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LA STRADA DELLA PACE LA FINE DEL SOGNO OCCIDENTALE 1

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LA STRADA DELLA PACELA FINE DEL SOGNO OCCIDENTALE

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1.

Irriducibile a un unico territorio, l’Occidente non è soltanto un’entità religiosa, etica, razziale o anche economica. In quanto unità sintetica di questi diversi elementi, l’Occidente è una entità “culturale”, un fenomeno di civiltà. La pertinenza di questa idea di Occidente, come unità fondamentale soggiacente a tutta una serie di fenomeni che si sono dispiegati nella storia, si può’ cogliere solo seguendone l’andamento. Inseparabile dall’originario ceppo geografico, la sua estensione e le sue derivazioni tendono a ridurlo a una entità immaginaria. Geograficamente e ideologicamente, è un poligono a tre dimensioni principali: è giudeo-ellenico-cristiano. I contorni del suo spazio geografico sono più o meno precisi a seconda delle epoche. Le sue frontiere diventano sempre più ideologiche.Terra dell’ellenismo, poi della cristianità nascente, dell’impero romano trionfante, addirittura dell’arabo-islamismo, la sua forma assume i tratti più caratteristici spostandosi dal bacino del Mediterraneo alle coste dell’Atlantico. Lungo un processo di piccole mutazioni, il poligono occidentale è tributario per la sua espansione di altre influenze culturali meno visibili, perché senza tracce “intellettuali”. E’ degno di nota il fatto che l’ambito del dinamismo cristiano comprenda l’area occupata dai Celti, di cui risulta ancora possibile individuare i numerosi apporti pur se di minore importanza. E non è meno inquietante notare come questo stesso spazio sia pressappoco quello delle invasioni germanica e dei posteriori Vichinghi. C’è una certa prefigurazione della libera concorrenza e, allo stesso tempo, della libertà civile e delle avventure coloniali nella libertà germanica, di cui si vedono le tracce nella feudalità, e ancor più nelle saghe vichinghe e normanne.Chi potrà mai dire qual è stata la circostanza che ha svolto il ruolo di catalizzatore in questo incrocio culturale, tale da fare dell’Occidente questa formidabile macchina in grado di sconvolgere il pianeta?Regni marittimi da cui partono le caravelle, repubbliche mercantili e manifatturiere di Italia e di Fiandra, terre del carbone e del ferro, dell’industrializzazione, l’Occidente mette radici nel continente europeo, con la sua eccezionale posizione geopolitica di istmo all’incrocio degli assi commerciali e culturali e la sua storia plurale, prima di partire alla conquista e alla riconquista del mondo in offensive in cui la violenza rivaleggia con la seduzione; esso si prolunga e rinasce sull’altra sponda dell’oceano, e forse nell’impero del Sol Levante. Dove sarà domani? Sulle coste del Pacifico, il Rim, come predicono certi strateghi da caffè?Esso si è identificato quasi totalmente con il paradigma deterritorializzato cui ha dato i natali.1

Com'è bella La CittàGiorgio Gaber

1 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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Vieni, vieni in cittàche stai a fare in campagna?

Se tu vuoi farti una vitadevi venire in città.

Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Piena di strade e di negozie di vetrine piene di luce

con tanta gente che lavoracon tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandicoi magazzini le scale mobilicoi grattacieli sempre più alti

e tante macchine sempre di più.

Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Vieni, vieni in cittàche stai a fare in campagna?

Se tu vuoi farti una vitadevi venire in città.

Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Piena di strade e di negozie di vetrine piene di luce

con tanta gente che lavoracon tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandicoi magazzini le scale mobilicoi grattacieli sempre più alti

e tante macchine sempre di più.

Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è...

Vieni, vieni in cittàche stai a fare in campagna

se tu vuoi farti una vitadevi venire in città.

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Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Piena di strade e di negozie di vetrine piene di luce

con tanta gente che lavoracon tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandicoi magazzini le scale mobilicoi grattacieli sempre più alti

e tante macchine sempre di più.

Com'è bella la cittàcom'è grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Com'è bella la cittàcomvè grande la città

com'è viva la cittàcom'è allegra la città.

Piena di strade e di negozie di vetrine piene di luce

con tanta gente che lavoracon tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandicoi magazzini le scale mobilicoi grattacieli sempre più alti

e tante macchine sempre di piùsempre di più, sempre di più, sempre di più!

2.

Questo progetto occidentale si è caratterizzato come un’anticultura. L’Occidente è culturofago o culturicida. E’ anticulturale, prima di tutto, perché è puramente negativo e uniformante. Per poter parlare di una cultura, bisogna che ce ne siano almeno due. Non esiste una cultura di tutte le culture. Soprattutto, questa civiltà non dà una risposta al problema dell’esistenza

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sociale dei perdenti. Integrando astrattamente il mondo intero, elimina concretamente i deboli e dà diritto di vita e di cittadinanza solo ai più efficienti. Da questo punto di vista, è il contrario di una cultura, la quale implica una dimensione olistica ed è concepita per offrire una soluzione alla sfida dell’esistenza a tutti i suoi membri.In certe regioni della Cina e dell’Indocina, la consuetudine esige che siano dati ai bambini nomi spesso ripugnanti per allontanare la sfortuna. Prima di dare ai propri figli il nome definitivo, bisogna attendere che si formi il carattere, al fine di controbilanciare le loro tendenze asociali. All’ambizioso si darà un nome che implichi la mediocrità; alla ragazza troppo bella un nome che evochi la bruttezza… Ogni superiorità è considerata un pericolo per l’equilibrio sociale e deve essere scongiurata attraverso strategie simboliche. In Nuova Guinea, i papuani Gahuku-Kama avevano adottato con entusiasmo il football, ma l’avevano adattato ai loro valori culturali. Era escluso che ci fosse un vincitore e un perdente. La partita continuava, veniva sospesa o riprendeva finchè i risultati non si fossero equilibrati. Ciò non escludeva assolutamente l’eccitazione per ogni goal e l’esaltazione degli eroi del gioco. Ogni partita rinforzava la gloria e la soddisfazione dei due campi, ma l’aggressività era facilmente scongiurata.Per non aver adottato questa forma di saggezza, i Baluba e i Lulua del Kasai si sono impietosamente massacrati tra il 1959 e il 1962 in seguito a un match fra etnie a Luluabourg…. Ma il Terzo mondo non ha l’esclusiva dei match sanguinosi. Il Belgio ne ha ospitato un tragico esempio allo stadio Heysel nel 1985, grazie ai tifosi d’oltremanica… Le minime differenze possono dare luogo ad uno scatenarsi inaudito di aggressività. Un partito di automobilisti svizzeri ha inserito nel suo programma il progetto di passare al lanciafiamme i verdi e gli ecologisti! Esiste una metasocietà mondiale la quale più che essere favorevole all’egemonia britannica o americana, per non dire di quella dell’ONU, è favorevole al dominio di un meccanismo (non solo economico) di scambi che metta in relazione tutte le parti del pianeta. Le più grandi civiltà non possono resistere alla forza corrosiva di questo meccanismo che conduce almeno una parte delle loro élite a fare carriera in questa società-mondo. Qui, indubbiamente, si tocca con mano ciò che costituisce la specificità dell’Occidente e la sua natura di anticultura. Unica società fondata sull’individuo, essa non ha vere e proprie frontiere. Il progetto civilizzatore della modernità non ha né soggetto proprio né basi territoriali definite rigorosamente. E tuttavia, la cultura occidentale in questo non è molto diversa da “movimenti” universalistici come l’Islam. Ciò che è proprio dell’universalismo occidentale è che il suo motore è la concorrenza tra gli individui e la ricerca della performance. Tutti possono parteciparvi e misurarsi, e anche se le possibilità sono straordinariamente disuguali, non è impossibile vincere. La totalità sociale è in grado di funzionare come un mercato. Il “selvaggio” della zona più remota del pianeta può diventare un number one dei media vincendo la maratona ai giochi olimpici, o come vedette del cinema per essersi fatto scoprire da un regista; ci sono mille modi di prendere posto nella società-mondo e, con un po’ di fortuna di issarsi in prima fila. L’Occidente è emancipatore perché affranca dalle costrizioni della società tradizionale e apre infinite possibilità; tuttavia, questo affrancamento e queste possibilità si realizzeranno solo per una infima minoranza. In compensa, la solidarietà e la sicurezza saranno distrutte per tutti.2

Uno su milleGianni Morandi

Se sei a terra non strisciare maise ti diranno sei finito

non ci crederedevi contare solo su di te

2 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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uno su mille ce la fama quanto è dura la salita

in gioco c'è la vitail passato non potràtornare uguale mai

forse meglio perché no tu che ne sainon hai mai creduto in mema dovrai cambiare ideala vita è come la marea

ti porta in secca o in alto marecom'è la luna va.

Non ho barato né bleffato maie questa sera ho messo a nudo la mia anima

ho perso tutto ma ho ritrovato meuno su mille ce la fa

ma com’ è dura la salitain gioco c'è la vita

tu non sai che peso haquesta musica leggera

ti ci innamori e vivima ci puoi morire quand'è sera

io di voce ce ne avreima non per gridare aiuto

nemmeno tu mi hai mai sentitomi son tenuto il mio segreto

tu sorda e io ero muto.Se sei a terra non strisciare mai

se ti dirannosei finito non ci credere

finché non suona la campana vai.

3.

Il messianesimo cristiano ha rappresentato una importante componente dell’Occidente. L’occidentalizzazione del mondo è stata a lungo, e lo è ancora in parte, un processo di cristianizzazione. Ancora nel 1930, il congresso eucaristico di Cartagine vedeva sfilare nelle vie di Tunisi i bambini delle scuole cristiane vestiti da crociati, con grande scandalo del Destur, il nascente partito nazionalista di Habib Burghiba. La cristianità è però un insieme eterogeneo, e questo fin dalle origini. Le comunità cristiane d’Oriente (copte, melkite), dell’Africa (Etiopia), o dell’Europa dell’Est (ortodosse), benché indubbiamente più vicine al cristianesimo originario, non hanno manifestato un dinamismo interno ed esterno significativo. Ripiegate su se stesse, sulla difensiva, sono più tentate dal ritiro eremitico (e non soltanto dal monachesimo dei

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conventi) che dal progetto secolare di dominio dell’universo. Significativamente, gli ortodossi hanno rifiutato gli orologi sui campanili e l’organo nelle navate. La religiosità non si è volta verso i valori laici della scienza e della tecnica, e i lumi del cielo non hanno rischiarato il secolo.E’ noto che lo scisma d’Oriente si è verificato essenzialmente in seguito al rifiuto di riconoscere nel credo che lo Spirito Santo procede dal Figlio come dal Padre. Il rifiuto del filioque è echeggiato fortemente fino ad oggi. Nella Russia Sovietica, il conflitto tra i due poteri, civile e religioso, non si presenterà come in Polonia. Lo scontro tra papato e imperatore, decisivo per l’emancipazione delle città commerciali, e i molteplici conflitti fra le due spade (temporale e spirituale) non avranno motivo di esistere. La società civile resterà sempre inibita e atrofizzata, e l’individualismo conserverà la sua forma marginale, come nelle società olistiche (quelle che definiscono lo status del singolo come parte del tutto); sarà l’ambito degli asceti, degli erranti, dei Rasputin…. La religione del padre, dove il principe è santificato e gli uomini di Chiesa dotati di benefici temporali, è imperiale piuttosto che imperialista. Al di là delle ambizioni immediate di potere, nessuna forza, nessun fermento, agisce al fine di proiettare durevolmente la società fuori di sé. L’originario proselitismo dei cristiani orientali, che porta i nestoriani in Cina, non è stato che un fuoco di paglia. Al contrario, la cristianità cattolica occidentale, relativamente autonoma, ha sostenuto l’espansionismo delle crociate e, in una certa misura, quello della prima e perfino della seconda colonizzazione. La vocazione missionaria dell’occidente di molto anteriore alla prima crociata, si manifesta già nelle ondate di autocristianizzazione.3

Si chiamava Gesù Fabrizio De Andre

Venuto da molto lontano a convertire bestie e gente

non si può dire non sia servito a niente perché prese la terra per mano

vestito di sabbia e di bianco alcuni lo dissero santo

per altri ebbe meno virtù si faceva chiamare Gesù.

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono

di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia

3 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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ma inumano è pur sempre l'amore di chi rantola senza rancore

perdonando con l'ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce.

E per quelli che l'ebbero odiato nel getzemani pianse l'addio

come per chi l'adorò come Dio che gli disse sia sempre lodato, per chi gli portò in dono alla fine

una lacrima o una treccia di spine, accettando ad estremo saluto

la preghiera l'insulto e lo sputo.

E morì come tutti si muore come tutti cambiando colore

non si può dire che sia servito a molto perché il male dalla terra non fu tolto

Ebbe forse un po’ troppe virtù, ebbe un volto e un nome: Gesù.

Di Maria dicono fosse il figlio sulla croce sbiancò come un giglio.

4.

Si credeva che la grande piramide di Città del Messico fosse andata completamente distrutta. Le fondamenta erano invece soltanto sprofondate nel suolo spugnoso di Tenochtitlan, il nome azteco della città; scavando dei parcheggi, si è avuta la sorpresa di riscoprirle così come quelle delle piramide sottostanti che l’hanno preceduta. La stessa cosa accade per numerose culture. Il rullo compressore occidentale uniforma in apparenza tutto, ma i resti delle culture schiacciate non vengono ridotti in polvere: sono soltanto sprofondati in un suolo friabile. Nell’Africa nera, in particolare, l’adesione al sistema dei bianchi spesso non è stata che apparente. Quando era indispensabile (conoscere le carte), secondo l’azzeccata espressione locale, e recitare la parte, acquisire la magia dei bianchi per compiacerli e tenere loro testa, ciò è stato fatto, ma parallelamente alla conservazione dei valori culturali tradizionali. A Saint Louis, in Senegal, si può ancora vedere l’edificio di una scuola per i figli dei capi soprannominata “scuola degli ostaggi”. Ma per molto tempo questi stessi capi si sono ben guardati dal mandarvi i propri figli, spedendovi piuttosto i figli dei loro subordinati. Queste strategie fondate sul doppio gioco e sull’astuzia si sono sviluppate durante il periodo coloniale e si prolungano oggi a livello di villaggio con le istanze internazionali, le ONG o le istituzioni ufficiali. Ovviamente, non lasciano intatta la cultura di origine. Il potere coloniale e la logica tecnoeconomica esigevano ed esigono un impegno sempre maggiore. Molti vi hanno perduto

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l’anima, ma molto più numerosi sono quelli che hanno resistito e che resistono, non in maniera esplicita e cosciente, ma proprio con la vita stessa alla quale sono condannati. La modernità è accettata e in parte integrata in un pensiero e in una pratica che le rimangono estranei.L’Occidente non può proporre una “cultura” della tecnica e dell’industrializzazione che incanti di nuovo il mondo e gli dia un senso. Non può più mantenere le sue promesse di abbondanza. Questo doppio insuccesso nutre la resistenza “culturale” nei suoi confronti.Esistono uomini che non sono affatto persuasi che il “progresso”, come lo chiamiamo noi con bella sicurezza, corrisponda a qualcosa di meglio per l’uomo; e questi uomini vivono, non si accontentano di sopravvivere: sviluppano la propria umanità, amano, pensano, lavorano, si assumono responsabilità, fanno scambi, si conoscono, guardano in faccia la morte. Il che è davvero impressionante, no?4

Eppure SoffiaPierangelo Bertoli

E l'acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi uccelli che volano a stento malati di morte

il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte

un'isola intera ha trovato nel mare una tomba il falso progresso ha voluto provare una bomba

poi pioggia che toglie la sete alla terra che è vita invece le porta la morte perché è radioattiva

Eppure il vento soffia ancora spruzza l'acqua alle navi sulla prora

e sussurra canzoni tra le foglie bacia i fiori li bacia e non li coglie

Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale

ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario e tutta la terra si è avvolta di un nero sudario

e presto la chiave nascosta di nuovi segreti così copriranno di fango persino i pianeti

4 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli i crimini contro la vita li chiamano errori

Eppure il vento soffia ancora spruzza l'acqua alle navi sulla prora

e sussurra canzoni tra le foglie bacia i fiori li bacia e non li coglie

eppure sfiora le campagne accarezza sui fianchi le montagne e scompiglia le donne fra i capelli corre a gara in volo con gli uccelli

5.Paradossalmente, la deculturazione generata dall’Occidente (industrializzazione, urbanizzazione, nazionalitarismo) offre le condizioni insperate per un rinnovamento religioso. L’individualismo, scatenato come non mai, dà un senso al progetto di ricomposizione del corpo sociale sulla base del legame religioso astratto, cancellando ogni altro carattere di appartenenza territoriale. La religione diventa la base di un progetto di ricostruzione della comunità. Essa si vede attribuire il ruolo di rappresentare la totalità del patto sociale. I movimenti integralisti islamici hanno toccato prima di tutto le città e le bidonvilles dei paesi in cui la tradizione ha sofferto maggiormente i progetti di industrializzazione: l’Iran della rivoluzione bianca, l’Egitto postnasseriano, l’Algeria “socialista”. La religione, che canalizza le frustrazioni degli esclusi dalla modernità e dei delusi dai progetti di modernizzazione del nasserismo, del Baas o del socialismo arabo, è una credenza astratta, rigorosa, universalista. L’universalismo occidentale si trova così a confronto con un universalismo altrettanto forte e reattivo. Eppure, non si tratta di una via veramente diversa; l’antioccidentalismo di questa corrente è più ostentato che profondo. Il funzionamento teocratico dello stato è una perversione della modernità più che un progetto radicalmente diverso. Certamente, implica un rifiuto della metafisica materialista dell’Occidente, ma ha bisogno di conservare la base materiale e, in particolare la tecnica. Il più delle volte questi movimenti antioccidentali si adattano alla tecnica e all’economia di mercato (alla modernizzazione senza la modernità, appunto). Il contenuto specifico di ciò che si chiama «economia islamica”, senza essere totalmente assente, resta molto limitato: le banche islamiche e un volontarismo etico

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abbastanza sfumato. E non esclude un liberismo quasi totale. La minaccia di una deriva totalitaria di questi movimenti demagogici e teocratici non è trascurabile. Nondimeno questa formidabile deviazione esercita un azione corrosiva sull’occidentalizzazione e può sbocciare in movimenti sorprendenti comprese alcune forme molto inquietanti dal punto di vista dei valori dell’universalismo occidentale.Il mondo islamico non ha comunque il monopolio di questi fenomeni, che si ritrovano in una forma rigorosa nell’induismo radicale o nell’integralismo cristiano in particolare di certe sette, a Nord come a Sud. Tutti i fondamentalismi islamici ma anche i loro equivalenti induisti e, fino a un certo punto, gli integralismi cristiani, si iscrivono nella direzione di un neopopulismo religioso portatore di imprecisi progetti sociali. Il discorso è ugualitario e ripropone ad nauseam la denuncia della “corruzione” dei dirigenti. L’utilizzo politico della religione è evidente.Inoltre il fondamentalismo va a inserirsi in una etnicità “feticizzata”, generando un vero e proprio integralismo civile. Laddove l’apparato statuale portatore del progetto modernista appare estraneo alle popolazioni locali le reazioni di fronte all’insuccesso dello sviluppo e all’uniformazione planetaria prendono la forma di rivendicazioni «nazionaliste» più tradizionali. Il particolarismo etnico, linguistico, storico, in breve culturale, costituisce la base del progetto di autonomia. Sono di questo tipo le rivendicazioni dei curdi e dei tamil, ma anche quelle dei berberi di Algeria, dei baschi di Spagna o dei corsi.La fine dell’imperialismo sovietico è all’origine di un formidabile risveglio delle nazionalità che ricorda tanto il periodo 1848-1919 quanto quello della decolonizzazione. Si assiste a un apparente ritorno in forze dello stato-nazione. Il fascino del modello sull’immaginario è sempre forte, anche quando i vecchi Stati-nazione conoscono una decisiva crisi di cittadinanza e una disaffezione politica. Ma il contesto è profondamente differente: ceceni, bosniaci, ingusci, aarahoui sono presi nelle maglie di un sistema mondializzato.In mancanza di altre forme di organizzazione politica, lo Stato-nazione appare come il solo modo di espressione dell’esistenza rispetto agli altri e rispetto a se stessi. Ciò non toglie che questo nazionalismo si riduca alle dimensioni di comunità omogenee, o sedicenti tali. Esso canalizza provvisoriamente sia le aspirazioni identitarie sia quelle comunitarie. Il mito mobilitante della nazione, tuttavia, è nella specie tanto illusorio quanto quello della religione. L’identità che si afferma nella rivendicazione non ha più contenuto di quanto ne abbia il ricordo della sua scomparsa. Spesso la violenza dei conflitti con i vicini esterni e con le popolazioni allogene (ebrei, gitani, minoranze diverse) è proporzionale all’indifferenziazione crescente fra gli individui. L’uniformazione planetaria favorisce lo scatenarsi delle “crisi mimetiche”. Più ci si assomiglia, più ci si sente minacciati nella propria identità e più l’esistenza dell’altro così vicino, ci diventa insopportabile. L’ex impero sovietico è un fantastico terreno sperimentale per fenomeni di questo genere, come lo sono stati e lo sono sempre, ma a livelli inferiori, gli ex imperi ottomano e austro-ungarico. E’ il trionfo dell’etnicità con il suo sinistro corollario, la purificazione. La ex Jugoslavia è l’esempio clinico di questo processo che erode anche l’Africa

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nera, sotto il nome più esotico di “tribalismo”. Il Ruanda, la Somalia, la Liberia sono gli esempi più recenti di questo fenomeno, ma si cercherebbe invano un solo paese del sub continente in cui le tensioni, spesso alimentate dai cosiddetti processi di democratizzazione, non minaccino di degenerare in aperti conflitti etnici.5

La Storia siamo noiFrancesco de Gregori

La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.

La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.

La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,

questo rumore che rompe il silenzio,questo silenzio così duro da masticare.

E poi ti dicono "Tutti sono uguali,tutti rubano alla stessa maniera".Ma è solo un modo per convincerti

a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.

Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,la storia entra dentro le stanze, le brucia,

la storia dà torto e dà ragione.La storia siamo noi,

siamo noi che scriviamo le lettere,siamo noi che abbiamo tutto da vincere,

tutto da perdere.

E poi la gente,perché è la gente che fa la storia,

quando si tratta di scegliere e di andare,te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,

che sanno benissimo cosa fare.Quelli che hanno letto milioni di libri

5 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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e quelli che non sanno nemmeno parlare,ed è per questo che la storia dà i brividi,

perché nessuno la può cambiare.

La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,

siamo noi, bella ciao, che partiamo.La storia non ha nascondigli,la storia non passa la mano.

La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.

6.

Colpite al cuore, le società non occidentali possono solo girare a vuoto. La perdita di senso che le colpisce e le corrode come un cancro, progressivamente non è un’acculturazione. Il semplice fatto che l’occidente è lì, presenza che non può essere eliminata ne assimilata, non comporta che le sue molle e i suoi segreti vengano integrati. Questa presenza, senza alcuna violenza fisica, senza alcun tentativo di spoliazione e di sfruttamento, è di per sé disastrosa. La favolosa società di Bali? E’ stata più destrutturata da trent’anni di turismo internazionale che da duecento anni di colonizzazione olandese, seppure considerata dura. Il verme è nel frutto.Il vuoto creato dalla perdita senso insidiosa e progressiva, generata dall’esistenza dell’Occidente, è colmato, in certo qual modo, dallo pseudo-senso occidentale, ossia dal fascino del modello. Questa sostituzione non è un’acculturazione, perché non si tratta dei miti dell’Occidente e dell’integrazione dei suoi valori. Più semplicemente: non avendo più occhi per vedersi, parole per dirsi, braccia per agire, la società ferita adotta lo sguardo dell’altro, si dice con le parole dell’altro, agisce con le braccia dell’altro. Il suo mondo è proprio disincantato. I questo caso la parola disincanto va presa alla lettera. Che cosa le resta quando i suoi dei sono morti, i suoi miti sono dichiarati favole, le sue imprese appaiono impotenti e inutili? La società non occidentale può solo scoprirsi in una nudità insensata, così come l’Occidente ha decretato: essa è miserabile. Destinata alla mortalità infantile, a una derisoria speranza di vita, divorata da parassitosi di ogni genere, non possiede che tecniche arcaiche e ridicole che le danno un bassissimo PIL procapite. Nei suoi miti vede solo mostruose proliferazioni (cannibalismo, sacrifici umani …) generate dal delirio della miseria e dall’oscurantismo. Stretta nella morsa delle norme dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), essa è vinta. Ammette di essere

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vinta. Chiede perfino con insistenza di essere classificata tra le meno progredite. E’ ormai buona soltanto per la mendicizzazione internazionale.6

Ballata Degli ImpiccatiFabrizio De Andre

Tutti morimmo a stentoingoiando l'ultima vocetirando calci al vento

vedemmo sfumare la luce

L'urlo travolse il solel'aria divenne stretta

cristalli di parolel'ultima bestemmia detta

Prima che fosse finitaricordammo a chi vive ancora

che il prezzo fu la vitaper il male fatto in un ora

Poi scivolammo nel gelodi una morte senza abbandono

recitando l'antico credodi chi muore senza perdono

Chi derise la nostra sconfittae l'estrema vergogna ed il modo

soffocato da identica strettaimpari a conoscere il nodo

Chi la terra ci sparse sull'ossae riprese tranquillo il cammino

giunga anch'egli stravolto alla fossacon la nebbia del primo mattino

La donna che celò in un sorrisoil disagio di darci memoriaritrovi ogni notte sul viso

6 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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un insulto del tempo e una scoria

Coltiviamo per tutti un rancoreche ha l'odore del sangue rappresociò che allora chiamammo dolore

è soltanto un discorso sospeso

7.Riducendo lo scopo della vita alla felicità terrena, riducendo la felicità al benessere materiale e il benessere al PIL, l’economia universale trasforma la ricchezza plurale della vita in una lotta per l’accaparramento di prodotti standard. La realtà della sfida economica che doveva assicurare a tutti la ricchezza non è altro che la guerra economica generalizzata. Come tutte le guerre, essa ha vincitori e vinti; i vincitori chiassosi e superbi, appaiono risplendere di gloria e di luce; nell’ombra, la folla dei vinti, gli esclusi, i naufraghi dello sviluppo, costituiscono masse sempre più fitte. Le crisi politiche, i fallimenti economici e i limiti tecnici del progetto della modernità si rafforzano vicendevolmente e trasformano il sogno dell’Occidente in un incubo. Soltanto un reinnesto dell’economia e della tecnica nel sociale potrebbe consentire di sfuggire a queste cupe prospettive. Bisogna decolonizzare il nostro immaginario per cambiare veramente il mondo, prima che il cambiamento del mondo ci condanni a tutto questo, e nella sofferenza. 7

7 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015

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Gesù raccontò anche questa parabola: 'Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse a suo padre: 'Padre, dammi la mia parte d'eredità'. Allora il padre divise il patrimonio tra i due figli.13'Pochi giorni dopo, il figlio più giovane vendette tutti i suoi beni e con i soldi ricavati se ne andò in un paese lontano. Là, si abbandonò a una vita disordinata e così spese tutti i suoi soldi.14'Ci fu poi in quella regione una grande carestia, e quel giovane non avendo più nulla si trovò in grave difficoltà. 15Andò da uno degli abitanti di quel paese e si mise alle sue dipendenze. Costui lo mandò nei campi a fare il guardiano dei maiali. 16Era talmente affamato che avrebbe voluto sfamarsi con le ghiande che si davano ai maiali, ma nessuno gliene dava.17'Allora si mise a riflettere sulla sua condizione e disse: 'Tutti i dipendenti di mio padre hanno cibo in abbondanza. Io, invece, sto qui a morire di fame. 18Ritornerò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro Dio e contro di te. 19Non sono più degno di essere considerato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi dipendenti'.20'Si mise subito in cammino e ritornò da suo padre.'Era ancora lontano dalla casa paterna, quando suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro. Lo abbracciò e lo baciò. 21Ma il figlio gli disse: 'Padre, ho peccato contro Dio e contro di te. Non sono più degno di essere considerato tuo figlio'.22'Ma il padre ordinò subito ai suoi servi: 'Presto, andate a prendere il vestito più bello e

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fateglielo indossare. Mettetegli l'anello al dito e dategli un paio di sandali. 23Poi prendete il vitello, quello che abbiamo ingrassato, e ammazzatelo. Dobbiamo festeggiare con un banchetto il suo ritorno, 24perché questo mio figlio era per me come morto e ora e tornato in vita, era perduto e ora l'ho ritrovato'. E cominciarono a far festa.25'Il figlio maggiore, intanto, si trovava nei campi. Al suo ritorno, quando fu vicino alla casa, sentì un suono di musiche e di danze. 26Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa stava succedendo. 27Il servo gli rispose: 'È ritornato tuo fratello, e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello, quello che abbiamo ingrassato, perché ha potuto riavere suo figlio sano e salvo'.28'Allora il fratello maggiore si sentì offeso e non voleva neppure entrare in casa. Suo padre usci e cercò di convincerlo a entrare.29'Ma il figlio maggiore gli disse: 'Da tanti anni io lavoro con te e non ho mai disubbidito a un tuo comando. Eppure tu non mi hai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. 30Adesso, invece, torna a casa questo tuo figlio che ha sprecato i tuoi beni con le prostitute, e per lui tu fai ammazzare il vitello grasso.31'Il padre gli rispose: 'Figlio mio, tu stai sempre con me e tutto ciò che e mio e anche tuo. 32Non potevo non essere contento e non far festa, perché questo tuo fratello era per me come morto e ora e tornato in vita, era perduto e ora l'ho ritrovato''. (Lc 15,11-32)

La storia di SerafinoAdriano Celentano

Perché continuano a costruire le casee non lasciano l'erba, non lasciano

l'erba, non lasciano l'erba, non lasciano l'erba.Eh no! se andiamo avanti

così, chissà come si farà! chissà!

E così la seconda storiache vi voglio raccontare,

è quella del pastore Serafino!al mondo antico, chiuso nel suo cuore,

la gente del duemila ormai non crede più!Con le pecore e un cane fedele,

tre amici sempre pronti,nei pascoli sui monti,

a una spanna dal "regno dei cieli"viveva felice così!

coro:oh Serafino... difendi,

difendi la tua libertà! la libertà!

voce:quel giovane pastore piaceva alle ragazze

perché negli occhi aveva l’avventura!E quando prese in pugno la fortuna

e un gruzzolo di soldi per caso ereditò.

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coro:si fece una grande festa da fare girar la testa!

scoppiarono i mortaretti, si fecero dei banchetti!Per tutti ci fu un sorriso, che giorni

di paradiso per il pastore ricco Serafino!

voce:regalò qualche cosa agli amici,

che gioia nel paese per quelle pazze spese.Uno scialle, una radio, un coltello e una macchina rossa per se!

coro:oh Serafino... le donne, le donne ti dicono di sì.

Beato te! "tiero, tiero, tiero, tiero, tierà, tierà, tierà".Lui spinge la macchina che in un burrone va e scoppierà!

voce:dopo i giorni dell'allegria amaro resta il vino...

si trova in tribunale Serafino!I suoi nemici per prendere i suoi soldilo fan passar per matto e lui che fa!

Si riprende le pecore e il cane,gli amici sempre pronti

e torna là sui monti,nella casa più grande del mondo

che soffitto e pareti non ha!

coro:oh Serafino... difendi,

difendi la tua libertà! la libertà!

voce:ti voglio bene pastore Serafino!

Un uomo con il cuore da bambino!

coro:e libero come aria purissima

del mattino per vivere là sui monti,ritorna Serafino!

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“Questo vi dico, fratelli. Il tempo ormai si è fatto breve. D’ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero, coloro che piangono come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, quelli che usano del mondo come se non l’usassero, perché si sta ammainando la vela di questo mondo.” Paolo di Tarso8

Thomas Merton (1915-1968) ritiratosi nel silenzio della “trappa” nel Kentucky, contempla da lontano la città di New York, nella quale aveva vissuto prima di entrare in monastero, e ce la presenta così in questo testo poetico del 1947.

La luna è più pallida di un’attrice, e ti piange, New York;

cercando di vederti attraverso i ponti a brandelli,

e si china per sentire il timbro falso

della tua voce troppo raffinata

i cui canti non si odono più!

8 1 Cor 7, 29-3120

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…Come sono state distrutte, come sono crollate,

quelle grandi e possenti torri di ghiaccio e d’acciaio,

fuse da quale terrore e da quale miracolo?

Quali fuochi, quali luci hanno smembrato,

nella collera bianca della loro accusa,

quelle torri d’argento e d’acciaio?

...Le ceneri delle torri distrutte si mescolano ancora alle volute del fumo,

velando le tue esequie nella loro bruma;

e scrivono il tuo epitaffio di braci:

“Questa fu una città

che si vestiva di biglietti di banca...

...Era senza cuore come un taxi,

aveva gli occhi altocoturnati talvolta blu come il gin,

e li inchiodava, ogni giorno della sua vita

sul cuore dei suoi sei milioni di poveri.

Ora è morta nel terrore d’una improvvisa contemplazione,

annegata nelle acque del proprio pozzo avvelenato”.

Testimonianza di Mariàm detta Maddalena

Mi chiamo Mariàm, sono di Magdala, lassù, sulle rive del Mar di Galilea. Le acque azzurre, nelle giornate d’inverno, sfumano contro il bianco delle montagne del Golan. Ho portato per tutta la vita quei colori dentro di me e con questi le tradizioni della mia gente semplice e povera. Tutto questo, però, io l’ho rinnegato, era la Giudea che mi attraeva, la sua città principe, Gerusalemme, con i suoi simboli del potere; ho vissuto così soddisfacendo sempre e soltanto i miei egoismi; se facevo qualcosa di bene era solo per mostrarmi agli altri, ero prigioniera del mio io come un un’ossessa, tremendamente infelice, anche se cercavo di non darlo a vedere. Quello che facevo lo facevo tutto di fretta, dovevo essere sempre la prima. Un giorno che ero scesa in Giudea l’ho incontrato; fu a Betania, non lontano da Gerusalemme. Ho incrociato il suo sguardo e ho capito che potevo essere salva, ho

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baciato l’orlo della sua veste, ma lui, guardandomi in volto , m’ha sollevato: in quell’istante ho deciso di seguirlo anche se mi aveva detto che non aveva nemmeno una pietra per posare il capo, anche se mi aveva fatto intendere che la sua vita era a rischio e che anch’io potevo esserne coinvolta.Poco tempo dopo quell’incontro, infatti, accadde che all’imbrunire del giorno14 del mese primaverile di Nisan, di quello stesso anno, antivigilia della festività di Pesach, un reparto della polizia del Tempio lo ha arrestato. L’arresto e avvenuto in un orto situato sulla collina detta degli ulivi, al di là del fiume Cedron; favoriti dall’oscurità Pietro, Andrea, Giacomo e tutti gli altri si sono rapidamente dileguati lasciandolo solo. Da fonti vicine alla presidenza del Tempio sappiamo che e stato interrogato nel corso della notte. Alle ore 15 del 15 Nisan 3793 e stato condannato a morte secondo la procedura romana della crocefissione: ancora oggi non si conoscono le motivazioni della condanna.

Dio è mortoFrancesco Guccini

Ho visto la gente della mia età andare vialungo le strade che non portano mai a niente,

cercare il sogno che conduce alla pazzianella ricerca di qualcosa che non trovano

nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate,dentro alle stanze da pastiglie trasformate,

lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà

e un dio che è morto,ai bordi delle strade dio è morto,

nelle auto prese a rate dio è morto,nei miti dell' estate dio è morto...

Mi han detto che questa mia generazione ormai non credein ciò che spesso han mascherato con la fede,

nei miti eterni della patria o dell' eroeperché è venuto ormai il momento di negare

tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,una politica che è solo far carriera,

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il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto

e un dio che è morto,nei campi di sterminio dio è morto,

coi miti della razza dio è mortocon gli odi di partito dio è morto...

Ma penso che questa mia generazione è preparataa un mondo nuovo e a una speranza appena nata,

ad un futuro che ha già in mano,a una rivolta senza armi,

perché noi tutti ormai sappiamoche se dio muore è per tre giorni e poi risorge,

in ciò che noi crediamo dio è risorto,in ciò che noi vogliamo dio è risorto,nel mondo che faremo dio è risorto...

1. Credo che chi guadagna quanto mangia non ruba il pane di nessuno, ma chi guadagna più di quel che mangia sempre ruba il pane di qualcuno.

2. Credo che nel nostro sistema sociale e culturale il denaro sia la radice di ogni male, di ogni ingiustizia.

3. Credo che i valori delle monete siano falsi valori; come i pesi delle monete sono falsi pesi.

4. Credo che quella che viene chiamata “economia di mercato” sia un sistema costruito ad arte per arricchire i già ricchi e impoverire i già poveri.

5. Credo che la produzione di massa in agricoltura non sia frutto dell’amore per l’altro, per il fratello, ma dettata dalla bramosia di denaro.

6. Credo che la coltivazione di un unico prodotto, la monocultura, impoverisca la campagna rendendola serva della città, quando invece e la città che dovrebbe convertirsi alla campagna.

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7. Credo che il futuro dell’umanità sia garantito soprattutto dal lavoro della terra, dal suo “coltivarla”, e non dal suo sfruttamento ad uso commerciale.

8. Credo che in ogni angolo di questo nostro mondo si debba produrre per i bisogni delle persone e non a fini consumistici, per fare profitto o affari, ingannando il proprio fratello: anche questo e rubare.

9. Credo che l’unico salario giusto sia quello che tiene conto dei bisogni della famiglia, e l’unica struttura di impresa giusta sia quella gestita dall’ente pubblico, dalla comunità, o quella cooperativistica o famigliare.

10. Credo che la competizione, adottata come schema culturale di ogni relazione, sia stata, molte volte, in modo più o meno conscio, la causa di tante guerre e di molta violenza, e questo ancora oggi.

DIO, CHE A NOI TUTTI CI SEI PADRE,GIUSTIZIA SIA FATTA OGNI DOVE;

LIBERACI DALLE CATENE DEI NOSTRI EGOISMI;FA’ CHE MAI RIMANIAMO AMMALIATI

DAGLI IDOLIDELLA RICCHEZZA, DEL DENARO, DEL SUCCESSO, DEL NON VERO,

DEL POTERE, DELLA VIOLENZA;RENDICI CAPACI DI RICONCILIARCI

OGNI VOLTA CHE INFRANGIAMO I LEGAMI DI FRATERNITA’CHE UMANIZZANO IL NOSTRO VIVERE.

COSI’ SIA!

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E' la pioggia che va (Shel Shapiro:1967)

Sotto una montagna di paure e di ambizionic'è nascosto qualche cosa che non muore

Se cercate in ogni sguardo, dietro un muro di cartonetroverete tanta luce e tanto amore

Il mondo ormai sta cambiandoe cambierà di più

Ma non vedete nel cieloquelle macchie di azzurro e di blu

È la pioggia che va, e ritorna il serenoÈ la pioggia che va, e ritorna il sereno

Quante volte ci hanno detto sorridendo tristementele speranze dei ragazzi sono fumo

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Sono stanchi di lottare e non credono più a nienteproprio adesso che la meta è qui vicino

Ma noi che stiamo correndoavanzeremo molto di piùMa non vedete che il cieloogni giorno diventa più blu

È la pioggia che va, e ritorna il serenoÈ la pioggia che va, e ritorna il sereno

Non importa se qualcuno sul cammino della vitasarà preda dei fantasmi del passato

Il denaro ed il potere sono trappole mortaliche per tanto e tanto tempo han funzionato

Noi non vogliamo caderenon possiamo cadere più giù

Ma non vedete nel cieloquelle macchie di azzurro e di blu

È la pioggia che va, e ritorna il serenoÈ la pioggia che va, e ritorna il sereno

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