LA RELAZIONE SPONSALE TRA UOMO E DONNA NELLA … · della sua vocazione come persona creata a...

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1 LA RELAZIONE SPONSALE TRA UOMO E DONNA NELLA FAMIGLIA NEGLI SCRITTI DI GIOVANNI PAOLO II L’uomo creato a immagine di Dio Nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II sottolinea come l’uomo sia stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, e chiamandolo all’esistenza per amore l’ha chiamato allo stesso tempo all’amore. Una comunione d’amore che non è semplice necessità di sopravvivenza, né un aspetto che interessa l’uomo in qualche punto del suo essere. La vocazione alla comunione lo coinvolge in tutte le sue dimensioni di corpo e di anima. “In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l’uomo è chiamato all’amore in questa sua totalità unificata. L’amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell’amore spirituale.” 1 In che modo l’uomo manifesta concretamente questa sua intima realtà sponsale, questo suo essere fatto per amore e per amare, che gli deriva da Dio stesso e che lo rende unico all’interno del creato? Giovanni Paolo II per esprimere questa verità così singolare analizza l’evento della creazione descritta dai primi due capitoli del libro della Genesi dove è narrata la realtà originaria dell’uomo e della donna. ….”Questo principio, che è la prima eredità di ogni essere umano nel mondo, uomo e donna, prima attestazione dell’identità umana secondo la parola rivelata, prima sorgente della certezza della sua vocazione come persona creata a immagine di Dio stesso.” 2 Dio crea l’uomo e la donna perché vivano nella dimensione del dono, l’essere l’uno per l’altro, rappresentato dalla dualità soggettiva di maschio e femmina. Una comunione che si esprime nella procreazione, quale partecipazione all’azione creatrice di Dio. L’immagine che l’uomo porta impressa nel suo corpo, il suo essere fatto per la comunione, è legato, senza una sua diretta partecipazione, al momento della sua creazione e perpetrato poi nella generazione. Il suo essere somiglianza comporta un pieno coinvolgimento della persona, la sua partecipazione attiva alla vita divina, il suo essere costantemente rivolto a Lui nella verità e nella libertà. 3 Il loro essere l’uno per l’altro costituisce la prima forma di comunione di persone. Ne deriva che “l’uomo è divenuto “immagine e somiglianza” di Dio non soltanto attraverso la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone, che l’uomo e la donna formano dall’inizio”. 4 L’Amore coniugale Giovanni Paolo II afferma che l’uomo e la donna sono stati chiamati sin dall’origine ad una “communio personarum”. 5 Questo legame sponsale non si realizza in una qualsiasi forma di relazione tra l’uomo e la donna. E’ necessario che essi liberamente si uniscano in un legame 1 FC 11. 2 GIOVANNI PAOLO II: Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città del Vaticano, 2003 p. 105. 3 “L’immagine” si riferisce all’essere, “la somiglianza” all’agire. 4 GIOVANNI PAOLO II, op. cit. p.59. 5 GIOVANNI PAOLO II, idem, p. 70.

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LA RELAZIONE SPONSALE TRA UOMO E DONNA NELLA FAMIGLIA

NEGLI SCRITTI DI GIOVANNI PAOLO II L’uomo creato a immagine di Dio

Nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II sottolinea come l’uomo sia stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, e chiamandolo all’esistenza per amore l’ha chiamato allo stesso tempo all’amore. Una comunione d’amore che non è semplice necessità di sopravvivenza, né un aspetto che interessa l’uomo in qualche punto del suo essere. La vocazione alla comunione lo coinvolge in tutte le sue dimensioni di corpo e di anima. “In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l’uomo è chiamato all’amore in questa sua totalità unificata. L’amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell’amore spirituale.”1 In che modo l’uomo manifesta concretamente questa sua intima realtà sponsale, questo suo essere fatto per amore e per amare, che gli deriva da Dio stesso e che lo rende unico all’interno del creato? Giovanni Paolo II per esprimere questa verità così singolare analizza l’evento della creazione descritta dai primi due capitoli del libro della Genesi dove è narrata la realtà originaria dell’uomo e della donna. ….”Questo principio, che è la prima eredità di ogni essere umano nel mondo, uomo e donna, prima attestazione dell’identità umana secondo la parola rivelata, prima sorgente della certezza della sua vocazione come persona creata a immagine di Dio stesso.”2 Dio crea l’uomo e la donna perché vivano nella dimensione del dono, l’essere l’uno per l’altro, rappresentato dalla dualità soggettiva di maschio e femmina. Una comunione che si esprime nella procreazione, quale partecipazione all’azione creatrice di Dio. L’immagine che l’uomo porta impressa nel suo corpo, il suo essere fatto per la comunione, è legato, senza una sua diretta partecipazione, al momento della sua creazione e perpetrato poi nella generazione. Il suo essere somiglianza comporta un pieno coinvolgimento della persona, la sua partecipazione attiva alla vita divina, il suo essere costantemente rivolto a Lui nella verità e nella libertà.3 Il loro essere l’uno per l’altro costituisce la prima forma di comunione di persone. Ne deriva che “l’uomo è divenuto “immagine e somiglianza” di Dio non soltanto attraverso la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone, che l’uomo e la donna formano dall’inizio”.4 L’Amore coniugale

Giovanni Paolo II afferma che l’uomo e la donna sono stati chiamati sin dall’origine ad una “communio personarum”.5 Questo legame sponsale non si realizza in una qualsiasi forma di relazione tra l’uomo e la donna. E’ necessario che essi liberamente si uniscano in un legame

1 FC 11. 2 GIOVANNI PAOLO II: Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città del Vaticano, 2003 p. 105. 3 “L’immagine” si riferisce all’essere, “la somiglianza” all’agire. 4 GIOVANNI PAOLO II, op. cit. p.59. 5 GIOVANNI PAOLO II, idem, p. 70.

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sponsale, che li riporti a quel disegno originale per il quale, nell’amore, nello stupore e nella gioia di avere qualcuno che gli sia pari (Gn 2,23), essi si donino e si accolgano reciprocamente per sempre.

Questa caratteristica originaria dell’uomo e della donna, di essere “dono” l’uno per l’altro, rappresenta la più alta manifestazione dell’amore divino. Una tale forma di relazione si realizza nel sacramento del matrimonio, costituito dal “patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio stesso.”6

Ciò che specifica la comunione matrimoniale, è quindi l’amore coniugale, cioè quel “tipo di amore fedele ed esclusivo, che unisce i coniugi, secondo la loro verità di immagine di Dio.”7 Si tratta di capire bene se questo amore che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo è una manifestazione puramente umana, oppure è espressione e cifra di qualcosa che va oltre l’uomo e di cui egli è reso partecipe. In ultima analisi si vuole approfondire se l’uomo è “padrone” del suo amore, oppure se questo è un “dono” da custodire, far crescere e manifestare. Giovanni Paolo II afferma che l’amore coniugale espresso nella sua totalità ed esclusività è, nel suo aspetto più visibile ed immediato, il segno dell’autenticità del rapporto tra uomo e donna che si danno pienamente e definitivamente l’uno all’altro, un amore che vivifica e forma tutta la famiglia. “La famiglia fondata e vivificata dall’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell’impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone. Il principio interiore, la forza permanente e la meta ultima di tale compito è l’amore: come, senza l’amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza l’amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi come comunità di persone.”8 La donazione propriamente sessuale-fisica è parte integrante dell’amore con il quale l’uomo e la donna si donano reciprocamente e trova il suo giusto ambito solo nel sacramento del matrimonio9 il quale manifesta pubblicamente la vocazione dell’uomo all’amore e impegna i coniugi al servizio alla vita, cioè a trasmettere ed educare la prole. “L’uomo e la donna, unendosi tra loro (nell’atto coniugale) così strettamente da divenire “una sola carne”, riscoprono, per così dire, ogni volta e in modo speciale, il mistero della creazione, ritornano così a quell’unione nell’umanità (“carne della mia carne e osso dalle mie ossa”), che permette loro di riconoscersi reciprocamente e, come la prima volta, di chiamarsi per nome.”10 L’amore coniugale abbraccia la sfera spirituale e quella fisica-corporea. Non si può parlare di amore coniugale senza parlare di amore del corpo, il quale diventa tramite ed espressione di quell’amore spirituale che decide di donare liberamente tutto se stesso senza riserve.

“La dimensione spirituale e quella corporale insieme dicono la totalità dell’esperienza

umana dell’amore. Così, l’esercizio della sessualità, mediante il quale l’uomo e la donna si donano con atti propri ed esclusivi, non è un fatto puramente biologico, ma personale, perché animato da quella donazione totale e fedele.”11

Il corpo nell’unione coniugale trova la sua piena dignità e unicità. E’ un luogo “sacrum” a

dire di Giovanni Paolo II; questo “luogo” determina particolarmente profondi rapporti reciproci delle persone, e soprattutto quelli dell’uomo con la donna”…12

6 FC 11. 7 R.G. DE HARO, Matrimonio e famiglia nei documenti del magistero, Milano, 2000, p. 300. 8 FC 18. 9 Cf. GIOVANNI PAOLO II, op. cit.,pp. 406-407. 10 GIOVANNI PAOLO II, idem, p. 63. 11 M. DOLDI; Introduzione, in Familiaris Consortio. Sui compiti della famiglia cristiana. Casale Monferrato, 2001, p. 17. 12 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 361.

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Questa comunione, ricorda la Familiaris Consortio, non può crescere se non nel rispetto e nel disegno di Dio, disegno che egli ha iscritto nel cuore dell’uomo e della donna al momento stesso della loro creazione e che è stato reso manifesto in tutta la sua pienezza con la venuta di Cristo, il quale, realizzando la nuova ed eterna alleanza sponsale tra Dio e l’uomo, ha manifestato in se stesso e nella propria vita la misura, senza misura, del dono di sé e per ciò stesso dell’amore e della comunione coniugale, fondata nel sacramento del matrimonio. Comunione che secondo Giovanni Paolo II occorre far “crescere continuamente attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale.”13

L’amore tra l’uomo e la donna, immagine dell’amore tra Cristo e la Chiesa La comunione dell’uomo e della donna iscritta nei loro cuori fin dalla loro creazione è per

ciò stessa “sacra”, cioè non appartenente semplicemente ad un ordine naturale, ma quale immagine e somiglianza di Dio-comunione; immagine e somiglianza manifesta nell’amore coniugale ed espressa attraverso il corpo e il suo linguaggio, il quale dopo il peccato originale dell’uomo, ha perso la sua trasparenza e chiarezza.

Un aspetto molto importante messo in luce dalla Familiaris Consortio è la sacramentalità dell’amore coniugale nell’ordine della redenzione.14

Il matrimonio non è legato al momento del “principio.” Gesù non ha solo ripresentato in tutta la sua grandezza e splendore la realtà originaria del

matrimonio così come era uscita dalle mani di Dio, ma gli ha dato un nuovo significato. La sua stessa vita vissuta come dono e la sua morte redentiva, a favore dell’uomo peccatore, è presentata da s. Paolo nella lettera agli Efesini (5,22-33) nel segno della sponsalità coniugale. “Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (v.32), sembra indicare non soltanto l’identità del Mistero nascosto in Dio dall’eternità, ma anche quella continuità della sua attuazione che esiste tra il sacramento primordiale connesso alla gratificazione soprannaturale dell’uomo nella creazione stessa e la nuova gratificazione-avvenuta quando “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa…” (v. 25-26)-gratificazione che può essere definita nel suo insieme quale Sacramento della Redenzione.”15 Il matrimonio che ha in sé la forza del dono, porta con sé la fecondità dell’amore creativo e la grazia dell’amore redentivo col quale Cristo ha sancito la sua definitiva ed eterna alleanza con l’uomo.16 Il matrimonio dei battezzati diviene segno e partecipazione della Nuova Alleanza sancita nel sangue di Cristo.17 Il valore del legame che avviene tra un uomo e una donna, mediante il sacramento del matrimonio, non si ferma al “si” fedele e definitivo che essi si promettono reciprocamente, pur sostenuto dalla grazia, né ad un rimando generico all’amore di Cristo per la Chiesa, ma costituisce una manifestazione reale del sacrificio della croce mediante il quale Cristo si è dato tutto alla sua Chiesa. “In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa.

13 FC 19. 14 GIOVANNI PAOLO II, op. cit.,p. 364. 15 GIOVANNI PAOLO II, idem, p. 375. 16 Cf. FC 13. 17 Cf. FC 13.

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Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi”.18 Lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l’indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù.”19 I coniugi cristiani sono chiamati da Giovanni Paolo II ad avere sempre come riferimento del loro vivere questa alta missione, che a loro spetta, di testimoniare, davanti ai figli, alla Chiesa e all’intera società, l’amore di Cristo per la sua Chiesa e per l’intera umanità. Sono chiamati in prima persona a diventare”testimoni di salvezza di cui il sacramento li rende partecipi”.20 “Non ci si sposa quindi, per sé o per i figli che verranno, ci si sposa principalmente per Dio, per mettere a disposizione la propria vita a due perché Dio vi comunichi il proprio amore e attraverso questo amore si allarghi la salvezza. Il matrimonio è, così, prolungamento e specificazione della vocazione battesimale: vivere per rendere la propria vita di coppia un luogo rivelativo di Dio.”21 Indissolubilità matrimoniale: cuore dell’ Alleanza Nuziale

Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, ribadisce il valore della indissolubilità dell’amore coniugale come fondamento del matrimonio. E’ assai opportuno ricordare questo valore, soprattutto oggi, in cui l’egoismo e la mancanza di generosità rendono assai difficile l’accettazione di questo principio. Oggi con molta facilità si arriva al divorzio perché non si capisce bene il significato ed il valore dell’unità matrimoniale e che cosa significhi sposarsi nel Signore. Molte coppie affidano il loro legame più alle proprie emozioni personali che non ad un “progetto d’amore” dentro il quale sentirsi inseriti per crescere e camminare insieme, e quando arrivano le prime difficoltà molto spesso si passa velocemente alla separazione, come la soluzione migliore, giustificata dal fatto di “non sentire più nulla” l’uno per l’altra e viceversa. Giovanni Paolo II , richiama le coppie ad affrontare insieme e in modo costruttivo, soprattutto rileggendole alla luce del loro progetto d’amore nel quale, con il sacramento del matrimonio, esse sono state inserite.

E’ una buona terapia per rafforzare l’amore e per migliorare nelle relazioni per poter comprendere l’uno i bisogni dell’altro. Giovanni Paolo II ribadisce nei suoi insegnamenti la difesa di tale valore, ricordando agli sposi di non perdere le speranze e di non dimenticare la promessa che essi si sono dati nel giorno del loro matrimonio. “Voi troverete nell’amore per Dio, per voi stessi e per i vostri figli, la forza di essere fedeli ai vostri voti matrimoniali. Fate in modo che questo amore sia come uno scoglio che resiste ad ogni tempesta e tentazione.”22 La Familiaris Consortio invita i coniugi a partecipare e condividere questo “amore pieno” di Cristo nella convinzione che il sacramento del matrimonio, vissuto in tutta la sua pienezza e realtà, offre loro “un cuore nuovo” per poter superare la “durezza del cuore umano.”23 Gli sposi uniti nel sacramento sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione, attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale costituita dal dono reciproco e totale di

18 FC 13. 19 FC 19. 20 FC 13. 21 B. BORSATO, Sposarsi nel Signore. Cammino di riscoperta del sacramento del matrimonio, Bologna , 1988, p. 40. 22 GIOVANNI PAOLO II, Omelia alla Santa Messa per le famiglie a New York (31 marzo 1982). 23 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 32.

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se stessi. Soltanto nella fede e in una comunione “per sempre”, che ha il sapore dell’eterno, essi possono scoprire ed ammirare in gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia, costituendoli segno e luogo dell’Alleanza d’amore tra Dio e gli uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa, un amore che non conosce ritorno. La celebrazione del sacramento del matrimonio diventa così autentica “professione di fede”: “Soltanto nella fede essi (gli sposi) possono scoprire e ammirare in gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia, costituendoli segno e luogo dell’alleanza d’amore tra Dio e gli uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa.”24 La Familiaris Consortio, assomma in sé la dimensione della vocazione, del dono, ma anche del “Comandamento” e dell’impegno a render vera la loro unione, “perché rimangano tra loro fedeli per sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà del Signore: “Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi(Mt 19,6)”.25 Giovanni Paolo II si rende perfettamente conto che la comunione tra due persone, ieri come oggi, può incontrare momenti di grave difficoltà e di crisi che potrebbe spingere entrambi o uno dei partner a venir meno alla vita di comunione. A questi coniugi egli addita la loro vocazione, grandiosa, ma nello stesso tempo esigente, di vivere ed essere testimoni dell’amore che lega Cristo alla sua Chiesa. “Lodo e incoraggio tutte quelle numerose coppie-egli dice- che, pur incontrando non lievi difficoltà, conservano e sviluppano il bene dell’indissolubilità: assolvono così, in modo umile e coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo un “segno”-un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione, ma sempre rinnovato-dell’indispensabile fedeltà con cui Dio e Gesù Cristo amano tutti gli uomini ed ogni uomo.”26

Le armi della coppia per la costante fedeltà al loro impegno diventano allora la continua riscoperta del loro legame, sigillato dal sacramento del matrimonio, vivificato anche dagli altri sacramenti, specie dall’Eucaristia e dalla Riconciliazione. Il sostegno poi dei pastori e di tutti i fedeli e l’aiuto e la guida della Chiesa, “madre e maestra”, che “non cessa mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità.”27 Giovanni Paolo II loda e incoraggia alla fedeltà matrimoniale anche quando tale impegno è vissuto e portato avanti da uno solo dei coniugi. “E’ doveroso anche riconoscere il valore della testimonianza di quei coniugi che, pur essendo stati abbandonati dal partner, con la forza della fede e della speranza cristiana non sono passati ad una nuova unione: anche questi coniugi danno un’autentica testimonianza di fedeltà, di cui il mondo oggi ha grande bisogno.”28 Parlare di matrimonio come dono, come vocazione e impegno, racchiusi nell’orizzonte della fedeltà, dell’indissolubilità e del “per sempre”, significa anche parlare di “verginità, se con tale

24 FC 51. 25 FC 20. 26 FC 20. 27 FC 33. 28 FC 20.

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termine intendiamo l’impegno e la determinazione a voler rispondere in modo fedele e coerente, al disegno d’amore del Creatore che, coincide con la verità profonda iscritta nel cuore dell’uomo sin dal “principio” e manifestata in pienezza con la venuta di Gesù Cristo, ed è quello di cui parleremo in seguito.

Angela Anna TOZZI, scic

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MATRIMONIO E VERGINITA’ A CONFRONTO

Matrimonio e verginità appaiono come due modi di vivere l’unico mistero d’amore, Cristo, mediante il quale Dio ha suggellato la sua definitiva ed eterna alleanza d’amore con l’uomo. Due modi che hanno in sé espressioni e significati propri per incarnare e manifestare tale amore. Parlare di reciprocità tra matrimonio e verginità significa anzitutto mettere al centro Cristo e il suo amore per l’uomo, sorgente e fine di ogni vocazione umana.29 Matrimonio e verginità sono entrambe vocazioni all’amore e alla comunione, seppur con modalità diverse e complementari. L’elenco paolino dei carismi non contiene diretto riferimento al carisma della verginità e a quello del matrimonio. L’apostolo considera tuttavia ambedue le vocazioni come un carisma, un dono dello Spirito alla Chiesa. “Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro” (1 Cor 7,7). Matrimonio e verginità sono da considerare nella loro forma specifica come “manifestazioni particolari dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Il matrimonio-sacramento costituisce un segno-realtà del rapporto soprannaturale che esiste tra Gesù Cristo capo e la Chiesa-suo Corpo. La verginità è una realtà-segno di ciò di cui il matrimonio è simbolo. Anch’essa è dono che scaturisce dall’alleanza escatologica di Cristo con la Chiesa, ed è manifestazione della Chiesa, sposa Verbi, sotto l’aspetto della Chiesa-vergine promessa a un unico sposo” (cf 2 Cor 11,2). Questo amore non è adeguatamente espresso né dal solo matrimonio, né dalla sola verginità. Sono indispensabili le due vocazioni. Il matrimonio, all’interno dello sposalizio Cristo-Chiesa, testimonia la dimensione particolare dell’amore di Dio. La verginità consacrata, all’interno dello stesso sposalizio Cristo-Chiesa, proclama l’universalità dell’amore di Dio, il suo dinamismo, il suo volgersi a tutti, nessuno escluso. La persona vergine testimonia che il suo amore non è individuale o esclusivo, legato ad un partner: è un amore universale, rivolto a tutti, senza alcun legame particolare. Matrimonio e verginità sono in grado di manifestare la totalità e la bellezza dell’amore di Dio verso il mondo e la Chiesa. I coniugi, nel loro amore interpersonale, hanno bisogno della testimonianza dei consacrati per poter restare costantemente consapevoli del fatto che il loro amore non può chiudersi solo fra loro, o solo dentro le loro mura domestiche; deve avere un respiro più grande, universale. I consacrati, nel loro amore , hanno bisogno della testimonianza dei coniugi per evitare il pericolo-sempre possibile- di un amore generico, astratto, che dimentica la concretezza delle persone: dire di amare tutti può voler dire non amare nessuno! Il matrimonio svela la verginità, in quanto costituisce un simbolo delle nozze escatologiche, a cui la chiesa vergine e i vergini consacrati anelano con tutto il loro essere. La verginità svela il valore del matrimonio in quanto, pur costituendosi come evento “nel Signore” (1Cor 7,39) rimane, un avvenimento contingente rispetto al regno di Dio e al suo compimento escatologico: “Il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi coloro che hanno moglie vivano come se non l’avessero” (1 Cor 7,29). Matrimonio e verginità formano una manifestazione sinfonica dell’unico volto della chiesa.

Nella fede cristiana le nozze sono verginali e la verginità risulta sponsale e feconda, perché di esse il fondamento è Cristo risorto, lo Sposo, che dalla sua umanità gloriosa continua a donare alla Sposa il suo Spirito vivificante.30 Sia le nozze che la verginità sono due realtà che caratterizzano la Chiesa, e cominciano per ogni creatura umana con i sacramenti dell’iniziazione e trovano in questi il loro fondamento per la

29 Cf GS 10. 30 Cf L. CROCIANI, La simbolica sponsale-Verginale, in AA.vv.., La reciprocità, Ed Cantagalli, 1999, p. 125.

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natura tipicamente sponsale di questi riti. Sono due carismi donati a Cristifideles perché il volto della Chiesa Sposa risplenda in tutta la sua bellezza.31 Giovanni Paolo II, nelle sue catechesi sull’amore umano, utilizza i testi scritturistici in modo trasversale. Non solo per valorizzare le singole parti, ma anche per illuminare la loro reciproca compenetrazione, al cui centro si trova l’uomo in tutta la sua realtà corporea e spirituale e il suo compimento finale. Si può dire che matrimonio e verginità si pongono nella linea della “sacramentalità”, ossia della manifestazione e attuazione nell’uomo, mediante la fede, del mistero di Dio. Gesù nel discorso con i sadduccei, riguardo la risurrezione dai morti e soprattutto nella risposta data ai discepoli dopo il suo discorso con i farisei riguardo l’indissolubilità del matrimonio, addita ed offre una nuova realtà per vivere nell’amore la propria esistenza: “Il Regno dei Cieli”(Mt 19, 10-12), al quale egli stesso consacra la propria vita. Una prima connessione che possiamo fare è che la verginità quindi: non ha direttamente valore per il semplice fatto che non ci si sposa, quanto piuttosto per il suo essere orientata pienamente al servizio del “Regno dei cieli”, collocandosi così nella dimensione della realizzazione escatologica dell’uomo. “La “verginità” o piuttosto lo stato verginale del corpo si manifesterà pienamente come compimento escatologico del significato “sponsale” del corpo, come il segno specifico e l’espressione autentica di tutta la soggettività personale. Così, dunque, quella situazione escatologica, in cui “non prenderanno moglie né marito”, ha il suo solido fondamento nello stato del soggetto personale, quando, in seguito alla visione di Dio “a faccia a faccia”, nascerà in lui un amore di tale profondità e forza di concentrazione su Dio stesso, da assorbire completamente l’intera sua soggettività psicosomatica”. La superiorità attribuita da sempre alla verginità dalla tradizione della Chiesa è motivata da questa espressa e diretta motivazione: “il Regno dei cieli. ”32.

Quindi non è da ricercarsi in un deprezzamento del matrimonio, né a una visione negativa dei gesti propri che nel matrimonio caratterizzano l’unione fisica dell’uomo e della donna, ma espressamente nella finalità alla quale è orientata la scelta di vivere la verginità. “Nelle parole di Cristo sulla continenza “per il Regno dei Cieli” non c’è alcun cenno circa la inferiorità del matrimonio riguardo al corpo,ossia riguardo all’essenza del matrimonio, consistente nel fatto che l’uomo e la donna in esso si uniscono così da divenire una “sola carne” (cf Gn 2,24). Le parole di Cristo riportate in Matteo 19,11-12 (come anche le parole di Paolo nella prima lettera ai Corinzi, cap 7) non forniscono motivo per sostenere né “l’inferiorità” del matrimonio, né la “superiorità” della verginità o del celibato, in quanto questi per la loro natura consistono nell’astenersi dalla “unione” coniugale “nel corpo”. Su questo punto le parole di Cristo sono decisamente limpide. Egli propone ai suoi discepoli l’ideale della continenza e la chiamata ad essa non a motivo dell’inferiorità o con pregiudizio dell”unione coniugale “nel corpo”, ma solo per il Regno dei cieli.”33 La stessa castità, non è una prerogativa del celibato, infatti essa, “secondo la visione cristiana non significa affatto né rifiuto, né disistima della sessualità umana: significa piuttosto

31 La verginità è una realtà che si fa segno, perché indirizzata a testimoniare in atto la condizione definitiva a cui siamo chiamati quando “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 18,28). 32 “La superiorità evangelica e autenticamente cristiana della verginità, della continenza, è conseguentemente dettata dal motivo del Regno dei Cieli. Nelle parole di Cristo, riportate da Mt 19,11-12, troviamo una solida base per ammettere soltanto tale superiorità; invece non vi troviamo alcuna base per qualsiasi deprezzamento del matrimonio, che pur sarebbe potuto essere presente nel riconoscimento di quella superiorità”. GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 307. 33 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 308.

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energia spirituale, che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dell’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione.”34Per questo essa è una virtù da praticare “tanto per coloro che hanno la vocazione al matrimonio, come pure per coloro che hanno il dono di una chiamata speciale alla vita consacrata.”35 La castità diventa una forza “spirituale” che educa all’amore vero, al dono totale di sé, in quello stato in cui l’uomo si trova a vivere e nel quale egli manifesta l’amore di Dio e compie la propria realizzazione. La superiorità della verginità del matrimonio. Il Vaticano II (LG c. V) parte dalla chiamata comune di tutto il popolo di Dio alla santità, cioè alla perfezione della carità. Il Concilio ha una speciale considerazione del celibato religioso.

Nella LG 42 dice che la verginità è uno tra i molti consigli, anche se eccelle in modo particolare. “La santità della Chiesa è in modo speciale favorita da molteplici consigli, che il Signore nel Vangelo propone all’osservanza dei suoi discepoli. Tra essi eccelle il prezioso dono della grazia divina, dato dal Padre ad alcuni, perché più facilmente con cuore indiviso si consacrino solo a Dio nella verginità o nel celibato”. La superiorità non viene presentata sull’ontologico, ma sul parenetico: non dice che il cuore del religioso “facilius” si consacra a Dio. E’ più entro l’ambito di cose comuni, poiché anche lo sposato deve amare Dio con tutto il cuore, cioè, in modo indiviso, ed anche il religioso è diviso dalle difficoltà di amare totalmente Dio. “Perciò la Professione dei Consigli Evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana. Poichè infatti il Popolo di Dio non ha qui città permanente, ma va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, meglio testimonia la vita nuova ed eterna acquistata dalla Redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste (LG 44). Il Concilio ha una speciale considerazione del celibato religioso. Non parla di “castità perfetta”, quando si parla di verginità, bensì di “continenza perfetta”, poiché la perfezione della castità –come riconobbe la commissione conciliare-è un dovere di tutti i cristiani, derivato dalla LG c. V. Nella LG 42, si dice che la verginità è uno tra i molti consigli, anche se eccelle in modo particolare. E al 12 del PC si afferma che il motivo decisivo di questa castità è il regno dei cieli, motivo di fede, non una svalutazione della sessualità. Una “superiorità” ed “inferiorità” che, come dice lo stesso Giovanni Paolo II, “sono contenute nei limiti della stessa complementarietà del matrimonio e della continenza per il Regno di Dio”.36 Si tratta di una complementarietà nella distinzione, che non ha la finalità di creare classi di cristiani più o meno perfetti, come ricorda giustamente il Papa, ma di illuminare la realtà piena dell’uomo che, creato a immagine e somiglianza di Dio e permeato costantemente dal suo amore, fa della propria vita un dono di comunione, che inizia già qui nella vita presente e sarà pieno nella vita futura. “In definitiva, la natura dell’uno e dell’altro amore è “sponsale”, cioè espressa attraverso il dono totale di sé. L’uno e l’altro amore tende ad esprimere quel significato sponsale del corpo, che “dal principio” è iscritto nella stessa struttura dell’uomo e della donna”.37 Una reciproca valorizzazione e illuminazione di come sponsalità e consacrazione per il Regno dei Cieli si compenetrano e sono presenti in entrambi questi due modi di vivere l’amore di Dio, in quanto: “Nella vita di una comunità autenticamente cristiana, gli atteggiamenti ed i valori

34 FC 33. 35 PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, Milano, 1996, p. 5. 36 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 308. 37GIOVANNI PAOLO II, idem, p. 309.

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propri dell’uno e dell’altro stato-cioè di una o dell’altra scelta essenziale e cosciente come vocazione per tutta la vita terrena e nella prospettiva della “Chiesa celeste”-si completano e in certo senso si compenetrano a vicenda.”38 Maria, sposa e vergine, è la creatura che meglio rappresenta ed esprime in se stessa la realtà dell’uomo, dal suo “principio” alla sua realizzazione finale nel “Regno dei Cieli”, in cui si manifesterà e realizzerà in pienezza sia il significato sponsale del corpo, la cui maggiore ed attuale espressione è rappresentata dall’intensità con cui l’uomo e la donna si amano nel vincolo del matrimonio, sia la sua piena “spiritualizzazione” e “divinizzazione” quando Cristo sarà “tutto in tutti “(Col 3,11), la cui più alta espressione è rappresentata ora dalla vita verginale.

Angela Anna TOZZI,scic

38 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 309.

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3 LA FAMIGLIA: PATERNITA’ , MATERNITA’ E FIGLIOLANZA

La famiglia è il “luogo esistenziale” nel quale ognuno plasma la propria esistenza. Ogni nuovo essere umano venuto al mondo deriva da un rapporto di amore tra un uomo e una donna. La famiglia è solitamente il” luogo” dove un uomo impara dai suoi genitori le prime parole e dove riceve la prima educazione. Ma essa è innanzitutto il “luogo d’amore” dove si riceve e si accoglie la vita. Paternità e maternità responsabili

Giovanni Paolo II per spiegare il significato della paternità e maternità responsabili con la quale i coniugi si preparano ad accogliere la vita dice:

“La paternità e maternità responsabili significano la spirituale valutazione-conforme alla verità- dell’atto coniugale nella coscienza e nella volontà di entrambi i coniugi, che in questa “manifestazione di affetto”, dopo aver considerato le circostanze interiori ed esterne, in particolare quelle biologiche, esprimono la loro matura disponibilità alla maternità e paternità.”39 Vivere nell’amore e per amore non è un ‘opzional’ per l’uomo, quasi che tale scelta fosse uno dei modi attraverso il quale egli può realizzarsi pienamente sia come singolo, sia come essere in comunione. L’amore costituisce la dimensione più intima e più vera del suo essere, anzi possiamo dire che essa è l’elemento chiave che giustifica lo stesso esserci dell’uomo, il suo essere creato ad “immagine e somiglianza di Dio”.40

Se l’uomo è fatto per amare, il suo dinamismo, la sua vitalità, si esprime attraverso il dono sincero di sé. Il Concilio Vaticano II, descrivendo la realtà rivelata dell’uomo, se da una parte afferma la sua unicità e singolarità, fra tutte le creature, ad essere stato creato per “se stesso”, per una sua propria autorealizzazione, dall’altra aggiunge, quasi per rivelare il senso profondo di tale peculiarità, la sua vocazione alla comunione, come esso cioè non può “ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé”.41

Questa realtà propria dell’uomo, che esprime in modo estremamente eloquente il “suo carattere sponsale”, cioè il suo essere fatto per-dono, diventa manifesto nella relazione tra l’uomo e la donna chiamati sin dal principio a diventare una carne sola, cioè un dono reciproco fondato sull’amore. Un amore che ha la sua radice nell’essere immagine dell’amore trinitario, e il suo pieno compimento nel manifestare l’amore salvifico di Cristo, lo Sposo per eccellenza.42 L’uomo è chiamato a vivere e manifestare questo suo essere per l’amore nell’impegno a diffondere la” civiltà dell’amore”, che in definitiva è impegno per “l’umanizzazione del mondo”, impegno che vede nella famiglia, cellula della società, il promotore principale:

“La famiglia, infatti, dipende per molteplici motivi dalla civiltà dell’amore, nella quale trova le ragioni del suo essere famiglia. E in pari tempo la famiglia è il centro e il cuore della civiltà dell’amore”.43

39 GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 476. 40 FC 11. 41 GS 23. 42 Cf FC 13. 43 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 13.

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Un amore che si concretizza secondo l’inno alla carità descritto da san Paolo: “L’amore è vero quando crea il bene delle persone e delle comunità, lo crea e lo dona agli altri. Soltanto chi, nel nome dell’amore, sa essere esigente con se stesso, può anche esigere l’amore dagli altri. Perché l’amore è esigente. Lo è in ogni situazione umana; lo è ancor più per chi si apre al Vangelo…Bisogna che gli uomini di oggi scoprano questo amore esigente, perché in esso sta il fondamento veramente saldo della famiglia, un fondamento che è capace di “tutto sopportare”.44

L’amore è uno degli argomenti più discussi da Giovanni Paolo II. Egli richiama continuamente tutti gli uomini di buona volontà, specialmente le famiglie, ad una educazione all’amore. “La famiglia, grande laboratorio di amore, è la prima scuola, anzi, una scuola permanente, in cui l’educazione all’amore avviene non con aride nozioni, ma con la forza incisiva dell’esperienza. Possa ogni famiglia riscoprire veramente la propria vocazione all’amore! Amore che è rispetto assoluto del disegno di Dio, amore che è scelta e dono reciproco di sé all’interno del nucleo familiare”.45 L’amore di cui parla il Papa è un amore che attinge la sua forza ai piedi della croce, un amore che sa farsi dono agli altri, soprattutto a chi è nel bisogno. Un amore che trova nella paternità e maternità il servizio alla vita. Paternità e maternità vocazioni all’amore

L’amore è apertura e dinamismo, è esigenza di eternità, che per i coniugi cristiani significa fedeltà al loro essere immagine di Dio, partecipi del suo amore creativo. L’amore racchiude in sé la dimensione del dono e l’apertura alla vita. L’apertura alla vita diventa per i coniugi la concretizzazione del loro reciproco donarsi, la manifestazione pubblica e visiva di questo essere l’uno per l’altro e nello stesso tempo partecipazione creatrice di Dio che, in principio, ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Nella genitorialità sono presenti due dimensioni che si fondono in uno: quella umana e quella divina. L’uomo attraverso la fecondità, diventa espressione umana del dono divino:

Così l’uomo e la donna uniti in matrimonio sono associati ad un’opera divina: mediante l’atto della generazione, il dono di Dio viene accolto e una nuova vita si apre al futuro. Giovanni Paolo II afferma che il compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l’immagine divina da uomo a uomo. La fecondità è il segno dell’amore coniugale, la testimonianza viva della piena donazione reciproca degli sposi. La fecondità coniugale non si deve restringere alla sola procreazione dei figli, ma essa si allarga e si arricchisce di tutti quei frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare ai figli, e mediante i figli alla Chiesa e al mondo.46 La Familiaris Consortio, contestualizzando da una parte il valore della vita nella cultura e società attuale e riaffermando dall’altra l’urgente impegno della Chiesa a difenderlo e promuoverlo, descrive alcuni tratti della mentalità di oggi e la difficoltà ad accogliere la dottrina della Chiesa riguardo il bene dell’uomo e della donna a considerare la vita come un dono di Dio. Alla radice di tale situazione secondo Giovanni Paolo II sta “l’assenza nel cuore degli uomini, di Dio, in cui l’amore soltanto è più forte di tutte le possibili paure nel mondo e le può vincere47”.

44 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 14. 45 GIOVANNI PAOLO II, Angelus Domini 13 febbraio 1994. 46 Cf. GIOVANNI PAOLO II; Familiaris consortio, 31. 47 GIOVANNI PAOLO II, ibidem.

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L’amore coniugale richiede l’unione di persone nella loro totalità, senza la quale “al posto della vera unione…non resta che un accoppiamento privo del pieno valore personalistico.”48 Ciò significa che, escludere dal rapporto sessuale tra i coniugi la possibilità di diventare genitori, ridurli soltanto al proprio godimento, trasformando la persona da soggetto da amare ad oggetto di piacere. Di fronte a questa situazione, la Chiesa promuove il “SI” alla vita, anche se debole e sofferente, la vita infatti, è sempre uno splendido dono del Dio della bontà. L’atto sessuale dei coniugi deve essere prima di tutto atto di responsabilità, un atto di grande rispetto per il partner, un atto di libera volontà; in una parola un atto di vero amore. Giovanni Paolo II, stabilita la necessità di crescere e approfondire sempre più l’origine, il senso e il fine del dono di essere genitori, richiama accoratamente gli sposi a vivere in modo corretto e onesto il loro amore senza tradirne la sua più intrinseca natura. Un amore che deve esprimere anche e soprattutto nei suoi gesti più intimi il suo “SI” alla vita, sempre aperto alla fecondità anche quando questa non fosse possibile.”49

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48 K. WOJTYLA, Amore e responsabilità, p. 168. 49 K. WOJTYLA, Amore e responsabilità, p. 167.

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PATERNITA’ E MATERNITA’ RESPONSABILI L’educazione dei figli affonda le sue radici nella “primordiale vocazione dei coniugi”. I genitori sono i primi responsabili della missione di trasmettere, nell’amore e per amore, la vita ad un nuovo essere umano. Essi prendono parte all’opera creatrice di Dio e insieme sono chiamati mediante l’educazione, a diventare partecipi della sua paterna e materna pedagogia.50 In effetti, i genitori, non hanno solo il compito di trasmettere la vita ai figli, ma anche di educarli secondo la legge di Cristo e della Chiesa: la legge dell’amore, secondo la pedagogia e l’essere stesso di Dio. In effetti essi generando i figli con amore assumono anche il compito di aiutarli efficacemente a vivere una vita pienamente umana.51 L’esortazione Familiaris Consortio sottolinea questo diritto-dovere dei genitori all’educazione, come un diritto essenziale e primario, quindi insostituibile e inalienabile. Essa mette come elemento fondamentale di tale diritto-dovere, l’amore paterno e materno il “quale trova nell’opera educativa il suo compimento nel rendere pieno e perfetto il servizio alla vita. 52 Questo amore deve diventare anima e norma dell’opera educativa, arricchendola di quei valori “di dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che sono il più prezioso frutto dell’amore.”53 In questa delicata missione educativa dei genitori nei confronti dei figli, è molto importante la presenza di entrambi i genitori. Questa importanza viene sottolineata anche dal Concilio Vaticano II. “La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro (dei figli) formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del proprio focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale della donna. I figli poi, mediante l’educazione devono venire formati in modo che, giunti alla maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la loro vocazione, compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale, possano formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali ed economiche favorevoli”.54 Giovanni Paolo II ricorda che entrambi i genitori devono essere consapevoli di questo compito, di questa missione, data loro da Dio, perché essi sono chiamati a comunicare insieme la loro umanità al neonato.

“Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale”.55 La Familiaris Consortio ricorda alcuni contenuti fondamentali:

§ educazione verso i valori essenziali della vita umana; § una delicata educazione sessuale, nutrita della virtù della castità e della verginità; § una consapevole educazione alla fede cristiana.

50 Cf GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie 16. 51 FC 36. 52 FC 36. 53 FC 36. 54 GS 52. 55 FC 36 .

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Educazione ai valori I Valori fondamentali della vita, oggi sembrano non avere più importanza. Il modello imperante è “fai da te”; quello che conta è “come la penso io” secondo le sensazioni ed emozioni del momento. Vedere ed osservare il mondo da questo punto di vista è molto triste e assai pericoloso, perché conduce i giovani a facili entusiasmi, a paure, insicurezze, tristezza, egoismo, solitudine, individualismo, violenza e quant’altro. L’uomo non deve dimenticare che è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza per amore e deve vivere nell’amore. La Familiaris Consortio esorta i genitori a non scoraggiarsi in questo difficile compito dell’educazione, ad aiutare i giovani a cercare i valori essenziali della vita. E’ molto importante condurli ad avere una giusta libertà dinanzi ai beni materiali, adottando uno stile di vita semplice ed austero, convinti che l’uomo vale più per quello che è che per quello che ha.”56 Viene anche sottolineato l’aiuto che deve essere dato ai figli perché imparino ad arricchirsi delle diverse virtù, particolarmente, del senso vero della giustizia, della legalità e ancor più del vero amore come sollecitudine sincera e servizio disinteressato verso gli altri, in particolare verso i più poveri e bisognosi.57 Giovanni Paolo II ricorda che “la famiglia è la prima e fondamentale scuola della socialità”: in quanto comunità d’amore, essa trova nel dono di sé la legge che la guida e la fa crescere.58

L’educazione dei figli deve scaturire prima di tutto dalla testimonianza dei genitori, dalla loro reciproca e amorevole accoglienza, dal dono sincero di se stessi. E’ molto importante vedere i genitori che si amano con gesti e segni concreti; i figli iniziano a imparare a vivere l’autentica libertà, coltivando il rispetto l’uno per l’altro, il senso di giustizia, di accoglienza cordiale, di dialogo, di servizio generoso. Delicata e attenta educazione sessuale

Giovanni Paolo II nella sua esortazione, parla con molta chiarezza riguardo ad una adeguata educazione sessuale da dare ai propri figli: “diritto e dovere fondamentale dei genitori, che deve attuarsi sempre sotto la guida, sia in casa, sia nei centri educativi da essi scelti e controllati.”59

I giovani hanno estremo bisogno di essere formati alla riscoperta della sessualità nel senso vero, che coinvolge tutta la persona nel suo essere ed agire in tutte le dimensioni: psichica, fisica e spirituale. Sono i genitori i primi ad avere il compito di spiegare ai figli che la sessualità è una ricchezza di tutta la persona: corpo, sentimento, anima e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé nell’amore.60 E’ nella famiglia, perché comunione d’amore, che deve svolgersi questo delicato compito educativo per i figli, perché “l’educazione sessuale svolta in altri luoghi, non di rado si riduce a semplice informazione biologica e comportamentale.”61

56 Cf. FC 37. 57 Cf. Ibidem. 58 F C. 167. 59 FC. 37. Riguardo all’educazione sessuale si veda : PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: Verità e significato. Orientamenti in famiglia, Città del Vaticano, 1995. 60 FC. 37. 61 FC. 34.

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Una corretta educazione sessuale, permette ai figli una particolare stima ed attenzione alla chiamata di Dio nei diversi stati di vita. L’educazione alla virtù della castità e della verginità promuove il significato sponsale del corpo per preparare i figli a saper fare un giorno una scelta libera e responsabile.62 Educazione alla fede

La Familiaris Consortio invita i genitori a mostrare ai propri figli a quale profondità di significati della fede sanno essi condurre.63 Resta comunque il fatto che l’educazione è uno dei compiti fondamentali dei genitori nei confronti dei figli in quanto orienta e introduce a due verità fondamentali dell’uomo: “la prima che l’uomo è chiamato a vivere nella verità e nell’amore; la seconda è che ogni uomo si realizza attraverso il dono sincero di sé”.64 “Divenendo genitori, gli sposi ricevono da Dio il dono di una nuova responsabilità. Il loro amore parentale è chiamato a divenire per i figli il segno visibile dello stesso amore di Dio, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome (Ef 3,15)”.65 “Occorre, perciò, che al volere di Dio si armonizzi quello dei genitori: in tal senso, essi devono volere la nuova creatura umana come la vuole il Creatore: “per se stessa”. Il volere umano è sempre e inevitabilmente sottoposto alla legge del tempo e della caducità. Quello divino invece è eterno.”66 Ogni nascita di un bambino è manifestazione della vita. Ogni bambino accolto con gioia ed amore diventa un membro vivo della famiglia, chiamato a camminare sulla strada della vita e destinato a raggiungere la santità. Il bambino ha bisogno pertanto di ricevere una sana e responsabile educazione da parte dei genitori, i quali devono rendersi conto che ogni bambino è “una persona dotata di intelligenza e di volontà libera; quindi è soggetto di diritti, che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti che sono perciò universali, inviolabili e inalienabili.”67 I bambini sono chiamati da Giovanni Paolo II “primavera della famiglia e della società”. Egli sottolinea come essi siano la speranza che continua a fiorire, e con la loro nascita “portano un messaggio di vita”. I genitori sono chiamati ad accogliere con gioia ed affetto i figli. Il sacramento del matrimonio assicura la grazia necessaria per perseverare nell’amore scambievole di cui i figli hanno bisogno. Uno sguardo particolare è rivolto dal Papa a tutti quei bambini che non godono di una esistenza a loro confacente, in cui la loro vita è oltraggiata o addirittura sfruttata. “Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell’intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo in molte parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti”.68

62 Cf. GS 49. 63 FC. 39. 64 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 16. 65 R.G., DE HARO, Matrimonio e famiglia nei documenti del magistero, 302. 66 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 9. 67 G. BRAUMANN, Figlio in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo testamento, a cura di L. Coenen-E. Beyreuther-H.Bientenhard, Bologna, 1991, p. 604. 68 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai bambini 13 dicembre 1994.

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E alla luce di questa triste realtà, il Papa richiama i genitori e tutti gli uomini di buona volontà ad essere sempre fonti della vita, testimoni e difensori dell’irrinunciabile valore della famiglia.

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VIVERE NELLA FAMIGLIA LA TESTIMONIANZA DELLA FEDE

Il tema della testimonianza è un argomento molto ricorrente in tutti i documenti del Concilio Vaticano II al quale Giovanni Paolo II dà grande rilievo soprattutto quando questa è vissuta dalla famiglia cristiana: “La testimonianza della vita degli sposi cristiani è di un valore unico.”69 Giovanni Paolo II evidenzia come Cristo e il suo amore per ogni creatura sia la fonte e il mezzo originale di ogni santificazione. Amore al quale i coniugi e la famiglia cristiana, partecipano grazie al sacramento del matrimonio, mediante il quale l’amore umano viene inserito nel mistero della morte e resurrezione di Cristo e lo santifica. Il sacramento del matrimonio “riprende e specifica la grazia santificante del battesimo” abilitando la coppia ad un nuovo cammino di santificazione, nonostante le innumerevoli difficoltà. “Come dal sacramento derivano ai coniugi il dono e l’obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così dallo stesso sacramento discendono la grazia e l’impegno morale di trasformare tutta la loro vita in un continuo “sacrificio spirituale”.70 Nell’Eucaristia, “sorgente di carità”, i coniugi cristiani trovano “la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale”.71 L’Eucaristia, in quanto sacramento della carità e fonte inesauribile per vivere l’amore di Dio, diventa alimento indispensabile per crescere nella santità e vivere nel dono di se stessi. “Non esiste altra potenza e altra sapienza attraverso le quali possiamo essere salvati e mediante le quali possiamo contribuire a salvare gli altri”.72 E’ nell’Eucaristia che la famiglia cristiana trova la forza e la motivazione per vivere la loro vita di dono e di amore. “Il segno dell’unico pane realizza la vera comunione tra i membri della comunità familiare e indica ad essi il mandato di restare in tale comunione”.73 Se nell’Eucaristia, sacramento della carità e dell’amore di Dio, la famiglia, trova la sua fonte per vivere la sua vocazione e missione, nel sacramento della penitenza essa trova la via per attingere costantemente alla misericordia di Dio e risanare la relazione coniugale da eventuali cadute, incoerenze, mancanze d’amore per ritrovare nuovo slancio e continuare il cammino di santificazione. “Il pentimento e il perdono vicendevole in seno alla famiglia, che tanta parte hanno nella vita quotidiana, trovano il momento sacramentale specifico nella penitenza cristiana”.74 In questo sacramento “gli sposi e tutti i membri della famiglia sono condotti all’incontro con Dio “ricco di misericordia”, ricevono il perdono dei loro peccati e sono chiamati alla ricostruzione e alla perfezione dell’alleanza coniugale e la comunione familiare.”75 La preghiera in famiglia La famiglia deve pregare insieme per vivere e manifestare il mistero del proprio essere. 69 Discorso del Santo Padre ai partecipanti alla III assemblea plenaria del pontificio consiglio per la famiglia (13 dicembre 1985). 70 FC 56. 71 FC 57. 72 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 18. 73 M. DOLDI, Introduzione, in FC, 48. 74 FC 58. 75 LG 11.

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Il momento della preghiera è un “momento sacro”, ed è un elemento assai importante della spiritualità familiare . La preghiera familiare, descritta dalla Familiaris Consortio, ha caratteristiche sue proprie: “E’ una preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme”.76

La famiglia, come dice Giovanni Paolo II, “deve diventare unità di preghiera. Ma perché

questo possa trasparire in modo significativo, è necessario che il pregare diventi abitudine radicata nella vita quotidiana di ogni famiglia. La preghiera della famiglia ha molto da dire a Dio. Ha anche tanto da dire agli uomini, a cominciare dalla reciproca comunione delle persone unite da legami familiari”.77

La preghiera deve coinvolgere la famiglia in tutte le sue diverse circostanze e condizioni:

gioie, dolori, speranze, tristezze, nascite, partenze, decisioni importanti; queste sono occasioni per rendere grazie a Dio, per domandarne l’aiuto e lodarlo sempre.

Dai genitori i figli imparano a dialogare con Dio come Padre, imparano ad ascoltarlo e ad amarlo. La preghiera può esprimersi in forme diverse. Essa può essere liturgica, centrata cioè sui tempi dell’anno e modulata dalla liturgia della Chiesa, può essere privata e manifestarsi in una grande varietà di forme: “la lettura e la meditazione della Parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine Santissima, la benedizione della mensa, l’osservanza della pietà popolare.”78

“Non si dovrà mai dimenticare che la preghiera è parte costitutiva essenziale della vita cristiana, colta nella sua integralità e centralità, anzi appartiene alla nostra stessa “umanità”: è la prima espressione della verità interiore dell’uomo, la prima condizione dell’autentica libertà dello spirito”.79

Angela Anna TOZZI, scic

76 FC 59. 77 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 10. 78 FC, 61. 79 FC 62.

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VIVERE NELLA FAMIGLIA LA MISSIONARIETA’

Giovanni Paolo II invita tutte le famiglie cristiane a far proprio l’invito pressante di Gesù:

“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Le famiglie cristiane che vivono il proprio impegno di fede si sentono spinte ad essere i

missionari del Vangelo con la parola, l’esempio. “La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito

soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio (…). Tuttavia tale apostolato non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente.”80

Il sacramento del matrimonio ha dentro di sé la vocazione missionaria propria di ogni credente a diffondere e difendere la fede con la parola e l’opera, mandato ricevuto con il sacramento del Battesimo e confermato con la Cresima.

La famiglia, come comunità d’amore e di vita, è chiamata a svolgere la missionarietà anche fuori dei propri confini per diventare un “segno luminoso” per le famiglie che ancora non hanno conosciuto l’amore salvifico di Cristo, ma anche per quelle famiglie che si professano cristiane ma che non vivono più in coerenza la fede ricevuta.81

“L’amore di Cristo che consacra il patto coniugale è anche il fuoco sempre ardente che sospinge l’evangelizzazione. Ogni membro della famiglia, in sintonia con il Cuore del Redentore, è invitato ad impegnarsi per tutti gli uomini e le donne del mondo, manifestando la sollecitudine per coloro che sono lontani, come per quelli che sono vicini.”82 E’ ancora il Sacramento del matrimonio che abilita la famiglia nel suo impegno missionario, il quale trova la sua forza nell’amore di Cristo e nel profondo desiderio di manifestarlo agli altri. La famiglia e la società Giovanni Paolo II per indicare il forte legame che la famiglia ha con tutta la società così si esprime: “La famiglia possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa”.83 Un impegno che non riguarda solo qualche aspetto della vita sociale, ma si colloca proprio alla sua radice. “La famiglia e la società sono allora molto legati. La famiglia possiede energie straordinarie per dare la forma e l’autenticità alla vita sociale. Mediante la generazione nella famiglia nasce l’uomo e l’amore dei coniugi dona alla società una nuova persona. Poi naturalmente alla famiglia è riservato il compito educativo sociale, la prima scuola delle virtù sociali, che sono l’anima della società stessa. Allora il primo e fondamentale contributo della famiglia alla società è “la stessa

80 Christifideles Laici, 6. 81 Cf FC 54. 82 GIOVANNI PAOLO II Messaggio, per la Giornata Missionaria Mondiale (22 maggio 1994). 83 FC 42.

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esperienza di comunione e di partecipazione, che deve caratterizzare la vita quotidiana della famiglia”.84 Il secondo grande contributo offerto alla società è l’impegno della famiglia nel “dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle persone e situazioni che l’organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere”.85 Questo diventa per la famiglia “farsi carico” delle sofferenze e miserie degli altri aprendo la propria casa e soprattutto il proprio cuore . Vivere nella famiglia la sobrietà Il Papa Giovanni Paolo II sin dall’inizio del suo pontificato ha parlato in molte occasioni della virtù della sobrietà, promuovendo uno stile di vita semplice fondato sulla sobrietà: “Sobrietà come moderazione, rinuncia agli sprechi, rifiuto della logica del consumismo, risparmio in favore delle necessità più urgenti, sia in casa propria, sia nelle comunità e nelle nazioni più bisognose. Accoglienza, che non vuol dire solo apertura verso gli altri, ma anche responsabilità nei confronti di chi è nel bisogno, mediante un’armonica cooperazione tra pubblico e privato, tra istituzioni e volontariato. Infine servizio, che è atteggiamento evangelico per eccellenza, derivante direttamente dal precetto di amare il prossimo come se stessi”.86 Il Papa invita caldamente le famiglie cristiane a percorrere vie che, per coloro che non vivono per Dio, potrebbero apparire incomprensibili se non addirittura strane. “Nel mondo di oggi siete (famiglie) testimoni della felicità che scaturisce dalla condivisione dell’amore, anche a prezzo di molte rinunce. Non abbiate paura di dare questa testimonianza! Il mondo può non comprendervi, il mondo può domandare perché non abbiate seguito una via più facile, ma il mondo ha bisogno della vostra testimonianza-il mondo ha bisogno del vostro amore, della vostra pace e della vostra felicità”87 Il Papa sottolinea come il possesso dei beni materiali, soprattutto quando è caratterizzato da uno smodato desiderio di possedere fine a se stesso, non riesce a rendere gli uomini liberi, anzi li fa schiavi del possesso e del godimento immediato, senza un orizzonte più alto che renda ragione dell’alta dignità dell’uomo e della meta alla quale è chiamato: la comunione con Dio e con tutti gli uomini.88 La famiglia cristiana è chiamata da Giovanni Paolo II a impegnarsi responsabilmente usando i suoi beni materiali per diminuire la povertà, la solitudine, i dispiaceri, la tristezza nel mondo. Essa è invitata ad essere partecipe allo sviluppo della società, con la moderazione e la semplicità che devono essere i criteri del suo vivere quotidiano.89 Vivere nella famiglia l’ospitalità L’esortazione apostolica Familiaris Consortio mette l’ospitalità come elemento specifico che deve contraddistinguere la famiglia cristiana. Il Papa richiama le famiglie ad un impegno concreto ricordando le parole di san Paolo: “Siate premurosi nell’ospitalità” (Rm 12,13), e le parole stesse di

84 FC 43. 85 FC 44. 86 GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla visita pastorale a Macerata (19 giugno 1993). 87 L’appello del Santo Padre durante la recita della preghiera mariana nel Santuario di LUDZMIERZ (7 GIUGNO 1997). 88 Omelia durante la Santa Messa nel santuario della Madonna “de la Cinta” (14 giugno 1993). 89 Messaggio di Giovanni Paolo II per la celebrazione della XXVI giornata mondiale della pace (1 gennaio 1993).

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Gesù: “chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,42). Il Papa, nelle sue esortazioni alle famiglie, dà grande importanza al valore dell’ospitalità soprattutto come valore da maturare nella nostra società. L’esortazione apostolica Familiaris Consortio, valorizza l’ospitalità in tutte le sue forme: accoglienza tra marito e moglie, genitori e figli. Un rapporto di accoglienza che si estende a tutta la parentela. Il rapporto affettuoso con i parenti è un primo ambito di quella necessaria apertura, che proietta la famiglia verso l’intera società. Vivere nella famiglia la solidarietà La solidarietà è un atteggiamento che nasce dall’amore e si sviluppa nell’amore. “La solidarietà della famiglia appartiene alla famiglia come dato nativo, costitutivo e strutturale proprio perché è famiglia e quindi, la realtà originariamente fondata e continuamente animata dalla solidarietà e dall’amore. In forza di questa sua condizione ontologica, la famiglia, oltre a sperimentare la solidarietà al suo interno, può e deve generare solidarietà anche intorno a sé, nella complessità della vita sociale, contribuendo così all’edificazione della pace.”90 La solidarietà insieme all’accoglienza, sono strettamente connesse con la dimensione sociale della famiglia. Il tema della solidarietà, alla quale è chiamata la famiglia cristiana, Giovanni Paolo II lo sviluppa anche in un altro documento: L’Evangelium Vitae, dove mette in gran risalto il valore della vita umana e il grave compito che ognuno ha di custodirla e difenderla. Sin dal suo concepimento La famiglia, è chiamata a diventare “Santuario della Vita”, ogni giorno deve contrastare contro una concezione della libertà del tutto individualistica che finisce per essere la libertà dei “più forti” contro i deboli destinati a soccombere.

Il Papa chiama la famiglia ad avere “uno sguardo contemplativo”, che nasce dalla fede nel Dio della vita, e non vuole l’uomo indifferente alle sofferenze degli altri.

La solidarietà di cui parla la Familiaris Consortio è disponibilità all’adozione o all’affidamento dei bambini abbandonati dai loro genitori o comunque in situazioni di disagio.

Il Papa chiama i genitori cristiani a saper superare i legami della carne per vivere la loro paternità e maternità in una dimensione universale, affermando che :”Il vero amore paterno e materno sa andare al di là dei legami della carne e del sangue ed accogliere anche bambini di altre famiglie, offrendo ad essi quanto è necessario per la loro vita ed il loro pieno sviluppo.”91

Il farsi carico dei pesi degli altri, significa avere lo sguardo aperto alle vicende del mondo, significa operare concretamente là dove le situazioni lo richiedono, nelle forme più svariate.

La famiglia è chiamata ad allargarsi affinchè tutta l’umanità diventi la grande famiglia di Dio, nella quale l’amore, il rispetto, l’attenzione per la crescita dell’altro trovino il giusto posto.

Angela Anna TOZZI, scic

90 Omelia durante il “Familyfest (6 giugno 1993). 91 EV 93.