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    DALLE TEORIE ATOMICHE ALLA SCOPERTA DELLEPARTICELLE ELEMENTARI

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    La materia pu essere continua o discontinua.

    Gi nellantica Grecia, alcuni filosofi pensavano che dividendo un corpo inparti sempre pi piccole il processo sarebbe continuatoallinfinito,(Aristotele) mentre altri ritenevano che ad un certo punto sisarebbe incontrato un frammento di dimensioni minime non pidivisibile(Democrito).

    John Dalton dimostr lesistenza degli atomi dopo aver considerato leprime leggi ponderali della chimica, cio quella di Antoine Lavoisier sullaconservazione della massa (1785), quella di Joseph-Louis Proust sulleproporzioni definite (1801) e soprattutto la sua sulle proporzioni multiple(1807), concluse che quelle leggi si potevano spiegare solo ammettendo chegli elementi fossero fatti di atomi.

    solo se la materia fosse di natura atomistica, la legge delle proporzioni

    definite e costanti troverebbe giustificazione coerente. La sua idea fuulteriormente rafforzata dalla scoperta, da lui stesso effettuata, che dueelementi erano in grado di combinarsi secondo pi proporzioni.

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    Accettato quindi come oggetto esistente, i chimici, tuttavia, si reserosubito conto che l'atomo non poteva essere, come immaginava Daltonuna semplice pallina di materia omogenea e indivisibile.

    Questo modello non permetteva di spiegare come gli atomi potesserostare uniti insieme e formare aggregati, e quali fossero le forze e imeccanismi in grado di determinare la formazione di alcuni legami e larottura di altri.

    Bisognava inoltre spiegare il fenomeno dell'elettricit, una forma di

    energia la cui origine e natura doveva risiedere necessariamente negliatomi, visto che un corpo materiale poteva venire elettrizzato anche persemplice strofinio.

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    Le prime indicazioni che l'atomo non poteva essere una particellaomogenea, vennero dall'analisi dei fenomeni di elettrolisi. Con questotermine si indicano quei fenomeni che si osservano quando, in certiliquidi, si immergono due sbarrette metalliche, dette elettrodi, collegate adun generatore di corrente continua.

    Durante il passaggio della corrente elettrica nella cella elettrolitica, si ha

    sempre comparsa o scomparsa di materia agli elettrodi . Michael Faraday,nel 1834, riassunse gli aspetti quantitativi di questo fenomeno in due leggi:

    I legge di Faraday. La massa della sostanza che compare o scompare adogni elettrodo di una cella elettrolitica proporzionale alla quantit dielettricit che passa attraverso il liquido.

    II legge di Faraday. La quantit di carica elettrica che deve fluire in unacella per far comparire o scomparire una mole di sostanza a ciascun

    elettrodo di 96.487 coulomb, oppure un multiplo intero e piccolo di talequantit

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    i dati sperimentali mettevano in luce che un numero determinato diparticelle, ad esempio quelle presenti in una mole (6,0221023), trasportavauna quantit determinata di elettricit, 96.487 coulomb

    George Johstone Stoney, nel 1874, suppose che fossero i singoli atomi o le

    singole molecole a trasportare un ben preciso frammento di carica elettricae a queste supposte particelle cariche di elettricit vennero chiamate ioni.Le cariche elettriche possono essere positive o negative: gli ioni con caricapositiva sono detti cationi, perch durante lelettrolisi si dirigono verso ilcatodo, quelli con carica negativa anioni, perch sono attratti dallanodo.

    96.487 coulomb / n di Avogadro = 1,610-19 coulomb.

    un atomo (o un gruppo di atomi uniti insieme) trasporterebbe in soluzionela quantit di carica elettrica indicata sopra, o un suo multiplo.

    il chimico svedese Arrhenius (1859-1927), analizzando a fondo i datisperimentali, intu che essi potevano anche essere interpretatiimmaginando che in soluzione, indipendentemente dal passaggio dellacorrente, fossero gi presenti frammenti di materia carichi positivamente enegativamente. Con Arrhenius si faceva quindi strada l'idea che gli atominon fossero entit indivisibili, ma strutture complesse, scindibili inframmenti pi piccoli carichi di elettricit.

    La teoria di Arrhenius prese il nome di "dissociazione elettrolitica" erappresent, per cos dire, l'aspetto chimico dell'ipotesi della naturacomplessa dell'atomo. I risultati determinanti sarebbero venuti per dallavoro dei fisici.

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    Lo studio del passaggio dell'elettricit in gas rarefatti inizi verso la met dell'800.

    Le osservazioni vennero effettuate in tubi di vetro pieni d'aria o di altri gas, con duepiastre metalliche (elettrodi) fissate all'interno e collegate ad un generatore dicorrente continua ad alta tensione.

    Quando il tubo pieno d'aria, anche applicando agli elettrodi una differenza dipotenziale molto elevata (ad es. 10.000 volt) non si osserva alcun fenomeno inquanto l'aria (e pi in generale i gas) a pressione normale, non conduce l'elettricit.

    Se per si estrae l'aria dal tubo, per mezzo di una pompa aspirante, fino a ridurre lapressione a pochi millimetri di mercurio, si nota il passaggio della corrente elettrica,prima sotto forma di una scintilla che procede a zigzag, poi sotto forma di una

    luminosit diffusa che riempie il tubo fino a fargli assumere l'aspetto familiare diquelli al neon. Il colore della luce dipende dal gas con il quale stato riempito iltubo: rosso per il neon, blu per l'azoto, rosa per l'idrogeno, e cos via. Sottraendoancora aria dall'interno del tubo, fino a raggiungere pressioni dell'ordine del decimodi millimetro di mercurio, la luminosit scompare del tutto, mentre diventafluorescente la parete di vetro dirimpetto al catodo.

    Interpretazione del fenomeno: qualcosa che si sprigiona dal catodo eccitando primai gas e poi la zona del tubo posta di fronte ad esso.

    Nel 1876, il fisico tedesco Eugen Goldstein, pensando ad una qualche forma dienergia, dette, alla radiazione che emanava dal catodo, il nome di "raggi catodici".

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    Alcuni anni pi tardi, il fisico inglese William Crookes, per indagare sullanatura della radiazione catodica, apport alcune modifiche ai tubi discarica.

    Spostando lateralmente l'anodo, egli osserv che la radiazione continuava aprocedere in linea retta dal catodo verso la parete di fronte (anticatodo).

    Se nel tubo veniva introdotto un leggerissimo mulinello, scorrevole su unbinario, si osservava che esso, sotto l'effetto della radiazione, rotolava, dallazona del catodo, verso quella opposta. Inoltre, inserendo un ostacolo siosservava sulla parete di vetro posta di fronte, unombra netta.

    Gli esperimenti mettevano in evidenza che la radiazione che usciva dal

    catodo non poteva essere della stessa natura della luce, perch una formadi energia immateriale non sarebbe stata in grado di spingere un mulinelloa pale; essa inoltre, incontrando un ostacolo, avrebbe dovuto generare,oltre all'ombra, un alone di penombra molto ben visibile. Le evidenzesperimentali suggerivano che doveva trattarsi di uno sciame di corpuscoli.

    In seguito, Johann Wilhelm Hittorf (1824-1914) dimostr che i raggicatodici venivano deviati sia da un campo magnetico, sia da un campo

    elettrico, e concluse che doveva trattarsi di particelle dotate di caricaelettrica, la quale, tenuto conto del senso della deviazione, doveva essere disegno negativo. Fu infine deciso di riservare a queste particelle, e non allecariche elettriche, come si era fatto in precedenza, il nome di elettroni.

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    In seguito, Johann Wilhelm Hittorf (1824-1914) dimostr che i raggi catodicivenivano deviati sia da un campo magnetico, sia da un campo elettrico, econcluse che non solo doveva trattarsi di particelle, ma che queste dovevanopossedere anche una carica elettrica, la quale, tenuto conto del senso delladeviazione, doveva essere di segno negativo. Fu infine deciso di riservare aqueste particelle, e non alle cariche elettriche, come si era fatto in precedenza,il nome di elettroni.

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    I primi esperimenti condotti sui tubi dei raggi catodici dettero allinizio solo informazioni di caratterequalitativo.

    Nel 1897, l'inglese Joseph John Thomson (1856-1940) modific opportunamente le apparecchiatureallo scopo di effettuare la misurazione del percorso seguito dai raggi stessi sotto l'effetto dei campielettrico e magnetico.

    Nel dispositivo usato da Thomson gli elettroni prodotti dal catodo, vengono costretti a passareattraverso un piccolo foro praticato nell'anodo. L'apparecchio viene quindi inserito fra le espansionidi una calamita e, contemporaneamente, fra una coppia di piastre metalliche collegate ad ungeneratore di elettricit.

    In assenza di campo magnetico e di campo elettrico, il pennello di elettroni che proviene dal catodo

    procede in linea retta fino ad incontrare il vetro del tubo nel punto 1 della figura. Quando in azioneil magnete (ma non le piastre elettriche), gli elettroni vengono deviati verso il basso . Disinserendo ilmagnete, e inserendo le piastre elettriche, si osserva che il pennello di elettroni devia verso la piastracarica di elettricit positiva .

    un corpo carico di elettricit, in movimento all'interno di un campo magnetico, descrive unacirconferenza la cui ampiezza dipende dalla carica elettrica, dalla massa e dalla velocit posseduta dalcorpo, oltre che dall'intensit del campo magnetico in cui si muove.

    massa e velocit di un corpo carico di elettricit sono direttamente proporzionali all'ampiezza dellatraiettoria percorsa dal corpo stesso. Infatti, quanto pi un oggetto pesante, e quanto pivelocemente procede, tanto pi difficilmente potr essere deviato dalla sua traiettoria ad opera di unaforza esterna e pertanto pi grande sar il raggio della circonferenza da esso percorsa.

    La carica elettrica posseduta dal corpo in movimento e l'intensit del campo magnetico sono inveceinversamente proporzionali all'ampiezza della traiettoria: la curva percorsa dal corpo sar infatti tantopi stretta quanto maggiore sar la sua carica elettrica e quanto pi intenso il campo magnetico cheagisce su di esso.

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    La misura precisa venne ottenuta nel 1909 dal fisico americano RobertMillikan, il valore della carica elettrica era di 1,6010-19 coulomb.

    Una volta misurata la carica, fu possibile determinare la massa

    dell'elettrone. Infatti, poich era noto che il rapporto e/m valeva1,67108 coulomb/g, sostituendo ad e il valore di 1,6010-19 coulomb, siottenne: 1,6010-19 coulomb

    m= = 9,111028 grammi.1,76108 coulomb/g

    L'elettrone diventava cos la pi piccola particella di materia mai

    conosciuta. Esso pesa 1836 volte di meno del peso dell'atomo diidrogeno, il pi leggero che esista in natura.

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    Lo studio delle radiazioni prodotte nei tubi di scarica riserv, un'altra sorpresa. Era convinzione cheogni singolo elemento fosse costituito di atomi tutti identici. Pertanto, qualora si fosse riempito iltubo di scarica di un gas di una determinata specie chimica, era da aspettarsi che si formasse, sottol'azione del campo magnetico, un'unica traccia dei raggi.

    J.J. Thomson not invece, durante un esperimento condotto nel 1912, che riempiendo il tubo dineon, il campo magnetico separava tre tracce distinte, corrispondenti a tre diversi valori del rapportocarica/massa delle particelle del gas in esame. Due di questi valori avrebbero potuto essere attribuiti aparticelle di massa identica, ma con carica l'una il doppio dell'altra; il terzo valore era invece quasisicuramente dovuto alla presenza di particelle di massa diversa. Thomson aveva quindi scoperto che ilgas neon non doveva essere costituito di particelle tutte della stessa massa.

    Lo strumento usato da Thomson venne successivamente perfezionato e prese il nome dispettrografo di massa. Si tratta essenzialmente di un generatore di ioni positivi sistemato all'interno diun campo magnetico uniforme. Il campo magnetico, come sappiamo, crea l'effetto di far percorrereagli ioni una traiettoria circolare tale che, dopo un percorso di un arco di 180, gli ioni stessi vadano a

    cadere su una lastra fotografica, impressionandola. Usando lo spettrografo di massa si scopr che praticamente tutti gli elementi chimici sono formati

    dall'insieme di pi specie atomiche di massa diversa. Gli atomi diversi dello stesso elemento chimicovennero chiamati isotopi.

    Il neon, ad esempio, costituito di tre isotopi aventi massa atomica rispettivamente 20, 21 e 22,mentre il peso dell'elemento risulta di 20,183. Questo peso medio dipende dalle proporzioni con cuisono mescolati, in natura, i tre tipi di atomi diversi.

    Anche l'idrogeno risulta costituito da una pleiade di tre tipi diversi di atomi: il pi leggero, di massaunitaria, prende il nome diprotio (o prozio), quello di massa doppia si chiama deuterio e il terzo, dimassa tripla, tritio (o trizio). Il peso atomico dell'elemento idrogeno 1,008.

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    Subito dopo la scoperta degli elettroni, quando ancora non si aveva un'ideaprecisa di come fosse distribuita la carica positiva, vennero formulati iprimi modelli di atomo. Il pi noto di questi fu proposto, nel 1904, daJoseph John Thomson.

    Secondo lo scienziato inglese l'atomo doveva essere costituito da una sferaomogenea di elettricit positiva, ma senza peso, nella quale si trovavanodisseminati gli elettroni.

    La situazione di equilibrio, all'interno dell'atomo, si realizzava, secondoThomson, perch le forze di repulsione degli elettroni con carica negativavenivano bilanciate dall'attrazione esercitata dalla carica positiva, diffusaall'interno dell'atomo, sugli elettroni stessi.

    Quando l'atomo veniva eccitato, cio quando riceveva energia dall'esterno,gli elettroni entravano in oscillazione ed emettevano radiazioni di varianatura. Se l'eccitazione era molto intensa, poteva accadere che qualche

    elettrone venisse espulso, trasformando l'atomo in ione. Un atomo privatodi alcuni elettroni conserva praticamente la stessa massa, ma assumecarica positiva.

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    Rutherford, nel 1911, in uno dei suoi tanti esperimenti dimostr che l'atomo non poteva avere unastruttura omogenea, come l'immaginava Thomson, ma doveva possedere un nucleo di dimensionimolto piccole e di carica elettrica positiva, nel quale era concentrata praticamente tutta la sua massa.

    L'esperimento di Rutherford, nelle sue linee essenziali, consistette nel lanciare, contro unasottilissima fogliolina d'oro, le particelle emesse spontaneamente dalle sostanze radioattive edosservare la loro deviazione (il cosiddetto scattering). Egli cos pot notare che la quasi totalit diqueste particelle passava indisturbata attraverso la lamina d'oro, ma che una piccola percentuale diesse subiva delle deviazioni. Si trattava normalmente di deviazioni di minima entit ma, cosasorprendente ed imprevista, alcune particelle deflettevano notevolmente e a volte venivanoaddirittura respinte all'indietro. "Era l'evento pi incredibile che mi fosse mai capitato di vedere; -comment successivamente lo stesso Rutherford - era come sparare un proiettile contro un foglio di

    carta velina e vederselo tornare indietro, a colpire chi l'aveva sparato". Questa osservazione non poteva che avere ununica spiegazione: l'atomo, nel suo complesso, era un

    edificio vuoto, con tutta la massa concentrata in un nucleo centrale carico positivamente, moltopiccolo e di conseguenza anche molto denso. Gli elettroni, necessariamente, dovevano muoversi suampie orbite, intorno al nucleo, come i pianeti ruotano intorno al Sole. Per questo motivo, il modelloatomico di Rutherford, venne anche detto modello planetario.

    Il modello atomico di Rutherford aveva il difetto di essere assolutamente incompatibile con le leggidella meccanica e dell'elettrodinamica. Secondo queste leggi infatti, un corpo carico di elettricit che

    si muova con moto che non sia rettilineo ed uniforme, irradia energia a scapito della propria.L'elettrone pertanto, nel suo moto circolare intorno al nucleo, poich soggetto ad una continuaaccelerazione centripeta, e cambia quindi velocit ad ogni istante, dovrebbe irradiare e subire unaprogressiva diminuzione della propria energia. Ci lo porterebbe a cadere, seguendo una traiettoria aspirale, sul nucleo. E' stato calcolato che l'atomo, se fosse costruito secondo il modello proposto daRutherford, sarebbe destinato a disintegrarsi in una frazione di secondo.

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    La luce una forma di energia, la cui origine deve risiedere nell'atomo, visto che corpi eccitatitermicamente o elettricamente emettono luce .

    Newton, verso la met del '600, aveva osservato e descritto che un raggio di luce solare quando

    attraversa un prisma di vetro, si scompone in una fascia continua di colori diversi, alla quale si dato il nome di "spettro. Il fenomeno prende il nome di dispersione della luce, e i coloripresenti nello spettro sono quelli dell'arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro,indaco e viola. La luce bianca pertanto una mescolanza di luce di diversi colori.

    Nel 1814 il fisico tedesco Joseph Fraunhofer, osservando attentamente lo spettro solare,ottenuto facendo passare la luce attraverso una sottile fessura posta davanti al prisma, not cheera solcato da numerose righe scure, delle quali per non seppe dare una giustificazione.

    Gli spettri possono essere continui o discontinui. I primi sono emessi da corpi solidi o liquidiresi incandescenti, mentre i secondi sono prodotti da gas portati ad alta temperatura o eccitatida scariche elettriche. Pi precisamente, gli spettri discontinui possono essere a bande o arighe; se i gas sono allo stato molecolare, gli spettri sono a bande, mentre se sono allo statoatomico, gli spettri sono a righe.

    Ogni elemento chimico produce un proprio spettro di righe, caratteristico per colore e perposizione delle righe stesse, e non si verifica mai che due elementi di natura diversa dianoorigine a righe coincidenti.

    Uno spettro a righe luminose detto spettro di emissione. Viceversa, detto spettro diassorbimento lo spettro che si forma quando un gas freddo viene attraversato da un fascio diluce bianca: al di l del prisma si vedr apparire uno spettro luminoso continuo (ciocomprendente tutti i colori) solcato da alcune righe nere.

    Per uno stesso gas si osserva che le righe nere dello spettro di assorbimento corrispondonoesattamente alle righe luminose dello spettro di emissione. Tutte le sostanze assorbono infatti lestesse radiazioni che sono in grado di emettere

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    Fino a tutto il XIX secolo i fenomeni luminosi erano descritti da due teorie fraloro antitetiche: quella di Isaac Newton (1642-1727) e quella di ChristiaanHuygens (1629-1695).

    Secondo l'idea di Newton la luce era costituita di corpuscoli di vari colori,

    mentre, secondo Huygens, la luce si propagava per onde. Alcuni fenomeni luminosi come quello della riflessione, della rifrazione e della

    stessa dispersione potrebbero essere spiegati con la teoria corpuscolare diNewton, immaginando uno sciame di corpuscoli che, emessi dalla sorgenteluminosa, rimbalza e devia per gli ostacoli interposti finendo poi per colpire ilnostro occhio.

    Altri fenomeni, per, come la diffrazione e l'interferenza trovano spiegazionecoerente solamente se inquadrati all'interno della teoria ondulatoria.

    Diffrazione e interferenza sono due fenomeni per i quali, quando la luce passaattraverso forellini molto piccoli o attraverso fessure molto strette, l'immagineche si raccoglie su uno schermo appare formata da una serie di anelli o di fascechiare e scure che sfumano gradualmente verso l'esterno.

    Poich la diffrazione e l'interferenza potevano essere spiegate soloimmaginando la luce come un fenomeno ondulatorio, mentre tutti i fenomenigiustificabili con la teoria corpuscolare di Newton, potevano, con altrettantacoerenza essere interpretati con la teoria ondulatoria, quest'ultima fin perprevalere sull'altra.

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    Verso la fine del 1800, molti fisici erano interessati allo studio delle radiazioni emesse dacorpi incandescenti. Fra le altre cose, si era osservato che un corpo, reso incandescente,assumeva colori diversi a seconda della temperatura a cui veniva portato. Il filamento di

    una lampadina, ad esempio, assume colori sempre pi chiari, passando dal rosso cupo,all'arancione, al giallo e al bianco, a mano a mano che aumenta la sua temperatura, pereffetto del passaggio della corrente elettrica.

    Ci che il nostro occhio percepisce una luce che equivale alla sovrapposizione diradiazioni di diverso colore (cio di diversa lunghezza d'onda), emesse dall'oggetto cheirradia. L'insieme di queste radiazioni costituisce lo spettro del corpo relativo allatemperatura a cui si trova. Se l'intensit di una di queste radiazioni nettamentesuperiore alle altre, il nostro occhio percepisce preferibilmente questa particolareradiazione.

    Il filamento della lampadina, ad esempio, appare rosso attorno ai 500 C, perch a quellatemperatura domina, su tutti gli altri, il colore rosso della radiazione; a 2000 C ilfilamento appare invece bianco perch, a quella temperatura, tutte le componenti dellaluce visibile si assommano. Un corpo irraggia anche alle basse e alle altissimetemperature, solo che in questi casi il nostro occhio non in grado di vedere alcunchperch esso non sensibile alla radiazione infrarossa n a quella ultravioletta.

    Tutte queste osservazioni servirono di base per un lavoro sistematico condotto, a partiredal 1893, dai fisici tedeschi H. F. Paschen e Wilhelm Wien. Gli esperimenti venneroeffettuati sul cosiddetto "corpo nero".

    Il corpo nero un oggetto teorico capace di assorbire tutte le radiazioni che lo investono:esso quindi non rif lette alcuna radiazione. Un corpo siffatto, pertanto, quando vieneriscaldato, emette radiazioni che sono solo quelle che esso stesso produce, comeconseguenza del riscaldamento cui stato sottoposto.

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    Un corpo nero, nella pratica, non esiste; tuttavia, con buona approssimazione pu essere consideratotale una cavit, annerita di fuliggine, fatta comunicare con l'esterno attraverso una minuscolafinestrella. Riscaldando notevolmente questo corpo, i fisici osservarono che, all'aumentare dellatemperatura, mentre aumentava l'intensit dell'emissione, diminuiva la lunghezza d'onda dellaradiazione corrispondente al massimo di energia

    Si otteneva in pratica un diagramma nel quale si poteva osservare che, a temperature sempre pielevate, si originano curve a campana sempre pi alte e, contemporaneamente, le sommit di talicurve si spostano verso valori di lunghezza d'onda sempre pi bassi, cio verso radiazioni di coloreviola.

    Quando si tratt di interpretare i risultati relativi all'emissione del corpo nero, ci si rese conto che lateoria ondulatoria della luce era del tutto inadeguata. In altre parole, i fatti sperimentali nonpotevano essere giustificati ammettendo che la luce si propaghi per onde.

    Nel 1900, il fisico tedesco Max Planck (1858-1947) propose un artifizio matematico attraverso il qualeera possibile elaborare una formula in grado di spiegare i dati sperimentali. L'artifizio era quello diimmaginare che l'energia radiante che esce dal corpo riscaldato, non venga emessa in modo continuo,come fosse un fluido, ma per quantit discrete, come si trattasse di corpuscoli energetici che escono,uno per volta, ad intervalli regolari di tempo. In un certo senso Planck riesum la vecchia teoria diNewton dei corpuscoli di luce.

    Il fisico tedesco dette il nome di quantum (quanto), al minimo pacchetto di energia che pu uscireda un corpo incandescente. L'energia E di un quanto legata alla frequenza () della radiazione dallarelazione seguente:

    E = h

    dove h una costante, detta costante di Planck (o quanto d'azione) ed ha il valore di 6,6310-34joules.Si chiama quanto d'azione perch in effetti si tratta proprio di un'azione, ossia di una grandezza fisicache corrisponde per l'appunto al prodotto di un'energia per un tempo.

    Usando la grandezza h, lo scienziato tedesco riusc ad elaborare un'equazione matematica chedescriveva perfettamente i risultati sperimentali. Ben presto per si accorse che riducendo h ad unvalore sempre pi piccolo, in modo da far riassumere alla radiazione l'aspetto continuo che leattribuiva la teoria elettromagnetica, la sua equazione prendeva le sembianze della formula classica

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