La ricezione di Nolte in Italia · La ricezione di Nolte in Italia 537 Da questo punto di vista, la...
Transcript of La ricezione di Nolte in Italia · La ricezione di Nolte in Italia 537 Da questo punto di vista, la...
La ricezione di Nolte in ItaliaPier Paolo Poggio
La ricezione italiana dell’opera di Nolte presenta aspetti di notevole interesse per lo studio della revisione radicale del giudizio storico sul fascismo e il nazismo. Sino allo Historikerstreit la sua presenza nella cultura italiana, non solo in ambito storiografico, è molto limitata, le sue posizioni e interpretazioni vengono sottoposte a dure critiche in ambito specialistico. In pratica Nolte ha in Italia un unico interlocutore, sia pure di rilievo, nel filosofo cattolico Augusto Del Noce.La situazione cambia profondamente dalla seconda metà degli anni ottanta, allorché Nolte incontra un crescente successo e diventa un beniamino della stampa quotidiana e periodica come in nessun altro paese al mondo. In campo storiografico permangono diffidenze e posizioni critiche, dovute anche al radicalismo di alcune affermazioni di Nolte in materia di antisemitismo e sullo sterminio degli ebrei. Lo stesso Renzo De Felice e la sua scuola mantengono forti distinzioni rispetto all’interpretazione noltiana delle ideologie contemporanee. Nondimeno, grazie in primo luogo all’interdipendenza tra comuniSmo e nazismo, gulag e Auschwitz, provocatoriamente proposta da Nolte, egli diventa un punto di riferimento obbligato nella riscrittura della storia del Novecento, nella costruzione del revisionismo storico come impresa politico-ideologica direttamente gestita dai media.Queste tematiche generali costituiscono lo sfondo di un’analisi che cerca di ricostruire, in modo dettagliato, i percorsi della ricezione di Nolte in Italia, attraverso l’esame dei principali e più significativi contributi dedicati alla storiografia filosofica dello studioso tedesco.
The reception ofNolte’s works in Italy appears particularly interesting fo r the study o f the sharp revision o f the judgement about Fascism and Nazism characterizing the media scene in recent times. Up until the Historikerstreit Nolte’s presence in Italian culture had been rather feeble, not only at historiographic level, his positions and interpretations having been harshly criticized by the specialists. Nolte had found in Italy just one single though remarkable interlocutor, the catholic philosopher Augusto Del Noce. The scenery underwent a dramatic change in the late Eighties, when Nolte met growing success in newspapers and magazines like nowhere else in the world. Still, among the historians there remained distrust and criticism, mainly due to certain Nolte’s propositions on anti-Semitism and the Holocaust. Renzo De Felice himself and his followers marked their distance from Nolte’s interpretation o f contemporary ideologies. With all this, thanks to his provocative assumption o f the interdependence o f Communism and Nazism, the Gulags and Auschwitz, Nolte has been turned into a fixed term o f reference in the revisitation o f the 20th Century history, at least insofar as such task has been directly undertaken by the media system. These topics go to make up the framework o f an analysis tending to reconstruct in detail the course ofN olte’s fortune in Italy, through an examination o f the most authoritative and meaningful comments concerning the historical writings o f the German scholar.
‘Italia contemporanea”, settembre 1998, n. 212
536 Pier Paolo Poggio
Le tesi revisioniste di Ernst Nolte, ampiamente divulgate nella pubblicistica italiana, debbono essere lette aH’intemo della sua ricca, seppur ripetitiva, produzione saggistica. In secondo luogo, è necessario collocarle nel dibattito politico-storiografico tedesco, in un arco temporale che va al di là delVHistorikerstreit. Ciò tanto più perché la ricezione delle tesi noltiane è avvenuta in Italia senza tenere conto né dell’evoluzione del suo pensiero né dei percorsi tedeschi del revisionismo storico. Una ricostruzione analitica non è possibile in questa sede. Mi limiterò a segnalare alcuni dati: nel 1978 un importante storico di destra, Hellmut Diwald, pubblica una Geschichte der Deutschen1 in cui minimizza il genocidio ebraico mettendo l’accento sul dramma dei tedeschi espulsi dall’Est; nel 1982 Kohl va al governo e Bernard Willms pubblica Die Deutsche Nation2, una sorta di manifesto del neonazionalismo, scagliandosi contro il complesso di inferiorità imputato ad “Auschwitz”. Il 5 maggio del 1985 c ’è la visita di Kohl e Reagan al cimitero militare di Bitburg “per voltare una pagina della storia” ... In questo clima i progetti di musei di storia tedesca a Berlino e Bonn sono al centro di forti polemiche. Si moltiplicano gli interventi e gli scritti di storici come Hillgruber e Stiirmer, che è anche consigliere politico di Kohl, favorevoli ad una revisione della storia recente della Germania, in nome del binomio patria-nazione.
Nella seconda metà degli anni ottanta, infine, si afferma una nuova leva di storici e politologi, a volte di ex nuova sinistra, che propugnano una revisione modernizzante del nazismo. L’incontro di Nolte con questi neorevisionisti, capeggiati da Rainer Zitelman, viene sancito dalla pubblica
zione del volume collettivo Die Schatten der Vergangenheit. Impulse zur Historizierung des Nationalsozialismus3 dove la storicizzazione modernizzante del nazismo è funzionale alla riproposta di uno Stato pangermanico di potenza4.
Gli echi italiani di queste vicende e tematiche sono limitatissimi, mentre Nolte, a partire dalla divulgazione della sua spiegazione causale del nazismo e di Auschwitz ad opera del comunismo e del gulag, acquista da noi una popolarità e un successo sorprendenti, di sicuro non limitati ad un pubblico di sentimenti neofascisti.
Nei primi anni novanta, la presenza di Nolte sulla grande stampa è molto frequente. Egli diventa l’intellettuale tedesco a cui rivolgersi per avere lumi su quel che avviene nella Germania riunificata. A titolo esemplificativo: nel 1992 le ondate di violenza xenofoba e le manifestazioni plateali di antisemitismo preoccupano, da cui la ripetuta, ingenua, domanda riguardo la possibile rinascita del nazismo. Per Nolte una doppia assurdità, visto che non solo da tempo si è chiusa l’epoca del fascismo ma anche il comunismo è finito e quindi non ci può essere rinascita del nazismo. Nolte non manca però di segnalare una situazione che può alimentare l’inevitabile reazione alle utopie della sinistra: il forte abuso nel diritto d ’asilo, che caratterizza la Germania sottoposta ad una pericolosa invasione straniera5.
In sostanza egli diventa un opinionista e una sorta di guida spirituale per orientarsi nella storia del tempo presente. Una posizione senza eguali per un intellettuale straniero, un piccolo ma significativo fenomeno storico-politico che non può essere analizzato unicamente sul piano del dibattito storiografico, a cui qui ci limitiamo.
Relazione presentata al convegno “Fascismo e antifascismo: rimozioni, revisioni, negazioni. La storia d’Italia dal fascismo alla Repubblica nel contesto europeo” (Roma 21-23 aprile 1998), organizzato dalla Fondazione Corpo volontari della libertà, con la collaborazione dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e della Fondazione Luigi Micheletti.1 Hellmut Diwald, Geschichte der Deutschen, Frankfurt a.M., 1978.2 Bernard Willms, Die Deutsche Nation, Koln-Lòveniche, Hohenheim Verlag, 1982.3 Frankfurt a.M.-Berlin, Ullstein, 1990.4 Cfr. Karl Heinz Roth, Revisionisi Tendencies in Historical Research into German Fascism, “International Review of Social History”, 1994, n. 39, pp. 445-446. Sul neonazionalismo, non necessariamente filooccidentale, nella recente storiografia tedesca, si veda Stefan Berger, Historians and Nation-Building in Germany after Reunification, “Past and Present”, 1995, n. 148.5 Cfr. le interviste a Ernst Nolte, pubblicate su “L’Espresso”, 13 settembre 1992, e “La Stampa”, 24 novembre 1992.
La ricezione di Nolte in Italia 537
Da questo punto di vista, la ricezione italiana dell’opera di Ernst Nolte non presenta particolari sorprese, essa incontra critiche non meno dure che in altri paesi. E ciò già a partire dall’edizione tedesca della sua prima e fondamentale opera: Der Faschismus in seiner Epoche(l963). L’anno dopo Enzo Collotti vi dedica una recensione che ne demolisce gli assunti di base e i possibili corollari. Il metodo di Nolte riflette un “nichilistico eclettismo” ed è estraneo alla storiografia; per linguaggio e problematica Nolte non si è distaccato dal suo maestro Heidegger; non si può studiare l’ideologia fascista basandosi solo sugli scritti di Mussolini e Hitler; il Mussolini di Nolte, a metà strada tra Marx e Nietzsche, è un personaggio “improbabile”. Collotti inoltre intuisce gli sviluppi possibili dell’impostazione noltiana: il fascismo diventa una filiazione del marxismo, quindi anche i suoi esiti estremi si potranno imputare al comuniSmo6 7.
La prima grande opera dello storico tedesco è l’unica che abbia ricevuto una forte e positiva, seppure critica, attenzione da parte della storiografia intemazionale. In Italia, sino a metà degli anni ottanta, l ’interesse per Nolte è molto limitato. Una riprova: nel volume XII deWEnciclo- pedia europea1, dedicato alla Bibliografia, la sezione Fascismo e nazismo a firma Valerio Castronovo, non contiene alcun riferimento alle sue opere.
Renzo De Felice inizia ad occuparsi di Nolte
alla fine degli anni sessanta col suo volume Le interpretazioni del fascismo (1969), e poi nella vasta antologia dedicata a II fascismo. Le interpretazioni dei contemporanei e degli storici ( 1970) e nell’introduzione all’edizione italiana di Die Krise des liberalen Systems und die faschistischen Bewegungen8. Per dar conto dell’impianto filosofico noltiano sottolinea la categoria di “fenomeno transpolitico”, aggiungendo però subito:
a stretto rigore, parlare di una vera e propria interpretazione del fascismo come fenomeno transpolitico è, per lo meno, eccessivo. Questa interpretazione, infatti, è stata praticamente sostenuta solo da Ernst Nolte.
Inoltre essa è stata attaccata un po’ da tutte le parti, solo George L. Mosse, non la ha liquidata sbrigativamente9.
Per parte sua, De Felice trova la tipologia noltiana interessante ma discutibile: innanzitutto ritiene inaccettabile inserire V Action française nel fenomeno fascista e rimprovera a Nolte una dilatazione troppo ampia della categoria di fascismo, inoltre attribuisce una portata ideologica eccessiva alla fraseologia corrente del linguaggio politico, come nel caso del preteso marxismo di Mussolini. Abbastanza esplicitamente dice che Nolte gli interessa in rapporto ad Augusto Del Noce e, attraverso l’analisi delle posizioni di quest’ultimo, emerge una critica radicale a ll’impianto di IIfascismo nella sua epoca10: infatti per
6 Cfr. Enzo Collotti, “Studi storici”, 1964, n. 4, pp. 792-795. Il volume di Nolte, Der Faschismus in seiner Epoche. Die Action Française. Der italienische Faschismus. Der Nationalsozialismus (München, Piper, 1963), venne tradotto in italiano presso Sugar, con il titolo I tre volti del fascismo (Milano, 1966), sostanzialmente rispondente al contenuto ma successivamente deprecato perché collegava strettamente fascismo e nazismo, contrariamente a quanto previsto dal nuovo paradigma revisionista: all’edizione del 1993 verrà dato il titolo II fascismo nella sua epoca. I tre volti del fascismo, Varese, SugarCo, 1993. All’epoca l’editore milanese si era specializzato nella pubblicazione di opere eretiche o marginali, prevalentemente di sinistra o estrema sinistra, non senza qualche puntata sul versante opposto (ad es. Paul Serant, Romanticismo fascista, Milano, 1961). Nel 1970, presso II Mulino, viene pubblicato Ernst Nolte, Die Krise der liberalen Systems und die faschisten Bewegungen (München, Piper, 1968). Sino a dopo 1’Historikerstreit non ci sono altre traduzioni italiane di opere dello storico tedesco; non verranno così mai tradotte due opere che questi considera fondamentali: Deutschland und der Kalte Krieg, München, Piper, 1974 e Marxismus und industrielle Revolution, Stuttgart, Klett-Cotta, 1983, che compongono, con Der Faschismus in seiner Epoche e Der Europäische Bürgerkrieg 1917-1945, la cosiddetta tetralogia dedicata allo studio delle ideologie contemporanee.7 Milano, Garzanti, 1984.8 Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari, Laterza, 1969; Id., Il fascismo. Le interpretazioni dei contemporanei e degli storici, Bari, Laterza, 1970; E. Nolte, La crisi dei regimi liberali e i movimenti fascisti, Bologna, Il Mulino, 1970.9 R. De Felice, Il fascismo, cit., p. 623. De Felice si riferisce a George L. Mosse, Three Faces ofFascism by Ernst Nolte, “Journal of thè History of Ideas”, oct.-dec. 1966.10 Cfr. nota 6.
538 Pier Paolo Poggio
Del Noce (e De Felice) fascismo e nazionalsocialismo sono fenomeni profondamente diversi. In conclusione, l ’interpretazione transpolitica di Del Noce, che inserisce il fascismo nell’epoca della secolarizzazione come inveramento del leninismo, gli pare “più rigorosa” e “potenzialmente più traducibile in concreta ricostruzione storiografica”11.
Il dissenso e distacco di De Felice dall’interpretazione noltiana è ribadito nella Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Ledeen, del 1975. Tra l’altro nel testo ci sono continui riferimenti a Mosse, mentre in pratica di Nolte si parla solo per una esplicita domanda di Ledeen: “Che validità ha il discorso di Nolte sull“ epoca fascista’ ?”. Risposta: “Se lo prendiamo nel senso di Nolte e dei noltiani di stretta osservanza (che sono pochi ma — salvo rare eccezioni — deleteri), in senso rigido cioè, allora non ha alcun significato”12.
Per quel che riguarda l’ideologia fascista, De Felice preferisce rimandare piuttosto all’interpretazione di Tamo Kunnas, ribadendo che “fra fascismo e nazismo [...] c ’è una profonda differenza [...] uno spartiacque molto netto che non si può ignorare”13.
Nella voce Fascismo redatta dallo storico reatino per 1 ’Enciclopedia del Novecentol4, che contiene una sezione dedicata alla discussione delle interpretazioni del fascismo come “fenomeno non solo italiano”, non vi è alcun riferimento alla posizione noltiana e la sua opera fondamentale sull’argomento non è citata in bibliografia. Si noti che anche in “Storia contemporanea”, la rivista fondata e diretta da Renzo De Felice, nel periodo 1970-1987, la presenza di Nolte è del tutto marginale, anche se la Germania, dopo l ’Italia, è di gran lunga il paese a cui sono dedicati il maggior numero di interventi. Negli anni ottanta è
piuttosto George L. Mosse che emerge “come vero e proprio ispiratore della rivista”15.
La svolta revisionista di Nolte si può far risalire agli anni della “contestazione” quando, insegnando all’Università di Marburgo, si scontrò duramente con gli studenti di orientamento neomarxista che facevano riferimento a Wolfgang Abendroth. Dal 1973 è professore di Storia moderna alla Libera Università di Berlino; la sua tesi su fascismo e nazismo come risposte eccessive ma necessarie al bolscevismo risalgono a quest’epoca. Nel 1974 pubblica Deutschland und der Kalte Krieg16 17, non tradotto in italiano. È l ’anno in cui esce in Occidente LArcipelago Gulag di Solzenicyn, quasi ignorato in Italia, ma che ha effetti dirompenti negli ambienti intellettuali europei . In questo periodo e, ancora per diverso tempo, Nolte non ha alcuna udienza presso il grande pubblico; un suo articolo pubblicato il 24 luglio 1980 sulla “Frankfurter Allgemeine Zei- tung”, in cui comincia a collegare Auschwitz ai genocidi dei bolscevichi, resta senza echi; nel 1983 esce Marxismus und industrielle Revolution'1 , molto importante per capire il progetto complessivo perseguito da Nolte, opera anch’es- sa non tradotta in Italia.
Nell’estate del 1986 scoppia VHistorikerstreit e tutti i commentatori attribuiscono a Nolte il ruolo di leader dello schieramento revisionista, soprattutto per il carattere estremo e provocatorio delle sue posizioni, dovuto in primo luogo all’operazione relativizzante che egli compie sul concetto-simbolo di “Auschwitz”.
Anche da noi viene colta per tempo la portata della posta in gioco e individuato l’obiettivo della strategia noltiana: “propugnare la tesi che il vero male assoluto è l’idea della rivoluzione
11 R. De Felice, Il fascismo, cit., p. 634. De Felice richiama questo giudizio e utilizza le stesse parole nell’intervento pubblicato su “Il Tempo”, 2 febbraio 1990, in occasione della morte del filosofo piemontese.12 R. De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, Bari, 1975, p. 85.13 R. De Felice, Intervista sul fascismo, cit., p. 101.14 Roma, Treccani, 1977, voi. II.15 Marco Palla, Due poli del dibattito e della ricerca: "Storia contemporanea" e “Rivista di storia contemporanea", “Movimento operaio e socialista”, 1987, n. 1-2, pp. 63-76.16 Cfr. nota 6.17 Cfr. nota 6.
La ricezione di Nolte in Italia 539
democratica ed egualitaria”; con l’avvertimento che “questo tipo di revisione storiografica ha potenzialità espansive più grandi di quanto non si pensi”18.
In un primo momento la stampa italiana si dimostra prudente e affida l ’interpretazione e commento del paradigma revisionista sulla priorità logica e fattuale del genocidio di classe rispetto a quello razziale ad uno studioso di grande autorevolezza: George L. Mosse. Intervistato sul “Corriere della sera”, il 20 febbraio 1987, questi esprime un giudizio molto netto: quello tra campi di sterminio e gulag staliniani “è un parallelo assurdo e antistorico” che mira “a minimizzare le responsabilità della Germania nazista”. E ancora:
Ernst Nolte è un estremista isolato. Avevo già criticato il suo libro “I tre volti del fascismo” pubblicato oltre vent’anni fa. E non ritengo conti molto nella cultura tedesca19.
Pochi giorni dopo, su “Il Giornale” del 26 febbraio 1987, in un colloquio con Marcello Stagliene, è lo stesso Renzo De Felice a rifarsi a Mosse, prendendo le distanze da Nolte:
Sul piano storico, a mio parere, non bisogna assoluta- mente parlare, come fa Nolte, di un prima e di un dopo, dell’arcipelago Gulag che precede Auschwitz, né fare il confronto tra il numero delle vittime. Per me il discorso è un altro, già impostato da qualche anno con estrema linearità da uno storico del calibro di George Mosse.
Bisogna partire, aggiunge De Felice, dalla prima guerra mondiale, una guerra di masse, tecnologie, ideologie, in cui cambia l’immagine del nemico, in cui si impone la “brutalizzazione della vita” e prende piede il terrore come principio po
litico. Come è noto questa è una delle critiche principali che sarà da più parti rivolta al libro di Nolte dedicato a La guerra civile europea 1917- 194520.
Enzo Collotti, intervenendo nel dibattito tra gli storici nel numero del gennaio 1987 della “Rivista di storia contemporanea”, inserisce la recente valorizzazione delle tesi noltiane nella svolta neoconservatrice della politica tedesca e critica in particolare Hillgruber, storico decisamente più autorevole di Nolte, perché con il suo discorso sulla necessaria resistenza dei soldati tedeschi ad Est “volontariamente o involontariamente [...] rischia di attribuire all’Armata rossa la responsabilità dello sterminio degli ebrei”21.
In un successivo articolo del 5 marzo 1987, apparso su “Il Manifesto”, Collotti sottolinea il carattere programmato della guerra nazista come guerra di sterminio, e stigmatizza il tentativo di scaricare il nazismo delle sue responsabilità, con il “catapultarle fuori dalla storia, nel campo metastorico e metapolitico dell’antropologia e della psicologia sociale o individuale”22.
Nel frattempo si va delineando un diverso atteggiamento, che oscilla da una sottolineata equidistanza ad una decisa apertura di credito verso le posizioni di Nolte e dello schieramento di cui egli finisce con l’essere, soprattutto da noi, l ’indiscusso capofila e principale protagonista23.
Ma la svolta è segnata da un articolo di Augusto Del Noce apparso su “Il Tempo” del 5 aprile 1987. Per Del Noce, non solo il rapporto tra bolscevismo e nazismo, lager sovietici e nazisti, è legittimo, ma essi sono la stessa cosa, hanno la stessa origine. Si tratta di capire da dove venga l’idea della “nientificazione” del nemico, lo scatenarsi della violenza assoluta. Tutto deriva dal
18 Stefano Petrucciani, Peccatucci di un antibolscevico, “Il Manifesto”, 13 gennaio 1987.19 Cfr. Lorenzo Cremonesi, Hitler e Stalin: due massacri a confronto, “Corriere della sera”, 20 febbraio 1987. Mosse non cambierà mai giudizio: a suo avviso l’operazione condotta da Nolte è da ricondurre sotto la categoria di “giustificazionismo” del passato nazista.20 Cfr. Marcello Staglieno, La politica sulle ombre del passato, “Il Giornale”, 26 febbraio 1987. Il corsivo è nel testo.21 E. Collotti, C’era una volta Hitler..., “Rivista di storia contemporanea”, 1987, n. 1, p. 5.22 E. Collotti, Il genocidio nazi: progetto politico non peripezia, “Il Manifesto”, 5 marzo 1987.23 Si vedano gli interventi di Ernesto Galli della Loggia, “Panorama”, 7 marzo 1987, e di Gian Enrico Rusconi, “La Repubblica”, 12 maggio 1987.
540 Pier Paolo Poggio
progetto rivoluzionario di cambiare il mondo, realizzare il paradiso in terra, creare un “uomo nuovo”. La conclusione è netta: “di violenza e sterminio si può parlare soltanto a proposito dell’ideologia rivoluzionaria, per diverse che siano le forme che può assumere”. Né vale l’obiezione scontata circa il carattere reazionario del nazismo, il suo militante impegno antirivoluzionario, la sua resistenza al comuniSmo. Del Noce liquida la cosa affermando che “in realtà non soltanto il nazismo interpretò se stesso come fenomeno rivoluzionario, ma in realtà lo fu”24.
Nel corso del 1987 ed inizi dell’anno successivo i riflessi italiani dell’Historikerstreit sono molto intensi, oltre che sui giornali e settimanali, sulle riviste specializzate (“Italia contemporanea”, “Passato e presente”, “Qualestoria”, “Rivista di storia contemporanea”, “Storia contemporanea”, ecc.) e anche su riviste di cultura generale come “Micromega”, “Il Mulino”, “Nuovi argomenti”. Einaudi pubblica, a cura di Gian Enrico Rusconi, una fortunata silloge del dibattito tedesco: Germania, un passato che non passa. I crimini nazisti e l’identità tedesca. Nell’autunno 1987, prima a Roma, poi a Torino, vengono organizzati due convegni intemazionali sull’argomento. Intanto, alla Fiera di Francoforte, Nolte presenta il suo volume Der Europäische Bürgerkrieg 1917-1945. Nationalsozialismus und Bolschewismus, per i tipi della casa editrice Propyläen-Ullstein, che sarà prontamente tradotto e pubblicato in Italia presso Sansoni25. Dai re- socon.ti giornalistici la sua posizione si staglia sempre più nettamente, anche perché sembra che egli si batta da solo contro tutti. Nicola Tranfa- glia, commentando il convegno di Torino organizzato dal Goethe Institut, segnala che “si sono riprodotte le posizioni” del dibattito tedesco: “da una parte Ernst Nolte” (che ha preso parte ai la
vori) “dall’altra parte, tutti gli altri studiosi [...] unanimi nel ritenere infondato, o almeno ancora tutto da provare, il nesso causale tra bolscevismo e nazionalsocialismo”26.
In un altro interessante commento al convegno torinese, apparso su “La Stampa”27, Galli della Loggia attacca gli storici tedeschi avversari di Nolte, accusandoli di dietrologia e di operare una demonizzazione delle sue tesi, sottolineando invece la spregiudicatezza dell’intervento di Renzo De Felice che aveva “tirato in ballo le oggettive responsabilità nello sterminio degli Ebrei della politica roosveltiana della resa incondizionata”. Mentre si va delineando lo schieramento favorevole a Nolte e cresce il suo successo presso gli organi di informazione, viene introdotto il leitmotiv che accompagnerà, parallelamente a quella di De Felice, la sua fortuna massmediatica, segnata dalla continua reiterazione della coppia demonizzazione-vittimizzazione.
Galli della Loggia introduce anche un’altra riflessione, nei suoi termini generali ampiamente condivisibile. “Non è facile capire perché - egli si chiede - proprio in Italia più che in qualsiasi altro Paese del mondo [...] abbia avuto tanta eco VHistorikerstreit”. In effetti, a suo avviso,
il centro vero della discussione aperta a suo tempo da Habermas con il suo feroce attacco [corsivo mio] a Nolte in realtà non riguarda tanto il giudizio etico-politico sul nazionalsocialismo [... ] quanto piuttosto quel paradigma essenziale di tutto il nostro universo ideologico che è il paradigma destra/sinistra.
In paesi come l ’Italia e la Germania, con un’esperienza di tipo fascista, solo uno dei due termini è stato bollato con un “carattere di negatività assoluta”. Nolte fa scandalo perché spezza tale paradigma, che è poi quello dell’antifascismo. Ne consegue che può anche essere sba-
-4 Augusto Del Noce, Perché non c’è diversità nella violenza di Stalin e di Hitler, “Il Tempo”, 5 aprile 1987. Si veda anche Id., Filo rosso da Mosca a Berlino, “Il Sabato”, 11-17 aprile 1987.-5E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945, con un saggio di G. E. Rusconi, Milano, Rizzoli, 1996 (questa edizione Bur-Supersaggi, che utilizzeremo per le nostre citazioni, è identica a quella uscita da Sansoni nel 1988).26 Nicola Tranfaglia, Quel passato che non passa, “La Repubblica”, 7 novembre 1987.27 E. Galli delia Loggia, La colpa tedesca, “La Stampa”, 19 novembre 1987.
La ricezione di Nolte in Italia 541
gliata la sua riduzione del nazismo ad antibolscevismo, però ha avuto il merito di problematizzare una dicotomia bloccata28.
Sotto il titolo Historikerstreit e dintorni: una questione non solo tedesca, la rivista “Passato e presente” offre un bilancio anche del versante italiano del dibattito29. Wolfgang Schieder fa notare che gli echi di questo dibattito all’estero si sono avuti più che altro in Italia e in Israele, il nodo riguarda quindi il rapporto degli italiani e dei tedeschi con il loro passato, con speciale riferimento alla persecuzione e sterminio degli ebrei. Gustavo Comi sottolinea una serie di simmetrie e asimmetrie: in Germania non c ’è stata eco del dibattito italiano, in Italia non si è tratta alcuna conseguenza dall’andamento e dagli esiti del dibattito tedesco; c ’è un evidente parallelismo tra la polemica tedesca sulle tesi di Nolte e quella italiana su De Felice. Infine, nella stampa l’aspetto politico ha oscurato del tutto le questioni storiografiche.
Si può aggiungere che, con perfetto parallelismo rispetto al significato àeXPHistorikerstreit in Germania, il successo italiano di Nolte è da collegare alla ridefinizione dell’identità nazionale e della forma statuale, con il venir meno dell’assetto definito dagli esiti della seconda guerra mondiale. Ma, mentre in Germania la crisi si risolve nell’unificazione e nel rafforzamento dei partiti tradizionali (di chiara ascendenza storica anticomunista e antifascista), in Italia si ha invece una radicalizzazione del dualismo e delle fratture territoriali, accompagnate dal successo politico di forze di ascendenza storica comunista e fascista.
Nel 1988 esce Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945. L’e
dizione italiana dell’opera più significativa e controversa di Nolte è preceduta da un saggio di Gian Enrico Rusconi. La tesi fondamentale del libro, leggermente oscurata dall’inversione tra titolo e sottotitolo rispetto all’originale, è che il periodo 1917-1945 sia sintetizzabile come epoca della “guerra civile europea”. Nonostante il successo italiano di Nolte, in campo pubblicistico e storico-politico, e d ’altro canto l’influsso ancor più profondo e solido che ha avuto da noi Cari Schmitt, sul piano politico e filosofico, non c ’è stata un’effettiva discussione storiografica del concetto di guerra civile ripreso da Nolte, né per il periodo 1917-1945, né per l’ampliamento spazio-temporale, per altro anch’esso di origine sch- mittiana, proposto con il saggio Weltbiirgerkrieg 1917-1989?30. Già l’introduzione di Rusconi evitava di entrare nel merito della valutazione storiografica dell’impianto noltiano. Come ha osservato Franco De Felice,
l ’introduzione di Gian Enrico Rusconi è molto precisa nel ricostruire le categorie analitiche di Nolte, ma non dice praticamente nulla sulla fondatezza storica della tesi e sulla semplificazione del quadro31.
Bisognerà attendere il libro di Domenico Losurdo Il revisionismo storico. Problemi e miti32, per una discussione del quadro interpretativo noltiano basato sul concetto di guerra civile; il tutto, per altro, calato in un contesto di conflitti ideologici di lungo periodo, evitando, quindi, ancora una volta, una verifica storiografica ravvicinata. Come avviene in Nolte, il comparativismo oscura la natura e le dimensioni specifiche di nazismo e comunismo, siano essi tematizzati in termini di
28 Cfr. E. Galli della Loggia, La colpa tedesca, cit.29Cfr. Wofgang Schieder e Gustavo Comi [interventi su], Historikerstreit e dintorni: una questione non solo tedesca, “Passato e presente”, 1988, n. 16.30 Si tratta di una conferenza pubblicata originariamente in E. Nolte, Lehrstück oder Tragödie? Beitrage zur Interpretation des 20. Jahrhunderts, Köln, Böhlan, 1991. La prima traduzione italiana è apparsa, con qualche taglio, in “L’Italia-settimanale”, 10 marzo 1993; successivamente in E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia? La guerra civile mondiale e altri saggi, a cura di Francesco Coppellotti, Perugia, Settimo sigillo-Perugia University Press, 1994.31 Franco De Felice, Politica interna-politica estera in Italia dall’unità alla seconda guerra mondiale, in Cristina Cassina (a cura di), La storiografia sull’Italia contemporanea, Pisa, Giardini, 1991, p. 33n.32 Domenico Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, 1996.
542 Pier Paolo Poggio
totalitarismo o di policrazia, compromettendo anche l’analisi delle loro dinamiche intemazionali, rispetto a cui pare riduttiva la categoria di “seconda guerra dei Trent’anni” che Losurdo propone sulla scorta di Amo J. Mayer.
Le recensioni, in sede storiografica, dedicate a Nazionalsocialismo e bolscevismo sono largamente di segno negativo. Gustavo Comi in “Italia contemporanea”33 critica Nolte per il suo metodo, sostenendo che non è quello di uno storico e che egli non dimostra le sue tesi ed incorre in diversi errori di fatto. Più in generale estrapola il nazismo dalla storia tedesca. Accenti critici contraddistinguono anche la recensione di Pier Paolo Portinaro apparsa in “Teoria politica”34: il ritorno alla categoria del “totalitarismo” è contrassegnato da un’attenzione esclusiva e fortemente semplificatrice per le ideologie, senza che il nesso bolscevismo-nazismo sia dimostrato in modo adeguato.
Infine Collotti, intervenendo su “L’Indice”35, sottopone a critica le categorie di “guerra' civile” e “totalitarismo”, segnala l ’antisemitismo originario di Hitler e respinge l’assurda pretesa dei “revisionisti” di avere il monopolio della scientificità, dell’avalutatività.
Si noti che anche la recensione apparsa a firma Guglielmo Salotti in “Storia contemporanea”36 non è particolarmente favorevole: Nolte sarebbe affetto da psicologismo e ideologismo. Una conferma della posizione critica della rivista defeliciana si può trovare qualche anno dopo nel giudizio di Gian Luca Sadun Bordoni a proposito della Intervista sulla questione tedesca apparsa da Laterza nel 199337. Si respinge la riduzione del nazismo ad anticomunismo e si mette in guardia dalla ripresa noltiana dei temi della “Rivoluzione conservatrice”, “con tutta l’ambiguità che questo comporta”.
In ogni caso, il contributo più impegnativo sul
revisionismo noltiano resta il saggio introduttivo di Gian Enrico Rusconi. Presentando l’edizione italiana di La guerra civile europea 1917-1945, Rusconi afferma subito che il libro di Ernst Nolte “potrebbe diventare un classico del ‘revisionism o’ storiografico tedesco” . L’analisi che ne compie contiene diversi spunti critici, ma nel complesso egli riconosce a Nolte la capacità di sollevare “interrogativi e dubbi su questioni che si ritenevano chiuse o addirittura inesistenti”. In particolare per quel che riguarda il “nesso causale” tra gulag ed Auschwitz, dopo aver formulato l’auspicio che anche in Unione Sovietica si possa liberamente leggere L’Arcipelago Gulag di Solzenicyn, Rusconi ritiene “che quello che Nolte presenta come un ‘risultato’ sicuro del suo libro si possa considerare soltanto un’ipotesi di ricerca da vagliare con maggiore accuratezza e con un apparato analitico più raffinato”38.
Le osservazioni critiche concernono soprattutto la drastica semplificazione del quadro storico operata da Nolte per far valere il suo assunto della guerra civile europea, così che la borghesia è dipinta come un tutto omogeneo, terrorizzato dal marxismo, il comunismo tedesco è ridotto ai suoi tentativi insurrezionali, l ’Europa è vista nell’ottica di Weimar, la cui storia è schiacciata nella visione ideologica dei due partiti “anti-sistema” che si contendono il campo.
Lo sforzo di maggiore approfondimento di Rusconi è rivolto all’analisi del metodo di Nolte, che egli definisce “un approccio cognitivo alla problematica storica”. L’analisi fenomenologica delle ideologie di cui parla lo storico tedesco si traduce in una ricostruzione “della vicenda storica attraverso i processi di emozione, immaginazione, memorizzazione degli attori storici”, in cui
l’ideologia è l’espressione di emozioni di fondo [...]. L’ideologia vista come confronto/scontro di emozio-
33 G- Comi, La storiografia ‘privata’ di Ernst Nolte, “Italia contemporanea”, 1989, n. 175.34 Pier Paolo Portinaro, Mito e pensiero della guerra civile europea, “Teoria politica”, 1989 n 2-335 1989, n. 4.36 1988, n. 1.37 1993, n. 5.38 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., pp. V, XXII, XXI.
La ricezione di Nolte in Italia 543
ni verbalizzate esasperate, diventa immediatamente congruente all’ostilità o inimicizia, che è il tratto qualificante della politica. [...]In concreto, [...] cioè nella interazione tra nazionalsocialisti e comunisti, Nolte riduce e riconduce questi processi a due paradigmi: Vorbild e Schreckbild, ovvero modello esemplare da copiare e modello terrorizzante (o “spauracchio”) da anticipare per autodifesa. [...]In altre parole viene individuato un nesso diretto tra una ideologia “originaria” (quella bolscevica) e una ideologia reagente o reattiva (quella nazionalsocialista).
Attraverso una serie di esempi tratti dal libro, Rusconi sottolinea “come 1 ’ approccio cognitivo nol- tiano rischia di identificarsi con i soggetti storici in modo acritico così da non separare più realtà da fantasie proiettive”39.
Il limite principale del pur notevole contributo di Rusconi deriva dalla mancanza sia di ogni riferimento alla storiografia che ha affrontato con diverse chiavi interpretative i temi trattati da Nolte, sia di ogni indicazione circa le fonti del suo impianto, a partire dal paradigma della guerra civile europea. Rusconi evita anche di collocare Nazionalsocialismo e bolscevismo a ll’interno della produzione noltiana, almeno come opera conclusiva della cosiddetta tetralogia, inaugurata nel 1963 da II fascismo nella sua epoca. Succede così che egli segnali una contraddizione di notevole importanza senza svilupparne le implicazioni, cosa che avrebbe richiesto un confronto con 1 ’ impostazione prerevisionista del primo Nolte in merito alla questione cruciale del nazismo e dello sterminio degli ebrei.
In effetti, anche in Nazionalsocialismo e bolscevismo affiora l’interpretazione originaria, ovvero il carattere “trascendentale” dello sterminio degli ebrei. Secondo Nolte, con il nazismo si sarebbe manifestata la negazione di quel “processo storico universale che potremmo chiamare l’intellettualizzazione del mondo”. Ne consegue —
osserva Rusconi — che “il genocidio compiuto per l’instaurazione di un nuovo ordine naturale e razziale assume i connotati trascendentali di una tentata inversione della tendenza storico-mondiale”40. Al di là del linguaggio, il punto è di grande rilievo perché sintetizza l’interpretazione radicale che il primo Nolte ha dato del fascismo (e del nazismo), collocandoli nel profondo della storia europea e tedesca.
Rusconi conclude limitandosi a constatare “che in Nazionalsocialismo e bolscevismo la tesi della posizione ‘trascendentale’ del nazionalsocialismo convive con quella della sua non ori- ginarietà rispetto al bolscevismo”41. Prendendo sul serio le grandi ambizioni della storiografia filosofica noltiana, la contraddizione su indicata costituisce invece uno snodo cruciale per poterne condurre un’analisi critica42. Più in generale si può dire che la discussione dell’opera di Nolte ha risentito delle modalità della sua ricezione, strettamente dipendente dalla congiuntura politico-ideologica; di conseguenza si è tenuto poco conto deH’insieme della sua produzione, esagerandone la coerenza oppure le contraddizioni. In realtà, all’interno di un impianto indubbiamente unitario, è proprio l’analisi genealogica di fascismo e nazismo quella che subisce una vistosa e contraddittoria dislocazione interpretativa, come risulta dal confronto tra Der faschismus in seiner Epoche (1963) e Der Europäische Bürgerkrieg (1987).
Gian Enrico Rusconi è tornato ancora ripetutamente sull’argomento. La sua posizione, caratterizzata da una accentuazione negativa dei giudizi, è ben esemplificata da un saggio del 1994 intitolato Razzismo, revisionismo, negazionismo. Egli si chiede: “Come va trattato a livello pubblicistico il lavoro di Nolte che può fornire — al di là delle sue intenzioni soggettive — pretesti o argomenti giustificazionisti all’antisemitismo e
39G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit.; citazioni tratte dalle pp. VII, XIII, XVII.40 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., p. XIX.41 G.E. Rusconi, [saggio introduttivo], in E. Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo, cit., p. XX.42 Ho cercato di fornire un contributo in tale direzione in Pier Paolo Poggio, Nazismo e revisionismo storico, Roma, Manifestolibri, 1997, particolarmente alle pp. 123-155.
544 Pier Paolo Poggio
razzismo contemporaneo?”. La risposta è netta: “Ritengo che la strategia giusta sia quella di affrontare questi argomenti di petto, replicando puntualmente”43.
E, a livello pubblicistico, non c ’è dubbio, possiamo aggiungere, che il successo italiano di Nolte dipenda principalmente dal preteso rapporto causale tra bolscevismo e nazismo, gulag ed Auschwitz. In proposito Rusconi osserva che
Nolte sembra far incominciare la violenza politica collettiva dalla rivoluzione bolscevica [...] quasi che il trauma collettivo primario per l’Europa di allora non fosse la guerra [...] — si veda a questo proposito la violenza degli scritti di guerra di tutta 1 'intelligentsia europea. In secondo luogo, Nolte riduce il senso dell’intera rivoluzione sovietica alla violenza e al terrore politico — contraddicendosi rispetto ad altre sue affermazioni.
La critica più pesante riguarda comunque il disconoscimento delle radici autoctone dell’antisemitismo tedesco, anche perché “accettare l’equivalenza tra antisemitismo e antibolscevismo significa prendere come vere, alla lettera, le affermazioni, le fantasie e le menzogne dei nazisti”, scambiando “del tutto acriticamente un punto di vista soggettivo (di Hitler o di altri) come spiegazione dei fatti”44.
Ricordo infine un intervento giornalistico di Rusconi a commento della pubblicazione del carteggio tra Nolte e Del Noce. La tesi di fondo è che i due studiosi e amici, accomunati dall’interpretazione “transpolitica” delle grandi ideologie contemporanee, avevano una posizione convergente per il versante politico della loro battaglia revisionistica, ma in realtà erano profondamente divisi dal punto di vista teorico. E vero che Del Noce, anticipando Nolte, aveva sostenuto che
“il nazismo è l’esatto contrario del comuniSmo, di cui riproduce rovesciati, con completa simmetria, i caratteri”, ma al filosofo italiano preme più di tutto separare il fascismo dal nazismo, perché a suo avviso “il legame tra il fascismo e il comuniSmo italiano è più profondo di quello tra il fascismo e il nazismo”45 Come vedremo, Tito Periini, in un saggio di poco successivo, perviene a conclusioni non dissimili. La cosa è particolarmente interessante perché ne emerge che l’isolamento di Nolte, se si considera la sostanza intellettuale della sua opera, non è stato in Italia minore che in altri paesi, visto che sui temi di fondo storico-filosofici non era in sintonia neppure con il suo principale se non unico interlocutore italiano. Il che rende tanto più notevole, sconcertante e significativo, il suo successo presso i nostri organi di informazione e, si presume, presso ampie fasce di pubblico.
Augusto Del Noce fa riferimento a Nolte per la prima volta nella vasta introduzione a II problema dell’ ateismo*6 con un cenno rapido ma molto elogiativo: Der Faschismus in seiner Epoche inaugura il passaggio dalla polemica allo studio storico di un fenomeno “transpolitico”, che richiede quindi un’interpretazione filosofica. A margine si può notare che, certo per una svista, l ’autore tedesco nelle prime edizioni del libro viene chiamato Erich Nolte.
Nel carteggio tra i due studiosi, pubblicato in “Storia contemporanea”47, che inizia dal 1966, Del Noce ribadisce il giudizio già espresso e osserva la singolarissima complementarietà delle loro ricerche48. Lo scambio epistolare si interrompe poco dopo e c’è una ripresa solo dopo circa dieci anni, con due lettere del dicembre 1976 e dell’aprile 1977. Nella prima, Del Noce, rife-
43G.E. Rusconi, Razzismo, revisionismo, negazionismo, “Sisifo”, 1994, n. 28, p. 29.44 G.E. Rusconi, Razzismo, revisionismo, negazionismo, cit., p. 30.45 Cfr. G.E. Rusconi, L'amicizia degli equivoci, “La Stampa”, 23 dicembre 1993, il quale cita da un articolo di Del Noce del 1983 dal titolo Nazismo, replica tedesca a Stalin (“Il Sabato”, 26 marzo-1 aprile; già apparso in “30 giorni”, febbraio 1983), su cui torneremo, e da una lettera del medesimo a Nolte (probabilmente del novembre 1984).46 Bologna, Il Mulino, 1964.47 Cfr. Francesco Perfetti, La concezione transpolitica della storia nel carteggio Nolte-Del Noce, “Storia contemporanea”, 1993, n. 5.48 Cfr. F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 750 (lettera del 10 ottobre 1966).
La ricezione di Nolte in Italia 545
rendosi al suo saggio su II problema della definizione storica del fascismo49, apparso da poco, sottolinea il loro accordo di principio sull’interpretazione transpolitica, che però poi sviluppano in termini diversi. Anche Francesco Perfetti, nell’introduzione al carteggio, riconosce che tra Del Noce e Nolte c ’è un profondo disaccordo nell’interpretazione del fascismo, per l ’uno un fenomeno italiano, moderno, rivoluzionario, per l ’altro la faccia italiana di un fenomeno europeo controrivoluzionario e antimodemo50 51.
La risposta di Nolte è molto significativa perché non entra nel merito delle differenze e cerca di spostare il dialogo su un altro terreno. A Nolte sta stretta la definizione di “studioso del fascismo”; il libro del 1974, Deutschland und der Kal- te Krieg5] avrebbe dovuto far capire che ciò che gli interessa è “il ruolo storico dell’(estrema) sinistra”. Elogia il lavoro di Renzo De Felice sul fascismo italiano, però, aggiunge: “per lei e per me il fascismo, se vedo bene, non è mai stato r ‘essenziale’”52.
La parte più fitta e continuativa del carteggio inizia nell’agosto 1984 e prosegue sino a tutto il 1989. Nella lettera del 24 agosto 1984, Nolte ribadisce che i suoi argomenti sono la “trascendenza”, l ’“ideologia” e la “sinistra”, almeno per chi sa leggere al di là dell’immediato. Le lettere successive confermano la profonda differenza nell’interpretazione del fascismo, ma una svolta si ha nel 1985: Nolte pone il problema del superamento del passato. Il 19 luglio Del Noce gli fa pervenire copia di un suo articolo, intitolato Nazismo, replica tedesca a Stalin53. Il 10 settembre Nolte confessa al suo interlocutore: “l ’estratto mi ha colpito nel senso letterale del termine”. Egli sta preparando una conferenza sul Terzo Reich che sottotitolerà Antwort und Kopie (risposta e
copia), essi stanno andando nella stessa direzione. Nolte richiama ancora il doppio concetto di Toynbee: challenge and response (sfida e risposta)54. I termini essenziali che accenderanno VHistorikerstreit sono stati posti. Nolte sta lavorando al libro su La guerra civile europea e Del Noce si rivela un interlocutore essenziale, un “co- pensatore” se non un “coautore”.
Delle lettere successive è da segnalare quella del 4 maggio 1987 in cui Del Noce invia copia dei suoi contributi al dibattito italiano che esprimono “perfetta adesione alle sue tesi sa\Y identità qualitativa tra i campi di sterminio comunisti e quelli nazisti”. Aggiungendo poi, con un’interpretazione che in verità non coincide del tutto con quella di Nolte:
L’insistenza sull’unicità [...] dello sterminio operato dai nazisti ha portato nel campo della cultura e anche in quello della politica a un vero e proprio “dominio della falsità”. Mostruose e orribili certo le violenze dei nazisti; ma sono un aspetto di quella “violenza rivoluzionaria”, che assegna a suo compito lo sterminio dell’avversario55.
Il resto del carteggio non è particolarmente interessante, risultando ripetitivo sui temi del dibattito, mentre sugli orientamenti di fondo, filosofi- co-religiosi, riemergono le note distanze. Così Del Noce è convinto che al libro sulla Bürgerkrieg
dovrebbero dare importanza grandissima [...] gli assertori della trascendenza religiosa. Perché la sua è Punica interpretazione della storia contemporanea che si accordi con la posizione religiosa56.
Il che vorrebbe dire che il processo di secolarizzazione è reversibile, ma su questo punto Nolte
49 A. Del Noce, Il problema della definizione storica del fascismo, “Storia e politica”, 1976, n. 1.50F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., pp. 740-741.51 Cfr. nota 6.52 F. Perfetti, La concezione transpolitica delta storia, cit., p. 755 (lettera del 12 aprile 1977).53 Si tratta dell’articolo citato a nota 45.54 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 763.55 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., pp. 765-766. Il corsivo è nelForiginale.56 F. Perfetti, La concezione transpolitica della storia, cit., p. 779 (lettera del 16 marzo 1989).
546 Pier Paolo Poggio
è scettico, mentre Del Noce ammette di essere del tutto un isolato.
Infatti Nolte considera irreversibile il processo di civilizzazione-modernizzazione, mentre Del Noce — quale autentico “De Maistre redivivo” — non cessò mai dal “fare il processo a tutta l ’età moderna, di cui fascismo e antifascismo, comuniSmo e capitalismo, erano tutte quante manifestazioni, una più perversa dell’altra”57.
Si noti però che, a giudizio di Nolte, questa era fondamentalmente la posizione del suo maestro Martin Heidegger, il quale
identificò fenomeni della modernità che noi normalmente teniamo distinti. Bolscevismo, americanismo e nazionalsocialismo nel suo pensiero finirono con l’essere la stessa cosa: erano il risultato di un’evoluzione filosofica funesta58.
Ora non importa qui criticare la rappresentazione che Nolte fornisce del pensiero heideggeriano, bensì segnalare una delle motivazioni del suo rapporto con Del Noce59, un rapporto che è stato analizzato in profondità da Tito Periini in un notevole saggio del 1994. Periini si prefigge innanzitutto di fornire un’ampia sintesi delle tematiche noltiane depurate dagli elementi maggiormente polemici e contingenti; si ha così una valorizzazione del significato e dell’importanza dell’opera dello storico e filosofo tedesco, ma le questioni controverse, i punti deboli, le opzioni discutibili non vengono oscurate. Il libro su La guerra civile europea è considerato forse il più importante e stimolante, ma esso risulta “tor
mentato, irto di contraddizioni e troppo simile a un labirinto che l’autore riesce solo assai parzialmente a tenere sotto controllo”60.
L’interpretazione del rapporto nazismo-bolscevismo centrata sul trauma, sino a tradursi in orrorosa fascinazione è considerata suggestiva, ma
in tal modo il nazionalsocialismo appare solo come un fenomeno mostruosamente parassitario, dipendente a tal punto dal nemico, suo sosia malefico, da render- glisi pressoché totalmente subalterno, da diventare quasi una sorta di epifenomeno abnorme del bolscevismo stesso, smarrendo così ogni sua specificità61.
Per i due antagonisti,
soprattutto per l’antagonista reattivo, il reale e l’immaginario spesso si confondono con effetti allucinatoli in una spirale in cui sfida e risposta mettono in atto un processo che si alimenta da sé e si esaspera, oscurando ogni responsabilità e spingendo situazioni abnormi ad esiti estremi. La questione terribile de II "“olocausto” viene affrontata da Nolte quasi esclusivamente all’interno di un siffatto cerchio stregato e deformante62.
In definitiva, “la catena di atrocità in cui s’è tradotta la parabola del nazismo, viene, in ultima istanza, addebitata al bolscevismo”63. Il quale non è altro che una versione rozza, con un misto di premodemità e messianismo, del marxismo, a sua volta una miscela esplosiva di aspirazione verso una società originaria, trasparente, e di fede nel progresso. È la griglia interpretativa forgiata da
57 Norberto Bobbio, Del Noce filosofo dell’ antimoderno, “La Stampa”, 20 gennaio 1990.58 Cfr. l’intervista a Nolte di Antonio Gnoli, Il Sessantotto? Lo inventò Heidegger, “La Repubblica”, 11 settembre 1992.59 Ricordiamo comunque che Nolte, nel 1992, ha pubblicato un libro su Heidegger (Martin Heidegger: Politile und Geschich- te im Leben und Denken, Berlin, Propylaen, 1992), annunciato trionfalmente sulla stampa italiana (cfr. la citata intervista di Antonio Gnoli) e tradotto da Laterza, E. Nolte, Martin Heidegger. Tra politica e storia, Roma-Bari, Laterza, 1994, senza incontrare particolare attenzione presso i numerosi estimatori nostrani dello storico tedesco e del suo mentore filosofico. (Come in altri casi, la critica storiografica intemazionale si è espressa molto duramente sul lavoro noltiano, si veda ad esempio la recensione di Richard Wolin, “American Historical Review”, oct. 1993). Il nodo del rapporto Nolte-Heidegger è comunque molto importante: l’allievo cerca di ribaltare la pretesa colpa del maestro per i suoi rapporti col nazismo, liberandolo, assieme a tutti i tedeschi, di una responsabilità insopportabile (cfr. Dominick La Capra, Representing thè Holocaust: H¡story, Theory, Trauma, Ithaca, Cornell University Press, 1994).60 Tito Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, “Democrazia e diritto”, 1994, n. 1, p. 251.61 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 239.62 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 249.63 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 240.
La ricezione di Nolte in Italia 547
Nolte nella sua prima opera, attraverso le categorie di trascendenza pratica (incarnata dal materialismo comunista), negazione della trascendenza pratica e di quella teoretica (che caratterizza il fascismo come fenomeno epocale), coesistenza tra le due (possibile solo nella società liberale). Un equilibrio che l’ultimo Nolte considera perso a causa della vittoria illimitata del capitalismo, da cui la ripresa di motivi heideggeriani contro i rischi di dominio della tecnica mondializzata (temi oggi tipici della Nuova destra e che riprendono filoni antichi). Periini ricorda che in qualche misura Nolte e Del Noce si sono influenzati a vicenda ma sottolinea che “i rispettivi impianti filosofici di fondo sono profondamente diversi, per certi non irrilevanti aspetti addirittura inconfrontabili”64.
Secondo Del Noce, fascismo e nazismo sono fenomeni per essenza diversi. Il nazismo (cui ha riservato poche pagine) è per lui un fenomeno isolato, unico. A ll’opposto di Nolte, egli “si rifiuta di parlare a proposito del fascismo di antimarxismo”. C ’è una differenza marcata tra i due per le rispettive posizioni nei confronti del marxismo. Per Nolte esso “è, in ultima istanza, un velleitario (anche se non insensato) tentativo di sbarrare il passo alla civilizzazione come destino”; per Del Noce “è l’esito ultimo (necessario all’interno di una determinata visione della modernità) del processo di secolarizzazione e di im- manentizzazione integrale”65.
Il saggio di Periini costituisce, forse, il più serio sforzo, fatto in Italia, di comprensione dell ’opera complessiva di Nolte accostata a quella del suo principale interlocutore italiano, anche se l’autore evita di porre l’accento sul significato politico che i due interlocuotori esplicitamente attribuivano alla loro dimostrazione dell’interdi -
pendenza tra marxismo e fascismo, bolscevismo e nazismo. Più in generale, i limiti principali del lavoro, comuni a quasi tutto quello che si è scritto da noi sullo storico tedesco, sono due: da un lato la presentazione sintetica dei temi non consente di vedere lo svolgimento, i cambiamenti, le revisioni (Periini attribuisce a Nolte una coerenza e continuità che caratterizza piuttosto Del Noce che non il suo interlocutore); in secondo luogo, il fatto di trascurare totalmente la storiografia sull’argomento, le critiche e i dibattiti suscitati dall’opera di Nolte, la quale risulta così decontestualizzata, separata dall’epoca e dai conflitti in cui è nata e attraverso cui si è sviluppata.
Nella produzione successiva al volume su La guerra civile europea, Nolte ha accentuato alcune provocazioni, già presenti in esso, in tema di revisione della storia della Shoah. Tra i “punti controversi” Nolte non esita ad inserire la questione delle camere a gas, con una provocatoria apertura di credito nei confronti dei negazionisti Rassinier, Faurisson, Mattogno66.
Nolte inoltre riprende, non si può pensare inconsapevolmente, argomenti tipici di revisioni- sti-negazionisti quali David Irving e Arthur Butz, oltre a richiamarsi direttamente ad un protonegazionista quale lo storico americano Harry El- mer Barnes (a sua volta in rapporto con il fondatore del negazionismo Paul Rassinier).
Le aperture di Nolte verso le questioni sollevate dai negazionisti hanno, ovviamente, indotto questi ultimi a cercare un’allenza così preziosa. Non risulta che Nolte abbia raccolto profferte che lo avrebbero ancor più esposto agli attacchi dei suoi numerosi critici; d ’altro canto egli ha chiarito di credere nell’esistenza delle camere a gas. Risulta così curioso e significativo l ’accosta-
64 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 258.65 T. Periini, Nolte e Del Noce di fronte al fascismo, cit., p. 261.66 Si veda in particolare E. Nolte, Streitpunkte. Heutige und künftige Kontroversen um den Nationalsozialismus, Berlin, Propyläen, 1993. Meriterebbe una indagine a sé la fortuna di Nolte presso l’estrema destra italiana, allargando l’analisi anche alla cosiddetta Nuova destra che si ispira ad Alain De Benoist. Ancor più che nel caso di Renzo De Felice, si può dire che Nolte goda di un grande successo, le sue tesi sono diventate di senso comune per un’area, su altri piani, molto frantumata (cfr. Francesco Germinario, Immaginario cospirazionista, stereotipi antisemiti e neonegazionismo nella pubblicistica della destra radicale italiana dell’ultimo decennio, “Studi bresciani”, 1996, n. 9, pp. 124-125).
548 Pier Paolo Poggio
mento di Nolte ai negazionisti nell’appello (degli inizi del 1995) a favore di un revisionista svizzero, il cui libro su Auschwitz è stato vietato in Francia. Secondo i firmatari italiani, di destra e di sinistra, esisterebbe non solo un caso Jtirgen Graf ma anche un “caso Nolte”; Nolte sarebbe cioè boicottato e censurato come i revisionisti radicali del tipo Roger Garaudy, per citare il più recente acquisto della setta. Trattasi sicuramente di un accostamento abusivo ed infondato, visto anche il grande successo di Nolte presso i nostri organi di informazione67. Eppure il suo principale traduttore italiano è a sua volta convinto che lo storico tedesco sia vittima di una congiura.
Una sia pur sommaria analisi della ricezione di Nolte in Italia non può così evitare un riferimento alle posizioni e polemiche condotte dal suo traduttore Francesco Coppellotti. Il percorso di quest’ultimo è interessante per una ricostruzione del revisionismo, essendo simile a quello di alcuni esponenti francesi e italiani del nega- zionismo provenienti dall’ultrasinistra. Nel suo caso, come punto di partenza, si potrebbe prendere l ’introduzione del 1970 premessa alla pubblicazione presso Feltrinelli del volume di Ernst Bloch, Ateismo nel cristianesimo, da lui tradotto. Ovviamente qui ci interessa unicamente il ruolo di Coppellotti in rapporto a Nolte. Da questo punto di vista possono considerarsi esaurienti due postfazioni, del 1993 e 1994, che contengono elementi e formule riscontrabili poi nei ripetuti interventi sulla stampa. La prima è intitolata L ’inutile menzogna antifascista e la sua necessaria catastrofe ed è contenuta nell’edizione SugarCo di un saggio di Nolte, risalente al 1960, su Marx e Nietzsche nel socialismo del giovane Mussolini68. Coppellotti attacca l ’antifascismo, colpevole di criminalizzare ogni critica alla democrazia, utilizzando Bordiga, Del Noce, Rensi e quant’al- tro. In effetti, i termini della polemica contro l ’an
tifascismo azionista ricalcano quella sviluppata da Giacomo Noventa, a sua volta ispiratore di Del Noce, che però non viene mai citato ed è evidentemente considerato inutilizzabile per le sue posizioni decisamente filoresistenziali. In mezzo ad accostamenti vertiginosi, Mussolini viene contrapposto a Carlo Rosselli, ma risulta perdente nel confronto con Alfred Sohn-Rethel! Comunque “la verità è che Mussolini usa Nietzsche quasi come una bussola marxista [...] il vero Nietzsche, quale egli stesso volle essere: fdosofo e politico”69.
Secondo Coppellotti, a differenza di quanto ripetutamente dichiarato dallo stesso Nolte, l’Italia non ha affatto riservato un’accoglienza favorevole alle opere dello storico-filosofo tedesco. O meglio, questo è avvenuto, ma per un breve periodo di tempo. I rappresentanti della casta intellettuale dominante, gli antifascisti
lo hanno corteggiato-prefato-intervistato sino a quando la Germania sembrava dover assumere il ruolo di Stato guida in Europa. Dopo di che gli hanno dichiarato l’ostracismo in tutte le scuole della Repubblica70 71.
Questo è avvenuto, spiega in nota Coppellotti, quando un complotto, con l ’uccisione del presidente della Deutsche Bank e del presidente dell’“Iri tedesca”, ha fatto fallire il progetto neoegemonico tedesco. Chi guidava il complotto? Non è detto ma si sa...
Non meno sconcertante è la postfazione 1 che Coppellotti scrive per il volume noltiano da lui curato, Dram ma dialettico o tragedia? La guerra civile m ondiale e altri saggi11, che contiene anche una prefazione e una postfazione 2, sempre di Coppellotti.
Accenniamo solo alla postfazione I, intitolata Un dramma didattico: la ricezione necessariamente fa lsa di Nolte in Italia. Necessariamente falsa perché basata su un equivoco iniziale “l’i-
67 Antisemitismo la polemica, “La Lente di Marx”, 1995, n. 3.68 Si tratta di E. Nolte, Marx und Nietzsche im Sozialismus des Jungen Mussolini, Berlin, Historische Zeitschrift, 1960.69 Cfr. E Coppellotti, L’inutile menzogna antifascista e la sua necessaria catastrofe, in E. Nolte, Il giovane Mussolini. Marx e Nietzsche in Mussolini socialista, Milano, SugarCo, 1993, p. 162.70 F. Coppellotti, L’inutile menzogna antifascista, cit., p. 158.71 Cfr. nota 30.
La ricezione di Nolte in Italia 549
scrizione d ’ufficio di Nolte al partito progressista o almeno di centro sinistra”. Al contrario, l’opera di Nolte è del tutto unitaria in quanto
interpretazione revisionistica (perché filosofica — e non vale il reciproco) della storia. Essa si propone di dimostrare [la] coerenza organica tra la Weltanschauung hitleriana e le azioni compiute72.
Questa volta il malcapitato Sohn-Rethel è posto in collegamento con Hitler, entrambi sarebbero impegnati ad eliminare fino alle radici la “seconda natura”, l ’artificializzazione, tipica della società giudaizzata per l’uno, causata dalla invenzione del denaro per l’altro.
Coppellotti non tiene conto dell’apprezzamento espresso da Nolte per Rusconi nella prefazione all’edizione italiana di La guerra civile europea, sostenendo che tra i due esiste “una vera incompatibilità”, dato che Rusconi interpreta la nazione come senso civico, come fatto culturale, senza capire che essa “presuppone una continuità sostanziale”. Questo motivo völkisch non viene però sviluppato e il resto della postfazione è dedicato ad attacchi contro Canfora, Salvado- ri, Mosse, nonché contro “l ’antifascistissimo editore che ha tradotto La guerra civile europea ’17- ’45” (cioè Sansoni) che avrebbe “cercato in tutti i modi di rendere difficile la lettura delle sue stesse versioni noltiane”73 74.
Anche Alberto Krali, che ha curato per Laterza VIntervista sulla questione tedesca14, nella postfazione a tale libro affronta la questione del successo italiano dell’opera di Nolte, a fronte delle chiusure americane e dello scarso interesse francese. “Decisivo — per lui — è il fatto che anche l ’Italia, come la Germania, abbia un passato fascista, un passato che accomuna per larga parte le esperienze storiche dei due paesi” 75. Krali non si sofferma sull’abusato, preteso, nesso causale
tra comunismo e nazismo, preferendo sottolineare le radici culturali tedesche del particolarismo militante: “nel ricollegarsi alle tradizioni della cultura tedesca Hitler aveva visto giusto, giocando sulle aspirazioni inconsce del suo popolo”76. Egli conclude con una assurda valorizzazione della categoria della guerra civile europea, con la quale, a suo avviso, si spiega perfettamente10 sterminio programmato ed asettico di bambini, donne, anziani, cosa che in questi termini non è riscontrabile in Nolte.
Come già detto, Domenico Losurdo ha avuto11 merito di collegare costantemente Nolte agli autori da cui questi trae ispirazione, in particolare Burke e Schmitt. Egli evidenzia una netta differenza di valutazione tra il primo Nolte, disposto a riconoscere un fondamento alla rivoluzione russa, e quello revisionista che fa del bolscevismo un sinonimo di barbarie asiatica, fornendo ampie giustificazioni ad Hitler, soprattutto per la sua guerra di conquista ad Est. In sintesi:
Schmitt e Nolte esprimono uno spirito di crociata e una visione manichea dei conflitti intemazionali ben più dei giacobini o dei bolscevichi da loro denunciati e, talvolta, brillantemente analizzati77.
Secondo Losurdo, il revisionismo di Nolte è anche un autorevisionismo che si impone allorché l’obiettivo esclusivo diventa la messa in stato d ’accusa della tradizione rivoluzionaria che va dal 1789 al 1917. Per il Nolte di Der Faschismus in seiner Epoche, “precedenti ed analogie vanno cercati in direzione diversa e contrapposta rispetto alla tradizione rivoluzionaria” e “il nazismo è l’erede di un radicalismo reazionario che cova in sé una terribile carica di violenza e che si sviluppa per decenni ben prima dell’ottobre bolscevico”78.
Il tema della minaccia di annientamento costituita dalla presenza e diffusione di socialisti ed
72Cfr. la postfazione 1 di F. Coppellotti a E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia?, cit., p. 156.73 Cfr. la postfazione 1 di F. Coppellotti a E. Nolte, Dramma dialettico o tragedia?, cit., p. 165.74 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, a cura di Alberto Krali, Roma-Bari, Laterza, 1993.75 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, cit., p. 138.76 E. Nolte, Intervista sulla questione tedesca, cit., p. 142.77 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., p. 127.78 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 200-202.
550 Pier Paolo Poggio
ebrei è già evocato, specie in riferimento al radicale antimarxismo di Nietzsche, ma viene risolto da Nolte in termini letteralmente antitetici a quelli che proporrà in Der Europäische Bürgerkrieg 1917-1945. Nel 1963 Nolte aveva scritto:
è giusto dire che la borghesia si sentì minacciata di sterminio come entità politica dal programma socialista. Ma è altrettanto vero che se i partiti socialisti non hanno praticamente mai cercato di realizzare un tale sterminio (e anche in Russia solo esitando e nel corso della lotta per la propria sopravvivenza), ciò è proprio un’eredità del marxismo. “Esproprio degli espropria- tori” [...] in nessun caso [...] significa sterminio fisico. Proprio il pensiero di Nietzsche dimostra che l’idea fascista dello sterminio non può essere intesa propriamente come una reazione omogenea [rispetto alla sfida rappresentata da Marx]79.
È sempre Nolte a riconoscere che nel pensiero di Marx non è possibile una naturalizzazione del- F appartenenza di classe, quindi “la categoria di genocidio di classe, che poi diviene il cavallo di battaglia del revisionismo storico, risulta qui essere un non-senso”80. Effettivamente Nolte, riferendosi all’“annientamento pianificato” posto in atto dai bolscevichi, parla di antimarxismo', allafinedel suo percorso, ormai bloccato sulle posizioni espresse al momento dell 'Historikerstreit, egli capovolge tale valutazione e fa del bolscevismo l’espressione autentica del marxismo e del comuniSmo.
Losurdo, che pure coglie nodi cruciali del percorso noltiano, ancor più di altri autori non riserva alcuna attenzione alla storiografia, spinge la comparazione agli estremi, e finisce con il collocare il nazismo in una posizione geopolitica non lontana, anche se con segno rovesciato, da
quella che gli assegna Nolte: un avamposto nella difesa dell’Occidente. In quest’ottica, lo sterminio degli ebrei subisce un analogo trattamento relativizzante, mentre la rappresentazione del comunismo-bolscevismo risulta ugualmente e simmetricamente irrigidita: quel che Nolte imputa all’asiatismo, Losurdo lo pone a carico dell’accerchiamento capitalistico.
Nel 1995 Nolte pubblica presso Rizzoli un suo libro ‘italiano’81 che raccoglie un ciclo di lezioni proposte nel 1993 a Mosca e l’anno dopo a Roma, e solo qui con grande successo, a conferma che l’Italia è la “vera patria morale del revisionismo storico”82. Come spiega lo stesso Nolte, Gli anni della violenza contengono una sintesi delle sue due opere del 1963 e del 1987 dedicate a fascismo e nazionalsocialismo, però anche sviluppi ulteriori e una ridefinizione della sua posizione.
Ermanno Vitale ne tratta in un articolo significativamente sottotitolato II comunismo come male assoluto83, a conferma che Nolte rimanda a Fu- ret e che, ormai da tempo, tratta di fascismo e di nazismo solo in vista della battaglia politica ed intellettuale contro il comunismo84. Secondo Vitale, al di là delle contingenze e degli aggiustamenti occasionali, una tale posizione riassume l’intero percorso noltiano, la sua coerenza di fondo.
Nolte non si è mai
spostato di un solo millimetro [...] dalla sua vera tesi di fondo sovrastorica: e cioè che, se c ’è un male assoluto, questo è l’ideologia egualitaria, quella sorta di comunismo perenne di cui l’Ottobre 1917 è stato finora la manifestazione storica più eclatante e pericolosa per l ’ordine naturale e buono della disuguaglianza dei talenti e degli interessi85.
79 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 202-203.80 D. Losurdo, Il revisionismo storico, cit., pp. 203-204.81 E. Nolte, Gli anni della violenza. Un secolo di guerra civile ideologica europea e mondiale, Milano, Rizzoli, 1995.82 Ermanno Vitale, Nolte e il Novecento. Il comunismo come male assoluto, “Teoria politica”, 1997, n. 1, p. 69.83 E. Vitale, Nolte e il Novecento, cit.84 L’impostazione noltiana del rapporto gulag-lager è diventata un approccio standard per le critiche da destra al comunismo. Così Stéphane Courtois, curatore di II libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, Milano, Mondadori, 1998, nell’introduzione all’opera ha centrato la sua argomentazione sull’uguaglianza tra genocidio di classe e genocidio di razza, accettando pienamente il comparativismo relativizzante di Nolte, sino ad una completa identificazione che questi, per altro, ha sempre respinto. Non solo, attraverso la sottolineatura dello “squilibrio” nella quantità di vittime (100 milioni contro 6 milioni), il lettore è indotto ad individuare nel comunismo un male ben peggiore del nazismo.85 E. Vitale, Nolte e il Novecento, cit., p. 72.
La ricezione di Nolte in Italia 551
In Gli anni della violenza, Vitale individua una serie di correttivi, soprattutto rispetto al volume su La guerra civile europea, che sembrano essere stati calibrati per un pubblico russo postsovietico. Nolte attenua decisamente il carattere asiatico del bolscevismo e insiste sul fatto che Hitler non era semplicemente un anticomunista, perché in tal caso avrebbe potuto contare sull’appoggio della popolazione russa. Rivede il suo schema interpretativo del Novecento e, alla luce del patto Moiotov-Ribbentrop, recupera il significato della contrapposizione tra totalitarismi e democrazie occidentali, con il rischio di scompaginare rim pianto schmittiano della guerra civile passando da uno schema bipolare ad uno tripolare. Queste crepe consentono a Vitale di mettere in luce il carattere eurocentrico della storiografia filosofica noltiana e F insostenibilità di un’interpretazione del Novecento ridotta alla lotta mortale tra fascismo e comunismo.
Debolezze che si ripercuotono sulle sue proclamate posizioni politiche: da un lato Nolte esprime una piena adesione al sistema liberale occidentale in quanto “universalismo progressivo”, dall’altro è convinto che, per vincere la sfida degli aggressivi particolarismi extraoccidentali, sia indispensabile attingere alle risorse di una nuova autoaffermazione nazionale, di carattere questa volta puramente culturale, quasi che anch’egli si fosse convinto della completa estraneità e opposizione tra fascismo e cultura, come per decenni ha sostenuto la storiografia antifascista.
Ciò rimanda alla peculiare fortuna di Nolte in Italia, nonostante le critiche avanzate un po’ da tutte le parti alle sue tesi, all’impianto metodo- logico, al suo stesso concetto di storia delle ideologie.
Argomentazioni prive di ogni efficacia per chi è interessato unicamente a degli slogan con cui attirare 1 ’ attenzione sulla merce storia, e tanto meglio se le opere di Nolte sono di ostica lettura già per il linguaggio che utilizza: la cosa dà un tocco di esoterismo che, accoppiato alle provocazioni giornalistiche gestite in proprio dallo studioso tedesco, si rivela un’ottima strategia co
municativa per un pubblico in preda allo smarrimento. Questo non vuol dire che i media abbiano inventato dal nulla il successo di Nolte e l ’operazione revisionista; al contrario, in perfetto parallelismo con il caso De Felice, la stampa, almeno da noi, ha colto meglio e prima della storiografia accademica la portata della posta in gioco e la nuova dislocazione dell’egemonia, in senso gramsciano, resa possibile dall’operazione revisionista di riscrittura della storia del Novecento. L’apporto di Nolte in una tale prospettiva è stato di grande efficacia, in termini generali e in modo specifico per l ’Italia.
Se da un lato le sue tesi sono difficili da condividere apertamente, per un radicalismo appena mascherato, d ’altro canto esse diventano preziose e indispensabili nell’operazione revisionista fondamentale di sganciamento del fascismo dal nazismo. Nolte fa sparire proprio l’elemento più ostico da nascondere, ovvero il rapporto di derivazione-imitazione del nazismo dal fascismo, rivendicato ininterrottamente e a piene lettere da Mussolini e Hitler (oltre che oggetto di ricerche come quelle del primo Nolte). Per effetto di una sorta di gioco di prestigio, come evento-modello che è all’origine del nazismo e dei suoi orrori, al posto del fascismo c ’è ormai il comunismo.
Come ho avuto modo di osservare
per capire il successo di Nolte, soprattutto in Italia, bisogna tener conto che le sue argomentazioni consentono una convergenza che con il crollo non ha più confini. Il comunismo produce il fascismo come reazione e come esito, in ogni caso due errori da cui ci si deve liberare attraverso una storicizzazione integrale che è anche una autoassoluzione complessiva e la base di una nuova unità nazionale.
In un orizzonte più ampio, Nolte dà voce ad una diffusa
accettazione naturalistica e fatalistica dell’esistente e [alla] conseguente incapacità di distinguere, sul piano storico ed etico-politico, le diverse resistenze alla modernizzazione. La concezione transpolitica della storia si incontra col senso comune e gli fornisce una cor
552 Pier Paolo Poggio
nice [...] in cui rinchiudere e seppellire il secolo delle ideologie86.
Aggredendo l ’evento-simbolo della storia del Novecento, Nolte propone ai tedeschi, e con maggior fortuna agli italiani, una
relativizzazione del genocidio ebraico, spinta sino alla giustificazione sotto forma di risposta eccessiva, attribuibile al solo Hitler, ad una minaccia incombente. Il consenso qui risulta dalla convergenza di antigiudaismo, antisemitismo, anticomunismo, una stratificazione ben presente nel corpo delle società europee87.
Ma l’impianto interpretativo noltiano incontra il consenso anche su un altro e più vasto fronte:
Il punto di attacco di Nolte è il comunismo storico, ma il suo vero obiettivo è la tentazione antichissima di realizzare sulla terra una società di liberi ed eguali. Il bersaglio dichiarato e costante è quello che lui chiama sinistra “eterna” che insegue l’utopia di una società umana unificata88.
Finita la guerra civile mondiale, crollato il comunismo, il rischio è ormai l’unificazione politica del mondo, l ’istituzione di un governo mondiale che ai suoi occhi “sarebbe il peggiore e più odioso dispotismo mai apparso sulla terra”89. Andando oltre il piccolo cabotaggio dei suoi volgarizzatori e recuperando la propria autonomia intellettuale, Nolte arriva a temere che il capitalismo vincitore, come era già successo con la seconda guerra mondiale, faccia dell’antifascismo la propria ideologia, vanificando gli sforzi compiuti dalla revisione storica che egli ha condotto assieme a François Furet e Renzo De Felice90.
Il successo italiano di Nolte ha motivazioni politiche e culturali extrastoriografiche; si può però attribuire un ruolo anche alla situazione della nostra storiografia e alle peculiarità di quella tedesca, in gran parte lontana da Nolte per impostazione e scelte ideali.
In Italia, dopo la stagione della storiografia marxista-gramsciana, e quella in vario modo legata all’influsso delle “Annales”, non ci sono più state correnti storiografiche in grado di imporsi in modo deciso, rimanendo vitale ma sullo sfondo la tradizione della storia etico-politica di impianto idealistico, che non sembra interessata ad un incontro con le correnti postmodemiste, nonostante i punti di contatto a livello teorico.
Il revisionismo noltiano si è affermato su questo scenario quando è emersa la necessità di fare i conti con la storia della Germania, almeno per quel che riguarda il nazismo e l’olocausto. Il successo di Nolte, il fatto che egli in Italia sia diventato il principale referente nell’operazione di riscrittura pubblica della storia del Novecento a fini di uso politico del passato, è stato agevolato da una caratteristica saliente della storiografia tedesca. In essa
la prospettiva verticale, limitata alla storia nazionale, si impose nettamente su quella orizzontale, comparativa; e questo vale anche per la concezione critica di uno sviluppo peculiare tedesco elaborata dopo la seconda guerra mondiale91.
Ne consegue un’ottica autoreferenziale, unachiu- sura nell’orizzonte dello stato-nazione. Nolte, al
86 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., pp. 127 e 148.87 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., p. 152.88 P.P. Poggio, Nazismo e revisionismo storico, cit., p. 153.89 E. Nolte, Sinistra e Destra. Storia e attualità di un’alternativa politica, in Alessandro Campi e Ambrogio Santambrogio (a cura di), Destra/Sinistra. Storia e fenomenologia di una dicotomia politica, Roma, Pellicani, 1997, p. 104.90 Una piena rivendicazione dell’opera di revisione storiografica, utilizzando esplicitamente il concetto di mutamento di paradigma introdotto da Thomas Kuhn per spiegare le “rivoluzioni scientifiche”, viene proposta da Nolte in un recente contributo italiano in cui, partendo da Erodoto e Tucidide arriva a lui stesso, De Felice e Furet, accomunati dalla lotta contro le pretese assolutistiche del marxismo-leninismo e in quanto esponenti di una revisione interna alla teoria del totalitarismo (cfr. l’intervento di E. Nolte, il 28 novembre 1997, alla sessione milanese del convegno su Renzo De Felice, “La storia come ricerca”, organizzato dalla Fondazione Ugo Spirito; la relazione era stata anticipata sul primo numero della rivista fondata da alcuni allievi di De Felice; E. Nolte, Revisioni storiche e revisionismo storiografico, “Nuova storia contemporanea”, 1997, n. 1).91 Bemd Faulenbach, Ricostruzione di identità per mezzo della storia? Sul rapporto tra storiografia e cultura politica in Germania, in Lorenzo Riberi (a cura di), La Germania allo specchio della storia, Milano, Angeli, 1995, p. 237.
La ricezione di Nolte in Italia 553
contrario, pur essendo un conservatore neonazionalista, pratica sino all’eccesso il comparativismo, così che la specificità del nazismo e della Germania del Terzo Reich spariscono in una generale epoca del fascismo e della guerra civile europea, mentre lo stesso bolscevismo è proiettato in una dimensione asiatica. In una parola, con Nolte si può risolvere, o meglio liquidare, la questione e l ’eredità del nazismo e del bolscevi
smo, del fascismo e del comunismo, senza la necessità di studiarli e conoscerli sulla base della ricerca storica empirica. La costruzione di un quadro filosofico-ideologico di dimensioni epocali si rivela perfettamente funzionale alle semplificazioni della polemica politica e all’uso pubblico della storia da parte dei media.
Pier Paolo Poggio
Pier Paolo Poggio ha collaborato alla creazione e allo sviluppo della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia, per la quale ha curato numerose pubblicazioni, tra cui “Annali della Fondazione Luigi Micheletti”, La Repubblica sociale italiana 1943-45, 2 (1986). Attualmente è direttore del Museo dell’industria e del lavoro Eugenio Battisti di Brescia. Sull’argomento di questo saggio ha recentemente pubblicato Nazismo e revisionismo storico, Roma, Manifestolibri, 1997.
STORIA E MEMORIASommario del n. 1,1998
Revisionismi a confrontoPhilippe Videlier, Faurisson e non solo. Il negazionismo in FranciaTomas Szarota, I polacchi e il collaborazionismoM aria Ferretti, Revisionismo e memoria storica: il caso della RussiaW olfgang W ipperm ann, Fascismo e antifascismo nel discorso tedescoG abriele Ranzato, Ripensare la guerra di SpagnaValentina Pisanty, Le argomentazioni del negazionismo
G ianni D e M oro, Le prime elezioni comunali del dopoguerra a Imperia G iorgio O liviero, Partigiani a Monte Grande: 5-6 settembre 1944
SchedeFernanda M azzanti Pepe, L’amministrazione del Comune di Genova tra ‘800 e ‘900 (Piero A im o)M arcello Venturi, Bandiera bianca a Cefalonia (Silvio Ferrari)