il nuovo CIC per le

Chiese Orientali; •il potere giudiziario che esercita su tutta la Chiesa, mediante i suoi Tribunali, che sono il Tribunale della Rota Romana, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e la Penitenzeria Apostolica; •il potere amministrativo, in quanto, in virtù del suo primato, il Romano Pontefice è il Supremo Amministratore.

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•VESCOVO DI ROMA•ROMANO PONTEFICE, perché è il successore di S. Pietro nella sede di Roma e come tale è rivestito della stessa potestà conferita da Cristo a S. Pietro. •CAPO DEL COLLEGIO EPISCOPALE, come S. Pietro era capo del Collegio Apostolico. •VICARIO DI CRISTO, perché è il Vicario del Capo invisibile della Chiesa, che è Cristo. •PASTORE DELLA CHIESA UNIVERSALE, come i Vescovi sono pastori per le singole Chiese particolari (LG 21/334)•PATRIARCA D'OCCIDENTE •PRIMATE D'ITALIA •SOVRANO DELLO STATO CITTÀ DEL VATICANO

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Uno dei modi di esercitare il Primato è la riserva di alcune cause che devono essere trattate esclusivamente dal Romano Pontefice. Il Romano Pontefice, come Vescovo della Chiesa Universale, ha la potestà diretta e immediata nelle singole Chiese e sui singoli Vescovi, la cui potestà è propria ed anche piena, però subordinata nell'esercizio. Le cause maggiori direttamente o indirettamente riguardano più la Chiesa Universale come tale che le singole Diocesi e i singoli Vescovi.

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Le cause maggiori sono di due specie:

A) Cause maggiori «ex natura sua», in quanto spettano alla suprema potestà per loro natura intrinseca

B) Cause maggiori per diritto positivo perché riguardano il bene della Chiesa Universale

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Le cause ex natura sua sono le seguenti: a)Quelle che suppongono la infallibilità o sono connesse con la fede o con i costumi: definizione di dogmi, canonizzazioni, condanna di errori ...;

b) Quelle che richiedono la suprema potestà: regime della Chiesa Universale, promulgazione ed abrogazione di leggi universali, convocazione e celebrazione di concili ecumenici ecc.;

c) Quelle che riguardano la costituzione della Chiesa o le relazioni delle Chiese particolari con la suprema Autorità o tra di loro: erezione o innovazioni di Diocesi e di Province ecclesiastiche, nomina e trasferimento di Vescovi

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Le cause per diritto positivo sono le seguenti:

a)quelle che riguardano la dottrina: Beatificazione di Servi di Dio, approvazione di libri liturgici ecc.

b) quelle che riguardano il governo: esenzione degli IVC e il loro regime interno, la costituzione di impedimenti per tutta la Chiesa;

c) quelle che riguardano i giudizi nei quali sono parte in causa persone di una dignità speciale: cause circa la sacra Ordinazione, la dispensa super matrimonio rato et non consummato

d) quelle che riguardano pene da infliggersi a certe persone

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Inoltre al Sommo Pontefice compete anche una potestà particolare:

• Primate d'Italia e delle Isole adiacenti;

•Patriarca di tutto Occidente (già dal secolo IV°);

•Metropolita della Provincia Romana; •Vescovo della Diocesi di Roma, potestà che esercita per mezzo del Cardinale Vicario; •Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, potestà che esercita per mezzo della Commissione Cardinalizia per la Città del Vaticano.

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Il modo della elezione del Romano Pontefice non è stato determinato dal diritto divino ma essa avviene per elezione canonica: appena l'eletto dichiara di volere accettare, immediatamente riceve da Dio la piena e suprema potestà sulla Chiesa Universale (332/1).

La disciplina vigente per l'elezione del Romano Pontefice è contenuta nella Costituzione Apostolica «Universi Dominici Gregis» emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio1996.

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Requisiti del candidato• deve essere uomo • deve ricevere l'Ordine sacro se ne è privo• deve godere l'uso di ragione • deve essere membro della Chiesa

Elettori del Sommo Pontefice sono i Cardinali che non hanno superato 1'800 anno di età (Cost. Ap., art. 33).

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Aboliti i modi di elezione detti «per acclamationem seu inspirationem» e «per compromissum», la forma di elezione del Romano Pontefice è unicamente «per scrutinium».

Per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono i due terzi dei suffragi, computati sulla totalità degli elettori presenti (Cost Ap., art. 62).

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Il Romano Pontefice ottiene potestà piena e suprema nella Chiesa con la legittima elezione, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale.

Pertanto, l'eletto al sommo pontificato, il quale è già insignito del carattere episcopale, ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione. Se l'eletto fosse privo del carattere episcopale, sia ordinato Vescovo immediatamente (332). La cessazione dall'ufficio ordinariamente avviene per la morte del Pontefice.

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Nel caso che il Romano Pontefice rinunzi al suo ufficio, per la validità si richiede che la rinunzia sia fatta liberamente e sia debitamente manifestata, ma non si richiede che sia accettata da alcuno (332/2).

Il Romano Pontefice accetta liberamente il suo ufficio e liberamente può rinunziarvi, supposta, per la liceità una causa giusta e proporzionata Celebre è la rinunzia fatta da Papa Celestino V, dopo 5 mesi ed 8 giorni dalla sua elezione (13 dicembre1294) e quella più recente di Benedetto

XVI l’11 febbraio 2013.

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Poiché la rinunzia non ha bisogno di accettazione da parte di alcuno, non è determinata alcuna formalità concreta.Si richiede soltanto che sia fatta liberamente, ai sensi del can. 188 e che sia manifestata debitamente, nella forma che lo stesso Romano Pontefice riterrà più opportuna. Fatta la rinunzia, ipso iure divino, la persona viene privata della suprema potestà. Il Collegio dei Cardinali dovrà soltanto constatare l'avvenuta rinunzia per procedere alla elezione del nuovo Pontefice.

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La cessazione dall'ufficio può verificarsi anche per altre due cause:

• insania perpetua

• lapsu in haeresi publica et manifesta ut persona privata

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Durante la Sede vacante la Chiesa viene retta collegialmente dal Collegio dei Cardinali, «in rebus ordinariis». Le norme sulla «Vacanza della Sede Apostolica» sono contenute nella parte prima della Cost. Ap. «Romano Pontifici eligendo». «Durante la vacanza della Sede Apostolica, il governo della Chiesa rimane affidato al Sacro Collegio dei Cardinali per il solo disbrigo degli affari ordinari e di quelli indilazionabili, e per la preparazione di tutto ciò che è necessario all'elezione del nuovo Papa, nei termini e nei limiti indicati da questa Costituzione» (art. l).

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IL COLLEGIO DEI VESCOVI

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1. Il Collegio Episcopale non è da intendersi in senso strettamente giuridico, come di un gruppo di eguali che demandano il loro potere al Presidente, ma di un gruppo stabile, la cui struttura e attività devono essere dedotte dalla Rivelazione (nep l).

2. Il Collegio è di istituzione divina: -il suo capo è il Romano Pontefice, successore di S. Pietro;-i membri sono i Vescovi, successori degli Apostoli.

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3. Come tale, il Collegio dei Vescovi continua e perpetua ininterrottamente il Collegio Apostolico.

4. I Vescovi sono membri del Collegio ad una duplice condizione: - che abbiano ricevuto la consacrazione episcopale; - che abbiano l'effettiva comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio Episcopale.

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5. Il Collegio Episcopale suppone necessariamente e sempre il Capo, senza del quale non può esistere. Il Capo può compiere alcuni atti che non competono in alcun modo ai Vescovi: convocare il Concilio ecumenico, approvare le norme di azione.

6. Il soggetto della piena e suprema potestà è duplice nella Chiesa universale: Romano Pontefice e Collegio Episcopale.

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Essi, però, non sono separati né separabili perché il Romano Pontefice, per diritto divino,è anche membro del Collegio Episcopale eCapo di esso. Il Collegio non esiste né può esisteresenza di lui.

Ciononostante i due soggetti sono distinti,poiché il Capo può agire da sé senza il Collegio,mentre il Collegio non potrebbe agire senza ilCapo.

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I Vescovi esercitano la loro potestà piena e suprema su tutta la Chiesa in una duplice forma:

• In forma solenne, quando sono riuniti collegialmente nel Concilio Ecumenico o Universale • In forma non solenne, se sparsi in tutto il mondo, operano insieme con azione congiunta, indetta o accettata come tale dal Romano Pontefice, in modo da risultare un vero atto collegiale

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Spetta al Romano Pontefice, tenuto conto delle necessità della Chiesa, scegliere e promuovere la forma concreta di tale azione collegiale dei Vescovi, per il governo pastorale della Chiesa.

Esempi del secondo tipo sono le consultazioni a livello mondiale scelte dai vari Papi negli ultimi due secoli: - da Pio IX, per la proclamazione del dogma dell 'Immacolata Concezione; - da S. Pio X, per la compilazione del Codex Iuris Canonici; - da Pio XII, per la proclamazione del dogma dell' Assunzione di Maria SS. al cielo; - da Paolo VI e da Giovanni Paolo Il, per la revisione del Codex Iuris Canonici.

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I CONCILI(cc. 336-341; 439-446)

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Il CIC tratta dei Concili perché la potestà di governo nella Chiesa può essere esercitata

- individualmente, ossia da persone singole (Romano Pontefice e Vescovi)

- collegialmente, ossia per mezzo di organismi che non sono di diritto divino ma solo di diritto ecclesiastico, organismi che non sono strettamente necessari, ma che si rivelano molto utili per il bene della Chiesa Universale e per il bene anche delle Chiese particolari.

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I Concili, in genere, sono organi collegiali straordinari e non necessari nella Chiesa.

Anticamente si chiamavano indifferentemente Concili o Sinodi; da Benedetto XIV la voce Sinodo venne usata per indicare il solo Sinodo Diocesano

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Organi di governo individuali: Romano Pontefice Vescovi

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Organi di governo Collegiali -Deliberativi Concili Ecumenici

Particolari (Plenari- Provinciali)

Congregazioni Tribunali

-Consultivi Sinodo dei Vescovi Conferenze Episcopali Sinodi Diocesani Consiglio Presbiteriale Consiglio Pastorale

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Il Concilio è la riunione legittima dei Vescovi e di altri Prelati sotto il Romano Pontefice per trattare e deliberare cose che riguardano la Chiesa.

• È la riunione di un organo collegiale straordinario di diritto ecclesiastico.

• legittima: il Concilio riceve la potestà dal diritto e non immediatamente da Dio; come tale deve svolgersi secondo la legge dalla quale riceve la potestà;

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• dei Vescovi: in quanto differisce dal Sinodo diocesano che è la riunione dei presbiteri e di altri ecclesiastici e laici di una diocesi, fatta dal Vescovo per trattare cose che riguardano la vita pastorale e la disciplina ecclesiastica; • e di altri Prelati: secondo il diritto vigente, vi partecipano anche altri Prelati equiparati ai Vescovi • per trattare e deliberare: in questo differisce dal Sinodo, dai Consigli, che in genere sono organi semplicemente consultivi; • di affari che riguardano la Chiesa: la Chiesa Universale (Concilio Ecumenico), o le Chiese particolari (Concilio plenario e Provinciale).

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Il Concilio è di due specie:

•Ecumenico

• Particolare

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E’ la riunione di tutta la Chiesa col Romano Pontefice per trattare e deliberare di cose che riguardano la Chiesa universale. •Convocazione fatta dal Romano Pontefice (338/1; L022/336-37);

•Rappresentanza morale di tutta la Chiesa mediante la partecipazione di molti Vescovi. Il giudizio circa il numero dei partecipanti spetta al Papa

•Approvazione da parte del Romano Pontefice: senza di questo requisito gli atti collegiali anche di tutti i Vescovi non possono essere atti del Concilio ecumenico (LO 22/336-37).

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E’la riunione legittima di tutti i Vescovi di una circoscrizione territoriale (Nazione o Provincia), sotto il legittimo superiore, per trattare e deliberare di cose riguardanti la medesima. Le deliberazioni devono essere approvate dalla Sede Apostolica (446).

Il Concilio particolare è duplice: - Plenario: la riunione dei Vescovi di una Conferenza Episcopale, sotto la presidenza di un Vescovo eletto dalla medesima e approvato dal Papa (441);

- Provinciale: la riunione dei Vescovi di una Provincia ecclesiastica col proprio Metropolita (442).

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.Il Concilio ecumenico non è necessario «Iure divino» perché Gesù Cristo non ha prescritto azioni collegiali e perché il Romano Pontefice possiede la pienezza della potestà; non è necessario neppure «Iure canonico» perché l'eventuale celebrazione viene decisa liberamente dal Papa.

I Concili particolari non sono necessari «iure divino» e neppure «dure canonico»: vengono celebrati ogni volta che risultino necessari o utili alla Conferenza Episcopale, con l'approvazione della Sede Apostolica (439/1). I Concili, anche se non assolutamente necessari, possono essere molto utili e a volte anche necessari per promuovere l'unità di azione interna ed esterna

NecessitàNecessità

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Concili particolari sono Collegi canonici «simpliciter». Perciò devono applicare le norme generali dei Collegi: devono constare almeno di tre persone fisiche tra di loro uguali, che hanno gli stessi diritti e doveri, distinti dai diritti e dai doveri dei singoli; essi devono essere esercitati collegialmente ed a maggioranza di suffragi (119).

Il Concilio ecumenico è un collegio canonico «sui generis». Non bastano tre persone fisiche, le decisioni hanno valore non dalla semplice maggioranza dei suffragi, ma dall'approvazione e conferma del Romano Pontefice.

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•non procede dalla volontà dei singoli fedeli, poiché ad essi Gesù Cristo non affidò alcuna potestà da trasmettere alla Gerarchia; •non è la somma delle Potestà individuali ed è distinta dall'Ufficio episcopale in sé circa le Chiese particolari: la potestà del Concilio è collegiale e suprema e tende alla Chiesa Universale; •non deriva da un patto comune, poiché il diritto non consente che la potestà di governare le Chiese particolari venga delegata.

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Nei Concili ecumenici è di diritto divino, in quanto è un modo di esercitare il primato;

Nei Concili particolari deriva «ex iure canonico».

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Natura giuridica della potestà dei ConciliTale potestà è •canonica •collegiale •suprema

nel Concilio Ecumenico

Tale potestà è•propria •episcopale

negli altri Concili.

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Canonica, perché procede immediatamente dalla volontà del Romano Pontefice • Nel Concilio Ecumenico la potestà dei Padri è propria ed episcopale, sebbene subordinata, o vicaria del Romano Pontefice. Nel primo caso è la stessa potestà episcopale non distinta da quella che essi hanno nelle proprie diocesi. Però la potestà esercitata in Concilio è più subordinata al Romano Pontefice: i Vescovi non possono convocare il Concilio, predisporre l'ordine della materia da trattare, confermare gli atti...

Non è di diritto divino la potestà dei Padri che non sono Vescovi: essa è certamente ecclesiastica, ordinaria, vicaria del Romano Pontefice.

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• Nei Concili Particolari la potestà dei Vescovi sembra essere veramente episcopale: tuttavia gli atti vengono approvati dal Romano Pontefice, però rimangono sempre atti del Concilio.

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Collegiale e perciò distinta dalla potestà che i Vescovi esercitano nelle rispettive diocesi: ciò che compete al Collegio non compete ai singoli.

E più ampia, perché viene esercitata sulla Chiesa universale o nella Provincia; e superiore: suprema nel Concilio ecumenico, sopra episcopale nei Concili particolari, poiché i Decreti obbligano in tutte le diocesi, anche in quelle rette dai Vescovi che hanno dato voto contrario; essi non possono dispensare dagli obblighi imposti dai Concili particolari.

 

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•Nel Concilio ecumenico è duplice, realmente ma inadeguatamente distinto: Collegio episcopale e Romano Pontefice. -Realmente distinto, perché un soggetto è il Collegio episcopale e l'altro è il Romano Pontefice -Inadeguatamente, perché il Concilio, come tale, consta di tutti e due i soggetti: come parte non si distingue adeguatamente dal tutto, così il capo non si distingue dal Corpo.

•Nei Concili particolari il soggetto della potestà è lo stesso Concilio.

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IL SINODO DEI VESCOVI

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Nel Concilio Vaticano II fu sancito il principio della collegialità dei Vescovi (LG 22); come conseguenza della collegialità episcopale, Paolo VI istituì il Sinodo dei Vescovi (AS 25.9.1965) e successivamente approvò il Regolamento del Sinodo (Ugn 8.12.1966).

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Il Sinodo dei Vescovi è un Istituto ecclesiastico centrale con sede in Roma, che rappresenta tutto l'Episcopato cattolico, di natura sua perpetuo, quanto alla struttura, però temporaneo quanto alla funzione, e usa il suo ufficio all' occasione.

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Il fine del Sinodo viene precisato dal documento pontificio col quale esso è stato istituito e dal can. 342: favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e prestare aiuto col consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo.

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Il Sinodo risulta composto di un numero di Vescovi appartenenti a tutta la Chiesa cattolica, sia latina che orientale; alcuni Vescovi sono membri del Sinodo ex officio, altri ex electione e vengono eletti di volta in volta dalle rispettive Conferenze Episcopali ed altri vengono nominati direttamente dal Romano Pontefice; a questi si aggiungono alcuni membri di IVC clericali, eletti a norma del diritto particolare.

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Tale composizione vale per l'assemblea generale ordinaria e per l'assemblea generale straordinaria.

Il Sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea speciale è composto soprattutto di membri scelti da quelle regioni per le quali il Sinodo viene convocato, a norma del diritto peculiare da cui è retto il Sinodo (346).

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Il Sinodo dei Vescovi non ha potere deliberativo, a meno che il Papa non lo voglia, caso per caso.

Page 63: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Il Sinodo dei Vescovi si può riunire così:

• Assemblea generale ordinaria• Assemblea generale straordinaria • Assemblea speciale (346).

La procedura per ogni tipo di assemblea viene stabilita dalle norme costitutive.

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La convocazione viene fatta dal Papa a tempo opportuno nei modi opportuni. Spetta a lui anche: • designare il luogo in cui tenere le assemblee • ratificare l'elezione dei membri che devono essere eletti • designare e nominare gli altri membri • stabilire gli argomenti delle questioni da trattare • definire l'ordine dei lavori • presiedere il Sinodo personalmente o attraverso altri • concludere, trasferire, sospendere e sciogliere il Sinodo (344).

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Quando si conclude l'Assemblea per la quale il Sinodo è stato convocato cessano ipso facto sia la composizione del Sinodo, sia gli uffici e gli incarichi che appartengono ai singoli come tali. Il Sinodo però ha la sua Segreteria generale permanente, presieduta dal suo Segretario generale, nominato dal Romano Pontefice, il quale viene aiutato da un consiglio di Segreteria composto di Vescovi. Ogni Assemblea ha il suo Segretario che resta in carica sino alla fine dei lavori.

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CHIESE PARTICOLARI

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Principio TeologicoLe Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la Chiesa cattolica una e unica, sono soprattutto le diocesi, alle quali sono assimilate le prelature, le abbazie territoriali, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica, e inoltre 1'amministrazione apostolica stabilmente eretta (368; LG 23; CD 2).

Page 68: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Rapporti essenziali fra la Chiesa universale e la Chiesa particolareI rapporti essenziali fra la Chiesa universale e la Chiesa

particolare sono i seguenti: •Non sono due realtà diverse, distinte o parallele, molto

meno contrapposte, ma una realtà unica, poiché è nelle Chiese particolari e dalle Chiese particolari che la Chiesa universale vive e sussiste ed è in esse che si manifesta e opera nel mondo, e d'altra parte la Chiesa particolare non è concepibile senza il suo essenziale riferimento alla Chiesa universale.

•La Chiesa universale non è la somma delle Chiese particolari o la loro confederazione sotto la presidenza della Sede Romana: formano insieme un organismo unitario, il Corpo mistico di Cristo.

Page 69: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

• La Chiesa particolare non è una semplice rappresentazione della Chiesa universale: è la Chiesa universale che vive ed opera in un determinato luogo o in una determinata comunità di fedeli.

• La Chiesa particolare non è una sezione della Chiesa universale, come può essere una provincia civile nei confronti dello Stato: "E una porzione del Popolo di Dio, nell’ambito di un determinato territorio, la quale «formata ad immagine della Chiesa universale (LO 23), ne ha la completezza, possedendone tutte le proprietà essenziali, tutti gli elementi costitutivi: la parola, i sacramenti, il ministero sacro, i doni dello Spirito: È una parte che contiene il tutto.

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• La Chiesa particolare. è la manifestazione concreta della Chiesa universale in un determinato ambito spazio-temporale, in una determinata «porzione del Popolo di Dio», è la sua attualizzazione, la sua incarnazione, la sua espressione autentica. • Questa Chiesa di Cristo è veramente presente in

tutte le legittime comunità di fedeli, le quali, in quanto aderenti ai loro pastori, anch'esse sono chiamate Chiese nel nuovo Testamento. Esse, infatti, sono nella loro sede, il Popolo nuovo chiamato da Dio con l'effusione dello Spirito Santo e con grande dovizia di doni.

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La DIOCESI è «una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali di un Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio».

Suoi elementi costitutivi essenziali sono 3:

a)il pastore proprio;

b) il presbiterio;

c) il popolo fedele.

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Elemento formale è l'erezione da parte della competente autorità, la Sede Apostolica.

Le Diocesi devono essere divise in parrocchie; più parrocchie vicine possono essere riunite in vicariati foranei (374).

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Alle diocesi, ex iure, sono assimilate le altre Chiese particolari:

1) Prelature territoriali: ad esse ordinariamente è preposto un Vescovo2) Abbazie territoriali: ne esistono 15 di cui 11

sono benedettine3) Vicariati apostolici: strutture essenzialmente

missionarie rette ordinariamente da un Vescovo4) Prefetture apostoliche: anche queste strutture

missionarie, rette da un Prefetto apostolico, non insignito di carattere episcopale

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I VESCOVI IN GENERE

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I Vescovi, che per divina istituzione sono successori degli Apostoli, mediante lo Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori della Chiesa perché siano anch'essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri del governo.

Con la stessa consacrazione episcopale i Vescovi ricevono, con l'ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e governare, i quali tuttavia, per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col Capo e con le membra del Collegio (375-2).

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Nel canone citato vengono affermati i seguenti principi teologici:

1° I Vescovi sono successori degli Apostoli e ciò «ex divina institutione» in quanto la potestà pastorale degli Apostoli passa ai successori, però con differenza circa il modo di acquistarla: gli Apostoli vennero scelti direttamente da Gesù e da Lui ricevettero la potestà di governo; i Vescovi, al contrario, vengono scelti in modo umano e ricevono dagli uomini tale potestà «quoad exercitium»;

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Gli immediati successori degli Apostoli vennero scelti dagli stessi Apostoli e da loro ricevettero la potestà di reggere le singole Chiese.

I successori mediati (i Vescovi) vengono scelti secondo le norme canoniche e ricevono la potestà di governo mediante la «missio canonica».

I Vescovi, dunque, sono successori degli Apostoli in questo senso: nei diritti ordinari dell'ufficio pastorale e non già nei diritti dell'ufficio apostolico.

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2° Per divina istituzione vengono posti a capo delle Chiese particolari: l'episcopato, infatti, è di diritto divino (non è istituito dagli Apostoli, come dicono gli Anglicani, Harnack

ecc.) e perciò neppure il Papa potrebbe abolirne l'ufficio o limitarlo sensibilmente: «La missione divina affidata da Cristo agli Apostoli durerà sino alla fine dei secoli. Per questo gli Apostoli, in questa società gerarchicamente organizzata, ebbero cura di costituirsi dei successori» (LG 20/331).

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3° Tali uffici non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col capo e con le membra del Collegio, proprio come gli Apostoli reggevano le loro Chiese sotto la dipendenza di S. Pietro.

4° I Vescovi reggono le Chiese particolari con potestà ordinaria perché non sono delegati di nessuno, neppure del Romano Pontefice: «Questa potestà, che personalmente esercitano in nome di Cristo, è propria, ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in definitiva regolato dalla suprema autorità della Chiesa ... » (LG 27/351).

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5° È necessaria la comunione gerarchica col Romano Pontefice, capo del Collegio episcopale e con gli altri membri del Collegio, perché il Vescovo, nell'esercizio della sua missione episcopale non è isolato: egli esercita le sue funzioni in quanto è membro del Collegio Episcopale (cf. LG 22, l).

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La consacrazione episcopale è la fonte radicale, ontologica, dei poteri episcopali, però, la «missio canonica» da parte del Capo del Collegio costituisce la determinazione giuridica che conferisce lo «exercitium iuris» (Nep).

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IdoneitàPer l'idoneità di un candidato all'episcopato si richiede che:

l° Sia eminente per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtù umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto a compiere l'ufficio in questione 2° goda di buona reputazione

3° abbia almeno 35 anni di età

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4° sia presbitero almeno da 5 anni;

5° abbia conseguito la laurea dottorale o almeno la licenza in sacra Scrittura, teologia o diritto canonico in un istituto di studi superiori approvato dalla Sede Apostolica, oppure sia almeno veramente esperto in tali discipline. Il giudizio definitivo sull'idoneità del candidato spetta alla Sede Apostolica (37811-2).

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Consacrazione

• Deve essere ricevuta entro tre mesi utili, a decorrere dalla ricezione della lettera apostolica, salvo il caso di legittimo impedimento

• Per la liceità della ordinazione episcopale (non per la validità) si richiedono almeno tre Vescovi (1014)

• La consacrazione deve precedere la presa di possesso dell'ufficio (379).

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Professione di fede

Prima di prendere possesso canonico del suo ufficio, colui che è promosso emetta la professione di fede e presti giuramento alla Sede Apostolica, secondo la formula approvata dalla medesima (380).

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I VESCOVI DIOCESANI

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DefinizioneÈ il Vescovo cui è stata affidata la cura pastorale

dì una diocesi, che regge con potestà ordinaria, propria e immediata che si richiede per l'esercizio del suo ufficio pastorale, eccettuate quelle cause che, per diritto o per decreto del Sommo Pontefice, sono riservate all'autorità suprema o ad altra autorità ecclesiastica.

Al Vescovo diocesano sono giuridicamente equiparati quelli che presiedono ad altra comunità di fedeli (Prelati e Abbati territoriali, Vicari e Prefetti Apostolici), se non consta diversamente dalla natura della cosa (colui che non è insignito della dignità episcopale non può conferire gli Ordini ) ovvero dalla prescrizione del diritto (il c. 400 stabilisce una norma differente per la visita ad limina).

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Possesso CanonicoLo «exercitium iuris» il Vescovo lo acquista

con il possesso canonico. Questo deve essere effettuato «entro 4 mesi a

decorrere dalla ricezione delle lettere apostoliche, se non è stato già consacrato vescovo; entro 2 mesi dalla medesima ricezione, se è stato già consacrato» (382).

Poiché si tratta di «tempo utile», qualsiasi impedimento scusa dalla sua osservanza (201/2).

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La procedura del possesso canonico avviene secondo queste modalità: • mediante la presentazione delle «lettere apostoliche al Collegio dei Consultori, alla presenza del Cancelliere della Curia che ponga la cosa in atti»; • mediante la «comunicazione delle medesime al Clero e al popolo, mentre il presbitero più anziano degli astanti redige il verbale relativo, se si tratta di una diocesi di nuova erezione» (382/3).• è consigliabile che essa avvenga «con un'azione liturgica nella Chiesa cattedrale, alla presenza del clero e del popolo» (382/4).

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Principali doveri pastoraliI principali obblighi sono quelli che riguardano

la sollecitudine e lo zelo:

l) verso i fedeli in genere, che abitano nel territorio della diocesi, qualunque sia la loro età, condizione o nazionalità;

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2) Settori speciali che meritano una particolare attenzione: a) i fedeli, che per la loro condizione di vita, non possono beneficiare sufficientemente della cura pastorale ordinaria: i poveri, gli anziani, gli ammalati, i giovani, gli operai, i carcerati, gli emigrati, i turisti ecc. (383/1);

b) Coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa, oppure hanno abbandonato la fede, professano l'ateismo, sono esposti ai pericoli della secolarizzazione (38311): c) I fedeli di rito diverso (383/2); d) I fedeli che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica (383/3); e) I non battezzati (38314);

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3) I presbiteri, che sono i suoi collaboratori diretti, indispensabili e i suoi precipui consiglieri, e devono essere trattati «come fratelli ed amici ed avere a cuore il benessere spirituale e anche materiale». Ne deve difendere i diritti ed aver cura che adempiano gli obblighi propri del loro stato.

4) La cura delle vocazioni ecclesiastiche, religiose e missionarie (385).

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5) Il ministero della parola. Questo è il dovere più importante del Vescovo, perché è il «maestro della fede» (386/1);

6) La difesa dell'integralità e dell'unità della fede (38612);

7) L'impegno per la santità propria e dei fedeli (387);

8) La Messa «pro populo» (388)

9) La celebrazione della SS.ma Eucarestia (389).

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Poteri di governoOltre il «munus docendi» e il «munus sanctificandi»

il Vescovo diocesano, nella Chiesa particolare affidata alla sua cura, ha pure il «munus regendi», nella sua triplice funzione, legislativa, esecutiva e giudiziaria.

Egli esercita: •La funzione legislativa sempre e solo

personalmente, perché questa non è delegabile•La funzione esecutiva o amministrativa, sia

personalmente sia per mezzo dei suoi vicari generali ed episcopali

•La funzione giudiziaria, sia personalmente sia mediante il suo Vicario giudiziale (391).

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Altri obblighi1) Tutelare la disciplina ecclesiastica

2) Vigilare contro possibili abusi soprattutto per quanto riguarda:

•il ministero della parola •la celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali •il culto di Dio e dei santi •l'amministrazione dei beni ecclesiastici (392); 3) Promuovere il coordinamento delle opere di apostolato

(394);

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4) Rappresentare giuridicamente la diocesi (393); 5) Risiedere personalmente in diocesi dalla quale si potrà assentare legittimamente per un periodo non superiore ad un mese ogni anno (395); 6) Essere presente in diocesi nelle maggiori solennità dell'anno: Natale, Settimana santa, Pasqua, Pentecoste e Corpus Domini (395/3); 7) Visitare canonicamente ogni anno la diocesi, o tutta o in parte, in modo che l'intera diocesi sia visitata almeno ogni quinquennio (396-398);

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8) Fare la relazione quinquennale e la Visita «Ad limina Apostolorum» (399-400); 9) È invitato, dopo aver compiuto il 75° anno di età, a presentare le dimissioni del suo ufficio al S. Padre, «il quale deciderà in merito dopo aver vagliato tutte le circostanze» (401).

Il Vescovo dimissionario conservare il titolo di «emerito» della diocesi di cui ha lasciato l'ufficio; se lo desidera, può conservare la residenza nella stessa diocesi

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LA PARROCCHIA

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La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell' ambito di una Chiesa particolare e la cui cura è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore (515/1).

«La parrocchia rimane ancor oggi una formula superlativa di vita comunitaria modernissima, polivalente, facile ed eroica nello stesso tempo. Essa è tuttora un organo indispensabile di primaria importanza nella struttura vitale della Chiesa» (Alloc. di PAOLO VI).

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Elementi essenziali: - Personale: la comunità di fedeli -Istituzionale: il proprio pastore

Elementi integranti: - Il territorio. Pur essendo ammessi altri criteri (rito,

lingua, nazionalità) per la divisione del Popolo di Dio, il criterio del territorio è stato e rimane il criterio fondamentale (518) - la Chiesa: ogni comunità di fedeli deve avere un luogo ove riunirsi per ascoltare la parola di Dio, celebrare l'Eucarestia

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CompetenzaEssendo il Vescovo «il Pastore della Chiesa

particolare affidata alle sue cure», a lui compete ogni atto giuridico relativo alla parrocchia:

•erezione •soppressione •innovazione. Egli, tuttavia, non deve procedere alla erezione,

alla soppressione o ad una innova notevole della medesima «senza aver sentito il Consiglio presbiterale (515/2).

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La parrocchia eretta legittimamente gode di personalità giuridica per il diritto stesso (515/3).

Se il diritto non dispone diversamente, alla parrocchia è equiparata la quasi parrocchia, che è una parrocchia in formazione, in attesa di condizioni idonee (516/1).

Natura

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I PARROCI

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«Il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura Pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione degli altri presbiteri o diaconi e con l'apporto dei fedeli laici, a norma del diritto» (519).

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RequisitiPerché uno sia nominato parroco validamente:

•Deve essere costituito nel sacro ordine del presbiterato;

•Deve distinguersi per sana dottrina e onestà di vita; •Deve essere dotato di zelo per le anime e di ogni

altra virtù; •Deve avere quelle qualità richieste sia dal diritto

universale che da quello particolare

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DurataIl parroco deve godere di una certa stabilità. Questa,

secondo il legislatore si potrà ottenere in due modi alternativi:

•nominando il parroco a tempo indeterminato;

•nominando il parroco a tempo determinato «solamente se ciò fu ammesso per decreto della Conferenza episcopale»

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Avvalendosi della facoltà concessa dal 2° comma del canone, la Conferenza episcopale italiana ha decretato che tale nomina possa essere fatta anche per 9 anni (Decreto 6 ottobre 1986);

Le Conferenze episcopali, di Spagna e di Francia hanno stabilito un termine di 6 anni;

La decisione della Conferenza episcopale, non è vincolante per i singoli Vescovi, i quali sono liberi di fare le nomine anche a tempo indeterminato

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Provvisione del ParrocoLa nomina del parroco, per principio generale, viene

fatta dal Vescovo per libero conferimento, Solo eccezionalmente si ammette che la provvista del

parroco possa avvenire:•per «istituzione», ciò che si verifica nel caso di un

membro di IVC o di SVA, che viene presentato dai propri Superiori (cf c, 682);

•per «conferma», ciò che si verifica se qualcuno abbia diritto di designare il candidato mediante l'elezione (523).

La parrocchia vacante il Vescovo l'affida «a chi ritiene idoneo ad esercitare la cura pastorale, «sentito il Vicario foraneo» (524).

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Norma generale è questa: per assicurare l'unità di governo e per evitare possibili conflitti di competenza, per una sola parrocchia vi sia un solo parroco o moderatore

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Norme eccezionali determinate dalla scarsezza di sacerdoti o da altre circostanze sono le seguenti: •al medesimo parroco può essere affidata la cura di più parrocchie vicine; •la cura pastorale di una o più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata in solido a più sacerdoti, a condizione tuttavia che uno di essi sia il Moderatore nell'esercizio della cura pastorale, tale cioè che diriga l'attività comune e di essa ne risponda davanti al Vescovo» (51711);

Page 111: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

•A motivo della scarsezza di sacerdoti, il Vescovo potrà affidare «ad un diacono o ad una persona non insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una partecipazione nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia». In questo caso, però, dovrà costituire «un sacerdote il quale, con la potestà e le facoltà di parroco, sia il moderatore della cura pastorale» (517/2);

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Il parroco non deve essere una persona giuridica:

• se la parrocchia ha la sede nella chiesa cattedrale, il parroco lo nomina liberamente il Vescovo (51012);

• se la parrocchia è affidata ad una comunità religiosa, il candidato parroco viene presentato dal Superiore religioso ed istituito dal Vescovo (682)

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CompitiIl Parroco, che acquista lo «exercitium iuris» con

la presa di possesso (527/l), ha i seguenti compiti di carattere pastorale:

a) l'esercizio del «munus docendi», mediante: •l'istruzione sulle verità della fede, con l'omelia e

con l' istruzione catechistica; la formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani;

•la promozione dello spirito evangelico, anche in ordine alla questione sociale (52811);

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b) l'esercizio del «munus sanctificandi», avendo come particolare oggetto: •la cura perché la SS. Eucaristia sia il centro vitale della comunità parrocchiale; •l'amministrazione dei Sacramenti, soprattutto della SS. Eucaristia e della Penitenza; •l'incremento della preghiera individuale e familiare (528/2);

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c) l'esercizio del «munus regendi», che, tra l'altro, impone:

•la conoscenza personale dei fedeli, mediante anche la visita alle famiglie; •la partecipazione alle preoccupazioni di ciascuno e di tutti; •la correzione prudente e riguardosa, l'assistenza ai malati, la promozione della vita cristiana nelle famiglie (529).

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FunzioniLe funzioni affidate al parroco in modo speciale

sono le seguenti: • amministrare il battesimo; • amministrare il sacramento della confermazione

a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del c. 883, n. 3;

• amministrare il Viatico e l'unzione degli infermi, fermo restando il disposto del c. 100312-3, e impartire la benedizione apostolica;

• assistere al matrimonio e benedire le nozze; • celebrare i funerali;

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• benedire il fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni della Chiesa e impartire benedizioni solenni fuori della chiesa;

• celebrare l’Eucaristia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto (530).

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ObblighiGli obblighi particolari del parroco sono:

•risiedere in parrocchia dalla quale si potrà assentare ogni anno, per ferie un massimo di un mese (533/2);

•applicare la «missa pro populo» ogni domenica e nelle feste che nella sua diocesi sono di precetto (534);

•provvedere che i libri parrocchiali siano redatti accuratamente e diligentemente conservati (535/1);

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• avere il proprio sigillo (535/3);

• avere il tabularium o archivio in cui vengano custoditi i libri parrocchiali insieme con le lettere del Vescovo e gli altri documenti (535/4);

• costituire il Consiglio per gli affari economici (537) e, se risulta opportuno a giudizio del Vescovo, anche il Consiglio pastorale (536/1)

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CessazioneIl parroco cessa dall'ufficio: 1. con la rimozione

2. col trasferimento

3. con la rinunzia fatta da parte del parroco e accettata dal Vescovo (538/1)

4. compiuto il 75° anno di età è invitato a presentare la rinuncia all'ufficio al Vescovo diocesano, il quale considerata ogni circostanza di persona e di luogo, decide se accettarla o differirla (538/3).

Page 121: LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

Sede vacante o impedita, la parrocchia è retta dall’Amministratore, il quale è tenuto a tutti gli obblighi ed ha tutti i diritti del parroco, a norma del can. 540 (539).