LA RISPOSTA SBAGLIATA - Redattore Sociale

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UN ALLOGGIO ADEGUATO È UN DIRITTO UMANO LA RISPOSTA SBAGLIATA ITALIA: IL “PIANO NOMADI” VIOLA IL DIRITTO ALL’ALLOGGIO DEI ROM A ROMA

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UN ALLOGGIO ADEGUATOÈ UN DIRITTO UMANO

LA RISPOSTA SBAGLIATAITALIA: IL “PIANO NOMADI” VIOLA IL DIRITTOALL’ALLOGGIO DEI ROM A ROMA

LA RISPOSTA SBAGLIATAITALIA: IL “PIANO NOMADI” VIOLA IL DIRITTO ALL’ALLOGGIO DEI ROM A ROMA

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Amnesty International Gennaio 2010 Index: EUR 300/001/2010

Il “Piano nomadi”, il primo programmasviluppato attraverso i poteri speciali previstidal decreto governativo che nel maggio2008 ha dichiarato “l’emergenza nomadi”,spiana la strada allo sgombero forzato dimigliaia di rom e al trasferimento dellamaggior parte di essi, ma non di tutti, incampi ampliati o di nuova costruzione,situati nella periferia di Roma. Non vi è stata alcuna effettiva consultazionedei rom interessati dal piano. Coloro chesaranno titolati a essere trasferiti verrannoportati in altri campi, non in alloggipermanenti in cui molti rom vorrebberovivere. Non avranno possibilità di sceglierein quale campo andare. Molti temono che leloro prospettive d’impiego e la carrierascolastica dei figli verranno compromesse.

Ma questi sono i fortunati. Agli altri nonverrà fornito alcun alloggio alternativo:alcuni lasceranno Roma, altri troveranno unrifugio dove potranno, fino a quando nonverranno di nuovo sgomberati.

Nelle prossime pagine leggerete le storie ditre famiglie che hanno un’aspirazione incomune: vivere in dignità.

EMARGINATI ED ESCLUSI

La maggior parte delle stime indipendenticolloca tra 12.000 e 15.000 il numero deirom che vivono a Roma e nei dintorni. Circa3000 sono sinti italiani, radicati da temponel paese. Gli altri sono di insediamento piùrecente. A partire dagli anni Sessanta, molti

rom sono arrivati dall’ex Jugoslavia. Molti di essi hanno il permesso di soggiornoe figli che hanno cittadinanza italiana.Nell’ultimo decennio, un significativonumero di rom è arrivato dai nuovi statimembri dell’Unione europea, in particolaredalla Romania. Poche migliaia di romvivono in alloggi permanenti, mentre lamaggior parte di essi si trova in differentitipi di campi: alcuni sono “autorizzati” egestiti a livello municipale; altri sono“tollerati” e ricevono assistenza variabiledal Comune di Roma, mentre la maggiorparte sono “abusivi” e fatti di baraccheimprovvisate. Sebbene alcuni romaffermino di vivere in modo accettabileall’interno dei campi, la maggior parte diquelli intervistati da Amnesty Internationalha dichiarato che preferirebbe stare inalloggi convenzionali, se solo potesseroaccedervi.

Una soluzione abitativa del genere è,tuttavia, davvero al di là della loro portata,dato che la maggior parte dei rom si trovaintrappolata in un circolo vizioso fatto distigma ed emarginazione. A causadell’ampia discriminazione esistente nelmondo del lavoro, pochi di essi trovanoun’occupazione stabile in grado di garantireil pagamento di un affitto. Non potendo,d’altro canto, avere accesso al mercatodella compravendita privata, molti rom sonodi fatto esclusi dalle graduatorie perl’assegnazione delle case popolari, dato checondizione per accedervi è di essere statisfrattati da un appartamento privato. Fino aquando vivranno nei campi, privi di

domicilio ufficiale o con un indirizzo che liidentifica subito come rom, trovare unimpiego per loro continuerà a esseredifficile. Per questo, la maggior parte siguadagna da vivere come può, soprattuttoriciclando materiali di metallo o comelavoratori giornalieri. Sebbene il Comunedi Roma investa notevoli risorse perfacilitare l’accesso dei rom a scuola, moltisono disincentivati dal completare glistudi, a causa delle scarse prospettive ditrovare un lavoro in regola. Diconseguenza, le competenze e lepossibilità d’integrazione nella societàitaliana si riducono ancora di più.L’esclusione della maggior parte dei rom da

Migliaia di rom residenti a Roma si trovano di fronte alla minaccia di subire molteplici violazioni deidiritti umani come effetto del nuovo piano destinato a chiudere buona parte dei campi della capitale.

COS’È UNO SGOMBEROFORZATO?

Uno sgombero forzato è il trasferimento dipersone contro la loro volontà dagli alloggi odal terreno che occupano, senza protezionelegale o altre salvaguardie, quali unaconsultazione effettiva con gli interessati el’offerta di un alloggio alternativo adeguato,a prescindere se l’abitazione o il terreno inquestione siano di proprietà, in affitto odoccupati. Non tutti gli sgomberi eseguiti con la forzacostituiscono sgomberi forzati. In presenzadelle appropriate salvaguardie procedurali,uno sgombero legale portato avanti con l’usodella forza non viola il divieto di sgomberiforzati.

Index: EUR 30/001/2010 Amnesty International Gennaio 2010

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un impiego regolare e da un alloggioconvenzionale colloca questi ultimi, insenso quasi letterale, ai margini dellasocietà, in campi sorti al limitare delle areeurbane. Le condizioni sociali che neconseguono rinfocolano il pregiudizio equesto alimenta ulteriormente ladiscriminazione. Così, il ciclo continua e siproducono tensioni con chi risiede nella

zona e con la maggioranza dellapopolazione. Inoltre, la situazione dei rom èdiventata un importante tema elettorale, alivello locale come a livello nazionale. Il“Piano nomadi” è stata la risposta delgoverno. Servirebbe, e ne guadagnerebberotutti, un progetto complessivo cheaffrontasse i problemi di fondo e leviolazioni dei diritti umani subite dai rom.

Invece, purtroppo, l’idea stessa del “Pianonomadi” e le sue finalità riflettono solo lepreoccupazioni espresse dalla maggioranzadella popolazione, senza prendere inconsiderazione i diritti dei rom.

Rom originari della Romania nel campo

di via di Centocelle.

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IL “PIANO NOMADI”: NON TUTTELE STRADE PORTANO A ROMA

Il “Piano nomadi” è stato lanciato il 31luglio 2009 da rappresentanti del Comunedi Roma e dal prefetto di Roma, che èanche commissario straordinario perl’emergenza nomadi.

Prima dell’adozione del piano, era statocondotto un censimento della popolazionerom della capitale. Sebbene da più particonsiderata incompleta, la rilevazione haidentificato 7177 rom residenti nei campi:2241 in sette campi “autorizzati”, 2736 in14 campi “tollerati” e 2200 in un’ottantinadi campi “abusivi”.

6000 ROM, 13 CAMPIIl “Piano nomadi” prevede il trasferimentodi 6000 rom in 13 campi definiti “villaggi”. Isette campi “autorizzati” esistenti sarannomantenuti o ampliati, mentre tre campi“tollerati” verranno ristrutturati. Sarannocostruiti due nuovi campi e una “strutturadi transito”. Il piano dovrebbe essere prontoper il giugno 2010 ma si prevedono ritardi.Amnesty International ritiene che causeràuna serie di violazioni dei diritti umani.L’Italia è obbligata, sulla base di diversitrattati internazionali sui diritti umani, a noneffettuare e a prevenire gli sgomberi forzati.Uno sgombero deve costituire solo lasoluzione estrema e dev’essere eseguitocon adeguate procedure di salvaguardia, trale quali un’effettiva consultazione con gliinteressati, un preavviso ragionevole el’accesso a rimedi legali. Inoltre, devonoessere messi a disposizione alloggialternativi adeguati e forniti risarcimenti perle perdite derivanti dallo sgombero, aprescindere se l’abitazione o il terreno inquestione siano di proprietà, in affitto odoccupati. Uno sgombero non deve lasciarepersone senza casa o in condizione disubire ulteriori violazioni dei diritti umani.Nella sua formulazione attuale, il piano èprivo di questi requisiti e non soddisfal’obbligo, che l’Italia ha assunto, di garantire

che non vi siano discriminazione nésegregazione di determinati gruppi inmateria di alloggio.Queste salvaguardiesono requisiti legali e sono essenziali perfare in modo che, attraverso il “Pianonomadi”, la situazione dei rom non solo nonpeggiori, ma possa anche migliorare.Secondo il piano, per come è attualmenteformulato, molti rom che vivono all’internodella capitale saranno spinti fuori dalla cittàe si vedranno così ulteriormente ridurrel’accesso al lavoro e ai servizi essenziali.Molti dei “villaggi”, inoltre, potrebberoessere ancora più isolati a causadell’insufficienza o dell’inesistenza deiservizi di trasporto pubblico nella zona.Molti rom con cui Amnesty International haparlato temono che la frequenza scolasticadei loro figli ne risentirà, dato che sarannocostretti a cambiare scuola o a fare percorsiancora più lunghi per raggiungerla. Per

questo, molti rom non vogliono muoversi.Temono anche che i trasferimenti in altricampi non terranno conto dei loro ampilegami familiari o delle origini nazionali eche, di conseguenza, potranno nasceretensioni tra i residenti.

CRITERI DI ELEGGIBILITÀUn altro problema riguarda i criteri dieleggibilità, ovvero i requisiti per avere unposto in uno dei 13 “villaggi”. I documentiufficiali parlano degli “aventi diritto”, senzadefinire di chi si tratta o cosa accadrà aglialtri. Mentre inizialmente sembrava che icriteri di eleggibilità sarebbero stati basatisul possesso di un titolo di residenza inItalia, Amnesty International ha appresodalle autorità competenti che sarannobasati sulla buona condotta, come adesempio essere stati o meno coinvolti in atticriminali. Non è chiaro se si faccia

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IL CONTESTO NAZIONALE

A partire dal 2007, le autorità italiane hannoadottato una serie di misure discriminatorieche hanno contribuito alla stigmatizzazione deirom residenti nel paese. Negli ultimi anni glisgomberi forzati sono diventati più frequenti,soprattutto dopo la conclusione dei “Patti perla sicurezza” tra il governo centrale e leautorità municipali, tra cui quello riguardanteRoma, siglato il 18 maggio 2007. A seguito diquesti accordi speciali, il cui obiettivo eraquello di affrontare la percezione d’insicurezzacostituita anche dai rom, alcuni poteri sonostati trasferiti dal ministero dell’Interno alleautorità locali.

Nel maggio 2008, ricorrendo a una legge del1992 sui poteri d’emergenza in caso di disastrinaturali, un decreto del presidente delConsiglio dei ministri (Dcpm del 21 maggio2008) ha conferito poteri speciali ai prefetti(rappresentanti permanenti del governonazionale in un determinato territorio) per unanno, per risolvere la cosiddetta emergenza

nomadi in tre regioni (Campania, Lazio eLombardia). Il decreto, poi rinnovato dal Dcpmdel 28 maggio 2009, concede ai prefetti ilpotere di derogare a un certo numero di leggi.Nel maggio 2009, lo stato d’emergenza è statoesteso ad altre due regioni, Piemonte e Veneto.I poteri del prefetto possono essere esercitatinei confronti di persone di qualsiasinazionalità ritenute “nomadi” e colpisce inmodo sproporzionato i rom.

“L’EMERGENZA NOMADI” NON HA NIENTEA CHE FARE COI NOMADI E CONL’EMERGENZA

Gli effetti dell’uso scorretto di queste dueparole non sono meramente di naturasemantica. Se tutti i rom sono trattati comenomadi, la soluzione sarà una soluzione pernomadi. Allo stesso modo, misurediscriminatorie possono essere camuffate inguisa di emergenza. Il “Piano nomadi” è unesempio di tutto questo.

riferimento a una condanna penale o seuna mera incriminazione sarà sufficienteper negare a una persona la residenza neinuovi campi. In un caso o nell’altro, il dirittoa un alloggio adeguato è un diritto umanofondamentale che non può dipendere dallacondotta tenuta in passato. Lasciare senzaalloggio una persona a causa dei suoiprecedenti penali costituirebbe una doppiapunizione: in primo luogo, un’ovviaingiustizia e poi una violazione degliobblighi dell’Italia di non discriminare e digarantire un eguale godimento del dirittoall’alloggio adeguato.

CHI RIMARRÀ FUORIE chi rimarrà fuori, chi non rientrerà nel“Piano nomadi”? Come sottolineato inprecedenza, sulla base degli standard didiritto internazionale sui diritti umani, l’Italiaè obbligata ad assicurare che unosgombero non lasci persone senza casa oin condizione di subire ulteriori violazionidei diritti umani. Vi è il timore che questo èesattamente quello che accadrà ai circa1200 rom destinati a rimanere esclusi dalpiano. La protezione dagli sgomberi forzati eil diritto a un alloggio adeguato devonoessere garantiti a tutti, a prescindere dalloro status. Alcune di queste personepossono essere migranti irregolari, chesecondo la legge non hanno titolo a stare inItalia. Anche se le autorità possono avviarele procedure di espulsione nei loroconfronti, non possono in alcun modo usaregli sgomberi forzati come misura punitiva oper costringerli a lasciare il paese.

MANCANZA DI CONSULTAZIONEUn palese esempio del modo in cui è statovarato il “Piano nomadi” è la quasicompleta assenza di consultazione con lepersone interessate. Diverse settimanedopo la sua presentazione nel luglio 2009,la maggior parte dei rom intervistati daAmnesty International non ne aveva laminima idea e solo alcuni avevano sentitodire qualcosa. Nessuno era consapevole di

come il “Piano nomadi” li avrebberiguardati personalmente. Né leassociazioni rom né le Organizzazioni nongovernative che lavorano con loro hannopreso parte all’elaborazione del piano. Senon c’è consultazione, persino le politichedotate delle migliori intenzioni difficilmenteriescono a raggiungere i loro obiettivi. Lamaggior parte dei rom intervistati daAmnesty International ha dichiarato chepreferirebbe vivere in appartamenticonvenzionali. Il “Piano nomadi” nonprevede questa possibilità, né per chi è inItalia da decenni con tutti i documenti diresidenza in regola, né per i rom che hannocittadinanza italiana. Gli uni e gli altri hannodue alternative: o vengono trasferiti in unaltro campo o rimangono senza casa. Delresto, lo stesso nome del piano tradiscel’ignoranza e il pregiudizio che ne sono allabase: la maggior parte dei rom che colpirànon sono affatto nomadi, non erano nomadinei paesi d’origine e non aspirano a viverenei campi.

NESSUN ACCESSO AGLI ALLOGGIPUBBLICICome ricordato sopra, i rom possonoaffittare o comprare un appartamentoprivato e chiedere di essere inseriti nellegraduatorie per le case popolari, ma ciò èestremamente difficile. Per i rom che vivononei campi, poi, è di fatto impossibile. Uncriterio per l’assegnazione delle casepopolari, sulla base delle attuali graduatorie,è quello dello sfratto da un appartamentoprivato. I rom che hanno sempre e solovissuto nei campi (compresi i rom chehanno cittadinanza italiana) sono, dunque,esclusi di fatto da questo sistema e ciò creauna situazione di discriminazione indirettaai danni dei rom, poiché un requisitoformalmente neutro (lo sfratto, perl’appunto) li svantaggia in modosproporzionato. Purtroppo, il “Pianonomadi” non fa nulla per facilitare l’accessodei rom alle case popolari. Èparticolarmente incongruente che, allo

scopo di determinare l’accesso allegraduatorie per l’assegnazione delle casepopolari, gli sgomberi forzati dai campi“autorizzati” e da quelli “tollerati” non sianoconsiderati come equivalenti a uno sfrattoda un alloggio privato.

VITE REALIIl “Piano nomadi” riguarderà in diversimodi migliaia di rom. La dimensione dellepreoccupazioni che suscita può esseremeglio compresa leggendo le storie diqueste persone.

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COSA PREVEDE IL DIRITTOINTERNAZIONALE DEI DIRITTIUMANI IN MATERIA DI DIRITTOALL’ALLOGGIO?

Il diritto a un alloggio adeguato, checomprende il diritto a essere protetti daglisgomberi forzati, è garantito da diversitrattati internazionali sui diritti umani, tra iquali il Patto internazionale sui dirittieconomici, sociali e culturali (art. 11,paragrafo 1), il Patto internazionale sui diritticivili e politici (art. 17), la Convenzione suidiritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art.27, paragrafo 3), la Convenzioneinternazionale sull’eliminazione di tutte leforme di discriminazione razziale (art. 5.,comma e), il testo rivisto della Carta socialeeuropea e altri ancora.

L’Italia è stato parte di tutti questi trattati eha l’obbligo legale di darvi attuazione.

Il Comitato delle Nazioni Unite sui dirittieconomici, sociali e culturali ha sottolineatoche “il diritto all’alloggio non dev’essereinterpretato in senso limitato o restrittivo taleda riferirsi alla fornitura di un rifugio dotatosolo di un tetto sopra la testa o che consideriun rifugio come luogo confortevole. Piuttosto,dev’essere visto come il diritto a vivere in unluogo in sicurezza, pace e dignità”.

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Maria Dumitru e Marius Alexandru sono due romventottenni di origine romena. Hanno tre figli.Dal 2004, anno del loro arrivo in Italia, hannosubito cinque sgomberi forzati e in nessuno diquesti casi è stato dato loro un alloggioalternativo. L’ultima volta sono stati sgomberatidal campo abusivo di via di Centocelle. Oravivono in un rifugio di fortuna poco lontano.

“Siamo venuti in Italia sei anni fa perguadagnare qualcosa ma non abbiamo ancoranulla” - dice Maria. “All’inizio siamo stati nelcampo di Ponticelli, a Napoli, ma la polizia ci hasgomberati. Mi hanno detto che se ci avesserovisto un’altra volta nella zona mi avrebberosottratto i figli e li avrebbero messi in unorfanotrofio”.

Maria e Marius hanno avuto esperienze simili aCaivano (Napoli) e a Roma, sulla CristoforoColombo. “La polizia ha distrutto tutto” -racconta Marius. All’inizio del 2008, la famigliasi era trasferita al campo di via di Centocelle,era stata sgomberata ad aprile, vi era tornatasubito dopo, per essere sgomberata ancora unavolta nel novembre 2009. “Ora viviamo in mezzoalla strada… che possiamo fare? In cinque annisiamo stati in sette campi diversi. È difficile,davvero molto difficile…”.

Prima dell’ultimo sgombero, Maria avevaraccontato la loro vita ad Amnesty International:“Provo un po’ di vergogna, perché mio marito vain giro a rimediare pezzi di ferro e di rame nellaspazzatura per rivenderli. In questo modo,compriamo qualcosa da mangiare. Marius cercanella spazzatura anche i vestiti, perché nonabbiamo soldi per comprarli nei negozi. È solograzie a lui che abbiamo qualcosa da mangiare.Se non fosse per lui, vivremmo davvero in mezzoalla strada”. Marius dice semplicemente:

“VORREI VIVERE IN UN POSTOMIGLIORE, DOVE UN ESSEREUMANO POSSA VIVERE.”Maria Dumitru

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MARIA DUMITRU EMARIUS ALEXANDRU

“Faccio quello che posso”. Maria aggiunge:“Questo è il suo lavoro. Questo vendiamo, questomangiamo. Se il ferro non c'è, non mangiamo.Dobbiamo pagare la scuola, il maestro ci dice dicomprare i quaderni per gli esercizi e le penne eriusciamo alla fine a racimolare altri cinqueeuro”. Né Maria né Marius sapevano del “Pianonomadi”. Quando Amnesty International li hainformati, Maria ha commentato: “Non è unacosa buona… non vogliamo spostarci e dovermandare i nostri figli a un’altra scuola. Ionut hasette anni, è il più grande e va a scuola; Florinha solo due anni, Andrea Ionica quattro e andràall’asilo, è già in lista d’attesa. Quando vede glialtri bambini andare a scuola, dice che vorrebbeandare con loro. Non vogliamo spostarci in unposto dove la scuola è lontana. Il maestro ci hadetto che non dovremmo mandare Ionut inun’altra scuola, perché lui si è fatto già gliamici qui e si trova bene”.

Maria riflette sul passato e parla del futuro:“Siamo diventati genitori presto. Non voglio chei nostri figli facciano la stessa nostra vita.Voglio che vadano a scuola e che riescano atrovare un lavoro. Voglio che abbiano una vitamigliore della nostra”.

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a sinistra: Maria, Marius con loro figlia nel

campo di via di Centocelle, settembre 2009.

sopra: Il campo di via di Centocelle, settembre

2009.

“NON CHIEDO MICA LA LUNA.”Saltana Ahmetovich (Nino)

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Saltana Ahmetovich (Nino), 30 anni, è un romitaliano. Nato in Italia, ha trascorso tutta lavita nei campi. I suoi genitori, originari delMontenegro, sono arrivati in Italia nel 1969 eda allora hanno vissuto a Milano e Napoli, finoa quando si sono fermati a Roma, dove lamaggior parte del gruppo familiare vive dal1979. Dal 1996, Nino vive in una roulotte nelcampo “tollerato” di via la Monachina, nellazona ovest di Roma.

Nino ricorda quando è arrivato alla Monachinanel 1996: “Eravamo a via Battistini, quandorischiammo di finire bruciati vivi: una volta cilanciarono le molotov, perché non volevano chevivessimo vicino alle case. La polizia e ipompieri ci dissero di spostarci allaMonachina, dove c’erano i nostri parenti. Primadi allora, eravamo stati in vari campi a Milanoe Napoli… la polizia arrivava e ci sgomberava,perché i campi erano sul suolo pubblico, eallora ci spostavamo in un altro campo”.

“Ora sto in questa roulotte, ma quandoarrivammo alla Monachina non avevamonulla… insieme a mio cognato e a un amicocostruimmo una casa per mia madre, miasorella e mia nipote. Dopo tre anni abbiamodovuto demolirla e ricostruirla perché stavacadendo a pezzi”.

Nino ha svolto molti lavori ma non riesce atrovarne uno fisso. È preoccupato per la suasituazione: “Il mio primo lavoro è stato in unachiesa, facevo le pulizie. Poi mi sono occupatodi una persona anziana. Dopo, mi sono messo avendere pezzi di ferro battuto. Dal settembre2008 al novembre 2009 ho pulito un parcodalle mie parti, un lavoro trovato grazie a unprogetto d’impiego promosso dal governo, ma èfinito. Adesso vendo ferro ma non guadagnoabbastanza. Come faccio a sopravvivere? Chedevo fare?”.

“Mi piacerebbe affittare un appartamento, macon quali soldi? Chi me li da? Mia madre si èmessa in graduatoria per una casa popolarema non gliela daranno mai perché non haabbastanza punteggio. Io non l’ho fatto, tantoè inutile. Se mi presento e dico ‘Mi chiamoSaltana Ahmetovich e vivo alla Monachina’, ilComune non mi darà mai una casa. Ho chiestol’allacciamento all’elettricità e non voglionodarmelo, figurati una casa…”.

Quando è venuto a sapere del “Piano nomadi”e che il campo di via la Monachina non è traquelli “tollerati” che verranno ristrutturati,Nino ha chiesto: “Perché non lo voglionoristrutturare? Siamo italiani, io voto alleelezioni. Non voglio stare più qui. Voglio unacasa. Voglio una vasca da bagno. Voglio ilriscaldamento. Non chiedo mica la luna”.

SALTANA AHMETOVICH (NINO)

a sinistra: La famiglia di Saltana Ahmetovich

(Nino) nel campo di via la Monachina,

settembre 2009.

sopra: La roulotte di Nino nel campo

di via la Monachina, settembre 2009.

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Ismet Abaz, 34 anni, ed Elpida, 33 anni, sonorom della Macedonia, in Italia dal 1991. Hannoentrambi il permesso di soggiorno e sonogenitori di quattro figli. Dopo aver vissuto in varicampi, nel 2000 si sono insediati a Tor de’Cenci, alla periferia sudoccidentale di Roma,dove si trova un campo “tollerato”. Inprecedenza era un campo “autorizzato”, marecentemente è stato declassato. Negli ultimisette anni, Ismet ha lavorato come autistanell’ambito di un progetto scolastico diretto daun’Organizzazione non governativa romana. Hachiesto l’assegnazione di una casa popolare manon ha mai raggiunto un punteggio sufficiente.

Ismet dice: “È una vergogna dover vivere ancorain campi in queste condizioni. I nostri figlistanno diventando grandi e non vogliamocontinuare a vivere in questo modo. Siamo quidal 2000, dopo che la polizia sgomberò ilvecchio campo Casilino 700. Da allora hosempre vissuto in questo container. Ho cercatolavoro dalle parti di Viterbo, ma facevo avanti eindietro perché non ce n’era tanto. Poi sonoandato a Parma, dove scaricavo merci almercato. Qui a Roma ho trovato questo lavoropermanente, nel progetto scolastico, ma sonosolo tre ore al giorno e non bastano persopravvivere. Lavoro qui e là, dove c’è qualcosaper me. Mi piace lavorare. Vendo ferro e sonoanche meccanico”.

Ismet non guadagna abbastanza da affittare unappartamento e non può chiederel’assegnazione di una casa popolare. “Ho fattodomanda cinque anni fa ma non avevoabbastanza punteggio. Non vogliamo che inostri figli si ammalino a causa delle miserecondizioni del campo. Tutti i nostri figli vanno ascuola. Però i loro compagni di classe nonvogliono venire qui, i nostri figli sonoimbarazzati a invitarli. La mia figlia grande dicedi essere brasiliana perché si vergogna a direche vive in questo campo. Ma alcuni lo hannosaputo lo stesso e hanno reagito male”.

Cosa porterà il “Piano nomadi” alla famiglia diIsmet ed Elpida? Non sono stati informati néconsultati. Ismet ha solo sentito delle voci “cheil governo vuole spostare tutti in un campo piùgrande”. Teme che la sua famiglia verràtrasferita in un campo con altri rom con cui nonandrà d’accordo. “Ci metteranno con personeche non conosciamo. È una cosa sbagliata”. Lodice chiaramente: “Se succede, rifiuterò. Megliodormire in mezzo alla strada”.

Cosa vuole davvero Ismet? “Una casa e unlavoro. Non chiedo nient’altro”.

ISMET ABAZ ED ELPIDA ABAZ

a destra: La famiglia di Ismet ed Elpida nel

campo di Tor de’ Cenci, settembre 2009.

sopra: Container del campo di Tor de’ Cenci,

settembre 2009.

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Index: EUR 30/001/2010 Amnesty International Gennaio 2010

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“SOGNIAMO TUTTE LE NOTTI CHE INOSTRI FIGLI AVRANNO UNA CASA DOVEVIVERE, CHE COSÌ NON LI CHIAMERANNO‘ZINGARI’ E CHE SARANNO TRATTATICOME TUTTI GLI ALTRI.”

Elpida Abaz

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ATTIVATI SUBITO!

Chiedi alle autorità italiane

riguardo al “Piano nomadi”, di:

rivedere il “Piano nomadi” e rimandarne

l’attuazione fino a quando le persone

interessate non saranno state adeguatamente

consultate;

istituire immediatamente una procedura

attraverso la quale le comunità rom e le

organizzazioni della società civile interessate

siano consultate in merito alla revisione del

“Piano nomadi”;

garantire che la revisione del “Piano

nomadi” preveda un alloggio adeguato per

tutti i rom interessati;

assicurare che la revisione del “Piano

nomadi” rispetti il diritto a un alloggio

adeguato come definito dall’art. 11, paragrafo

1 del Patto internazionale sui diritti

economici, sociali e culturali e sia coerente

con gli obblighi dell’Italia a garantire la non

discriminazione e a prevenire la segregazione

in materia di alloggio;

assicurare che il diritto alla libertà di

movimento sia rispettato, secondo quanto

prevedono gli standard e le norme di diritto

internazionale in materia di diritti umani.

riguardo agli sgomberi forzati, di:

porre immediatamente fine a tutti gli

sgomberi forzati;

assicurare che gli sgomberi siano eseguiti

solo come soluzione estrema e nel pieno

rispetto delle salvaguardie previste dagli

standard europei e internazionali in materia

di diritti umani;

rispettare il diritto di tutte le vittime di

sgomberi forzati a un rimedio efficace,

compreso l’accesso alla giustizia e il diritto

alla riparazione, che include la restituzione,

la riabilitazione, il risarcimento, la

soddisfazione e la garanzia di non ripetizione.

sulla situazione della famiglia di Maria e Marius, di:

assicurare che la famiglia riceva

urgentemente un alloggio adeguato;

garantire il completo risarcimento di tutti i

beni andati perduti durante lo sgombero

forzato dell’11 novembre 2009.

sulla situazione di Nino, di:

assicurare che Nino non sarà sottoposto a

sgombero forzato;

garantire che Nino sarà consultato sull’eventuale

fornitura di un alloggio alternativo;

assicurare che Nino possa effettivamente

accedere alle procedure per l’assegnazione

delle case popolari.

sulla situazione della famiglia di Ismet ed Elpida, di:

assicurare che la famiglia non sarà

sottoposta a sgombero forzato;

garantire che la famiglia sarà consultata

sull’eventuale fornitura di un alloggio alternativo;

assicurare che la famiglia possa

effettivamente accedere alle procedure per

l’assegnazione delle case popolari.

SCRIVI A:Il commissario straordinario per l’emergenza

nomadi a Roma

Prefetto Giuseppe Pecoraro, Prefetto di Roma

Via IV Novembre, 119/A

00187 Roma

ITALIA

Fax: +39 06 6979 7399

Email: [email protected]

Il Sindaco di Roma

Sindaco Gianni Alemanno

Via del Campidoglio, 1

00186 Roma

ITALIA

Fax: +39 06 6794 759

Email: [email protected]

[email protected]

Il Ministro dell’Interno

Roberto Maroni

Ministro dell'Interno

Palazzo del Viminale

Via Agostino Depretis, 7

00184 Roma

ITALIA

Fax: +39 064 654 9815

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CONCLUSIONE

Il “Piano nomadi” è concepito in modoinadeguato. Non risolverà i problemi socialida cui ha preso le mosse né assicurerà ilgodimento del diritto all’alloggio allamaggior parte dei rom interessati. È veroche la qualità delle strutture abitative e ilpiù ampio accesso ai servizi nei nuovicampi potranno offrire migliori condizioni divita a molti rom che si trovano attualmentenei campi “autorizzati” e in quelli “tollerati”.

Ciò nonostante, molti sono riluttanti aessere trasferiti poiché temono di averecattivi rapporti con i nuovi vicini, di perderebeni personali e di vedere interrotta lafrequenza scolastica dei figli. Per molti romla domanda rimane la stessa: perché esserespostati da un campo all’altro? Così come ladomanda di coloro cui non verrà neancheproposto un campo: che fine faremo?

Nella sua forma attuale, il “Piano nomadi”non dovrebbe essere attuato. C’è urgente

bisogno di un piano adeguato, che nascada un’effettiva consultazione coi rominteressati e che mostri profondo rispettoper i loro diritti umani. Se non saràarticolato su queste basi, non avrà alcunapossibilità di successo.

copertina: Il container del campo di Tor de’ Cenci

dove vive la famiglia Abaz, settembre 2009.

© Amnesty International

LA RISPOSTA SBAGLIATAITALIA: IL “PIANO NOMADI” VIOLA IL DIRITTO ALL’ALLOGGIO DEI ROM A ROMA

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UN ALLOGGIO ADEGUATOÈ UN DIRITTO UMANO