La storia del lupo Davide Mana · scrivania di cristallo e salta su una poltrona di Le ... È la...

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La storia del lupo

di

Davide Mana

Questa storia è dedicata ai miei amici scribacchini

indipendenti, e ai miei editori. Ed ai Coordinatori della

rivista LN, che per primi la ospitarono.

Con un ringraziamento a William Kotzwinkle.

Disclaimer

Questa è una storia d'immaginazione.

Ogni riferimento a fatti o personaggi reali, al di là del

chiaro intento satirico, è puramente casuale.

Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons

Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.

Cari Coordinatori, questa è una storia strana, poco

credibile e probabilmente completamente falsa.

Un po' il genere di storia che uno sconosciuto in

treno vi potrebbe raccontare durante una lunga

fermata imprevista su un binario morto.

Voi siete lì, e sapete che il vostro viaggio durerà

due ore e tre quarti anziché un'ora e dieci, ma

intanto questo tizio con la barba e il monocolo non

la smette di cianciare, e vi sta chiaramente

raccontando delle panzane, delle panzane colossali,

panzane che non stanno né in cielo né in terra, ma

cos'altro volete fare? Buttarvi dal finestrino?

Che poi magari neanche si apre, il finestrino.

E così lo state a sentire.

E lui vi racconta la sua storia.

È la storia di un lupo.

Un bell'esemplare, cresciuto fra le montagne e scampato

grazie ad un misto di fortuna e astuzia a trappole e

bracconieri.

Com'è come non è, un bel giorno il lupo si ritrova

nell'anticamera del direttore editoriale del maggiore

editore italiano... si, quell'editore, non facciamo nomi.

Come abbia fatto il lupo a entrare non lo sa nessuno, o

per lo meno non si riuscirà a determinarlo

successivamente, ed a quel punto il patatrac è fatto,

giusto?

Perché il lupo è lì, una mattina, ed ha un manoscritto.

In che senso un manoscritto?, chiedete.

Perché coi tempi che corrono, un lupo nel mondo

dell’editoria lo potete anche ammettere, ma con un

manoscritto suo...

Non è detto che sia suo, fa l’uomo col monocolo.

Potrebbe averlo trovato.

Lo ha trovato?

Perché no?

E lo ha portato da un editore?

Beh, fa lui, lei dove lo porterebbe un manoscritto, a

un cavadenti?

Non fa una grinza.

Perciò c’è questo lupo col suo manoscritto.

Un manoscritto perfettamente formattato, con la pagina

del titolo, le pagine numerate, titolo e autore su ogni

pagina, stampato in Courier New a corpo 12, interlinea

doppia su carta extra strong di Fabriano.

Bello liscio.

La segretaria del direttore editoriale è un po' nervosa - il

lupo continua a fissarla.

Non che lei non ci sia abituata, ad essere fissata in modo

famelico da chi aspetta di entrare dal direttore - è per

questo che il direttore l'ha assunta, mica per le sue

battute al minuto - ma di solito le guardano le tette, non

la giugulare.

Anche la lingua rossa che pende da una parte non è una

cosa mai vista, in quest'anticamera, da questa segretaria,

però il lupo la innervosisce, e quindi appena può lo fa

passare.

Ed il gioco è fatto.

Perché naturalmente, al direttore, trattare con un lupo o

con una piattola non fa nessuna differenza.

Certo, è vero, gli capitano più di frequente le piattole, ma

quello è il mondo dell'editoria per voi, cosa volete farci? E

molti dei suoi migliori amici, in fondo, sono pescecani, e

sappiamo tutti per chi lavora, no?

Quindi il lupo non lo preoccupa.

Certo, il fatto che il lupo sia qui senza un appuntamento,

che non si sia fatto presentare da qualche autore già

pubblicato, da un politico, da un personaggio televisivo,

da uno cantautore amico del Dalai Lama o da un ex

piduista, beh, questo è fastidioso, ma il direttore non è

diventato direttore solo leccando deretani, ha anche un

buon senso del tempo, e sa che ci sono imprevisti che

possono cambiarti la vita.

Quindi li trova, due minuti per il lupo.

E il lupo gli posa con delicatezza il manoscritto sulla

scrivania di cristallo e salta su una poltrona di Le

Corbusier, e comincia ad aspettare.

E che diamine, il direttore legge due o tre pagine e - a

parte le parole che non conosce e qualche problema con

la punteggiatura – maledizione, questo è il miglior fottuto

manoscritto che gli sia capitato fra le mani in dieci anni

di attività (prima faceva il tecnico del suono in TV, e

manoscritti ne vedeva pochi).

Non solo è ben scritto, senza correzioni a biro e senza

ribattiture, senza sbianchettamenti.

Non solo è impaginato da dio, su carta bianca che

scrocchia.

No, il fatto è che, per tutti i diavoli, questo promette di

essere il miglior romanzo che mai sia passato per gli

scaffali dei supermercati negli ultimi quindici anni.

E come farebbe un lupo a scrivere così bene? Voi

domandate, scettici.

Dedizione, umiltà e un approfondito lavoro di

revisione del testo, risponde l’uomo col monocolo.

E continua...

Il direttore disdice tutti i suoi impegni per la giornata, fa

portare del sushi per il lupo, un vocabolario semplificato

per se e si mette a leggere il manoscritto.

È la storia semplice, quasi naif, di un orso...

Un orso? Il lupo ha scritto un romanzo su un orso?

L’uomo col monocolo fa spallucce.

È un fantasy, dice.

È la storia di un orso ma dentro c'è tutto - amore,

avventura, i dolori ed i disorientamenti del passaggio

dall'adolescenza all'età adulta, il pericolo e la redenzione,

il potere maestoso della natura selvaggia, l'umorismo, la

satira, il dramma, un forte messaggio politico.

Arrivato all'ultima pagina, il direttore si asciuga una

lacrima, getta il vocabolario nel cestino della carta

straccia e si volge al lupo.

"Ragazzo," gli dice, "hai trovato un editore."

Si tratterà ora solo di eliminare il messaggio politico...

E così si mettono al lavoro.

Perché ora che è stato toccato dall'editoria, il manoscritto

del lupo non è più un romanzo - è un prodotto.

Come prima cosa viene formato un comitato editoriale,

formato da

. uno che sui biglietti da visita da sette anni scrive

"scrittore" (ma i biglietti da visita sono l'ultima cosa che è

riuscito a pubblicare in sette anni, e se li è stampati da

sé)

. un ex paparazzo che ha fatto il colpaccio ("l'Ansel

Adams di Fregene")

. un regista fallito ("il Moretti di destra")

. un ex terrorista di sinistra che sparava a sindacalisti ed

operai e oggi insegna storia del cinema americano

(sempre pistole sono)

. una gran dama sessantenne, maestra di salotti letterari

(ed ex amante del direttore)

. sua figlia quarantenne, attrice di teatro e vagamente

eroinomane (attuale amante del direttore)

. la figlia diciottenne di quest'ultima, che "lavora in

radio" (e con la quale il direttore è sempre così

affettuoso...)

Loro hanno tutti le idee molto più chiare dell'autore.

È il loro lavoro, dopotutto – per il quale verranno pagati

molto meglio di lui.

Davvero l’editore paga tutta ‘sta gente?

Non li paga l’editore, dice l’uomo col monocolo, li

paga l’autore, solo che non lo sa – gli verrà caricato

tutto come spesa passiva per il lavoro editoriale, e

sottratto dal suo compenso.

E l’autore accetta una simile clausola?

Di solito, sorride lui malinconico, firmano prima di

arrivare a leggere quella parte.

Il direttore lo ha detto fin da subito, e i sette saggi

concordano, il messaggio politico del romanzo è piuttosto

esplicito e, se da una parte potrebbe far piacere a certi

fan nostalgici di Ayn Rand, beh, c'è tutta questa faccenda

dell'uguaglianza e del diritto alla felicità che è, diciamo,

un po' troppo liberal per i tempi correnti.

Quindi il messaggio politico se ne va.

Il che significa tagliare completamente il personaggio di

Jules, e riscrivere completamente il dialogo nei capitoli

quattro e cinque, ma si può fare.

Ora, trattandosi palesemente di una storia fantastica – il

protagonista è un orso, giusto? – allora sarà diretto ad un

pubblico di ragazzi.

I piccoli bastardi ci hanno reso soldi a palate fra hobbit,

maghetti e guerriere mezz’elfe, ma hanno il livello

d’attenzione di un pugile suonato, erano più svegli da

spermatozoi.

Toccherà riscrivere il prologo, con quel suo tono un po'

pesante, quasi miltoniano, che ha troppe parole difficili –

c'è anche un memo a riguardo, del direttore.

Via quello – lo sostituiamo con una bella poesia sul

quanto sono belli i mandorli in fiore.

Che è un po' poco fantasy, però, allora la facciamo in

elfico, alla Tolkien, così nessuno ci capisce un cazzo e

piace un casino. Nessuno la legge ma a noi non costa un

centesimo perché in rete c'è un'applet java che produce

versi in elfico schiacciando un bottone.

Si fa un copia-incolla.

Fatto.

Esiste davvero un’applet java che scrive poesie in

elfico on-line?, domandate, curiosi.

Lui chiude gli occhi e sospira. Per cortesia...

Cerchiamo anche di stemperare il dramma - perché ai più

piccini potrebbe risultare un po' traumatico, con la storia

della morte del padre e tutto il resto. Considerando che

abbiamo tagliato il personaggio di Jules, lo rimpiazziamo

con un allegro scavezzacollo un po' scemo, che dirà

banalità e fornirà un contrappunto comico alle scene più

dure.

Una cosa tipo Jar-Jar Binks.

Abbiamo ancora quel tipo che voleva scrivere gag per

Panariello? Contattatelo.

Quindi, ok la politica, ok il dramma.

Una sola cosa – questa satira fa cagare.

O peggio, qualcuno potrebbe riconoscersi e offendersi.

Tagliare. Senza pietà.

Mettiamoci piuttosto una bella quest classica. Un anello,

una coppa, un alka-seltzer... cos’è il fantasy senza lunga

ricerca inutile ed una bella mappa con l’itinerario?

Fatela su due pagine, la mappa.

Sul messaggio ecologico io poi gli darei una regolata.

Natura incontaminata ok, alberi, fiori, aria pura, ma alla

lunga, che palle!

E se la parte centrale del romanzo si svolgesse, per dire,

anziché in una foresta incontaminata, in un

incontaminato, esclusivo resort nelle Dolomiti?

OK, ok, è fantasy.

Delle Dolomiti parallele.

Voglio dire, lei è una principessa, che diavolo, avrà pure

qualche gancio, no?

E poi due lire di product placement potrebbero metterci

al riparo da eventuali rischi – visto mai che poi i

coglioncelli invece di questo si vanno a comperare

qualche ristampa di Asimov.

E già che ci siamo... ribadisco, lei è una principessa.

Come nome, Melisande sembra una tisana per la tosse.

Roba da vecchi. Metteteci un nome da principessa vera,

che inizi con una vocale, che abbia una ypsilon nel mezzo

e finisca per enne.

Qualcosa di accattivante.

Il che ci porta naturalmente al nodo centrale – il ruolo di

Mordecai e la sua redenzione.

A parte il fatto che fino a che non si arriva alla

redenzione, io, onestamente, non ho capito se fosse

buono o cattivo, e da che parte stava, ma ora, sono solo

io, o Mordecai è un nome ebreo?

Mordecai?

Il vostro compagno di viaggio non ci vede nulla di

strano. E’ un nome piuttosto comune, dice.

Tutti concordano che Mordecai, in effetti, sì, è un nome

ebreo.

Giusto, allora, chi ha mai sentito che gli ebrei si siano

redenti?

E poi cominciano a menarcela con la Palestina, le bombe,

le cose.

Tagliare tagliare.

Appunto. Chiamiamolo Francesco... no, troppo rischioso,

chiamiamolo Pietro. Facciamo un discorso equilibrato,

pacato ma coerente... Mandate due righe alla CEI per

avere un po' di materiale sulla redenzione da inserire nei

dialoghi – promettetegli un 20% di sconto agli scout.

Quindi... natura, satira, redenzione...

Altri problemi?

OK, ovviamente – com'è che non scopano? Voglio dire, è

un romanzo per adolescenti, dovremo pure dare un

messaggio positivo ai piccoli stronzi, giusto?

E cosa c'è di meglio che scopare nudi nei boschi?

Quindi, nel settimo capitolo, tre scene di sesso, e due nel

capitolo nove.

Ci dovrebbe essere sempre quel vecchio montenegrino

che dà da mangiare ai piccioni nei giardini della stazione,

e che scrive le scene di sesso a comando...

Un armeno che scrive scene di sesso conto terzi?

Questa proprio non la bevete.

Un montenegrino, puntualizza l’uomo col monocolo,

piccato.

È un freelance. Si è mai domandato perché tutte le

scene di sesso, nei romanzi italiani degli ultimi

venticinque anni, che siano attribuite a liceali

insaziabili o a ultracinquantenni tormentati, sono

tutte sostanzialmente uguali?

Perché le scrive tutte un montenegrino che nel

tempo libero dà da mangiare ai piccioni nei giardini

della stazione, e che scrive le scene di sesso a

comando.

Quello coi guanti senza dita e gli occhiali neri?

Rintracciatelo. Facciamo il pacchetto “adolescenza

inquieta” standard, cominciano strano e poi chiudono lui

sopra e lei sotto così sottolineiamo i valori tradizionali e

l'importanza della famiglia.

Fategli anche fumare una canna, dopo, così siamo sicuri

di accontentare i liberal.

Il preservativo sarà un casino – a meno che non

specifichiamo che il resort fornisce preservativi a tutti gli

ospiti minorenni in cerca di esperienze sessuali.

E direi che ci siamo.

Come lui è un orso?

Oh, cazzo, è un ORSO?!

Oddioddioddioddio... il MOIGE non ce la passerà mai.

E i ciellini.

Cristo!

Un orso!

OK, ok... niente panico, niente panico... Facciamo così: lui

non è (fa il segno di virgolette con le dita) "un orso". Lui è

(fa il segno di virgolette con le dita) "un po' orso"... nel

senso del carattere.

Dopotutto vive da quando è nato nei boschi e non ha mai

scopato, sarei un po' orso anch'io.

Ridono tutti.

E com’è che dopo essere passato per le mani di

tutta ‘sta gente, i libri sono ancora zeppi di refusi e

contraddizioni? domandate, con un sorriso furbo.

Stavolta, ne siete certi, l'avete colto in castagna.

L’uomo col monocolo inarca un sopracciglio e

continua con la sua storia...

Ridono tutti.

E così il manoscritto, con le annotazioni ed i post-it, le

macchie di caffé e le bruciature di sigaretta, viene

passato ad una dattilografa interinale di Malindi che fa

part-time mentre aspetta il permesso di soggiorno, e che

dovrà ribattere il romanzo in tre settimane, prima che le

scada il contratto.

Dal suo terminale il testo va direttamente

all’impaginazione.

Altre domande?, fa lui, asciutto.

Voi scrollate il capo.

Per la copertina i problemi sono minimi.

"Falle una quarta" è il suggerimento che il comitato

editoriale passa all'artista.

Quando l'artista fa notare che si tratterebbe di una

quindicenne, loro ci pensano un po' su e poi gli dicono

"Falle una quarta abbondante".

Questo è offensivo dell’intelligenza dei lettori!, dite.

Vendere ristampe in tascabile a quindici euro, è

offensivo dell’intelligenza dei lettori, ribatte l’uomo

col monocolo. Mettere in copertina donnine discinte

e pettorute con grosse spade fra le mani per

adescare adolescenti è semplicemente buon

marketing.

Ma il problema, a questo punto, non è tanto la copertina,

quanto l'autore.

Che tanto per cominciare avrà bisogno di uno

pseudonimo figo, visto che "Arf Arf Ululato" non è

semplicemente proponibile.

Cazzo, neanche Luther Blissett era così scemo, come

nome.

E anche in fotografia... Oh, piacerebbe certamente ad

Alberto Angela e al pennellone biondino che fa i

documentari per La7, ma con la giacca di velluto e l'ascot

di seta lilla, il lupo è troppo maledettamente un fascio, e

in jeans ha l'aria di uno che spaccia.

L'idea di contrabbandarlo nelle case italiane facendolo

fotografare su Cronaca Vera mentre esce da una trattoria

trasteverina insieme con la Supermodella Amica del

Famoso Politico finisce in nulla - lui e la modella non si

prendono per niente, e lei si rifiuta di andare carponi

perché i fotografi li ritraggano insieme.

Niente TV – il lupo ha gusti troppo tradizionali (gli

Steppenwolf, i Lindisfarne, i Jethro Tull) per passare su

Mtv e, interpellato in proposito, anche il Famoso

Giornalista Televisivo - che pure ha portato in video cani

e porci - rifiuta di avere il lupo in teatro per la sua solita

trasmissione.

"Io quel facco di pulfi non lo voijo ful mio palcoffenico!"

dice, e c'è poco da fare.

Picche anche da Amici e X-factor, e anche al Popolare

Talk Show del Finesettimana non se ne fa nulla – il lupo

mette l'intervistatore a disagio, non buca il video, cose

così.

Dopotutto, il lupo palesemente è un non allineato, uno

che viene dal basso, uno della sinistra radicale. Un po'

anarchico. Magari anche un ambientalista. Se per lo

meno fosse presentato da qualche autore già pubblicato,

da un politico, da un personaggio televisivo, da un

cantautore amico del Dalai Lama o da un ex piduista...

E non ha una biografia da autore: niente traumi familiari,

droga, viaggi in località esotiche, niente corsi universitari

alla Bocconi, niente Scuola Holden, niente sesso estremo.

E' qui che il comitato editoriale capisce cos'è che non va

nel prodotto.

L'autore.

L'autore rende il prodotto invendibile.

Ma se in Italia gli autori neppure fanno i tour ad

autografare i romanzi, obiettate. Che importanza

può avere l’immagine dell’autore?

Lo domandi a Faletti e alla sua barba, ribatte lui. O

a Paulo Coelho, che ha esattamente la stessa barba.

Ma la storia della barba di Coelho e Faletti, che in

effetti è poi proprio sempre la stessa, parleremo

magari in seguito.

E riguardo ai giri promozionali, lei è in errore,

continua l’uomo col monocolo. Li fanno eccome, ma

non nei posti in cui quelli come lei, amico mio,

acquistano i propri libri: li fanno nelle discoteche e

nei grandi magazzini Fnac, o nelle librerie

Feltrinelli.

Quelle non sono librerie, dite voi.

Appunto. E non vi si vendono libri, ma prodotti.

E l’autore, mi creda, è assolutamente essenziale.

Come Capitan Findus per vendere filetti di anonimo

merluzzide come se fosse merluzzo DOC, come

Antonio Banderas per vendere le gallette delle

Razioni K. Solo che nel nostro caso si tratta di un

esemplare da manuale di canis lupus, ed è

improponibile.

Un lupo? E chi se lo fila, un lupo?

E poi, questo è un fantasy, giusto?

Letteratura per ragazzi.

Allora lo ha scritto un ragazzo.

Di diciotto anni.

Facciamo una ragazza di diciassette.

Che studia al tecnico per ragionieri.

E arrotonda lavorando.

Una studentessa di diciassette anni che lavora.

Per passione.

In uno strip bar.

Una ragazza come tante, che fa il liceo e si produce tre

sere la settimana in danze esotiche per pochi euro che le

vengono infilati nello slip da onesti padri di famiglia

desiderosi di aiutarla a fare strada nella vita.

Una ragazza trendy, che fa snowboard e balla techno, che

ama la letteratura e che per scrivere questo romanzo ha

passato sei settimane in un esclusivo resort nelle Dolomiti

a scopare con un orso... no, cancella quest'ultima, a

scopare con (fa il segno di virgolette con le dita) “uno un

po' orso”.

E con alcuni altri, per avere dei termini di paragone.

Ecco fatto...

Una sana adolescente italiana come tante.

Una grande opera prima.

Un caso letterario.

Si, ma la faccenda del lupo aveva un suo fascino.

Allora diremo che l’hanno allevata i lupi, nella provincia

di Pesaro-Urbino, dai tre ai dodici anni.

Allevata dai lupi? A Pesaro? Il pubblico non si

berrebbe mai una cosa del genere.

Lui è accondiscendente. Non è come se fosse

Tarzan, dice. Si son bevuti cose molto più

improbabili.

Viene ingaggiata un'aspirante velina, che accetta di fare

un po' di foto e due uscite televisive in cambio di 1000

euro, dieci grammi di colombiana finissima e la possibilità

di farsi smanacciare il culo da qualche VIP al Millionaire,

purché ci siano dei fotografi. Le viene cucito addosso un

guardaroba con gli avanzi della soffitta di Cindy Lauper, e

le viene faticosamente fatto imparare un campionario di

battute prefabbricate.

Il suo sito su MySpace e il suo blog vengono subappaltati

ad una startup di Mumbay specializzata nel giocare i

personaggi dei roleplaying games on-line quando i titolari

coreani degli account sono al lavoro.

Tocca ora presentare il manoscritto alla stampa.

Li avete pagati?

Li abbiamo pagati.

OK, ma se il lupo era duro da vendere, la (presunta)

ninfomane diciassettenne non è da meno.

È troppo qualunque.

Bisogna presentarla con un accostamento forte.

Il nuovo Hemingway?

Chi?

Uno che si è sparato, un po’ come Kurt Cobain.

E chi se lo ricorda più, quello...

Il nuovo Tolkien?

Si, così sui forum on-line ci fanno a strisce.

Il nuovo Tolstoj?

State alla larga dai russi... avete visto che tonfo abbiamo

fatto con la Marinina.

Il nuovo Paolini?

Chi, quello del Vajont?

Ma no, quello di Eragon.

Ah... non so chi cazzo sia, ma mia nipote ha un suo poster

in camera.

Di Paolini?

No di Eragon.

Ecco allora... il Nuovo Eragon!

E intanto il lupo se ne è andato.

Ha un contratto che non gli è troppo chiaro in tasca

(metaforicamente, i lupi non hanno le tasche, i canguri, al

limite, hanno le tasche) – si parla di un 5% sul netto del

27% del ricavato dell'editore a spese saldate bla bla bla...

Qualcosa in fondo allo stomaco, gli dice che non vedrà

mai una lira.

Vuol dire che il lupo ha scritto quel libro per farci i

soldi?

Non è detto, dice il vostro compagno di viaggio, che

lo abbia scritto lui...

Già, magari lo a solo trovato nei boschi, annuite

saputi.

Infatti. È possibile. E poi a lei il panettiere, le

pagnotte le regala? Sorride. Che persona fortunata,

vi dice.

Quanto al lupo, tutta questa storia gli ha lasciato l'amaro

in bocca.

Non avrà il privilegio della propria faccia o del proprio

nome sulla copertina, e da cinquecento pagine il suo

manoscritto è diventato prima di seicento e poi di

trecentocinquanta.

La copertina ha offeso i fan duri e puri (quelli che citano

solo Gene Wolfe e M. John Harrison sui loro blog) che lo

stanno facendo nero on-line senza neppure averlo letto.

Pessimo feedback – e per fortuna che l'editore gli ha

detto che le opinioni dei blogger non contano nulla.

Il personaggio di Jules è stato tagliato - e Jules

probabilmente ci resterà male a saperlo.

E quanto all'orso... quello si incazza a morte quando

scopre cosa gli hanno fatto.

Lui ci contava, l'orso.

Voleva vedere le luci della città.

Il lupo sogghigna.

Te le raccomando, le luci della città.

E poi, sotto al cielo stellato, nella natura incontaminata,

solleva la testa, spalanca le fauci, e lancia il grido che da

secoli lanciano i lupi nel cuore della notte, e decine di

altre voci si uniscono alla sua.

Sfogano la frustrazione?

No, cercano un agente.