La storia delle storie completo

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in copertina: frontespizio del testo originale di Vincenzo Roppo.

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2011 tutti i diritti sono riservati all’autore

Testi scelti e commentati da Vito Didonna

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Introduzione

Ricordo ancora con passione i tempi passati, era il 1973, quando iniziammo con il Gruppo d’Impegno Civico la costituzione del patrimonio librario dell’attuale Biblioteca Comunale, fondata quell’anno

dal prof. Vito Porcelli, Assessore alla Cultura. Il primo libro di storia nojana inserito nello schedario fu proprio quello di Vincenzo Roppo, “Noa. Memorie storiche del comune di Noicàttaro”. Il testo, considerato la storia delle storie, inizio cioè di tutte le storie del nostro paese, era un mito per noi giovani cultori di storia patria. Allora l’Amministrazione Comu-nale non poteva permettersi di acqui-stare l’originale, oltretutto introvabile. Dopo tante ricerche, una persona si rese disponibile a prestarcelo per ti-rare una copia fotostatica dell’intero libro. Credo che ancora quella sia la copia in possesso della Biblioteca.Perché oggi riproporre l’attenzione su un testo che molti ritengono, in alcune parti, ormai superato e politicamen-te discutibile? Cercherò di rispondere alla domanda nelle pagine seguenti. Tuttavia, a mio parere, i testi di sto-ria non possono passare di moda in quanto riflettono, al di là di contenu-ti tecnici, anche la mentalità, la cultura, le emozioni, la trama politica del loro tempo: e anche questo è appunto storia! È il caso dell’opera “Noa” di V. Roppo: un progetto complesso costruito con Pasquale Pinto e fortemente voluto da Vincenzo Fiorentino, nel 1927, nella sua tipografia della “Pezza”. Nella ricostruzione degli eventi di quei lontani anni, mi hanno aiutato Nino Desimini, nipote del tipografo Fiorentino, e soprattutto Camilla Fiorentino, la figlia dell’editore, di anni 98, l’ultima testimone vivente che, appena

L’editore Vincenzo Fiorentino1876 - 1964

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quindicenne, lavorò alla composizione del testo.La signora Camilla ha raccontato con grande emozione particolari inediti dell’opera, ma anche momenti della nascita della I edizione del Crivello.E, per concludere, una riflessione meditata sulla “Storia delle storie” si rende oggi necessaria, perché la cultura dominante enfatizza oltremodo le nebbie della globalizzazione o, peggio ancora, della multiculturalità: la lettura del testo di V. Roppo si rivela allora un buon antidoto per non smarrirsi nelle vertigini ammalianti del melting pot…e ritrovare così le proprie radici.

Noicattaro, dicembre 2011. L’autore

Vito Didonna

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Indice

Tipografia Fiorentino pag. 9

Vincenzo Roppo pag. 15

La storia delle storie pag. 19

Lettera a Pasquale Pinto pag. 25

Noicattaro: riassunto storico pag. 35

La Carboneria di Noia pag. 65

Noia patriottica pag. 80

La perfetta Unità d’Italia pag. 99

Bibliografia pag. 107

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8Il primo numero del Crivello, nel 1922, pubblicato nella tipografia Fiorentino

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Tipografia Fiorentino

Mentre parcheggiavo la macchina, mi giravano nella testa i commenti devastanti che Noicattaroweb mandava online sulle dimissioni del neoeletto sindaco Sozio. Pensavo al buon Carlo Picca che faceva fatica a censurare qua e là parolacce, insulti, epiteti malsani che da qualche tempo affollavano il sito della comunità nojana, alle prese con uno dei momenti politici più difficili della sua storia….Alle 10.30 di una torrida giornata di giugno, nella piazza del paese mi aspettava Nino Desimini per accompagnarmi a un appuntamento: incontrare sua madre, Camilla Fiorentino, anni 98, l’ultima superstite testimone di un’impresa eroica: la pubblicazione, nel 1927, della prima storia di Noicàttaro, un volume di 537 pagine, edito nella tipografia di suo padre Vincenzo.Camilla Fiorentino mi accoglie, sorridendomi, in una veranda dalla luce soffusa e, con i suoi occhi luminosi e vividi e un maglioncino rosso rubino, inizia il fascinoso racconto che sto per descrivervi. “Sono nata a Noicàttaro nel lontano 1913, il 16 di ottobre, e i miei genitori, Vincenzo Fiorentino e Maria Sciannameo, mi educarono in sani principi morali, permettendomi in quei tempi difficili, siamo nel periodo della I guerra mondiale, di frequentare regolarmente le scuole fino al corso integrativo nell’ex Municipio, in una classe mista di solo sette alunni. Come era uso allora nelle famiglie della media borghesia, seguivo anche lezioni

Noicàttaro: Piazza Vitt. Emanuele III n.26. Palazzo Fiorentino, sede della tipografia nel 1922.

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di pianoforte e divenni nel paese una pianista ricercata nei salotti per animare le feste. Ricordo ancora il colore dei confetti e il denso aroma dei rosoli, tra polke, mazurke, valzer e quadriglie… mi chiamavano la Venere rossa per il naturale colore dei capelli o anche Ali di colomba che volano sulla tastiera.Ho trascorso la mia fanciullezza nella tipografia, la prima del paese, che mio padre aveva aperto a Noicàttaro nella “pezza”, al n. 26…ah, mio padre Vincenzo.”La signora Camilla ha un attimo di emozione intensa, gli occhi brillano, mentre tra le mani incomincia a sfogliare le rarissime e preziose foto di famiglia. Indica con mano ferma la figura aitante e fascinosa del padre e il dolce viso della madre Maria, poi gli amici di papà Vincenzo, collaboratori del “Crivello”: Pasquale Pinto, Donato Tagarelli, Giovanni Pagliarulo, Vito Pontrelli, il dott. Giuseppe Pagone, don Giovanni Berardi e Giuseppe Sturni, don Giacomo Mastrogiacomo, don Saverio Alfarano, don Gioacchino Gambatesa…“Mio padre non era nojano, nacque a Bari nel 1876 da una famiglia di orafi di origine sorrentina. Si trasferì a Noicattaro, paese di sua madre Luisa Mastrogiacomo, nei primi anni del ‘900, dove iniziò a lavorare nella farmacia del dott. Pagone. Più tardi si innamorò di mia madre Maria Sciannameo. Dopo qualche tempo, decise di comprare una quota di terreno nella “pezza”. Si fece costruire la casa nel 1921 dal maestro Michele Masotti, su progetto dell’ing. Francesco Sciannameo, suo

Camilla Fiorentino

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cognato. Mio padre volle che la sua palazzina al n. 26 avesse una bella facciata e, come era nello stile liberty allora in voga, la fece arricchire di capitelli corinzi e fregi ornamentali floreali. Nel piano terra dello stabile aprì la prima tipografia di Noicàttaro. Ormai il paese si stava ampliando: il quartiere della “pezza” edificato con le rimesse dei nojani emigrati in America, l’apertura delle scuole elementari, l’attività amministrativa comunale e la prima commercializzazione dell’uva da tavola esigevano la presenza di una piccola tipografia locale. Mio padre colse al volo questa necessità, e tra mille difficoltà, acquistò le prime macchine, ma nel frattempo lavorava come appaltatore presso l’ufficio del dazio comunale.Attorno alla tipografia si costituì un gruppo di amici, della medio alta borghesia nojana, dottori, avvocati e proprietari terrieri, intellettuali li-berali, animati da un comune spirito di rinnovamento anche nazionale. L’Italia aveva vinto la I guerra mondiale ma era stata duramente delusa dai trattati di pace, con milioni di soldati morti in guer-ra, tra questi molti meridionali, molti nojani, ben 133 esat-tamente. Un senso di riscatto, quasi di rivincita animava gli amici di papà. Ricordo ancora le ri-unioni in tipografia, tra un denso odore di inchiostro e il fumo

Masseria Pontrelli: il gruppo del Crivello. Si notano da sinistra Vincenzo Fiorentino, Giuseppe Pagone, Giovanni Berardi, Giuseppe Sturni,

Donato Tagarelli, Vito Pontrelli e Giovanni Pagliarulo.

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acre dei sigari toscani, le intermi-nabili discussioni politiche. Fu in questo contesto che nacque il primo periodico locale nojano, il Crivello, stampato proprio nella nostra tipo-grafia. Mio padre curava la rubrica in dialogo dialettale di “Gnsépp e Rafaiaél”, due bonaccioni popolari molto arguti che criticavano la mala-fede e la speculazione politica locale.Ricordo ancora oggi, avevo nove anni e nel 1922, il I novembre, fu pubblicato il primo numero che ebbe il battesimo di uscita proprio su casa nostra: padrini furono don Nicola Positano e mia madre. Durante la serata io sorreggevo tra le mani un crivello, il setaccio appunto, con la prima copia del giornale, avvolto in una velina celeste. Poi le difficoltà politiche, il fascismo chiedeva atti di fede difficilmente condivisibili, e così il giornale chiuse nel 1925…”

Una pausa per le tante emozioni suscitate dal racconto, le mie palesi difficoltà a raccogliere appunti e a rivedere le bozze.. un caffè intenso nel frattempo aiuta a concentrarmi e a non perdere di vista il tema della mia visita alla signora Camilla: i suoi ricordi sulla storia di Noa di Vincenzo Roppo, pubblicato nella tipografia del padre.“Ah…si…certo, ricordo benissimo don Vincenzo, così lo chiamavamo noi. Veniva spesso in tipografia, sempre educato, bassino, si faceva accompagnare a volte da Pasquale

Camilla Fiorentino nel 1945.

Vincenzo Fiorentino e Maria Sciannameo

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Pinto, suo amico e anche lui originario di Ceglie del Campo. Insieme portavano montagne di fogli, le bozze dei capitoli che gli operai della tipografia componevano. Ricordo ancora i loro nomi: Damiano Verni era il proto, Raffaele Iacovazzo curava la legatoria, poi Giovanni Montedoro, Nino Popeo, Matteo Del Re, Nicola Favuzzi... Mio padre perdeva le nottate per quell’opera che pian piano diventava mastodontica, fin oltre 500 pagine ..Ricordo ancora che, nel 1927, a pochi giorni dalla pubblicazione, io con le mie piccole dita, rilegavo molte cinquine. Anche casa nostra era piena di fogli.Poi la pubblicazione, la vendita dell’opera deluse le aspettative sia dell’autore che di mio padre: poche copie vendute, un centinaio, un po’ di queste andarono in America, acquistate dagli emigrati nojani. Molte copie rimasero sugli scaffali a raccogliere polvere, ricordo che per smaltire le cinquine scomposte, mio

Masseria Berardi sulla provinciale Noicàttaro - Mola. Luogo d’incontro estivo degli amici del Crivello.

Giuseppe Sturni: il Camaleonte, firma del Crivello

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padre le svendette ai pescivendoli del mercato…una delusione… un fallimento.. la storia del nostro paese, incarto per i pesci della Pelosa...”Così conclude il suo racconto la signora Camilla, quasi sfinita dall’evocazione degli ultimi particolari e, asciugandosi la fronte e le mani dal sudore, sempre con un brillante luccichio di occhi, si abbandona ad un rassicurante sorriso, certo contenta di questa sua preziosa

testimonianza.Salutandola, scendendo le scale, ri-flettevo sulle ultime sue considerazio-ni: il fallimento editoriale dell’opera di Roppo. In fondo cosa è cambiato da allora nei nojani quanto al deside-rio di conoscere la storia del proprio passato e a conservarne le memorie?

Le famiglie Mastrogiacomo e Lisco nel giardino di Palazzo Carafa. Si nota al centro, in secondo piano, la signora Maria Sciannameo.

Masseria Pontrelli: la sfida dei.. duellanti, a destra Vincenzo Fiorentino.

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Vincenzo Roppo.

E adesso parliamo dell’autore della prima storia di Noicàttaro. La prima appunto, perché fino al 1927 nessuno aveva scritto una storia completa e dettagliata. In verità degli accenni li troviamo nel testo di Vitangelo Morea, nella sua storia della peste del 1815. Ancora più ricca di particolari fu, nello stesso periodo, la descrizione del dott. Arcangelo D’Onofrio, il quale, nell’introduzione del suo testo sulla peste, nel 1817, descrisse, per esempio, la ricchezza e preziosità del corredo religioso della Chiesa Madre. Nella sua relazione, per la prima volta, trovò traccia la leggenda dell’origine oltreadriatica del nostro paese “Per costante tradizione credesi colonia dell’antica Càttaro, città celebre un tempo sulle maremme dell’Adriatico. Se ne scorgono ancora oggidì i ruderi che formano obbietto di curiosità per gli antiquari. Dallo scavo di sepolcrali disserrati, frequentemente si hanno dei vasellami che ne contestano l’anzianità”. Fecendo riferimento a questa leggenda popolare, il consiglio comunale di Noia, nel 1863, cambiò il toponimo in quello attuale.Fino alla fine dell’Ottocento allora, nessun uomo della cultura locale, e mi riferisco a famiglie blasonate come i Siciliano, Demattia, Positano, Mastrogiacomo o anche i Logroscino, aveva ritenuto opportuno interrogarsi sulla storia del proprio paese. Le cose cambiano nei primi anni del ‘900. Infatti nel 1866 circa si trasferisce a Noicàttaro la famiglia di Luigi Pinto, originaria di Ceglie del Campo: un figlio di costui, Pasquale, si dedicò interamente allo studio metodico e profondo della cittadina.Pasquale Pinto per studiare le origine della comunità nojana, consultò

Pasquale Pinto.

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documenti degli archivi di Bari, Napoli e Roma, ma anche la documentazione presente nelle biblioteche delle famiglie antiche di Noja. Tra l’altro fu l’unico ad avere accesso all’archivio della Chiesa Madre.I risultati dei suoi studi venivano pubblicati sul quindicinale locale, il Crivello, del suo amico Vincenzo Fiorentino, ma non diede mai forma sistematica alle sue ricerche.Certo più volte il suo editore l’aveva pregato, ma Pasquale Pinto curava anche altri interressi: era segretario comunale a Capurso, impiegato presso la Croce Rossa e infine direttore della filiale della prima Banca Popolare di Bari.L’occasione per riorganizzare l’enorme materiale delle ricerche di Pinto venne dall’incontro con Vincenzo Roppo, anche lui originario di Ceglie

del Campo. Insieme decisero di dar vita alla prima storia di Noicàttaro, grazie soprattutto all’incitamento del tipografo Fiorentino, definito dallo storico cegliese “geniale, nobile, disinteressato editore”.Ma chi era Vincenzo Roppo?“Uno spirito vivo, alacre che trovasi con suo comodo così alla sbarra del tribunale come alla redazione di un giornale, nella vita politica così bene come nelle funzioni amministrative: uno spirito sul quale le voci del tempo passato esercitano un invincibile

Lo storico Vincenzo Roppo.

La casa natale a Ceglie del Campo.

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allettamento e che si appassiona per gli studi storici. Tale è il sig. Vincenzo Roppo, storico, giurista, criminalista e sociologo”.Nato a Ceglie del Campo il 28 febbraio del 1879, da una famiglia di proprietari terrieri, frequentò il liceo classico di Conversano sotto la guida di mons. Domenico Morea. Si laureò a Roma in giurisprudenza frequentando i corsi di Salandra e Ferri, illustri penalisti.Avvocato celeberrimo e molto abile nella gestione della cosa pubblica, fu delegato per il comune di Conversano nel Consiglio Provinciale. Fu uno dei pochi che, in occasione dell’uccisione dell’onorevole Di Vagno, avanzò sospetti sulla responsabilità morale anche della curia vescovile di quella città nell’evento criminoso.Socio di varie accademie italiane ed estere di storia patria e insignito di alte onorificenze, era tuttavia “un semplice galantuomo, altruista e buon consigliere”. All’epoca della redazione della storia nojana, rivestiva la funzione di Reale Ispettore Onorario dei monumenti, scavi e antichità della Puglia.Così in pochi tratti abbiamo delineato il personaggio incaricato di dar vita e corpo al progetto editoriale di Fiorentino: non un uomo da poco conto e senza esperienza, ma sicuramente il massimo esperto allora, nel panorama culturale pugliese, di storia patria. Prese tra le abili mani le molte ricerche di Pasquale Pinto e, basandosi sulla sua ricca personale esperienza, elaborò la prima storia di Noicàttaro, di ben 537 pagine, oggi diventata una rarità bibliografica.

Ceglie del Campo: lapide posta sulla casa natale dello storico.

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La storia delle storie

La prima storia di Noicàttaro è un volume di 537 pagine e il contenuto è distribuito in 37 capitoli. Il piano dell’opera era finalizzato a “concepire Noicàttaro come un porto, un faro, un culmine panoramico della storia generale della Puglia”.Quali furono i temi affrontati dal Roppo? La domanda è importante perché proprio rispondendo a questa si potrà poi capire l’interesse dei successivi cultori di storia locale: quindi possiamo dire che il volume di Roppo costituì un ideale apripista delle future ricerche.Dopo la doverosa dedica a Pasquale Pinto, di cui giustamente riconosce l’insostituibile funzione nella ricerca di gran parte del materiale, il Roppo entra subito nella trattazione ad iniziare dai cenni storici generali del paese, fino a porsi l’eterno dilemma, mai risolto, dei rapporti con la città di Càttaro della Dalmazia.Successivamente descrive le tom-be nell’agro nojano, allora da poco scoperte, e delle suppellettili trova-te. Passa poi a trattare la storia del castello, delle famiglie feudali e soprattutto dei Carafa: racconta minuzio-samente anche la vicenda dello scontro con la casata degli Acquaviva, signori di Conversano.Importante è il capitolo 36 dedicato alla trattazione delle chiese e delle cappelle nell’abitato: si fa riferimento all’esistenza, nel passato, delle chiese di S. Caterina e di S. Chiara, nella zona dell’attuale sagrato della Chiesa Madre. Tre anni fa, nella sistemazione delle basole esterne della piazzetta antistante la Matrice, venne alla luce una cripta con resti umani

Largo Madre Chiesa: il Monsignore. Il bassorilievo ricorda probabilmente l’esistenza della chiesa di

S. Chiara.

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sicuramente appartenuta a una delle due chiese.Non poteva mancare il tragico episodio della peste: gran parte del materiale è preso dal testo del Morea e da epistolari delle famiglie nojane. Non fa alcun riferimento alla relazione di Arcangelo D’Onofrio.Nei capitoli 34 e 35, si sviluppa il tema risorgimentale, di grande attualità quest’anno per i 150 dell’unità italiana. C’è il famoso elenco dei Carbonari nojani e il ruolo avuto dal paese nella lotta antiborbonica e unitaria e poi il tragico contributo dei soldati nojani periti nella I guerra mondiale.Ampio riscontro, infine, è dato ai nojani celebri nelle lettere, nelle arti e nella politica: è riportato il fondamentale contributo del dott. De Candia sul valore scientifico degli studi di Nicola Pende, nell’ultima parte del testo.La storia di Noa si chiude con il capitolo finale dedicato alla descrizione del periodo che va dal 1920 al 1930: tempo tragico per l’Italia a causa dell’instabilità della politica liberale che condusse al potere Benito Mussolini. Tragico anche per la Terra di Bari: nel settembre del 1921 l’on. Giuseppe Di Vagno, parlamentare socialista, veniva ferito a morte, a Mola, da squadristi fascisti di Peppino Caradonna. Stranamente questo capitolo fu aggiunto successivamente, nel 1930, rispetto alla redazione originale dell’opera che è invece del 1927. Perché questo? Noi possiamo soltanto ipotizzare eventuali intromissioni del potere politico locale fascista sui redattori dell’opera.Infatti qui il Roppo esalta con molta retorica Mussolini, il suo ruolo di salvatore della Patria dalle “violenze anarchiche dei comunisti e socialisti”, fautore dell’accordo con la Chiesa nei Patti Lateranensi, fedele servitore e garante della monarchia Savoia.Oggi, ormai in tempi molto lontani da quelle tragiche intemperie, possiamo dire che anche quest’ultimo capitolo, posticcio a mio parere, è storia che ci aiuta a capire le tensioni di quei momenti difficili riflessi nel microcosmo di un piccolo paese del Sud.

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Bibliografia

Roppo Vincenzo, Noa, memorie storiche della città di Noicàttaro, ed. Fiorentino 1927.Tagarelli Sebastiano, Noja, ed. Doge 1981.Postiglione Vincenzo, Ricordando Vincenzo Roppo, Ceglie del Campo 1979.Tagarelli Rita, Crivello, annate 1987/88.Sforza Michele, Frammenti di storia nojana, Noja Edizioni 2P 2008.Marangelli Luigi, La curia di Conversano e la vicenda di G. DiVagno, Sudest 2007.Didonna Vito, Il sigillo di pietra, Noja Edizioni 2P 2010.Autori vari, Di passo in passo…strade nella storia, Grafica 2P 2004.

Si ringraziano:

- Nino Desimini per la preziosa collaborazione iconografica.- Camilla Fiorentino per la straordinaria testimonianza.- Padre Giuseppe Conversa degli Agostiniani di Noicattàro per la consultazione del testo originale di Vincenzo Roppo presso la Biblioteca di P. Tommaso Autiero.- Mimmo Didonna per la digitalizzazione del testo originale.

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In queste pagine si riproducono cinque capitoli dell’opera di Vincenzo Roppo: ho scelto come introduzione la lettera di ringraziamento dell’autore a Pasquale Pinto, suo amico e infaticabile ricercatore.In seguito ho riportato il capitolo sul breve riassunto storico di Noicattaro, importante anche per le foto dell’epoca.Gli altri due capitoli successivi riguardano la storia di Noicattaro dal Risorgimento fino alla I guerra mondiale: un omaggio doveroso per i 150 anni dell’Unità d’Italia.Infine l’ultimo capitolo, il più discusso, in cui l’autore si sofferma sulle tragiche conseguenze del primo dopoguerra e la figura salvifica di Benito Mussolini.Chiude l’antologia la riproduzione della bibliografia del testo originale, utile per chi volesse dedicarsi alla ricerca delle fonti della storia del nostro paese.

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Chiuso in tipografia nel mese di dicembre 2011

Stampa:Grafica 2P s.n.c. (Noicàttaro)

Fotografie: Vito DidonnaArt director: Mimmo Didonna

Siti web di riferimento:www.scaffale.orgwww.grafica2p.it

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