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La psicologia dinamica e Sigmund Freud

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La psicologia dinamicae Sigmund Freud

Osmano Oasi

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ISBN 978-88-470-2524-0 ISBN 978-88-470-2525-7 (eBook)

DOI 10.1007/978-88-470-2525-7

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9 8 7 6 5 4 3 2 1 2014 2015

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Osmano OasiDipartimento di Psicologia

Università Cattolica del Sacro Cuore

Milano

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In ricordo di mio padre

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Presentazione

Con molto piacere presento questo volume.

Non è un atto formale, ma avviene per ragioni scientifiche e culturali. Mi

accomuna all’autore, infatti, una radice di appartenenza e di formazione che sento

necessario argomentare. In primo luogo la Psicoanalisi, nelle sue varie forme, ma-

nifestazioni e applicazioni, anche istituzionali (la Società Psicoanalitica Italiana) e,

in secondo luogo, l’Università (la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di

Milano, nel nostro caso). Luoghi e ambiti che questo libro riesce a far convivere fe-

licemente, nonostante un momento storico nel quale la Psicoanalisi e gli psicoanalisti

hanno visto ridursi la loro presenza in ambito accademico. Non è questo il momento

per sviluppare una riflessione sulle ragioni di tale progressivo e, si spera, non irre-

versibile, allontanamento. Voglio invece sottolineare come questo libro sia una si-

gnificativa testimonianza dell’importanza di questa convivenza, che diventa possibile

quando, come nel testo, la psicoanalisi e il suo progenitore diventano materia viva e

pulsante e non articoli per antiquari o nostalgici. In questo senso, la psicoanalisi e il

Freud di cui ci parla Oasi sono, al contrario, profondamente radicati dentro i cam-

biamenti e le trasformazioni che la teoria, la clinica e la cura hanno mostrato negli

anni trascorsi ormai in tre differenti secoli.

Obiettivo di fondo di questo testo, a me sembra, è quello di presentare sintetica-

mente e di saldare insieme alcuni aspetti fondamentali di un approccio alla persona

che pone al centro le forze consce e inconsce che la governano. Per comprendere

come queste forze si muovano, si combinino o entrino in contrasto una con l’altra

occorre apprendere e condividere un “vocabolario” che l’autore cerca di fornire nel

primo capitolo: senza di quello sarebbe difficile capire poi il contributo della psi-

coanalisi e di Freud in particolare. Né è possibile capirlo senza tener conto di una

concezione “dinamica” dell’individuo e del paziente che era già ben presente prima

che il padre della psicoanalisi gettasse le fondamenta di quest’ultima: da qui l’utilità

di una sintetica presentazione del pensiero pre-psicoanalitico, nella convinzione che

Freud si sia mosso su un terreno già dissodato da autori che, come suggerisce Ellen-

berger in un suo testo divenuto un “classico” (La scoperta dell’inconscio) collochiamo

all’interno della prima psichiatria dinamica. Oasi sembra così privilegiare l’ottica

della continuità, che porta a pensare alla psicoanalisi non come l’affermarsi di un

vii

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Presentazioneviii

punto di vista ex novo, ma il naturale punto d’arrivo di un percorso. È questa un’otticamolto affascinante e, mi si consenta, rassicurante, perché colloca Freud e la sua“scoperta”, la psicoanalisi, dentro un cammino che ne giustifica le origini (senzanulla togliere alla genialità del personaggio), ma ridimensionando un’aura mitica emistica che non gli ha mai giovato.

L’idea del percorso anima tutta la parte dedicata a Freud, capitoli che idealmentelo studente dovrebbe percorrere in compagnia del padre della psicoanalisi. Il legametra la vita e gli scritti di Freud è più volte evidenziato dall’autore. Emergono cosìnon solo i concetti chiave (inconscio, libido e molti altri), ma anche le difficoltà e imomenti critici affrontati da Freud. Proprio ad essi si riconnettono i passaggi fonda-mentali di sviluppo del costituendo modello psicoanalitico: si pensi alla morte delpadre di Freud e all’avvio della sua “autoanalisi”, punto di partenza della psicoanalisi,o alla dibattuta questione degli avvenimenti bellici della Grande Guerra e alla stesuradi Lutto e melanconia. Molto apprezzabile è il frequente rimando al testo originale,che garantisce un’oggettività espositiva che deve precedere qualunque ipotesi inter-pretativa del pensiero di Freud.

Ma ha ancora un senso dare così ampio spazio a Freud a più di cento anni dallasua morte? Non è il suo un modello superato e pertanto liquidabile rapidamente? In-somma, come recitava un interessante articolo di Westen di qualche anno fa, Freudè “davvero morto”, oppure rimane un punto di riferimento imprescindibile per chiun-que si occupi di psicoanalisi? Leggendo questo testo l’impressione è che Freudabbia ancora molto da dirci, benché su di lui sia stato scritto e detto molto, il piùdelle volte per mostrare i limiti dei suoi costrutti teorici o delle sue modalità tecniche.Eppure il suo pensiero rimane un imprescindibile termine di confronto. In questosenso è indispensabile soffermarvisi, a maggior ragione per chi sta iniziando un per-corso universitario come quello di Psicologia. Chi lo leggerà troverà nel testo unrapporto, mi vien da dire, “dinamico” con il pensiero freudiano, privo di idealizzazioneo di svalutazione.

Infine, un ultimo punto di forza di questo testo, che – come l’autore dice nellasua prefazione – rimane un manuale introduttivo, è la presenza di un capitolo sulladiagnosi e l’assessment: si tratta di una tematica di grande importanza sia perché fameglio capire la concezione dinamica/psicoanalitica del paziente, sia perché invitaa riflettere su quello che costituisce il primo “contatto” con il paziente, momentotroppo spesso sottovalutato. È bene che lo studente ne capisca da subito l’importanzaanche nell’approccio psicoanalitico. Una psicoanalisi, quella di cui ci parla Oasi,che non ha nulla da temere dal e nel confronto con le discipline limitrofe. Basterebbe,a questo proposito, leggere il caso clinico considerato attraverso il confronto tra idifferenti strumenti diagnostici, dove appare evidente come l’integrazione tra diversiapprocci possa produrre benefici in primo luogo per le persone che arrivano da noiper essere aiutate.

Buona lettura!

Milano, ottobre 2013 Pietro Roberto Goisis

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Prefazione

La motivazione alla scelta del Corso di Laurea in Psicologia e il significato che una

materia come Psicologia dinamica poteva avere in tale Corso di Laurea, allora quin-

quennale, furono due tra le più significative aree di studio che mi trovai ad appro-

fondire all’inizio della mia attività universitaria. Si trattava di qualcosa che stava

molto a cuore a Silvio Stella: di mezzo c’era la riflessione su un percorso formativo

in cui problematiche di apprendimento e personali si intrecciavano le une con le

altre. Ne nacquero dei lavori, alcuni dei quali citati nel capitolo 1.

Ha ancora senso interrogarsi su questo? E, se sì, con quali obiettivi? A distanza

di tempo, le cose sono cambiate da più punti di vista: la riforma universitaria, che

ha “spezzato” la formazione psicologica in due tronconi, l’enorme sviluppo di di-

scipline evidence-based come quelle afferenti alle neuroscienze – la cui ricaduta su

moltissime aree della psicologia, psicoanalisi compresa, è molto significativa – e,

non ultima, la diversa configurazione dei giovani nella società postmoderna1 costi-

tuiscono fattori di grande cambiamento. D’altra parte, se è storicamente rintracciabile

una “psichiatria dinamica” – anzi, giustamente Ellenberger2 la considera la base di

partenza della psicoanalisi – e se oggi la “psichiatria psicodinamica” continua a dare

un fondamentale contributo alla comprensione della psicopatologia3, più complesso

è invece dare dei confini precisi alla “psicologia dinamica”.

L’impressione è che, di fronte a quei cambiamenti cui si accennava poco sopra, l’o-

biettivo di una disciplina come la psicologia dinamica possa essere quello di dare un

contributo affinché ognuno di noi possa riflettere sui propri processi mentali e, nello

stesso tempo, possa porsi all’ascolto dell’altro. In altre parole, ripensare alle proprie ori-

gini e sviluppare il contributo di quegli autori appartenenti alla prima psicologia speri-

mentale, come Gustav Fechner, Wilhelm Wundt e Hermann von Helmholtz, ma anche

di quei filosofi, come Franz Brentano e Edmund Husserl, che hanno mostrato una finezza

d’analisi esemplare nel mettere in luce ciò che accade dentro di noi. E dentro di noi,

prima o poi, ci imbattiamo in qualcosa che è sintetizzabile in una parola: l’inconscio.

1 Baumann Z (2002) La società individualizzata. il Mulino, Bologna.2 Ellenberger HF (1970) La scoperta dell’inconscio, 2 voll. Bollati Boringhieri, Torino.3 Gabbard GO (2005) Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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Prefazionex

Già. Ma esiste l’inconscio? Comunque lo si consideri – inconscio dinamico, non

rimosso, pre-riflessivo, non convalidato – non vi è dubbio che esso ha rappresentato

la “parola chiave” del secolo scorso, ma anche del tempo presente. D’altra parte,

Freud rimane colui che, attraverso la costruzione dell’edificio psicoanalitico, ha dato

una collocazione precisa a questo concetto. Da qui la necessità e l’utilità di un con-

fronto con il suo modello, fin dall’inizio di un percorso di studi in Psicologia.

Eccoci però di fronte a un altro interrogativo: la psicoanalisi si può insegnare?

All’indomani della fine della Prima guerra mondiale fu istituita presso l’Università

di Budapest, grazie al desiderio di cambiamento sostenuto dal nuovo governo, una

cattedra di psicoanalisi affidata a Ferenczi. In tale occasione, Freud scrisse un inte-

ressante articolo nel quale fa chiaramente capire che, per esercitare la psicoanalisi,

è necessario, dopo l’acquisizione dei fondamenti teorici, un ulteriore “addestra-

mento” pratico, così come “l’istruzione universitaria non fornisce allo studente di

medicina una preparazione tale da renderlo un abile chirurgo”4; saranno necessari

anni di lavoro nel reparto chirurgico di un ospedale. Se, però, si leggono le defini-

zioni di “psicoanalisi” date da Freud qualche anno dopo5, si comprende implicita-

mente che la distanza tra teoria e pratica poc’anzi esposta non deve impedire

l’avvicinamento alla psicoanalisi. Quest’ultima, infatti, non è soltanto “un procedi-

mento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile

accedere” o “un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei

disturbi nevrotici”; ma anche “una serie di conoscenze psicologiche acquisite per

questa via che gradualmente si assommano e convergono in una nuova disciplina

scientifica”5. È proprio su quest’ultima definizione che vorrei attirare l’attenzione:

la psicoanalisi come disciplina scientifica e come modello – rivoluzionario per quei

tempi, ma forse ancora oggi pensando alla centralità del concetto di inconscio – di

comprensione del funzionamento normale e patologico della mente umana. Acco-

starsi ad esso e comprenderlo costituisce il “primo tempo” di un apprendimento che,

per chi lo vorrà, potrà proseguire in seguito necessariamente in altre forme.

Questi dunque gli obiettivi del manuale: confermare la specificità di una disci-

plina psicologica da un lato, dare i primi fondamenti della psicoanalisi dall’altra.

Nel fare questo si è privilegiato il taglio storico focalizzando, in particolare, i pas-

saggi fondamentali dello sviluppo del pensiero freudiano. È stata pertanto perseguita

non l’esaustività, bensì l’individuazione degli snodi fondamentali di tale pensiero.

La speranza è che altre aree tematiche lasciate più sullo sfondo possano essere af-

frontate dagli studenti in successivi momenti di approfondimento.

Osmano Oasi

4 Freud S (1918) Bisogna insegnare la psicoanalisi nell’università? In: Opere, vol. IX p. 35. Borin-

ghieri, Torino.5 Freud S (1922) Due voci di enciclopedia: “Psicoanalisi” e “Teoria della libido”. In: Opere, vol.

IX p. 439. Boringhieri, Torino.

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Ringraziamenti

xi

Sono grato a Silvia Paolicelli per la discussione e il confronto su alcune parti del

testo e a Davide Cavagna per aver condiviso con me l’attenta rilettura delle bozze;

alla dott.ssa Donatella Rizza e a Catherine Mazars di Springer per la disponibilità

dimostratami.

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Indice

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1 Psicologia dinamica: radici e aree di sviluppo della disciplina . . . . . 1

1.1 Dinamismo mentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 Psicologia dinamica e motivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.3 Psicologia dinamica e “psicologia del profondo”:

sovrapposizione o contrapposizione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.4 Continuità/discontinuità della vita mentale . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.5 Psicologia dinamica e metodo: un incontro fruttuoso? . . . . . . . 11

1.6 Concetti metapsicologici e concetti clinici . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2 Cenni di diagnosi e nosografia psicoanalitiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.1 La diagnosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.2 La nosografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.3 Psicoanalisi e psicopatologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.4 Una esemplificazione clinica: DSM e PDM a confronto . . . . . . 32

2.4.1 Diagnosi descrittiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.4.2 Diagnosi psicodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

3 Curare ai tempi di Freud (precursori e contemporanei) . . . . . . . . . . 37

3.1 Uno sguardo sul passato: alle origini del concetto

di malattia e di cura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.2 F.A. Mesmer e la prima psichiatria dinamica . . . . . . . . . . . . . . 38

3.3 H. Bernheim e J.-M. Charcot: verso una nuova

psichiatria dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

3.4 Pierre Janet: un Freud francese? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

3.4.1 L’automatismo psicologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

3.4.2 Teoria dinamica delle nevrosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

3.4.3 Analisi e sintesi psicologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.4.4 Riflessioni conclusive su Janet: la sua cultura

e la sua eredità intellettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

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Indicexiv

4 Le basi del pensiero freudiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 4.1 Freud: l’uomo e il contesto storico-culturale . . . . . . . . . . . . . . . 63 4.2 Il periodo prepsicoanalitico: grandi slanci e primi studi clinici sull’ipnosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 4.2.1 Progetto di una psicologia (1895) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 4.2.2 Trattamento psichico (trattamento dell’anima) (1890); Ipnosi (1891) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 4.3 L’isteria: prima sfida per la tecnica psicoanalitica (Studi sull’isteria, 1892–1895) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 4.3.1 Comunicazione preliminare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 4.3.2 Casi clinici (Anna O.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 4.3.3 Casi clinici (Signorina Elisabeth von R.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 4.3.4 Scritto teorico di Breuer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 4.3.5 Scritto teorico di Freud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

5 La nascita della psicoanalisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.1 L’autoanalisi e la Traumdeutung . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.2 L’uso clinico del sogno. Caso clinico di Dora . . . . . . . . . . . . . . 109 5.3 Come funziona l’inconscio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 5.3.1 La Psicopatologia della vita quotidiana (1901a) . . . . . . . . . . . 117 5.3.2 Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905b) . . 120 5.4 La configurazione definitiva del modello topografico . . . . . . . . 123 5.4.1 Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico (1911) . . 123 5.4.2 L’inconscio (in Metapsicologia [1915a]) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

6 Il ruolo dell’infanzia nel modello freudiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 6.1 La sessualità infantile: la teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130 6.2 I Tre saggi sulla teoria sessuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 6.2.1 Primo saggio. Le aberrazioni sessuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 6.2.2 Secondo saggio. La sessualità infantile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 6.2.3 Terzo saggio. Le trasformazioni della pubertà . . . . . . . . . . . . . . 139 6.3 Dalla teoria alla clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 6.3.1 L’isteria d’angoscia. Caso clinico del piccolo Hans . . . . . . . . . 141 6.3.2 L’altra faccia delle psiconevrosi: la nevrosi ossessiva. Caso clinico dell’uomo dei topi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

7 Il narcisismo e lo studio della patologia grave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 7.1 Fondamenti teorici: Introduzione al narcisismo (1914b) . . . . . 159 7.2 Le nevrosi narcisistiche. Caso clinico del Presidente Schreber . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 7.2.1 Storia della malattia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 7.2.2 Tentativi d’interpretazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 7.2.3 Il meccanismo della paranoia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168 7.2.4 Poscritto del 1911 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 7.3 Le riflessioni freudiane sulla depressione . . . . . . . . . . . . . . . . . 170

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Indice xv

7.4 Il ritorno alle psiconevrosi. Caso clinico dell’uomo dei lupi . . . 174

7.4.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174

7.4.2 Sguardo generale all’ambiente e alla storia della malattia . . . . . 174

7.4.3 La seduzione e le sue immediate conseguenze . . . . . . . . . . . . . 176

7.4.4 Il sogno e la scena primaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178

7.4.5 La nevrosi infantile: materiali dai tempi remoti

e riattualizzazioni nel presente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180

8 Verso l’ultimo Freud: aperture sul futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185

8.1 L’introduzione del dualismo pulsionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186

8.2 La seconda topica o modello strutturale della mente . . . . . . . . . 192

8.3 La nuova concezione dell’angoscia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200

8.3.1 Modificazioni di vedute già esposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

8.3.2 Aggiunta circa l’angoscia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212

8.3.3 Angoscia, dolore e lutto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213

8.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215