La SCALA PARLANTELa SCALA PARLANTE COLLEZIONISMO DI RADIO D’EPOCA ORGANO UFFICIALE - anno XXX -...

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La SCALA PARLANTE COLLEZIONISMO DI RADIO D’EPOCA ORGANO UFFICIALE - anno XXX - numero 2 - Marzo 2019 Sped. in A.P. Comma 27 / Art. 2- Legge 549/95 - Filiale BOLOGNA e quant’altro attiene alla storia delle telecomunicazioni

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La SCALA PARLANTECOLLEZIONISMO DI RADIO D’EPOCA

ORGANO UFFICIALE - anno XXX - numero 2 - Marzo 2019

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e quant’altro attiene alla storia delle telecomunicazioni

Medaglie celebrative di Guglielmo Marconi(Collezione Orso Giacone Giovanni)

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Nei prossimi numeri: ¤ Televisione¤ Strumenti S.R.E.¤ Telegrafia¤ Transistor ¤ Strumentazione ... e altro ancora

www.aireradio.org www.aireradio.org www.aireradio.org www.aireradio.org www.aireradio.org www.aireradio.org Il sito u� ciale della nostra associazione Il sito u� ciale della nostra associazione Il sito u� ciale della nostra associazione

è in corso di rinnovamentoè in corso di rinnovamentoè in corso di rinnovamento...A giorni A giorni A giorni sarà on-line con una nuova gra� ca ed unasarà on-line con una nuova gra� ca ed unasarà on-line con una nuova gra� ca ed una

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Narratori nel tempo e ascoltatori futuri

ASSEMBLEA NAZIONALE A.I.R.E.

Sabato 30 marzo 2019Fondazione Guglielmo MarconiVilla Gri� oneSasso Marconi (BO)

ProgrammaOre 8.00: - “Mercatino” per i soci - Mostra di apparecchi d’epoca - Visita al Museo della Fondazione

Ore 10.00: Assemblea 1) Nomina del Presidente dell’Assemblea2) - Relazione del Presidente A.I.R.E. - Relazione del Tesoriere - Approvazione Bilanci consuntivo 2018 e preventivo 2019 - Il nuovo sito A.I.R.E. (www.aireradio.org)

Ore 11.30Incontro su: Ricostruzione dei triodi (Erbea)

Ore 13.00: Pranzo sociale

In questi mesi siamo stati occupati nella creazione del nuovo sito A.I.R.E. Obiettivo di questo impegno è stato anche quello di dare un più moderno e sicuro contenitore alla immensa mole di sapere sul mondo delle Telecomunicazioni racchiusa negli articoli pubblicati in venticinque anni di vita della nostra rivista “La Scala Parlante”. A questo patrimonio si aggiungono i contributi di conoscenza raccolti nelle varie rubriche già presenti nella vecchia struttura del sito, anch’esso attivo da quasi venti anni. La Enciclopedia della Radio Italiana e il Museo Virtuale sono due esempi di questa operazione Amarcord.La tecnica di programmazione che ha permesso al sito di nascere era ormai obsoleta e bisognava, quindi, adeguarsi utilizzando strumenti informatici più attuali. Il raggiungimento dell’obiettivo non deve essere solo una maggiore facilità di consultazione degli articoli sul sito, ma anche la prospettiva di lasciare a futuri navigatori la possi-bilità di accedere a documenti giunti a loro nel tempo con un mezzo del futuro: il Web. Nel fare questo ci pare anche di rendere omaggio a coloro (soci e non) che, vissuti nella passione per il collezionismo di radio e apparati d’epoca, hanno contribuito con la loro condivisione di esperienze a costruire questo prezioso patrimonio associativo. Viene lanciato così un ideale testimone (il messaggio nella bottiglia) che creerà un solido cordone ombelicale tra narratori ne l tempo e ascoltatori futuri.Una riflessione su queste considerazioni: ci auguriamo stimolino la

disponibilità di ciascuno a rendere note le singole esperienze, la somma delle quali compor-rà un racconto prezioso per chi è appassionato di Storia Industriale. La Redazione sarà sempre disponibile per raccogliere i contributi e continuare ad ampliare e consolidare questa raccolta di conoscenze, che altrimenti andrebbero perdute.

La Redazione

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Associazione Italiana Radio d’Epoca Sede legale: Museo dei Mezzi di Comunicazione - Arezzo

Presidente Onorario: Nerio Neri

Consiglio DirettivoPresidente: Carlo Pria 02.38302111 [email protected]: Fabio Zeppieri 349.3167633 [email protected]: Piero Cini 055.686645 [email protected]: Renzo Piana 338.8645616 [email protected]: Claudio Gatti 039.362114 [email protected]

Comitato Scientifi co Neri (Coord.), Bramanti, Pria, Cecchi, Piana.

Gruppi Locali e CoordinatoriMilano: D.Colangelo 348.8225594 [email protected]: C. Bonechi 339.6131904 [email protected] Bologna: R.Piana 338.8645616 [email protected]: A.Ferrero 338.8735877 [email protected]: R.Colla 349.8430416 [email protected] Ravenna: F.Giuliani 0544.82185 Brescia: R.Tancredi 347.4085743 [email protected]: F.Zeppieri 349.3167633 [email protected]: S.Menci 338.5901410 Veneto: G.F.Chiaradia 335.7635987 [email protected] Valdisieve: E.Alterini 055.8314676Calenzano: F. Giovannoni 347.5710860Sostegno Radio (MI): L. Collico 349.3830770 [email protected]

Iscrizioni/Rinnovi: Italia € 45.00; Estero € 48.00:- con Paypal: dalla pagina “Associatevi” del sito www.aireradio.org- con Bonifi co bancario: Banco Posta IBAN: IT29 W0760114100000010968527 - BIC SWIFT: BPPIITRRXXX; intestato a: A.I.R.E. Associazione Italiana Radio d’Epoca- con C.C Postale n. 10968527 intestato a: A.I.R.E. Associazione Italiana Radio d’Epoca(indicare chiaramente nome, cognome, indirizzo, num. tel. e/o e_mail)

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EditorialeNarratori nel tempo e ascoltatori futuri pag. 1 Parliamo diTelevisore Autovox TX212 pag. 3Gea: una radio per sentirsi liberi pag. 12Oscilloscopio Philips PM 3200 (1971) pag. 26

CollezioniLa Scuola Radio Elettra 1951-1980 pag. 8

SpigolandoLa prima emittente pirata: Posto Zero Milano pag. 16Due apparecchi interessanti pag. 18I gioielli di Cecchi pag. 21Quattro radio intriganti e sconosciute pag. 24

ManifestazioniUn nuovo museo della radio in Garfagnana pag. 30

RecensioniE luce sia pag. 29Le regine dello swing pag. 31Enrico Fermi pag. 31Attenzione! pag. 31

Cerco Offro Scambio pag. 32

La SCALA PARLANTEIndice

numero di Marzo 2019

in copertina: Phonola 547 con custodia in alluminio

La Scala ParlanteSpedizione in A.P. comma 20/CLegge 662/96 Filiale di BolognaIscrizione Tribunale Bologna n. 6352

Redazione / Sito Internetvia M. d’Azeglio 2 -20900 Monza (MB)C.Gatti (Responsabile), R.Simonetti www.aireradio.org

Collaboratori Figini, Cecchi, G. e M. Riello, Bramanti, Corno, Fautilli, Lavia, Vitali, Vignali.

La Scala Parlante “on line” è disponibile in rete con acces-so dalla “homepage” del sito www.aireradio.org (oppure dal sito di airepiemonte).

Ricordare che il codice di accesso è il numero di tessera (se di tre nume-ri anteporre uno zero) e la password è il cognome (in minuscolo).

L . S . P . O N L I N E

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PARLIAMO DI:

Televisore Autovox TX212

Alessandro De Poi

Il ritrovamento

Era all’incirca l’estate del 2017 quando un mio amico collezioni-sta di televisori valvolari mi aveva mostrato le foto del suo ultimo acquisto: un televisore a “con-sole” della Autovox, recuperato presso un rigattiere di Firenze. Esternamente già si intuiva trat-tarsi di un ricevitore molto vec-chio, ma quando mi mostrò le foto dell’interno rimasi stupefatto: il cuore del televisore, il tubo a raggi catodici, era di un tipo che non pensavo esistesse su un televisore di produzione italiana, in quanto aveva uno schermo perfettamente cir-colare! Venni quindi a sapere che, per quanto se ne sa ad oggi, quel televisore Autovox TX212 era l’unico con tubo catodico a schermo circola-re (o “roundie” come dicono gli anglofoni) prodotto in serie immesso sul mercato italiano (escludendo quin-di la fase sperimentale della Televisione italiana), in quan-to nell’anno di avvio delle trasmissioni regolari tale tipo di tubi era praticamente già obsoleto.Si badi bene che ho scritto “immesso sul mercato italia-no” e non “prodotto in Italia”, perché questo televisore in

realtà era prodotto a Southend On Sea dalla famosa ditta Ekco e sol-tanto marchiato Autovox; anche il design del mobile è di derivazio-ne da analoghi modelli coevi della casa britannica. Il pannello poste-riore parla di “collaborazione” tra Autovox e Ekco, ma è difficile dire in cosa sia consistita questa colla-borazione: probabilmente la casa romana, all’avvento delle nuove trasmissioni televisive, non si tro-

vava ancora pronta ad immettere sul mercato un apparecchio rice-vitore di televisione, e decisero quindi di mettersi in contatto con una ditta con diversi anni di espe-rienza nel settore. Lo standard te-levisivo inglese però all’epoca era alquanto diverso da quello in uso in Europa occidentale (CCIR, ad esclusione della Francia), quindi presumo che i tecnici britannici si fossero trovati comunque a dover

Il televisore Autovox TX212 nato dalla collaborazione con la Ekco inglese.

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compiere uno sforzo progettuale. Un indizio in tal senso è l’aspetto quasi “prototipale” dello chassis, disseminato di test point realizzati con occhielli che lo attraversano mediante isolatori passanti, facen-ti capo a svariati punti del circuito. Dato che secondo il manuale di servizio solo pochissimi di questi punti di test sono impiegati per la ricerca guasti o l’allineamento, di altro non si tratta che di strumen-ti usati in fase di progettazione. Avanzo quindi l’ipotesi che que-sto fosse un telaio “sperimentale”, diventato poi definitivo per la ne-cessità di immettere sul mercato il prodotto in tempi stabiliti (il co-siddetto time to market …).Tornando al ritrovamento, dopo la telefonata col mio amico e non so per quale ragione o forse per mano del destino, provai a inseri-re nella barra di ricerca del famoso sito di annunci gratuiti il modello in questione, e incredibilmente, proprio nella stessa città uscì il se-condo esemplare!Contattato il venditore, mi feci mandare delle foto per controlla-re le condizioni del TV, che sem-bravano a dire poco precarie, con tracce di ruggine, corrosione, fili strappati e rosicchiati, e tarli nel mobile. Mancava anche il pannel-lo posteriore, cosa che in questo tipo di televisori è molto rischiosa perché espone il collo del tubo catodico a urti con conseguente rischio di rottura.

Il triste “spettacolo” che si presentava una volta disimballato l’apparecchio.

A destra, un esempio della corrosione sotto il telaio.

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La cosa strana inoltre era che il collo del tubo sembrava molto più corta del dovuto: questo tipo di tubi, detti a 70° in virtù dell’an-golo di deflessione del pennello elettronico, avevano un collo mol-to lungo, inoltre il confronto con le foto dell’esemplare acquistato dal mio amico non lasciava adito a dubbi: c’era qualcosa che non andava. Lo zoccolo del tubo era al suo posto, ma era difficile dire se il tubo fosse sano oppure spaccato, perché era tutto avvolto con del

Asciugato lo chassis, è stata effettuata la rimozione della ruggine e delle incrostazioni con carta vetrata e spazzola di acciaio, poi ripassate tutte le parti così ripulite con lo zincante a freddo.

nastro isolante nero; collezionisti più “scafati” di me mi dicevano di diffidare perché ne avevano viste di tutti i colori coi tubi catodici, compresi tubi col collo spacca-to e ricomposto appunto col na-stro isolante nero come in questo caso…ad ogni modo il venditore garantiva che rotto non era. Considerato che il prezzo era ade-guato anche per un apparecchio che, nella peggiore delle ipotesi non funzionante, sarebbe comun-que stato un cimelio, decisi di

bloccare la vendita, e attraverso alcune vicissitudini e intermediari che non mi stancherò di ringrazia-re, riuscii a far portare il televiso-re in zona per me più accessibile. Quando l’apparecchio arrivò a casa era avvolto quasi comple-tamente nel cellophane da im-ballaggi ad eccezione di qualche fessura nella parte inferiore, dal cui pertugio uscivano in maniera preoccupante grandi quantità di escrementi di ratto, oltre a una valvola e vari pezzi di legno.

Marca/modello: Autovox SPA Roma; TX12 Produzione: collaborazione con la britan-nica EkcoTipo di circuito: supereterodinaValvole/Tubo: n.17; EF95 6J6 6CB6 6AU6 6CB6 6BN6 6CB6 6V6GT 6CL6 12AU7 6CB6 6AL5 12AU7 PY81 6BQ6 6V6GT EY51 Tubo: CRM153Mobile: a consolle in noce rosso Dimensioni: 510 x 880 x 540 mm / 20.1 x 34.6 x 21.3 inch.

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In pratica il povero televisore, dopo anni di onorato servizio, do-veva essere stato abbandonato in una cantina umida e malsana di-venendo l’abitazione di una fami-glia di ratti, i quali avevano usato il telaio come giaciglio e soprattut-to “toilette”. Sfortunatamente l’u-rina dei roditori, particolarmente alcalina, è estremamente corrosi-va per i metalli, a tal punto che su questo telaio gli escrementi ave-vano creato un amalgama con la ruggine fino a formare uno strato spesso alcuni millimetri e partico-larmente duro. L’urina era poi pas-sata anche sotto le varie Medie Frequenze, negli zoccoli delle val-vole, nei trasformatori: insomma un disastro.

Restauro prima fase: tubo e dintorni

Per prima cosa decisi di iniziare con una “bonifica” del telaio: dopo aver aspirato e poi soffiato con aria compressa, decisi di fare un trattamento che di solito riservo ai casi disperati: lavaggio con ac-qua e sgrassatore, in pratica una vera e propria doccia, avendo cura per quanto possibile di non bagnare trasformatori e altri com-ponenti “critici”. Per rimuovere lo spesso strato di ruggine mista a escrementi di ratto la sola azione dell’acqua e detersivo non basta-rono, dovetti quindi aggredirlo a colpi di martello e scalpello fino ad arrivare al metallo nudo sotto-

stante. Asciugato lo chassis, con-tinuai la rimozione della ruggine e delle incrostazioni con carta vetrata e spazzola di acciaio, do-podiché ripassai tutte le parti così ripulite con lo zincante a freddo. Una volta pulito il telaio, passai a verificare il tubo catodico: questa sarebbe la prima operazione da fare su un televisore così, dato che un tubo guasto sarebbe uno “show stopper”, ma avere per le mani un telaio in quello stato era una cosa che non potevo tollerare. Ad ogni modo, usando un circuito che mi sono costruito apposta, in grado di erogare +300 volt da collegare alla g2 e una tensione variabile da 0 a -150 volt da collegare alla g1 e un milliamperometro connesso

A sinistra, la misura dell’emissione del CRT. (Tubo Catodico).

A destra, il marchio del ricostruttore del CRT e la targhetta.

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tra catodo e massa, fui in grado di misurare l’emissione del catodo, risultata pari a 1.36 mA, che è un risultato eccellente considerato che un CRT perfettamente effi-ciente ha una emissione di 1mA e per una visione ancora accettabile sono sufficienti 500 µA. Parlando del tubo, nelle righe precedenti accennai alla anomalia del collo corto di questo CRT: ebbene, in-dagando più a fondo sono emer-se cose interessantissime. Il tubo in questione sarebbe un CRM 153 prodotto dalla Mazda; ed in effetti la sigla è ancora stampigliata sul tubo, ma anche confrontando i manuali dell’esemplare in pos-sesso del mio amico, molte cose non tornavano. 1) La tensione di accensione: l’originale si accende-va a 12 volt, mentre questo a 6.3 volt (meno male che sono stato attento). 2) La suddetta “cortez-za” del collo. 3) La mancanza della “trappola ionica”. 4) Il dispositivo di focalizzazione: magnetica sul tubo originale; elettrostatica su questo. È stata fatta una modifica sullo zoccolo del CRT per portarvi la tensione apposita e manca di conseguenza tutto l’equipaggia-mento per il fuoco magnetico. 5) L’attacco per la alta tensione o EAT: maschio sull’originale, ma femmi-na come sui tubi più moderni su questo. 6) La mancanza dello stra-to di grafite esterno: come su tutti i tubi primordiali, il tubo originale ne era privo, e il livellamento del-la EAT era affidato ad un conden-satore esterno per alta tensione, ben visibile sull’esemplare del mio amico. Anche questo tubo era pri-vo dello strato di grafite esterno, ma mancava anche del condensa-tore, quindi resta un mistero come facesse a funzionare correttamen-te. Tutti questi indizi portavano in una sola direzione: all’epoca, quando i tubi catodici avevano un costo considerevole, esisteva-no aziende che ne effettuavano

la ricostruzione a prezzi più vantaggiosi rispetto all’acquisto di un ricam-bio originale, per cui ad un certo punto della sua storia il CRT era stato ricostruito. La ricostru-zione avveniva aprendo il collo del tubo, rifacen-do un nuovo cannone, saldandolo al vetro esi-stente e ricreando il vuo-to. Successivamente, osservando meglio il tubo, compresi anche quando e da chi tale operazione fu compiuta. Evidentemente il tubo originale durò dieci anni, dopodiché fu inviato alla SEV di Bologna per la ricostruzione. Durante le mie ricerche non ho trovato molte informa-zioni su questa ditta, se non un altro tubo recan-te questo marchio: se qualcuno avesse infor-mazioni più dettagliate lo prego di mettersi in contatto con me Una volta appurato che il tubo era a posto, provai il secondo componente “critico”, ossia il tra-sformatore di riga (o di deflessione orizzontale) il quale, essendo un dispositivo che lavora ad alta ten-sione ed avendo vissuto gli ultimi anni in un ambiente proibitivo, era decisamente a rischio. Purtroppo, ad un primo esame, l’avvolgimen-to secondario ad alta tensione risultava interrotto. Comunque, per prima cosa, lo lavai a parte e gli feci un trattamento di essicca-zione in forno a 50 °C per 24 ore per essere sicuro di espellere tut-ta l’umidità; poi lo ispezionai per tentare di identificare l’interruzio-ne e fui fortunato dato che si tro-vava al di fuori dell’avvolgimento e al disotto di uno strato di nastro adesivo che ancorava il terminale

Trasformatore di riga: visibile la ripara-zione e i segni di un morso di topo sulla ciambella.

inferiore della bobina al suppor-to sottostante. Fu quindi facile da riparare. Il secondario EAT, o “ciambella” come viene definita in gergo dagli addetti ai lavori, era stata pure rosicchiata dal rodito-re, ma per fortuna senza intaccare troppo il rame sottostante, quindi me la cavai con una spennellata di vernice anti-corona e una stucca-ta con la paraffina.

Fine prima parte. La seconda sarà dedicata al restauro elettrico.

La Scuola Radio Elettra 1951-1980

1955Oscillatore modulato O.L., O.C., O.M. L’alimentazione è derivata o dalla radio in tara-tura o dall’alimentatore che veniva costruito.

1955Provavalvole a “ponticelli”. Per la lettura dell’emissio-ne bisogna utilizzare il te-

ster costruito nel Corso.

1955Ricevitore superetero-dina mod. 97 (tre tasti); O.M., O.C. e Fono; valvole: 6TE8GT, 6SK7GT, 6SQ7GT, 6V6GT, 5Y3GT, 6E5 (anche con giradischi tre velocità). Le valvole erano pagate a parte.

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1955Ricevitore supereterodina

mod. 99 FM (quattro ta-sti): O.M., O.C., F.M., Fono.

Valvole: ECC85, 6TE8GT, 6SK7GT, EABC80, 6V6GT,

5Y3GT, 6E5 (anche con giradischi tre velocità). Le

valvole erano pagate a parte.

1956Voltmetro elettronico per misura di tensioni a.c./d.c., valori di resistenze e con-densatori; valvole utilizzate: 12AU7, 6Al5.

1956Come lo strumentoprecedente. Vengono cambiati solo lo strumento e il contenitore.

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1956Tester mod. S.E. 22 (Corso Radio Strumenti); sensibi-

lità 2000 ohm/volt, misura tensioni e correnti a.c./d.c.

e resistenze.

1956Tester mod. ST 2 (Corso Radio Strumenti); sensibili-tà 10000 ohm/volt; misura tensioni e correnti a.c./d.c., resistenze e condensatori.

1956Oscillatore modulato mod. S.E. 21; O.M., O.C., O.L.; mo-

dulazione interna 400 o 1000 Hz o esterna; valvole

impiegate: ECH42, AZ41.

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1956Generatore di segnali per MF 88-100 MHz. Quarzo a F.M. 10,7 MHz e Voltmetro elettronico. Valvole impie-

gate: 2x12AU7 e AZ41.

1958Wobulatore/marcatore mod. 654. Veniva costruito dalla UNAOHM ma vendu-to agli allievi della Scuola, già montato con il marchio della SRE. Valvole montate: ECC81, ECC88 e diodo 0A2.

1958Oscilloscopio 3”.

Valvole utilizzate: 6U8, 6U8, 12AT7, 12AX7,

EZ80 (AZ41).

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PARLIAMO DI:Umberto Alunni

Gea: una radioper sentirsi liberi

Gli appassionati di radio e di vita militare, prima o poi, finiscono per conflui-

re idealmente nel centro Europa, in qualche Lager dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, si sono consumate pericolose ed affascinanti storie di ascolto clan-destino. La suggestione aumenta considerando situazioni in cui le radio, o parti di esse, erano au-tocostruite all’interno dei luoghi d’internamento con mezzi di for-tuna. La più conosciuta di tutte è Radio Caterina, della quale esiste ampia documentazione.

I protagonisti della nostra storia

La continua ricerca in questo ine-sauribile mondo della radio mi ha portato a conoscere un collega di lavoro, Pierluigi Cerbai, figlio di Guido, ufficiale internato in vari Lager dal 1943 al 1945. Il padre partecipò attivamente alla co-struzione di Radio Caterina. Oltre al Comandante Brignole, vera e propria autorità all’interno del Campo, ebbe modo di conosce-re Giovannino Guareschi, ma an-che Alessandro Natta e Gianrico

Tedeschi, rispettivamente futuro politico e futuro attore. Guido in-contrò Ugo Dragoni, a cui fa rife-rimento la radio oggetto del pre-sente racconto. Verosimilmente si frequentarono anche dopo la guerra in ambienti Associativi. Ugo si diede molto da fare per do-cumentare la vita all’interno dei Lager. Tramite Pierluigi sono ve-nuto in possesso di un suo dattilo-scritto, dell’ottobre 1971, con una dedica di suo pugno: “Memore ricordi di giorni durissimi. Saluti affettuosi. Gennaio 1972. Ugo Dragoni”. Abbiamo modo di rite-nere che l’avesse regalata a Guido. Il documento descrive, con ecce-zionale lucidità e dovizia di parti-colari, la storia di una radio, quasi umanizzata tra gli ufficiali interna-ti. Un apparecchio che, contravve-nendo alle rigide disposizioni dei Lager tedeschi, funzionò dal 1943 al 1945, riuscendo a ritornare in Patria, collegata al destino di ven-tiquattro ufficiali protagonisti, in-dividualmente o in gruppo, di epi-sodi drammatici e sempre molto rischiosi. Con il passare del tempo la presen-za della radio nel campo di prigio-nia era accertata. L’apparecchio, alla stregua di un’ambita preda, era braccato giorno per giorno fino a cadere, per fortuna incon-sapevolmente, nelle mani della Gestapo.

Il cerchio sulla cartina indica la posizione del lager di Sandbostel nella Germania del Nord.

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Orgoglio nella sofferenza

La storia ha inizio l’11 settembre del 1943, quando diverse centi-naia di ufficiali da internare aspet-tavano di passare il controllo per entrare nello Stalag XVII/B a Kaiser Steinbruck, in Austria. Intanto si stava diffondendo il panico per-ché si aveva notizia che i tedeschi avrebbero sequestrato ogni Ben di Dio: liquori, sigarette, cibarie, macchine fotografiche, apparec-chi radio e quant’altro di valore. Durante l’attesa fecero sparire quanto possibile, specie i liquori e le cibarie, con eque ripartizioni. Era impressionante la pila di mate-riale accumulata nell’accertamen-to, tra cui tante radio. Dragoni in-contrò il tenente Bacicchi, del 74° Fanteria Lombardia, già conosciu-to a Pola, possessore di una radio. Raggiunsero un accordo somma-rio per occultarla e provare a por-tarsela dietro all’interno del cam-po. Al termine dell’internamento il tenente sarebbe ritornato pro-prietario dell’apparecchio. Con la complicità di una confusione provocata spontaneamente dagli ufficiali in coda, la radio passò fur-

tivamente i controlli.La facilità di ingresso fece acquisi-re al gruppo degli internati un cer-to ottimismo, che raggiunse il suo apice il giorno successivo quando riuscirono a captare radio Londra. Purtroppo, il tenore delle notizie fece svanire subito una gran parte di questo ottimismo: i nazisti ave-vano occupato tutta l’Italia e ciò significava, ben che fosse andata, il prolungamento della perma-nenza negli Stalag. Intanto la radio svolgeva il suo compito: non rendere bruti, come avrebbe commentato più tardi Giovannino Guareschi. Gli italiani non erano considerati prigionieri di guerra e si lavorava molto affin-ché crollassero psicologicamente. Mentre gli altri ufficiali europei avevano la fuga come obiettivo, loro avevano la resistenza, utiliz-zando qualsiasi mezzo pur nella clandestinità: autodisciplina, let-tura, igiene personale, lezioni uni-versitarie, spettacoli teatrali.

Un plastico che ricostruisce la struttura del campo di concentramento italiano di Sandbostel.

L’ascolto nascosto e ansioso: la fasciatura serviva per sostenere l’auricolare. Il filo tenuto in bocca rinforzava il flebile segnale.

Il ruolo della radio

Acquisire informazioni dall’ester-no era una spasmodica priori-tà. A questo pensava la radio di Bacicchi, amorevolmente adotta-ta dal gruppo di Dragoni e ribat-tezzata Gea. Nel suo documento Dragoni considera Gea sempre come un nome proprio di perso-

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na. Nel dattiloscritto si dice sola-mente che è un “apparecchio a cinque valvole di marca tedesca A.E.G.”. Non si fanno ulteriori ri-ferimenti alle sue caratteristiche tecniche. Utilizzando questi pochi elementi certi, immaginandone altri, ho provato a dare a Gea un volto ed una sua probabile plasti-cità. Analizzando la produzione di radio A.E.G. a cinque valvole nei cinque anni precedenti al 1943, ho individuato undici modelli, di cui nove con informazioni complete (69W, 679WK, 709WK, 56GW, 56W, 58W, 68W, 79WK, 430WK). E’ stato considerato anche l’ingombro del mobile (mediamente 60 cen-timetri cubi) e un peso medio di 14 kg. Non è dato sapere se la ra-dio, nella sua clandestinità, aves-se mantenuto l’involucro. Certo è che nei suoi spostamenti aveva comunque bisogno di una co-pertura protettiva per evitare che le preziose valvole, e la membra-na dell’altoparlante, si potessero rompere (per nasconderla era sta-ta sotterrata anche sotto un metro di sabbia). In tal caso l’ingombro sarebbe diminuito notevolmente,

ma non il suo peso.Da Kaiser Steinbruck il gruppo fu trasferito a Pryzmyl, in Polonia, e venne sistemato nel campo Pikulic. Nel frattempo, l’ascolto si stava facendo più complicato, perché qualche ufficiale inneggia-va canzoni del regime fascista. Da Gea si ascoltavano le solite noti-zie: in Italia nulla di nuovo, mentre i Russi avanzavano troppo lenta-mente. Intanto una commissione fascista faceva visita agli ufficiali per convincerli ad arruolarsi nell’e-sercito repubblichino. Lo scouting procedeva senza troppo clamore. L’ascolto continuava tra un’ispe-zione e l’altra: Gea si muoveva tra le stanze, il trincerone e gli al-tri ambienti in cui era possibile occultarla. Il tutto accadeva con la stessa dinamicità di un asso nel gioco delle tre carte. Si pren-deva quasi sempre Radio Londra fino alle 20.00, perché dopo la corrente elettrica veniva stacca-ta. Invano si ricercavano le altre stazioni, di potenziale interesse per il gruppo (ad esempio Radio Bari). Nel frattempo i Russi si sta-vano avvicinando e i campi di

Pikulic e Neriptka vennero chiu-si. Prossima destinazione: Lager di Kustrin, dopo un viaggio di tre giorni dentro un carro bestiame. In questo campo la permanenza era tranquilla. L’ascolto di Gea av-veniva con regolarità, non scalfito neanche dalle frequenti perquisi-zioni della Gestapo, soprattutto nel vicino campo dei prigionieri Russi. Si venne a conoscenza del-la presa di Roma e dello sbarco in Normandia, alimentando la fiam-mella di quell’ottimismo che si stava facendo sempre più flebile. Il 6 agosto il campo di Kustrin ven-ne sciolto ed il gruppo si trasferì a Sandbostel. Dragoni riuscì a por-tarsi dietro la radio con disinvoltu-ra, essendo incaricato del ritiro e spedizione dei bagagli. Non si sa come, ma nel campo si diffuse la notizia che era arrivata una radio da Kustrin. Il fatto non fece clamo-re più di tanto, perché si sapeva dell’esistenza di altri due apparec-chi: Mimma e Teresina. Riferendosi a radio Caterina, Dragoni scrive-va: “Più tardi, nel novembre 1944 il gruppo Olivero – Martignago riu-scirà addirittura a costruire una ra-dio ad una valvola che funzionerà regolarmente fino alla liberazione”.

Le cose si complicano

Si sfiorò la tragedia quando la radio, nascosta in una cassa, fu sequestrata, pur nella inconsa-pevolezza del suo contenuto. Qualcuno del gruppo, con gran-de scaltrezza, vi mise il nome di un ufficiale italiano non più nel Lager. Ciò per evitare ripercus-sioni qualora avessero trovato la radio. Qualche giorno dopo, con un’azione da manuale, l’apparec-chio fu riconquistato e riporta-to alla baracca numero 63, dove venne seppellito sotto un metro di sabbia. Un altro momento ter-ribile fu qualche giorno dopo,

La misera e disumana detenzione: malgrado ciò, alta era la volontà di sopravvivere con dignità per tornare liberi.

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quando il sergente della Gestapo Schultz, promosso qualche gior-no prima per aver scovato una radio clandestina, quella del te-nente Lombardi, varcava la soglia della baracca, proprio quando il gruppo era in ascolto. Si mise a fis-sare la lampada con lo sguardo in assoluto silenzio. Nel frattempo, l’ufficiale più vicino alla radio ri-dusse al minimo il volume, evitan-do il rumore dell’interruttore, e la occultò. Ancora una volta Gea era in salvo. Schultz se ne andò sbat-tendo la porta con il comporta-mento tipico di chi, pur sapendo di andare a colpo sicuro, non era riuscito nell’intento. Per evitare problemi Gea venne portata nel magazzino attrezzi della baracca dei soldati italiani, facenti capo al capitano Giacobbe.

La libertà è vicina …

Alla fine del 1945 il campo italia-no di Sandbostel venne sciolto e quasi tutti i prigionieri trasferiti a Wietzendorf. Si disperse anche il gruppo di Dragoni e cinque di loro vennero trasferiti a Fallingbostel. L’apparecchio venne fatto uscire

dalla cucina per il tramite del ca-pitano Vitale. Nel nuovo campo il soggiorno era durissimo, ma la fa-cilità di ascolto ne alleviava il peso. Fu possibile ascoltare le più im-portanti emittenti ed essere sem-pre costantemente aggiornati. Dopo la liberazione, avvenuta il 16 aprile, Gea si rese ancora utile per-ché con tutte le notizia ascoltate veniva compilato “L’Informatore Quotidiano” che aiutava i prigio-nieri liberati ad attendere con più pazienza il ritorno in Italia. Il 4 set-tembre Gea arrivò felicemente a Firenze e dopo qualche settima-na, come convenuto nello Stalag XVII/B a Kaiser Steinbruck, tornò in mano al suo proprietario, il te-nente Bacicchi. Conservato come cimelio della prigionia tedesca, testimone di situazioni a dir poco complicate, la sua fama si infran-se sugli scogli dell’alluvione che colpì Firenze nel novembre del 1966. L’apparecchio subì danni ingenti, non ci è dato sapere di quale entità. La sua fama, però, è rimasta intatta. Come in altre si-tuazioni analoghe, l’impossibilità di toccarla, percepirla, ne aumen-ta il valore, tipico di chi non c’è più ma ha fatto in tempo a curvare i

destini di uomini coraggiosi, con tanta voglia di vivere ed affermare i propri ideali. Leggendo altre sto-rie sembra quasi che l’alluvione a Firenze, contrariamente al diluvio universale, abbia contribuito a va-lorizzare tutto ciò che ha distrutto, conferendogli una sorta di mitiz-zazione. Questa è la storia di Gea e della sua contestualità con radio Caterina, nel Lager di Sandbostel. Sono par-ticolarmente grato al mio collega Pierluigi Cerbai, che ha messo a disposizione il prezioso materiale documentario, e per essere stato ospite dell’A.I.R.E. Toscana nel-la sede di Calenzano lo scorso 4 dicembre. In quell’occasione ha messo a disposizione degli asso-ciati una serie di informazioni ap-prese in merito a Caterina e Gea, con la stessa passione di quando, da bambino, le ascoltava da suo padre, ben conscio di avere a che fare con un eroe, un eroe vero!

Dello scrittore Giovannino Guareschi, internato nel campo, va ricordato un suo commento: “Fummo peggio che abbandonati, ma questo non bastò a renderci dei bruti: con niente ricostruim-mo la nostra civiltà.

Fronte del dattiloscritto di Ugo Dragoni (particolare)dove è presente la dedica autografa.

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SPIGOLANDO

La prima emittente pirata: Posto Zero Milano

Le trasmissioni circolari in Italia

All’inizio degli anni Venti in Italia non esiste alcuna emittente pub-blica né privata. Un decreto del regime fascista stabilisce che l’impianto e l’esercizio di sistemi di radiocomunicazioni sono riser-vati allo Stato (U.R.I. poi E.I.A.R.): è dunque vietato trasmettere al di fuori dell’u� cialità. Le radioaudi-zioni circolari in Italia hanno inizio nel 1925 con trasmissioni solo da Roma e deboli al punto da non raggiungere il Nord e Milano in particolare. Nell’estate del 1925, un gruppo di appassionati mila-nesi guidati da Eugenio Gnesutta (ingegnere e pioniere della radio italiana), per spingere l’URI a dota-re Milano di una stazione trasmit-tente, installa per pochi mesi un’e-mittente pirata chiamata Posto Zero. Gnesutta aveva fondato già nel 1923 il Gruppo Radiotecnico Milanese e, sempre nello stesso anno, con alcuni radioamatori milanesi, la A.D.R.I. (Associazione Dilettanti Radiotecnici Italiani). L’attivismo e l’entusiasmo di Gnesutta porterà alla nascita della prima stazione radio URI milanese alla � ne del 1925. In pochi anni gli impianti aumentano � no a copri-re l’intero territorio nazionale: a Genova, Napoli, Trieste e in altre importanti città. Alle ore 21 del 6 ottobre 1924 viene messo in onda il primo pro-

gramma radiofonico italiano. Al microfono la voce gentile dell’an-nunciatrice Ines Viviani Donarelli (violinista essa stessa): “U.R.I., Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d’on-da metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e la nostra buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italia-na, per il servizio delle radio audi-zioni circolari. Il quartetto eseguirà Haydn dall’opera 7 primo e secondo tempo”.

Da “La Radio per Tutti”

“Il Posto Zero a Milano ha iniziato l’esecuzione di interessanti e pia-cevoli programmi realizzando un vero e proprio broadcasting in at-tesa di altri promessi servizi. Posto Zero è nato sotto una buona stella: l’essere nato in dodici ore senza pubblicità, l’avere la paternità in giovanissimi signori, può dare a questa trasmittente sicurezza di vita e serietà di intendimenti. I quali intendimenti più che nel dare sollazzo al pubblico vertono nel piacere e nell’amore per gli esperi-menti di trasmissione radiofonica. Si capisce come in tempi come questi cioè (e parliamo in modo speciale di Milano, di stasi nella radio) nell’attesa della stazione radiofonica u� ciale, dopo l’annun-cio clamoroso della installazione

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di una nuova stazione radiofonica di un gruppo in antitesi con la Compagnia Concessionaria, si ca-pisce come il Posto Zero di Milano abbia suscitato il massimo interes-se, abbia provocato i commenti più vivi e vari.Quello che più interessa e rallegra gli allestitori della stazione è che la modulazione e l’intensità del Posto Zero ha riscosso le approvazioni incondizionate anche di quelli che, per preconcetto,o ragioni perso-nali, di dipendenza e un po’ per la solita ragione dell’astio del pedone contro l’automobilista, avevano delle prevenzioni contro i broadca-sting locali.Posto Zero viene ascoltato da molti e con piacere: le sue trasmissioni senza pregiudizi e senza i lacri-mevoli soliti spunti noiosi hanno conquistata la simpatia di tutti. Per convincerci dell’interesse destato dal Posto Zero, basta ricordare la sera del 15 maggio, quando, per un appuntamento dato per via radio un elegante ritrovo è stato invaso da una folla di radioamatori che, è tutto dire, a mezzanotte si sono partiti dai loro posti di ascolto per

andare a rallegrarsi con gli allesti-tori della stazione. Gli ascoltatori hanno trovato all’appuntamento visi noti e giovanili, spiriti allegri e menti aperte ...”Per dare un’idea delle trasmissioni del Posto zero, abbiamo il piacere di informare per quello che riguar-da la parte fonica che Posto Zero ha uno studium al primo piano di un palazzo gentilizio ambrosiano.

Il microfono di un tipo speciale auto-compensato. Lo speaker è anch’esso un noto radiofilo come del resto lo sono tutti suonatori, telefonisti, operatori, conferenzieri che assistono alle trasmissioni che vengono eseguite su onda di 315 metri, con una potenza di 20 Watt sull’aereo.

Un ricordo del Generale Francesco CremonaNel dicembre scorso è mancato il generale Cremona (classe 1928). Per anni ha offerto volontariamente la sua preziosa collaborazione nelle manifestazioni organizzate dal Gruppo Lazio (e non solo) di cui faceva parte ed è sempre ap-parso a tutti come una persona positiva, simpatica e generosa, sempre entu-siasta di poter offrire agli appassionati del mondo della radio le sue profonde conoscenze sulla vita e le opere di G. Marconi, apprezzate in particolare dalla stessa famiglia di Marconi di cui era molto amico. Nei primi anni del dopo-guerra ha iniziato a collezionare apparecchi rari e cimeli che testimoniassero l’evoluzione delle Telecomunicazioni: la sua collezione di oltre mille apparati era ospitata nel Museo di Colleferro (a 60 chilometri da Roma) e risultava essere tra le più belle del mondo, tanto da essere citata nel Guinness dei primati dal 1998 al 2001, considerata un “unicum” nel suo genere. Collaboratore della Fondazione Marconi, era sempre presente ad ogni ricorrenza significativa che riguardasse Marconi o a convegni sulla storia delle Telecomunicazioni e sulla Crittografia di cui era uno storico appassionato.Ci sarebbe molto altro da dire su di lui, ma preferisco ricordare il suo carisma quando, nel corso dei suoi interventi, catturava gli sguardi dei presenti mentre maneggiava sapientemente uno dei pezzi forti della sua collezione: la macchina ENIGMA del 1937.

Fabio Zeppieri

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SPIGOLANDOCarlo Pria

Sui Phonola Castiglioni è stato scrit-to di tutto e di più, eppure Carlo Pria è riuscito a “scovare” ancora qual-cosa di inedito, almeno per quanto riguarda un paio di questi ricevitori.

Ci sono alcuni modelli di radio talmente noti ed indagati che parrebbe impossibile trovare su di essi qualche notizia nuova: in questa categoria sicuramente ri-entrano i modelli della Phonola disegnati dallo studio dei fratelli Castiglioni e prodotti dalla Casa saronnese, in diverse versioni, dal 1940 � no all’immediato dopo-guerra. Parliamo dei modelli 547, 563 e 573 con mobile in bachelite di vari colori e con una forma, per l’epoca, assolutamente inedita e moderna. Questa serie rappresen-tò per l’Industria radio italiana il primo serio tentativo di design in-dustriale in un settore fortemente tradizionalista ed impermeabile alle novità estetiche. Questi ap-parecchi, pur prodotti in tempi calamitosi, conobbero un buon successo e furono prodotti in cir-ca novemila esemplari, venduti anche fuori dall’Italia, e sono ora i primi fra i pochi modelli di radio italiane ricercati dai collezionisti esteri. Bene, di questi ricevitori il nostro associato Massimo Boraldo ha avuto la fortuna di trovarne due che hanno ognuno un parti-colare di cui merita parlare.

Due apparecchi interessanti

Dettaglio della parte posteriore che evidenzia i lavori di rifinitura sul mobile di metallo.

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Phonola 547 in alluminio

Vediamo il primo. Si tratta di un modello 547, primo tipo del-la serie prodotta nel 1940/41 in quattromila esemplari con mo-bile in bachelite di vari colori. L’esemplare trovato dal nostro as-sociato si differenzia dalla produ-zione di serie per essere dotato di un mobile in alluminio.Al momento del ritrovamento il mobile portava ancora tracce di una vernice rossa, poi rimossa.Il mobile è ottenuto per fusione e non per pressofusione, come te-stimoniano alcune lievi imperfe-zioni, ma calza perfettamente sul telaio. L’adozione di un mobile in metallo per un apparecchio dota-to di autotrasformatore e perciò con un capo della rete di alimen-tazione a massa, appare perlome-no strana ed azzardata e richiede un buon isolamento onde evitare pericolosi contatti accidentali. Nel nostro esemplare l’isolamento è ottenuto con un semplice strato, non completo, di cartoncino da trasformatori, poco adatto a ga-rantire una sicura separazione fra telaio e mobile.Insomma, una radio per aspi-ranti suicidi. Non essendosi tro-vata, nell’archivio tecnico della Phonola, documentazione in merito, possiamo solo fare delle supposizioni: potrebbe trattarsi di una prova senza seguito o di una iniziativa personale. Tutte le ipo-tesi sono possibili, ma senza alcun dubbio si tratta di una interessan-te curiosità.

Il rudimentale sistema di isolamento tra telaio e componenti, costituito da un sottile cartoncino da trasformatori.

L’interno del Phonola mod. 547 in alluminio.

A destra, la classica scala parlante di questo modello Phonola.

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Phonola 563 Todt

Veniamo ora al secondo esem-plare. Si tratta di un modello 563, prodotto dopo l’ 8 settembre del 1943 e privo della tastiera per la preselezione delle stazioni. Qui non ci sono diversità eclatanti con i modelli standard, ma solo un piccolo interessante particolare: sul lato destro del mobile, in nor-male bachelite rossa, è presente infatti un interessante marchio di proprietà. Si tratta del marchio della Organizzazione TODT, una organizzazione voluta da Hitler per eseguire opere civili in affian-camento alle forze armate tede-sche; di questa organizzazione si possono trovare ampie informa-zioni - spesso errate - in Internet. La TODT operò anche in Italia, partecipando ad esempio alle opere di difesa delle linee Gustav e Gotica. Di esemplari di questo modello con scritte di proprietà se ne conoscono diversi esempla-ri, ma di solito sono scritte fatte con etichette adesive o fissate con rivetti; questo è il primo esempla-re ritrovato con una scritta incisa in modo indelebile. Certamente questo apparecchio fu acquistato con altri esemplari per equipag-giare i centri di ristoro e svago che questa organizzazione allestiva per il proprio personale.

L’esterno del mod. 563 Todt e il telaio.A sinistra, il marchio Todt inciso sul lato destro del mobile.

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SPIGOLANDO

I gioielli di Cecchi

Roberto Cecchi

Ricevitore Choral (Telefunken 643 WK)

Telefunken fu una delle prime aziende tedesche ad impian-tare i propri laboratori in quel-la che, dagli anni ’20 ai ’50, fu la Cecoslovacchia. In particolare, nel Nord del Paese che è oggi la Cechia, dopo la separazione dalla Slovacchia, la parte più industria-lizzata dell’area. Il modello di ri-cevitore che sto per descrivere si chiama Choral, dal nome della cit-tà nella quale è stato prodotto; ma se fosse stato fatto in Germania, perfettamente uguale, si sarebbe chiamato Telefunken 643 WK.È una supereterodina con sei val-vole serie europea a quattro volt di � lamento e zoccolo a bicchie-re. Se guardassimo lo schema noteremmo che la prima valvola (AH1) è un pentodo ampli� catore di alta frequenza, ma diventa con-vertitrice per e� etto della secon-da valvola (triodo AC2). Si tratta di un triodo utilizzato per fare da oscillatore locale che, lavorando insieme alla precedente valvola, fornisce un segnale convertito del valore di 484 KHz. Dopo la media frequenza, come ampli� catrice c’è una AF 3. Da qui il segnale passa alla AB 2 che, essendo un doppio diodo provvede sia alla rivelazio-ne, sia al controllo automatico del volume. Il segnale, a questo pun-to, è già pronto, ma di debole po-

Al centro dell’immagine si nota il lungo asse del cambio di gamma che presiede anche all’accensione dell’apparecchio. La manopola centrale comanda il doppio condensatore variabile utilizzato per variare la banda passante.

Sulla destra in alto il trasformatore di alimentazione, a sinistra la linguetta del fusibile termico di sicurezza tipico Telefunken.

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tenza. Non essendoci una pre-am-plificatrice di bassa frequenza, il segnale dal potenziometro entra direttamente in griglia della finale AL 4, valvola potente e di ottimo rendimento. L’apparecchio, che ri-ceve Onde Lunghe, Medie e Corte, è di costruzione molto robusta, aspetto sobrio ed è collocabile in qualsiasi ambiente. Guardandolo frontalmente si vedono tre ma-nopole. A sinistra regolazione del volume, a destra sintonia. La ma-nopola centrale comanda il dop-pio condensatore variabile posto fra il primario ed il secondario del primo trasformatore di media fre-quenza, variando così la banda passante. Siamo quasi sempre abituati a vedere meccanismi ba-sati su leverismi o cordini che av-vicinano o allontanano le bobine; questo semplice sistema è vera-mente efficace. La sensibilità è ve-ramente buona. Io adotto spesso questo riferimento: quando dalla metà del pomeriggio in poi, dal-la mia residenza che è al centro della Toscana, ricevo sui 738 KHz (con una discreta antenna) “Radio Nacional de Espana”, vuol dire che è un buon ricevitore.

Korting 40WKD Amatus

L’origine dell’Azienda risale al 1925, come impresa specializzata in impianti di illuminazione elet-trica pubblica con sede a Lipsia. L’attività durò fino al 1932, per tra-sformarsi prima in produzione di apparecchi radio, poi, ampliando-si nell’allora settore di avanguar-dia dell’elettronica, costruendo amplificatori, altoparlanti e altri componenti. L’apparecchio che sto per descrivere è del 1938/39 e adotta molti accorgimenti avanza-ti, sia dal punto di vista meccanico sia da quello circuitale ed estetico;

Ricevitore Choral, classica supereterodina tedesca con sei valvole serie europea.

Lineare e severo l’aspetto di questo ricevitore Korting 40WKD. Rimuovendo i tappini bianchi si accede ai nuclei di pre-taratura.

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ricca di accorgimenti ingegnosi che sfruttano tutte le innovazioni del tempo. Per citare i principali: comando di sintonia fine e veloce; tastiera con nove tasti per la sin-tonia automatica di otto stazioni e uno per la ricerca libera; cambio di gamma posto sul lato destro del mobile con un cordino che prov-vede a far cambiare colore ad una finestrella (posta sotto l’occhio magico) per segnalare la gamma che si sta ricevendo; scala parlan-te ampia ed elegante, ben leggi-bile in tre colori; una manopola coassiale con il potenziometro del volume che permette di regola-re la sensibilità e l’allargamento della M. F. Riceve Onde Lunghe, Medie e Corte. I trasformatori di frequenza intermedia lavorano a 468 KHz. Usa sei valvole della serie undici: ECH11 come conver-titrice, EBF11 pentodo amplifica-tore di M.F. e rivelatore, EM11 in-dicatore di sintonia. Seguono una EF11 come pre-amplificatrice di B.F. e la finale di potenza EL11 (4 watt). Come raddrizzatrice è im-piegata la AZ11 della stessa serie. L’altoparlante elettrodinamico ha un diametro di 20 centimetri. In generale la costruzione è robusta, con una disposizione razionale dei vari componenti.

Korting 40WKD. La compatta disposizione dei componenti e la robustezza delle varie parti del telaio danno la prova visiva della classica produzione tedesca.

Il cuore del ricevitore è il complesso della tastiera per la pre-sintonia di otto stazioni, la cui taratura può essere fatta dal fronte dell’apparec-chio agendo direttamente sui nuclei di sintonia.

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SPIGOLANDOGianluca Figini

Anche se il titolo lasce-rebbe adito a varie in-terpretazioni, soprat-

tutto per una rivista come la nostra, diretta ad un pubbli-co quasi esclusivamente ma-schile, vorrei semplicemente presentarvi delle radio insoli-te poco conosciute. Andando a trovare il nostro consocio dottor Bernasconi, oltre a fa-stosi ed interessanti ricevito-ri valvolari che gelosamente cura e custodisce, si possono vedere degli apparecchi in-consueti. Il padrone di casa, da buon uomo di scienza, ci tiene a salvare le radio di-versità, trovando sempre un angolo di spazio per i relati-vi esempi. Se ben ri� ettiamo è questa una giusta � loso� a, perchè ogni radio, bella o meno che sia, ha rappresen-tato una parte della storia industriale e delle relative ri-sorse umane e di capitali im-piegate. Infatti, anche queste radio meno note, in qualche misura hanno sostenuto l’in-dustria italiana, espressione di uno spirito tipicamente nostro, tanto che da sempre tutti vogliono il Made in Italy.

Quattro radio intrigantie sconosciute

Ricevitore Do-Re-Mi e la relativa targhetta.

IMER mod. Milly.

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DO-RE-MIEcco allora la prima della quater-na di radio non blasonate. Il picco-lo “fagiolo” dalla bella ebanisteria, peculiarità italiana, interamente in radica di noce nazionale, mar-cato sulla scala parlante “Do-Re-Mi”. Potrebbe quindi essere ricon-dotta ad una fabbrica milanese se, con una certa sorpresa, non aves-se fissata sul telaio una targhetta con la dicitura “Officine Elettriche Polacchini e Morazzone”. È sta-ta una ditta del varesotto nota ai nostri avi perchè costruiva di-namo e alternatori per biciclette. Purtroppo, il dottor Bernasconi, nonostante avesse ricercato noti-zie in loco, non ha reperito alcun documento che permettesse la ri-costruzione della storia aziendale.

SAVOIA R255Una seconda radio di difficile reperibilità è la Savoia modello R255, dal caratteristico telaio ver-niciato in azzurro.

TAUMA IIIl terzo apparecchio porta questa strana sigla: “TAUMA II”, di cui non sappiamo altro eccetto che la sca-la parlante è stata serigrafata in Torino; la circuiteria è riconducibi-le ad una normale supereterodina a cinque tubi; il mobile è in noce massiccio.

IMER mod. MillyUltima scoperta, una radio rara della IMER RADIO di LUINO (Varese), azienda attiva dal 1944 al 1948. Fu un fuoco di paglia, che però agguantò una sua fetta di mercato, almeno in Lombardia.

Savoia modello R255.

Ricevitore TAUMA II.

Potrebbe essere interessante arricchire queste scarne informazioni. Chiunque avesse notizie o curiosità da segnalare riguardo queste sconosciute, sarà ben accetto.

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PARLIAMO DI:

Oscilloscopio Philips PM 3200 (1971)

Luca Vitali

Però…

Lo strumento che descrivo in que-ste brevi note possiede un’inte-ressante combinazione di qualità: da un lato si caratterizza per la semplicità - e inevitabilmente una relativa limitatezza nelle funzioni disponibili - dall’altro evidenzia la classe e la maestria dei progetti-sti Philips, che lo hanno dotato di notevoli prestazioni e di una par-ticolare versatilità d’uso. In effetti questo oscilloscopio era proposto nel 1971 come “un notevole passo in avanti nella progettazione di un oscilloscopio a basso costo ma di alte prestazioni, di precisione e di facile impiego”. Tra le caratteristi-

che degne di nota spiccano una sensibilità verticale fino a 2 mV per divisione, un ampio range di portate della base tempi, la por-tabilità, ed un sistema di trigger automatico semplice ma effica-ce. Aggiungerei anche un design pulito e ancor oggi attuale nono-stante gli anni.

Al lavoro

Avevo notato questo oscillosco-pio in un angolo sotto un banco ad un mercatino, un giorno in cui tutto avevo in mente fuorché di procurarmi un altro oscillosco-pio per il mio laboratorio. Ne ho

chiesto notizie al ven-ditore, il quale mi ha detto che funzionava e proponendomelo ad un prezzo inferiore a qualunque mia aspet-tativa. Non ho potuto perciò sottrarmi alla missione di salvarlo (missione che se pren-dessi veramente sul serio mi porterebbe presto in bancarotta) e me lo sono porta-to a casa felice. Non so bene quale fosse il criterio per cui il ven-ditore giudicasse lo strumento funzionan-te, ma ho capito subito

che era diverso dal mio. La traccia si accendeva (e non era cosa da poco), ma non c’era verso di met-terla bene a fuoco. Inoltre, lo swe-ep faceva mille capricci (su alcune portate non partiva nemmeno). Rimossi con semplici manovre il coperchio ed il fondo, si ha ac-cesso ai due circuiti stampati che contengono l’elettronica, ordinati e ben disposti. Tutti i punti di mi-sura sono facilmente raggiungibi-li. Come prima cosa verifico le ten-sioni di alimentazione, che non sono in tolleranza. L’alimentatore è composto da un primo stadio (basato su un trasformatore ad un unico secondario) che produce una tensione continua di circa 24 volt. Questo stadio è seguito da una sezione switching ad alta fre-quenza il cui trasformatore di usci-ta genera cinque diverse tensioni, compresa l’alta tensione a 1500 volt per il tubo catodico. In questo modo si rende possibile, fornendo direttamente la tensione di 24 volt attraverso una batteria, l’uso in portatile. Verifico e sostituisco due condensatori elettrolitici di filtro, ma non risolvo ancora il problema delle tensioni. Dopo una mezz’ora di funzionamento, l’oscilloscopio si spegne e non dà più segni di vita. Constato che il trasformatore è surriscaldato ed inizio a sudare anch’io. Smonto il trasformatore e scopro, infilato negli avvolgi-menti, un curioso fusibile termico

Una pubblicità d’epoca

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costituito da una laminetta di ba-chelite provvista di due contatti elastici dai due lati opposti. Vedo che i contatti sono fatti da due fili, uno per lato, che terminano ciascuno con un occhiello. I due occhielli possono essere portati a corrispondere con un foro nella bachelite, e quindi a toccarsi, de-formando il filo. Immagino perciò che i due contatti fossero uniti da una pallina di stagno, che costitu-isce l’elemento sensibile alla tem-peratura. Ammiro la semplicità e l’efficacia della soluzione (oggi non più proponibile con i criteri attuali di sicurezza), e soprattut-to apprezzo il fatto di poter ripri-stinare il fusibile. Rimonto il tutto e a questo punto, per fortuna, il trasformatore riprende a funzio-nare (e a vuoto non scalda). Buon segno, ma è inevitabile approfon-

dire il problema. Fornendo la ten-sione di 24V con un alimentatore esterno, verifico che le tensioni e gli assorbimenti a valle della par-te switching sono corretti, e che la messa a fuoco della traccia è buona. Questo mi conferma che il problema è nella prima parte dell’alimentatore; infatti, trovo che un ramo del ponte raddriz-zatore è aperto, guasto subdolo perché non blocca del tutto il fun-zionamento. Questo spiega però perché le tensioni fossero basse (il trasformatore lavora la metà del tempo) e perché il trasforma-tore surriscaldasse (le perdite oh-miche in questa situazione sono aumentate). Sostituendo il ponte raddrizzatore la situazione torna sotto controllo.

Si va a fondo

Ora è il momento di verificare la base dei tempi, perché su alcune portate il punto luminoso non si muove, oppure si muove in modo irregolare; tra l’altro il problema si manifesta con intermittenza, quindi è difficile da analizzare. Alla fine, trovo che le portate “sbaglia-

L’interno mostra la estrema semplicità del montaggio, frutto di una attenta progettazione.

L’interruttore termico.

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te” hanno in comune un conden-satore, che non risulta in perdita ad una misura “standard”, ma che evidentemente lo è a sufficienza per non funzionare più corretta-mente. Bisogna osservare che la tensione a dente di sega che oc-corre per spostare linearmente il fascio luminoso da sinistra a de-stra dello schermo viene prodotta da un generatore di corrente co-stante e appunto da un conden-satore, ai capi del quale, quando esso è attraversato da questa cor-rente, troviamo una tensione che cresce linearmente nel tempo: questa è appunto la tensione di deflessione orizzontale che deter-mina la scansione. Ora, i conden-satori di maggior capacità (che a parità di velocità di scansione permetterebbero l’impiego di correnti maggiori) non hanno in generale caratteristiche eccellen-ti dal punto di vista delle perdite, per cui si preferisce utilizzare con-densatori in polistirene o simili, di capacità necessariamente più pic-cola. Questo comporta però che si debba ricorrere a correnti molto

piccole, e quindi anche anomalie di isolamento poco evidenti, nei condensatori, alterano significati-vamente il funzionamento del cir-cuito di scansione. Penso che que-sto fosse il problema nel mio caso, e la mia ipotesi è che il condensa-tore in questione avesse assorbito dell’umidità (il componente è an-negato in un involucro di resina, e questo materiale è noto per non essere immune da problemi di igroscopicità). In ogni caso aven-dolo sostituito con un parallelo di due condensatori nuovi (per ave-re l’esatta velocità di scansione) il problema è scomparso. Ripasso poi con uno spray disos-sidante i potenziometri (alcuni ne avevano proprio bisogno), ritocco l’allineamento dei cursori di alcuni commutatori (semplice, ma effica-ce il sistema di rinvii dal pannello) e l’oscilloscopio ritrova la sua for-ma. Unica nota, i fosfori del tubo catodico sono evidentemente un po’ esauriti nella fascia centrale; evidentemente l’apparecchio ha molte ore di lavoro sulle spalle. Niente di particolarmente proble-matico per un uso normale.

Il commutatore della base dei tempi. Il condensatore sostituito era simile a quelli gialli, mentre quello nuovo è visibile in basso con il case rettangolare.

La modifica per accoppiare in continua l’ingresso orizzontale.

Se si vuole…

Uno degli impieghi a cui questo oscilloscopio potrà utilmente pre-starsi è come complemento ad un tracciacurve. Per poterlo utilizzare però occorre che l’ingresso oriz-zontale (asse X) sia accoppiato in continua, cosa che non è in que-sto modello. Ho realizzato pertan-to, su un circuito stampato grande più o meno come un francobollo, un circuito che permette di ac-coppiare in continua il segnale in ingresso, senza alterare la polariz-zazione del primo stadio (che non è stato progettato per questo). Con questa modifica (reversibile), l’oscilloscopio ha trovato un suo posto, a pieno titolo, nel mio labo-ratorio e potrà rendersi utile per molto tempo ancora.

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La Scala Parlanteon-line è disponibile

sul sitoWWW.aireradio.org

L’edizione è a cura del gruppo A.I.R.E. Piemonte

Un momento importante

Rinnovo della quota associativa 2019

Ricordiamo come sia importante un sollecito rinnovo, anche per non appesantire la procedura dell’invio regolare della rivista. Oltre che con un normale bollettino postale intestato ad A.I.R.E. Associazione Italiana Radio d’Epoca C.C. Postale n.10968527 (nel quale indicare chiaramente nome, co-gnome ed indirizzo di chi rinnova o si associa), il paga-mento della quota può essere effettuato anche con PayPal andando alla pagina “Associatevi” del nostro sito www.aireradio.org oppure con bonifico bancario tramite: Banco Posta IBAN IT29W0760114100000010968527-BIC SWIFT BPPIITRRXXX La quota 2019 resta 45 euro per l’Italia e 48 per l’Estero.

RECENSIONIAnthony McCarten

E luce siaET Einaudi

Siamo abituati all’immagine sicura e trionfante di Edison con la Sua lampadina in mano. Questa biogra� a, anche se romanzata, traccia una immagine dell’inventore

più realistica. Evidenzia la sua sottomissione al mondo � nanziario di Wall Street degli anni ’20, J.P. Morgan su tutti, che lo costrinsero a compromessi di� cili da ac-

cettare, ma che dovette subire per sopravvivere come inventore. Per sfruttare la sua invenzione epocale, la lampadina che avrebbe donato la “vera” luce all’Umanità,

venne trascinato in un confronto, perdente per la sua corrente continua (D.C.), con la corrente alternata (A.C.) inventata da Tesla. La sedia elettrica che doveva con-

fermare la pericolosità di quest’ultimo tipo di corrente, si rivelò una prova contro Edison. Già a� itto da pesanti problemi di squilibri caratteriali questa terribile prova

lo sconvolgerà al punto da abbandonare la famiglia e darsi ad una vita isolata e sen-za più obiettivi. Morirà povero e travolto dalle egoistiche macchinazioni non solo di

J.P. Morgan, ma anche di Westinghouse e degli altri magnati americani. L’obiettivo di Edison sarebbe stato: “Voglio rendere l’elettricità così economica che solo i ricchi si

potranno permettere il lusso di utilizzare le candele”.

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MOSTRE E MANIFESTAZIONI

Un nuovo museo della radio in Garfagnana

Si tratta della raccolta di un centinaio di ra-dio ricevitori datati fra il 1924 e gli anni ‘60, collezione che fu donata alla Provincia di Lucca dai familiari di Armando Goldoni, ra-dioamatore di Modena purtroppo scom-parso. L’espresso desiderio di Goldoni era quello di creare una mostra permanente a San Pellegrino in Alpe, dove esiste già un bellissimo museo etnografico. In considera-zione della mancanza degli spazi necessari, la Provincia di Lucca ha optato per la presti-giosa Fortezza di Mont’Alfonso, di recente restaurata e situata su una collina appena fuori dall’abitato di Castelnuovo G., da dove

il panorama delle Alpi Apuane è incantevole.A.I.R.E. fiorentina ha messo a disposizione varie riviste, foto e documenti. Abbiamo portato alcune valvole, un ricevitore DKE 38 ed alcuni apparecchia a cristallo di galena. Si tratta di oggetti di piccole dimensioni che momentaneamente sono stati collocati in due nicchie murali illuminate. Mancano del-le vetrinette o delle teche per ospitare libri e riviste tecniche d’epoca.Siamo fiduciosi che questa iniziativa funzio-ni e che troverà modo di svilupparsi per co-stituire un valido punto di riferimento muse-ale. (R. Cecchi)

La casa con archi, ex caserma della Fortezza, è ora sede della Mostra permanente della Radio.

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RECENSIONI

David N. SchwartzEnrico FermiEd. Solferino (Corsera)

Poche � gure nella storia della scienza moderna hanno il carisma di Enrico Fermi. E poche sono state altrettanto determinanti per gli sviluppi successivi della loro disciplina. Tuttavia, molti aspetti della sua biogra� a sono ancora poco indagati. Il libro di David N. Schwartz colma questo vuoto, anche grazie a fonti inedite ed esclusive, ricostruendo una vita che fu investita in pieno, e in una posizione di primo piano, dalle drammatiche turbolenze della sto-ria del Novecento.

Beniamino Pagliaro

Attenzione!Ed. Ulrico Hoepli Milano

L’attenzione è la nuova moneta del nostro tempo. Ciascuno di noi sperimenta ogni giorno l’e� uvio di stimoli e notizie che s� da le nostre soglie dell’attenzione e vive la frustrazione del loro inesorabile abbas-samento. La questione ci riguarda da vicino nel nostro quotidiano: dal supermercato al divano di casa, � no alla cabina elettorale. Come con-sumatori, cittadini, semplici fruitori d’informazione, capiamo davvero

come Google, Facebook e le grandi piattaforme giocano con la nostra attenzione? L’autore ci conduce in un viaggio nella contemporaneità per scoprire i meccanismi che regolano la nostra attenzione, per im-

parare a governare questa nuova valuta e ritrovare il piacere di capita-lizzare solo ciò che è in grado di migliorare il nostro vivere.

David N. SchwartzEnrico FermiEd. Solferino (Corsera)

Poche � gure nella storia della scienza moderna hanno il carisma di Enrico Fermi. E poche sono state altrettanto determinanti per gli sviluppi successivi della loro disciplina. Tuttavia, molti aspetti della sua biogra� a sono ancora poco indagati. Il libro di David N. Schwartz colma questo vuoto, anche grazie a fonti inedite ed esclusive, ricostruendo una vita che fu investita in pieno, e in una posizione di primo piano, dalle drammatiche turbolenze della sto-ria del Novecento.

Gabriele Eschenazi

Le regine dello swingET Einaudi

Del Trio Lescano esiste una memoria annebbiata dal tempo e dall’oblio. Eppure, se c’è una colonna sonora degli anni della guerra questa è proprio rappresentata dalle canzoni interpretate dalle tre sorelle olandesi. L’E.I.A.R. le ingaggiò e la radio

fu il megafono del loro immenso successo. La loro origine ebrea per parte di madre fu inizialmente tollerata dal regime perchè serviva il loro ruolo di allegre comari da dare in pasto al popolo che le gradiva. L’occupazione nazista cambiò radicalmente

la situazione e con le leggi razziali furono costrette ad emigrare in America del Sud. Folgorante l’ascesa e il successo, altrettanto veloce l’oblio. La storia della radio ebbe

con loro un momento felice.

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Ricordiamo che per pubblicare gratuitamente nell’apposita rubrica Offro Cerco Scambio un annuncio di ricerca materiali o di offerta di scambio, basta inviare una e-mail alla Redazione ([email protected]) con una breve descrizione di ciò che si cerca o si offre (eventualmente una immagine), non di-menticando un recapito mail e telefonico per un successivo contatto diretto tra gli interessati. L’annuncio sarà pubblicato su due numeri successivi della rivista. Si prega di segnalare alla Redazione se il contatto si è concluso.

Pubblicare un annuncio… molto semplice!

2-3 marzo FAENZA (RA) Org.: Blu Nautilus - Tel. 0541/439573

2-3 Marzo VERONA Tel. 0458298311 - [email protected] - www.veronafiere.it

9-10 Marzo MONTICHIARI (BS) Info: Tel. 030961148 - [email protected] - www.centrofiera.it

9-10 Marzo PIANA DELLE ORME (LT) Info: Tel. 3386155146 - www.quellidellaradio.it

9-10 Marzo EMPOLI (FI) Info: Tel. 057122266 - [email protected] - www.prometeo.tv/eventi

16-17 Marzo CODEVILLA (PV) Info: www.eventiefiere.com

16-17 Marzo BASTIA UMBRA (PG) Info: Tel. 0541439573 - [email protected] - www.expoelettronica.it

16-17 Marzo PIACENZA Info: Tel. 054527548 www.mondoelettronica.net

23-24 Marzo PISTOIA Info: Tel. 057122266 - [email protected] - www.prometeo.tv/eventi

23-24 Marzo CIVITANOVA MARCHE (MC) Info: Tel. 3348547492 - www.quellidellafiera.it

23-24 Marzo MARIANO COMENSE (CO) Info: [email protected] www.eventiefiere.com

23-24 Marzo CEREA (VR) Info: Tel. 0308376078 - [email protected] - www.fierelettronica.it

30-31 Marzo GONZAGA (MN) Info: Tel. 037658098 - www.fieramillenaria.it

6-7 Aprile PARMA Info: Tel. 3776777342 - [email protected] - www.eboot.it

6-7 Aprile NOVEGRO (MI) Info: Tel. 027562711 www.parcoesposizioninovegro.it

6-7 Aprile CHIETI Info: Tel. 3208322538 - [email protected] www.cm-eventi.it

13-14 Aprile VILLAPOTENZA (MC) Info: Tel. 328/64.67.529 - Vittorio

13-14 Aprile ERBA Info: Tel. 031637414 - www.lariofiere.com

13-14 Aprile PESCARA Info: Tel. 0854711930 [email protected] www.aripescara.org

27-28 Aprile PORDENONE Info: Tel. 0434232111 www.radioamatorepordenone.it

11 Maggio MARZAGLIA (MO) MERCATINO DI MARZAGLIA Organizzatore: ARI Modena Info: www.arimodena.it

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