La storia delle origini fra archeologia, letteratura e mito

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La storia delle origini fra archeologia, letteratura e mito 27-31 marzo 2020 Giovanna Cicala

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La storia delle origini fra archeologia, letteratura e mito

27-31 marzo 2020 Giovanna Cicala

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Il mondo greco iniziò a guardare all’Occidente intorno al VI sec. a.C.; ad allora risale il racconto di Enea arrivato in Italia, legato come quello di Odisseo, al ciclo dei nostoi, i viaggi di ritorno dalla terra di Troia. Secondo queste narrazioni il Mediterraneo occidentale e l’Italia, in particolare, furono scenario di fondazioni di città a opera di eroi greci, come per esempio, ad Antenore si attribuisce la fondazione di Padova

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Per i popoli italici la civiltà dei Greci e il potere che raggiunsero nel Mediterraneo esercitavano un certo richiamo. Il ciclo di Omero, che tramandato oralmente raggiunse una redazione intorno alla metà dell’VIII sec. a.C., fu elemento di diffusione dei racconti di ritorno di eroi che ne erano protagonisti. Tutto questo acquistò valore particolare e diverso significato quando Roma diventò padrona delle città greche d’Italia, e quindi della stessa Grecia fra il III e il II sec.

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In età augustea, Dionigi di Alicarnasso nelle Antichità romane, scritte a partire dal 7 a.C. costruì intorno al mito di Troia e ai nostoi l’ipotesi che l’origine di Roma fosse greca. In questo modo, la sua fondazione veniva ricondotta alla civiltà ellenica. Questo tipo di ricostruzione poggiava su alcuni secoli di riflessione greca su Roma.

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La prima storiografia moderna su Roma arcaica si è concentrata sul metodo della critica delle fonti letterarie. A partire dalla fine del XIX secolo l’archeologia ha riportato alla luce importanti materiali riferibili alla storia più antica di Roma. Si è posta dunque la questione di come conciliare la documentazione archeologica con la ricostruzione storica, un presupposto di per sé fallace. Il valore delle testimonianze archeologiche, infatti, non risiede nella loro possibilità di confermare le fonti letterarie, ma nella possibilità che talora ci offrono di una lettura autonoma.

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Attraverso la narrazione romana dunque Enea fu definitivamente collegato a Roma, tramite Alba Longa, e a Romolo, il suo fondatore. Tuttavia il racconto che legava Enea a Roma presentava evidenti discrepanze. Dal III sec. a.C. divenne evidente che si poneva un problema la cronologico. Gli studiosi ellenistici e, in particolare Eratostene, fissavano la caduta di Troia nel 1182, una data decisamente distante da quando si riteneva fosse stata fondata Roma.

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La data della fondazione di Roma era stata fissata, indipendentemente dalla narrazione greca, tra la fine del IX e la metà dell’VIII secolo, in base a diverse ipotesi e suggestioni. Per Timeo, che collegava le vicende di Roma a quelle dell’antagonista Cartagine, fondata nell’814 a.C., la nascita di Roma era avvenuta lo stesso anno. Gli annalisti avanzarono diverse proposte, ma prevalse, nel I sec. a.C. quella di Varrone che poneva la fondazione della città tra il 754 e il 753 a.C. Tale data era stata formulata avendo come punto di riferimento la prima data storicamente accertata l’anno 509 a.C., in cui fu fondata la repubblica e cominciavano i Fasti consolari; se consideriamo una media di 35 anni di regno per ciascuno dei sette re si giunge appunto alla data del 754-753 a.C.

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Inizialmente la storiografia romana introdusse elementi legati alla storia laziale, di Lavinio e Alba Longa, e la lista di 30 re elaborata da Catone. In questo modo leggende, anche diverse, trovarono soluzione durante la repubblica attraverso un’elaborazione che troverà la formulazione più compiuta nell’Eneide, in cui la narrazione delle origini diverrà legittimazione del potere imperiale. I principali autori che la trasmisero, se pur con varianti, furono Diodoro, Livio e Dionigi di Alicarnasso

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Enea giunto Lazio, sposò Lavinia, figlia di Latino, e in suo onore chiamò Lavinia la città da lui fondata; il figlio Ascanio (Iulo) fondò a sua volta Alba Longa, dove regnarono trenta re sino a Numitore. Il fratello minore di Numitore, Amulio, depose il re e costrinse la figlia di lui, Rea Silvia, divenire vestale. Marte la rese madre di due gemelli, Romolo e Remo. Amulio, temendo che i gemelli lo spodestassero, diede ordine di abbandonare i gemelli sulle sponde del Tevere.

La narrazione dell’Eneide (1 di 2)

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La narrazione dell’Eneide (2 di 2)

I gemelli sopravvissero grazie a una lupa e fondarono Roma sul Palatino. Remo fu ucciso dal fratello per avere avere commesso un atto empio: violò il pomerium, il confine sacro della città. Romolo provvide al popolamento della città con il ratto delle sabine. La componente sabina fu determinante: Romolo associò al trono il sabino Tito Tazio.

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Il ruolo da correggente di Tazio ha indotto alcuni a ritenerlo un personaggio antico, forse addirittura un re che non figura nella lista dei re che è giunta sino a noi. Si tramanda che fosse sepolto sull'Aventino e ricevesse di sacrifici annuali. Un altro elemento a favore dell’antichità del personaggio sarebbe il nome di una delle più antiche tribù romane, i Tities, che da lui avrebbe preso il nome, e l’esistenza di un antico collegio sacerdotale, i sodales Titii. Tazio fu la causa di una minaccia di guerra con gli abitanti di Laurentum. Alcuni suoi parenti, maltrattarono gli ambasciatori dei Laurenti. Tazio appoggiando i consanguinei, incorse in un castigo divino: fu ucciso a Lavinio durante un sacrificio dagli avversari (Livio, I, 14).

La tradizione su Tazio

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Una lontana eco di un ruolo ricoperto da Tazio potrebbe essere riconosciuto nel nome di una delle prime tribù romane, i Tities. La tradizione attribuisce all’età arcaica, infatti, l’esistenza di tre tribù: i Tities, i Ramnes, i Luceres. Ciascuna sarebbe stata divisa in 10 curie, e avrebbe contribuito sia alla forza armata cittadina (ognuna avrebbe fornito 3 legioni di 1000 fanti e 3 centurie di cavalieri) sia al senato, allora costituito da 100 patres (donde i figli erano detti patricii); al di sopra di tutto il rex nelle cui mani si concentrava la somma del poteri giudiziario, militare, religioso

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Nelle leggende di fondazione sono presenti temi riconducibili a diverse tradizioni: a quella biblica l’uccisione del fratello; a quella latina e italica, la lupa sacra a Marte, a cui Plutarco aggiunge il picchio, totem italico delle primavere sacre; a quella greca, la più presente, l’intervento di un dio nella paternità, il riconoscimento dei gemelli, topos della commedia, il concetto di fondatore eponimo, che dà leggi alla nuova città, apertamente in contrasto con la mentalità romana che considerava le sue istituzioni, frutto di un impegno collettivo.

Elementi ricorrenti della tradizione presenti nelle leggende della Roma delle origini

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Altri due elementi si tramandano sull’origine di Roma: la fondazione sul Palatino, secondo alcuni troverebbe conferma in tracce di fortificazioni sul colle e nella tradizione del pomerium, che avrebbe definito uno spazio unitario; il Septimontium, spiegato come realtà territoriale ora precedente la genesi del nucleo palatino, ora evoluzione intermedia prima della città storica (Varrone). Sappiamo da Festo che il termine Septimontium indicava la cerimonia religiosa arcaica che collegava idealmente le colline.

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Le gentes Il termine gens identificò originariamente il clan, l’insieme di quanti si riconoscevano discendenti da un comune antenato, legati anche proprie forme di religiosità e devozione, che riguardavano anche geni del focolare, i Lares, e la venerazione degli spiriti dei defunti, i Manes, praticate secondo un codice consuetudinario. Univano le gens anche il luogo di sepoltura, comune a tutti i suoi membri, e un proprio sacerdote, a cui facevano riferimento in assenza di un capo. In seguito la gens si frazionò in età repubblicana nelle diverse famiglie che la componevano, pur conservando segno delle sue origini nel nome e nell’osservanza di sacra comuni.

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Le curie

Il termine curia deriva da coviria, cioè l’insieme di maschi adulti. Esse sono la base della prima assemblee del popolo, i comizi curiati, un’istituzione che permarrà durante tutta l’età repubblicana, per essere poi sostituita da altre forme di assemblea con l’evoluzione istituzionale.

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Il senato

Il senato era costituito da rappresentanti delle diverse gentes che erano entrate a fare parte del corpo civico romano. Come un consiglio degli anziani, esso assolveva, appunto, al compito di consigliare. Al senato spetta l’elezione del sovrano. In tale periodo, l’interregnum, i patres si avvicendano al governo, sinché non sifosse eletto il re. La natura conservatrice delle istituzioni romane comporterà una diversa sopravvivenza del l’ interregnum in età repubblicana.

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Il rex

Il rex concentrava nella sua persona l’insieme dei poteri giudiziari, militari e religiosi. Il termine rex trova corrispondenze negli strati originari delle lingue indoeuropee, ma non è noto quando questa figura si sia imposta a Roma, anche pare rivestisse dall’inizio precisi connotati sacrali. Secondo la storiografia romana la prima monarchia era elettiva, almeno in parte quindi condizionata dalle gentes, e vitalizia e godeva del potere di coercizione assoluto, l’imperium.

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I sette re di Roma

•  Romolo •  Numa Pompilio •  Anco Marcio •  Tullio Ostilio •  Tarquinio Prisco •  Servio Tullio •  Tarquinio il Superbo

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Le riforme dei re

Ai primi regnanti sono attribuite una serie precisa di riforme. Romolo, oltre a essere il fondatore di Roma, incarna simbolicamente il legislatore ‘politico’, Numa Pompilio fu il creatore della religione: a lui sono ricondotte le istituzioni di culti e festività, il calendario, e la creazione dei corpi sacerdotali, tra cui i luperci, flamini, auguri, salii, fetiales, pontefici, vestali, curiones o capi delle curie. Il nome di Servio Tullio è legato all’organizzazione dell’esercito attraverso l’ordinamento centuriato.

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Gli ultimi re di Roma

Secondo alcuni storici non è chiaro quali vincoli unissero Tarquinio Prisco a Servio Tullio, e quest’ultimo a Tarquinio il Superbo (cfr. manuale). Di certo la sua conquista del trono fu il risultato di un’azione violenta. Livio scrisse (I, 49) ‘neque populi iussu, neque auctoribus patribus’, né per per ordine del popolo, né per volere dei senatori’. Questa successione al di fuori della legalità accomunerà i re di Roma sino a Tarquinio il Superbo.

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Tarquinio il Superbo T. il Superbo fu il primo re a rivendicare la successione dinastica. Durante il suo regno acuì i tratti del suo potere tanto che alcuni comportamenti a lui associati (il ricorso a spie e delatori, l’uso di una scorta armata fuori città) lo hanno fatto accostare all’ateniese Pisistrato. Il giudizio degli antichi ci presenta il Superbo come tiranno; forse però lo fu nell’accezione greca del termine, tyrannos, nel VI secolo. Il personaggio, per come è stato tramandato, potrebbe avere risentito di un duplice pregiudizio: quello della cultura greca di V-IV secolo e quello dell’aristocrazia senatoria il cui potere politico era stato limitato dal sovrano

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Il tempio di Giove Capitolino

La tradizione attribuisce a Tarquinio il Superbo la costruzione del grande tempio di Giove Ottimo Massimo. Quanto si è conservato dell’edificio (parte della sottostruttura, capitegole, lastre, e altro) confermerebbe la datazione e l’attribuzione. Tali resti consentono di ricostruirne la tipologia, nonostante l’edificio sia stato distrutto da un incendio nell’89 a.C. ed eretto di nuovo in uno stile diverso. Il tempio originale era di concezione etrusca e tale per maestosità e dimensioni da suscitare timore e rispetto.

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-Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, Libro I, Vol. 1, Milano, BUR, 1982 - Dionisio di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica (Le Antichità romane), Milano, Rusconi, 1984. - Plutarco, Vite Parallele, Vol. 1, Vite di Teseo e Romolo, Torino, UTET, 2011 -  GIOVANNI BRIZZI, Storia di Roma, Dalle origini ad Azio, Patron, Bologna, 1997 - G. CLEMENTE, Guida alla storia romana, Milano, Mondadori, 2017 - G. GERACI, A. MARCONE, Storia romana, Editio maior, Firenze, Le Monnier Università-Mondadori Education, 2017 - R.M. OGILVIE, Le origini di Roma, Bologna, il Mulino, 1984,