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La storiografia latina Evoluzione della storiografia latina, con tutti i principali autori e commento alle loro opere Copyright © 2013 ABCtribe.com Il presente eBook non può essere modificato in alcuna sua parte, conservando in particolare tutti i riferimenti all’autore e ad www.ABCtribe.com , che ne ha i diritti di commercializzazione; L’eBook non potrà essere in alcun modo pubblicato, non può essere diffuso ne in forma gratuita ne a pagamento tramite alcun mezzo, senza preventivo accordo scritto con www.ABCtribe.com . www.ABCtribe.com - la riproduzione non autorizzata è vietata in qualsiasi forma e modalità 1

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1 La storiografia latina1.1 Il filone annalistico1.2 La monografìa e lanarrazione di fatti recenti1.3 Elementi caratteristici dellastoriografia latina1.3.1 L'impegno politico dellostorico romano1.3.2 Celebrazione dell'impero1.3.3 Scarsi interessietnografici

2 La storiografia nella primaetà imperiale

3.0 Tacito3.1 Vita e opere3.2 De Vita Agricolae3.3 Germania3.4 Historie3.5 Annales

4 La storiografia dopo Tacito4.1 Evoluzione dellecaratteristiche letterarie

5 Sallustio5.1 Vita5.2 Lo stile5.3 Il Bellum Catilinae5.3.1 Primo excursus5.3.2 Secondo excursus5.4 Il Bellum Jugurthinum5.5 Le Historiae

6 Livio6.1 Ab urbe condita

7 Influenza sulla storiografiamoderna7.1 Differenze rispetto allastoriografia moderna

1 La storiografia latina

«La storiografia (latina) non è da meno, ritengo, di quella greca. Non esiterei a paragonare Sallustio aTucidide, né Erodoto si sdegnerebbe che Tito Livio venga messo alla pari con lui».

Con questo generico giudizio Quintiliano (X, 1, 101) afferma, con orgoglio nazionalistico, che la storiografialatina non è per nulla inferiore a quella greca , ma contemporaneamente, nello schema del confronto, èanche implicito un riconoscimento del debito verso i Greci (che traspare dal nome stesso, historia, che ègreco e significa originariamente « ricerca»).

Il fatto che Quintiliano nomini i grandi storici dellaGrecia classica e non gli storici ellenistici, che furono iprimi con i quali il mondo romano entrò in contatto e dacui ricevette impulso la creazione della storiografia aRoma, è dovuto al desiderio di accostare grande agrande, ma non è privo di fondamento.

Gli scrittori ellenistici infatti ereditarono concezione dellastoria, metodi, forma e scopi dell'opera storiograficadall'età precedente. Con ragione Cicerone poteva dunque riferirsi adErodoto come al "pater historiae".

1.1 Il filone annalistico

La prima forma storiografica praticata a Roma fu quella annalistica: in ciò si può scorgere un naturale esignificativo legame con la tradizione indigena e ufficiale rappresentata dagli Annali dei pontefici.

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Per molto tempo infatti a Roma si continuò a concepire l'opera storica come esposizione continua, anno peranno, di tutti gli eventi di qualche rilievo a partire dalla fondazione della città, o anche, come avvenivaspesso, dagli eventi leggendari che l'avevano preceduta (fuga di Enea da Troia, suo arrivo in Italia, ecc.).

Tale filone annalistico continuò ad essere coltivato anche dopo l'introduzione in Roma di altri modellistoriografici, come, per esempio, la monografia. Il più illustre e noto esempio di questa persistenza è offerto da Livio , che in un momento cruciale della storiadi Roma, quando si stava compiendo il passaggio dalla repubblica al principato, concepì e realizzò un'operamonumentale, e riscrisse a primordio urbis tutta intera la storia di Roma, rielaborando in una bella vesteletteraria, e con intenti celebrativi e moralistici, la materia sterminata già raccolta per secoli da altri.

Tutte le opere costruite secondo questo impianto annalistico presentavano la caratteristica di trattare piùdiffusamente il periodo iniziale (le origini e la monarchia) e quello contemporaneo all'autore: quellointermedio (tra la fine della monarchia e le guerre puniche) era in genere esposto, certo anche per scarsezzadi documentazione, in modo più sommario.

Questo schema, presente forse già in Fabio Pittore, è ricostruibile quasi con certezza per le Origines diCatone, e ancora, assai più tardi, per Valerio Anziate; è poi evidentissimo in Livio stesso, che con i primi 45libri della sua opera giungeva fino al 168 a.C. e con i restanti 97 al 9 a.C.

1.2 La monografìa e la narrazione di fatti recenti

Esso si afferma tra il II e il I secolo a. C. con autori comeFannio, Sempronio Asellione e Sisenna, che a quanto paretralasciarono quasi del tutto il passato più remoto.

Talora il racconto iniziava, alla maniera greca, dal punto in cui siconcludeva o s'interrompeva l'esposizione di un predecessore:per esempio, le Historiae di Sallustio si riallacciavano all'operadi identico titolo di Sisenna; e ancora nel IV secolo d.C.Ammiano Marcellino iniziava la sua trattazione dal punto in cuisi concludevano le Historiae di Tacito.

L'interesse per la storia moderna richiama subito il modello della grande storiografia greca (Tucididesoprattutto), diversi sono però probabilmente i motivi che lo determinano. Non tanto infatti l'esigenza scientifica di un miglior accertamento dei fatti, quanto piuttosto un più direttoimpegno nella vita politica attiva induce tanti autori latini a privilegiare o a scegliere in modo esclusivo etàrecenti e temi contemporanei. Così facendo assecondavano anche i gusti e le aspettative del pubblico, come si ricava da un accenno diLivio, che immagina i suoi lettori impazienti di arrivare alla narrazione degli ultimi avvenimenti.

Questa situazione è abbastanza naturale se si tien conto del fatto che fin dalle origini a Roma la storiografiafu coltivata soprattutto da senatori e da uomini politici. Anche gli scrittori che non paiono direttamente inseriti nella vita pubblica sono profondamente coinvolti nelleproblematiche e negli interessi di attualità.

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La forma della monografia rinuncia alla continuità di un ininterrotto flusso storico.Fu introdotta in Roma da Celio Antipatro, e produsse con il De coniuratione Catilinae e con il BellumIugurthinum di Sallustio i suoi frutti principali. Essa sceglie un singolo episodio e su di esso si concentra, analizzandolo sia nelle sue cause remote sia(soprattutto in Sallustio) nei suoi riflessi sul presente.

La tendenza a privilegiare eventi contemporanei o comunque recenti si manifesta in un altro tipo ditrattazione, che narra con impianto annalistico (2.4.1) gli eventi di un periodo breve e vicino nel tempo.

1.3 Elementi caratteristici della storiografia latina

1.3.1 L'impegno politico dello storico romano

La differenza principale rispetto alla storiografia greca sta nel fatto che a Roma, come polemicamentenotava Sallustio, si considerava più importante facere quam dicere, e perciò anche quando l'uomo politicodecideva di dedicarsi all'attività storiografica (per lo più nei momenti di otium o dopo il ritiro dalla vitapubblica, e non senza addurre qualche valida giustificazione), la concepiva come ancora collegata al suoimpegno a servizio dello Stato.

Tale collegamento può essere di vario genere. Vero e proprio proseguimento dell'attività pubblica appaiono i Commentarli («diarii»). In teoria non erano una vera forma storiografica e dovevano soltanto fornire il materiale per una successivaelaborazione storica, ma in pratica fornivano all'autore l'occasione di orientare l'esposizione dei fatti secondoil proprio punto di vista. Così Cesare nei suoi Commentarii dedica la sua arte matura e scaltrita alla narrazione e giustificazione delleproprie imprese.

Anche nella storia propriamente detta lo scrittore poteva riferire direttamente la parte da lui avuta nelle resgestae.

Spunti autobiografici non mancarono fin dalle origini:ne troviamo in Cincio Alimento, che narrava la suaprigionia sotto Annibale (come testimonia Livio ), e inFabio Pittore, la cui missione religiosa del 216 a. C,minutamente descritta da Livio, era probabilmenteraccontata dallo stesso protagonista. Il caso piùnotevole è costituito da Catone, che, come attestasempre Livio, nelle sue Origines non risparmiava lodia se stesso, quando narrava spedizioni militari cuiaveva partecipato.

Sappiamo inoltre che inserì nella sua opera storica interi discorsi da lui pronunciati in occasioni importanti.

Oltre che in queste tendenze autobiografiche, la pulsione politica si rivela talvolta nel trasferire nella storiaquei medesimi principi, convinzioni, ideali, militanze, che l'autore aveva seguito nella politica attiva. Così Catone, eliminando dalla sua storia i nomi dei generali, non fa che ribadire polemicamente la propriaconcezione dei rapporti tra cittadino e Stato, e proseguire la battaglia che lo impegnò per tutta la vita contropersonaggi come gli Scipioni, che per la loro gloria e i loro meriti pretendevano, a suo dire, di porsi al di

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sopra dello Stato e delle leggi.

Così Sallustio sceglie come tema la congiura di Catilina ,

e, anche senza far di questo il suo intento principale, si preoccupa di difendere la memoria di Cesare,negando qualsiasi sua partecipazione al complotto (forse in polemica con un libello postumo di Cicerone,che invece la sosteneva).

1.3.2 Celebrazione dell'impero

Alla matrice politica risalgono almeno altri due elementi, tra loro connessi, tipici della storiografia latina.

Il primo di essi, quasi sempre presente, sia pure in misura diversa, è costituito dalla giustificazione e dallacelebrazione dell'imperialismo di Roma.

Il suo diritto di conquistare e dominare il mondo non viene infatti mai messo seriamente in discussione,neppure da quegli storici, come Sallustio e Tacito, che con straordinaria efficacia hanno saputo esprimereanche le ragioni, le aspirazioni e soprattutto le accuse dei popoli nemici e assoggettati.

All'esaltazione e alla difesa della grandezza esterna di Roma fa riscontro una diversa valutazione dellecondizioni interne della res publica. A partire già da Catone, gli storici mostrano infatti grande preoccupazione per le crisi che travagliano Io Statoe sembrano minacciarne la solidità e l'esistenza stessa. L'indagine delle cause di questa situazione li porta quasi sempre - secondo un tipico schema moralistico cuinon si sottrae neppure uno storico acuto come Tacito - a denunciare la decadenza dei costumi, responsabiledelle discordie interne, delle guerre civili, della degenerazione della vita politica in scontro di ambizioni e diinteressi personali, del diffuso disinteresse per la cosa pubblica. Dalla constatazione del declino morale e dalla consapevolezza della difficoltà di porvi rimedio deriva ai grandistorici latini un atteggiamento pessimista, più accentuato in Sallustio e in Tacito, ma presente anche in Livio.

1.3.3 Scarsi interessi etnografici

L'impostazione spiccatamente politica della storiografia latina provoca un restringimento degli interessi e deicampi di indagine rispetto a quella greca.

Il centro di interesse è prevalentemente Roma, in quanto sededel potere e delle decisioni; scarsa è la curiosità per leistituzioni e i costumi delle numerose popolazioni checostituiscono l'impero romano, giacché prevale l'idea che «lastoria deve seguire e illuminare l'azione di governo, nonmostrare come vivono i popoli» (La Penna). Non mancanoexcursus di carattere etnografico, ma le notizie raccolte dallostorico sui paesi stranieri sono di solito funzionali ai lororapporti con Roma: essi sono considerati cioè come nemici dasconfiggere o come sottoposti da sfruttare e organizzare.

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Talora poi questi passi non sono che semplici espedienti per variare la narrazione o per segnare con dellepause i momenti salienti del racconto.

2 La storiografia nella prima età imperiale

Alla categoria degli infensi andrà ascritta l'abbondanteproduzione, di carattere forse più ribellistico chepropriamente storiografico, fiorita sotto Augusto eTiberio e tutta perduta, che trattava di periodi recenti(dalle guerre civili in avanti), esaltando la libertàrepubblicana e condannando il principato, con toni piùo meno accesi, e con conseguenze talvolta tragicheper gli autori. Alla categoria degli obnoxii appartienecertamente Velleio Patercolo, che fa convergereverso la celebrazione del principato di Augusto esoprattutto di Tiberio la sua breve e slegata sintesi distoria universale.

La drastica ripartizione tacitiana non esaurisce però tutti gli aspetti della storiografia del primo impero. Visono infatti tentativi di rinnovare l'impostazione storica tradizionale, che aveva nello Stato romano il suo verocentro. Con spirito decisamente avverso a Roma, Pompeo Trogo elabora la teoria dell'inevitabile successione neltempo degli imperi, implicando così l'ineluttabile fine dell'egemonia romana a favore di un altro popolo. Affine, anche se esente da ostilità, appare lo schema biologico applicato da Seneca Retore (e ripreso piùtardi da Floro): esso, paragonando la vita degli Stati a quella degli uomini, considera naturale e obbligato ildeclino di Roma.

Ai margini della storiografia si collocano invece le opere di Valerio Massimo e di Curzio Rufo: il primo,raccogliendo exempla, sbriciola la storia in aneddoti ordinati per categorie, che rivelano interessi di tiporetorico (o forse di puro intrattenimento); il secondo si serve degli avvenimenti storici per costruire unanarrazione romanzesca.

Le forme e le caratteristiche che abbiamo fin qui delineato sopravvivono durante l'impero, anche se le mutatecondizioni politiche non mancano di influire anche sulla storiografia.

In tutta la varia e abbondante produzione storiografica dell'età imperiale (in larga parte perduta) si distingueTacito, per il rigore e la profondità della sua indagine, e soprattutto per il valore artistico delle sue opere. Egli si può accostare ai grandi storici repubblicani per l'acume e l'impegno con cui affronta la problematicapolitica contemporanea. Oggetti principali della sua indagine sono i rapporti tra il potere assoluto del principe e l'autorità ormaisvuotata del senato, nonché le cause della decadenza morale che dilagava soprattutto in quella classedirigente di cui l'autore stesso faceva parte.

I predecessori di Tacito non furono certo alla sua altezza. Egli stesso mostra di avere piena coscienza di questo fatto quando, con una visione un po' schematica,contrappone la storiografia repubblicana a quella imperiale, afferma che, dopo la perdita della libertas, nonesistono più storici veri, ma soltanto storici ostili al potere imperiale (infensi) o conformisti (obnoxii).

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3 Tacito

Anche dal punto di vista artistico Tacito rappresenta forse ilmomento davvero più importante della storiografia romana,superiore allo stesso Livio. Diversamente da Livio, infatti, Tacito,scrittore veramente profondo ed informato sugli avvenimenti,èstorico "contemporaneo", sia nel senso preciso del vocabolo, siaperché ha saputo rendere contemporanea anche l'età che nonaveva vissuto. Anche il suo stile, volutamente controllato, rapido e conciso, èun aspetto fondante di questa sua concezione della storia,"storia di idee più che storia di fatti"[F. della Corte].

3.1 Vita e opere

Molto incerti e lacunosi sono i dati biografici di Tacito (55 d.C.? ca – 120 ca): nacque probabilmente nella Gallia Narbonese (ma forse a Terni, o addirittura nellastessa Roma), da una famiglia ricca e molto influente, di rango equestre.Dopo una fortunata carriera politica e letteraria, dedicò totalmente i suoi ultimi anni negli studi storici.

Fra le sue opere storiografiche, bisogna ricordare:

- "De Vita Agricolae"- il "De origine et situ Germanorum" o "Germania"- le "Historiae"- "Annales" o "Ab excessu divi Augusti"

L’opera di Tacito è tutta sostenuta da un’esplicita e tesa passione etico-politica e dalla con-partecipazionealle sorti della Roma a lui contemporanea: è il corrosivo e dettagliato bilancio (soprattutto nelle operemaggiori ) del primo secolo di esperienza monarchica dal punto di vista di un intellettuale, il quale - benchéproclami di voler fare storia in modo imparziale ("sine ira et studio", ovvero "senza risentimento e senzapartigianeria") - esprime tuttavia, giocoforza, il punto di vista della "sana" opposizione senatoriale alla praticaimperiale (leitmotiv ne è l’inconciliabile tensione tra "libertas" e "principatus").

La sua visione della storia risulta fortemente impregnata dell'elemento morale (anche se non legata acredenze, filosofiche o religiose, preconcette) ed essenzialmente individualistica (come tipico dellastoriografia antica), facendo discendere la dinamica degli eventi dalla personalità e dalle scelte dei "grandi".

3.2 De Vita Agricolae

Un'opera composita, tra biografia etnografia e politica, scritta probabilmete nel 98. Verso gli inizi del regno di Traiano, Tacito approfittò del ripristino dell'atmosfera di libertà dopo la tirannideper pubblicare il suo primo opuscolo storico, la sua prima monografia (ma il carattere di quest'opera èdecisamente ibrido: oscilla tra etnografia, storia, panegirico e biografia, mentre l'impronta è marcatamentepolitica), che tramandi ai posteri la memoria del suocero Giulio Agricola, valente generale del tempo diDomiziano e conquistatore della Britannia (o meglio, della parte settentrinale dell'isola).

Per il suo tono encomiastico, lo stile di quest'opera si avvicina a quello delle "laudationes" funebri, integratecon materiali storici ed etnografici; notevole è anche l'influenza di Cicerone, soprattutto nella perorazione e

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celebrazione finale, che assume toni particolarmente commossi e di intensa e personale partecipazione.

Dopo una trattazione sommaria della vita del protagonista Agricola, esempio di libertà ed onestà politica,incentrata esclusivamente sulla sua figura di uomo pubblico (soltanto accennati, quando non taciuti, sono gliepisodi relativi a vicende private e di vita quotidiana), Tacito si sofferma sulla conquista della Britannia,lasciando un certo spazio alle digressioni geografiche ed etniche. Tuttavia, la Britannia è soprattutto un campo in cui si dispiega la "virtus" di Agricola, il teatro delle suemagnifiche imprese.

Tacito mette in risalto come il suocero avesse saputoservire lo Stato con fedeltà e onestà, anche sotto unpessimo principe come Domiziano (si lascia trapelareanche il sospetto che proprio questi avesse fattoavvelenare, per invidia, il famoso generale): anchenella morte, tuttavia, Agricola mantiene la suarettitudine: egli lascia la vita in silenzio, senza andarein cerca della gloria di un martirio ostentato.

L'esempio di Agricola, insomma, indica come anche sotto la tirannide sia possibile percorrere la via mediana(la vera virtù consiste appunto nella "moderazione") fra quelle del martirio e dell'indecenza.

3.3 Germania

La Germania può essere definita un opuscolo etnico-geografico di "attualità". Gli interessi etnografici sono infatto al centro dell'opera, non a caso scritta in quel particolare momentostorico-politico, quando l’agitarsi delle popolazioni ultrarenane indusse Traiano ad affrontare decisamente ilproblema germanico: unica testimonianza, comunque, di una letteratura specificatamente etnografica che aRoma doveva godere di una certa fortuna.

Non è certo se Tacito abbia ideato quest'opera come una composizione a sé stante o se l'abbia pensatacome una parte, un "excursus", da inserire successivamente nelle "Historiae": la critica odierna sembrapreferire la prima ipotesi.

L'opera è divisa in 2 parti: nei primi 27 capitoli è descritta la Germania in generale, condizioni del suolo e delclima, abitanti, loro costumi, religioni, leggi, divertimenti, virtù e vizi; la II parte, invece, contiene un catalogocon le notizie particolari dei diversi popoli, in ordine geografico, da occidente ad oriente.

Le considerazioni etnogeografiche (sui popoli e sui luoghi appunto tra Reno e Danubio) non derivano da unavisione diretta, ma da fonti scritte, e soprattutto dai "Bella Germaniae" di Plinio il Vecchio, che aveva prestatoservizio nelle armate del Reno. Tacito sembra aver seguito la sua fonte con fedeltà, aggiungendo pochi particolari per ammodernare l'opera:ciò nonostante, la "Germania" sembra descrivere abbastanza spesso la situazione come si presentava primache gli imperatori flavi avanzassero oltre il Reno e oltre il Danubio.

E' possibile notare l'esaltazione di una civiltà ingenua e primordiale, non ancora corrotta dai vizi raffinati diuna civiltà decadente: in questo senso, tutta l'opera sembra percorsa da una vena implicita dicontrapposizione dei barbari, ricchi di energie sane e fresche, ai romani, contrapposizione evidentementefrutto di un filtro etico attraverso il quale lo storico scandaglia osservazioni e descrizioni. E molto probabilmente, che attreversto questa visione "manichea" (barbari sani e Romani corrotti), Tacitointendesse sottolineare la pericolosità di quel popolo per l'Impero: i Germani potevano davvero

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rappresentare una seria minaccia per un sistema politico basato sul servilismo e sulla corruzione(ovviamente, Tacito parla anche dei molti difetti di un popolo che gli appare comunque come essenzialmentebarbarico).

3.4 Historie

Furono composte tra il 100 e il 110, in 12 o 14 libri di cui però ci sono pervenuti solo i primi 4 e metà del V.Il progetto di una vasta opera storica era presente già nell'Agricola, ma nelle "Historiae" appare modificato:mentre la parte che ci è rimasta contiene la narrazione degli eventi dal regno di Galba fino alla rivoltagiudaica, l'opera nel suo complesso doveva estendersi fino al 96, l'anno della morte di Domiziano: nelproemio, Tacito afferma di voler trattare durante la vecchiaia dei principati di Nerva e di Traiano.

Quindi le "Historiae" descrivono un periodo cupo, sconvolto dalla guerra civile e concluso con la tirannide:

- I libro: parla del breve regno di Galba; seguono l'uccisione di questo e l'elezione all'Impero di Otone. InGermania le legioni acclamano però come Imperatore Vitellio. In particolare, il 69, anno in cui si aprono le"Historiae", vede succedersi 4 imperatori: questo perché il principe poteva essere eletto anche fuori daRoma, e la sua forza si basava principalmente sull'appoggio delle legioni di stanza in paesi più o menoremoti.

- II e III libro: si parla della lotta tra Otone e Vitellio, con la sconfitta del primo, e tra Vitellio e Vespasiano.Quest'ultimo, eletto imperatore in Oriente, lascia il proprio figlio Tito ad affrontare i giudei e fa dirigere le suetruppe a Roma dove si era rifugiato Vitellio, che viene ucciso.

- IV libro: si parla dei tumulti ad opera dei soldati flaviani, e dei tumulti contro Vespasiano scoppiati in Gallia ein Germania.

- V libro: parla degli avvenimenti di Germania e dei primi segni di stanchezza mostrati dai ribelli.

Tacito vuol soddisfare un desiderio di ricerca e dicomprensione dei fatti che va al di là della sempliceraccolta di testimonianze: ciò in piena rispondenza alsignificato che il termine "historiae" aveva nella lingualatina, mutuandolo strettamente dal greco "historìa"(indagine, ricerca storica), ovvero come esposizionesistematica della storia, sia come raccontostoricamente attestato dei singoli avvenimenti sia comesguardo d'insieme retrospettivo sul passato.

Tacito scrive a distanza di 30 anni dagli avvenimenti del69, ma la ricostruzione di quell'anno avveniva nel vivodel dibattito politico che aveva accompagnato l'ascesaal potere di Traiano.

Tacito ha inteso mostrare nella figura dell'imperatore il divario fra il modello di comportamento rigorosamenteispirato al "mos maiorum" e la reale capacità di dominare e controllare gli avvenimenti. Solo una figura come

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quella di Traiano riuscì a placare i tumulti fra le legioni e pose fine a ogni rivalità.

Tacito è convinto infatti che solo il principato sia in grado di garantire la pace e la fedeltà degli eserciti: già ilproemio delle "Historiae" sottolinea come - dopo la battaglia di Azio - la concentrazione del potere nelle manidi una sola persona si rivelò indispensabile: ovviamente il principe non dovrà essere uno scellerato tirannocome Domiziano, né un inetto come Galba; piuttosto, dovrà invece assommare in sé quelle qualitànecessarie per reggere la compagine imperiale, e contemporaneamente garantire i residui del prestigio edella dignità del ceto dirigente senatorio. Quindi, per Tacito l'unica soluzione sembra consistere nel principato moderato degli imperatori d'adozione.

Lo stile delle "Historiae" ha un ritmo vario e veloce, che ha richiesto un lavoro di condensazione rispetto aidati forniti dalle fonti: a volte qualcosa è omesso, ma più spesso Tacito sa conferire efficacia drammatica allapropria opera suddividendo il racconto in più scene. Lo storico è poi molto bravo nella descrizione delle masse, da cui traspare il timore misto a disprezzo delsenatore per le turbolenze dei soldati e della feccia della capitale.

Le "Historiae" raccontano per la maggior parte, fatti di violenza e di ingiustizia.Tacito sa tratteggiare in modo abile i caratteri dei propri personaggi, alternando notazioni brevi a ritratticompiuti come quello di Muciano o di Otone. Nelle sue descrizioni Tacito si affida alla "inconcinnitas", alla sintassi disarticolata, alle strutture stilisticheslegate per incidere nel profondo dei personaggi. Ama ricorrere a costrutti irregolari e a frequenti cambi di soggetto per dare movimento alla narrazione.

3.5 Annales

Alla forte componente tragica della sua storiografia Tacito assegnala funzione di scavare nelle pieghe dei personaggi per sondarli inprofondità e portarne alla luce le ambiguità e i chiaroscuri.

Lo storico, infatti, sa bene "che né la volontà degli dèi, né laProvvidenza o la Fatalità sono cause immediate del divenirestorico. Le azioni umane, che sono le più visibili, le piùimmediatamente percepibili, in questo divenire, dipendono dallibero arbitrio" [P. Grimal].

Le conseguenze, quindi, delle opinioni e soprattutto delle passioni che scatenano i comportamenti umaniricadono sul divenire storico e ne determinano il corso: soprattutto se il protagonista di tale divenire è unimperatore. Per Tacito è indispensabile, quindi, per comprendere la trama della storia, analizzare la personalità di coluidal quale dipende il destino dell'impero: per questo negli "Annales" perfeziona ulteriormente la tecnica delritratto ed accentua la componente "tragica" del racconto, come ad esempio nei famosi ritratti di Tiberio,Claudio e Nerone.

Lo stile.

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