La Stampa Morirà? Riflessioni sulla lezioni di Oscar Bartoli

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Esercitazione presso MICRI, università IULM. Marzo 2014

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Marco Bistolfi Email: [email protected] Esercitazione MICRI VIII con Oscar Bartoli, Marzo 2014. CV: it.linkedin.com/in/humanitarianaid Letters From Washington, il blog di Oscar Bartoli: http://oscarb1.blogspot.it I media di ieri, oggi e forse domani. La morte della stampa? Riflessioni sulla lezione di Oscar Bartoli. Non vi è alcun dubbio che nell'ultimo decennio abbia preso piede una profonda rivoluzione dei media che per alcuni aspetti appare inarrestabile, la cui velocità ha gettato più di quanto non fosse accaduto in casi passati, accademici, scienziati e sociologi nell'incertezza assoluta. Nell'arena dove si è scatenato il dibattito intorno ai media, alla loro struttura, il loro funzionamento, e alle ripercussioni che essi hanno e avranno all'interno della società, Umberto Eco riconosce due grandi schieramenti: gli apocalittici, ovvero coloro che evidenziano maggiormente gli aspetti negativi della cultura di massa e della network society, e gli integrati, coloro che pongono l'accento sugli aspetti positivi dell'ambiente mediatico contemporaneo. In classe ci siamo soffermati maggiormente sul media della stampa, il più antico della storia dell'umanità, secondo soltanto alla parola parlata. Le tesi avanzate dal professor Bartoli, secondo cui si sta vivendo un passaggio cruciale all'interno della cultura mediatica contemporanea, che investe in modo particolare la stampa, i quotidiani e l'editoria, sono state supportate da osservazioni che ritengo valide e interessanti. In molti si trovano d'accordo nell'asserire che la stampa stia lentamente agonizzando, sovrastata dai supporti mobile ( smartphones, ipad ) capaci di veicolare immagini, video e informazioni, di qualsiasi natura, in qualsiasi lingua, quasi in ogni parte del mondo. Ma come Marshall McLuhan insegna, nella storia dell'uomo abbiamo già assistito a passaggi da un media ad un altro, e abbiamo già vissuto drastiche trasformazioni sociali e culturali che questo passaggio ha comportato e continua a comportare. Un media non lascia mai totale campo ad un altro, quando il nuovo sovrasta il vecchio entrambi si influenzano a vicenda, mutandosi, riadattandosi, ridimensionandosi. Portando ad esempio un caso italiano, negli anni 50 la televisione conquistò in pochi anni le case dell'intera popolazione, scardinò le abitudini dei cittadini ad una velocità assai superiore di quello che fece il media precedente, intorno al quale nel primo novecento le famiglie iniziarono timidamente a riunirsi per lasciarsi informare e intrattenere. Proprio in quegli anni, gli ambienti accademici avanzarono le tesi secondo cui la radio sarebbe presto morta, che non sarebbe stata in grado di sopravvivere di fronte ad una sfida tanto ardua. Eppure a distanza di quasi settant'anni, ogni mattina milioni di persone ascoltano la radio durante il tragitto da casa a lavoro, e difficilmente ne farebbero a meno. E' chiaro come gli aspetti di tale rivoluzione siano profondamente diversi da quelli che stiamo vivendo oggi, in chiave sociale così come in chiave tecnologica. Ma la lezione di McLuhan, a cui abbiamo assistito anche durante il passaggio tra web e televisione dagli anni 90 ad oggi, ritengo sia ancora valida.

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Perché allora la stampa dovrebbe resistere all'impatto del digitale e del mobile? Oggi l'informazione penetra tutti i media esistenti, è forse l'unico genere che si adatta ad ogni veicolo disponibile, la televisione, il web, la radio, e ovviamente la stampa. Come cittadini del mondo siamo bombardati costantemente da informazioni sotto forma d'immagini, slogan, notizie certe o incerte, banner, pop-up, marche, loghi ( a questo proposito, sarebbe interessante poter confrontare con quante informazioni mediamente un cittadino si interfacciava vent'anni fa, e con quante si deve confrontare oggi, questo potrebbe darci un quadro originale di come sia cambiata la società dell'informazione ). Abbiamo sempre meno tempo da dedicare all'informazione? Il successo di twitter suggerirebbe una risposta positiva a questa domanda, e il calo delle vendite dei quotidiani anche. Le notizie su un quotidiano appaiono svecchiate, quelle su uno schermo no. E' mia personale opinione che la stampa possegga un fascino innato, essa rappresenta l'ultima freccia all'arco dell'analogico nel lungo e difficile conflitto contro il digitale: l'analogico mantiene l'impronta del reale, il digitale no, ed è da questo che deriva quella confortante sensazione di autenticità di cui non sapremo mai fare a meno. Una spiegazione di questa mia osservazione risiede nella differenza che troviamo qualora confrontassimo una fotografia precedente agli anni novanta, con una qualsiasi scattata ai giorni nostri. La luce della macchina fotografica di un tempo rimbalzava su un oggetto realmente esistente, tangibile nell'ambiente, e ne depositava l'immagine su una pellicola di cellulosa. Non vi era possibilità d'inganno alcuno, l'informazione che la camera si trovava d'innanzi veniva registrata e poi riprodotta, punto. La stessa sensazione di autenticità oggi non è più possibile, e il digitale ne soffre da sempre ( ne è una prova il fatto che gli effetti speciali cinematografici cerchino sempre più di nascondersi, si sforzino di riprodurre l'irreale affinché appaia il più possibile reale ). Le fotografie che oggi troviamo online possono essere abilmente modificate da chiunque sappia parlare la lingua del 0-1 binario, così come un'intero sito, un archivio di un server, un testo, un twit, un post su Facebook, un video su YouTube. Ne consegue che l'informazione nell'epoca contemporanea è codice binario, numero, inesistenza. La sua autenticità, così come la capacità di conservarsi nel tempo, sono quanto mai indebolite dalla sua stessa natura. Ecco perchè tra i tanti libri che potremo leggere su un tablet, ce ne sarà almeno uno che vorremo sfogliare e possedere nella nostra libreria. Ecco perché il quotidiano, seppur ridimensionato, supportato forse da nuovi modelli economici di mercato, ridotto a settimanale, mensile o annuale, continuerà a esistere ed essere sfogliato e conservato da qualcuno nel mondo. Ecco perché la rivoluzione dei media proseguirà secondo la lezione di Marshall McLuhan e dell'universo, secondo cui nulla si distrugge ma tutto si trasforma.