La Scienza della Qualità settembre 09
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Questa pubblicazione è realizzata con il contributo di QC&I e SoCert
SettembreNumero 5
QC&I al Sana:tutte le iniziative
2009
pag. 14
Da Morasengoalla conquistadel Giappone pag. 10
Quando il caffèè questionedi famiglia pag. 8
Un’oasi verdetra le mura di Ferrara pag. 4
Una alternativaalla guerradei prezzi pag. 2
Qualità reale:l’alternativa alla guerra dei prezzi
2settembre 2009
Alberto Bergamaschiresponsabile comunicazione & marketing
QC&I International [email protected]
Questo numero speciale de La Scienza della Qualità,
che esce in occasione del SANA 2009, è dedicato a un
campione di quelle aziende, in contatto con il gruppo
QC&I, che fanno della ricerca di informazioni per il
miglioramento qualitativo e della volontà di dare
informazioni ai potenziali acquirenti, la loro metodolo-
gia di produzione e di vendita.
Questo stile di gestione aziendale, basato sulla ricerca
qualitativa e sul trasferimento delle informazioni, è
stato indicato dall’Unione Europea, nel suo ultimo
Libro Verde sui prodotti agroalimentari, come indi-
spensabile per la salvaguardia delle aziende di pro-
duzione e della loro possibilità di imporsi sul mercato.
Ognuno degli operatori presenti sulla rivista (vedi gli
articoli seguenti), ma anche quelli che saranno coin-
volti nei prossimi numeri, hanno delle caratteristiche
gestionali differenti, un mercato diverso e anche idee
imprenditoriali non coincidenti, ma un fil rouge le
unisce tutte: la voglia di mettersi in gioco come pro-
duttori, di cercare di raggiungere un livello qualitativo
sempre più elevato e di comunicare la loro storia e la
storia dei loro prodotti in modo tale da slegarsi dal-
l’aspetto economico come unica discriminante per
essere o meno competitivi sul mercato.
USCIRE DALLA GUERRA DEI PREZZI
Come già scritto innumerevoli volte in queste pagine,
la guerra dei prezzi, per il produttore europeo, è incon-
trovertibilmente perdente, mentre quella della qualità
è, oltre che stimolante, molto più remunerativa.
Giocare con le regole della qualità è, d’altra parte,
indice di sicurezza imprenditoriale. Molto più ele-
mentare è cercare di portare la trattativa sotto l’unica
regola del prezzo; tutti sanno trattare in un Suq arabo:
si offre la metà del prezzo richiesto e si arriva a piccoli
passi a un accordo, pochi invece sanno valutare e
comunicare il livello qualitativo del prodotto trattato e
quindi acquistare o vendere al giusto prezzo, in rela-
zione al peso specifico qualitativo.
E’ questa la missione della Qualità Reale, cercare di far
giocare tutti con le stesse regole e con le stesse infor-
mazioni: chi sarà più appetibile dal mercato, uscirà
vincitore.
In questo momento il vincitore è, ahimè, quasi sempre
quello che ha il prezzo più basso. In un colloquio che
recentemente ho avuto con un produttore, ho indicato
la certificazione in agricoltura biologica come una delle
responsabili dell’appiattimento del livello di eccellen-
za, che in passato era stata determinante a creare.
Infatti, in una situazione di alta qualità diffusa, come
era presente alcuni anni or sono, la certificazione aveva
stimolato un’ulteriore crescita qualitativa, che però si è
notevolmente abbassata in questo momento di difficile
congiuntura economica e di immissione sul mercato di
prodotti a costo più basso, ma con lo stesso marchio di
certificazione.
Ora il bollino del biologico deve certo rimanere il re-
quisito minimo per accedere al mercato, ma è il resto
delle informazioni sul prodotto e sull’azienda che deve
essere comunicato all’esterno in modo accurato e si-
stematico, per differenziarsi in modo significativo e
acquisire quote di mercato effettivamente durature e
non dovute a un effimero e contingente ribasso del
prezzo di vendita.
Questo SANA 2009 sarà, finalmente, l’occasione della
presentazione della certificazione di Qualità Reale, il
cui marchio di riconoscimento, come si può notare,
contiene segni grafici in entrata e in uscita rappresen-
Un diamante verdetra le mura di Ferrara
pag. 4
Aziende di qualità
Da Morasengoalla conquista del Giappone
pag. 10
Quando il caffèè una questione di famiglia
pag. 8
3 settembre 2009
Editoriale
Innovazione continuaper non smettere di crescere
pag. 6
Se l’innovazionearriva dal passato
pag. 12
tativi della necessità/dovere che ha un operatore di
avere delle informazioni in entrata per migliorare le
sue prestazioni qualitative e di fornirne a sua volta ai
propri clienti per permettere loro una scelta consape-
vole.
UNA RETE DI CONSULENTI PER AIUTARE L’AZIENDA
Allo stand del gruppo QC&I (vedi ultima pagina) saran-
no a disposizione un elenco di esperti in campo agro-
alimentare e non che forniranno, a titolo gratuito,
tutte le informazioni che le aziende riterranno oppor-
tuno richiedere.
Lo sforzo organizzativo che il gruppo QC&I, attraverso
il periodico La Scienza della Qualità, ha profuso nel
creare questa rete di fornitori di informazioni è stato
notevole, ma vuole essere il primo passo per un raf-
forzamento della possibilità di usufruire in modo con-
tinuo e approfondito di una rete di informatori non
tuttologi, ma esperti dei vari settori di interesse ge-
stionale.
Ora il testimone passa al mercato, ma soprattutto alle
aziende che lo formano e che hanno la responsabilità
diretta e indiretta di fare in modo che sia privilegiata
una certa tipologia di prodotti e, soprattutto, una pre-
cisa filosofia di produzione e vendita.
Alcune aziende hanno già sposato il progetto.
Aspettiamo adesso tutte le altre che hanno effettiva-
mente qualche cosa di interessante da raccontare.
La Scienza della qualità - Anno II, 2009 - numero 5
Periodico informativo della società
QC&I International Services
Direttore editoriale Alberto Bergamaschi
Direttore responsabile Guglielmo Frezza
Coordinamento Comitato scientifico Carmelo Bonarrigo
“Quel che produciamo si vende qui, non senza fatica.
Perché all’aspetto commerciale anteponiamo quello
culturale. Si trova quel che la campagna produce,
rispettando la stagionalità dei prodotti. E a volte la
gente si lamenta. Anche perché il biologico sconta
comunque un problema estetico. La frutta non è mai
perfetta, le carote non sono mai belle dritte come vor-
rebbe un cliente tanto attento alla perfezione quanto
lontano dalla consapevolezza dei bisogni veramente
fondamentali”.
Perché non è più abituato a riflettere sul cibo,
anche se magari al supermercato cerca il prodot-
to biologico...
“Il rapporto con i cittadini è complesso. La vita oggi è
complessa. È che noi siamo accecati dai bisogni quoti-
diani, e da un modello di acquisti trainato dalla pub-
blicità. Le persone sono molto disconnesse, sono capaci
di chiedere la zucca in luglio o le fragole a gennaio,
semplicemente perché al supermercato le trovano e
non capiscono come mai io non le abbia in azienda!
Sembra assurdo ma è così”.
Bisogna imparare a capirsi.
“Serve un processo lento, di acquisizione di conoscen-
za, quasi di amicizia. Il cliente che arriva qui deve sen-
tirsi in un luogo amico, deve capire che il valore com-
“Mi sento un privilegiato”.
Giovanni Dalle Molle te lo dice serenamente, mentre ti
accompagna a passeggio tra siepi e alberi da frutto, in
un posto che vive di una sua antica e profonda magia.
Pochi lo conoscono, tra i ferraresi e soprattutto tra i
turisti che arrivano da mezzo mondo, anche se si trova
a pochi metri da Palazzo dei Diamanti. Basta superare
piazza Ariostea, infilarsi tra le stradine del quartiere e
raggiungere le mura. Incastonati tra la vecchia Certosa
e il cimitero monumentale, ecco gli orti miracolosa-
mente salvatisi a secoli di sviluppo edilizio.
Nel Quattrocento li coltivavano i monaci cistercensi,
dagli anni Ottanta sono diventati un’oasi di natura in
città, una delle poche in cui sia lecito affermare con ri-
gorosa certezza che non è mai entrato un prodotto
chimico.
Oggi ospitano tre realtà profondamente legate tra
loro: un’associazione steineriana che propone corsi
estivi per ragazzi e incontri culturali; un punto vendita
dei prodotti; l’azienda biologica di Giovanni Dalle
Molle. Ci si addentra nella rete di sentieri e la città d’in-
canto scompare, sostituita da campi di ortaggi, alberi
da frutto, siepi, fiori su cui banchettano sciami di api.
Lui ci è arrivato da qualche anno, raccogliendo
un’eredità importante con tutta la passione maturata a
Ro Ferrarese, dove la casa madre Biopastoreria è da
tempo un gioiello dell’agricoltura biologica italiana.
Un diamante verdetra le mura di Ferrara
4settembre 2009
5 settembre 2009
Azienda, negozio, associazione. Per tutelare la campagna di città
merciale è certo importante ma non così pressante
come può essere in un negozio. E deve riscoprire un
rapporto più equilibrato con i consumi e con l’alimen-
tazione, partendo dalla consapevolezza che le persone
in realtà hanno bisogno di poche cose semplici. Ecco
che un luogo come i nostri orti può essere importante
anche per il senso di tranquillità che riesce a trasmet-
tere e che aiuta a riflettere sui nostri modelli di con-
sumo”.
È vero che la terra guarisce?
“Direi meglio: la terra ti libera, ti purifica, torni a casa
e ti senti diverso. In questi anni alla nostra azienda si
stanno avvicinando numerose persone che per loro
motivazioni personali sentono l’esigenza di riscoprire
un rapporto con la terra.
Non sono agricoltori, ma studenti o lavoratori che mi
chiedono di venire un paio di ore a lavorare. È una
grande lezione: se hai il coraggio di mettere le mani
nella terra, vedi anche crescere il frutto del tuo lavoro.
Poi ci sono altre persone che frequentano l’azienda e
che hanno intrapreso percorsi di recupero da disagi
lievi”.
Però c’è terra e terra...
“Questa è un caso unico, come situazione e come sce-
nario. La mia azienda agricola principale, a Ro
Ferrarese, offre un panorama molto diverso. Ma il per-
corso che abbiamo fatto è per molti aspetti simile: sono
l’unico agricoltore biologico della zona, quello che
piantava gli alberi quando gli altri li toglievano o che
veniva deriso perché mi ostinavo a utilizzare la zappa.
Certo la campagna è più produttiva di quanto non
possa essere un orto di città, eppure a forza di piantare
siepi, alberi, bosco anche lì sta creandosi un’atmosfera
nuova. Rischiamo di non pensarci più: non basta eli-
minare la chimica, per fare biologico bisogna tornare a
piantare siepi. Tornare a mettere le mani nella terra,
per riscoprire una dimensione imprescindibile dell’agri-
coltore”.
Se i ferraresi vi scoprono, sarete presi d’assalto!
“Purtroppo non è mai stata fatta una presentazione
degna, anche dal punto di vista delle valenze storiche,
di un’area come questa. Ferrara è una città che vive
una sua bellezza rinascimentale discreta, dai ritmi
placidi, al punto che questo luogo molti hanno iniziato
a conoscerlo solo da qualche anno, quando è stata
costruita la pista ciclabile lungo le mura.
Adesso i ferraresi che passano ne rimangono colpiti e si
fermano a scoprirlo. Di una cosa sono convinto: se il
palazzo dei Diamanti è conosciuto da tutti, non capi-
sco perché questo diamante verde non possa diventare
altrettanto celebre”.
TERRAVIVABIO.BLOGSPOT.COM
Innovazione continuaper non smettere di crescere
6settembre 2009
mento della sua durata. Ma anche le scelte inconsuete
che caratterizzano tanto il packaging aziendale quan-
to il contenuto.
“Siamo stati i primi, a livello europeo, a utilizzare sia il
bag in box che il tetra pack per confezionare gli ovo-
prodotti freschi. Lo scorso anno abbiamo avviato la
produzione dell’unico gelato artigianale tutto biologi-
co e tutto senza glutine, presente sul mercato italiano,
dopo aver lanciato negli anni ‘90 una linea di salse ita-
liane biologiche e senza glutine che credo sia unica nel
mondo per ricchezza di gusti e per qualità”.
Parola difficile e delicata, “qualità”. Voi come la
traducete in pratica nella vita aziendale?
“Facciamo il ragionamento inverso. Sa cosa finisce per
rovinare tante aziende? La sindrome “top-down”, vale
a dire quel meccanismo perverso per cui tutti partono
con prodotti dalle caratteristiche più o meno ottimali
per poi ritrovarsi, nell’arco di poco tempo, ad effet-
tuare le famose ottimizzazioni dei costi. Che si tra-
ducono nella maggior parte dei casi a semplici tagli alla
qualità delle materie prime utilizzate, a vantaggio di
prezzi più competitivi.
Per evitare di cadere nella trappola bisogna rimanere
fedeli alla qualità merceologica reale, prima ricercata
in azienda e poi offerta al mercato. Senza nulla
togliere all’approccio rigoroso nei confronti del bio-
“Si cercano le nicchie di mercato – racconta Claudio
Fantolino – e si dedicano tempo ed energie a una forte
innovazione di prodotto. Non appena quella nicchia dà
buoni risultati, arrivano i grossi gruppi ad aggredirla e
bisogna spostarsi altrove, pena la scomparsa. È fati-
coso, ma ti tiene sempre in allenamento”.
Per sopravvivere, quando si è piccoli, bisogna esser
veloci. Non è una regola assoluta, ma di solito funziona
proprio così. Capita così che un’azienda chiamata
Tuttovo, a vent’anni di distanza dalla sua nascita deci-
da di abbandonare definitivamente gli ovoprodotti
freschi per andare alla ricerca di nuovi settori.
Competenze e tecnologie si conservano, anche perché
in casa si sono accumulati negli anni ben sei brevetti
italiani ed europei, ma l’utilizzo finale cambia: salse e
gelato, biologici e senza glutine, una sessantina di re-
ferenze che continuano a garantire all’azienda
piemontese trend di crescita superiori al dieci per cento
annuo pur avendo rinunciato all’originale mercato dei
semilavorati per l’industria alimentare.
Quel che non si è perso, è un forte rapporto con il ter-
ritorio e il desiderio di cercare sempre nuove soluzioni.
Lo ricordano l’Oscar per il prodotto più innovativo
ottenuto al salone internazionale Cibus di Parma nel
1991, la certificazione CE per la lavorazione delle uova
ottenuta ancora all’inizio degli anni ‘90, i brevetti per
la pastorizzazione “delicata” dell’uovo e il prolunga-
7 settembre 2009
logico e del senza glutine, e senza trascurare gli aspet-
ti tecnologici legati al processo produttivo, alla fine è il
gusto a vincere”.
Anche chi opera in settori di alta qualità o di nic-
chia ha però il problema di saper raccontare ai
consumatori le peculiarità di un prodotto. E
senza grandi investimenti i mass-media riman-
gono difficilmente abbordabili. Che si fa?
“Credo innanzitutto che spiegare correttamente e fino
in fondo i prodotti al consumatore non sia più una
semplice tecnica di marketing, ma diventi consu-
stanziale al prodotto stesso, oserei dire un elemento
caratterizzante al pari della materia prima o del packa-
ging. Alla fin fine, se ci chiediamo cosa interessi
davvero il consumatore, vediamo che le risposte sono
sempre le stesse: che il prodotto sia buono, che sia
sano, che sia etico e soprattutto che sia trasparente. È
bene evidenziare che si tratta di categorie tutt’altro
che coincidenti, e qui il biologico è davvero in grado di
operare una sintesi efficace, cosa quasi impossibile al
cibo convenzionale e soprattutto a quello prodotto dai
grandi gruppi multinazionali. Si tratta come sempre di
comunicare tutto questo al consumatore, e di offrirgli
soluzioni al passo con la tecnologia che gli consentano
di verificare le informazioni presentate da un’azienda.
Internet o i vari social network emergenti già dimostra-
Tuttovo: dai semilavorati al successo con salse e gelati bio
no quanto il pubblico sia attento a questi aspetti e
pronto a condividere giudizi, interrogativi, riflessioni”.
Oggi è già possibile elaborare un disciplinare pri-
vato a maggiore garanzia del consumatore.
Potrebbe essere la strada giusta per dare risposte
a questa esigenza?
“Si, a patto di non voler riproporre progetti privi di un
ritorno commerciale tangibile. Il problema non sta
tanto nel creare l’ennesimo marchio di qualità, quanto
nel riuscire poi a farlo affermare e riconoscere sul mer-
cato perché non resti lettera morta. In realtà, per
aumentare il numero di prodotti di qualità riconosciu-
ta e accessibili al pubblico credo occorra pensare a
nuove piattaforme distributive nazionali ed inter-
nazionali.
Assemblando sapientemente merceologie, servizi e
comunicazione tra aziende che condividono una stessa
filosofia, si potrebbe ottenere quella massa critica ne-
cessaria a sostenere gli investimenti. D’altronde un
nuovo rapporto con i consumatori richiede nuove
forme di contatto, pensiamo solo alla catena corta o
alle materie prime a chilometri zero. Se la commercia-
lizzazione dei prodotti deve basarsi – come noi credia-
mo – su un rapporto più maturo con i clienti, sull’offer-
ta anche di sapienza e conoscenza, è finito il tempo
delle deleghe in bianco ai distributori”.
WWW.TUTTOVO.COM
indiani Kogee rappresentano una delle poche culture
che ancora sono riuscite a mantenere intatte le loro
tradizioni.
“Una scelta – racconta Raffaella Salomoni – che è stata
fatta proprio in funzione della continua ricerca della
qualità che caratterizza la nostra filosofia. E questo
perché siamo convinti che sia l’unico aspetto che nel
tempo è in grado di creare e conservare la fiducia del
consumatore verso un prodotto”.
Parola magica, e mai pienamente definibile. Cosa
c’è, per voi, dietro la qualità?
“Innanzitutto una profonda ricerca delle materie
prime nei paesi d’origine, per avere quelle specifiche
tecniche fondamentali a un prodotto di fascia alta. Per
fare un esempio il caffè mild, che è quello che noi trat-
tiamo, è un prodotto un poco più dolce della qualità
arabica da cui deriva, altamente digeribile e con in
aggiunta un ph di acidità più basso. Tre caratteristiche
fondamentali per un caffè.
A questo tentiamo di aggiungere una accurata ricerca
nel packaging, perché siamo convinti dell’importanza
di far percepire la qualità del prodotto anche attraver-
so un adeguato confezionamento. Se il consumatore è
abituato a comprare al supermercato il caffè sottovuo-
to, noi proponiamo da sempre un prodotto in atmo-
sfera modificata, adesso anche confezionato in carta
Via Verdi è una di quelle strade in cui senti battere il
cuore di una città. A pochi passi dalla Basilica di
Sant’Andrea – il capolavoro rinascimentale di Leon
Battista Alberti che ospita al suo interno la cappella
funeraria di Andrea Mantegna – una sobria vetrina e
trenta metri quadrati di negozio rappresentano da
cinquant’anni per i mantovani il punto di sosta obbli-
gato quando si vuol bere un espresso di qualità.
Ma sono anche l’ideale biglietto da visita per pre-
sentare ai possibili clienti la storia e la tradizione di una
torrefazione che sulla scelta attenta delle materie
prime, sull’innovazione tecnologica e sulla coerenza di
comportamenti ha costruito un’avventura imprendito-
riale capace di traghettarla senza scossoni dall’origi-
naria dimensione artigianale all’odierna fisionomia indu-
striale.
Gli ingredienti di base, nella una vasta gamma di mi-
scele e di prodotti di base, sono sempre gli stessi: caffè
Gourmet, dolci e aromatici, scelti tra il Centro America,
il Brasile e l’Asia con una rigorosa selezione dei forni-
tori. Arabica lavati o naturali, caffè Indiani, e poi un
lungo elenco di te’, cioccolate, orzo che accompagnano
e completano l’attività dei maestri torrefatori.
Negli ultimi dieci anni, l’impegno si è esteso anche al
settore biologico, con una linea che utilizza caffè
organico proveniente da piccoli coltivatori locali della
sierra Nevada di Santa Marta, una regione della
Colombia tra i 1200 e i 2000 metri di altitudine dove gli
Quando il caffe’è una questione di famiglia
8settembre 2009
riciclata. E non è differenza da poco, se si è in grado di
prescindere dal solo prezzo nella scelta”.
Sempre che il consumatore sia in grado di com-
prenderla.
“È chiaro che cerchiamo di raggiungere un consuma-
tore attento, che rispetti la qualità e abbia quel livello
medio di cultura che consente di capire la differenza
tra due prodotti all’apparenza simili, e di leggere gra-
zie all’etichetta ingredienti, caratteristiche tecniche,
tabella nutrizionale. È da questo insieme di aspetti che
può scaturire un rapporto di fiducia sul lungo periodo”.
Il vostro è uno dei settori in cui più massicci sono
gli investimenti pubblicitari delle multinazionali.
Come comunicare l’eccellenza senza essere can-
cellati dall’alluvione di spot?
“Servono diversi tipi di percorso, ma il più importante
per noi continuano a essere le fiere al pubblico.
Sarebbe folle voler competere con le campagne pub-
blicitarie delle multinazionali, e se comunicare la qua-
lità non è semplicissimo siamo convinti che la degu-
stazione rimanga un primo modo fondamentale.
Quanto alle certificazioni, sono un baluardo di
garanzia per il consumatore in un mercato che soffre
ancora di una forte confusione. I clienti spesso non ne
comprendono appieno il valore, ma è un percorso cul-
turale ormai indispensabile”.
9 settembre 2009
Caffè Salomoni: dal 1959 un angolo irrinunciabile di Mantova
Quanto pesa oggi il biologico nel vostro percorso
aziendale?
“È un mercato molto in crescita, e che ci sta premian-
do. Negli ultimi 4 anni abbiamo sviluppato una grossa
fetta di mercato, stringendo accordi con diversi com-
mercializzatori importanti, e allo stato attuale più del
50 per cento della nostra produzione è biologica. Per
una azienda che proviene dal convenzionale credo sia
un ottimo successo, ma è anche il frutto di un nostro
personale percorso di ricerca di un’alimentazione
migliore e più sana. Trasferire questa convinzione dalla
tavola di casa all’azienda di famiglia è stato alla fine un
passaggio naturale”.
L’Italia è la patria del caffè. Ma gli italiani che
consumatori sono?
“L’italiano si è sempre sentito un grande bevitore di
caffè, in realtà i dati ci dicono che siamo solo
all’undicesimo posto in Europa per consumo pro capite
con 7 chili annui, mentre al nord ci sono paesi che
arrivano anche a 11 chili. Quanto alle competenze ci
sarebbe da lavorare, perché un caffè non è uguale
all’altro e comprendere la diversità delle miscele
richiede uno sforzo notevole. Una cosa è certa: sul
caffè l’Italia si divide. Da Roma in giù si beve un caffè
molto ristretto, scuro, nero, con un tasso di caffeina
alto. Al nord una miscela più leggera, dal retrogusto
aromatico. Ad ognuno, verrebbe da dire, il suo caffè”.
WWW.SALOMONI.NET
specializzando soprattutto nella rosa damascena, che
siamo convinti possa diventare un nostro punto di
forza vista la difficoltà di coltivazione. Ad oggi siamo la
prima azienda in Italia, e cercheremo di aumentarne
ancora la produzione nel corso degli anni”.
Come avete deciso di passare dalla semplice colti-
vazione alla cosmetica?
“Direi che è stata una scelta naturale. Dal 2003, anno di
avvio dell’attività, sono bastati pochi anni per renderci
conto di quanto spazio potesse esserci per la cosmetica
e la toeletteria biologica, in un mercato ancora inca-
pace di rispondere alle richieste di quella fascia di con-
sumatori più attenta alla naturalità dei prodotti e alla
tutela ambientale.
Le ricette si avvalgono di una formula strettamente
vegetale, a base di riso biologico e di saponaria spon-
tanea o coltivata in azienda. Una soluzione che per-
mette anche alle persone celiache di poter utilizzare i
prodotti in tutta sicurezza, senza il rischio di irritazioni
alla pelle”.
Tutto fatto in casa?
“Sì, ed è uno dei nostri punti di forza. Lo stesso labora-
torio di cosmetica e detergenza è stato ricavato da
locali precedentemente adoperati ad uso agricolo. Ma
più in generale a contraddistinguere l’azienda è il ciclo
chiuso che va dai campi fino al laboratorio, e che ci con-
Quella di Bioleaves è una delle tante storie di eccellen-
za italiana riconosciute nel mondo ma che passa quasi
inspiegabilmente nel silenzio più totale dei grandi
mezzi di comunicazione. Ed è al tempo stesso un esem-
pio lampante di come sia possibile oggi immaginare e
costruire un‘azienda agricola al passo con i tempi, in
grado di individuare nicchie di mercato dalle grandi
possibilità e di recuperare al tempo stesso antiche
sapienze andate quasi dimenticate negli scorsi decenni,
quando tutte le aree non idonee alla meccanizzazione
agricola hanno visto i loro paesi spopolarsi e hanno
subito l’abbandono dei campi.
A Morasengo, sulle colline dell’astigiano, Massimiliano
Cerutti e suo figlio Amedeo alla terra non hanno mai
rinunciato, ma nella loro azienda ben poco rimane
della tradizionale fisionomia della campagna piemon-
tese. La svolta è arrivata quando hanno deciso di con-
centrare le energie sulla coltivazione delle piante offi-
cinali biologiche, una produzione ideale per questi ter-
reni asciutti, dalla vocazione vitivinicola ma che ben si
prestano anche alle erbe e alla produzione di fiori. Una
passione nata come hobby, e che in poco tempo si è ri-
velata ricca di potenzialità.
“Sulle nostre colline - racconta Amedeo - utilizziamo e
coltiviamo soprattutto piante aromatiche: lavanda, ro-
smarino, melissa, origano, a cui si aggiungono i fiori
come la calendula e il fiordaliso. Attualmente ci stiamo
Da Morasengoalla conquista del Giappone
10settembre 2009
sente di poter garantire l’assoluta qualità delle materie
prime - che siano coltivate o provenienti dalla raccolta
spontanea - e di tutti i passaggi della lavorazione”.
Cosa rende i vostri prodotti diversi?
“Innanzittuo la tecnica di estrazione utilizzata.
Utilizziamo un sistema ad ultrasuoni, che consente una
estrazione dei principi attivi dal fiore, dalla corteccia o
dalla radice, senza rovinare la struttura molecolare
della pianta. Il vantaggio è che si riesce a recuperare il
99% dei principi attivi della pianta, valorizzandone al
massimo i colori e i profumi. In questo modo possiamo
contare su un prodotto decisamente migliore di quan-
to non avvenga con le tecniche a pressione o a corrente
di vapore”.
Un prodotto di alta qualità, per una linea che dai
detergenti domestici si è allargata negli anni alla co-
smetica, con un catalogo sempre più ampio di referen-
ze. Difficile però trovare il marchio Bioleaves in Italia.
La quasi totalità della produzione prende infatti la
strada del Giappone, un mercato dalle interessantis-
sime potenzialità, ma anche dalle regole stringenti e
particolarmente esigente in materia di standard quali-
tativi.
“Abbiamo conosciuto i giapponesi tramite la coopera-
tiva dove conferivamo una parte delle erbe - racconta
11 settembre 2009
Bioleaves: la cosmetica biologica che ha conquistato l’Oriente
Massimiliano - abbiamo presentato i prodotti, sono
piaciuti soprattutto per le garanzie offerte dal nostro
ciclo chiuso di produzione ed è cominciato un rappor-
to che in questo momento assorbe gran parte della
produzione. Certo, lavorare con il Giappone rappre-
senta un impegno sia dal punto di vista degli standard
qualitativi richiesti sia da quello degli iter burocratici.
Alla fin fine, tuttavia, è un vantaggio per l’organiz-
zazione aziendale e per gli stessi clienti italiani. Il ri-
chiamo del made in Italy sul pubblico giapponese è for-
tissimo, ma da solo non basta. Riceviamo continui con-
trolli a campione sui prodotti, visite in azienda e ana-
lisi delle metodiche produttive.
Una sfida in più, che abbiamo accettato con entusia-
smo e che ormai consideriamo vinta. Anzi, credo
davvero di poter dire che se abbiamo convinto i giap-
ponesi della nostra qualità, anche gli altri possono
stare tranquilli”.
Volete richiedere l’abbonamento gratuito a “La Scienza della qualità”per voi o per un vostro conoscente?
Scriveteci a [email protected] oppure visitate il nostro blog http://qciblog.blogspot.com
SHOP.BIOLEAVES.EU
nanoprodotti e le loro applicazioni ci hanno fatto
capire che questa poteva essere la nuova strada da per-
correre. Percé più congeniale alla nostra filosofia di
lavoro, basato sulla ricerca, ma soprattutto perché ci si
è aperta una finestra nuova sulla possibile risoluzione
di problemi ambientali altrimenti insormontabili con i
sistemi tradizionali. Quantomeno a costi sostenibili”.
Ma in che modo Clinetor garantisce la tutela
ambientale?
“L’80 % dei residui solidi che finiscono nelle fogne sono
prodotti dai detersivi e sono residui non smaltibili e
inquinanti. Il Clinetor produce meno dell’1% di residui
minerali assolutamente inerti. Inoltre, a parità di risul-
tati, permette lavaggi a temperature più basse e cicli di
risciacquo più brevi. Ciò si traduce in minori consumi di
energia che significa meno inquinamento. Non solo, le
masse batteriche derivanti dalla biodegradazione dei
detersivi tradizionali, con il Clinetor non esistono sia
perché non ci sono sostanze organiche da degradare
sia perché il Clinetor è lui stesso un battericida”.
Al supermercato non si trova.
“Perché abbiamo voluto fare una scelta ragionata
anche sulle modalità di distribuzione, privilegiando
negozi di prodotti Bio, Eco, Macro, Erboristerie, GAS,
negozi di elettrodomestici e altri specializzati. Il motivo
è semplice: presentare inizialmente un prodotto così
Dallo studio di un settore di frontiera, come quello
delle nanotecnologie, alla riscoperta di una tecnologia
vecchia quanto il mondo... ma che nesuno aveva mai
pensato di applicare nel settore della detergenza e in
quello della conservazione degli alimenti, sfruttando la
sua capacità di inibizione dei batteri promotori della
degradazione delle sostanze organiche. Il risultato si
chiama Clinetor, e se in poco meno di un anno i punti
vendita si sono moltiplicati una ragione ci sarà. A prima
vista somiglia a un involucro di plastica simile ad altri
che è possibile trovare in vendita nei supermercati. La
sorpresa, però, sta tutta all’interno.
“Il Clinetor - racconta Renzo Leardini - usa un concet-
to nuovo di lavaggio. La sua azione è basata sulla io-
nizzazione dell’acqua, vale a dire che sfrutta meglio
l’azione detergente dell’acqua sostituendo i detersivi
tradizionali. Ciò consente di avere una miriade di be-
nefici: da quello economico, che va oltre al solo
risparmio rispetto ai detersivi tradizionali, a quello eco-
logico in senso più ampio”.
Come ci siete arrivati?
“L’obiettivo iniziale, quando abbiamo fondato la so-
cietà nel 2007, era quello di commercializzare prodotti
finiti della casa madre Pentachem e di sviluppare una
nuova attività nel settore delle nano tecnologie. Lo
studio e l’acquisizione di maggiori conoscenze sui
Se l’innovazionearriva dal passato
12settembre 2009
innovativo ad un pubblico cosciente e rispettoso del-
l’ambiente e quindi più propenso alla ricerca di
soluzioni in linea con la sua cultura del vivere. Accanto
a questi canali, naturalmente, c’è la vendita on-line e
c’è il passaparola, che non sarà una formula innovativa
ma rimane efficacissima per comprendere l’impatto del
prodotto sul pubblico”.
Ma come è possibile stringere un rapporto di
fiducia con i clienti quando si propone una strada
totalmente nuova?
“C’è una soluzione semplice, anche se coraggiosa: dare
tutte le informazioni possibili sul prodotto, per accom-
pagnare con dati tangibili la promessa di qualità. Che
poi altro non significa nella nostra filosofia aziendale
se non risolvere i problemi in modo coerente con quan-
to indicato e mantenere la costanza qualitativa nel
tempo. Ecco perché accompagnamo la produzione con
test continui e specifici che possano fugare ogni dub-
bio”.
State elaborando un disciplinare privato a mag-
giore garanzia del consumatore. Cosa vi ha por-
tato a optare per questa soluzione?
“Il Clinetor, per sua composizione e tipologia di fun-
zionamento, non trova riscontro nei disciplinari dei
detersivi tradizionali, per cui va inquadrato in modo
diverso. Per essere valutato ha bisogno di parametri
13 settembre 2009
Clinetor: pulire grazie alla ionizzazione
specifici non previsti per gli altri prodotti tradizionali, e
questo ci ha spinto a istituire un disciplinare privato.
Innanzitutto vogliamo garantire l’efficacia del prodot-
to nei confronti dei leader di mercato, attraverso il
monitoraggio continuo della sua efficienza con prove
interne e presso laboratori esterni riconosciuti per la
loro serietà. Il Clinetor sarà testato continuamente e i
risultati saranno resi pubblici, in modo che la qualità sia
garantita costantemente e non certificata una tantum”.
In che modo un cliente potrà in futuro verificare
le informazioni da voi comunicate?
“Tutti i risultati dei test saranno comunicati continua-
mente attraverso la stampa specializzata, lo specifico
sito Internet clinetor.it e comunicazioni su richiesta.
Inoltre sulle news il cliente può trovare tutte le infor-
mazioni relative al prodotto e alle sue applicazioni e
alle nuove scoperte frutto delle continue ricerche sul
Clinetor. Utilizzando lo stesso principio di base, infatti,
il nostro catalogo prodotti si sta ampliando seguendo
le sollecitazioni del mercato: prodotti per le piscine,
per la conservazioni dei cibi, la eliminazione degli
odori, e via elencando”.
Da qui a un anno, dove sarete arrivati?
“Abbiamo l’obiettivo di aprire 1000 punti vendita in
Italia e 200 all’estero. Se ci riusciamo, abbiamo aperto
una strada nuova. E il grande pubblico capirà”.
WWW.CLINETOR.IT
QC&I al Sana:uno stand per discutere di qualità
14settembre 2009
Nell’ambito della continua ricerca della Qualità e dei percorsi più efficaci per poterla comunicare, il gruppo QC&I sarà pre-
sente anche alla Fiera SANA 2009 che si svolgerà a Bologna dal 10 al 13 settembre, con un proprio spazio al Padiglione
21 Stand A 47 che sarà organizzato cercando di fornire alle aziende, in primis a quelle aderenti al proprio sistema di con-
trollo, la possibilità di entrare in contatto con i maggiori esperti del settore agroalimentare e degli altri settori che pos-
sono rivestire interesse per la vita aziendale.
Questa iniziativa, che sarà a titolo gratuito, ha lo scopo di aiutare le aziende a raccogliere tutte le informazioni necessa-
rie per raggiungere l’obiettivo della Qualità Reale, progetto di certificazione del gruppo QC&I, specificamente dedicato
alle produzioni di elevata qualità intrinseca, che sarà presentato durante il SANA. A seguire sono indicati i nomi degli
esperti che saranno presenti presso lo stand del gruppo QC&I e il loro campo di attività, per informazioni sulle giornate
di presenza vi preghiamo di mettervi in contatto con La Scienza della Qualità.
GLI ESPERTI A DISPOSIZIONE DELLE AZIENDE
STUDIO BORGHI – Consulenza e assistenza legaleApprofondimenti di Diritto Alimentare
CATERINA SANTORI – Comitato Esecutivo Nazionale di AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica)Commercializzazione prodotti a marchio Garanzia Aiab, Organizzazione Fiere, Comunicazione dei Prodotti
MONICA GAZZERRO – ANCCP (Agenzia Nazionale Certificazione Componenti e Prodotti)
Certificazione Ambiente, Qualità, Sicurezza, Agroalimentare e Responsabilità Sociale.
CARLO BAZZOCCHI – Studio BiologicoConsulenza per la gestione tecnico-economica di aziende agricole da agricoltura biologica
GUGLIELMO FREZZA – giornalista
Consulenza per la comunicazione della società e dei prodotti
VALERIO RAGGI - AgronicaConsulenza per la gestione informatica aziendale
RENZO LEARDINI – NCT - New Chemical Technology S.r.l.Consulenza per la conservazione dei prodotti alimentari tramite ionizzazione,
che provoca l’inibizione dei batteri promotori della degradazione delle sostanze organiche
CLAUDIO MARIA FANTOLINO – Tuttovo srl
Esperienze di vendita di prodotti da agricoltura biologica nel mercato tradizionale
STAFF QC&IInformazioni sulla certificazione da agricoltura biologica e altre