La prova della libertà (estratto)

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Questo volume, frutto dell’intervento di Silvano Petrosino al Festival Biblico di Vicenza, evidenzia i due nuclei essenziali attorno ai quali le Sacre Scritture tessono il loro discorso sulla libertà. Bisogna innanzitutto riconoscere come all’interno della Bibbia la libertà non venga originariamente riferita alla scelta dell’uomo tra il bene e il male; prima di una simile eventualità, infatti, essa avrebbe sempre a che fare con la posizione della creatura, con l’esistenza stessa di “qualcosa” come creatura. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella creatura particolare che è l’uomo, dunque prima ancora di essere una questione umana, sarebbe un sinonimo di “creatura”, sarebbe la parola per eccellenza che si impone in riferimento alla creazione in quanto tale. Nelle Sacre Scritture dire “libertà” significa soprattutto dire “creazione”; di conseguenza per tentare di comprendere il senso biblico della prima è necessario tentare di compr

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SILVANO PETROSINO insegna Teorie della co-municazione e Filosofi a morale presso l’Univer-sità Cattolica di Milano e di Piacenza. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: La scena umana. Grazie a Derrida e Lévinas (Jaca Book 2010); Visio-ne e desiderio. Sull’essenza dell’invidia (Jaca Book 20102); Abitare l’arte. Heidegger, la Bibbia, Rothko (Interlinea 2011); Soggettività e denaro. Logica di un inganno (Jaca Book 2012); Lo stupore (Interlinea 20122).

La Serie ripropone gli interventi più signifi cativi del Fe-stival Biblico mettendo a disposizione di tutti i lettori le rifl essioni e i contributi degli autori più importanti in-vitati all’appuntamento annuale del Festival vicentino.

201. Zygmunt Bauman, Lo spirito e il clic. La società contemporanea tra frenesia e bisogno di speranza

202. Ermes Ronchi - Marina Marcolini, Perché avete pau-ra? La speranza dalle Scritture

Nelle Sacre Scritture la libertà non viene originariamente riferita allascelta dell’uomo tra il bene e ilmale, ma ha a che fare con la posizione della creatura, con l’esistenza stessa di “qualco-sa” come creatura. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella creatura particolare che è l’uomo, dun-que prima ancora di essere una questione umana, è un sinonimo di “creatura”. All’interno della Bib-bia dire “libertà” signifi ca soprattutto dire “creazione”; di conseguenza per tenta-re di comprendere il senso biblico della prima è necessario tentare di comprendere il senso biblico della seconda.

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Silvano Petrosino

LA PROVADELLA LIBERTÀ

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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2013Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)www.edizionisanpaolo.itDistribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

ISBN 978-88-215-7921-9

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Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; co-noscerete la verità e la verità vi farà libe-ri». Gli risposero: «Noi siamo discenden-ti di Abramo e non siamo mai stati schia-vi di nessuno. Come puoi tu dire: “Di-venterete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del pec-cato. Ora, lo schiavo non resta per sem-pre nella casa; il figlio vi resta per sem-pre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sa-rete liberi davvero1.

Scopo di questo intervento è di evidenziare quelli che mi sembrano essere i due nuclei essen-ziali attorno ai quali le Sacre Scritture tessono il loro discorso sulla libertà. Come dovrebbe essere fin troppo evidente, tale discorso è molto più am-pio e articolato di quello fissato in queste poche

1 Gv 8,31-36.

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pagine, tuttavia spero di riuscire almeno a indicare la direzione verso la quale il testo biblico con insi-stenza si orienta.

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Bisogna innanzitutto riconoscere come all’in-terno della Bibbia la libertà non venga originaria-mente riferita alla scelta dell’uomo tra il bene e il male; prima di una simile eventualità, infatti, essa avrebbe sempre a che fare con la posizione della crea-

tura, con l’esistenza stessa di “qualcosa” come crea-tura. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella crea-tura particolare che è l’uomo, dunque prima an-cora di essere una questione umana, sarebbe un sinonimo di “creatura”, sarebbe la parola per ec-cellenza che si impone in riferimento alla creazio-ne in quanto tale. Nelle Sacre Scritture dire “liber-tà” significa soprattutto dire “creazione”; di con-seguenza per tentare di comprendere il senso bi-

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blico della prima è necessario tentare di compren-dere il senso biblico della seconda, e questa non è affatto un’impresa semplice. Bisogna dunque ave-re un po’ di pazienza, per riuscire almeno a imboc-care l’unica strada che conduce al senso più pro-fondo di una simile idea di libertà.

In un magnifico passaggio di Totalità e Infinito il filosofo Emmanuel Lévinas scrive:

L’Infinito si produce rinunciando all’invasione di una totalità in una contrazione che lascia un posto all’es-sere separato [...]. Un Infinito che non si chiude cir-colarmente su se stesso, che si ritira dalla dimensione ontologica per lasciare un posto a un essere separato, esiste divinamente [...]. I rapporti che si stabiliscono tra l’essere separato e l’Infinito riscattano ciò che co-stituiva una diminuzione nella contrazione creatrice dell’Infinito. L’uomo riscatta la creazione. La società con Dio non è un’aggiunta a Dio, né un venir meno dell’intervallo che separa Dio dalla creatura. In oppo-sizione alla totalizzazione, l’abbiamo chiamata religio-ne [...] l’idea di creazione ex nihilo esprime una mol-teplicità non unita in totalità. La creatura è un’esisten-za che, certamente, dipende da un Altro ma non come una parte che se ne separa. La creazione ex nihilo rom-pe il sistema, pone un essere al di fuori di qualsiasi sistema, cioè là dove la sua libertà è possibile. La crea-

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zione lascia alla creatura una traccia di dipendenza, ma di una dipendenza senza simili: l’essere dipenden-te trae da questa dipendenza eccezionale, da questa relazione, la sua stessa indipendenza, la sua esteriori-tà al sistema. L’essenziale dell’esistenza creata non con-siste nel carattere limitato del proprio essere e la strut-tura concreta della creatura non si deduce da questa finitudine. L’essenziale dell’esistenza creata consiste nella sua separazione nei confronti dell’Infinito. Que-sta separazione non è semplicemente negazione1.

Secondo questa concezione, nell’idea di crea-zione non si afferma solo un ritardo d’essere, un di meno d’essere o una negatività da parte della creatura, ma anche e al tempo stesso una positività, una novità assoluta, una sorta di sovrappiù interno a questo stesso ritardo; certo, la creatura, proprio in quanto creata, è definita da un ritardo e da una passività assoluti, essa viene da un passato an-ar-chico che sfugge a ogni ricordo, la creatura non ha deciso di esistere ma si è trovata gettata nell’esi-stenza, tuttavia in tale ritardo essa è anche posta, resa autonoma, libera, di conseguenza è se stessa. Se dunque da una parte l’essenziale che l’idea di

1 E. Lévinas, Totalité et Infini, Niyhoff, La Haye 1961, trad. it. di A. Dell’Asta, Totalità e Infinito, Jaca Book, Milano 19902, pp. 105-106.

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creazione veicola sta nel rapporto di totale dipen-denza ch’essa afferma, d’altra parte è necessario anche riconoscere in tale dipendenza una forma di relazione del tutto particolare: si tratta infatti di una dipendenza assoluta che pone al tempo stesso le condizioni di un’assoluta indipendenza. Scrive al ri-guardo A.D. Sertillanges:

Due sono i caratteri essenziali dell’idea di creazione [...]. Poiché la creatura è fino in fondo dipendente, in quanto essere, e così sotto tutti i rapporti in cui es-sa partecipa all’essere, si dirà che la creatura è nulla per se stessa, benché non in se stessa [...]. D’altro canto, essendo la creazione relazione pura, e relazio-ne unilaterale quanto alla realtà delle cose [...], que-sta condizione stabilisce la creatura nella sua più per-fetta autonomia esistenziale e funzionale. Evidente-mente non di fronte a Dio, o contro Dio, ma per la volontà di Dio stesso, visto che la creazione [...] lascia all’essere creato una sorta di priorità sulla sua pro-pria creazione, come se spontaneamente esso si lan-ciasse, per attingervi, verso la Fonte divina, e si co-stituisse, in tal modo, in un certo senso, autore del proprio essere2.

2 A.D. Sertillanges, L’idée de création et ses retentissements en philosophie, Aubier-Montaigne, Paris 1945, p. 59.

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La meraviglia e l’estrema sfida che l’idea di crea-zione annuncia – si tratta della sua stessa parados-salità, della sua più essenziale differenza rispetto, per esempio, alla relazione di causalità o di ema-nazione – consiste dunque proprio in questo: nel movimento passivo dell’essere fatti emerge la no-vità assoluta di ciò che è posto, emerge il sovrappiù della singola creatura. Pertanto rivolgere lo sguardo unicamente alla passività della creazione significhe-rebbe mutilare la creazione stessa e non cogliere la novità rappresentata dalla creatura rispetto al Crea-tore, significherebbe ridurre la creazione a quel rapporto di causalità all’interno del quale il causa-to si qualifica sempre e solo come un semplice ef-fetto di ciò che lo precede e in quanto tale lo de-termina. La creazione è quindi certamente dipen-denza e passività, ma al suo livello più profondo essa è soprattutto separazione e non solo negazio-ne e ritardo, è posizione di un altro da sé da parte del Creatore: non semplice negazione ma alterità.

Dire “creazione” significa dire “separazione”, “discontinuità”, “alterità”, “differenza”, “molte-plicità”. Che la genesi avvenga per creazione signi-fica che fin dall’origine il carattere, la cifra o il re-gime che si impone è quello della differenza e dell’alterità. Tale regime sollecita a pensare alla

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creatura come a un “qualcosa” che non si risolve globalmente nel Creatore; essa, grazie a Dio, ha una dignità ricevuta ma al tempo stesso esclusiva; es-sa afferma e rende testimonianza al Creatore, di-pende nel più profondo del suo essere dal Creato-re, ma precisamente potendosene separare, essen-do altra, assolutamente indipendente, grazie a Dio altra da Dio e unica. La creatura si separa dal Crea-tore, quest’ultimo crea la prima all’interno di un movimento di separazione – precisamente di libe-razione – che non è affatto privazione o negazione, ma condizione di possibilità dell’alterità stessa; in tal senso non vi è nulla da recuperare, nessun vuo-to da riempire, nessuna lontananza da colmare, nessuna nostalgia da superare: la separazione all’in-terno della quale la creatura emerge per ciò che è rappresenta una dinamica originaria e positiva, origi-

nariamente positiva, che non esige altra giustificazio-ne oltre a quella che in se stessa essa già afferma. Come si diceva, senza alcun dubbio il ritardo e la passività non sono qui, nell’idea di creazione, in-significanti o relativi; ma ora si può comprendere in che senso il loro tenore non sia neppure sem-plicemente negativo, qualcosa come un difetto o una colpa che attende solo di essere recuperato, riassorbito, corretto o espiato.

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INDICE

1. L’Eden non è l’Eldorado pag. 7

2. Lavorare nel giardino » 23

3. La paura e i suoi effetti » 35

4. La cosa e il segno » 47

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