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La rivoluzione scientifica dell’età moderna
L’immagine moderna di scienza come indagine sistematica dei fenomeni naturali e ad alto contenuto matematico-formale emerge in modo decisivo con la cosiddetta Rivoluzione scientifica (tra la seconda metà del XVI secolo e la fine del XVII secolo), a partire dalla quale diventa sempre più netta la distinzione tra scienze e altre forme di cultura.
La Rivoluzione scientifica è una delle grandi rivoluzioni del mondo moderno, e si inserisce in un quadro di grandi cambiamenti nell’Europa tra il XVI e il XVIII secolo (tra i più importanti: le scoperte geografiche e
la rivoluzione protestante)
Testo interessante: I.B. Cohen, Revolutions in Science, Belknap Press 1987
Il carattere rivoluzionario di questa epoca della cultura europea si deve all’introduzione di
un modo radicalmente nuovo di analizzare i fenomeni naturali, che non deriva soltanto
dall’accumulazione di fatti ed esperienze precedenti né soltanto dalla scoperta del ‘metodo
scientifico’, ma che si configura piuttosto come un autentico rovesciamento di prospettiva.
«Attraverso [la rivoluzione scientifica] presero corpo alcune abitudini specificamente
‘moderne’ di fronte al mondo, certo connesse con il passato, con nuove letture di
Archimede, di Galeno e di Pappo, con un nuovo atteggiamento di fronte agli ‘antichi’ […]
Nei centocinquanta anni che separano la pubblicazione del De revolutionibus orbium
celestium di Copernico e del De humani corporis fabrica di Vesalio (1543) da quella del
capolavoro di Newton (1687) non vennero soltanto effettute scoperte, elaborate teorie e
compiuti esperimenti, né vennero soltanto alla luce nuovi strumenti e nuovi metodi: si
andò anche formando un’immagine della scienza e un’immagine del ‘filosofo naturale’
che avranno nei secoli successivi – nel bene e nel male – effetti decisivi.»
P. Rossi, La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton
Andreas Vesalius (1514-1564)
Illustre medico fiammingo considerato il fondatore
dell’anatomia moderna, nel 1543 pubblicò a Basilea
De humani corporis humani fabrica, uno dei testi
fondamentali della letteratura medica, che,
discostandosi dal dogmatismo galenico, affermava
l’importanza dell’apprendimento empirico.
Un segnale culturalmente significativo della Rivoluzione scientifica è la ricorrenza
dell’aggettivo nuovo in centinaia di testi filosofici e scientifici del XVII: per esempio
il Novum Organumdi Bacone
l’Astronomia Nova di Keplero
i Discorsi e Dimostrazioni intornoa due nuove scienze di Galileo
Alcuni aspetti fondamentali della Rivoluzione scientifica
• Rifiuto della concezione sacerdotale del sapere presente nella tradizione dell’ermetismo
e nella letteratura magico-alchimistica
• Una nuova valutazione della tecnica e delle ‘arti meccaniche’
• Il carattere realistico della conoscenza scientifica
• La nascita del relativismo culturale
«E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse
nell’anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per
cui accade che quello che è fuori dai cardini della consuetudine, lo si giudica fuori
dei cardini della ragione.»
Michel de Montaigne (1533-1592), Saggi, capitolo XXIII
• Superamento dell’immagine aristotelica del cosmo (un’immagine qualitativa e
gerarchicamente differenziata al suo interno)
• Centralità della modellizzazione e dell’idealizzazione dei fenomeni (esempio importante
tra molti: il principio galileiano di relatività)
• La distinzione tra il mondo soggettivo dell’esperienza sensibile e il mondo oggettivo dei
corpi studiati dalla fisica (qualità primarie/qualità secondarie)
• Tesi della possibilità, per l’uomo, di conoscere soltanto ciò che fa o che costruisce (da cui
una nuova concezione di esperienza)
• Idea di progresso e concezione cumulativa dello sviluppo della conoscenza scientifica
• Sviluppo di ideali di collaborazione e di pubblicità delle ricerche e dei risultati scientifici alla base delle prime grandi istituzioni scientifiche del mondo moderno
Rifiuto della concezione sacerdotale del sapere presente nella tradizione dell’ermetismo e nella letteratura magico-alchimistica
• Anche se in modo non univoco: si pensi al rapporto di Newton con la cultura
astrologica, alchemica e millenaristica o al fatto che per secoli gli astronomi stessi
incrementavano i loro redditi compilando oroscopi!
• Se la magia non è del tutto svincolata dalla Rivoluzione scientifica per il fatto di
insistere sulla controllabilità della Natura – anche se con tecniche e fini totalmente
irriducibili alla scienza – essa ha tuttavia vari aspetti di radicale divergenza rispetto alla
scienza e alla tecnica moderne
• Il sapere magico è per pochi, mentre l’alleanza di scienza e tecnica favorisce l’idea che il
sapere scientifico è, in linea di principio, accessibile a tutti coloro che si mettano nella
giusta disposizione intellettuale
• Inoltre il sapere magico fa riferimento a un insieme eterno, fisso e invariabile di verità,
mentre il sapere scientifico favorisce l’idea di un sapere progressivo e cumulativo
Una nuova valutazione della tecnica e delle ‘arti meccaniche’
«Ai nostri tempi, con Galileo, si è resa più facile l’applicazione della geometria alla
meccanica e con Cartesio l’applicazione di essa alla fisica, tanto che ormai molte più cose
sembrano in potere dell’uomo di quanto chiunque avrebbe osato sperare un secolo fa.
Certamente nell’ambito della scienza meccanica abbiamo compiuto dei veri miracoli ma,
non so per quale destino, la natura ci nega di andare avanti, né ancora abbiamo
compiuto sufficienti progressi in medicina
[…]
«Quanto numerose sono le cose che possiede la massa dei meccanici e degli empirici
ignorate dai dotti e che sarebbero tenute per miracoli se di tanto intanto venissero messe
per iscritto! Per cui accade che mentre i meccanici ignorano l’uso delle proprie osservazioni,
i dotti al contrario ignorano che i loro desideri potrebbero venire attuati ricorrendo alle
risorse dei meccanici. Ma è proprio dell’arte combinatoria del produrre, dalla riunione di
cose che sono separate, invenzioni utili le quali non possono venire in mente a coloro che
considerano pochi elementi. Pertanto sarebbe sicuramente nell’interesse generale
descrivere accuratamente l’intera storia di ciascuna attività artigiana. Se Galileo non avesse
parlato con i costruttori di condotti d’acqua e non avesse appreso da altri artigiani che
l’acqua non può innalzarsi molto oltre i trenta piedi in una pompa aspirante, ancora
ignoreremmo il segreto circa il peso dell’aria, la macchina per il vuoto e il barometro. E
Harvey, da parte sua, poté intuire il moto circolatorio del sangue allorché osservo le
legature dei chirurghi che stavano tagliando una vena.»
G.W. Leibniz, 1681
Superamento dell’immagine aristotelica del cosmo e della fisica dei luoghi naturali
• Se non esistono ‘luoghi naturali’, la natura del moto non si spiega dunque più con la
‘tendenza’ a tornare al proprio luogo naturale
• Gli stati di moto e di quiete sono relativi: nessuna delle due classi di stati è ‘più naturale’
dell’altra
• Gli stati di moto e di quiete non sono più delle ‘proprietà’ dei corpi, ma si definiscono in
modo relazionale
«Però notate: il moto in tanto è moto, e come moto opera, in quanto ha relazione a cose
che di esso mancano; ma tra le cose che tutte ne partecipano egualmente, niente opera
ed è come s’e’ non fusse: e così le mercanzie delle quali è carica la nave, in tanto si
muovono in quanto, lasciando Venezia, passano per Corfù, per Candia, per Cipro e vanno in
Aleppo, li quali Venezia, Corfù, Candia etc. restano, né si muovono con la nave; ma per le
balle, casse ed altri colli, de’ quali è carica e stivata la nave, e rispetto alla nave medesima, il
moto da Venezia in Soría è come nullo, e niente altera la relazione che è tra di loro, e
questo, perché è comune a tutti ed egualmente da tutti partecipato; e quando delle robe
che sono in nave una balla si sia discostata da una cassa un sol dito, questo solo sarà stato
per lei movimento maggiore, in relazione alla cassa, che ’l viaggio di due mila miglia fatto
da loro di conserva.»
Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632),
giornata seconda (ed. Einaudi, pp. 143-4)
Conseguenze astronomiche:
«Essendo dunque manifesto che il moto il quale sia comune a molti mobili, è ozioso e come nullo in quanto alla relazione di essi mobili tra di loro, poiché tra di essi niente si
muta, e solamente è operativo nella relazione che hanno essi mobili con altri che manchino di quel moto, tra i quali si muta abitudine; ed avendo noi diviso l’universo in due parti, una delle quali è necessariamente mobile, e l’altra immobile; per tutto quello che possa depender da cotal movimento, tanto è far muover la Terra sola quanto tutto ’l resto del mondo, poiché l’operazione di tal moto non è in altro che nella relazione che cade tra i
corpi celesti e la Terra, la qual sola relazione è quella che si muta. Ora, se per conseguire il medesimo effetto ad unguem tanto fa se la sola Terra si muova, cessando tutto il resto dell’universo, che se, restando ferma la Terra sola, tutto l’universo si muove di un istesso moto, chi vorrà credere che la natura (che pur, per comun consenso, non opera con l’intervento di molte cose quel che si può fare col mezo di poche) abbia eletto di far
muovere un numero immenso di corpi vastissimi, e con una velocità inestimabile, per conseguir quello che col movimento mediocre di un solo intorno al suo proprio centro
poteva ottenersi?»
Centralità della modellizzazione e dell’idealizzazione dei fenomeni
“Sì come a voler che i calcoli tornino sopra i zuccheri, le sete e le lane, bisogna che il
computista faccia le sue tare di casse, involgie ed altre bagaglie, così quando il filosofo geometra vuol riconoscere in concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che difalchi gli impedimenti della materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno aggiustatamente che i computi aritmetici. Gli errori dunque non consistono né nell’astratto né nel concreto, né nella geometria o nella fisica, ma nel calcolatore, che non sa fare i conti giusti.”
Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632)
Il ruolo dell’idealizzazione: il principio di relatività galileiana e la nascita della cinematica moderna
Importante proprio perché Galileo è indicato come il padre del metodo sperimentale!
Dialogo sopra i due massimi sistemi dell’universo (1632), giornata seconda
“Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coverta di alcun gran
navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle, e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso
d’acqua e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a
goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso. [...]
Allestimento di un laboratorio!
e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quegli
animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della
stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per
tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e
voi, gettando all’amico alcuna cosa, non più gagliardamente la
dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le
lontananze sieno uguali; e saltando voi, come si dice, a pie’ giunti,
eguali spazii passerete verso tutte le parti. [...]
Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così, fate muovere la nave co quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma:
voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottosaltopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto. [...]
e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà tirarla, per
arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati
per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, sensa
caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è in aria, la nave
scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con più fatica noteranno verso
la precedente che verso la susseguente parte del vaso, ma con pari
agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e
finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli indifferentemente
verso tutte le parti.”
Conclusione
I fenomeni avvengono nello stesso modo come se la nave fosse in quiete rispetto alla terraferma. Se dalla stiva non possiamo vedere l’esterno, non c’è niente nei fenomeni osservati che ci permetta di accertare se la nave è ancorata nel porto o se sta navigando in mare aperto.
In altri termini
“La meccanica di Galileo e Newton soddisfa il seguente postulato: se un sistema di coordinate è scelto in modo tale che le leggi fisiche siano soddisfatte nella loro forma più semplice, le stesse leggi devono essere soddisfatte se riferite ad ogni altro sistema di coordinate K che si muova di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al sistema K.”
A. Einstein, I fondamenti della teoria della relatività generale
Conseguenza per la difesa galileiana dell’astronomia copernicana:
È impossibile stabilire se la Terra, assunta come sistema di coordinate, sia in uno stato di quiete o di moto mediante osservazioni sul moto di corpi effettuate sulla Terra stessa!
«né posso a bastanza ammirare l’eminenza dell’ingegno di quelli che [...] hanno con la vivacità dell’intelletto loro fatto forza tale a i propri sensi, che abbiano possuto antepor quello che il discorso gli dettava a quello che le sensate esperienze gli mostravano apertissimamente in contrario»
G. Galilei, 1632
Il ruolo degli esperimenti ideali
Il gran navilio di Galileo è il primo di una serie di esperimenti ideali o mentali, che
avranno un ruolo importantissimo nella storia della fisica
Altri esempi:
• il diavoletto di Maxwell (possibilità di immaginare violazioni del secondo principio
della termodinamica)
• l’ascensore di Einstein (principio di equivalenza nella teoria della relatività generale)
• l’esperimento di EPR (all’epoca della sua formulazione, il 1935, si trattava a tutti gli
effetti un esperimento ideale)
In un certo senso anche gli antichi hanno immaginato esperimenti ideali, ma con un
ruolo completamente diverso (vedi Aristotele e l’ipotesi della densità del mezzo nulla,
formulata per negare il vuoto): gli esperimenti dei moderni sono ideali eppure parlano
della realtà fisica, anzi ne parlano in modo così efficace proprio perché sono ideali!
Alcune conseguenze cruciali del ruolo assegnato all’idealizzazione:
• Matematizzazione del mondo naturale, conseguenza di una nuova capacità di modellizzare
i fenomeni.
“La scomparsa - o distruzione - del cosmos indica che il mondo della scienza, il mondo
reale, non è più visto o concepito come un tutto finito e ordinato gerarchicamente, cioè
qualitativamente e ontologicamente differenziato, bensì come un universo aperto,
indefinito e anche infinito, tenuto insieme non dalla sua struttura immanente, ma soltanto
dall’identità dei suoi contenuti e leggi fondamentali. Un universo nel quale la fisica celeste
e la fisica terrestre vengono identificate e unificate, nel quale astronomia e fisica diventano
interdipendenti e strettamente connesse a motivo della loro comune subordinazione alla
geometria.”
A. Koyré, Il significato della sintesi newtoniana
Ruolo della matematica nella Rivoluzione scientifica: questione storiografica molto dibattuta
Tradizione ‘kantiana’:
«In ogni dottrina particolare della natura può esser trovata soltanto tanta scienza
propriamente detta quanta è la matematica che si trova in essa.»
I. Kant Prefazione a Primi princìpi metafisici
della scienza della natura (1786)
Tradizione storiografica influente nella prima metà del XX secolo:
• E.A. Burtt, The Metaphysical Foundations of Modern Physical Sciences, 1924
• A. Koyré, Studi galileiani, 1939
• E.J. Dijksterhuis, Il meccanicismo e l’immagine del mondo, 1950 (connessione tra la
matematizzazione e l’emergere della meccanizzazione nella rappresentazione fisica
del mondo naturale)
«Soggiungo poi che, se l’esperienza mostrasse che tali accidenti si trovassero verificarsi nel
moto dei gravi naturalmente discendenti, potremmo senza errore affermare questo esser il
moto medesimo, che da me fu definito e supposto: quando che no, le mie dimostrazioni,
fabbricate sopra la mia supposizione, niente perderanno della sua forza e concludenza;
siccome niente pregiudica alle conclusioni dimostrate da Archimede circa la spirale, il non
ritrovarsi in natura mobile che in quella maniera spiralmente si muova» (Lettera di Galileo a
Pierre Carcaville del 5 giugno 1637)
«Sappi che tre mesi dopo che Venere è comparsa sull’orizzonte ho preso a esaminarla
attentamente con il cannocchiale, perché anche i sensi mi confermassero ciò che il mio
intelletto riteneva certo» (Lettera di Galileo a Keplero)
«Io senza esperienza son sicuro che l’effetto seguirà come vi dico, perché così è necessario
che segua; e più v’aggiungo che voi stesso ancora sapete che non può seguire altrimenti, se
ben fingete, o simulate di fingere, di non lo sapere.» (Dialogo, giornata seconda)
I. Kant, Prefazione alle seconda edizione della Critica della ragion pura
«Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato, con un peso scelto
da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all'aria un peso, che egli stesso sapeva di gia
uguale a quello di una colonna d'acqua conosciuta, e, piu tardi, Stahl trasformo i metalli
in calce, e questa di nuovo in metallo, togliendovi o aggiungendo qualche cosa, fu una
rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la
ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che, con
princìpi de' suoi giudizi secondo leggi immutabili, deve essa entrare innanzi e
costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per
dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un
disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria, che pure la
ragione cerca e di cui ha bisogno.»
«È necessario dunque che la ragione si presenti alla natura avendo in una mano i
princìpi, secondo i quali soltanto è possibile che fenomeni concordanti abbian
valore di legge, e nell'altra l'esperimento, che essa ha immaginato secondo questi
princìpi: per venire, bensì, istruita da lei, ma non in qualità di scolaro che stia a
sentire tutto ciò che piaccia al maestro, ma di giudice, che costringa i testimoni a
rispondere alle domande che egli loro rivolge. La fisica pertanto è debitrice di così
felice rivoluzione compiutasi nel suo metodo solo a questa idea, che la ragione
deve (senza fantasticare intorno ad essa) cercare nella natura, conformemente a
quello che essa stessa vi pone, ciò che deve apprenderne, e di cui nulla potrebbe
da se stessa sapere. Così la fisica ha potuto per la prima volta esser posta sulla via
sicura della scienza, la ddove da tanti secoli essa non era stato altro che un
semplice brancolamento.»
• Centralità di un nuovo concetto di esperimento, inteso come costruzione artificiale - sia
essa puramente mentale o concretamente realizzabile - e mirato a indagini specifiche
• Importante sottolineare che il ruolo del cosiddetto ‘metodo sperimentale’ deve essere
visto in prospettiva come una conseguenza del nuovo modo di analizzare i fenomeni, e
non viceversa
«Si è spesso parlato del ruolo dell’esperienza, della nascita di un “senso sperimentale”. E
senza dubbio il carattere sperimentale della scienza classica ne è uno dei tratti
caratteristici. Ma in realtà di tratta di un equivoco: l’esperienza, nel senso dell’esperienza
bruta o dell’osservazione del senso comune, non ha svolto alcun ruolo, se non quello di
ostacolo, nella nascita della scienza classica [...] Quanto all’esperimento – nel senso di
un’interrogazione metodica della natura – esso presuppone sia il linguaggio nel quale
porre le sue domande, sia un vocabolario che consenta di interpretare le risposte. Ora, se
è in un linguaggio matematico, o più esattamente geometrico, che la scienza classica
interroga la natura, questo linguaggio – o più esattamente la decisione di utilizzarlo,
decisione che corrisponde a un nuovo atteggiamento metafisico – non poteva a sua volta
essere dettato dall’esperienza che esso avrebbe condizionato.»
A. Koyré, Studi galileiani
L’intolleranza e la scienza in età moderna: Galileo e Spinoza
«Io Galileo, figlio del quondam Vincenzio Galileo di Fiorenza, dell'età mia d'anni 70, constituto personalmente in giuditio et inginocchiato avanti di voi Eminentissimi et Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Christiana contro l'heretica pravità generali Inquisitori; havendo davanti gl'occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire, tutto quello che tiene, predica et insegna la Santa Cattolica et Apostolica Chiesa. Ma perché da questo Santo Offitio, per aver io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia al centro del mondo e che non si muova e che la Terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata et apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna solutione, sono stato giudicato vehementemente sospetto d'heresia, cioè d'haver tenuto e creduto che il Sole sia il centro del mondo et imobile e che la Terra non sia centro e che si muova.
«Pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d'ogni fedel Christiano questa vehemente sospitione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta, abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie, e generalmente ogni et qualunque altro errore, heresia e setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione; ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto d'heresia, lo denontiarò a questo Santo Offitio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo dove mi trovarò.
Giuro anco e prometto d'adempire et osservare interamente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Offitio imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni et altre constitutioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.»
Testo dell’abiura pronunciata da Galileo il 22 giugno 1633 davanti ai cardinali della Congregazione del Sant’Uffizio
L’espulsione di Spinoza dalla comunità ebraica di Amsterdam, 27 luglio 1656
«I signori del consiglio vi informano che essi già da tempo avevano conoscenza dei
perfidi pensieri e della malvagia azione di Baruch de Espinosa, ed avevano cercato
con diversi mezzi e consigli di richiamarlo dalla vita pericolosa. Ma poiché essi non
raggiunsero alcun risultato, anzi ebbero di giorno in giorno notizia delle orribili
eresie che egli riteneva e insegnava e del suo inconcepibile agire, raccolte di ciò
molte sicure testimonianze, le esposero alla presenza del detto Spinoza, provandole
e convincendolo della loro verità. Compiuto tale esame alla presenza dei signori
rabbini, con la loro approvazione, decisero che il detto Spinoza fosse bandito e
cacciato dal popolo d’Israele, come essi ora fanno con il bando seguente:
“Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi noi dichiariamo Baruch de Spinoza
scomunicato esecrato maledetto ed espulso con l’assenso di tutta la sacra comunità [...].
Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto
quando si alza; maledetto nell’uscire e maledetto nell’entrare. Possa il Signore mai piú
perdonarlo; possano l’ira e la collera del Signore ardere d’ora innanzi quest’uomo far
pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge e cancellare il suo nome
dal cielo; possa il Signore separarlo per la sua malvagità da tutte le tribú d’Israele
opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge [...]. Siete
tutti ammoniti che d’ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce né comunicare con
lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio né dormire sotto il suo stesso tetto
nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti e nessuno leggere alcunché dettato da lui o
scritto di suo pugno”.
Sviluppo di ideali di collaborazione e di pubblicità delle ricerche e dei risultati scientifici alla base delle prime grandi istituzioni scientifiche del mondo moderno
• Crescente ruolo delle Accademie scientifiche, che anzi nelle prime fasi della Rivoluzione
scientifica si collocano in una posizione di maggiore apertura rispetto alle università
• Se il mondo della scienza e della tecnica è in linea di principio aperto al contributo di tutti,
diventa progressivamente sempre più importante il concetto di comunicazione scientifica e
i connessi valori della chiarezza, del rigore e dell’efficacia
• Con il termine Accademia «intendo quelle società di uomini eruditi, stretti tra loro con
certe leggi a cui essi stessi si assoggettano, che radunandosi insieme si fanno a disputare su
qualche erudita questione; o producono e sottomettono alla censura dei loro colleghi
qualche saggio del loro ingegno e dei loro studi» (G. Tiraboschi, fine XVIII secolo)
• Italia: Lincei (1603, cui aderì Galileo nel 1611), Illuminati, Cimento (1657-1667)
• Gran Bretagna: Royal Society (1662)
• Francia: Académie Royale des Sciences (1666)
• Germania: Societas Regia Scientiarum (1700)
Ai soci della Royal Society viene richiesto (1667) «un modo di parlare discreto, nudo,
naturale, significati chiari, una preferenza per il linguaggio degli artigiani e dei mercanti
piuttosto che per quello dei filosofi»
Nei ricordi del matematico John Wallis (1616-1703), i soci della Royal Society si riunivano
settimanalmente a Londra e
«prescindendo da questioni di teologia e di politica, parlavano della circolazione del
sangue, dell’ipotesi copernicana, dei satelliti di Giove, del peso dell’aria, della possibilità
o impossibilità del vuoto, dell’esperimento di Torricelli con mercurio»
La distinzione tra il mondo soggettivo dell’esperienza sensibile e il mondo oggettivo dei corpi studiati dalla fisica (qualità primarie/qualità secondarie)
«Restami ora che, conforme alla promessa fatta di sopra a V.S. Illustrissima, io dica
certo mio pensiero intorno alla proposizione ‘il moto è causa di calore’, mostrando
in qual modo mi par ch’ella possa esser vera. Ma prima mi fa di bisogno fare alcuna
considerazione sopra questo che noi chiamiamo ‘caldo’ […]
Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una
materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di
questa o di quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in
questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella
tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna
imaginazione posso separarla da queste condizioni;
ma ch’ella debba essere bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o
ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali
condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se i sensi non ci fussero scorta,
forse il discorso o l’immaginazione per sé stessa non v’arriverebbe già mai.»
Galileo, Il Saggiatore (1623)
«la natura della materia, o del corpo considerato in generale, non consiste
nell’essere cosa dura o pesante o colorata o che colpisce i sensi in qualche altro
modo, ma soltanto nell’essere cosa estesa in lunghezza, larghezza e profondità»
Cartesio, Principi di filosofia (1644)
«[...] noi siamo nella nostra infanzia portati ad immaginare che queste qualità sensibili siano enti reali negli oggetti che esse denominano, e che abbiano la facoltà o il potere di operare determinate cose [...] mentre in verità, non c’è nel corpo a cui queste qualità sensibili sono attribuite nient’altro di reale e di fisico che la dimensione, la figura e il moto o la quiete delle sue particelle componenti, insieme con quella struttura del tutto, che deriva dal fatto che esse sono disposte e connesse come sono; né è necessario che esse abbiano in sé nient’altro di simile alle idee che originano in noi, poiché quelle idee sono gli effetti dei nostri pregiudizi o della nostra irriflessione, o sono altrimenti da ricercarsi nella relazione che si stabilisce tra quegli accidenti primari dell’oggetto sensibile e la particolare struttura dell’organo che esso colpisce: come quando uno spillo, conficcato nel mio dito, causa dolore, non c’è una qualità distinta nello spillo che corrisponda a ciò che io sono portato a
immaginare che sia il dolore, se non che lo spillo in sé stesso è solo sottile, rigido e pungente, e con quelle qualità viene ad operare una soluzione di continuità nel mio organo del tatto, dal che, a causa della struttura del corpo e dell’intima unione dell’anima con esso, nasce quel molesto tipo di percezione che chiamiamo dolore»
Robert Boyle
Conseguenze di lungo termine: la scienza e la natura della soggettività
«Vi è tuttavia qualcosa di cui Newton – e non solo Newton, ma la scienza moderna in
generale – può ancora essere ritenuto responsabile: l’aver spaccato il mondo in due.
Ho già detto che la scienza moderna abbatté le barriere che separavano cielo e terra
unificando l’universo. E questo è vero. Ma essa realizzò tale unificazione sostituendo al
nostro mondo delle qualità e delle percezioni sensibili, il mondo che è teatro della
nostra vita, delle nostre passioni e della nostra morte, un altro mondo, il mondo della
quantità, della geometria reificata, nel quale, sebbene vi sia posto per ogni cosa, non
vi è posto per l’uomo. Così il mondo della scienza – il mondo reale – divenne estraneo
e si differenziò profondamente da quello della vita che la scienza non era stata capace
di spiegare, neppure definendolo soggettivo».
Koyré, Studi newtoniani
• Cartesio Figura chiave della modernità tra filosofia e scienza
• Autentico fondatore dell'idea moderna di mente (distinta da ciò che la tradizione
filosofica aveva inteso con il termine anima)
• La centralità della mente (fondata attraverso il dubbio scettico nelle Meditazioni
metafisiche) e il dualismo mente/materia
• Proprio la riflessione filosofica cartesiana sulla mente e la soggettività pone una
questione fondamentale per la moderna scienza cognitiva: il ruolo svolto dalla
rivoluzione scientifica.
• Infatti la "mente" come autonomo oggetto di indagine comincia ad avere un
senso da quando la natura diventa scientificamente autonoma.
• Soltanto allora diventa sensato chiedersi: qual’è il posto della mente nella natura
(se ne ha uno)?
• Con la rivoluzione scientifica, il mondo naturale è diventato oggetto autonomo di
indagine (con metodi propri, teorie proprie, ecc.)
• Ma lo sviluppo della scienza ha contribuito a fissare anche dei criteri di ‘scientificità’,
rispetto ai quali valutare altri oggetti di indagine, in particolare la mente
• Cartesio ha svolto un ruolo di primo piano in questa fase, perché ha operato sia sul
piano della scienza sia sul piano delle indagini filosofiche sulla "mente"
Sul piano della scienza
perché Cartesio ha dato un contributo fondamentale alla cinematica moderna (oltre
che alla matematica) e alla visione meccanica (o meccanicistica) del mondo naturale
Sul piano delle indagini sulla ‘mente’
perché Cartesio ha dato la prima formulazione moderna di mente come luogo
esclusivo della razionalità (privato di qualsiasi carattere vegetativo/vitalistico/emotivo)
e ha affrontato in modo esplicito il rapporto mente/materia
Collegamento tra il lavoro degli storici della scienza sul concetto di rivoluzione scientifica (Butterfield, Hall, Koyré,…) e le riflessioni filosofiche
sullo stesso concetto
T.S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, 1962
Uno dei libri più influenti e discussi degli
ultimi 50 anni nel campo della storia e
filosofia della scienza
L’accento si sposta dall’architettura logica
delle teorie alla loro dinamica storica
La riflessione di Kuhn si contrappone alle concezioni sviluppate nella prima metà del XX
secolo dal movimento noto come Empirismo Logico, un movimento filosofico che ha
promosso l’analisi concettuale delle teorie scientifiche e ha costituito la filosofia della scienza
come disciplina autonoma
Principali rappresentanti
Circolo di Vienna : Rudolf Carnap, Moritz Schlick, Hans Hahn, Otto Neurath, Herbert Feigl,
Philip Frank
Circolo di Berlino: Hans Reichenbach, C.G. Hempel, R. von Mises
Principali assunzioni del modello di teoria scientifica secondo l’empirismo logico
1. Una teoria scientifica è la congiunzione di due strutture, l’apparato teorico e la base
empirica: queste due strutture sono definibili e caratterizzabili in modo indipendente
2. Ogni elemento dell’apparato teorico deve potr essere ricondotto a un elemento della
base empirica
3. L’esperienza è la sola fonte di significato per le teorie scientifiche (centralità dell’idea di
osservabilità)
4. L’apparato teorico deve essere organizzato come un autentico sistema formale (nel
senso della logica formale): questo assicura, tra l’altro, un significato robusto all’idea
che la dinamica della conoscenza scientifica sia cumulativa
Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientificheCapitolo 1 – Un ruolo per la storia
“La storia, se fosse considerate come qualcosa di più che un deposito di aneddoti o una
cronologia, potrebbe produrre una trasformazione decisiva dell’immagine della scienza
dalla quale siamo dominate. Fino ad oggi questa imagine è stata ricavata, anche dagli
stessi scienziati, principalmente dallo studio dei risultati scientifici definitive quali essi si
trovano registrati nei classici della scienza e più recentemente nei manuali scientifici, dai
quali ogni nuova generazione di scienziati impara la pratica del proprio mestiere. È però
inevitabile che I libri di tal genere abbiano uno scopo persuasive e pedagogico: una
concezione della scienza ricavata da essi non è verosimilmente più adeguata a
rappresentare l’attività che li ha prodotti più di quanto non lo sia l’imagine di una cultura
ricavata da un opuscolo turistico o da un agrammatica della lingua. Questo saggio cerca
di mostrare che essi ci hanno portato a fraintendimenti fondamentali. Il suo scopo è
quello di abbozzare una concezione assai diversa della scienza, quale emerge dalla
documentazione storica della stessa attività di ricerca.” (p. 19 ed. it.)
La dinamica delle teorie scientifiche secondo Kuhn
“La scienza normale, l’attività nella quale la maggior parte degli scienziati spendono
inevitabilmente quasi tutto il loro tempo, è affermata sulla base dell’assunzione che la
comunità scientifica sa cos’è il mondo. Gran parte del successo dell’impresa deriva
dalla volontà della comunità di difendere quella assunzione, se necessario ad un prezzo
considerevole. La scienza normale, ad esempio, sopprime spesso novità fondamentali,
perché esse sovvertono necessariamente i suoi impegni basilari. Tuttavia, fin tanto che
questi mantengono un elemento di arbitrarietà, la natur stessa della ricerca ci assicura
che la novità non rimarrà soppressa per molto tempo.” (pp. 23-4)
Cfr. anche p. 29 (inizio cap. 2)
«In questo saggio, ‘scienza normale’ significa una ricerca stabilmente fondata su uno o più
risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica, per
un certo periodo di tempo, riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi
ulteriore. Oggi tali punti sono elencati, seppure raramente nella sua forma originale, dai
manuali scientifici sia elementari sia avanzati. Questi manuali espongono il corpo della
teoria riconosciuta come valida, illustrano molte o tutte le sue applicazioni coronate da
successo e confrontano queste applicazioni con osservazioni ed esperimenti esemplari.»
(p. 29)
La scienza normale lavora all’interno di determinati paradigmi: (pp. 29-30)
«Alcuni esempi di effettiva pratica scientifica riconosciuti come validi – esempi che
comprendono globalmente leggi, teorie, applicazioni e strumenti – forniscono modelli che
danno origine a particolari tradizioni di ricerca scientifica con una loro coerenza. Queste
sono le tradizioni che lo storico descrive con etichette quali ‘astronomia tolemaica’ (o
‘copernicana’), ‘dinamica aristotelica’ (o ‘newtoniana’), ‘ottica corpuscolare’ (o
‘ondulatoria’) e così via.
Lo studio dei paradigmi, inclusi molti che sono ampiamente più specializzati di quelli che
abbiamo citato poco fa come esempi illustrativi, è ciò che principalmente prepara lo
student a diventare membro della comunità scientifica con la quale dovrà più tardi
collaborare. Dal momento che in tale comunità egli incontra scienziati che appresero I
fondamenti della loro disciplina dagli stessi modelli concreti, la sua attività successive
raramente susciterà un aperto disaccordo riguardo ai principi fondamentali.”
“Sometimes a normal problem, one that ought to be solvable by known rules and
procedures, resists the reiterated onslaught of the ablest members of the group within
whose competence it falls.
On other occasions a piece of equipment designed and constructed for the purpose of
normal research fails to perform in the anticipated manner, revealing an anomaly that
cannot, despite repeated effort, be aligned with professional expectation, In these and
other ways besides, normal science repeatedly goes astray. And when it does—when, that
is, the profession can no longer evade anomalies that subvert the existing tradition of
scientific practice—then begin the extraordinary investigations that lead the profession at
last to a new set of commitments, a new basis for the practice of science.” (p. 24)
Rivoluzione scientifica Cambio di paradigma
“The extraordinary episodes in which that shift of professional commitments occurs are the
ones known as scientific revolutions. They are the tradition-shattering complements to the
tradition-bound activity of normal science.
[…] Each revolution transformed the scientific imagination in ways that we shall ultimately
need to describe as a transformation of the world within which scientific work was done.
Such changes, together with the controversies that always accompany them, are the defining
characteristics of scientifici revolutions.”
(pp. 24-25)
La transizione da un paradigma a un altro non rappresenta una generalizzazione, da cui
almeno due conseguenze rilevanti:
• lo sviluppo scientifico non è più cumulativo
• due paradigmi successivi sono incommensurabili, cioè non possono essere confrontati tra
loro
«Paradigms differ in more than substance, for they are directed not only to nature but also
back upon the science that produced them. They are the source of the methods, problem-
field, and standards of solution accepted by any mature scientific community at any given
time. As a result, the reception of a new paradigm often necessitates a redefinition of the
corresponding science.
[…]
The normal-scientific tradition that emerges from a scientific revolution is not only
incompatible but often actually incommensurable with that which has gone before.»
If
&
then the claims
become controversial
The development of science is not
cumulative
Two different paradigms cannot be
even compared to one another
(i) There should be an ‘ultimate’ reality that science
is ideally supposed to describe
(ii) The scientific theories themselves should be
taken in principle as (approximately) true
accounts of the world
Scientific Realism
The problem of scientific realism
Il problema della natura dello spazio e del tempo è antico.
Già i filosofi greci antichi se ne erano occupati: si pensi ai paradossi di Zenone,
ai dialoghi ‘naturalistici’ di Platone come il Timeo o all’analisi della relazione tra
tempo e cambiamento sviluppata nella Fisica di Aristotele.
Ma è Isaac Newton è il filosofo naturale che determina una svolta fondamentale,
affrontando la questione in termini che si sono dimostrati fecondi per la fisica
moderna: ciò che rende l’analisi newtoniana di spazio e tempo così importante
consiste nel fatto che tale analisi non è ‘isolata’, ma realmente propedeutica alla
fondazione di una robusta analisi dinamica dei fenomeni del moto.
Isaac Newton: spazio, tempo, movimento
Nella costruzione newtoniana, poi, due aspetti sono particolarmente
importanti (anche in un’ottica familiare a noi contemporanei):
(i) la rivendicazione [in particolare contro i Princìpi di filosofia di Cartesio] che i
suoi sono princìpi matematici, capaci di includere in forma rigorosa risultati
scientifici fondamentali ottenuti da altri fisici-filosofi come Galileo [principio
di relatività] e Cartesio [principio di inerzia]
(ii) l’enfasi sulla centralità dell’esperienza come test delle ipotesi (almeno in
linea di principio)
Ma Newton costruisce anche – mediante la sua fisica – una rappresentazione
scientifica del mondo che ha implicazioni filosofiche profondissime, che
vanno anche oltre la sua stessa figura e i suoi stessi risultati
Un passo emblematico in questo senso è contenuto per esempio nella
Prefazione ai Principia, nella quale si legge:
[...] Per questa ragione proponiamo questi nostri princìpi matematici di
filosofia. Sembra infatti che tutta la difficoltà della filosofia consista
nell’investigare le forze della natura a partire dai fenomeni del moto e dopo nel
dimostrare i restanti fenomeni a partire da queste forze. A questo mirano le
proposizioni generali delle quali abbiamo trattato nel libro primo e
secondo. Nel terzo libro, invero, ho esposto un esempio di ciò al fine di
spiegare il sistema del mondo. Ivi, infatti, dai fenomeni celesti, mediante
le proposizioni dimostrate matematicamente nei libri precedenti, vengono
derivate le forze della gravità, per effetto dei quali i corpi tendono verso il
sole e i singoli pianeti. In seguito, da queste forze, sempre mediante
proposizioni matematiche, vengono dedotti i moti dei pianeti, delle
comete, della luna e del mare.
Volesse il cielo che fosse lecito dedurre i restanti fenomeni della natura dai princìpi
della meccanica col medesimo genere di argomentazione. Infatti, molte cose mi
spingono a sospettare che essi tutti possano dipendere da certe forze per
effetto delle quali le particelle dei corpi, per cause non ancora conosciute o si
urtano fra loro e si connettono secondo figure regolari o si respingono e
recedono l’una dall’altra: per le quali forze ignote, i filosofi fin qui invano
indagarono la natura. Spero in verità che, o a questo modo di filosofare, o ad
un altro più vero, i princìpi qui posti possano apportare qualche luce.»
Manifesto programmatico del meccanicismo: di fatto un grande programma di
ricerca che ha prodotto risultati scientifici di enorme importanza (esempio
tipico: la spiegazione meccanica del II principio della termodinamica)
Tuttavia, in una lettera a Richard Bentley del 1693, Newton scriveva:
«It is inconceivable that inanimate brute matter should, without the
mediation of something else which is not material, operate upon and affect
other matter without mutual contact… That gravity should be innate,
inherent and essential to matter, so that one body may act upon another at a
distance through a vacuum, without the mediation of anything else, by and
through which their action and force may be conveyed from one to another,
is to me so great an absurdity that I believe no man who has in
philosophical matters a competent faculty of thinking can ever fall into it.»
Qui Newton stesso sembra prefigurare la nozione moderna di campo
In particolare, possiamo evidenziare tre punti, fondamentali per la dimensione
filosofica dell’opera newtoniana:
1) Newton costruisce una rappresentazione del mondo naturale che si confronta
necessariamente con le metafisiche dell’epoca (in particolare, con quella
cartesiana);
2) questa rappresentazione rende Newton altamente sensibile alle questioni
filosofiche oltre che alle questioni scientifiche
3) l’attenzione alle questioni filosofiche e metodologiche si congiunge a
un’enfasi particolare sulla necessità di un fondamento sperimentale per le
teorizzazioni scientifiche * (relazione TEORIA/ESPERIENZA, un tema
epistemologico tuttora di grande interesse)
* Ruolo complesso del concetto di ipotesi: cfr. A. Koyré, «Concetto ed
esperienza nel pensiero scientifico di Newton», in Studi newtoniani, Einaudi
1972, pp. 27-58
Come case study della complessa interazione tra fisica, epistemologia e
metafisica nel sistema newtoniano prenderemo in considerazione il
problema dello statuto e del ruolo di spazio e tempo assoluti.
Studi importanti degli ultimi decenni mostrano infatti che la
caratterizzazione newtoniana di spazio e tempo svolge un preciso ruolo
teorico nell’edifico della meccanica newtoniana e non è semplicemente
un’appendice teologico-metafisica.
In questo senso, la formulazione newtoniana e quella einsteiniana, sia
pure ovviamente divergenti in alcuni dei loro postulati fondamentali,
condividono l’obiettivo di specificare una struttura ‘assoluta’, espressa
nelle leggi fondamentali che descrivono lo spazio-tempo.
L’inquadramento corretto del problema è espresso per esempio in modo efficace
dallo storico e filosofo della fisica Robert Di Salle:
«La teoria newtoniana dello spazio e del tempo non fu mai una semplice ipotesi metafisica. Costituì invece il suo tentativo di definire i concetti presupposti dalla
nuova scienza della meccanica – il sistema di riferimento concettuale che diede al moto relativo un’intelligibilità fisica all’interno di una concezione fondata sull’interazione causale. […]
Più che semplice bagaglio metafisico al seguito di una teoria altrimenti coronata da successo sul piano empirico, fu inseparabile dallo sforzo compiuto da Newton per definire le quantità empiricamente misurabili della meccanica classica. »
R. DiSalle, Capire lo spazio-tempo. Lo sviluppo filosofico della
fisica da Newton a Einstein, Bollati Boringhieri 2006, p. 30
Le argomentazioni newtoniane si sviluppano in contrapposizione alla fisica di
Cartesio, esposta principalmente nei Princìpi di filosofia del 1644 (PF) secondo
cui:
la materia coincide con l’estensione (PF, parte II, sezione 4), di conseguenza,
non esiste il vuoto (PF, parte II, sezione 16);
il moto («propriamente detto», PF, parte II, sezione 25, in contrapposizione al
moto «preso secondo l’uso comune», sezione 24) è «il trasporto d’una parte
della materia, o d’un corpo, dalla vicinanza di quelli che lo toccano
immediatamente, e che noi consideriamo come in riposo, alla vicinanza di
alcuni altri.»
PF, sezione 24 – Che cosa è il movimento preso
secondo l’uso comune
«Ora il movimento […] non è altra cosa che
l’azione per la quale un corpo passa da un luogo in
un altro. E proprio come abbiamo notato di
sopra che una stessa cosa in pari tempo
cambia luogo e non ne cambia, egualmente
possiamo dire che in pari tempo essa si muove
e non si muove. Poiché colui, per esempio, che
è seduto alla poppa di un vascello che il vento
fa andare crede muoversi quando non bada che
alla riva dalla quale è partito e la considera
come immobile, e non crede muoversi quando
non bada che al vascello sul quale egli è,
poiché non cambia di situazione riguardo alle
sue parti. Tuttavia, poiché noi siamo abituati a
pensare che non vi è movimento senza azione,
diremo che colui che è così seduto è in riposo,
poiché non sente azione in sé e questo è l’uso.»
Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi
«Rispetto alla Terra, alla torre e a noi,
che tutti di conserva ci moviamo, col
moto diurno, insieme con la pietra, il
moto diurno è come se non fusse, resta
insensibile, resta impercettibile, è senza
azione alcuna, e solo ci resta osservabile
quel moto del quale noi manchiamo, che
è il venire a basso lambendo la torre. Voi
non sete il primo che senta gran
repugnanza in apprender questo nulla
operar il moto tra le cose delle quali egli
è comune.»
PF, sezione 25 – Che cosa è il movimento propriamente detto
«Ma se invece di fermarci a quello che non ha altro fondamento che l’uso
ordinario, desideriamo sapere che cosa è il movimento secondo la verità, noi
diremo, per attribuirgli una natura che sia determinati, che esso è il trasporto
d’una parte della materia, o d’un corpo, dalla vicinanza di quelli che lo toccano
immediatamente, e che noi consideriamo come in riposo, alla vicinanza di alcuni altri.
Per un corpo, ovvero per una parte della materia, intendo tutto quello che è
trasportato assieme, sebbene sia forse composto di molte parti, che impiegano
nel frattempo la loro agitazione a fare altri movimenti. E dico che il
movimento è il trasporto, e non già la forza e l’azione che trasporta, per
mostrare che il movimento è sempre nel mobile, e non in ciò che muove;
poiché mi sembra che non si sia abituati a distinguere queste cose con
sufficiente cura.»
La parte dei Principia in cui Newton affronta esplicitamente il problema della
natura dello spazio e del tempo è il cosiddetto Scholium*, una breve sezione dei
Principia inserito tra le Definizioni e le Leggi del Moto. Newton si propone due
obiettivi fondamentali:
1) introdurre e discutere le nozioni di SPAZIO, TEMPO, LUOGO e MOTO;
2) argomentare a favore del fatto che gli stati di moto e di quiete assoluti (la cui
realtà è un’assunzione considerata ovvia da tutti gli scienziati dell’epoca) non
possono essere ridotti a stati di moto e di quiete relativi tra corpi.
* Scholium to the Definitions in Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, Bk. 1 (1689); trans.
Andrew Motte (1729), rev. Florian Cajori, Berkeley: University of California Press, 1934. pp. 6-
12
(oppure pp. 408-415 di I. Newton, The Principia, Transl. I.B. Cohen, A. Whitman, University of
California Press 1999: d’ora in poi ‘PR-99’)
Struttura dello Scholium
Sezioni I-IV
I: Tempo (Assoluto & Relativo)
II: Spazio (Assoluto & Relativo)
III: Luogo (Assoluto & Relativo)
IV: Moto (Assoluto & Relativo)
Sezioni V-XII: sezioni che Newton non numera più, ma che rappresentano una
difesa delle tesi generali enunciate in I-IV; in particolare le 5 sezioni VIII-XII,
dove sono presentati 5 argomenti per poter distinguere moti assoluti e relativi.
“[…] it is a common misunderstanding that in these arguments Newton intends to
develop empirical criteria for distinguishing cases of absolute motion from merely
apparent motion and thereby to disprove the thesis that all motion is merely relative
motion.
To the contrary, the arguments take as their point of departure the assumption,
common to Cartesian and Aristotelian philosophy, that each body has a unique
state of true motion (or rest). Throughout the arguments, the terms ‘true motion’
and ‘absolute motion’ are treated synonymously. At issue is whether true motion
(and rest) can be reduced to some special instance of relative motion (or rest)
with respect to other bodies.
In announcing at the outset of these arguments that «absolute and relative rest and
motion are distinguished by their properties, causes, and effects», Newton indicates
his intent to show that they cannot, at least if true motion and rest are to have those
features we generally associate, or ought to associate, with them.”
R. Rynasiewicz, Newton's Views on Space, Time, and Motion, 2011
TEMPO
«Absolute, true and mathematical time, in and of itself, and of its own nature,
without reference to anything external, flows uniformly and by another name is
called duration. Relative, apparent and common time is any sensible and
external measure (precise or imprecise) of duration by means of motion; such a
measure – for example, an hour, a day, a month, a year – is commonly used
instead of true time.»
PR-99, p. 408
SPAZIO
«Absolute space, of its own nature without reference to anything external,
always remains homogeneous and immovable. Relative space is any movable
measure or dimension of this absolute space; such a measure or dimension is
determined by our senses from the situation of the space with respect to bodies
and is popularly used for immovable space»
PR-99, p. 408
LUOGO
«Place is that part of space that a body occupies and it is, depending on the
space, either absolute or relative.»
PR-99, p. 409
MOTO
«Absolute motion is the change of position of a body from one absolute place to
another; relative motion is change of position of a body from one relative place
to another.»
PR-99, p. 409
Newton assume dunque che spazio e tempo abbiano per così dire due modi di
essere, che egli caratterizza con i concetti di relativo e assoluto. Quando, mediante
apparati e concrete procedure operative, misuriamo lo ‘spazio’ e registriamo il
‘tempo’, l’oggetto delle nostre misure e registrazioni non sarebbero altro che la
realizzazione empirica, rispettivamente, di uno Spazio e di un Tempo assoluti,
esistenti in sé e indipendenti dalle misurazioni empiriche quanto alla loro
natura.
Questa assolutezza svolge però, come accennavamo prima, il ruolo di strumento
di fondazione teorica e non semplicemente quello di un’appendice metafisica
scientificamente irrilevante. Spazio e Tempo newtoniani sono infatti assoluti in
quanto ideali: sono cioè entità la cui idealità serve a dotare di significato pieno le
leggi della meccanica.
(idealità delle)
LEGGI DELLA MECCANICA
TEMPO ASSOLUTO SPAZIO ASSOLUTO
La validità del principio di inerzia (prima legge della meccanica), per esempio, si
esprime nell’assunzione di moti perfettamente uniformi, secondo cui un corpo che si
muove di moto uniforme percorre spazi assolutamente uguali in tempi assolutamente
uguali
Perché dunque queste uguaglianze abbiano significato in senso ideale, è necessario
che le porzioni che poniamo come uguali siano appunto porzioni di entità in sé
ideali, le entità Tempo e Spazio.
«Absolute and relative rest and motion are distinguished by their properties,
causes and effects» (sezione VIII)
Si tratta di 5 argomenti:
- tre relativi alle proprietà del moto e della quiete assoluti e relativi (sezioni
VIII, IX, X)
- uno relativo alle cause del moto e della quiete assoluti e relativi (sezione XI)
- uno relativo agli effetti del moto e della quiete assoluti e relativi (sezione
XII)
SEZIONE VIII: ARGOMENTO 1 RELATIVO ALLE PROPRIETÀDEL MOTO E DELLA QUIETE ASSOLUTI E RELATIVI
Proprietà: corpi realmente in quiete sono in quiete l’uno rispetto all’altro
Conclusione: la quiete reale non può essere definita semplicemente nei termini delle posizioni relative ad altri corpi nelle vicinanze
a = corpo distante in quiete assoluta b = corpo locale
C(a) = configurazione relativa di corpi locali C(b) = configurazione nel tempo relativa di corpi locali nel
tempo
A causa della distanza tra a e b, potremmo non essere in grado di stabilire se b è in moto o in quiete rispetto ad a, anche se b è in quiete nella configurazione C(b)
SEZIONE IX: ARGOMENTO 2 RELATIVO ALLE PROPRIETÀ DEL MOTO E DELLA QUIETE ASSOLUTI E RELATIVI
Proprietà: se una parte di un corpo mantiene una posizione fissa rispetto al
corpo come totalità, allora esso partecipa del moto del corpo come totalità
Conclusione: il moto vero e assoluto non può essere definito come un
trasferimento dalla vicinanza dei corpi (immediatamente vicini), considerando
questi come se fossero in quiete [definizione cartesiana del moto]
Supponiamo (i) che a sia un corpo in quiete relativa rispetto ai corpi C che lo
circondano, e (ii) che i corpi C siano in moto (assoluto). Allora, secondo la
definizione cartesiana di moto, il corpo a sarebbe in quiete, contrariamente a
quanto implicato dalla Proprietà, secondo cui a è in uno stato di moto assoluto
(perché partecipa del moto assoluta dei corpi che lo circondano). Quindi la
definizione cartesiana è insostenibile.
SEZIONE X: ARGOMENTO 3 RELATIVO ALLE PROPRIETÀ DEL MOTO E DELLA QUIETE ASSOLUTI E RELATIVI
Proprietà: qualsiasi corpo collocato in un luogo in moto si muove insieme al
luogo, quindi un corpo partecipa del moto del suo luogo quando si allontana dal
luogo iniziale
SEZIONE XI: ARGOMENTO RELATIVO ALLE CAUSE DEL MOTO E DELLA QUIETE ASSOLUTI E RELATIVI
Cause: le forze impresse sui corpi
(A) Una forza impressa è condizione necessaria per generare o alterare un moto
assoluto
(B) Una forza impressa è condizione sufficiente per generare o alterare un moto
assoluto
Conclusione: il moto assoluto di un corpo non può essere caratterizzato nei
termini del suo moto relativo ad altri corpi
(A) Una forza impressa è condizione necessaria per generare o alterare un moto
assoluto
Se a è un corpo e C(a) è una configurazione relativa di corpi locali, supponiamo
di applicare una forza F soltanto a C(a). Allora non si genera alcun moto
relativo di corpi di C tra loro, ma un moto di a relativo a C è stato generato senza
aver applicato alcuna forza ad a stesso.
a
C
F
. .
.
. .
(B) Una forza impressa è condizione sufficiente per generare o alterare un moto
assoluto
Se a è un corpo e C(a) è una configurazione relativa di corpi locali, supponiamo
di applicare una forza F sia a C(a) sia ad a. Allora non si genera alcun moto di a
relativo a C, nonostante che la forza sia stata applicata anche ad a.
a
C
F
Effetti: il comportamento centrifugo dei corpi rispetto all’asse del moto circolare
Conclusione: il moto circolare assoluto non può essere caratterizzato nei termini
di rotazioni di corpi relative a corpi vicini
SEZIONE XII: ARGOMENTO RELATIVO AGLI EFFETTI DEL MOTO E DELLA QUIETE ASSOLUTI E RELATIVI
Nella fase 1 il secchio ruota rapidamente rispetto al sistema di rif in quiete dello
sperimentatore, mentre la superficie dell’acqua rimane piatta: di conseguenza,
nell’ottica relazionale, c’è moto relativo dell’acqua rispetto al secchio ma non c’è
comportamento centrifugo.
Nella fase 2, l’acqua inizia a
ruotare in modo solidale al
secchio, alzandosi lungo le
pareti del secchio stesso e
manifestando un
comportamento centrifugo,
anche se acqua e secchio a quel
punto sono in quiete relativa l’uno
rispetto all’altra.
C’è tuttavia un problema fondazionale rilevante, connesso alla nozione di spazio
assoluto.
Da un lato, infatti, Newton assume, in piena consonanza con tutto il pensiero
scientifico dell’epoca, che ogni corpo abbia oggettivamente in ogni istante uno
stato assoluto (di moto o di quiete). Dall’altro, la meccanica newtoniana, per sua
intrinseca costruzione, non è in grado:
1) né di stabilire se, a un istante t dato, il moto relativo o la quiete relativa
di un corpo coincidano o meno con il suo moto assoluto o con la sua quiete
assoluta rispettivamente,
2) né di distinguere tra moto e quiete nello spazio assoluto.
Nella fisica newtoniana, infatti, moto uniforme e quiete sono relativi,
indipendentemente dal fatto che abbiano luogo nello spazio assoluto o in quello relativo
(nel senso di Newton)